Oscar Turco

naturacultura 31 OTTOBRE I 20 NOVEMBRE 2015 A CURA DI

LUCA ARNAUDO

E

B A R B A R A PAVA N

NATURA , CULTURA , ARTE .

A PROPOSITO DI OSCAR TURCO

Nel caso qualche cultore di antropologia si aggirasse per ventura tra i lettori di queste pagine, sarebbe facile immaginare il suo inarcarsi di sopracciglio dinanzi al titolo. Quella di natura e cultura è infatti l’endiadi disciplinare per eccellenza, con l’ombra di Claude Lévi-Strauss pronta ad allungarsi sul foglio: tuttavia, visto che di una mostra qui si tratta, è ora il caso di considerare la posizione dell’arte rispetto a tale coppia di teoria più ancora che di fatto. Al riguardo, dunque, appare evidente come, perlomeno nei nostri Tristi Occidenti, sia sempre stata la cultura il referente primo dell’arte, con la natura tradizionalmente dipinta come “morta” – quale terribile espressione, questa, solo a pensarci – o, quand’anche assurta a tema capitale, comunque trattata con attitudini risolutamente culturali (vedi Land Art e vie di seguito).

Oscar Turco, dal canto suo, persegue una personale pratica dell’arte come rito di purificazione della percezione e insieme sovvertimento arguto dell’ordine mentale costituito: una pratica che, nell’occasione della presente personale, si concentra per segnalare non più l’usata opposizione tra la cultura e la natura, bensì una loro fondamentale complementarietà e continuità, dagli esiti felicemente sorprendenti. La sorpresa che le opere di Oscar provvedono è naturalmente frutto di

9x1 9x2 9x3 9x4 9x5 9x6 9x7 9x8 9x9

9 18 27 36 45 54 63 72 81

1+8 2+7 3+6 4+5 5+4 6+3 7+2 8+1

9 9 9 9 9 9 9 9

cultura: quella personale dell’artista, intrisa di riferimenti che nel loro complesso puntano dritti a oriente (con una viveza ideativa, sia concesso, che però molto deve alle origini argentine dell’artista).

Tanto per proseguire col gioco di sponde lessicali appena avviato, è opinione di chi scrive che ogni discussione sui rapporti tra natura e cultura sia per sua natura culturale: proprio l’arte, come il caso di Turco mostra in maniera esemplare, consente tuttavia di saltare il cerchio in cui le nostre parole e idee confortevolmente ci chiudono, per giungere, alle volte almeno, a un’esperienza di genuina contemplazione.

Ci si muove così su una via che è tipicamente concettuale, ma che nei suoi esiti più alti, quando tutto avvenga con sincerità e devozione, proprio i concetti riesce a lasciarsi alle spalle. Si è condotti così lungo una fatale curva percettiva, superata la quale l’osservatore si trova da solo a considerare, a seconda del caso, la leggerezza di una pietra, la fissità di un uccello in volo, la sfrenata regolatezza del numero nove, il peso dell’ombra di un albero.

Dinanzi a simili opere si può quindi scegliere se restare interdetti, provare fastidio per quanto non si comprende, oppure consegnarsi a quello che fino a prima della svolta poteva chiamarsi in molti modi – intuizione uno di questi –, ma che qui diventa per l’appunto tutt’uno con l’essere del momento. E riunisce il soggetto, in tutta la sua cultura, con ciò che per tradizione siamo abituati a considerare oggetto, ovvero la natura.

Luca Arnaudo Roma, ottobre 2015

9x10 90 9+0 9 9x11 99 9+9 18 1+8 9

9x12 9x13 9x14 9x15 9x16 9x17 9x18 9x19

108 117 126 135 144 153 162 171

1+0+8 1+1+7 1+2+6 1+3+5 1+4+4 1+5+3 1+6+2 1+7+1

9 9 9 9 9 9 9 9

L’ALBERO INUTILE

Hui Zi disse a Zhuangzi: “Ho un grande albero di ailanto, ma il suo tronco è così contorto e nodoso che non si riuscirebbe a trarne un’asse diritta. I suoi rami sono così intricati che squadra e compasso non sono di alcuna utilità su di essi. Si erge sul ciglio della strada, ma nessun falegname lo degna di uno sguardo. Così sono anche le tue parole: grandi, ma inutili, e nessuno sa che farsene.”

Zhuangzi rispose: “Hai mai visto un puma o un furetto? Si appiatta in agguato, aspettando la preda, poi balza a destra e a sinistra, in alto e in basso. Ma alla fine cade in una trappola o muore in una rete. E poi c’è lo yak, grande come una nuvola che oscura il cielo. Ma è incapace di prendere un topo. Tu hai questo grande albero è ti preoccupi del fatto che è inutile? Piantalo nel terreno del non essere, nel campo dell’illimitato, e tutti gli esseri potranno ripararsi sotto di esso e addormentarsi nella sua ombra liberi e felici. Nessuna ascia gli abbrevierà mai la vita. Proprio perché è inutile nulla può nuocergli.”

Zhuangzi

- da qualche parte in Cina, IV sec. a.C.-

Illustrazioni PAG. 2 e 3

Alba, AM 03.43 e Am 03.45 dittico - acrilico su carta - cm 50x70 cad. - 2012

PAG. 5 e 7

Il Numero Nove stampa digitale - cm 30x21 - 2015

PAG. 9

dell’equilibrio interiore grafite e acrilico su carta - cm 70x50 - 2012

PAG. 10

Cervo olio su tela - cm 35x50 - 2015

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