Emilia Romagna Ricamo

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Al principio del Novecento gli studi storico-scientifici sull’arte medievale in Emilia alimentarono un clima neoromanico, teso a recuperare e conservare le memorie locali. L’artigianato artistico e il ricamo in parti­colare furono protagonisti della rinascita e dell’affermazione del lavoro femminile. Capostipite di questa avventura culturale fu l’esperienza di Aemilia Ars, che ebbe risonanza sovranazionale. Emuli di quell’avventura, ebbero vita Byzantina Ars, ispirata all’arte ravennate, l’Ars Canusina, dedicata al mito di Matilde di Canossa, il Punto Parma, legato ai monumenti romanici parmensi, e ancora a Reggio Emilia il Cavandoli Macramè, che Valentina Cavandoli sperimenterà a Torino. Oggi, a cento anni di distanza, l’antica vocazione di queste arti riprende forma come sorgente di benessere, facendo tesoro delle esperienze di altre donne e riconoscendone il valore. Non vada persa la consapevolezza che ogni cosa bella che viene fatta da mano umana è una ricchezza per la comunità intera e va condivisa e coltivata con amore. Dalla fecondità delle cose possiamo ricavare una prospettiva per il nostro futuro.

Emilia Romagna Questa pubblicazione è promossa dal Consorzio Ars Canusina

€ 20,00

passato e presente della tradizione regionale

In copertina: una ricamatrice al lavoro. Foto di Silvia Perucchetti



Emilia Romagna passato e presente della tradizione regionale

Atti del convegno del 6 ottobre 2018 Corte Bebbi, Bibbiano (RE)


Emilia Romagna Ricamo Passato e presente della tradizione regionale Progetto editoriale, direzione e redazione Maria Neroni, Maria Marisa Strozzi Progetto grafico e impaginazione Barbara Varini / orto_grafico comunicazione, Albinea (RE) Fotografie Silvia Perucchetti, Maria Neroni, Dante Badodi, Gisella Tamagno. Altre fonti sconosciute agli autori. Stampato da Tipografia San Martino – San Martino in Rio (RE) Stampato nel mese di settembre 2020 su carta contenente legno proveniente da foreste gestite in maniera corretta e responsabile. Le matrici utilizzate per la stampa sono a basso impatto ambientale, prodotte senza bagni chimici. Gli inchiostri sono a base di materie prime rinnovabili.

Con il patrocinio di:

Comune di Bibbiano

Comune di Casina



Questa pubblicazione è promossa dal Consorzio Ars Canusina


Indice

Introduzione - Loretta Bellelli

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IdentitĂ nazionale e genio locale: artigianato artistico al femminile tra ‘800 e ‘900 - Manuela Soldi

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Aemilia Ars - Bianca Rosa Bellomo

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Byzantina Ars: gli inizi, pensieri e fantasie - Bianca Rosa Bellomo

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Cavandoli - Gisella Tamagno

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Il Punto Parma questo sconosciuto Intervento di Antonia Sorsoli Ricerca di Maria Marisa Strozzi

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Ars Canusina, terapia, arte, bellezza - Maria Neroni

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Arte e salute, una relazione da riscoprire - Davide Zanichelli

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L’idea di questo convegno nasce dalla curiosa analogia delle diverse forme d’arte e di artigianato sorte nei primi anni del Novecento nella nostra Regione: furono indubbiamente influenzate stilisticamente dal fermento intorno agli studi sull’arte medievale da poco iniziati ed ebbero tutte quante applicazioni in ambito sociale e terapeutico. È stato affascinante scoprire quanta dedizione è rimasta dietro alla nomenclatura delle diverse arti applicate soprattutto sul ricamo: dall’Aemilia Ars, nata a Bologna, alla Byzantina Ars di Ravenna, al Punto Parma e al Cavandoli, e dalla reggianissima Ars Canusina, nata per volere della scienziata e storica Maria Bertolani Del Rio ed applicata

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come forma di terapia ‘emendativa“ - oggi diremmo ‘riabilitativa“ - per ragazzi disturbati nelle funzioni affettive. La pratica di un’arte, soprattutto se genera oggetti che racchiudono in se’ anche una certa forma di utilità, fa scaturire in chi la applica un senso di appagante benessere, in quanto attraverso la creazione, il contatto di oggetti artistici favorisce la sollecitazione del piacere visivo. Ormai da alcuni anni le brave insegnanti locali coinvolgono un buon numero di partecipanti in corsi di completa immersione nell’apprendimento dell’Ars Canusina: l’attenzione, il profondo coinvolgimento, la condivisione di questa comune passione, sono la riprova di una forma di soddisfazione, di


Antiche forme d’arte e di artigianato, sorgenti di benessere per le sofferenze del terzo millennio. Loretta Bellelli Assessore alla Promozione del Territorio

senso di benessere che va ben oltre alla mera conoscenza e all’approfondimento di una tecnica applicata. È dunque questo soprattutto l’aspetto importante in cui crediamo fortemente: un rilancio dell’idealità primigenia dell’Ars Canusina attraverso inedite condivisioni, una riscoperta che il Comune di Bibbiano, insieme agli altri sostenitori del progetto sull’Ars Canusina, riconosce, sostiene e promuove in quanto testimonianza delle vocazioni socio-culturali del sapere e del sapere fare che sono connesse alla storia e alle tradizioni del nostro territorio. Grazie quindi a Maria, Marisa, Dusca, Silvana, Laura per l’impegno che ancora una volta hanno profuso nell’organiz-

zazione del convegno e nella stesura di questi preziosi atti. Grazie alle loro capacità artistiche, organizzative, grazie alla loro dedizione e al profondo impegno nel portare avanti e nel diffondere questa disciplina. È proprio il caso di dire che:

‘Le donne sono venute in eccellenza di ciascun’arte ove han posto cura’ (Ludovico Ariosto, Orlando Furioso, canto XX, ottava II)

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Atti del convegno del 6 ottobre 2018 Corte Bebbi, Bibbiano (RE)



Identità nazionale e genio locale: artigianato al femminile tra ‘800 e ‘900 Manuela Soldi Università Luav, Venezia

Punto Saraceno. Pisa

La forte attenzione tributata alle produzioni di ricamo e merletto italiane dall’Unità almeno fino alla Seconda guerra mondiale, che ha dato origine o nuovo impulso a un gran numero di tecniche e produzioni locali ancor oggi praticate, deve essere probabilmente ricondotta a una pluralità di fattori concomitanti. L’ondata di rinnovamento formale dell’oggetto d’uso che nell’Ottocento dilaga in Europa dalla Gran Bretagna, investita per prima dalla rivoluzione industriale, si traduce sia in una nuova attenzione alla formazione degli artefici e alla conoscenza e applicazione degli stili, sia in atteggiamenti di rifiuto passatista che caldeggiano il ritorno alla pratica artigianale come antidoto agli sconvolgimenti sociali ed economici provocati dall’industria. A queste circostanze si sposa l’esigenza dell’Italia postunitaria di codificare un linguaggio culturale e un’immagine nazionale credibili e unitari, anche nel settore tessile, dove la nuova nazione poteva contare su tradizioni consolidate e un tempo prestigiose, da rinverdire per contrastare il saldo dominio della moda francese. Non trascurabile, infine, appare l’azione, intensificatasi a ridosso del Novecento, dell’associazionismo femminile. Quest’ultimo nelle sue forme più moderate promuove l’artigianato tessile quale soluzione di compromesso che dovrebbe supportare l’emancipazione economica delle donne appartenenti ai ceti più bassi senza toglierle alla famiglia, ma anche un’elevazione culturale attraverso la pratica dell’arte decorativa e talvolta l’insegnamento del disegno, secondo canoni ruski-

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Aemilia Ars Bianca Rosa Bellomo Studiosa di merletto e ricamo

Da tempo ho realizzato che, per avere una prima idea di Aemilia Ars, occorre avere in testa il vocabolo: eccellenza. Eccellenza nelle tele scelte, nei filati, nei disegni, nelle esecutrici, nei collaboratori. Sempre, sempre, il meglio. Nata come Società per Azioni nel 1898, per incentivare l’artigianato artistico emiliano (dall’Emilia Romana, dagli Appennini, al Po, al mare), in varie forme, si trasformò, nel 1903, in Società Anonima Cooperativa e portò avanti solo i ricami e i merletti. La Società chiuse nel 1935 per alcune difficoltà di bilancio ma anche per i tempi difficili, politicamente parlando. La tradizione, però, continuò e continua ancora nelle mani di tante appassionate. Un conto approssimato, sono sicura per difetto, annovera più di 200 persone che oggi se ne occupano, non solo nella nostra Regione, non solo in Italia. Potrebbe essere criticata la volontà di divulgare, quasi a cedere i segreti, ma i tempi sono cambiati. E, sono sicura, data la diffusione di manufatti Aemilia Ars in molti musei del mondo, se si conosce si riconosce e si capisce. Anima dell’Aemilia Ars fu Lina Cavazza, che riuscì a raccogliere intorno a sé personalità bolognesi ed emiliane. Ad Alfonso Rubbiani spettò la direzione artistica. L’Aemilia Ars viene dal reticello che fu fatto evolvere in un modo particolare e bellissimo, tanto che, per un po’ di tempo, il reticello venne chiamato Aemilia Ars. Negli spazi costruiti dal reticolato che ricordava il reticello, i disegni geometrici vennero sostituiti ben presto da disegni floreali. Famoso un cuscino, su disegno di Alberto

Cuscino disegnato da Alberto Pasquinelli

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Aemilia Ars fu un fenomeno, a mio avviso, irripetibile, per le persone coinvolte, per gli scopi benefici che si proponeva, per esortare sempre a raggiungere risultati di eccellenza. A parte le pregevoli novità, la mia preferenza va ai disegni floreali, espressione, a mio parere, del vero spirito dell’Aemilia Ars. Custodi, quasi per caso, per passione, per fortuna e per amore, di tecnica e materiali, si continuerà a divulgare, insegnando e facendo ancora fiorire qualche bel manufatto. I motivi sono ancora tanti e si possono assemblare in infiniti modi. Non è facile in poche immagini dare una idea di quello che può essere, oggi, l’eredità della Aemilia Ars. Il lavoro, dalla lunga esecuzione, se viene fatto con la precisione che si richiedeva e che si dovrebbe richiedere anche ora, non stimola a manufatti di grande formato. Ci soffermiamo su particolari che possono abbellire, arricchire, rendere unici, centrini, tovaglioli, federe, lenzuola, lampade, cuscini, tende e tanto altro che la fantasia e la creatività di ciascuno può suggerire. Ricordiamo che nel momento di grande splendore la Società Anonima Cooperativa aveva a disposizione qualche centinaio di merlettaie e poteva affrontare lavori molto impegnativi. Il lavoro era fatto a più mani, scelte per omogeneità di esecuzione. Non è più quel tempo.

Particolare di un disegno di Ilario Rossi

1 - Antonilla Cantelli 1914-2008 2 - Olga Grassi 1886-1943 3 - Alfonso Rubbiani 1848-1913 4 - Elisa Ricci 1858-1945 5 - Corrado Ricci 1858-1934 6 - Seguendo Elisa Ricci, sono dell’idea

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di attribuire la paternità del libro ad Arcangelo, frate ricamatore, piuttosto che allo zio Aurelio, personaggio inquieto con avventurose vicende personali. 7 - Lina Bianconcini Cavazza 1861-1942 8 - Tommaso Buzzi 1900-1981 9 - Ilario Rossi 1911-1994


Disegno classico eseguito oggi Sotto: Disegno nuovo

Garofano, contornato da ricamo, ispirato a un classico disegno

Margherite e foglie

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Byzantina Ars: gli inizi, pensieri e fantasie Bianca Rosa Bellomo Studiosa di merletto e ricamo

Chi frequenta esposizioni di ricamo incontra spesso un angolo dedicato alla Byzantina (o Bizantina) Ars, di Ravenna. I ricami sono belli, raffinati, ben eseguiti, su belle tele, su bei disegni. In un periodo in cui mi dedicavo alla città di Ravenna per scoprire particolari della vita di Elisa Guastalla Ricci (1858-1945) non potevo ignorare il libro Il ricamo bizantino, a cura di Carla Scarpellini. Il libro illustra come alcuni ornamenti, ovunque sparsi nella città, abbiano ispirato molti disegni. Nella prima edizione, del 1998, un articolo di Andrea Ricci riprende un suo elaborato del 1978 e cerca di inquadrare il ricamo nel più ampio fenomeno di rinascita delle arti femminili. L’articolo non compare più nella ristampa del 2011. Mi colpì molto una frase: - Nella sua opera sui ricami italiani, che racchiude numerose notizie interessanti pur nella relativa ingenuità della visione d’insieme, Elisa Ricci.. [...] Ci si riferisce al libro Ricami italiani antichi e moderni, 1925, Le Monnier. Si può perdonare il giudizio di Andrea Ricci, che non pare troppo lusinghiero. Allora non si sapeva proprio chi fosse Elisa Ricci. L’apparente ingenuità, forse la semplicità di espressione, nasconde un lavoro accurato nella scelta di ogni singola parola. Parola semplice – sì – ma giusta, appropriata, che, se letta bene, con cura, apre tante strade. Tra chi trattò, nei primi decenni del 900, ricami e merletti, Elisa Ricci fu una delle più grandi, per cultura, profondità, esperienza, aiuti, consigli, amore verso la bellezza e volontà di divulgazione.

Piccola Provvidenza. Sala di lavoro.

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Cavandoli Gisella Tamagno Presidente dell’Associazione Il Quadrifoglio

Il Cavandoli, come molte altre tecniche nate a cavallo tra ‘800 e ‘900, non fu solo una tecnica di lavorazione di fili, ma fu parte di un progetto educativo che, grazie a persone - soprattutto donne - determinate ed idealiste, in un’epoca di grandi trasformazioni sociali, culturali ed economiche che scossero l’Europa intera in quel periodo, aiutarono bambini, adolescenti, giovani, malati mentali a trovare uno scopo, un obiettivo e, in certi casi, a raggiungere una minima indipendenza economica. Il Cavandoli prese il nome dalla donna che lo elaborò, Valentina Cavandoli. Valentina nacque a Reggio Emilia l’11 aprile 1872 in una famiglia dai forti ideali risorgimentali. Studiò nella sua città natale e poi a Firenze, quindi si trasferì dapprima a Canelli, in provincia di Asti, ed infine a Torino. Dimostrò, sin dalla più tenera età, un grande interesse e un notevole talento per la pedagogia, che studiò ed approfondì frequentando un corso presso la Scuola Montessoriana. Dopo essere stata direttrice del famoso Istituto Maffei di Torino, nel 1915 iniziò il percorso che la portò a dirigere la “Casa del Sole” all’interno della quale iniziò la storia del Cavandoli. La Prima Guerra Mondiale, oltre all’ovvio carico di dolore e morte, provocò anche uno sconvolgimento sociale in quanto, in seguito alla partenza in massa degli uomini per il fronte, le donne delle classi meno abbienti, dovettero abbandonare le occupazioni domestiche per sostituirli nelle attività lavorative al fine di garantire la sussistenza delle famiglie che, all’epoca, erano anche piuttosto numerose.

Particolare di una copertina per un libro

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Il Punto Parma questo sconosciuto Antonia Sorsoli Presidente Associazione Arcadia, Parma

Il Punto Parma deve le sue origini al Patronato del lavori femminili fondato nel 1922 e riportava su un tessuto rustico, esclusivamente i motivi ornamentali del Duomo e del Battistero di Parma rifacendosi alle armoniche forme di Benedetto Antelami. Si tratta di un tipo di lavoro tridimensionale che ripropone, appunto, forme di scultura. Dopo lo scoppio della guerra la tecnica andò persa e fortuna volle che la sottoscritta Antonia Sorsoli trovasse presso la Sig.ra Giusep-

Particolare in esecuzione, tratto da: “Punto Parma,� Associazione Culturale Arcadia

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Tovaglia di lino pesante, ricamata in giallo. Manuela Magnanini

1 - Manuela Soldi è assegnista presso l’Università Iuav di Venezia. Ha conseguito il premio Franca Pieroni Bortolotti nel 2015 per la ricerca di dottorato Mani italiane. Lavorazioni tessili e industrie artistiche in Italia 1861-1911, condotta presso l’Università di Parma. Ha al suo attivo collaborazioni con CSAC di Parma, Festivaletteratura di Mantova e Accademia Santa Giulia di Brescia.

pubblicazione è avvenuta in seguito a una mostra di lavori femminili ed è una raccolta di merletti e ricami provenienti da diverse parti d’Italia: una vera testimonianza storica! Stefania Bressan ha messo online il PDF del libro, donato da Bianca Rosa Bellomo, che potete scaricare visitando il suo sito: l’Angolo di Stefania, diario – storia del ricamo- Ricami d’Italia seconda parte pag. 32 - 36.

2 - Manuela Soldi, Sculture di filo, prefazione in Arte e Ricamo a Parma. Ristampa dell’edizione 1926, Casa Editrice Nuova S1, 2009, Bologna.

5 - La donna, la casa, il bambino - rivista mensile di ricamo - moda – biancheria Anno III, Novembre 1932- XI.

3 - Maria Ortensia Banzola, Ricami d’arte a Parma proposti nel 1925 dal “Patronato dei lavori femminili parmensi”, Malacoda, Bimestrale di varia umanità, anno 1992, n 40, pag. 41-47.

6 - Wanda Passadore, L’ago e il filo - enciclopedia pratica di tutti i lavori femminili, Alberto Peruzzo editore.

4 - Ricami d’Italia è un album pubblicato nel 1931 per “Casa Bella” dagli editori S. Lattes & C., Torino. La

7 - Lucia Pedrali Castaldi, Dizionario enciclopedico di lavori femminili, 1° edizione: Milano. Coi tipi dello Stabilim. dell’Editore Antonio Vallardi.

15 – VI – 1941 – XIX (cgnn). 2° edizione: a cura di Geneviève Porpora 2007 Edizioni Arti Decorative Italiane. 8 - Lidia Morelli, Mani Alacri - libro di lavori femminili, S. Lattes & C. Editori Torino – Tipografia Vincenzo Bona TO. 1933. 9 - Lucia Petrali Castaldi, L’opre Leggiadre. I lavori femminili nelle Regioni Italiane – edizione anastatica - introduzione di Doretta Davanzo Poli, Edizioni Dessein (1° edizione, Milano- Antonio Vallardi Editore 1928). 10 - Nuova enciclopedia dei lavori femminili – ed. Mani di fata. 11 - Fili e Lane - enciclopedia, vol. 7° - EPIDEM 12 - Donatella Ciotti, I Grandi manuali corso completo di Ricamo.

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Ars Canusina, terapia, arte, bellezza Maria Neroni Direzione artistica Consorzio Ars Canusina

Per parlare oggi di Ars Canusina si deve necessariamente iniziare col presentare la figura di Maria Del Rio, medico dal 1915 nell’ospedale psichiatrico di S. Lazzaro di Reggio Emilia e direttrice della colonia scuola Antonio Marro, che nasce nel 1921 per bambini e ragazzi ricoverati, ma considerati “emendabili”. Gli obiettivi dichiarati della scuola sono: educazione, istruzione, emancipazione. Il lavoro artigianale è il veicolo che agevolerà il percorso verso l’autonomia dei ragazzi ospitati. Maria Del Rio spiega: “Il lavoro come terapia non deve essere di tipo industriale, ma di tipo artigianale poi-

Laboratorio di ricamo, Colonia scuola Antonio Marro, ospedale S. Lazzaro (RE). Foto: biblioteca Panizzi (RE)

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donò al Comune nel 1990. L’attuale brevetto, rinnovato secondo la corrente giurisprudenza in materia, consente di apporre sui manufatti la consueta specifica ® che connota tutti i marchi commerciali legalmente registrati. La filogenesi dell’Ars Canusina è stata trasmissione personale di sapere on progress. L’avvicendamento di opere e persone ha tracciato una marcia nel tempo storico, discepoli ed epigoni di Maria Del Rio sono stati le staffette generazionali che si sono passate questa eredità. Una terza stagione si aprì a partire dal 1990, Ars Canusina si fregia di nuovi artigiani; artisti del vetro, della ceramica, del cotto intarsiato, della pietra, del legno scolpito e intarsiato, del ferro battuto, dell’orificeria e si consolida sempre di più il primato del ricamo.

Ceramiche dipinte della seconda stagione dell’Ars Canusina, 1948 circa

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Dai bassorilievi romanici così carichi di significati e di simboli sono trasmigrati nell’Ars Canusina gli intrecci, che si trasformano via via in tralci con foglie, con fiori, frutti e animali a ricomporre l’immagine della vita in tutte le sue forme e peculiarità. Disegnare e poi ricamare entro una schema definito, articolato e sinuoso, le foglie che sul tralcio annunciano la vita, lasciare che i frutti sull’albero siano il nutrimento per la vita degli animali che lo abitano. Queste forse le idealità che ne hanno guidato la nascita e che continuano ad essere motivo di soddisfazione e di orgoglio per chi avvicina l’Ars Canusina. I disegni, cioè le composizioni idonee al ricamo, ma anche per tutte A lato: Album Ars Canusina tav. 20, Schizzi dalla pietra, Pieve di Paullo, Casina (RE) Disegno del tralcio con foglie Sotto: Capitello, Pieve di S. Bartolomeo, Paullo di Casina (RE)

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le altre specializzazioni, sono importantissimi e la loro pratica è alla base del sapere canusino. Rispettando l’invito di Maria Del Rio a cimentarsi, prima con uno schizzo dal vero, poi con la composizione guidata dalla geometria si deve arrivare alla conoscenza del romanico, capirne i suoi ritmi e la sua armonia. Seguire il segno di una matita controllato dai movimenti della mano, e sopratutto della mente, rende chiaro il percorso di un progetto, seguire ogni intreccio è stabilire un incontro, un legame, in un nodo trovare un limite o un ostacolo. Con questi presupposti e attenendoci a regole ben precise possia-

Il tralcio con foglie interpretato a ricamo e in legno traforato, Laura Poppi, Ercole Domenichini

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Arte e salute, una relazione da riscoprire Davide Zanichelli Presidente Fondazione Palazzo Magnani, Reggio Emilia

Il contributo che vorrei portare in una giornata dedicata all’Ars Canusina riguarda uno degli aspetti su cui, come Fondazione Palazzo Magnani, abbiamo inteso fondare una delle linee di lavoro per i prossimi anni: la relazione tra arte e salute, intesa nelle dimensioni individuale e sociale. Sempre più frequenti sono le occasioni di dibattito pubblico e gli studi scientifici sull’impatto della cultura e dell’arte sul benessere e la salute delle persone e delle comunità. Le ultime edizioni della rassegna LuBeC (Lucca Beni Culturali), il numero monografico della rivista Economia della Cultura del febbraio 2017 (ed. Il Mulino), il recente rapporto dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: “What is the evidence on the role of the arts in improving health and well-being? A scoping review” (OMS 2019), sono tutti segnali di una relazione ormai “sdoganata”, anche dalle scienze statistiche che con sempre maggiore evidenza sottolineano la relazione diretta tra la possibilità di una comunità di godere di opportunità di crescita culturale e la sua minore esposizione a necessità di assistenza sociale o sanitaria. Ritengo che uno degli aspetti più interessanti di questa riscoperta (perché già nell’esperienza, ad esempio, della Bertolani Del Rio stava questa consapevolezza) sia legata ad un altro “sdoganamento”, quello della parola “salutogenesi”, fino ad oggi relegata a contesti marchiati, a torto, dallo stigma della pseudoscienza.

Dr.ssa Bertolani Del Rio. Esame Medico, Archivio biblioteca scientifica Livi (RE)

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Devo alla lettura dei lavori della pediatra tedesca Michaela Glöckler e al suo contributo in Salute, malattia e salutogenesi (Weleda 2004) il mio primo contatto con il termine “salutogenesi”, introdotto attraverso una interpretazione economica dei fenomeni sociali. Ogni 50-60 anni secondo la teoria dell’economista russo Nikolai Kondratieff (1892-1938) si susseguono come onde sinusoidali delle fasi di sviluppo economico innescate da innovazioni tecnologiche che aprono nuovi scenari: tra fine 700 e inizio 800 la macchina a vapore determinò la nascita dell’industria tessile, quindi la siderurgia e i trasporti di massa, poi l’esplosione delle applicazioni delle scoperte elettromagnetiche e chimiche, l’industria legata al petrolio e ai suoi derivati, fino alla rivoluzione informatica e telematica degli anni a cavallo tra i due millenni. Cosa caratterizzerà la sesta onda di Kondratieff? Secondo l’economista Leo Nefiodov non ci sono dubbi: saranno le tecnologie applicate al dominio della vita e le sue ricadute in termini di salute, generando uno sviluppo economico e sociale incentrato sull’industria bio-farmaceutica e sui servizi alla persona. “Il sesto Kondratieff sarà incentrato sulla salute. Ciò significa che per la prima volta nella storia il focus dello sviluppo economico e sociale non sarà una macchina, un processo chimico, una energia o una tecnologia, piuttosto sarà l’essere umano con i suoi bisogni fisici, mentali, psicologici, sociali, ecologici e spirituali. Dobbiamo lasciarci alle spalle le caratteristiche dei cicli precedenti.

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Ora al centro della scena c’è l’essere umano. Questo è il messaggio del sesto Kondratieff: la salute dell’uomo è il migliore programma per il futuro” (Leo e Simone Nefiodow, The Sixth Kondratieff. The Growth Engine of the 21st Century, 2014). Secondo i calcoli dell’OMS, se la dipendenza da droghe e da farmaci crescerà al ritmo in cui è cresciuta negli ultimi vent’anni, nel 2100 il 50% della popolazione sarà farmaco o tossicodipendente, una persona su due sarà assuefatta all’abuso di sostanze e avrà più o meno bisogno di aiuto. I 158.000 suicidi registrati negli USA nel 2017 e le 98 milioni di persone che hanno avuto prescrizioni di medicinali a base di oppiodi nel 2015 inducono il premio Nobel per l’economia Angus Deaton (autore con Anne Case dello studio Deaths of Despair and the Future of Capitalism, Princeton University Press, 2020) a definire quella USA “una società che non riesce più a offrire ai suoi membri un ambiente nel quale essi possano vivere una vita dotata di senso”. Proprio sul legame tra il senso e la salute può esserci d’aiuto l’approccio salutogenetico. Il paradigma attualmente dominante è incentrato sulla patogenesi, sulla ricerca delle cause della malattia e alla loro eliminazione tramite una cura. Secondo il paradigma salutogenetico, invece, la domanda fondamentale non è più: «Quali sono le cause della malattia, e come si possono prevenire?», piuttosto: «Quali sono le fonti della salute, come si crea, e come può essere rinforzata?» Perché a parità di condizioni alcune persone si ammalano e altre no? Cosa rende persone con biografie anche molto “pesanti” più sane di altre vissute situazioni oggettivamente migliori? Nel 1972 lo stato di Israele commissionò al dott. Aaron Antonovsky una valutazione dello stato psichico e fisico delle persone più anziane. Al termine della sua indagine, con grande sorpresa, constatò che tra le persone più sane che aveva trovato vi erano anche diversi sopravvissuti all’orrore dell’olocausto. Come era possibile che chi aveva attraversato una delle esperienze più devastanti sotto ogni punto di vista per un essere umano potesse ancora conservare e sviluppare salute, più e meglio di altri che attraverso quell’inferno non erano passati? Antonovsky individuò la risposta nel concetto

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Al principio del Novecento gli studi storico-scientifici sull’arte medievale in Emilia alimentarono un clima neoromanico, teso a recuperare e conservare le memorie locali. L’artigianato artistico e il ricamo in parti­colare furono protagonisti della rinascita e dell’affermazione del lavoro femminile. Capostipite di questa avventura culturale fu l’esperienza di Aemilia Ars, che ebbe risonanza sovranazionale. Emuli di quell’avventura, ebbero vita Byzantina Ars, ispirata all’arte ravennate, l’Ars Canusina, dedicata al mito di Matilde di Canossa, il Punto Parma, legato ai monumenti romanici parmensi, e ancora a Reggio Emilia il Cavandoli Macramè, che Valentina Cavandoli sperimenterà a Torino. Oggi, a cento anni di distanza, l’antica vocazione di queste arti riprende forma come sorgente di benessere, facendo tesoro delle esperienze di altre donne e riconoscendone il valore. Non vada persa la consapevolezza che ogni cosa bella che viene fatta da mano umana è una ricchezza per la comunità intera e va condivisa e coltivata con amore. Dalla fecondità delle cose possiamo ricavare una prospettiva per il nostro futuro.

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In copertina: una ricamatrice al lavoro. Foto di Silvia Perucchetti


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