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CREATIVITY
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INPUT
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Ricerca e innovazione nel settore Agricolo, Alimentare e Forestale in Basilicata.
TECHNOLOGY
VALUES BUSINESS
INNOVATOR
CATALYST
MARKET DEFINITION
IMPLEMENTATION
SKILLS
CONCEPT
REQUIREMENT
NEEDS
INDEX
INDICATOR
CYCLE
IDEAS
DECISION
NEW
RESEARCH
INNOVATION MEASURES
ECONOMY
CHANGE
APPROACH
Progetti di cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi, tecnologie, finanziati con la Misura 124 del Programma di Sviluppo Rurale–FEASR 2007/2013.
Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale: l’Europa investe nelle zone rurali
Investire nella ricerca scientifica e nell’innovazione è di importanza strategica per il futuro del mondo agricolo e rurale della Basilicata. La crescita intelligente, così come definito nel documento “Europa 2020”, è basata sulla competitività indotta dalla conoscenza sostenibile riguardo al rispetto dell’ambiente, al miglioramento della qualità dei prodotti, allo sviluppo di tecnologie verdi e all’uso efficiente delle risorse. Con la raccolta e il racconto delle prime esperienze di cooperazione realizzate nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale Basilicata 2007/2013 e sostenute attraverso il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo
Rurale, il Dipartimento Politiche Agricole e Forestali intende capitalizzare le conoscenze ottenute, condividere i processi e gli esiti conseguiti con i protagonisti del settore, supportarne la divulgazione per massimizzare i risultati. I progetti di cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi, tecnologie nel settore agricolo, alimentare e forestali qui presentati, rappresentano il primo passo verso la promozione dell’innovazione, del
trasferimento delle conoscenze in ambito territoriale, dove è necessario attivare sempre di più dinamiche collaborative tra mondo della ricerca e mondo delle imprese. Gettare i primi ponti è e sarà utile per eliminare le barriere tra i risultati delle ricerche realizzate e l’adozione di nuove pratiche tecnologiche da parte del mondo delle imprese. Il Dipartimento Politiche Agricole e Forestali
Ricerca e innovazione nel settore Agricolo, Alimentare e Forestale in Basilicata
intende sensibilizzare i beneficiari degli interventi pubblici all’adozione della cultura dell’innovazione, definita priorità trasversale per il futuro dello sviluppo rurale 2014-2020, per abilitare gli operatori ad essere portatori di innovazione, accrescendo conoscenze, interazioni, networking, sostenendo la disseminazione delle informazioni e dei risultati per migliorare la competitività delle imprese agricole in un’ ottica di sviluppo sostenibile. Michele Ottati
Assessore Politiche Agricole e Forestali Regione Basilicata
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Ammontano a più di sei milioni e mezzo di euro le risorse pubbliche investite per la ricerca e l’innovazione del settore agricolo, alimentare e forestale in Basilicata. Con l’intento di condividere le esperienze realizzate, con il presente opuscolo si pubblicano i risultati dei primi progetti finanziati nell’ambito della Misura 124 del PSR Basilicata 2007/2013. La Misura promuove la cooperazione tra i principali attori del settore agro-alimentare, soggetti operanti nel mondo della ricerca, al fine di favorire processi di innovazione e sviluppo tecnologico per la valorizzazione delle produzioni lucane, anche nell’ambito dei sistemi di qualità. Gli interventi sono stati proposti sia per cogliere le nuove sfide, così come definito nella riforma Health Check PAC, con azioni di accompagnamento per la ristrutturazione del settore lattiero caseario, la gestione delle risorse idriche, la biodiversità, sia nell’ambito della Progettazione integrata di filiera, finalizzata al coinvolgimento di una pluralità di soggetti,
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per la realizzazione di investimenti singoli, distinti, ma coordinati tra loro, in grado di produrre l’ammodernamento delle aziende agricole e forestali, la valorizzazione commerciale dei prodotti, il trasferimento delle conoscenze e l’introduzione delle innovazioni tecnologiche per il miglioramento della qualità. I primi risultati ottenuti mostrano una vivacità nel cogliere le opportunità in particolare nel settore vitivinicolo, cerealicolo, zootecnia da latte, ortofrutticoltura. Nel prossimo futuro, le esperienze di cooperazione da condividere e divulgare saranno arricchite anche dagli interventi che si realizzeranno nell’ambito della progettazione integrata di filiera di livello territoriale consentendo agli operatori di poter disporre di ulteriori risultati e conoscenze per la competitività e lo sviluppo sostenibile nei diversi settori.
Giuseppe Eligiato
Autorità di Gestione PSR Basilicata 2007/2013
Ricerca e innovazione nel settore Agricolo, Alimentare e Forestale in Basilicata
Ricerca e innovazionenel settore Agricolo, Alimentare e Forestale in Basilicata Risorse pubbliche investite in ricerca e innovazione nel settore agricolo, alimentare e forestale in Basilicata e 6.514.225,78 I progetti di cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi, tecnologie, nel settore agricolo, alimentare e forestale in Basilicata sono stati finanziati attraverso le risorse pubbliche impegnate nella Misura 124 del PSR Basilicata 2007/2013 FEASR. Misura 124 del Programma di Sviluppo Rurale Basilicata 2007/2013 La Misura 124 del PSR promuove la cooperazione tra principali attori del settore agro-alimentare e soggetti operanti nel mondo della ricerca al fine di favorire processi di innovazione e sviluppo tenologico per la valorizzazione delle produzioni lucane, anche nell’ambito dei sistemi di qualità. L’intervento a favore dei beneficiari è stato realizzato in modalità ordinaria, integrata e con le risorse aggiuntive della Riforma Health Check PAC per le nuove sfide. Risorse pubbliche investite per cogliere e 2.173.606,39 le nuove sfide Health Check PAC La misura è finalizzata a cogliere nuove sfide, così come definito nella riforma Health Check PAC, con azioni di accompagnamento per la ristrutturazione del settore lattierocaseario, la gestione delle risorse idriche, la biodiversità.
Le risorse Health Check PAC investite attraverso la Misura 124 hanno finanziato progetti riguardanti: - Ristrutturazione del settore lattiero-caseario e 1.289.589,41 - Gestione delle risorse idriche e 227.890,13 e 656.126,85 - Conservazione della Biodiversità Risorse pubbliche investite per la cooperazione nella Progettazione Integrata di Filiera e 2.263.490,31 di livello regionale La Progettazione Integrata di Filiera rappresenta uno strumento attuativo del PSR Basilicata 2007/2013, finalizzato al coinvolgimento di una pluralità di soggetti nell’ambito di una specifica filiera, per la realizzazione di investimenti singoli, distinti, ma coordinati tra loro, che favoriscono l’ammodernamento delle aziende agricole e forestali, la valorizzazione commerciale dei prodotti, il trasferimento delle conoscenze e l’introduzione delle innovazioni tecnologiche per il miglioramento della qualità. Le risorse investite attraverso i PIF di livello regionale nei progetti di cooperazione per lo sviluppo di nuovi prodotti e processi hanno finanziato le proposte provenienti da Associazioni Temporanee di Imprese dei seguenti comparti agricoli: - Vitivinicolo e 749.000,00 - Zootecnia da latte e 416.807,00 - Cerealicoltura e 154.000,00 - Ortofrutticoltura e 943.682,60 I progetti di cooperazione nella Progettazione Integrata di Filiera di livello territoriale * e 1.627.159,09 Per la Progettazione Integrata di Filiera di livello territoriale le risorse investite in ricerca e innovazione per lo sviluppo di nuovi prodotti, processi e tecnologie corrispondono a e 1.627.159,09. La Misura 124 per l’agricoltura conservativa * e 450.000,00 La Misura 124 finanzia con e 450.000,00 investimenti connessi con la protezione di suolo, aria e acqua, salvaguardia della biodiversità, per favorire processi di innovazione e sviluppo tecnologico, in riferimento alle tecniche e alle pratiche dell’agricoltura conservativa nel comparto cerealicolo. * I risultati dei progetti saranno divulgati nelle annualità 2014/2015.
Ricerca e innovazione nel settore Agricolo, Alimentare e Forestale in Basilicata
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Salvaguardia e valorizzazione della biodiversità in viticoltura
Progetto finanziato con la Misura 124 “Health Check PAC” Conservazione Biodiversità Acronimo: SALBIOVIT Partnership: • Az. Agricola Battifarano Francesco Paolo (Capofila); • Az. “Cantine del Notaio” di Gerardo Giuratrabocchetti; • Az. Agricola Biologica Pisani; • Laboratorio di Economia dello Sviluppo Locale (L.E.SVI.L.); • Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura – Unità di ricerca per l’Uva da Tavola e la Vitivinicoltura in ambiente mediterraneo (CRA – UTV) - Turi (BA); • Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DICEM) Università degli Studi della Basilicata. Ambito geografico di intervento: Regionale
IL PROGETTO Il progetto si inserisce nella tematica della salvaguardia e della valorizzazione della “biodiversità” della vite ed ha come oggetto l’avvio di una attività di cooperazione, nuova per la Basilicata, tra imprenditori viti-vinicoli ed enti ricerca, che possano mettere a valore le risorse genetiche intra-varietali dei vitigni locali e autoctoni della Basilicata utilizzati nelle produzioni viti-vinicole di qualità certificata (DOCG, DOC e IGT). Studi precedenti o in via di conclusione portati avanti dall’Università degli Studi della Basilicata e dal CRA-UTV di Turi hanno evidenziato una grande variabilità del patrimonio viticolo Lucano. Ad esempio, dai territori esplorati, Comparto Vitivinicolo
Contributo pubblico ammesso: e 290.533,60
sono state individuate e selezionate oltre 300 accessioni appartenenti a 47 diversi vitigni da vino, rispettando le denominazioni varietali, in uso nelle zone di ritrovamento. Mediante lo studio del DNA, è stato possibile identificare con certezza più di 100 accessioni appartenenti a vitigni di uve da vino già noti, come Aglianico n., Aglianicone n., Aleatico n., Ciliegiolo n., Falanghina b., Fiano b., Garganega b., Greco b., Malvasia bianca lunga b., Malvasia nera di Basilicata n., Montepulciano n., Montonico bianco b., Moscato bianco b., Moscato giallo b., Primitivo n., Sangiovese n., Trebbiano toscano b., Uva di Troia n.
Costo totale del progetto: e 415.048,00
Oltre queste accessioni, riconducibili a vitigni già iscritti al RNVV, ve ne sono altre che hanno evidenziato un profilo molecolare che trova riscontro nel database CRA-UTV come varietà non ancora riconosciute (Arvino n., Messinese b., Plavina n.) mentre, altre ancora presentano un profilo molecolare del tutto originale, come scaturito dal confronto in bibliografia. La maggior parte di queste accessioni (180) e di altre ancora (più di 100) sulle quale sono in corso gli accertamenti molecolari, sono conservate in collezione presso l’azienda sperimentale del CRA-UTV.
Meno evidente ma ancora più consistente è la perdita di variabilità genetica intra-varietale che in questo caso ha coinvolto anche le varietà locali più importanti della Basilicata, Aglianico del Vulture in primis. Alcuni studi portati avanti dall’Università’ della Basilicata e dal CRA hanno evidenziato in Aglianico del Vulture, Primitivo, Malvasie, Moscati, una ampia variabilità dei descrittori legati alla caratteristiche vegetoproduttive della pianta (epoca di germogliamento, di raccolta, grandezza del grappolo, fertilità delle gemme, ecc.), alla
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resistenza a stress biotici e abiotici ed alla morfologia ed alla composizione dell’acino. Il progetto di ricerca vuole ottenere una forma stabile
e formale collaborazione tra enti pubblici e privati per l’ottenimento di cloni omologati di vitigni locali e autoctoni Lucani, capaci di migliorare:
(i) la tracciabilità e la sicurezza alimentare della produzione vitivinicola, (ii) la competività del settore viti-vinicolo,
(iii) le performances ambientali e colturali, (iv) creare nuovi canali di commercializzazione delle uve e dei vini.
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Il gruppo è composto da Enti Pubblici di Ricerca ed aziende viti-vinicole private e vuole creare sinergie nel settore della salvaguardia, conservazione e valorizzazione delle risorse genetiche della vite in Basilicata. L’ Az. Agricola Battifarano Francesco Paolo, è partner capofila dell’ATS, fa parte del Consorzio di Tutela dei vini Matera DOC ed è affermata a livello nazionale ed internazionale nel settore della produzione di vini di media ed alta gamma e possiede il knowhow e le strutture per la realizzazione degli aspetto tecnologico del progetto. Ha il ruolo di: (i) azienda di produzione primaria; (ii) realizzazione di un campo di omologazione clonale e di conservazione della fonte primaria per i vitigni di interesse; (iii) partecipare alle attività di divulgazione e promozione dei risultati del progetto.
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Il Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DiCEM) dell’Università degli Studi della Basilicata è il responsabile scientifico del progetto e contribuisce: (i) alla validazione delle caratteristiche ampelografiche, ampelometriche, di adattamento a stress biotici ed abiotici, agli aspetti legati alla determinazione di fitotossine di interesse per la sicurezza alimentare delle uve e dei vini ed alla stima delle performances colturali ed ambientali delle accessioni da trasferire nei campi di omologazione clonale dislocati presso le aziende partecipanti al progetto; (ii) partecipare alle attività di divulgazione e promozione dei risultati del progetto mediante: (iii) implementare le informazioni nel database viticolo
nazionale dei vitigni italiani (http://www.vitisdb.it). Il Consiglio per la Ricerca e la sperimentazione in Agricoltura – Unità di ricerca per l’Uva da Tavola e la Vitivinicoltura in ambiente mediterraneo (CRA – UTV) - Turi (BA), contribuisce: (i) alla validazione delle caratteristiche ampelografiche, ampelometriche e genetiche ed alla stima delle performances colturali ed ambientali delle accessioni da trasferire nei campi di omologazione clonale dislocati presso le aziende partecipanti al progetto; (ii) partecipare alle attività di divulgazione e promozione dei risultati del progetto. Il Laboratorio di Economia dello Sviluppo Locale (L.E.SVI.L.) è un Laboratorio di Ricerca, nel progetto si occupa: (i) della ricerca di nuovi sbocchi di mercato per le
produzioni intese quali nuovi cloni omologati; (ii) dell’attuazione, anche in collaborazione con gli altri partner di progetto, per le fasi di divulgazione. L’Az. “Cantine del Notaio” di Gerardo Giuratrabocchetti, fa parte del Consorzio di Valorizzazione Qui Vulture. L’azienda è particolarmente attenta alle problematica delle ricerca in campo viticolo ed enologico ed applica tecniche di coltivazione che si ispirano a criteri biologici e biodinamici, atti a potenziare l’accumulo di riserva idrica, nonché il contenuto di sostanza organica. La forte vocazione alla ricerca, alla valorizzazione delle tradizioni e alla sperimentazione ha dato vita anche ad un progetto di grande interesse con la scoperta e la coltivazione di altri 40 vitigni storicamente coltivati, in un’opera di recupero del germoplasma lucano, in collaborazione con le strutture operative Comparto Vitivinicolo
della Regione Basilicata (A.L.S.I.A.) e di Istituti di Ricerca e Universitari. L’azienda è affermata a livello nazionale ed internazionale nel settore della produzione di vini di alta gamma e possiede il know-how e le strutture per la realizzazione degli aspetto tecnologico del progetto. L’azienda si occupa di: (i) trasformazione; (ii) realizzazione di un campo di omologazione clonale e di conservazione della fonte primaria per i vitigni di interesse; (iii) partecipare alle attività di divulgazione e promozione dei risultati del progetto. L’ Az. Agricola Biologica Pisani fa parte del Consorzio di Tutela e
Valorizzazione DOC Terre dell’Alta Val d’Agri. L’azienda dal 1992 segue un regime di agricoltura biologica certificata AIAB, ed è particolarmente attenta ad adottare tecniche di vinificazione di tipo “conservativo” in modo da esaltare sia l’interazione genotipo-ambiente sia la qualità intrinseca dell’uva. L’azienda possiede il knowhow e le strutture per la realizzazione degli aspetti tecnologico del progetto. L’azienda si occuperà di: (i) trasformazione; (ii) realizzazione di un campo di omologazione clonale e di conservazione della fonte primaria per i vitigni di interesse; (iii) partecipare alle attività di divulgazione e promozione dei risultati del progetto.
OBIETTIVI REALIZZATI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI Il progetto ha l’obiettivo di salvaguardare e valorizzare la “biodiversità” intra-varietale della vite attraverso la costituzione di un gruppo stabile di lavoro tra Enti Pubblici di Ricerca ed imprenditori viti-vinicoli per l’ottenimento di cloni omologati. Gli scopi del progetto sono articolati nei seguenti Obiettivi Realizzativi (O.R.): Comparto Vitivinicolo
O.R. 1. Coordinamento e Progettazione Alle attività dell’O.R.1 partecipeno tutti i componenti dell’ATS e sono relative: (i) Definizione della tipologia di cooperazione tra imprenditori vitivinicoli; (ii) Organizzazione del materiale viticolo presente nelle collezioni
ampelografiche dei Partner; (iii) Progettazione delle azioni di divulgazione dei risultati acquisiti nelle diverse fasi di progetto. O.R. 2. Validazione materiale viticolo (i) Validazione dello stato sanitario con particolare riferimento ai virus di interesse viticolo;
(ii) Validazione genetica del materiale viticolo da utilizzare, effettuato mediante rilievo di una lista minima di descrittori ampelografici ed analisi del polimorfismo dei 9 loci microsatelliti indicati a livello europeo nei protocolli messi a punto nei progetti GenRes081 e GrapeGen 06;
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(iii) Validazione agronomica ed ecofisiologica con particolare riferimento all’efficienza d’uso dell’acqua (WUE), ai caratteri di resistenza/ suscettibilità ai principali patogeni della vite (peronospora, oidio, botrite) ed alle specie fungine (Aspergillus spp.) che producono micotossine dannose per la salute umana; (iv) Applicazione e trasferimento del protocollo per la determinazione dell’Ocratossina (OTA). O.R. 3. Arresto e valorizzazione della biodiversità della vite. La conservazione e la valorizzazione della variabilità genetica intra-
varietale viene realizzata, presso le tre aziende viti-vinicole partner del progetto, attraverso l’organizzazione del materiale presente in alcuni campi progettati secondo il protocollo di omologazione cloni di vite. O.R. 4. Realizzazione di interventi finalizzati alla ricerca di nuovi sbocchi di mercato. Prevista la verifica delle modalità con cui le innovazioni di processo e di prodotto, intervengono per le diverse leve competitive (Prodotto, Processo, Promozione, Posizionamento) delle aziende vitivinicole al fine di migliorare il prodotto derivante dal processo di innovazione e favorire, in tal
modo, la penetrazione e lo sbocco verso nuovi mercati dei cloni. O.R. 5. Diffusione dei Risultati. La diffusione dei risultati avviene mediante: (i) Redazione di schede dei vitigni dove saranno raccolte le caratteristiche dei vitigni ai fini di un utilizzo immediato da parte degli utenti. (ii) Realizzazione di un portale per la promozione delle innovazioni e divulgazione dei risultati in rete ed eventuale implementazione delle informazioni nel database viticolo nazionale dei vitigni italiani (http://www.vitisdb.it).
(iii) Realizzazione di Folder destinati agli operatori, attività di animazione e concertazione locale, organizzazione, partecipazione e promozione di convegni, seminari ed altri eventi tematici settoriali. (iv) Attivazione di missioni, incontri divulgativi ed altre iniziative di promozione sul territorio regionale, campagna divulgativa sui media e pubblicità su riviste di settore, organizzazione visite aziendali di assistenza tecnica; (v) Pubblicazione e stampa di articoli tecnici su riviste di settore, materiale didattico, divulgativo e promozionale.
trasferimento nei campi di omologazione partecipa il personale degli enti di ricerca. La validazione del genotipo viene effettuata in-situ mediante: (i) osservazione delle caratteristiche ampelografiche ed ampelometriche delle accessioni e loro confrontato con quanto riportato nei più importanti data base italiani ed europei;
(ii) attraverso tecniche molecolari secondo quanto indicato a livello europeo in GenRES081 e GrapeGen06. A conclusione di questa fase si potrà disporre di accessioni identificate sia per il loro genotipo sia per il loro fenotipo. La validazione agronomica ed eco-fisiologica viene effettuata, in corrispondenza delle principali fasi fenologiche della pianta
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI La definizione dei materiali viticoli oggetto di studio avviene attraverso il coinvolgimento di tutti i partner, anche utilizzando risultati già acquisiti in attività precedenti. Si prevede di valutare se il materiale in collezione (in-situ o ex-situ) sia in condizioni fito-sanitarie (con particolare riferimento ai virus di interesse viticolo ai sensi dei DD.MM. 8/2/05 e 7/7/06) tale da poter essere trasferito
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direttamente presso i campi per l’omologazione clonale. Prevista inoltre la verifica dell’esistenza di sinonimie od omonimie e visivamente prima e mediante saggio ELISA, la presenza o meno di sintomi di malattie virali. L’analisi include la ricerca della presenza di un numero di gemme congruo per la moltiplicazione del materiale nei diversi campi. Alle fasi di definizione e validazione del materiale viticolo oggetto di
Comparto Vitivinicolo
(germogliamento, fioritura, invaiatura e raccolta) mediante misura di discriminazione isotopica del carbonio. Alla raccolta si potrà validare anche il profilo fenolico dell’uva che rappresenta un ulteriore parametro di tipo tassonomico (chemio tassonomia) oltre a rappresentare un parametro di estremo interesse enologico. Importante sotto il profilo della sicurezza alimentare risulta anche la possibilità di validare il materiale viticolo da trasferire nei campi di omologazione clonale sotto il profilo della suscettibilità delle accessioni alla presenza di Aspergillus spp. (in particolare A. carbonarius) che producono Ocratossina A (OTA). Si può quindi sfruttare la biodiversità intra-varietale per utilizzare genotipi meno suscettibili all’Aspergillus ed agli altri funghi patogeni della vite. La determinazione dell’OTA sarà effettuata
applicando protocolli definiti in sede Organizzazione internazionale per la Vite ed il Vino (OIV-OENO). Per ogni accessione
esaminata verrà compilata una scheda riportante informazioni acquisite nella fase di validazione, cioè: informazioni
sulle caratteristiche genotipiche(varietà, accessione), fenotipiche (epoca delle fenofasi, fertilità delle gemme, efficienza d’uso dell’acqua, resistenza/ suscettibilità agli stress biotici o abiotici, composizione dell’acino e morfologia del grappolo). Queste informazioni permetteranno agli imprenditori di effettuare una scelta basata su una consapevole conoscenza del genotipo da inserire nel vigneto. Ulteriori informazioni si potranno avere dall’acquisizione di alcuni dati derivanti dai campi di omologazione di cloni di vite che saranno realizzati nell’ambito del Estrazione di RNA virale. progetto.
b) Valorizzare le risorse genetiche intra-varietali dei vitigni utilizzati nelle produzioni viti-vinicole di qualità certificata (DOCG, DOC e IGT) mediante l’ottenimento di cloni omologati;
c) Informazioni genetiche, fenotipiche e delle performances ambientali delle accessioni validate;
RISULTATI OTTENUTI a) Protocollo d’intesa/ associazione tra aziende con la collaborazione di enti pubblici per l’attuazione di programmi di omologazione clonale;
Comparto Vitivinicolo
d) Migliorare la tracciabilità e la sicurezza alimentare della produzione viti-vinicola;
e) Aumentare della competitività del settore viti-vinicolo; f) Individuare nuovi canali di commercializzazione delle innovazioni prodotte.
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REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Le attività del progetto possono essere replicate sia nel settore viti-vinicolo di altre regioni italiane, sia all’interno della regione Basilicata per altre specie vegetali. La tipologia di cooperazione tra imprenditori viti-vinicoli ed enti ricerca, mira alla valorizzazione delle risorse genetiche di vitigni utilizzati nelle produzioni viti-vinicole di qualità certificata (DOCG, DOC e IGT) per l’ottenimento di cloni omologati. Sul piano locale si rendono disponibili l’impiego di nuovi potenziali cloni di varietà di vite individuate in vigneti arcaici della Basilicata. In questo modo si consolida l’identità delle produzioni lucane connesse al territorio di origine, si colgono le potenzialità derivanti dal legame zona di produzione-origine degli elementi produttivi (fattore determinante nella produzione, commercializzazione e promozione nel settore vitivinicolo). In tale contesto, l’attività di divulgazione
intende rendere accessibili gli output di progetto al fine di favorire una scelta consapevole dei cloni individuati. Su un piano extra-regionale si intende promuovere l’attività evidenziando il processo di innovazione e sperimentazione attuato sulle produzioni vitivinicole regionali per posizionare le produzioni viti-vinicole lucane presso un target medio-alto anche da un punto di vista scientifico e tecnologico. Al fine di garantire l’ampia diffusione di informazioni agli operatori su obiettivi e contenuti del progetto e opportunità e modalità di penetrazione nei mercati, si intende utilizzare strumenti e mezzi di comunicazione e di organizzare iniziative di divulgazione e informazione. L’azione di diffusione dei risultati mira, pertanto, a garantire la massima visibilità al progetto e ad interagire con tutti i soggetti nella rete con cui sono collegate le unità del progetto di cooperazione.
Con l’intento di raggiungere il massimo impatto presso la comunità regionale einterregionale, la strategia di disseminazione prevede anche l’organizzazione di eventi specifici per
coinvolgere il più vasto pubblico possibile (enti locali, imprese, aziende viti-vinicole della Basilicata, aziende Vivaistiche ed altri operatori di settore).
INFORMAZIONI
www.salbiovit.it E-Mail: info@salbiovit.it E-mail: vitale.nuzzo@unibas.it
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Comparto Vitivinicolo
Miglioramento della qualità dei vini lucani
Progetto finanziato con la Misura 124 Progetto Integrato di Filiera Regionale Vini di Lucania Acronimo: MIQUAM Partnership (Enti di ricerca): • Università della Basilicata (Soggetto capofila, Unità operative coinvolte dell’UNIBAS SAFE-PZ e DICEM-MT). Partnership (Aziende): • Az. Agr. Marino Francesco (Policoro-MT); • Az. Agr. Battifarano Francesco Paolo (Nova Siri-MT); • Masseria Cardillo s.a.r.l. (Bernalda-MT). Ambito geografico di intervento: Provincia di Matera areale jonico Contributo pubblico ammesso: e 350.000,00 Costo totale del progetto: e 570.000,00
IL PROGETTO Il progetto nasce dalla volontà dei partner aziendali, in collaborazione con due gruppi di ricerca dell’Università degli Studi della Basilicata, afferenti rispettivamente alla Scuola SAFE ed al Dipartimento DICEM, di incrementare la qualità dei vini prodotti, di ridurre l’impatto ambientale causato dalle attività di produzione e migliorare le performance energetiche delle aziende produttrici di uva e vino. Il progetto è realizzato nell’ambito delle Comparto Vitivinicolo
produzioni vitivinicole a Denominazione di Origine tutelate dal consorzio vini DOC di Matera e mira all’innovazione dei processi produttivi in cantina e in pieno campo. Per gli interventi migliorativi in cantina, il progetto propone innovazioni tecnologiche per il raffreddamento rapido/congelamento delle uve (OR1) quale strumento per ridurre i fenomeni degradativi a carico dei composti termolabili (aromi), per l’appassimento di uve (OR2) al fine di produrre vini passiti di
qualità e per il controllo dell’acidità (OR3) di mosti e vini caratterizzati da squilibri nel rapporto zuccheri/acidi, fenomeno diffuso in uve che giungono a maturazione in areali produttivi con temperature ambientali elevate. Inoltre è prevista la definizione della migliore tecnologia impiantistica per correggere l’acidità di vini/mosti e per evitare problematiche relative alla stabilità del colore e scompensi sensoriali. L’attività di ricerca prevede la determinazione
dell’impronta del carbonio della filiera vitivinicola (OR4) valutando gli input e gli output energetici di ogni fase del processo. Prevista la contabilizzazione, in alcune imprese vitivinicole della Basilicata, di flussi di CO2 che si realizzano dal vigneto alla cantina, al fine di fornire agli imprenditori dell’area uno strumento concreto per ridurre il livello di emissioni di anidride carbonica e valutare l’impatto ambientale della loro attività produttiva.
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IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER La Scuola SAFE, e in particolare l’unità operativa del laboratorio di “macchine ed impianti per l’industria alimentare” è stata impegnata nella ricerca scientifica industriale, studio, progettazione e realizzazione di un prototipo sperimentale per il raffreddamento rapido/ congelamento di uve (OR1) e nell’esecuzione di prove sperimentali volte a definire i criteri progettuali di un impianto industriale e nel suo sviluppo sperimentale per l’esecuzione di prove direttamente presso le cantine coinvolte nel progetto; nello sviluppo di un prototipo sperimentale
per l’appassimento di uve da vino (OR2) e nell’esecuzione di prove sperimentali, in collaborazione con le aziende partner del progetto, per definire i parametri operativi dell’impianto, ottimizzare le condizioni di processo e sviluppare il progetto ed il prototipo industriale per l’esecuzione delle prove aziendali di appassimento; nello studio di fattibilità, esecuzione di prove sperimentali e definizione dei criteri progettuali di un impianto per la correzione dell’acidità di vini/mosti (OR3). La definizione delle caratteristiche costruttive dei prototipi, attraverso
la ricerca sperimentale, è avvenuta (campagna 2013) presso i laboratori della SAFE. Si prevede, per i risultati preliminari acquisiti, in corso di elaborazione, di utilizzarli per lo sviluppo dei prototipi industriali e per una fase di prove sperimentali presso le aziende partner del progetto (campagna 2014). Il Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo (DICEM): si occupa della valutazione d’impatto della filiera vitivinicola (OR4). Attraverso docenti, ricercatori e tecnici sostiene e conduce la ricerca scientifica riguardante l’analisi del ciclo di vita della filiera.
Indicazioni tecnico-colturali sui nuovi criteri di gestione sostenibile del suolo e dei processi di trasformazione sono promossi e divulgati dai responsabili tecnicioperativi del progetto. I partner industriali Az. Agr. Marino Francesco (PolicoroMT), Az. Agr. Battifarano Francesco Paolo (Nova SiriMT), Masseria Cardillo s.a.r.l. (Bernalda-MT) partecipano alle ricerche mediante la fornitura di uve per le fasi sperimentali, collaborano alla definizione dei nuovi obiettivi in relazione ai risultati parziali raggiunti, forniscono materiali attrezzature e manodopera per le attività da compiere in azienda.
OBIETTIVI REALIZZATIVI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI (OR1) Ricerca scientifica industriale e sviluppo prototipale di un impianto per raffreddamento rapido/ congelamento di uve da vino: l’obiettivo si integra con l’esigenza di esaltare le proprietà sensoriali dei vini riducendo i fenomeni ossidativi e responsabili della perdita di aromi nelle uve. L’OR si compie attraverso le attività di definizione e costruzione di un prototipo su scala di laboratorio (1.1), esecuzione di prove sperimentali di laboratorio, anche con uve fornite dai partner aziendali,
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per la messa a punto del prototipo (1.2), definizione dei criteri progettuali e sviluppo sperimentale del prototipo aziendale (1.3), esecuzione di test aziendali (1.4).
per la messa a punto del prototipo (2.2), definizione dei criteri progettuali e sviluppo sperimentale del prototipo aziendale (2.3), esecuzione di test aziendali (2.4).
(OR2) Ricerca scientifica industriale e sviluppo prototipale di un impianto per l’appassimento di uve da vino: il presente OR si compie attraverso le attività di definizione e costruzione di un prototipo su scala di laboratorio (2.1), esecuzione di prove sperimentali di laboratorio, anche con uve fornite dai partner aziendali,
(OR3) Ricerca scientifica per lo studio di fattibilità e la definizione dei criteri progettuali di un impianto per la correzione dell’acidità di vini/mosti: l’azione di ricerca si pone l’obiettivo di definire i criteri progettuali di un impianto che inserito in azienda possa consentire, ove necessario, di incrementare il livello di
acidità di vini e mosti. Questa esigenza è particolarmente diffusa nell’areale oggetto dove si svolge il progetto, in quanto i mosti risentono, per naturali condizioni legate alla fisiologia e al biochimismo delle uve, di uno squilibrio nel rapporto zuccheri/acidi, a favore dei primi. Tuttavia, gli impianti commerciali disponibili non sono adatti a tutte le tipologie di mosti e/o vini, e sono più adatti a condizioni di lavoro nelle quali è necessario diminuire l’acidità piuttosto che aumentarla. Pertanto il presente OR Comparto Vitivinicolo
consiste essenzialmente in una fase di studio, ove anche analizzando le proprietà chimico-fisiche di mosti e vini forniti dalle aziende partner, si giunge a definire la fattibilità ed i criteri progettuali di un impianto adatto alla correzione dell’acidità di mosti e vini con le caratteristiche di quelli prodotti nell’areale di riferimento. (OR4) Acquisizione dati di input dell’intera filiera produttiva, dalla fase di campo alla realizzazione della bottiglia di vino. Studio della variabilità spaziale del vigneto e interpretazione delle mappe di output per la gestione oculata del vigneto. Applicazione delle tecniche innovative del processo produttivo viticolo. Calcolo della Carbon Footprint della bottiglia di vino “Matera DOC”.
Vigneto inerbito
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STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Per gli OO.RR. 1 e 2 sono stati impiegati i metodi classici dell’ingegneria alimentare e della ricerca industriale volta all’ottimizzazione dei processi alimentari e degli impianti per l’industria alimentare ed enologica. Lo studio e la costruzione dei prototipi sperimentali su scala di laboratorio per il raffreddamento rapido/congelamento e l’appassimento delle uve e l’esecuzione di prove sperimentali ha richiesto la disponibilità di ambienti a temperatura ed umidità controllata (celle frigorifere), la fornitura di pezzi speciali per l’assemblaggio di tunnel, la fornitura di ventilatori trifase per la circolazione forzata dell’aria,
inverter, termocoppie e convertitore di temperature dotato di software per l’acquisizione delle temperature di processo. Un software dedicato per la realizzazione di “strumenti virtuali”è stato utilizzato per la realizzazione del sistema di acquisizione dei dati sperimentali. Vetreria da laboratorio di vario genere, reagenti chimici, strumenti per la determinazione del pH, grado zuccherino, sostanza secca, sono stati impiegati per l’esecuzione di prove di laboratorio comparative per la caratterizzazione delle uve prima e dopo i trattamenti. Per l’OR3 sono state consultate banche dati scientifiche per
l’acquisizione di riferimenti bibliografici scientifici sull’argomento, inoltre vetreria da laboratorio di vario genere e reagenti chimici sono stati impiegati per l’esecuzione di prove sperimentali su scala di laboratorio. Per l’OR4 l’analisi del ciclo di vita del processo vitivinicolo è stata effettuata attraverso le indicazioni delle NORME ISO 14067, 14040 e 14044. Inoltre sono stati perseguiti gli obbiettivi utilizzando le indicazioni PAS2050. Il calcolo delle emissioni GHG sono svolte attraverso software dedicati. Infine, si prevede la validazione e il riconoscimento dell’ analisi da un ente terzo certificatore.
Prove sperimentali appassimento dell’uva
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RISULTATI CONSEGUITI Per l’OR1 si è pervenuti alla costruzione di un prototipo su scala di laboratorio per il raffreddamento rapido/ congelamento delle uve. I test sul prototipo hanno permesso di definire le condizioni ottimali di velocità, temperatura e portata di aria in differenti condizioni operative. Le prove di raffreddamento dell’uva hanno consentito, operando con il fluido di scambio (aria) a temperature di -13 e -18°C di raffreddare le uve fino a T finali di -2°C in un tempo medio di circa 4,5 ore. Sono state ricavate le curve di raffreddamento e congelamento delle uve. Si è pervenuti ad una caratterizzazione delle uve prima e dopo il trattamento.
È stato infine realizzato un “virtual instrument” per l’acquisizione dei dati di funzionamento del prototipo. I dati sono stati utilizzati per definire i criteri progettuali da adottare per lo sviluppo sperimentale del prototipo industriale. Per l’OR2 si è pervenuti alla costruzione di un prototipo su scala di laboratorio per l’appassimento delle uve. I test sul prototipo hanno permesso di definire le condizioni ottimali di velocità, temperatura, umidità relativa e portata di aria in differenti condizioni operative. Le prove di appassimento dell’uva hanno consentito, operando con il fluido di scambio (aria) a temperatura costante di 8°C ed umidità
relativa ca. 70% di indurre un calo peso del 10% in circa 5 giorni. Sono state pertanto ricavate le curve descrittive della cinetica di appassimento delle uve. È stato infine realizzato un “virtual instrument” per l’acquisizione dei dati di funzionamento del prototipo. Infine le uve sono state caratterizzate prima e dopo il trattamento. I dati sono stati utilizzati per definire i criteri progettuali da adottare per lo sviluppo sperimentale del prototipo industriale, che è in atto e verrà completato entro due mesi. Per l’OR 3 sono state compiute delle valutazioni sulla base di considerazioni scientifiche di natura bibliografica e sono state
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Le tecnologie messe a punto ed i risultati sono immediatamente replicabili in molte aziende. I “virtual instrument” realizzati con software dedicato possono essere integrati e sviluppati per il controllo di numerose applicazioni in cantina, con particolare riferimento alle fasi di fermentazione, refrigerazione ed imbottigliamento. I prototipi su scala di laboratorio possono essere sviluppati secondo il criterio dello scaling up per giungere alla realizzazione di veri
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impianti industriali per il congelamento rapido delle uve e per l’appassimento. La tecnologia alla base può essere mutuata anche per realizzare impianti per il raffreddamento rapido e/o congelamento di mosto o pigiato. I risultati delle prove sperimentali di laboratorio relativamente ai trattamenti effettuati con i prototipi sulle uve può essere uno strumento utile a livello aziendale, specialmente per quanto riguarda l’appassimento delle uve ed il controllo dell’acidità.
Le curve descrittive della cinetica dei vari processi sono a disposizione delle aziende e si prevede opportunadivulgazione. Attraverso questa analisi del ciclo di vita è possibile ottimizzare il processo produttivo viti-viticolo, riducendo le emissioni di CO2 in atmosfera salvaguardando l’ambiente naturale. Inoltre è possibile migliorare l’immagine aziendale e del territorio, fornendo all’intera filiera una nuova leva per il marketing del vino.
effettuate delle prove su scala di laboratorio per valutare la capacità di incrementare il pH in mosti ottenuti dalla pigiatura di uve fornite dalle aziende partner del progetto. Sono state pertanto ricavate le curve relative alla variazione del pH nel tempo. Per l’OR4 allo stato attuale è avvenuta l’acquisizione dei dati aziendali e si è proceduto alla divulgazione e applicazione delle tecniche sostenibili di gestione del vigneto. L’interpretazione dei dati di calcolo dell’impronta del carbonio è in corso d’opera per la determinazione delle azioni puntuali destinate a ridurre le emissioni di CO2 nelle singole fasi del processo produttivo.
INFORMAZIONI Giovanni Carlo Di Renzo E-mail: giovanni.direnzo@unibas.it
Vitale Nuzzo E-mail: vitale.nuzzo@unibas.it
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Lieviti indigeni lucani
Progetto finanziato con la Misura 124 Progetto Integrato di Filiera Regionale Vini di Lucania Acronimo: LIELUC Partnership: • Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali (SAFE) - Università degli Studi della Basilicata; • Impresa Agricola Francesco Paolo Battifarano; • Impresa Agricola Marino Francesco • Impresa Agricola Petito Vincenzo. Ambito geografico di intervento: DOC Matera Contributo pubblico ammesso: e 399.000,00 Costo totale del progetto: e 449.850,00
IL PROGETTO Lo svolgimento del progetto prevede come prima fase di attività l’isolamento di lieviti dalle fermentazioni spontanee delle uve raccolte in vigne delle aziende partner del progetto, al fine di collezionare i lieviti delle diverse specie. I lieviti isolati vengono identificati a livello di specie mediante tecniche di biologia molecolare e, successivamente, quelli appartenenti alla specie vinaria principale, Saccharomyces cerevisiae, vengono sottoposti a caratterizzazione genetica e tecnologica per parametri di interesse enologico (resistenza agli antimicrobici, alcol tolleranza, tipologia di sviluppo, carattere killer, produzione di composti Comparto Vitivinicolo
secondari in micro fermentazioni). I lieviti caratterizzati dalla migliore combinazione delle caratteristiche enologiche vengono saggiati in fermentazioni inoculate su scala di laboratorio nei diversi mosti provenienti dai vitigni in studio delle diverse aziende e i vini sperimentali ottenuti a fine fermentazione sono analizzati per il contenuto di composti secondari che influenzano l’aroma del vino. Nella seconda fase del progetto si prevede di validare il comportamento dei ceppi selezionati ad un livello comparabile con le vinificazioni in cantina. Per verificare la riproducibilità del comportamento del ceppo/
ceppi selezionati attraverso le sperimentazioni di laboratorio, si prevede di effettuare prove di fermentazione su scala pilota in cantina, utilizzando condizioni operative che rispecchino quelle delle fermentazioni su larga scala. Per ottimizzare l’impiego del ceppo di lievito che esprima al massimo tutte le potenzialità del vitigno, i ceppi selezionati sono saggiati in prove di vinificazione di uve dei vitigni studiati, al fine di selezionare il ceppo o i ceppi che hanno prodotto vini nel rispetto delle caratteristiche di tipicità del vitigno. Altro parametro importante che viene saggiato riguarda la capacità del ceppo di dominare la microflora
indigena. Nel corso delle vinificazioni, si effettua il controllo microbiologico del processo, isolando ed analizzando mediante tecniche molecolari un numero significativo di colonie di lieviti, al fine di verificare se le colonie isolate hanno lo stesso profilo del ceppo inoculato, e quindi controllare così che la fermentazione venga realmente condotta dal ceppo inoculato. I vini sperimentali sono analizzati per il contenuto in composti secondari legati alla qualità organolettica del prodotto e vengono sottoposti anche ad analisi sensoriale, per individuare i ceppi di lievito che portano alla produzione dei vini con le
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caratteristiche desiderabili, e soprattutto con caratteristiche che esaltino la tipicità del vitigno di
provenienza. Al termine del progetto è prevista un’attività di divulgazione, indirizzata
principalmente agli operatori del settore enologico, al fine di illustrare i risultati ottenuti
e soprattutto il risvolto applicativo delle prove condotte presso il nostro laboratorio.
impiegare come colture starter. In tale contesto, il ruolo della Scuola SAFE dell’Università è di caratterizzare per parametri tecnologici e genetici un numero elevato di lieviti indigeni di S. cerevisiae al fine di individuare I ceppi così detti “specifici” in quanto capaci, attraverso la loro attività metabolica (enzimi), di valorizzare la tipicità varietale e del
territorio. Un ceppo di lievito specifico per una tipologia di vino di una determinata area di produzione rappresenta uno strumento per conferire al vino quel carattere distintivo, fondamentale per la salvaguardia della tipicità dei prodotti in un mercato sempre più globalizzato. Tutti i partner parteciperanno alla divulgazione dei risultati e delle attività conseguite.
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Le tre aziende coinvolte nel processo hanno lo stesso ruolo, finalizzato principalmente alla validazione su scala di cantina degli starter indigeni selezionati dalla Scuola SAFE dell’Università per ciascuna varietà e in ciascuna area riguardante il progetto. In particolare, nella prima fase le aziende hanno messo a disposizione alcune vigne delle varietà Primitivo e Aglianico per la raccolta dei campioni. Inoltre le tre aziende hanno fornito alla Scuola SAFE il mosto per le prove di caratterizzazione e selezione dei lieviti su scala di laboratorio. La fase più importante svolta dalle aziende riguarda la prova su scala di cantina di fermentazione inoculata con i ceppi indigeni caratterizzati e scelti per ciascuna varietà e areale. Queste fermentazioni sono svolte dalle aziende, utilizzando le tecniche produttive tipiche della cantina. Nel corso delle prove, è cura delle cantine seguire l’andamento delle fermentazioni, mediante le analisi di routine che ogni
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cantina utilizza per i propri prodotti e organizzando panel test per l’analisi sensoriale dei vini prodotti con i lieviti indigeni selezionati. Il ruolo della Scuola SAFE dell’Università è quello di isolare, caratterizzare e selezionare lieviti indigeni del territorio in funzione dell’interazione col vitigno e con il prodotto finito. Ora che è disponibile una profonda conoscenza scientifica e tecnica sul ruolo dei lieviti nel processo fermentativo, e i produttori di vino hanno una maggiore confidenza nell’applicazione di questa tecnica, c’è un crescente interesse ad aggiungere ulteriore valore ai vini aumentando la qualità e la tipicità attraverso l’applicazione di tecnologie innovative, che prevedono l’uso di colture starter selezionate in funzione del vitigno e del vino che si vuole produrre. L’anello debole per il raggiungimento di questo obiettivo è la mancanza di studi che correlino appunto le caratteristiche proprie del vitigno e del vino con l’espressione dei caratteri tecnologici dei lieviti da
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OBIETTIVI REALIZZATIVI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI Gli Obiettivi realizzativi del progetto sono: 1: Caratterizzazione tecnologica e genetica di lieviti autoctoni e individuazione dei ceppi con caratteristiche enologiche che valorizzino la qualità del vino. Molto spesso i mosti, specialmente se provenienti da vitigni pregiati, non danno origine a vini che ne esprimono tutto il potenziale qualitativo. Infatti, il ruolo svolto dai lieviti selezionati non è soltanto quello di assicurare il buon andamento della fermentazione, bensì di influire significativamente sulla composizione finale dei vini e sulla loro qualità complessiva. Questo sottolinea l’importanza della scelta del ceppo selezionato in funzione della sua interazione col vitigno/ territorio e con il prodotto finito. L’attività dei lieviti può influenzare positivamente o negativamente il profilo sensoriale dei vini, in quanto gli effetti dipendono prevalentemente dai ceppi che hanno condotto il processo. Per selezionare i ceppi specifici ed ottimali da impiegare come starters per indurre la fermentazione e produrre un vino di buona qualità delle varietà in studio, si utilizza il programma di Comparto Vitivinicolo
selezione messo a punto nei laboratori di Microbiologia enologica della Scuola SAFE dell’Università della Basilicata.
Uva, mosto, vino Isolamento di lieviti indigeni Identificazione degli isolati Caratterizzazione dei ceppi Caratteri tecnologici
Caratteri di qualità
Selezione di ceppi Polimorfismo genetico
Omo/ eterozigosi
Fermentazione su scala pilota
2: Salvaguardia del patrimonio genetico dei lieviti autoctoni. Poiché la qualità di un vino è determinata, in modo rilevante, dal ceppo di lievito che ha dominato il processo
fermentativo, non sempre è conveniente affidare la fermentazione alla microflora spontanea che, essendo incontrollata, può dar luogo a fermentazioni non regolari e a formazione di aromi indesiderati con l’effetto finale di un prodotto qualitativamente inferiore. Commercialmente sono disponibili starter diversi di S. cerevisiae, ma il loro esiguo numero e la provenienza limitata pone un limite a quella che è l’espressione della biodiversità naturale. Isolare, caratterizzare e selezionare, da ciascun vitigno/vino, i lieviti coinvolti nel processo fermentativo consente di individuare i ceppi indigeni migliori, selezionati tra i lieviti selvaggi naturalmente presenti nel mosto d’uva, da inoculare per condurre una fermentazione controllata e produrre un vino di buona qualità, che mantenga le caratteristiche individuali del vitigno di origine. La selezione naturale dei lieviti vinari inizia nell’ambiente vigna (vitigno) con l’isolamento dei lieviti autoctoni dai grappoli d’uva campionati. 3: Costituzione di una collezione di ceppi autoctoni per la salvaguardia,
conservazione e la valorizzazione della biodiversità. I ceppi di lievito selezionati e collezionati sono caratterizzati in funzione dei parametri qualitativi e tecnologici tradizionali. La collezione include ceppi caratterizzati da ampia variabilità per il livello di espressione dei parametri saggiati. L’obiettivo principale è di assegnare ad ogni ceppo selezionato specifiche attitudini, che garantiscano la tipicità e che permettano di scegliere un ceppo piuttosto che un altro. I ceppi sono inoltre caratterizzati da un punto di vista genetico, in modo da assegnare ad ogni ceppo un’impronta molecolare specifica (fingerprinting). Questo è uno strumento molto utile per un veloce e sicuro riconoscimento del ceppo inoculato durante il processo fermentativo, permettendo il controllo microbiologico delle fermentazioni guidate. Questa linea di ricerca può essere il punto di partenza per la creazione di una collezione di nuovi ceppi di lieviti, che possono costituire dei nuovi starter per fermentazioni vinarie specifiche al fine di valorizzare le produzioni viticole locali.
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STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Per l’espletamento del progetto, presso il partner SAFE sono disponibili attrezzature che permettono di effettuare gli screening di tipo tecnologico e l’analisi di alcune caratteristiche dei vini, strumentazione per le analisi di tipo molecolare tradizionali, oltre alla normale strumentazione in dotazione a laboratori di tipo microbiologico. Per le prove di fermentazione su scala pilota, la Scuola SAFE utilizza, in collaborazione con le aziende partner, fermentini di varie dimensioni in dotazione alla “cantina sperimentale” della Scuola SAFE. I partner aziendali sono dotati di tutti gli strumenti necessari per prove di fermentazione che verranno condotte in cantina. Fasi del partner SAFE: Prelievo delle uve: le uve sono campionate a random nel vigneto, scegliendo grappoli sani e raccogliendoli in buste sterili siglate. I campioni di uva, mantenuti in refrigerazione, sono trasportati in laboratorio, dove vengono pigiati sterilmente nei sacchetti di prelievo, travasati in fialoni sterili, incubati a 25°C e lasciati fermentare
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spontaneamente. Le fermentazioni spontanee vengono monitorate quotidianamente, valutando il consumo degli zuccheri durante il processo, al fine di stabilire le fasi in cui effettuare l’isolamento dei lieviti. Isolamento dei lieviti dai campioni di uva in fermentazione spontanea secondo la procedura messa a punto dal partner SAFE. Durante la fermentazione vengono prelevati campioni, diluiti e piastrati su mezzo agarizzato WL, che permette di distinguere le tipologie principali di lieviti in funzione della morfologia e del colore della colonia. Identificazione a livello di specie mediante tecniche molecolari, basate sull’amplificazione della regione ITS del DNA ribosomiale, utilizzando la coppia di primers ITS1 e ITS4, seguita da restrizione dei prodotti amplificati con enzimi specifici. Polimorfismo genetico a livello di ceppo: i lieviti Saccharomyces vengono caratterizzati mediante analisi della regione interdelta (utilizzando i primer δ2-δ12 e δ12-δ21),
una tecnica che si è rivelato molto utile per la differenziazione dei ceppi di S. cerevisiae poiché fornisce profili molecolari unici e riproducibili. Test di caratterizzazione tecnologica. I ceppi vengono saggiati per la resistenza a composti antimicrobici potenzialmente presenti nel mosto in fermentazione, quali l’anidride solforosa e il rame; inoltre, è stata saggiata la resistenza all’etanolo, prodotto dagli stessi lieviti durante la fermentazione. La resistenza alle diverse concentrazioni di anidride solforosa (0, 100, 200, 300)
e di etanolo (0, 12%, 14%, 16%) viene valutata su terreno a base di mosto agarizzato. Per il test di resistenza al rame si utilizza il terreno YNB, saggiando concentrazioni da 100-300 µmol/l di CuSO4. Un lievito viene definito resistente ad una determinata concentrazione quando si osserva la crescita, la non-resistenza è dimostrata da assenza di sviluppo. Fermentazioni inoculate in purezza. Per la valutazione di caratteristiche di interesse enologico (capacità fermentativa in mosto, produzione di etanolo e di composti secondari), i lieviti indigeni identificati come Saccharomyces vengono saggiati in prove di fermentazione su scala di laboratorio utilizzando mosti forniti dalle aziende partner. Il processo viene monitorato misurando l’evoluzione di CO2. Determinazione dei composti secondari. I vini sperimentali ottenuti vengono analizzati mediante gascromatografia per valutare la quantità e qualità dei composti che conferiscono la qualità organolettica del vino. Comparto Vitivinicolo
RISULTATI CONSEGUITI Nel corso delle fermentazioni spontanee, avviate in laboratorio con i grappoli di uva prelevati in campo, sono stati effettuati isolamenti a diverse fasi del processo. L’utilizzo di un terreno selettivo, sul quale le diverse specie di lieviti vinari formano colonie di colore e morfologia diversi, ha permesso di differenziare le due categorie principali di lieviti coinvolti nel processo fermentativo, i lieviti non-Saccharomyces e i lieviti a tipologia Saccharomyces. Dalle piastre di isolamento, sono state scelte colonie rappresentative delle diverse morfologie ritrovate, prelevando un numero maggiore di colonie a tipologia Saccharomyces. Complessivamente, sono stati isolati 462 lieviti, di cui 332 S. cerevisiae (S) e 130 non-Saccharomyces (n-S): Cantina Marino Battifarano Petito
Varietà Primitivo S n-S 51 34 60 15 52 14
Varietà Aglianico S n-S 52 36 58 16 59 15
Le prove di caratterizzazione sono iniziate analizzando i lieviti a tipologia Saccharomyces isolati dalla varietà Primitivo. La prima fase ha previsto l’identificazione degli isolati mediante analisi di Comparto Vitivinicolo
restrizione della regione ITS; tutti i lieviti sono stati identificati come S. cerevisiae. I ceppi sono stati poi sottoposti a caratterizzazione tecnologica e molecolare. a) Caratterizzazione tecnologica – I ceppi di S. cerevisiae sono stati saggiati per il livello di resistenza ai composti antimicrobici: SO2, rame e etanolo. Per quanto riguarda la SO2 (grafico 1a), la maggior parte dei ceppi è risultata molto resistente al composto, tollerando la dose più elevata saggiata (300 mg/L). Analizzando i ceppi in funzione dell’origine (azienda di campionamento delle uve), tutti i ceppi provenienti dall’azienda Battifarano hanno tollerato la dose massima testata, mentre quelli isolati dalle altre due aziende hanno esibito una maggiore variabilità. Meno resistenti quelli isolati dalle uve dell’azienda Marino, poichè 20 ceppi non hanno sviluppato neanche alla dose minima (100 mg/l). Nel caso del rame, tutti i ceppi hanno esibito un elevato livello di
resistenza, sviluppando fino alla dose massima saggiata (300 mmol/L). In questo test, i ceppi isolati dall’azienda Marino sono risultati maggiormente resistenti al rame: il
100% ha tollerato la dose massima. Tutti i ceppi sono risultati molto resistenti all’etanolo, sviluppando bene in presenza del 16 % (v/v) del composto.
Figura 1 - Livello di resistenza dei ceppi di S. Cervisiae all’anidride solforosa (a) e al rame (b). – Marino - Battifarano - Petito
b) Caratterizzazione molecolare – L’analisi del DNA dei ceppi di S. cerevisiae è stata utilizzata per valutare il livello di variabilità genetica dei ceppi. È stata usata l’amplificazione della regione interdelta, una tecnica molto utile e veloce per una rapida ed efficiente caratterizzazione a livello di ceppo in S. cerevisiae. In figura 2 è riportato il numero di profili ottenuti tra i ceppi, suddivisi in funzione dell’azienda. La maggior variabilità è stata ritrovata tra gli isolati dall’uva dell’azienda Marino, che hanno esibito 12 diversi profili
molecolari (indicati con 1-12 in fig.2a). I ceppi provenienti dall’uva dell’azienda Battifarano hanno esibito il minor livello di biodiversità; infatti, sono stati ritrovati 6 diversi profili (indicati con le lettere a-f in fig.2b). In ogni gruppo di ceppi sono stati ritrovati 2 profili dominanti (1 e 5 per Marino; a e b per Battifarano; B e D per Petito), alcuni profili meno frequenti ed alcuni specifici di un solo ceppo.
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Figura 2 - Profili molecolari ottenuti dell’analisi del DNA dei ceppi di S. Cerevisiae. – Marino - Battifarano - Petito
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA I risultati ottenuti con questo progetto permettono di consolidare gli obiettivi proposti, in quanto lo schema di selezione di lieviti vinari è stato validato su scala pilota e le metodologie applicate sono riproducibili. Il trasferimento e la messa a punto su scala di cantina permette di completare lo schema di vinificazione con ceppi selezionati indigeni. In questo progetto la fase di trasformazione in cantina viene validata, trasferendo e adattando le metodologie messe a punto per la scala pilota. La creazione di una collezione di nuovi ceppi di lieviti che, con appropriati screening e ulteriori studi,
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possono costituire dei nuovi starter commerciali per fermentazioni vinarie specifiche, seguita e controllata dalla Scuola SAFE dell’Università degli Studi della Basilicata, può rappresentare un punto di riferimento per la regione Basilicata. I risultati ottenuti da questo progetto favoriscono la costituzione di una struttura di riferimento per le aziende vitivinicole, nata dalla collaborazione tra la scuola SAFE dell’Università degli Studi della Basilicata, la Regione e le imprese. Presso questa struttura, i vinificatori possono avere a disposizione colture starter specifiche, in funzione dei vitigni e dei
vini da produrre, al fine di aumentare la tipicità del prodotto trasformato. Inoltre, questa struttura potrebbe rappresentare un punto di riferimento stabile per lo sviluppo di ulteriori programmi di studio e potrebbe contribuire alla formazione di figure professionali che possano affiancare le aziende per la valorizzazione delle produzioni vinicole. La diversificazione delle produzioni viticole ed enologiche, assicurata dall’impiego di ceppi starter specifici, può determinare un salto di qualità, utile per reggere la competitività così spinta in questo settore e consentire la penetrazione su mercati internazionali, sostenendo la concorrenza anche di produttori extracomunitari. La scommessa della vitivinicoltura lucana della DOC Matera può essere rappresentata dal valore aggiunto in termini
di tipicità ed originalità del prodotto, legata alla commercializzare vini ottenuti con ceppi di lievito specificatamente selezionati. Questo assicura uno stretto legame del prodotto finale con il territorio, poiché i lieviti sono in grado di sfruttare al massimo la potenzialità legata alle caratteristiche compositive del mosto, e esercitando una maggiore attrattività nei confronti dei consumatori, al fine di combattere l’eccessiva globalizzazione dei prodotti, a cui si sta sempre più assistendo. Inoltre la messa a punto di protocolli dettagliati per l’individuazione della migliore combinazione vitigno/lievito può aprire il fronte occupazionale nel settore di un più corretto utilizzo dei lieviti in cantina come strumento per la valorizzazione e la salvaguardia delle produzioni tipiche.
INFORMAZIONI Patrizia Romano e Angela Capece E-mail: patrizia.romano@unibas.it E-mail: angela.capece@unibas.it http://agraria.unibas.it/site/home.html http://www.fermentingyeasts.org
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Innovazione nella filiera del formaggio Canestrato di Moliterno IGP
Progetto finanziato con la Misura 124 “Health Check PAC” Ristrutturazione del settore Lattiero-Caseario Acronimo: R.I.Ca.Mo. Partnership: • Grieco Giovanni Battista (Soggetto capofila); • Az. Agricola Viola Pietro Mario; • Università degli Studi di Bari (UNIBA)
Dipartimento di Scienze del Suolo, della pianta e degli alimenti;
• Università degli Studi di Foggia (UNIFG) Dipartimento di Economia e Dipartimento di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’Ambiente;
• Laboratorio di Economia dello Sviluppo Locale (L.E.SVI.L.) Ambito geografico di intervento: Regione Basilicata, in particolare nei Comuni che rientrano nel Disciplinare IGP “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco”
IL PROGETTO La Basilicata ha una notevole eterogeneità di razze bovine e ovicaprine oltreché un’elevata disponibilità di pascoli che consentono di ottenere una produzione casearia regionale con pregevoli caratteristiche organolettiche, estremamente diversificata, tra cui il Canestrato di Moliterno, formaggio ovicaprino che con il Reg. (UE) 441/2010 del 21 maggio 2010 ha ricevuto il marchio di Indicazione Geografica Protetta (IGP) “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco”. Il latte destinato alla produzione del “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco” IGP deve provenire da ovini e caprini di aziende Comparto Zootecnia da latte
Contributo pubblico ammesso: e 617.829,80
agricole ubicate nei territori di 46 comuni della provincia di Potenza e 14 della provincia di Matera (1/3 dell’intera Regione). Le caratteristiche strutturali delle aziende, l’elevato spazio geografico a cui fa riferimento il disciplinare di produzione oltreché la scarsa integrazione della filiera rende difficile ogni intervento teso a migliorare lo sviluppo di standard qualitativi, produttivi, logistici e tecnologici degli operatori coinvolti. Le problematiche riscontrate nella filiera lattiero casearia e quindi anche per le aziende che concorrono ad ottenere il “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco”, sono:
Costo totale del progetto: e 882.614,00
• per le aziende di produzione l’ammodernamento strutturale, innovazione verso la qualità e la sicurezza alimentare; miglioramento delle performance ambientali e del benessere animale; innovazione tecnologica e di processo; sviluppo e rafforzamento della filiera per la creazione e/o l’ammodernamento di strutture aziendali di trasformazione e vendita; • per le aziende di trasformazione la concentrazione della materia prima nelle fasi post-raccolta latte; miglioramento del
coordinamento nelle filiere, in particolare delle produzioni di qualità certificata; innovazioni di prodotto e di processo con riferimento al porzionamento ed al packaging e alla diversificazione delle tecniche di produzione primaria; razionalizzazione della logistica; promozione delle produzioni ed educazione alimentare. Il progetto RICaMo, intende promuovere la realizzazione di un’iniziativa di cooperazione tra un produttore primario, un trasformatore e tre centri
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di ricerca applicata al fine di generare innovazione di prodotto e di processo, verificare le potenzialità e la capacità di tali innovazioni di favorire un riassetto organizzativo ed un ri-orientamento delle strategie dell’intera filiera del Canestrato di Moliterno e, più in generale, del comparto lattiero caseario regionale, mediante il trasferimento
mirato delle stesse al suo interno, al fine di aumentarne la competitività, migliorarne l’organizzazione e l’efficienza produttiva, incentivare la concentrazione di prodotto puntando al miglioramento degli standard di qualità e sicurezza alimentare e delle performance ambientali. L’idea progettuale consiste nella razionalizzazione e standardizzazione della filiera
del formaggio Canestrato di Moliterno IGP alla luce dei moderni input che arrivano dal mercato e che possono essere sintetizzati come segue: a) territorialità, qualità e sicurezza igienicoalimentare; b) definizione e mantenimento di standard organolettici, compositivi e microbiologici di alto profilo, con range di variabilità ristretti (“identità di
prodotto”); c) tracciabilitàrintracciabilità; d) basso impatto ambientale e innovazione tecnologica; e) facilità d’uso, economicità e shelf-life prolungata del prodotto finito. Questi punti rappresentano le obbligate direzioni di marcia per lo sviluppo e/o il rilancio dei prodotti alimentari che fanno della qualità il proprio punto di forza.
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER I partner concorrono alla realizzazione degli obiettivi singolarmente o collettivamente in riferimento alle specifiche competenze di ognuno. In particolare: Nome del partner
O.R.
Grieco Giovanni Battista (Soggetto Capofila)
Partecipa a tutti gli OR
Partecipa in maniera trasversale a tutti gli OR
-
OR1: Territorialità qualità e sicurezza igienico-alimentare
Definizione di un protocollo analitico per la selezione e gestione del latte durante le fasi di raccolta e scarico in azienda
-
OR2: Approfondita definizione degli standard del prodotto
Miglioramento della sicurezza alimentare e monitoraggio della qualità igienica e compositiva della materia prima e del prodotto finito.
Realizzazione Panel sensoriale
OR3: Tracciabilità e Rintracciabilità
Definizione e studio pre-competitivo di un sistema di tracciabilità e rintracciabilità del Canestrato di Moliterno IGP
Prototipo sistema di tracciabilitàrintracciabilità
O.R.1: Territorialità qualità e sicurezza igienico-alimentare
Definizione di un protocollo analitico per la selezione e gestione del latte durante le fasi di raccolta e scarico in azienda
O.R.2: Approfondita definizione degli standard del prodotto
Definizione e studio pre-competitivo di un sistema di tracciabilità e rintracciabilità del Canestrato di Moliterno IGP
Realizzazione Panel sensoriale
O.R.4: Impatto ambientale e innovazione di prodotto
Realizzazione di una piattaforma di valorizzazione del siero/scotta per gestire proficuamente i reflui di caseificio.
- Ottenimento concentrati e permeati - Protocollo tecnologico per la realizzazione del prodotto innovativo - Scheda descrittiva prodotto innovativo
Viola Pietro Mario, Università degli Studi di Bari (UNIBA)
Università degli Studi di Bari (UNIBA) Dipartimento di Scienze del suolo, della pianta e degli alimenti
Università degli Studi di Foggia (UNIFG) Dip. di Economia e Dip. di Scienze Agrarie, degli Alimenti e dell’ambiente. Laboratorio di Economia dello Sviluppo Locale (L.E.SVI.L.)
Tutti i partner1 1
Ruolo dei partner
Indicatore di impatto
O.R. 5 Facilità d’uso, economicità e Studio preliminare per definire la cinetica di decadimento del Canestrato shelf-life prolungata del prodotto finito di Moliterno porzionato e individuare strategie di confezionamento.
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-
O.R. 7 Ricerca nuovi sbocchi di mercato
Definizione del quadro macroeconomico delle opportunità precompetitive derivanti dall’innovazione introdotta
Report Ricerca analisi di mercato
O.R. 3 Tracciabilità e Rintracciabilità
Definizione e studio pre-competitivo di un sistema di tracciabilità e rintracciabilità del Canestrato di Moliterno IGP
Prototipo sistema di tracciabilitàrintracciabilità
O.R.6: Analisi Economica e d’impatto delle innovazioni prodotte per il trasferimento mirato al comparto
Analisi del vantaggio economico e delle prospettive di competitività generate dall’innovazione introdotta e trasferimento al comparto
Analisi var. % del costo dei fattori produttivi
O.R.8: Divulgazione dei risultati
Divulgazione, informazione e trasferimento risultati
Questionario di valutazione
O.R.9:
Coordinamento e monitoraggio progetto.
-
Tutti i partner collaboreranno alle attività di cui all’O.R. 8
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OBIETTIVI REALIZZATIVI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI Gli obiettivi progettuali sono suddivisi in n. 9 Obiettivi Realizzativi (O.R.), per quanto concerne le milestone, esse devono essere considerate come le pietre miliari che definiscono i punti di controllo all’interno di ciascuna fase oppure di consegna di specifici deliverables. Di seguito sono riportati gli O.R. collegati a ciascuna milestone: O.R.1 Territorialità, Qualità e Sicurezza Igienico-alimentare e l’O.R.2 Approfondita Definizione degli Standard del Prodotto si è inteso rispondere ai fabbisogni di: 1) Miglioramento della sicurezza alimentare e del benessere animale; 2) Potenziamento dei servizi di organizzazione aziendale; 3) Innovazione di processo con riduzione dei costi di produzione; 4) Concentrazione della materia prima nelle fasi post-raccolta latte 5) Miglioramento del coordinamento della programmazione nelle filiere in particolare delle produzioni di qualità certificata; 6) Promuovere le produzioni e l’educazione alimentare. Milestone: (O.R.1) Report analitici e test, report sui Comparto Zootecnia da latte
risultati ottenuti ogni 4 mesi; (O.R.2) report prove test; scheda standard prodotto; report sui risultati ottenuti ogni 4 mesi. O.R.3 Tracciabilità e Rintracciabilità si inteso fornire una risposta alla necessità di aumentare le percentuali di produzioni certificate e di favorire il trasferimento dell’innovazione della qualità e della sicurezza alimentare all’intero comparto della filiera. Milestone: Test sulle fasi di tracciabilità; protocolli informatici per la rilevazione dei dati; report sui risultati ottenuti ogni 4 mesi. O.R 4 Impatto ambientale e innovazione di prodotto ha consentito di rispondere ai fabbisogni relativi a: ammodernamento strutturale e riduzione impatto ambientale; innovazione tecnologica e di processo per la riduzione dei costi di produzione. Milestone: Report analitici concentrati e permeati, report analitici sul prodotto innovativo (composizione, profilo sensoriale, ecc), report sui risultati ottenuti ogni 4 mesi, redazione fotografica dei concentrati e del prodotto innovativo. O.R.5 Facilità d’uso, economicità e shelflife prolungata del prodotto finito, ha
consentito di sperimentare prodotti che fossero contemporaneamente naturali, di facile e pronto impiego e conservabili e quindi legate in maniera imprescindibile all’attributo convenience. Milestone: Test sulle prove di shelf-life, report sui risultati ottenuti ogni 4 mesi. O.R.6 Analisi economica dell’impatto delle innovazioni per il trasferimento mirato al comparto, ha inteso determinare l’economia e l’aumento del valore aggiunto realizzato con le innovazioni introdotte al fine di favorirne il trasferimento all’intera filiera e realizzare un miglioramento della competitività del settore. Milestone: N. Schede di valutazione di analisi, report sui risultati ottenuti ogni 4 mesi. O.R.7 Ricerca di nuovi sbocchi di mercato per le produzioni si intende giungere alla definizione
e comprensione dei nuovi scenari che le innovazioni introdotte possono apportare. Milestone: Report sui risultati ottenuti ogni 4 mesi. O.R.8 Divulgazione dei risultati si è inteso assicurare il trasferimento delle informazioni e delle conoscenze acquisite. Milestone: Numero operatori coinvolti, numero incontri realizzati, numero seminari, eventi, missioni, incontri, numero accessi al portale ed alla piattaforma web, convegni, relazioni stati di avanzamento, pubblicazioni, comunicati, rassegna stampa, articoli. O.R.9 Coordinamento e governance si assicura l’avvio ed il consolidamento della cooperazione nonché l’aderenza della proposta di innovazione nelle diverse fasi di attuazione e sperimentazione sul campo. Milestone: N. verbali, n. incontri tecnici, relazione stati di avanzamento.
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STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Il progetto RICaMo prevede l’introduzione di innovazioni di processo e di prodotto nella filiera lattiero casearia, in particolare: Definizione di un protocollo analitico attraverso: conta dei germi previsti dal pacchetto igiene; stima dei microrganismi alteranti mediante determinazione di Pseudomonas spp. (responsabili di “spoilage” e difetti in latte e derivati, nonché di alterazioni cromatiche quale il fenomeno della cosiddetta “mozzarella blu”); determinazione del punto crioscopico, del pH e dell’acidità; determinazione dei macrocostituenti; determinazione delle sostanze inibenti sia mediante kit rapido che mediante Delvotest; determinazione del profilo sensoriale mediante scheda dedicata. Il Protocollo si basa su due gruppi di controlli: a) analisi effettuabili durante la raccolta latte; b) analisi effettuabili allo scarico in azienda. Definizione degli standard di prodotto
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del Canestrato di Moliterno IGP attraverso l’attuazione di approfonditi studi chimici, microbiologici e sensoriali, sul prodotto nelle diverse fasi della stagionatura. In particolare si stanno effettuando le seguenti analisi: contenuto in macrocostituenti; caratterizzazione della sostanza grassa mediante gascromatografia (GC) con particolare attenzione agli acidi grassi della serie Omega 3 e 6, e ai CLA; caratterizzazione delle sostanze volatili mediante GC accoppiata alla spettrometria di massa; studio della lipolisi (mediante GC) e della proteolisi (profilo peptidico ed amminoacidi liberi mediante cromatografia liquida; evoluzione delle caseine mediante elettroforesi) durante la stagionatura; definizione del profilo microbiologico (conta dei principali gruppi di microrganismi di interesse caseario e anticaseario); prove sensoriali per la creazione di un panel specializzato per lo studio degli indicatori
del gusto e dell’aroma e definizione di scheda sensoriale dedicata. Definizione e studio pre-competitivo di un sistema di tracciabilità e rintracciabilità attraverso la selezione delle informazioni da tracciare; identificazione delle informazioni selezionate; scelta del linguaggio informatico da adoperare per comunicare le informazioni; scelta delle modalità di trasmissione delle informazioni. Tutte le informazioni selezionate possono essere trasferite in codici unici che consentono a ciascun operatore della filiera di poter individuare e comunicare, agli operatori successivi, le informazioni ricevute. Attraverso il flusso produttivo, il sistema di tracciabilità deve essere in grado, tramite un collegamento via palmare con gli strumenti di analisi mobili, di registrare i dati relativi alle caratteristiche chimico-fisiche del latte evidenziando immediatamente le eventuali non conformità di quello specifico lotto. Viene inoltre definito e studiato l’impianto di un microchip, o altro sistema di comunicazione
informatico, all’interno della forma di formaggio, in grado di registrare, grazie ad un codice a barre bidimensionale, tutte le informazioni relative a quella specifica forma di formaggio. Realizzazione di una piattaforma di valorizzazione del siero/ scotta, questa si basa su un impianto sperimentale ad ultrafiltrazione/ osmosi inversa/ e/o nanoinflitrazione, in grado di “spacchettare” un sottoprodotto indifferenziato e produrne uno con caratteristiche qualitative migliori, da considerare non più rifiuto ma materia prima. Valutazione della capacità di opportuni sistemi di confezionamento in grado di garantire standard igienici e sensoriali, nel rispetto di criteri di economicità e convenience del packaging. Il raggiungimento dell’obiettivo presuppone (i) uno studio preliminare volto a conoscere la cinetica di decadimento del Canestrato di Moliterno IGP porzionato e (ii) a individuare opportune strategie di confezionamento. Comparto Zootecnia da latte
RISULTATI CONSEGUITI I risultati da conseguire sono stati suddivisi in relazione ai corrispondenti O.R.: O.R.1: Miglioramento della qualità igienicocompositiva e approfondita conoscenza della materia prima; riduzione dei difetti e degli scarti di produzione; minore variabilità della qualità del prodotto finito e valorizzazione del fattore materia prima lungo la filiera. O.R.2: Approfondita definizione degli standard del prodotto oltre a quelli indicati nel disciplinare di produzione IGP; realizzazione di una monografia contenente: 1) una scheda di presentazione generale, con riferimenti anche alla qualità della materia prima, verificata nella precedente attività; 2) una scheda di analisi sensoriale dedicata, con grafico standard di riferimento, ed elenco descrittivo dei possibili difetti e delle non conformità; 3) un quadro del profilo microbiologico caratteristico del prodotto nel corso della sua produzione e stagionatura; 4) una tabella compositivonutrizionale molto Comparto Zootecnia da latte
dettagliata, che valorizzi in particolare le caratteristiche nutrizionali di maggiore interesse; 5) un commento finale sintetico che riassuma le peculiarità del formaggio e spieghi ai potenziali consumatori le differenze rispetto ad altri prodotti simili. O.R.3: Sistema di tracciabilità e rintracciabilità del Canestrato di Moliterno IGP attraverso tecnologie informatiche. Miglioramento degli standard di controllo, tracciabilità e rintracciabilità. O.R.4: Migliore gestione dei reflui di caseificio e messa a punto di un prodotto innovativo a base di siero da affiancare alla ricotta. Miglioramento delle performance ambientali.
politica basata sulla qualità della produzione piuttosto che su una competitività basata sui costi. Definizione di nuovi prodotti innovativi.
O.R.7: Definizione dei vantaggi competitivi acquisiti dal comparto. Nuovi sbocchi di mercato e canali di commercializzazione.
O.R.6: Analisi dell’impatto economico ed organizzativo delle innovazioni introdotte. Modelli innovativi di gestione della filiera del Canestrato di Moliterno IGP. Parametri tecnici, logistici ed organizzativi per la ridefinizione del disciplinare del Canestrato di Moliterno IGP. Trasferimento dell’innovazione all’intera filiera del Canestrato di Moliterno IGP.
O.R. 8: Condivisione e diffusione della sostenibilità dell’innovazione introdotta nel comparto. O.R.9: Consolidamento della cooperazione. Ampliamento della partnership per la sostenibilità ed il trasferimento dell’innovazione al comparto.
O.R.5: Favorire lo sviluppo delle conoscenze scientifiche relativamente all’incremento della shelf-life del Canestrato di Moliterno IGP secondo una
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REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Il progetto nasce per soddisfare i fabbisogni di innovazione nella filiera lattiero casearia partendo dalla sperimentazione nel “Canestrato di Moliterno Stagionato in Fondaco IGP”. Come precedentemente illustrato la Basilicata ha un’elevata eterogeneità
di produzioni casearie: caciocavallo, cacioricotta, caprino, casieddu, manteca, mozzarella, padraccio, pecorino, pecorino misto, ricotta, ricotta forte, ricotta salata, scamorza, toma e treccia dura; tutte queste filiere possono usufruire delle attività progettuali
che, appare chiaro, sono replicabili in tutti gli altri prodotti lattiero caseari regionali. Le attività progettuali ed i risultati ottenuti, se introdotti anche negli altri settori, possono generare un circolo virtuoso che porti le aziende ad
essere più competitive sul mercato (attraverso l’allungamento della shelf- life), favorisca l’internazionalizzazione (attraverso i sistemi di tracciabilità) ed infine avvicini gli enti di ricerca alle aziende agroalimentare.
INFORMAZIONI www.progettoricamo.com E-mail: info@progettoricamo.com
Michele Faccia
E-mail: michele.faccia@uniba.it
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Comparto Zootecnia da latte
Innovazioni impiantistiche e nuovi modelli economici per il comparto
Progetto finanziato con la Misura 124 Progetto Integrato di Filiera Regionale Verdi Fattorie Partnership (Enti di ricerca): • Università degli Studi della Basilicata (SAFE); Partnership (Aziende): • Cecere Rosa Contributo pubblico ammesso: e 172.900,00 Costo totale del progetto: e 250.000,00
IL PROGETTO La Regione Basilicata ha una grande tradizione e una grande qualità agroalimentare, e non è ipotizzabile sostituire le aree coltivate con produzioni agroalimentari di qualità con aree destinate alle produzioni bioenergetiche, pertanto si ritiene opportuno favorire lo sviluppo, soprattutto presso le realtà agroalimentari locali, di impianti in grado di recuperare prodotti di scarto per convertirli in energia pulita. Nell’ambito delle risorse zootecniche e dell’industria lattiero caseari numerosi sono i tipi di substrato che potenzialmente rappresentano una fonte di energia, a patto di essere adeguatamente impiegati Comparto Zootecnia da latte
e trasformati. Pertanto, l’attività da realizzare nell’ambito del PIF proposto da VERDI FATTORIE SOC. COOP. AGRICOLA mira allo studio e progettazione di un prototipo innovativo di impianto di digestione anaerobica per la produzione di biogas e di energia termica ed elettrica. L’opera consentirebbe di migliorare la capacità imprenditoriale grazie al valore economico aggiunto rappresentato dal reimpiego di scarti, che andrebbero smaltiti e rappresentano attualmente un problema da gestire all’interno dell’azienda, per la produzione di energia. Nella presente attività di ricerca vengono individuati i seguenti obietti specifici:
Razionalizzazione della gestione dei reflui zootecnici e dei sottoprodotti (siero di caseificazione) nel comparto della zootecnia da latte; Progettazione di un sistema innovativo per la produzione di energia in azienda mediante la conversione di reflui zootecnici e siero di caseificazione; Ottimizzazione delle prestazioni ambientali tanto in termini di riduzione delle problematiche connesse alla gestione di reflui agroindustriali quanto in termini di maggior autosufficienza energetica;
Valutazione della sostenibilità economica e finanziaria dell’investimento individuando i punti di trade-off fra convenienza economico-finanziaria dell’alternativa progettuale e innovazione del processo di trasformazione; Analisi di sensitività sulla convenienza economicosociale e finanziaria dell’ipotesi progettuale.
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IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER La scuola SAFE ed in particolare il gruppo di macchine ed impianti per l’industria agroalimentare è impegnato nell’individuazione delle caratteristiche della biomassa zootecnica ed agroindustriale da impiegare nel processo innovativo, nell’esecuzione di alcune analisi di laboratorio, nell’individuazione dei componenti dell’impianto, nello sviluppo del progetto esecutivo. Il gruppo di economia e pianificazione della scuola SAFE è impegnato nello sviluppo del progetto relativamente alla valutazione dei bacini di approvvigionamento
e della sostenibilità economica dell’alternativa progettuale, attraverso l’implementazione di strumenti di aiuto alle decisioni che possano tener conto dei trade-off fra innovazione di processo e implementazione finanziaria dell’alternativa progettuale. Sono inoltre determinate le ricadute economico e sociali del progetto al fine di valutarne anche la sostenibilità dal punto di vista collettivo. Il partner aziendale collabora fornendo dati ed indicazioni utili alla definizione del progetto, e campioni di biomasse utili alla caratterizzazione e definizione delle caratteristiche ottimali.
OBIETTIVI REALIZZATIVI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI Gli obiettivi del progetto sono: 1. Studio dei reflui zootecnici disponibili all’interno della filiera in esame e delle caratteristiche chimicofisiche, definizione delle potenzialità in termini di conversione energetica; 2. Progettazione e dimensionamento delle fasi di raccolta, pretrattamento, digestione e conversione dei reflui zootecnici disponibili;
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3. Analisi dei costi di produzione dell’energia e convenienza economica all’implementazione dell’alternativa progettuale per l’azienda su media e lunga scala temporale; 4. Analisi di sensitività dei trade-off fra innovazioni di processo introdotto nell’alternativa progettuale e sostenibilità economicofinanziaria.
Studio dei reflui zootecnici disponibili all’interno della filiera in esame e delle caratteristiche chimicofisiche, definizione delle potenzialità in termini di conversione energetica. Allo scopo di utilizzare al meglio le biomasse residuali presenti nell’azienda zootecnica viene preliminarmente compiuta un’indagine conoscitiva relativa alla potenziale disponibilità di tali biomasse residuali (compresi i sottoprodotti della lavorazione del latte). L’indagine permette di avere un quadro esaustivo del quantitativo di reflui zootecnici e siero di latte che possono essere convertite dalla piattaforma agroenergetica per la produzione di biogas. Considerando i quantitativi giornalieri di reflui zootecnici e di siero di latte ed in relazione alle proprietà chimico-fisiche (umidità %, contenuto in solidi totali e frazione di solidi volatili) si perviene alla definizione dei quantitativi totali di biogas giornalieri che il digestore può produrre. Progettazione e dimensionamento delle fasi di raccolta, pretrattamento, digestione e conversione dei reflui zootecnici disponibili.
L’ipotesi di lavoro prevede che il materiale da convertire (liquami, reflui, siero, etc.), stoccato in una vasca di accumulo, venga omogeneizzato e miscelato ed inviato al digestore. Il biogas prodotto viene inviato al cogeneratore dopo aver subito una desolforazione in un apposito impianto. Il digestato finale viene separato nelle due frazioni solida e liquida (mediante un rotovaglio o un decanter); la frazione solida alimenta il letto di compostaggio, mentre la frazione liquida viene in parte utilizzata per scopi di servizio (fino al 50% del liquido derivato dalla produzione di biogas può essere utilizzato direttamente sul compost) e la restante frazione ulteriormente depurata in vasche biologiche. Il ciclo di trasformazione ipotizzato si chiude con la produzione ed insacchettamento di compost. Tale fase di ricerca prevede dunque la definizione progettuale dei seguenti elementi: • capannone ricovero attrezzi e gruppi di cogenerazione; • piazzole di stoccaggio reflui; • vasca di stoccaggio liquami; • vasche di trattamento acque; Comparto Zootecnia da latte
• gruppi di cogenerazione; • biodigestori (compresi i lavori edili ed i costi per la sicurezza); • impianti per il compostaggio; • serra di compostaggio coperta con struttura metallica (platea di compostaggio in struttura chiusa, impianti, sistemi di filtrazione dell’aria); • parco macchine motrici e operatrici. • impianti di servizio. Analisi dei costi di produzione dell’energia e convenienza economica all’implementazione dell’alternativa progettuale per l’azienda su media e lunga scala temporale. L’uso dei reflui delle attività zootecniche e agroalimentari per fini energetici rappresenta ormai una realtà consolidata che si basa su modelli di trasformazione che fanno riferimento a tecniche impiantistiche ampiamente implementate soprattutto nel settore privatistico. Nonostante ciò ancora ampi sono i margini di miglioramento nei processi tecnologici che consentono un incremento sia in termini di efficienza delle rese produttive e sia in termini ambientali. Queste innovazioni di processo determinano Comparto Zootecnia da latte
miglioramenti sia finanziari che economico-sociali con importanti ricadute sia dal punto di vista economico per l’azienda che implementa il processo produttivo che per la collettività. A tal fine è prevista la realilzzazione di una analisi economica e finanziaria dell’investimento al fine di valutarne l’effettiva convenienza sia da un punto di vista privatistico che in un ottica di decisore pubblico. A tal fine di prevede di adotttare gli indicatori di convenienza economica, Valore Attuale Netto (VAN), Saggio di rendimento interno (SIR), Payback Period (PBP) e il Recovery Cost (RC), in modo tale da poter fornire il più ampio quadro informativo decisionale al decisore. Analisi di sensitività dei trade-off fra innovazioni di processo introdotto nell’alternativa progettuale e sostenibilità economico-finanziaria. Proprio i miglioramenti prevedibili nei processi di trasformazione consentono di aumentare la sostenibilità
economica e ambientale del processo. Non sempre le due sostenibilità si muovono nella stessa direzione, anzi spesso un amento dell’attenzione agli impatti ambientali comporta una minore efficienza produttiva ovvero un incremento dei costi di produzione. Inoltre non sempre tutte le singole variabili in gioco (costi, rese, ricavi, ecc.) si manifestano con valori determinati, ma piuttosto alcuni di essi in fase di valutazione ex-ante dell’investimento (come nel caso della valutazione economico finanziaria di una innovazione di processo) potrebbero assumere valori variabili in un range di variazione per cui se ne rende necessaria l’implementazione di una analisi di sensitività all’investimento. Nel presente progetto vengono presi in considerazione tali fattori e sono analizzati i diversi scenari possibili e i trade-off fra sostenibilità economica e sostenibilità ambientale delle innovazioni di processo introdotte.
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Per la definizione dei criteri progettuali della piattaforma di conversione sono stati impiegati i metodi classici dell’ingegneria alimentare e della ricerca industriale volta all’ottimizzazione dei processi alimentari e degli impianti per l’industria alimentare. L’uso di software specifi consente l’elaborazione del dettaglio del progetto, compresi i calcoli di dimensionamento ed i layout grafici.
RISULTATI CONSEGUITI
Allo stato attuale i risultati sono parziali e le attività del progetto sono in via di completamento. La raccolta dati avviata nella prima fase dimostra le potenzialità per la produzione di biogas al fine di produrre energia elettrica e calore a partire da biomasse zootecniche disponibili nelle aziende partner del progetto. Sono state delineate le fasi che compongono l’intero processo produttivo, dalla raccolta e pretrattamento alla produzione di compost. È in via di definizione il dimensionamento dell’impianto e la scelta delle macchine ed impianti che lo compongono, una volta completato lo studio si realizzerà il progetto esecutivo.
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REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Le tecnologie inserite nel presente progetto ed i risultati acquisiti sono immediatamente replicabili in molte aziende. Le tecnologie previste nell’ambito del presente progetto Integrato di Filiera consentono la conversione energetica dei residui organici derivanti dall’attività principale svolta dall’azienda zootecnica, sollevandola dall’onere della gestione dell’azoto, e nel complesso vengono
utilizzati per creare energia e un concime organico (compost). Il processo di digestione anaerobica stabilizza le deiezioni di partenza, riduce le emissioni di cattivi odori, la carica patogena e ne migliora le proprietà fertilizzanti. La linea di compostaggio finale chiude la filiera con la produzione di un ammendante compostato misto finale di elevata qualità. L’impiego del
compost sui terreni agrari contribuisce a ridurre l’uso di prodotti chimici e a migliorare la fertilità dei suoli. Indubbi vantaggi si realizzano considerando che: • i residui organici agricoli sono naturalmente disponibili all’interno dell’azienda zootecnica ed eventualmente anche delle aziende limitrofe, sollevandole dall’onere della gestione dell’azoto;
• la biomassa viene utilizzata per produrre energia in un ciclo di tipo chiuso che prevede la trasformazione in un ammendante di elevata qualità (compost) di tutti i residui derivanti dalla produzione di energia; • il processo di digestione anaerobica stabilizza le deiezioni di partenza e riduce le emissioni di cattivi odori.
INFORMAZIONI Severino Romano E-mail: severino.romano@unibas.it
Giovanni Di Renzo E-mail: giovanni.direnzo@unibas.it
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Comparto Zootecnia da latte
Miglioramento del benessere animale e della qualità organolettica del latte per la valorizzazione delle produzioni nella filiera latte
IL PROGETTO Il progetto di ricerca prevede di individuare, all’interno della Società Cooperativa Latte Verdi Fattorie, un’azienda agricola campione dove effettuare il monitoraggio dei fattori di produzione. In particolare, l’attenzione è rivolta al benessere degli animali e all’alimentazione al fine di individuare i punti critici e utilizzare i miglioramenti correttivi proposti come riferimento per tutti gli altri allevamenti presenti in filiera. Si intende definire un nuova tipologia di prodotto caseario sperimentando la migliore metodologia di trasformazione validandola, successivamente, con una apposita analisi sensoriale e di accettabilità da parte del consumatore. Comparto Zootecnia da latte
Progetto finanziato con la Misura 124 Progetto Integrato di Filiera Regionale Verdi Fattorie Partnership: • Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali (SAFE) - Università degli Studi della Basilicata - UNIBAS • Società Cooperativa Agricola Latte Verdi Fattorie Baragiano Ambito geografico di intervento: Regione Basilicata Contributo pubblico ammesso: e 135.240,00 Costo totale del progetto: e 193.200,00
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Preventivamente, prevista l’analisi dello scenario nazionale del latte e dei prodotti derivati ma anche quello europeo ed extraeuropeo per individuare al meglio l’obiettivo di innovazione. Sinteticamente, gli obiettivi preposti sono: elevare lo standard della razione alimentare; elevare lo stato di benessere animale; valorizzare e migliorare la qualità del latte delle aziende in filiera; uniformare l’uso delle materie prime utilizzate negli allevamenti; aumentare i livelli quantiqualitativi e la qualità organolettica del latte prodotto; realizzare un prodotto caseario innovativo al fine di aumentare i redditi degli allevatori.
La Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali è responsabile del coordinamento generale del progetto di ricerca e dell’espletamento di tutte le fasi inerenti le azioni previste.
Effettua le attività necessaria al corretto svolgimento del progetto e coordina le azioni con la Società Cooperativa associata per la salvaguardia del rispetto e dei reciproci impegni e obblighi assunti.
OBIETTIVI PREPOSTI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI L’obiettivo principale del progetto di ricerca si basa sulla individuazione, sperimentazione e standardizzazione di un nuovo processo e prodotto caseario. Il trend dei consumi dei prodotti caseari negli ultimi anni evidenzia, specialmente nelle nuove generazioni, un consumatore orientato verso prodotti freschi e/o a breve stagionatura e dal gusto piatto ottenuti con processi di trasformazione di latte a
bassa percentuale di grasso e con una componente in flavour delicato. Per i motivi su esposti e per ridurre al tempo stesso i fenomeni di gonfiore precoce verrà aggiunta una aliquota di latte di asina durante il processo di caseificazione. Il latte di asina, infatti, grazie alle elevate percentuali di lisozima consente di attenuare e bloccare fenomeni di gonfiore precoce e la sua importante componente in lattosio
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aumenta la palatabilità del prodotto. Inoltre, il formaggio realizzato può intercettare il target di consumatori allergico alle proteine dell’uovo utilizzate spesso nei
processi caseari proprio ai fini della riduzione dei gonfiori. La ricerca viene conclusa con delle prove di accettabilità con l’individuazione del migliore naming e packaging.
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI • Valutazione del benessere animale (Schede ANI, Indice BCS-Body Condition Score) • Valutazione delle materie prime (campionamento con carotaggio, setacciamento con Penn state particle size separator) • Valutazione delle feci per l’analisi del metabolismo ruminale (pH MeterLabPHM 240, setacciamento con setaccio, valutazione visiva) • Valutazione principali caratteristiche chimiche alimenti con NIRSYSTEM 5000 (Foss, Hillerød, Denmark); • Valutazione aflatossine (Tecnologia ELISA) • pH (MeterLabPHM 240; Radiometer Analytical SAS, Lyon, France) • Valutazione principali caratteristiche chimiche latte e formaggio con MilkoScan FT 6000 (FossElectric A/S, Hillerød, Denmark) • Valutazione principali caratteristiche chimiche latte e formaggio con le metodiche AOAC International • Valutazione contenuto di lisozima con HPLC
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(1100 system, Agilent technologies, Secondo la metodica Pirelli et al., 2000) • Minicaseificio aziendale • Generatore di Vapore pressurizzato a tubi da fumo orizzontale • Vasche di lavorazione in acciaio inox • Fascelle in plastica • Prove di assaggio in cabine sensoriali • Schede di valutazione di analisi sensoriale • Software subdinamico di elaborazione per bilanciamento della razione • Software statistici per elaborazione dei risultati • Software FIZZ Biosystèmes, Couternon, Franc.
RISULTATI ATTESI Le azioni programmate sono finalizzate ad ottenere: • Miglioramento del benessere animale • Diminuzione del numero di casi di chetosi e acidosi • Diminuzione del numero di mastiti • Standardizzazione di una razione alimentare
• Contenimento e riduzione del contenuto in aflatossine nel latte • Miglioramento delle caratteristiche quantiqualitative del latte • Innovazione di processo e di prodotto con prove di accettabilità e individuazione del miglior naming e packaging.
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Il progetto di ricerca nella sua complessità, mira tramite un nuovo processo produttivo, a un miglioramento e alla standardizzazione dei processi di alimentazione degli allevamenti della Società Cooperativa e alla creazione di un nuovo prodotto caseario. La replicabilità delle azioni correttive di alimentazione, benessere animale e in
generale dell’allevamento sono replicabili su tutto il territorio regionale e non solo. Anche l’innovazione di prodotto e di processo sono replicabili sia in piccoli caseifici aziendali che in caseifici industriali. La potenzialità è evidente vista l’attuale assenza della tipologia di prodotto proposto dalla ricerca sui mercati interni ed extra CE.
INFORMAZIONI Carlo Cosentino
E-mail: carlo.cosentino@unibas.it
www.biodiversitazootecnica.it www.verdifattorie.com
Valutazione del metabolismo ruminale.
Comparto Zootecnia da latte
Valorizzazione della filiera mediante attività di sperimentazione e ricerca su acidi grassi essenziali
Progetto finanziato con la Misura 124 Progetto Integrato di Filiera Regionale Verdi Fattorie Partnership: • Istituto di Bioscienze e BioRisorse Consiglio Nazionale delle Ricerche (Capofila) • Az. Agricola De Carlo Rosa - Bella (PZ) Ambito geografico di intervento: Regione Basilicata Contributo pubblico ammesso: e 108.667,71 Costo totale del progetto: e 155.239,59
(Omega3 e Omega6)
IL PROGETTO Obiettivi della ricerca sono: individuare strategie alimentari alternative per l’allevamento zootecnico; garantire ed esaltare la sicurezza e la valorizzazione nutrizionale delle produzioni animali con particolare riferimento al ruolo di alcuni acidi grassi essenziali come Omega3 e Omega6, quali componenti qualitative essenziali del latte. L’attività proposta mira a rendere applicabili in allevamento strategie alimentari alternative per l’arricchimento naturale dei prodotti zootecnici in Omega-3 e CLA (Conjugated Linoleic Acid), che è un acido grasso Omega 6. Obiettivo primario è verificare la possibilità di modificare la composizione Comparto Zootecnia da latte
acidica ed il contenuto in CLA del latte con l’aggiunta o meno di alcuni composti ad alto contenuto di CLA somministrati a diversi livelli di integrazione. Vengono registrati inoltre anche i parametri qualitativi del latte quali percentuale di grassi e proteine individuali, oltre alla produzione individuale di latte; vengono anche verificati i contenuti di acidi grassi del latte ed individuate strategie alimentari per la modifica nel profilo lipidico, del tenore di CLA. Obiettivi del medio periodo è ottenere la certificazione e valorizzazione di alimenti ecocompatibili ricchi di acidi grassi polinsaturi per una positiva
evoluzione delle tecniche di razionamento e delle formulazioni mangimistiche dell’allevamento da ottimizzare per una corretta e bilanciata razione alimentare. Essa si propone di caratterizzare analiticamente e valutare le qualità nutrizionali dei mangimi ottenuti dalle diverse attività di sperimentazione, nonché di ampliare ed approfondire le cognizioni scientifiche sulle esigenze nutritive e sul metabolismo lipidico dei prodotti del latte. Innovazioni verso la qualità e la sicurezza alimentare La qualità dei prodotti agroalimentari generalmente viene influenzata dal genotipo, dai fattori climatici, dalle pratiche
colturali, dallo stadio di maturazione, dal momento della raccolta e dalle operazioni e trattamenti connessi ad essa compreso quelli post-raccolta. Pertanto i consumatori, nella scelta dei prodotti, spesso assegnano ai parametri qualitativi valore diverso, variabile da zona a zona, legato a volte alla destinazione del prodotto. La valutazione soggettiva può essere effettuata mediante gli organi di senso mentre quella oggettiva è affidata ad analisi fisico-chimiche. Con l’ausilio di apparecchiature sempre più sofisticate ed il perfezionamento di metodiche analitiche si stanno compiendo enormi progressi per la
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determinazione dei vari composti che vengono rilevati in tempo reale. Pertanto, la coerenza è diretta in quanto le azioni proposte mirano a promuovere le tecnologie di trasformazione e conservazione degli alimenti al fine di preservare le qualità organolettiche e gli aspetti nutrizionali dei prodotti e promuovere l’etichettatura nutrizionale degli stessi. Interventi finalizzati alla ricerca di nuovi sbocchi di mercato per le produzioni. Questo intervento ha come obiettivo generale, tra gli
altri, quello di accrescere la competitività del settore agricolo, sia sostenendo gli investimenti individuali funzionali all’adeguamento tecnologico e all’introduzione di innovazioni di prodotto, di processo ed organizzative, che integrino gli standard ambientali e di sicurezza alimentare richiesti, sia accompagnando le aziende agricole e di trasformazione a migliorare il grado di aggregazione dell’offerta, il collegamento con la logistica regionale e l’utilizzo delle reti (e-commerce).
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER L’Istituto di Bioscienze e BioRisorse (IBBR) vanta una decennale esperienza nel campo delle collezioni e della gestione del patrimonio genetico delle piante, del miglioramento genetico degli alberi da frutto, delle orticole, foraggere e silvicoltura di particolare interesse economico al sistema agricolo italiano. Sin dalla sua istituzione, l’Istituto ha dato un grande contributo al lavoro della salvaguardia della biodiversità con riferimento specifico al germoplasma delle piante coltivate di interesse del bacino del mediterraneo e particolare attenzione
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è prestata a settori quali lo studio degli agroecotipi locali, degli ecotipi minacciati di estinzione, dei parenti selvaggi delle piante coltivate, delle specie selvagge usate dall’uomo per parecchi scopi, delle specie che possono potenzialmente essere sfruttate per l’estrazione dei prodotti bio-attivi o tecnologici. Nell’ambito del progetto l’Istituto si impegna a svolgere le seguenti funzioni: • acquisizione di strumenti informativi e di dati relativi alla situazione comprensoriale in relazione all’impiego
di specie innovative per la composizione degli erbai e dei prati pascoli nelle aziende ad indirizzo zootecnico, delimitazione delle aree oggetto di studio e di diversificazione colturale. • campionamento. • caratterizzazione quali/ quantitativa delle specie oggetto delle attività di sperimentazione, nel latte e nella razione alimentare integrata. • analisi chimiche • elaborazione dei dati statistici e di laboratorio e formulazione di disciplinari per la sicurezza alimentare.
Azienda Agricola De Carlo Rosa - Bella (PZ) è un’azienda di produzione primaria che punta sulla massima qualità dei suoi prodotti applicando tutti i principi e le regole dell’agricoltura e dell’allevamento compatibile con l’ambiente ed il benessere animale. L’azienda agricola si trova in agro Bella, in Contrada Castelluccio del Principe. L’azienda agricola si occupa di produzione e di vendita di latte e suoi derivati. Nell’ambito del progetto l’azienda si impegna per: - Procedura di somministrazione - Caseificazione ed Analisi sul formaggio. Comparto Zootecnia da latte
OBIETTIVI REALIZZATI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI L’attività proposta mira a rendere applicabili in allevamento strategie alimentari alternative per l’arricchimento naturale dei prodotti zootecnici in Omega-3 ed il CLA (Conjugated Linoleic Acid) che è un acido grasso Omega 6. Obiettivo primario:
verificare la possibilità di modificare la composizione acidica ed il contenuto in CLA del latte con l’aggiunta o meno di alcuni composti ad alto contenuto di CLA somministrati a diversi livelli di integrazione. Obiettivi del medio periodo: certificazione e valorizzazione di
alimenti ecocompatibili ricchi di acidi grassi polinsaturi per una positiva evoluzione delle tecniche di razionamento e delle formulazioni mangimistiche dell’allevamento da ottimizzare per una corretta e bilanciata razione alimentare. Essa si
propone di caratterizzare analiticamente e valutare le qualità nutrizionali dei mangimi ottenuti dalle diverse attività di sperimentazione, nonché di ampliare ed approfondire le cognizioni scientifiche sulle esigenze nutritive e sul metabolismo lipidico dei prodotti del latte.
- Composizione chimica: - grasso - proteine - lattosio - residuo secco magro.
per la produzione del formaggio tipo “Cacioricotta Lucano”. I formaggi devono essere pesati a giorni prestabiliti per rilevare la resa di ogni forma, in modo tale da indagare un eventuale impatto dei vari livelli di dieta su tale parametro. Elaborazione dei dati statistici e di laboratorio e formulazione di disciplinari per la sicurezza alimentare.
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Azione 1: arricchimento lipidico della dieta degli ovini da latte a mezzo del pascolo Fase 1.1: acquisizione di strumenti informativi e di dati relativi alla situazione comprensoriale in relazione all’impiego di specie innovative per la composizione degli erbai e dei prati pascoli nelle aziende ad indirizzo zootecnico. Fase 1.2: delimitazione delle aree oggetto di studio e di diversificazione colturale. Fase 1.3: campionamento. Fase 1.4: caratterizzazione quali/quantitativa delle specie oggetto delle attività di sperimentazione, nel latte e nella razione alimentare integrata. Comparto Zootecnia da latte
Fase 1.5: elaborazione dei dati statistici e di laboratorio e formulazione di disciplinari per la sicurezza alimentare. Azione 2: integrazione della dieta con fonti lipidiche ed effetti sulla quantità e sulla qualità del latte Predisposizione delle schede di rilevazione aziendale compilate presso le aziende rappresentative ai fini dell’elaborazione statistica dei dati acquisiti. Controlli sperimentali: Latte I campioni raccolti sono utilizzati per il controllo latte qualità, per l’analisi qualitativa e quantitativa degli acidi grassi e per l’attitudine casearia del latte. L’analisi della qualità del latte prevede la ricerca dei seguenti parametri:
Caseificazione ed Analisi sul formaggio Il latte raccolto è utilizzato per la caseificazione; la tecnica utilizzata per lo svolgimento della minicaseificazione, deve seguire le direttive tecnologiche
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REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Ricadute sul territorio: accrescere la competitività del settore agricolo, sia sostenendo gli investimenti individuali funzionali all’adeguamento tecnologico e all’introduzione di innovazioni di prodotto, di processo ed organizzative, che integrino gli standard ambientali e di sicurezza alimentare richiesti,
sia accompagnando le aziende agricole e di trasformazione a migliorare il grado di aggregazione dell’offerta, il collegamento con la logistica regionale e l’utilizzo delle reti (e-commerce). L’attività di progetto permette di accrescere la competitività del settore agricolo, sia sostenendo gli investimenti individuali
funzionali all’adeguamento tecnologico e all’introduzione di innovazioni di prodotto, sia accompagnando le aziende agricole a migliorare il grado di aggregazione dell’offerta, il collegamento con la logistica regionale e l’utilizzo delle reti (e-commerce). L’attività di progetto permette la realizzazione di una azione
di foresight tecnologico ossia di previsione tecnologica di un processo sistematico partecipativo che comporta la rilevazione di informazioni e la creazione di visioni sul futuro a medio-lungo termine, destinato ad orientare le decisioni del presente e a mobilitare i mezzi necessari per azioni congiunte.
INFORMAZIONI Giulio Sarli
E-mail: giulio.sarli@ibbr.cnr.it
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Comparto Zootecnia da latte
Strategie ecosostenibili per la produzione di formaggi lucani di qualità a pasta filata
Comparto Zootecnia da latte
Acronimo: QUALIFORM Partnership (Aziende agricole): • Masserie Saraceno, Atella; • Az. Bochicchio Rocco, Filiano; Partnership (Aziende di trasformazione): • Fattorie Donna Giulia S.r.l., Atella Partnership (Enti di ricerca): • Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali, Università degli Studi della Basilicata; • Consiglio per la Ricerca e sperimentazione in Agricoltura CRA-ZOE, Bella; • Istituto di Scienze dell’Alimentazione - CNR - Avellino. Ambito geografico di intervento: Distretto Agro-Alimentare del Vulture
IL PROGETTO QUALIFORM prevede la cooperazione tra soggetti economici regionali che partecipano a filiere produttive del comparto lattiero caseario e tre enti di ricerca (Università degli Studi della Basilicata, CRA-ZOE, ISA-CNR) per migliorare la qualità, la sostenibilità ambientale e il valore aggiunto delle produzioni casearie tradizionali lucane attraverso interventi su benessere e salute degli animali, investimenti per il completamento di una struttura di trasformazione esistente, miglioramento dei processi di lavorazione e dei sistemi di colture starter e della logistica di distribuzione, supportato da tecnologie innovative
Progetto finanziato con la Misura 124 “Health Check PAC” Ristrutturazione del settore Lattiero-Caseario
nella progettazione e realizzazione d’impianti da caseificio. Le aziende di produzione primaria coinvolte ricadono nel Distretto Agro-alimentare del Vulture, vocato alla zootecnia da latte ed alla trasformazione lattierocasearia, dispongono di significativi quantitativi di latte di alta qualità ed appartengono a l’unica O. P. Latte riconosciuta in Basilicata (ca. 500 q.li di latte al giorno di alta qualità). Gran parte di questo latte è commercializzato fuori regione per carenza di strutture di trasformazione e di logistica di distribuzione. Gli interventi previsti hanno lo scopo principale di garantire migliori condizioni
Contributo pubblico ammesso: e 671.759,61 Costo totale del progetto: e 959.656,59
di competitività e di sbocchi su nuovi mercati. Il progetto è articolato, per le aziende partner, in interventi di acquisto di attrezzature da destinare alla produzione primaria ed alla trasformazione, che saranno inseriti nelle OR1 e 2. La parte relativa alla ricerca e divulgazione è organizzata in 5 Obiettivi Realizzabili (OR), coordinati dal Responsabile scientifico e divise in azioni corrispondenti a prodotti materiali e immateriali: OR1. Miglioramento degli aspetti qualitativi, nutrizionali ed etici della produzione del latte; OR2. Sviluppo
di macchine innovative; OR3. Ottimizzazione della produzione di paste filate fresche e stagionate; OR4. Prove di trasformazione pilota con i sistemi tradizionali e innovativi per confrontare i prodotti da un punto di vista qualitativo e sensoriale (mesi 3-10); OR5. Divulgazione e trasferimento. I risultati, con ricadute immediate per le aziende coinvolte, possono essere rapidamente trasferiti a tutte le aziende lucane del comparto, e riguardano: a. miglioramento della qualità del latte (sistemi di alimentazione e allevamento);
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b. miglioramento dell’efficienza del processo di trasformazione, dell’impatto ambientale e della qualità e sicurezza del prodotto finito (macchine e impianti, sistemi di colture starter e di confezionamento);
c. miglioramento delle performance economiche ed ambientali delle aziende (qualità dei prodotti, shelf-life, sbocchi di mercato).
(aziende di produzione primaria) per trasferire le innovazioni relative al benessere animale e ai sistemi di alimentazione e gestione del benessere animale; lavorazioni dimostrative per trasferire le innovazioni relative al processo di trasformazione
(macchine, processi, sistemi di colture starter) per casari e aziende di trasformazione; Congresso Tecnico-Scientifico ed attività di degustazione presso punti vendita ed attività presso le Fattorie Didattiche per illustrare le fasi della filiera.
di produzione innovativa atta a garantire qualità e sicurezza dei prodotti, risparmio energetico ed a basso impatto ambientale. Per l’Università della Basilicata sono coinvolti tre gruppi di ricerca.
di paste filate a breve stagionatura (scamorze, silani) per la realizzazione di prove di caseificazione; ha sviluppato colture naturali per la produzione di mozzarelle tradizionali, seguendo la dinamica delle
Il Laboratorio di microbiologia industriale fornisce il supporto microbiologico alle OR3, OR4 e OR5, progettando starter a composizione definita per la produzione
comunità microbiche e valutando la variabilità delle proprietà tecnologiche, e sta conducendo uno studio su qualità microbiologica e shelf-life della mozzarella.
Parteciperà alla fasi di confronto fra starter selezionati e colture naturali nella produzione di Mozzarella e alle attività di divulgazione. Il gruppo ex DiSPA concentra la sua attività sullo sviluppo di indicatori di benessere animale per valutare e discriminare aziende con diversi sistemi di allevamento (OR1) e fornisce il supporto per l’analisi sensoriale a tutte le azioni del progetto. Conduce, inoltre, la valutazione dell’effetto dell’informazione relativa all’origine del prodotto e alle condizioni di benessere animale sull’accettabilità e fornisce il supporto scientifico per l’individuazione, fra i formaggi a pasta filata di largo consumo, del prodotto che il consumatore associa al marchio dell’azienda di trasformazione. Il gruppo ex DITEC è impegnato nelle attività relative all’ottimizzazione
La divulgazione è articolata in: corsi di formazione
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Le aziende zootecniche partecipanti (Masserie Saraceno, Az. Bochicchio Rocco) allevano bovini di razza Frisona e Jersey e producono latte di alta qualità. L’azienda di trasformazione, Società Fattorie Donna Giulia S.r.l., è l’unica centrale presente in Lucania che usa latte esclusivamente locale per il trattamento ed il confezionamento di latte fresco di alta qualità. Le aziende zootecniche intendono migliorare le condizioni di benessere e di salute degli animali migliorando, nel contempo, le caratteristiche organolettiche e nutrizionali del latte, e salvaguardare le risorse naturali ed ambientali rendendo le attività zootecniche sempre più rispettose dell’ambiente. L’azienda di trasformazione intende completare la gamma dei prodotti lattiero-caseari realizzando una nuova linea
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Comparto Zootecnia da latte
delle attrezzature per la caseificazione (OR 2), indirizzate alla messa a punto di un sensore per l’analisi non distruttiva del latte in caldaia, di un sistema di controllo dei parametri operativi in filatrice e allo studio di materiali innovativi a contatto con la pasta in filatrice, allo scopo di migliorare il controllo e
l’efficienza del processo di caseificazione. Il CRA-ZOE ha partecipato alla realizzazione delle attività previste nell’ambito dell’OR3, curando le lavorazioni sperimentali e fornendo supporto (caseificio, analisi di laboratorio, ecc.) alle attività delle altre Unità. Si occupa della “oggettivizzazione” della
“alta qualità” di scamorze, Caciocavallo Silano e mozzarella, effettuando, inoltre, analisi chimiche, gascromatografiche (VOC e profilo acidico), ecc. per la valutazione della qualità oggettiva dei prodotti. Sta mettendo a punto un metodo rapido di valutazione della shelf-life del fior di latte utilizzando misurazioni effettuate
con naso elettronico, colorimetro e pHmetro. L’ISA-CNR è coinvolta nell’OR3 con la selezione di colture probiotiche per la produzione di formaggi freschi o semistagionati con alto valore aggiunto. Ha inoltre individuato sistemi di confezionamento in atmosfera protettiva per il prolungamento della shelflife della mozzarella.
OBIETTIVI REALIZZATI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI OR1. Miglioramento degli aspetti qualitativi, nutrizionali ed etici della produzione del latte (mesi 0-10) Azione 1.1 (mesi 0-3) selezione degli indicatori per la valutazione del benessere animale. P1.1 set di indicatori. Azione 1.2 (mesi 4-6) applicazione dello schema di valutazione P1.2 Sviluppo
di protocolli di valutazione del benessere validi, riproducibili, economici e pratici P1.3 Miglioramento delle condizioni di benessere degli animali. Azione 1.3 (mesi 7-10) Valutazione del profilo sensoriale dei prodotti. P1.4 Offerta di un prodotto con standard quanti-qualitativi elevati; incremento del valore etico delle produzioni. OR2. Sviluppo di macchine innovative. (mesi 2-8) Azione 2.1 (2-5 mesi) Messa a punto di un sistema di modulazione della potenza termica e della portata di fluido di processo nella caldaia polivalente, e di monitoraggio di alcuni parametri tecnologici durante la maturazione. P2.1 Caldaia polivalente per ottimizzare l’uso di fluidi di processo e sistemi di monitoraggio automatici
Comparto Zootecnia da latte
Azione 2.2 (3-6 mesi) Messa a punto di un sistema di controllo della temperatura e modulazione della potenza termica della filatrice e di un sistema di filtrazione e purificazione selettiva dell’acqua di processo. P2.2 Filatrice-formatrice per migliorare controllo di processo, efficienza energetica sicurezza igienica, e ridurre i reflui. Azione 2.3 (4-8 mesi) Studio di rulli di formatura e di testata di estrusione della pasta innovativi e di materiali alternativi al Teflon. P2.3 Macchina formatrice innovativa nei materiali e nel controllo dei parametri di funzionamento. OR3. Ottimizzazione della produzione di paste filate fresche e stagionate. (mesi 1-11) Azione 3.1 Sviluppo di starter per Mozzarella STG (1-4
mesi). Sviluppo di uno starter a composizione indefinita secondo il disciplinare della Mozzarella STG per esaltare le caratteristiche sensoriali del prodotto. P3.1 starter ottimizzati per Mozzarella STG. Azione 3.2 Sviluppo di starter primari, aggiuntivi e probiotici per paste filate fresche e stagionate (4-8 mesi). Sviluppo di sistemi di colture starter a composizione definita per migliorare la qualità igienica, sensoriale, nutrizionale di paste filate fresche e stagionate. P3.2 starter primari, aggiuntivi e probiotici per paste filate fresche e stagionate. Attività 3.3 Sviluppo di sistemi di bioconservazione e confezionamento per Mozzarella (8-11 mesi) Prolungamento della shelf-life della Mozzarella
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e altre paste filate fresche per raggiungere i mercati nazionali e internazionali della GDO. P3.3 sistemi di bio-conservazione e confezionamento per Mozzarella. OR4. Prove di trasformazione pilota con i sistemi tradizionali e innovativi per confrontare i prodotti da un punto di vista qualitativo e sensoriale. Azione 4.1 Oggettivazione della “alta qualità” del Fior di latte e del Caciocavallo Silano in termini di caratteristiche nutrizionali e organolettiche. P4.1 Profilo aromatico e nutrizionale
dei formaggi ottenuti nelle diverse fasi e validazione delle innovazioni Azione 4.2. Messa a punto di un metodo rapido di valutazione della shelf-life del fior di latte. Validazione di un metodo rapido basato sul naso elettronico per determinare la shelf-life della Mozzarella. P4.2 sviluppo di un metodo per la valutazione della shelf-life e del profilo aromatico della Mozzarella. OR5. Divulgazione e trasferimento. (9-12 mesi) P5.1 Corsi di formazione P5.2 Lavorazioni dimostrative P5.3 Consumatori “informati” P5.4 Convegno finale.
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Per la OR 1 sono stati individuati tre sistemi di valutazione del benessere a livello aziendale: Animal Needs Index 35 L (ANI), Indice Benessere Sata (IBS) e sistema Welfare Quality (WQ). Le rilevazioni sono state condotte da un unico rilevatore addestrato, su 20 aziende lucane e campane, omogenee per tipo genetico (prevalenza di razza Frisona) e per sistema di allevamento (stabulazione libera con cuccette). Per la OR 2 la messa a punto del sistema per il controllo non distruttivo
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del latte al ricevimento è avvenuta con il supporto di uno spettrofotometro munito di convertitore analogico/digitale 16 bit e interfaccia USB2.0 ad alta velocità. I campioni di latte, prelevati da aziende locali o acquistati in commercio, sono stati esaminati allo spettrofotometro, e i risultati confrontati con le metodiche tradizionali. Per l’attività di controllo dei parametri energetici in filatrice sono stati impiegati strumenti per la misurazione della coppia erogata e del numero di giri
del motore che comanda il gruppo di filatura, supportati da sonde multiparametriche all’interno della filatrice, per intercettare il liquido di filatura e monitorarne i parametri opportuni. Per l’individuazione di materiali alternativi è stato assemblato un apparato di prova sperimentale, realizzato e testato direttamente presso il laboratorio di “Proprietà fisicomeccaniche degli alimenti” della Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (SAFE). Per la OR 3 sono stati utilizzati i metodi della microbiologia classica e molecolare per la valutazione della composizione delle comunità microbiche degli starter naturali e della loro stabilità, ed è stato valutato il potenziale effetto della presenza di batteriofagi sulle performance della coltura. È stata valutata la conservabilità della coltura per congelamento e liofilizzazione. Sono state condotte lavorazioni
pilota per la produzione di scamorze e silani a breve stagionatura, confrontando starter industriali a composizione definita da sole o addizionate di colture aggiuntive per l’accelerazione della maturazione. È stato valutato l’impatto dei sistemi di coltura sulle
proprietà microbiologiche, sulla proteolisi sulle sostanze volatili e sulle proprietà sensoriali dei prodotti e sulla loro accettabilità. Sono state caratterizzate colture probiotiche del commercio per la capacità di crescere e acidificare in latte e di Comparto Zootecnia da latte
sopravvivere a trattamenti termici. I probiotici selezionati sono stati testati in lavorazioni pilota per la produzione di mozzarelle e scamorze e ne è stata accertare la capacità di sopravvivere al processo di caseificazione e alla stagionatura. È stata inoltre valutata la possibilità di
conservare le mozzarelle in packaging con atmosfera protettiva valutando l’effetto di miscele gassose CO2:N2 sulle caratteristiche igienico-sanitarie e qualitative. Per la OR4 è in studio la qualità microbiologica e sensoriale di mozzarelle artigianali e industriali
e l’ottimizzazione di un metodo per la valutazione della shelf-life basato sul naso elettronico. Questo strumento (utilizzabile per analisi rapide del profilo olfattivo del prodotto) è stato confrontato con il GC-MS (strumento più raffinato che consente di identificare i componenti
aromatici volatili) per rilevare la componente volatile dei campioni analizzati, analizzando i componenti che si accumulano nello “spazio di testa” e valutare l’impatto del tipo di latte e delle colture starter aggiuntive sul profilo aromatico dei prodotti.
metodologia per la determinazione degli spettri dei campioni di latte vaccino (P2.1) e sono stati collezionati diversi spettri. La fase successiva dell’attività riguarda l’affinamento dei modelli e la loro validazione sulla base di campioni di latte forniti dall’azienda Fattorie Donna Giulia. È stato messo a punto il sistema per il controllo energetico (P2.2) della filatrice e dei parametri di filatura, è in via di completamento il software per l’acquisizione dati, e l’esecuzione di test aziendali sulla macchina realizzata. Dai test effettuati sulle teste della formatrice (P2.3) si evince che in alcune condizioni e per alcune tipologie di pasta (in funzione delle caratteristiche del latte lavorato) vi sono problemi nella lavorazione per via dell’eccessiva adesione della pasta sulla superficie del materiale innovativo. Sono state definite
metodologie per la corretta riproduzione e conservazione di colture naturali in latte per la produzione di paste filate fresche (P3.1) e sono stati ottimizzati metodi rapidi per la valutazione delle infezioni con batteriofagi. Nei prossimi mesi si prevede di confrontare gli started con starter a composizione definita. È stato definito l’impatto di starter aggiuntivi e probiotici sulle proprietà chimiche, microbiologiche e sensoriali di paste filate fresche e a breve stagionatura (P3.2). Il tipo di latte ha influito in maniera limitata sul profilo sensoriale delle scamorze; il tipo di starter impiegato ha differenziato i prodotti in modo significativo, soprattutto per alcuni parametri relativi alla consistenza (adesività, elasticità, tenerezza, granulosità, umidità), all’aspetto (compattezza fetta, oleosità, uniformità colore) e al gusto/flavour
(salato, acido, dolce, burro). I consumatori hanno espresso una maggiore preferenza generale per le scamorze prodotte con starter tradizionale. Il naso elettronico mostra come l’impronta olfattiva riconosca il latte di Jersey rispetto a quello di Frisona o misto, mentre con l’aggiunta degli starter, dal latte trattato fino alla scamorza a 15 giorni, MSI (latte miscelato + starter innovativi) è la tesi risultata ben distinta. A 30 giorni, invece, è il trattamento con latte di Frisona e starter tradizionale (FST) a essere ben distinto dagli altri due con starter innovativo (FSI e MSI). Anche per i VOC la tesi MSI è quella meglio distinta, in particolare nel latte trattato e nella scamorza a 30 giorni. È stata individuata una miscela gassosa in grado di preservare le caratteristiche sensoriali della mozzarella estendendo la shelf-life fino a 21 giorni di conservazione (P3.3).
RISULTATI CONSEGUITI L’esistenza di una correlazione positiva fra i punteggi totali degli schemi di valutazione ANI e IBS, evidenzia una similitudine fra i due metodi per la classificazione delle aziende, entrambi basati sull’impiego di variabili tecnico-strutturali. Non si rilevano correlazioni significative tra WQ e ANI o IBS, poiché il WQ è prevalentemente basato su variabili rilevate direttamente sugli animali. Entrambe le aziende mostrano valori più elevati rispetto alla media del campione per il WQ e valori simili per gli altri due metodi poiché, pur non adottando particolari accorgimenti nelle strutture di allevamento, riescono ad assicurare elevati standard di benessere, grazie a superiori capacità manageriali. Ottimizzando alcuni aspetti strutturali, si potrebbero ottenere ulteriori miglioramenti delle condizioni di benessere. È stata individuata la Comparto Zootecnia da latte
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REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA La quasi totalità delle tecnologie messe a punto sono replicabili in molte aziende, con investimenti relativamente limitati: a. I protocolli di valutazione del benessere adottati hanno evidenziato un’elevata validità, ripetibilità e praticità di applicazione. La loro applicazione può consentire il miglioramento delle condizioni di benessere delle aziende lucane visitate nell’ambito del progetto, risolvendo i punti critici individuati. Successivamente, è possibile implementare un sistema di certificazione basato sul benessere aziendale in modo da fornire un valore etico alle produzioni. b. le procedure di preparazione degli starter naturali richiedono un minimo di controllo di processo (condizioni del trattamento termico, condizioni e durata dell’incubazione) e possono essere replicate anche in aziende poco attrezzate con un minimo di attenzione garantendo la tipicità della mozzarella. c. i metodi microbiologici per la valutazione della qualità degli starter sono relativamente semplici e
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poco costosi e le aziende interessate potrebbero utilizzare i servizi forniti dalla Scuola SAFE per la conservazione delle colture e il troubleshooting in caso di fallanze. d. le colture aggiuntive messe a punto (originariamente isolate da caciocavallo Silano) sono relativamente facili da riprodurre e, in piccoli volumi, possono essere fornite dalla Scuola SAFE e contribuiscono a caratterizzare in maniera significativa i prodotti rispetto a quelli di massa presenti in commercio, anche se la tecnologia di trasformazione richiede ancora ottimizzazione. e. le metodologie di analisi sensoriale impiegate, e in particolar modo l’addestramento del panel, hanno prodotto performance ottimali in termini di ripetibilità, collimazione e capacità di discriminazione. L’impiego dell’analisi sensoriale per formaggi a pasta filata potrà permettere il monitoraggio e il miglioramento della qualità dei prodotti tradizionali e innovativi. f. I componenti per il controllo non distruttivo della qualità del latte rappresentano un
utile strumento a costi relativamente bassi per valutare in tempo reale le proprietà di interesse della materia prima da trasformare, risparmiando nel contempo sui costi di manodopera e sulle non conformità rilevate. Inoltre la metodologia e le strumentazioni disponibili possono essere ulteriormente sviluppate in previsione di un utilizzo anche per analisi del prodotto finito. g. La messa a punto del sistema per il controllo energetico durante la filatura è utile per modulare l’energia assorbita dalla macchina adattandola alle caratteristiche della pasta filata, pertanto risulta di interesse sia dal punto di vista della qualità del prodotto che in termini di sostenibilità del processo. La metodologia impiegata può essere utilizzata per sviluppare un sistema multiparametrico da
impiegare anche in altre fasi della produzione casearia. h. il naso elettronico si è rivelato uno strumento rapido e poco costoso per discriminare rapidamente diverse tipologie di prodotto sulla base del tipo di latte utilizzato, delle tipologie di colture starter, della qualità e della shelf-life residua, e può essere validamente utilizzato nel controllo qualità. i. sono stati individuate miscele di probiotici del commercio per la produzione di paste filate fresche ad alto valore aggiunto. l. le tecnologie di conservazione in atmosfera protettiva delle mozzarelle sono relativamente semplici da implementare e estendono significativamente la shelf-life migliorando le possibilità di distribuzione.
INFORMAZIONI Eugenio Parente
E-mail: eugenio.parente@unibas.it
Rocco Bochicchio
E-mail: rbochicchio@libero.it
http://qualiform.wordpress.com
Comparto Zootecnia da latte
L’agricoltura di precisione per la riduzione dell’impatto ambientale e per il miglioramento della qualità del frumento duro
IL PROGETTO
Le considerazioni ambientali volte ad assicurare le pratiche agricole necessarie alla salvaguardia ambientale costituiscono un elemento centrale della nuova riforma della PAC. La tecnologia al servizio dell’agricoltura può contribuire ad aumentare il reddito agricolo sia attraverso la riduzione dei costi aziendali sia grazie all’incremento produttivo e qualitativo unitario: un esempio concreto di questa applicazione è rappresentato dall’Agricoltura Sitospecifica. La produzione del grano duro avviene all’interno di un programma di avvicendamento colturale che ha come fine il mantenimento e il miglioramento nel tempo Comparto Cerealicolo
della funzionalità dell’agroecosistema aziendale. Il cereale è componente temporanea di questo sistema: da esso è sorretto nella produzione e ne condiziona il funzionamento. In particolare, suoli dotati di sostanza organica e disponibilità di azoto, di buona struttura (ridotto grado di compattamento) e contenuta presenza di infestanti, consentono l’adozione di tecniche di lavorazione semplificate e limitano il ricorso a fertilizzanti chimici. Si riduce così l’interferenza della coltivazione sull’ambiente e sugli equilibri in esso in atto, ed il peso economico dell’agro-tecnica. Il grano, inoltre, per le caratteristiche dell’apparato radicale, di tipo fascicolato e
Progetto finanziato con la Misura 124 Progetto Integrato di Filiera Regionale Cerealicoltura Lucana Acronimo: MAPRE Partnership (Az. Agricole): • Soc. Coop. Agricola “La Generale” - Genzano di Lucania (PZ). Partnership (Soggetto di Ricerca): • Università degli Studi della Basilicata. Ambito geografico di intervento: Agro di Genzano di Lucania (PZ) Contributo pubblico ammesso: e 140.000,00
dotato di elevata capacità esplorativa, contribuisce alla strutturazione dei terreni, in particolare contrastando i progressivi fenomeni di compattamento, principale causa della riduzione di fertilità degli stessi. Produrre grano duro di qualità in agricoltura significa ottenere un prodotto che abbia i requisiti richiesti dall’industria di trasformazione e dai consumatori. Per la produzione di pasta, principale destinazione della granella, contenuto e composizione proteica determinano l’attitudine alla trasformazione. Queste caratteristiche dipendono dalla disponibilità dell’azoto nel terreno durante il ciclo di coltivazione e dall’efficienza con cui la pianta assume e
trasloca gli assimilati nella cariosside. In particolare, l’azoto nel suolo è prevalentemente presente nella forma organica, che deve essere trasformata in quella minerale per rendersi disponibile alle piante. Questo progetto di ricerca tende a dimostrare come sia possibile rendere il sistema agricolo-cerealicolo produttivo, redditizio e duraturo attraverso il passaggio da un’agricoltura “generalizzata” all’intera superficie aziendale (stessa concimazione, diserbo, varietà, densità di semina, trattamenti antiparassitari, ecc.) ad una “sito-specifico” che, pur mantenendo un carattere estensivo, leghi l’uso dei diversi fattori produttivi alla porzione di suolo in cui si sta operando
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al fine di migliorarne la qualità e resa della granella di frumento duro e, allo stesso tempo, ridurre le
emissioni di gas serra (CO2 e N2O) e la lisciviazione di nitrati. L’agricoltura di precisione è una strategia
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Università: 1 Realizzazione di una metodologia universale in grado di analizzare e gestire la variabilità spaziale e temporale delle risorse agricole nei sistemi
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colturali di frumento per la realizzazione di prescrizione di concimazione azotata e trattamenti antiparassitari, differenziate nello spazio e nel tempo; qualità
gestionale dell’agricoltura e ci si è avvalsi di moderne strumentazioni e di interventi agronomici mirati
tenendo conto delle effettive esigenze colturali e delle caratteristiche biochimiche e fisiche del suolo interessato.
del prodotto e misure agronomiche innovative per il miglioramento degli aspetti quali-quantitativi delle produzioni. 2 Integrazione e caratterizzazione della filiera cerealicola
partendo dalle tecniche di produzione in campo fino ad arrivare al prodotto finale, fornendo a conclusione della ricerca la valutazione della qualità del prodotto e misure Comparto Cerealicolo
agronomiche innovative per il miglioramento degli aspetti quali-quantitativi delle produzioni. Il tutto al fine di fornire all’industria di trasformazione una materia prima caratterizzata da standard qualitativi elevati ed uniformi.
Soc Coop. La Generale: 1 Contenimento dei costi di produzione; 2 Aumento della produttività; 3 Contenimento dell’impatto ambientale esercitato dall’attività agricola; 4 Rispetto della capacità di produrre del terreno.
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Monitoraggio delle aree oggetto di sperimentazione. Attività 1.1 Monitoraggio satellitare (remote sensing) di aree agricole cerealicole estendentesi su una superficie complessiva non inferiore a 10 ettari, caratterizzate da due differenti esposizioni geografiche e suddivise in sub-aree georeferenziate. Attività 1.2 - Semina di tre varietà nell’area monitorata. Attività 1.3 - Fertilizzazione secondo il tradizionale piano aziendale. - Rilevazione in campo dei parametri della fertilità. Attività 2.1 - Analisi del suolo
Fig. 3 - Schema sperimentale della prova. APen=Area in pendenza APian=Area piana AAltp=Area alti-piana AUmi=Area umida
Comparto Cerealicolo
Attività 2.2 - Analisi del materiale verde per la determinazione dell’azoto asportato. Attività 2.3 - Analisi della resa e della granella per determinarne il contenuto proteico/ glutine.
Attività 2.4 - Rilevazione in campo di dati multi-spettrali, con attrezzature uniche anche autocostruite. Attività 2.5 - Sviluppo sistema di supporto alle decisioni. - Indagine fitopatologica. Attività 3.1 - Valutazione in campo della diffusione ed incidenza delle malattie con particolare riferimento a quelle causate da Fusarium spp. e da mettere in relazione con osservazioni da satellite. - Indagine in parcelle. Attività 4.1 - Indagine in parcelle (Figura 1) con tre dosi azotate più controllo, tre varietà e due differenti condizioni colturali (semina su terreno arato e semina su sodo), cinque ripetizioni per ogni tesi, schema sperimentale a parcelle suddivise su circa due ettari di terreno privo di versanti. Valutazione della diffusione ed incidenza delle malattie con particolare riferimento a quelle causate da Fusarium spp.
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RISULTATI CONSEGUITI La sperimentazione condotta nel primo anno non può certo offrire dei risultati rigorosamente scientifici, mancando una validazione con osservazioni almeno di due-tre annate agrarie. Ciononostante, il confronto con i dati produttivi pubblicati dall’Informatore agrario per le stesse cultivar conforta l’idea di essere sulla buona strada. Le pratiche agronomiche utilizzate nella sperimentazione, infatti, sono quelle concordate con i produttori del comprensorio cerealicolo di Genzano di Lucania e i risultati produttivi dell’area sono tutti significativamente simili a quelli ottenuti nelle parcelle sperimentali. Dunque la sperimentazione condotta nell’ambito del PIF è stata condivisa da un ampio numero di aziende cerealicole che hanno accettato volentieri di
adottare pratiche agricole omogenee. Da un punto di vista fitosanitario non sono stati riscontrati problemi di rilievo; su tutti i campioni parcellari è stata determinata la presenza eventuale di micotossine ma sempre con esito negativo. Lo stesso controllo a campione è stato fatto sui grani prodotti nel comprensorio cerealicolo di Genzano; in nessuno dei 50 campioni prelevati è stata riscontata la presenza di micotossine al di sopra dei limiti strumentali della tecnica analitica adottata. Da un punto di vista delle caratteristiche tecnologiche, è sembrato opportuno qualificare meglio la qualità delle proteine e del glutine, e non fermarsi alla sola determinazione delle percentuali relative alle due sostanze nei grani prodotti. A tal fine, pur non essendo proposto nel progetto
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Lo studio è stato molto interessante e ha preso in considerazione tutti gli aspetti di una ideale conduzione produttiva per il frumento duro, ponendo
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le basi per un’agricoltura di avanguardia, pertanto merita di essere proseguito ed approfondito per diventare un modello per tutta la regione.
MAPRE, è stato deciso di dare incarico ad un tecnico specializzato nel settore di qualificare le proteine contenute nei grani, avendo in mente che proteine ad alto peso molecolare favoriscano proprietà reologiche di maggiore elasticità e forza, mentre proteine a basso peso molecolare favorirebbero una maggiore estensibilità. Ancora più importante per il futuro della cerealicoltura lucana è, invece, la possibilità d’implementare metodi innovativi di controllo e previsione delle produzioni da applicarsi prima della semina e durante la coltura. A tal fine, come già riportato nel capitolo che illustra i metodi adottati per la presente sperimentazione, si propone l’uso di osservazioni satellitari e di indici vegetazionali per seguire l’andamento della coltura
durante il suo sviluppo. Ciò permetterebbe interventi in copertura per contrastare eventuali problemi di sviluppo delle piante. Naturalmente, l’uso della rete di satelliti potrebbe essere spinto fino alla pianificazione totale di tutte le pratiche colturali, dalla preparazione del terreno alla semina, dagli interventi di concimazione e di difesa fitosanitaria alla raccolta Sono stati elaborati anche dati di riflettanza ottenuti con uno spettroradiometro da campo. I risultati sono stati confrontati con quelli satellitari. Al campo sperimentale, infine, è stato applicato il metodo di simulazione SALUS che, partendo dalle caratteristiche del suolo e dal tipo di cultivar utilizzate, è riuscito a simulare perfettamente i valori produttivi ottenibili con le dosi di azoto previste.
INFORMAZIONI Sergio De Franchi
E-mail: sergio.defranchi@unibas.it
Lorenzo Montinaro
E-mail: lorenzo.montinaro@unibas.it
Comparto Cerealicolo
Implementazione di nuove tecniche di produzione nel settore cerealicolo e loro valutazione in remoto
Progetto finanziato con la Misura 124 Progetto Integrato di Filiera Regionale Cerealicoltura Lucana Acronimo: CEREMO Partnership (Az. Agricole): • Soc. Coop. Agricola “Le Matine” a r.l. Partnership (Soggetto di Ricerca): • Università degli Studi della Basilicata. Ambito geografico di intervento: Agro di Matera Contributo pubblico ammesso: e 14.000,00 Costo totale del progetto: e 20.000,00
IL PROGETTO
Le considerazioni ambientali volte ad assicurare le pratiche agricole necessarie alla salvaguardia ambientale costituiscono un elemento centrale della nuova riforma della PAC. La tecnologia al servizio dell’agricoltura può contribuire ad aumentare il reddito agricolo sia attraverso la riduzione dei costi aziendali sia grazie all’incremento produttivo e qualitativo unitario: un esempio concreto di questa applicazione è rappresentato dall’Agricoltura SitoSpecifica. La produzione del grano duro avviene all’interno di un programma di avvicendamento colturale che ha come Comparto Cerealicolo
fine il mantenimento e il miglioramento nel tempo della funzionalità dell’agroecosistema aziendale. Il cereale è componente temporanea di questo sistema: da esso è sorretto nella produzione e ne condiziona il funzionamento. In particolare, suoli dotati di sostanza organica e disponibilità di azoto, di buona struttura (ridotto grado di compattamento) e contenuta presenza di infestanti, consentono l’adozione di tecniche di lavorazione semplificate e limitano il ricorso a fertilizzanti chimici. Si riduce così l’interferenza della coltivazione sull’ambiente e sugli equilibri in esso in atto, ed il peso economico
dell’agro-tecnica. Il grano, inoltre, per le caratteristiche dell’apparato radicale, di tipo fascicolato e dotato di elevata capacità esplorativa, contribuisce alla strutturazione dei terreni, in particolare contrastando i progressivi fenomeni di compattamento, principale causa della riduzione di fertilità degli stessi. Produrre grano duro di qualità in agricoltura significa ottenere un prodotto che abbia i requisiti richiesti dall’industria di trasformazione e dai consumatori. Per la produzione di pasta, principale destinazione della granella, contenuto e composizione proteica determinano l’attitudine alla trasformazione. Queste
caratteristiche dipendono dalla disponibilità dell’azoto nel terreno durante il ciclo di coltivazione e dall’efficienza con cui la pianta assume e trasloca gli assimilati nella cariosside. In particolare l’azoto nel suolo è prevalentemente presente nella forma organica, che deve essere trasformata in quella minerale per rendersi disponibile alle piante. Questo progetto di ricerca tende a dimostrare come sia possibile rendere il sistema agricolocerealicolo produttivo, redditizio e duraturo attraverso il passaggio da un’agricoltura “generalizzata” all’intera superficie aziendale (stessa concimazione, diserbo, varietà, densità di semina,
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trattamenti antiparassitari, ecc.) ad una “sito-specifico” che, pur mantenendo un carattere estensivo, leghi l’uso dei diversi fattori produttivi alla porzione di suolo in cui si sta operando
al fine di migliorarne la qualità e resa della granella di frumento duro e, allo stesso tempo, ridurre le emissioni di gas serra (CO2 e N2O) e la lisciviazione di nitrati.
OBIETTIVI REALIZZATIVI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI Obiettivo della ricerca è stato quello di valutare la produzione e il contenuto, sia proteico che di glutine, della granella ottenuta da due varietà di frumento duro, utilizzando tecnologie di apporto d’azoto diversificate. La prova in campo ha avuto il compito di evidenziare eventuali differenze
emerse dall’interazione tra i fattori varietà, le differenti dosi di concimazione e le differenti modalità di somministrazione dell’azoto. Di seguito si riportano le principali caratteristiche fisico-chimiche del terreno dell’azienda “Pugliese” in agro di Matera, utilizzato per la sperimentazione.
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Il team universitario prof. Bruno Basso, agronomo, esperto agricoltura di precisione. Compiti di progetto: monitoraggio pratiche agronomiche. prof. Sabino Aurelio Bufo, chimico, esperto di chimica del suolo, della fertilizzazione, degli agrofarmaci. Compiti nel progetto: progettazione, valutazione della qualità della granella.
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prof. Sergio Antonio De Franchi, agronomo, esperto coltivazioni erbacee. Compiti nel progetto: tecniche agronomiche di coltivazione, divulgazione, contatti con le autorità locali e le organizzazioni degli agricoltori. prof. Michele Perniola, agronomo. Compiti nel progetto: gestione della concimazione azotata, valutazione dell’impatto ambientale dei sistemi colturali. Comparto Cerealicolo
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Sono stati posti a confronto due genotipi, uno tradizionale e di antica coltivazione nell’area oggetto di studio, la varietà senatore Cappelli, ed una di recente costituzione, la varietà Ciccio. La prima, a taglia alta, è caratterizzata da un maggiore accumulo di biomassa negli organi vegetativi (il che comporta una bassa produttività) ma, si ritiene, da caratteristiche qualitative migliori della granella in quanto a contenuto in proteine. Al contrario, la varietà Ciccio, di taglia bassa, assimila una maggiore quantità di biomassa nella granella (e quindi assicura una maggiore produzione areica), ma con un maggior rapporto di diluizione delle proteine nell’amido. Per verificare se un corretto piano di concimazione può,
per entrambe le varietà, ottimizzare sia la risposta quantitativa che qualitativa, accanto ad un testimone non concimato, sono stati posti a confronto altri tre piani di concimazioni. Nel primo, tradizionale, 100 unità di azoto sono state distribuite 1/3 in pre-semina, come 18-46, e 2/3 all’accestimento, come nitrato ammonico (N100acc). Questa tecnica, favorendo in fase di viraggio il numero di spighette/spiga e il numero di fiori/spighetta tende ad esaltare la risposta quantitativa. Nel secondo, 100 unità di azoto sono state distribuite tutte in presemina con un concime a rilascio lento, (Entec) (E100). Questa tecnica tende a semplificare l’operazione di concimazione, prevedendo una sola distribuzione dell’azoto.
Nel terzo piano di concimazione, sempre 100 unità di azoto sono state distribuite 1/3 in pre-semina, come 18-46, e 2/3 in fase di botticella come nitrato ammonico. Tale tecnica, grazie alla maggiore disponibilità di azoto nel suolo durante la fase riproduttiva, dovrebbe favorire l’accumulo delle proteine durante la fase di riempimento della granella. Queste tesi sperimentali sono state disposte in campo secondo uno schema a Split-Plot, con le varietà nelle parcelle e i piani di concimazione nelle subparcelle. La prova è stata seminata il 9-11-2012 e raccolta il 5-72013. La coltivazione è stata effettuata con una tecnica colturale a basso input, che ha previsto in successione ad un erbaio di veccia avena un piano di minime
lavorazioni, e il controllo della flora infestante a fine accestimento con 2,4D+illoxan. Durante il ciclo colturale sono state effettuate le seguenti misure: andamento meteorologico (capannina elettronica) monitoraggio dello stato idrico del suolo (DIVINER 2000) monitoraggio del contenuto di N dei tessuti (SPAD e analisi dei tessuti) monitoraggio dell’attività fotosintetica (sistema aperto ADC LCA4) produzione e sue componenti dinamica delle asportazioni azotate e della traslocazione dell’N nel sistema suolo pianta contenuto in N, proteine, Gliadine, Glutenine, LMWGS, HMW-GS qualità reologiche delle semole
lento e più tardivo, con LAI e sostanza secca totale superiori rispetto alla più precoce varietà Ciccio. Per le singole varietà non sono state osservate differenze di rilievo tra i tre piani di concimazione, tranne una differenziazione dei valori di LAI nel periodo compreso tra l’accestimento e la levata della varietà Ciccio. In questo
periodo il LAI di quest’ultima varietà è risultato crescente nell’ordine: tesi concimata alla botticella < tesi concimata all’accestimento < tesi concimata in pre-semina con Entec. Tale divario è stato recuperato nei periodi successivi alla concimazione, in copertura delle tesi N100 Accestimento e N100 Botticella.
Scambi gassosi ed efficienza d’uso delle risorse La maggiore disponibilità di azoto assimilabile a seguito della concimazione, ha migliorato, per entrambe le varietà, la fotosintesi. L’assimilazione a livello fogliare è risultata superiore nelle tre tesi concimate di entrambe le varietà rispetto
RISULTATI CONSEGUITI Analisi di crescita Per entrambe le varietà, le tre tesi concimate con 100 unità di azoto, rispetto a quella non concimata, hanno manifestato un incremento, sia in termini di biomassa accumulata che di LAI. La varietà Cappelli, nel periodo di massimo sviluppo vegetativo, ha mostrato un accrescimento più Comparto Cerealicolo
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al testimone, mentre non sono state rilevate differenze di rilievo tra le tesi N100Entec, N100Acc e N100Bott. In media la fotosintesi è risultata più alta (per P<0,05) nella varietà Cappelli rispetto alla Ciccio. L’effetto positivo della concimazione sulla fotosintesi è imputabile alla presunta maggiore concentrazione di clorofilla a livella fogliare. La varietà Cappelli, oltre a un maggiore contenuto in clorofilla, si è anche meglio differenziata nella risposta tra le tre tesi di concimazioni, determinando valori più alti in assoluto di concentrazione di clorofilla nella tesi concimata all’accestimento. La maggiore efficienza fotosintetica a livello fogliare, amplificata dal maggiore sviluppo della superficie fogliare, indotto dalla concimazione azotata, ha determinato un aumento della sostanza secca totale alla raccolta, molto più marcato nella varietà Cappelli rispetto alla Ciccio (Interazione significativa conc. N x varietà). Le due varietà hanno manifestato un comportamento genetico differente in termini di ripartizione degli assimilati (Harvest Index, HI). Indipendentemente dal piano di concimazione la
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varietà Ciccio ha ripartito nella granella il 36% degli assimilati, contro il 22% della varietà Cappelli. Ciò ha completamente annullato la superiorità riscontrata nella varietà Cappelli per l’efficienza fotosintetica e di LAI, se si valutano le prestazioni della varietà Ciccio in termini di produzioni areiche di granella. Infine, pur confermando l’effetto positivo della concimazione azotata e l’interazione significativa tra varietà x dose di N su tutti i parametri, in termini di biomassa secca accumulata nella granella e di efficienza d’uso dell’acqua rispetto alla produzione vendibile, la varietà Ciccio ha fornito un risultato superiore rispetto alla varietà Cappelli. Produzione commerciabile e sue componenti La varietà Ciccio in tutti i trattamenti sperimentali ha prodotto significativamente più granella rispetto alla Cappelli (in media rispettivamente 3,16 e 2,20 t/ha). In entrambe le varietà la produzione media è risultata più bassa rispetto a quella potenziale ottenibile. Ciò è da mettere in relazione sia all’andamento climatico siccitoso durante la fase di riempimento della granella Comparto Cerealicolo
sia al basso investimento misurato in termini di piante, di culmi e di spighe per unità di superficie (0,2 t di seme/ha, tipico di un’agricoltura a basso input). L’analisi statistica dei dati ha mostrato una interazione significativa sulla produzione areica tra genotipo x piano di concimazione. Fermo
Comparto Cerealicolo
restando l’effetto positivo per entrambe le varietà della concimazione azotata rispetto al testimone non concimato, i diversi piani di concimazione hanno sortito l’effetto previsto solo sulla varietà Ciccio, mentre nessun effetto significativo è stato misurato nella varietà Cappelli. Nella varietà Ciccio, infatti, la
produzione in assoluto significativamente più alta (3,8 t/ha) è stata ottenuta nella tesi concimata con 100 unità di azoto frazionate 1/3 in presemina e 2/3 all’accestimento. In tal modo, è stata favorita, al momento del viraggio, l’induzione di un maggior numero di fiori, e quindi di semi, per spiga.
Tra le componenti della produzione è risultato più alto l’indice di accestimento, e quindi di culmi e spighe per metro quadro nella varietà Ciccio rispetto alla Cappelli, mentre nessun effetto sugli stessi parametri è stato osservato in conseguenza dei piani di concimazione. Sia il genotipo che i diversi
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piani di concimazione non hanno influito sul peso dei 1000 semi e sul peso dell’ettolitro. Entrambi i parametri sono risultati nell’intervallo dei valori di buona qualità mercantile. Parametri qualitativi Il contenuto in proteine della granella è risultato variare in funzione sia della varietà che del piano di concimazione: è risultato superiore al 13% nella varietà Cappelli (anche nel testimone non concimato), quindi, al di sopra dei limiti minimi per la definizione di una buona qualità tecnologica. Ciò sembra dipendere sia da una maggiore concentrazione delle proteine in una minore quantità di amido assimilato durante la fase di granigione sia dalla maggiore quantità di azoto traslocato dagli organi vegetativi (culmo e foglie) che risultano essere più abbondanti rispetto a quelle di recente costituzione. In entrambe le varietà la concimazione azotata ha, in ogni caso, migliorato il contenuto in proteine. Ciò conferma il ruolo positivo di tale agrotecnica per migliorare sia la risposta quantitativa che qualitativa della coltura e, più in generale, per la sua sostenibilità economica. In
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particolare, nella varietà Ciccio, la concimazione ha permesso di aumentare le proteine al di sopra del limite minimo del 12% previsto per la trasformazione tecnologica del prodotto. La granella di questa varietà ottenuta nella tesi non concimata, non è risultata adatta per l’utilizzo pastificatorio. Tra i tre piani di concimazione in entrambe le varietà non sono state osservate differenze di rilievo. Ciò verosimilmente è stato determinato dalla scarsa piovosità nel periodo di riempimento della granella, che non ha permesso l’assorbimento radicale dell’azoto somministrato in epoca tardiva (alla botticella), riducendo di molto l’efficacia di tale tecnica. La concimazione ritardata alla botticella sembra, invece, aver influenzato positivamente il contenuto nella frazione proteica più attiva da un punto di vista reologico, cioè la frazione gluteninica delle proteine. Il contenuto in glutine infatti, pur presentando la stessa risposta vista per le proteine totali in funzione della varietà e dell’applicazione dell’azoto, è risultato in entrambe le varietà più alto nella tesi con concimazione
tardiva alla botticella. Più in particolare, il rapporto tra glutenine ad alto e basso peso molecolare (A/B), pur non evidenziando differenze significative tra i piani di concimazione, è risultato mediamente più elevato nella varietà Cappelli rispetto alla Ciccio. Le caratteristiche reologiche delle semole e gli indici alveografici, risultano influenzati positivamente dalle glutenine a basso peso molecolare; queste ultime, infatti, sembrano migliorare l’elasticità e la tenuta alla cottura della pasta, formando nell’impasto un reticolo a maglie più strette, in grado di trattenere meglio i granuli di amido e di mantenere la forma. Quindi, nonostante la varietà Cappelli presenti un maggior contenuto in proteine e glutine, la varietà Ciccio sembra presentare un glutine a migliore attitudine tecnologica.
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA In futuro, sarà opportuno indagare la possibilità di aumentare la quantità di seme per raggiungere un investimento di 500 spighe/m2 così come la possibilità che, in tal caso, la dose di 100 unità di N per ettaro non sia sufficiente a soddisfare appieno le esigenze fisiologiche della coltura.
INFORMAZIONI Michele Perniola
E-mail: michele.perniola@unibas.it
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Sviluppo di un modello per l’innovazione della filiera del frumento duro lucano attraverso la riscoperta e la valorizzazione di antiche varietà
Progetto finanziato con la Misura 124 “Health Check PAC” Conservazione Biodiversità Acronimo: BUONGRANO Partnership (Az. Agricole): • Ditta Lamastra Maddalena - Palazzo San Gervasio (PZ); • Ditta Lacivita Angelo - Palazzo San Gervasio (PZ); • Ditta Caivano Rocco - Maschito (PZ); • Ditta Lamastra Giuseppe - Lavello (PZ); • Ditta Di Cristo Antonio - Palazzo San Gervasio (PZ); • Ditta Paradiso Giulia - Palazzo San Gervasio (PZ); Partnership (Az. di trasformazione): • Ditta Panificio Bochicchio Luciana Anna Rita - Maschito (PZ); Partnership (Ente di ricerca): • Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di Foggia (CRA-CER). Ambito geografico di intervento: Alto Bradano, PZ Contributo pubblico ammesso: e 109.970,00 Costo totale del progetto: e 176.610,00
IL PROGETTO
Il progetto Buongrano si propone di creare una filiera corta di pasta, pane e di prodotti da forno attraverso il recupero e l’utilizzo delle varietà antiche di frumento duro tipiche del territorio e della tradizione lucana. La caratterizzazione e la valorizzazione di questi materiali genetici permetterà, oltre al recupero del patrimonio genetico regionale anche di rivalutare i metodi di coltivazioni a ridotto impiego di mezzi tecnici (concimi, diserbanti, etc…). Il progetto si articola in 4 Linee di attività di ricerca e Comparto Cerealicolo
sperimentazione: 1) una finalizzata al recupero ed alla valorizzazione di antiche varietà autoctone di frumento duro attraverso la predisposizione di una sperimentazione agronomica; 2) una orientata alla valutazione qualitativa dei materiali genetici oggetto della sperimentazione; 3) una orientata alle attività di trasformazione (pastificazione, panificazione, etc...); ed infine
4) l’attività di divulgazione dei risultati ottenuti dalla sperimentazione anche con saggi di degustazione e brochure informative sui prodotti. Le attività sperimentali di pieno campo sono condotte dal soggetto proponente in collaborazione con il CRA-CER attraverso il coinvolgimento di N. 6 aziende agricole della provincia di Potenza caratterizzate da differenti ordinamenti colturali per valutare il comportamento agronomico delle varietà antiche di frumento duro che fanno
parte del repertorio regionale genetico. In particolare, vengono presi in considerazioni i vecchi materiali genetici del territorio lucano denominate Senatore Cappelli, Saragolla e Rossie. Alcune indagini preliminari condotte su cultivar antiche di cereali hanno evidenziato l’elevato contenuto in metaboliti secondari, ad alto valore nutrizionale, non presenti o poco presenti, nelle varietà moderne. Questi risultati aggiungono un nuovo valore alle vecchie collezioni di germoplasma di queste specie. Sui
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campioni di granella provenienti sia dalla sperimentazione aziendale che parcellare, il CRACER provvede a valutare l’effetto dei metodi di gestione agronomica e del materiale genetico utilizzato attraverso la valutazione della qualità tecnologica e nutrizionale delle varietà prese in esame. Sulla produzione ottenuta presso le aziende agricole vengono avviate una serie di prove di trasformazione
industriale attraverso il coinvolgimento di un partner industriale. L’Industria Panificio Bochicchio Luciana Annarita, partner del progetto ha mostrato un forte interesse per la valutazione a livello industriale della materia prima con caratteristiche tecnologiche e nutrizionali peculiari. Il programma di ricerca prevede, contestualmente, la valutazione della
sostenibilità economica del modello cerealicolo proposto in relazione alla gestione agronomica per ciascuna delle aziende agricole coinvolte nel attraverso la realizzazione di apposite schede tecniche di produzione che opportunamente elaborate permettono di confrontare le differenti modalità di gestione agronomica in termini di efficienza e sostenibilità tecnico-economica. Il
Soggetto proponente, infine, cura anche la fase finale di trasferimento dei risultati garantendo il coinvolgimento di tutti gli operatori che operano nel settore della cerealicoltura in Basilicata per lo sviluppo e la diffusione del metodo sperimentato e la creazione di una filiera corda dedicata alla produzione di pasta, pane e prodotti da forno a partire da antiche varietà di frumento duro.
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER L’azienda agricola Lamastra Maddalena, in qualità di soggetto proponente del progetto Buongrano e capofila dell’ATI ha il compito di coordinare l’iniziativa nelle varie fasi (progettazione, costituzione delle partnership in A.T.I., organizzazione delle risorse materiali e umane) e di curare i rapporti con le istituzioni. Il CRA-CER coordina il progetto Buongrano dal punto di vista tecnicoscientifico attraverso la predisposizione dei protocolli sperimentali per la gestione agronomica, collabora con il Soggetto proponente per la corretta applicazione a livello sperimentale interagendo con le aziende agricole,
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provvede alla gestione della sperimentazione per la valutazione dei materiali genetici e conduce le analisi tecnologiche e nutrizionali. Il Soggetto proponente predispone e gestisce la sperimentazione a livello aziendale assicurando la superficie necessaria per la conduzione delle prove di pieno campo, la necessaria attrezzatura per le operazioni agronomiche (preparazione del letto di semina, semina, fertilizzazione, ecc…), nonché la manodopera necessaria per la gestione dei campi. Le attività vengono condotte in stretta collaborazione con il personale tecnico del CRA-CER e del Soggetto proponente che coordina Comparto Cerealicolo
il lavoro delle aziende agricole ed assicura il rilievo e la trasmissione delle informazioni a livello aziendale. Inoltre, il Soggetto proponente organizza in collaborazione con le aziende agricole ed il CRA-CER il trasferimento dei risultati. In funzione dei risultati prodotti dall’attività di ricerca verranno condotte una serie di valutazioni a livello industriale grazie presenza del partner industriale di filiera. Il Panificio - Pastificio Bochicchio si occupa delle prove di pastificazione delle varietà di grano in vari formati di pasta corta, sia secca che fresca, delle prove di panificazione ed altri derivati cercando di esaltare le caratteristiche organolettiche e tecnologiche delle stesse. Le aziende agricole Lacivita Angelo, Di Cristo Antonio, Caivano Rocco, Lamastra Maddalena, Lamastra Giuseppe e Paradiso Giulia, dislocate tutte sul territorio dell’Alto-Bradano e nella fattispecie sui comuni di Palazzo San Gervasio, Maschito, Venosa e Gaudiano Di Lavello hanno tutte acquisito una forte professionalità di settore messa a disposizione per l’iniziativa in questione. Comparto Cerealicolo
OBIETTIVI REALIZZATI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI Il progetto si propone di creare una filiera corta di pasta/pane/prodotti derivati mediante il recupero e l’utilizzo di antiche varietà di frumento duro, scelti in base alla loro storia nel territorio lucano e alle loro caratteristiche organolettiche e nutrizionali. L’uso di queste antiche varietà permette di recuperare il patrimonio genetico regionale e rivalutare le pratiche agricole a ridotto impiego di mezzi tecnici (concimi, diserbanti, etc…). La scelta del Soggetto proponente di sviluppare una proposta di ricerca
nel settore del frumento duro di alta qualità, basato sulla riscoperta e sulla valorizzazione delle antiche varietà coltivate in Basilicata, è dettata dalla volontà di soddisfare una domanda che si presume possa crescere nel tempo, penetrare nuovi mercati, acquisire vantaggi competitivi nei confronti di altre aziende concorrenti e realizzare una valida diversificazione del prodotto (pasta, pane e prodotti derivati). Il progetto si prefigge, inoltre, di indirizzarsi come obiettivo primario alla conservazione “in
azienda” delle antiche varietà, e vuole altresì, divulgare i risultati stessi della sperimentazione, provvedendo ad organizzare, in capo all’attività del capofila, seminari informativi con degustazione dei prodotti; a stilare manuali e/o schede valutative sulle coltivazioni e sul prodotto di risulta, che saranno a cura del CRA – CER e a redigere brochure informative ed etichette a cura del soggetto di filiera che diano al consumatore la garanzia di acquistare i prodotti della tradizione lucana.
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STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA
Il coinvolgimento del CRACER e la disponibilità di apparecchiature tecnicoscientifiche avanzate garantisce al progetto la possibilità di studiare i rapporti di causa-effetto tra i sistemi agronomici adottati dalle aziende cerealicole coinvolte dal Soggetto proponente ed i materiali genetici presi in esame. L’attività prevede l’analisi sui campioni di granella delle antiche varietà coltivate nelle aziende, attraverso lo studio delle varie componenti del glutine e delle sue proprietà tecnologiche (contenuto proteico, indice di glutine, test di
Nel corso delle attività si prevede di realizzare una serie di iniziative per recuperare di antichi materiali genetici ed avviare le procedure per la richiesta di iscrizione al registro varietale italiano della “Saragolla Lucana” come “Varietà da conservazione. L’iscrizione al Registro Nazionale come varietà da conservazione rappresenta una tutela per gli operatori in quanto la certezza della varietà garantisce
sedimentazione in SDS, contenuto in ceneri, indice di giallo). Sulla granella di frumento duro derivante dalla sperimentazione condotta nei sistemi agronomici proposti dal soggetto proponente vengono determinati anche i principali parametri nutrizionali (fibra totale, fibra insolubile, fibra solubile, contenuto di polifenoli totali, contenuto di pigmenti carotenoidi). Sulla base del particolare contenuto in queste molecole riscontrato in alcune delle varietà di frumento analizzate, vengono avviate prove di trasformazione industriale.
anche la tracciabilità della produzione nella filiera e quindi assicura un maggiore valore aggiunto al prodotto finito. Promuovendo la conservazione e la valorizzazione delle colture antiche/obsolete attraverso la loro utilizzazione all’interno di una filiera dedicata il progetto BUONGRANO intende stimolare la nascita di nuove iniziative volte a riscoprire ed a valorizzare l’intero patrimonio genetico regionale.
RISULTATI CONSEGUITI a) Identificazione di varietà antiche con caratteristiche agronomiche e nutrizionali di pregio, con particolare attitudine alla trasformazione industriale ed alla commercializzazione (quantità e qualità delle proteine di riserva); b) Definizione dei parametri tecnologici e salutistici della materia prima proveniente dalla sperimentazione agronomica;
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c) Prove di pastificazione in diversi formati di pasta corta, anche fresca; prove di panificazione e produzione di altri derivati; d) Definizione di un “disciplinare di produzione” in grado di garantire una maggiore qualità della produzione e la commercializzazione della materia prima.
INFORMAZIONI Pasquale De Vita
E-mail: pasquale.devita@entecra.it
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Ottimizzazione dell’irrigazione per l’Ortofrutta Lucana
Progetto finanziato con la Misura 124 “Health Check PAC” Gestione risorse idriche Acronimo: OTIROL Partnership: • Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DICEM); • Istituto di Bioscienze e BioRisorse - Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBBR); • Laboratorio di Economia dello Sviluppo Locale (LESVIL); • Az. Agricola Fortunato Anna Lisa (Nova Siri); • Az. Agricola Lepenne Donato (Bernalda); • Az. Agricola Angelone Leonardo (Policoro); Ambito geografico di intervento: Regione Basilicata Contributo pubblico ammesso: e 227.890,13 Costo totale del progetto: e 325.557,33
IL PROGETTO L’idea progettuale è approfondire le interazioni tra pianta-suolo-ambiente e di mettere a punto un protocollo di gestione sostenibile dell’irrigazione che oltre ad ottimizzare l’uso delle risorse naturali (es. suolo, acqua) ed artificiali immesse nel sistema, punti a migliorare la qualità della produzione e ad ottimizzare il bilancio economico ed ambientale dell’azienda. Bilancio idrico, capacità di immagazzinamento idrico del suolo, performance ambientale dell’irrigazione ed economicità della certificazione del processo irriguo sono gli obiettivi del Comparto Risorse idriche
progetto. Attualmente, i prodotti ottenuti con processi biologici certificati sono carenti nella parte relativa all’uso efficiente delle risorse naturali ed in modo particolare della risorsa idrica. Il progetto, coordinato dal DiCEM - Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali/ Università degli Studi della Basilicata propone la certificazione del processo irriguo impiegato nel corso di produzioni ortofrutticole biologiche al fine di complementare i processi di
tracciabilità e certificazione legati alla sostenibilità ambientale del processo produttivo stesso. In Basilicata, l’irrigazione è gestita per lo più in modo empirico con effetti negativi sia sui quantitativi di acqua erogati (eccessivi) che sullo stato idrico del suolo (oscillazioni ampie dell’umidità fra interventi irrigui). Nella maggior parte dei casi gli apporti idrici stagionali eccedono il fabbisogno della coltura raggiungendo anche 6-7000 m3/ha o addirittura 12000 m3/ha nel caso di specie particolarmente idroesigenti (es. actinidia). Inoltre lo stato idrico del suolo può
incidere sull’assorbimento (e accumulo) di elementi minerali nel prodotto finale contribuendo a determinarne le capacità nutritivi per i consumatori. A tutt’oggi domande fondamentali della pianificazione irrigua quali “quando” e “quanto” irrigare non trovano spesso nella pratica che risposte empiriche e approssimative. La consapevolezza che l’irrigazione costituisce un fattore essenziale per l’incremento delle produzioni agricole, l’aumento e la stabilizzazione della produttività e del reddito in agricoltura
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ha determinato l’avvio di imponenti programmi di intervento per l’irrigazione. Ma una corretta, efficiente e conveniente irrigazione richiede un approfondimento delle conoscenze sulla irrigazione (ed a monte dei rapporti acqua-terreno-pianta) e della valutazione dei fabbisogni idrici, dei volumi e tempi di adacquamento e quindi all’approfondimento dei rapporti tra consumi idrici e fattori climatici,
pedologici e agronomici. In Basilicata, il comparto delle colture ortive risulta di recente introduzione, ed è andato consolidandosi e differenziandosi all’interno di tre comprensori (arco Metapontino, Valle dell’Ofanto e Alta Val d’Agri) dalle caratteristiche pedologiche, climatiche e vocazionali sensibilmente differenti. Alla luce del contenuto di sali (es. sodio, carbonati, solfati) delle acque irrigue, è
evidente che con l’irrigazione vengono apportati al suolo notevoli quantitativi di sali che possono compromettere anche nel medio periodo la struttura del suolo e quindi la sua capacità di ospitare le colture. Quindi, l’ottimizzazione dell’irrigazione andrebbe a vantaggio anche della tutela della risorsa suolo contribuendo al miglioramento della performance ambientale (riduzione rischio
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Il ruolo specifico del Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DiCEM) è: Miglioramento della performance ambientale - Valutazione della qualità dell’acqua irrigua - Ottimizzazione dell’irrigazione e degli altri fattori produttivi - Implementazione di modelli di gestione della programmazione irrigua - Criteri di programmazione irrigua e miglioramento dell’efficienza dell’uso dell’acqua.
Implementazione della qualità e sicurezza alimentare - Composizione minerale con particolare riferimento al calcio
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Il ruolo specifico dell’Istituto di Bioscienze e BioRisorse – Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR-IBBR) è: Miglioramento della performance ambientale - Valutazione della qualità dell’acqua irrigua Implementazione della qualità e sicurezza alimentare - Accumulo di nitrati nei prodotti Il ruolo specifico del Laboratorio di Economia dello Sviluppo Locale (LESVIL) è: Attività di disseminazione dei risultati - Organizzazione di seminari e visite in campo, stampa materiale divulgativo
salinizzazione dei suoli e dei volumi irrigui impiegati). Il progetto di durata annuale viene attuato durante una stagione vegetativa che comprende uno (fruttiferi) o più cicli (ortive) di coltivazione. Si prevede di individuare alcuni siti frutticoli/orticoli di interesse generale per l’agricoltura della Basilicata ove predisporre i sensori di umidità del suolo, effettuare le caratterizzazioni idrologiche dei suoli. Il ruolo specifico delle aziende agricole è: Miglioramento della performance ambientale - Implementazione di modelli di gestione della programmazione irrigua - Criteri di programmazione irrigua e miglioramento dell’efficienza dell’uso dell’acqua Attività di disseminazione dei risultati - Organizzazione di seminari e visite in campo, stampa materiale divulgativo Nuovi sbocchi di mercato per le produzioni ortofrutticole lucane - Ricerca di nuovi possibili mercati per prodotti ottenuti con certificazione del processo idrico Comparto Risorse idriche
OBIETTIVI REALIZZATIVI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI Il progetto si articola in assi di interventi che portano alla definizione di un protocollo di gestione dell’irrigazione nel comparto ortofrutticolo. Nella fase iniziale del progetto (Fase 1) si eseguono osservazioni e misurazioni di parametri necessari all’attuazione degli assi di intervento (Fase 2). Nell’ultima fase (Fase 3), le aziende agricole valutano l’impatto sui consumatori (e su potenziali nuovi mercati) del prodotto finale con eventuale certificazione del processo idrico. Inoltre sono in programma seminari ed incontri tecnici in campo per la disseminazione su scala ampia dei risultati. Asse 1 - Miglioramento della performance ambientale: 1.1 Valutazione della qualità dell’acqua irrigua
di interesse. Di concerto con le aziende che ospitano le prove, dopo aver definito le frazioni dell’acqua disponibile (AD) e facilmente disponibile (AFD) attraverso le curve di ritenzione idrica dei suoli in esame, viene definita una soglia di intervento irriguo che ha come obiettivo il mantenimento del contenuto idrico del suolo al disopra della soglia inferiore della AFD. Con l’ausilio di sensori di umidità, viene costantemente monitorato il contenuto idrico del suolo che si modificherà a seguito dell’assorbimento di acqua da parte della pianta e le perdite (evaporazione).
1.4 Criteri di programmazione irrigua e miglioramento dell’efficienza dell’uso dell’acqua Prevista la messa a punto di criteri di programmazione irrigua attraverso un lavoro di valutazione di quei metodi di stima dei consumi idrici in grado di avere una diretta applicabilità in campo aziendale. Asse 2 - Implementazione della qualità e sicurezza alimentare: Il progetto fornisce il supporto alle decisioni tecniche di gestione della coltura in relazione agli areali di produzione finalizzati al miglioramento di alcuni aspetti nutrizionali
(es. Contenuto proteico e composizione minerale) e di sicurezza alimentare dei prodotti finali. 2.1 Accumulo di nitrati nei prodotti 2.2 Composizione minerale con particolare riferimento al calcio Asse 3 – Attività di disseminazione dei risultati Previste giornate dimostrative in campo e seminari, a beneficio degli operatori del settore (tecnici/ agricoltori) per divulgare le strategie irrigue adottate nelle aziende coinvolte nel progetto e disseminare all’esterno i risultati ottenuti.
1.2 Ottimizzazione dell’irrigazione e degli altri fattori produttivi (i) Gestione del suolo e della chioma (settore frutticolo) (ii) Gestione dell’irrigazione 1.3 Implementazione di modelli di gestione della programmazione irrigua Si procederà alla implementazione di metodiche di bilancio idrico del suolo per i siti Comparto Risorse idriche
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Attesa l’acquisizione su ampia scala di nuove tecniche irrigue e l’abbandono dei criteri empirici di gestione dell’irrigazione. Asse 4 - Nuovi sbocchi di mercato per le produzioni
ortofrutticole lucane I prodotti ortofrutticoli ottenuti con metodiche di certificazione biologica unitamente ad una possibile certificazione del processo irriguo (possibile implementazione dell’output del progetto),
potrebbero incontrare le crescenti aspettative di nuove fasce di consumatori attenti alle tematiche ambientali e dell’uso della risorsa idrica in particolare. Nell’ambito del progetto, le aziende agricole si faranno carico
di elaborare una indagine sul momento produttivo, sull’andamento dei prezzi, la variazione dei consumi relativi agli anni che offrirà delle indicazioni circa nuovi sbocchi di mercato per le produzioni ortofrutticole lucane.
necessarie allo svolgimento del progetto, oltre al personale qualificato che già opera presso l’Azienda. Il progetto vedrà l’applicazione di una strategia di gestione dell’irrigazione basata sull’individuazione di una soglia di riferimento di umidità del suolo (nell’ambito della frazione di acqua facilmente utilizzabile) determinata
dalla interazione fra le caratteristiche idrologiche del suolo dei siti del progetto e l’evapotraspirazione di riferimento. Saranno messi a punto criteri di programmazione irrigua per ridurre l’uso delle risorse idriche e per migliorare la qualità delle colture orticole in modo da incrementare l’efficacia produttiva dell’acqua d’irrigazione.
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Bilancio idrico del suolo mediante monitoraggio in continuo del contenuto idrico del suolo in relazione alle esigenze ambientali di evapotraspirazione (ET0). Saranno impiegati a tal fine sensori con tecnologia FDR (Frequency Domain Reflectometry). Determinazioni analitiche dei nitrati nel suolo attraverso la strumentazione Nitrachek.
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Determinazioni analitiche dei nitrati nei tessuti vegetali con la metodologia HPLC (High Performance Liquid Chromatography). Applicazione dello stress idrico controllato che consente una riduzione dei volumi irrigui apportati. Le aziende agricole metteranno a disposizione il capitale terra, gli impianti frutticoli e le macchine ed attrezzature in possesso,
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RISULTATI Bilancio idrico, capacità di immagazzinamento idrico del suolo, performance ambientale dell’irrigazione ed economicità della certificazione del processo irriguo sono gli obiettivi del progetto. Un approccio all’irrigazione che oltre a massimizzare le rese contribuisca a migliorare la performance ambientale con particolare riferimento alla tutela del suolo ed al risparmio idrico. L’idea progettuale è quella di approfondire le interazioni tra pianta-suolo-ambiente e di mettere a punto un protocollo di gestione sostenibile dell’irrigazione che oltre ad ottimizzare l’uso delle risorse naturali (es. suolo, acqua) ed artificiali immesse nel sistema, punti a migliorare la qualità della produzione e ad ottimizzare il bilancio economico ed ambientale dell’azienda. Il protocollo di gestione dell’irrigazione elaborato nel corso del progetto propone una serie di azioni volte a caratterizzare la performance ambientale ed economica dell’irrigazione nelle aziende individuate dal progetto ed a determinare le innovazioni tecniche atte a gestirla in maniera Comparto Risorse idriche
ecocompatibile negli areali di produzione. Le principali azioni riguardano: 1) caratterizzazione e miglioramento dell’efficienza dell’uso dell’acqua 2) caratterizzazione della composizione minerale ed accumulo di nitrati nei prodotti 3) test di tecniche di gestione integrata della pratica irrigua 4) implementazione di modelli di bilancio idrico del suolo 5) monitoraggio della qualità delle acque irrigue 6) prototipo di protocolli di gestione sito-specifica dell’irrigazione 7) messa a punto di criteri di programmazione irrigua per migliorare gli aspetti qualitativi della produzione delle colture orticole 8) studio di fattibilità economica ed analisi dei mercati ortofrutticoli progetto 9) trasferimento dei risultati
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REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Nelle aziende agricole (frutticole ed orticole) di riferimento viene impostato un protocollo per la pianificazione degli interventi irrigui che tenga conto dei fabbisogni della coltura (al fine di massimizzare le rese e la qualità del prodotto), della capacità di immagazzinamento idrico del suolo, della quantità di pioggia immagazzinata nel suolo durante l’inverno, delle oscillazioni del contenuto idrico del suolo interessato dall’irrigazione come determinate dalla domanda evapotraspirativa
dell’ambiente. Il progetto prevede l’applicazione di una strategia di gestione dell’irrigazione basata sull’individuazione di una soglia di riferimento di umidità del suolo (nell’ambito della frazione di acqua facilmente utilizzabile) determinata dalla interazione fra le caratteristiche idrologiche del suolo dei siti del progetto e l’evapotraspirazione di riferimento. Si prevede la messa a punto di criteri di programmazione irrigua
per ridurre l’uso delle risorse idriche e per migliorare la qualità delle colture orticole in modo da incrementare l’efficacia produttiva dell’acqua d’irrigazione. In programma giornate dimostrative in campo e seminari a beneficio degli operatori del settore (tecnici/agricoltori) per divulgare le strategie irrigue adottate nelle aziende coinvolte nel progetto e disseminare all’esterno i risultati ottenuti. Attesa l’acquisizione su ampia scala delle nuove tecniche irrigue e
l’abbandono dei criteri empirici di gestione dell’irrigazione. Il positivo interesse manifestato dalle aziende agricole del comparto ortofrutticolo a cooperare con le istituzioni di ricerca coinvolte nel progetto, attraverso la costituzione della ATS lascia intravedere anche la possibilità di creare criteri di certificazione del processo irriguo a complemento dei sistemi di certificazione (biologico) già presenti nelle aziende stesse. INFORMAZIONI Cristos Xiloyannis
E-mail: cristos.xiloyannis@unibas.it
Bartolomeo Dichio
E-mail: bartolomeo.dichio@unibas.it
www.otirol.it
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Innovazione per la Qualità e la Sostenibilità della Produzione Ortofrutticola
Progetto finanziato con la Misura 124 Progetto Integrato di Filiera Regionale PIFO Ortofrutta Acronimo: IQUASOPO Partnership: • Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DICEM); • OP Asso Fruit Italia (Scanzano Jonico) Ambito geografico di intervento: Arco Jonico Metapontino Contributo pubblico ammesso: e 943.682,60 Costo totale del progetto: e 1.350.000,00
IL PROGETTO Il progetto, coordinato dal DiCEM - Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali/ Università degli Studi della Basilicata - si articola in una serie di attività di ricerca/ trasferimento in campo e di divulgazione dei risultati, attraverso il perseguimento degli obiettivi di ricerca (OR) di seguito descritti. Vengono individuati alcuni siti ove svolgere tutte le attività di implementazione del progetto (OR1:OR6); in fase di trasferimento (OR7) sono selezionati altri siti ove svolgere le attività previste. Comparto Ortofrutticolo
• OR 1 Gestione del suolo e della fertilizzazione finalizzata al miglioramento della fertilità chimica e biologica. Per quanto riguarda la gestione del suolo si applica la non lavorazione e l’inerbimento del frutteto con la selezione di essenze erbacee adattate alle specifiche condizioni pedoclimatiche, che non presentino fenomeni allelopatici e che non entrino in competizione idrica e nutrizionale con la specie principale. Nel complesso si incrementano gli input di carbonio e vengono monitorati gli stock di carbonio (vegetazione, lettiera, suolo) con
particolare attenzione alla microfauna del suolo. La nutrizione del frutteto è gestita compilando un bilancio basato sulle asportazioni effettive, per cui sono distribuite le dosi effettive di elementi nutritivi allontanati nel sistema dal ciclo produttivo. • OR 2 Gestione dell’irrigazione finalizzata al risparmio della risorsa idrica e miglioramento della qualità del prodotto. L’irrigazione è gestita con la compilazione di un bilancio idrico giornaliero calibrato sull’esigenza della coltura in relazione alle condizioni pedoclimatiche.
• OR 3 Bilancio del carbonio finalizzato alla definizione dell’impronta del carbonio dei sistemi frutticoli. Prevista l’analisi dei flussi di carbonio nel sistema frutteto-atmosfera per la definizione della impronta carbonica dei sistemi produttivi. • OR 4 Tecnologie innovative di “precision farming”, che includono la validazione di sistemi informatizzati di supporto all’irrigazione. Prevista l’installazione (anche con finalità divulgative) di una stazione intelligente di gestione dell’irrigazione (basata sulla misura in continuo dell’umidità del suolo) con possibilità
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di gestione da remoto dell’intervento irriguo. • OR 5 Profili nutrizionali speciali dei prodotti ortofrutticoli, attraverso l’applicazione di tecnologie e processi di gestione integrati del suolo, della pianta e dell’irrigazione, si valuta la promozione della biosintesi nel frutto di composti ad alto valore nutrizionale. In particolare, sulla base
della azione positiva della radiazione disponibile sulla biosintesi di composti fenolici (a valore antiossidante) sono valutate ed implementate tipologie di gestione della chioma finalizzate all’aumento della radiazione intercettata. • OR 6 Caratterizzazione e certificazione dei prodotti mediante l’applicazione di profili metabolici.
Viene effettuato uno screening di prodotti mediante tecniche di HPLC, NMR, finalizzato alla caratterizzazione dei frutti in relazione alle tecniche di coltivazione e gestione della chioma. Prevista l’implementazione di un protocollo di identificazione ed eventuale certificazione di tratti qualitativi dei prodotti in relazione alle tecniche di coltivazione.
• OR 7 Divulgazione. In programma giornate dimostrative in campo e seminari, a beneficio degli operatori del settore (tecnici/ agricoltori) per divulgare i risultati del progetto e renderli accessibili ad una vasta platea di agricoltori, tecnici e professionisti. Attesa l’acquisizione su ampia scala delle nuove tecniche sostenibili delle produzioni ortofrutticole.
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Il ruolo specifico del Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DiCEM) è: - OR 1 Gestione del suolo e della fertilizzazione - OR 2 Gestione dell’irrigazione - OR 3 Bilancio del carbonio - OR 4 Tecnologie innovative di “precision farming”
Il ruolo specifico della OP ASSO FRUIT ITALIA (Scanzano Jonico) è: - OR 1 Gestione del suolo e della fertilizzazione - OR 2 Gestione dell’irrigazione - OR 3 Bilancio del carbonio - OR 5 Profili nutrizionali speciali dei prodotti ortofrutticoli - OR 6 Caratterizzazione e certificazione dei prodotti - OR 7 Divulgazione
- OR 5 Profili nutrizionali speciali dei prodotti ortofrutticoli - OR 6 Caratterizzazione e certificazione dei prodotti - OR 7 Divulgazione.
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STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Bilancio idrico del suolo mediante monitoraggio in continuo del contenuto idrico del suolo in relazione alle esigenze ambientali di evapotraspirazione (ET0). Saranno impiegati a tal fine sensori con tecnologia FDR (Frequency Domain Reflectometry). Con l’ausilio di sensori di umidità, è costantemente monitorato il contenuto idrico del suolo che si modifica a seguito dell’assorbimento di acqua da parte della pianta e le perdite (evaporazione). Determinazioni analitiche dei nitrati nel suolo attraverso la strumentazione Nitrachek. Determinazioni analitiche dei nitrati nei tessuti vegetali con la metodologia HPLC (High Performance Liquid Chromatography). Applicazione dello stress idrico controllato che consente una riduzione dei volumi irrigui apportati. Per quanto riguarda la gestione del suolo viene applicata la non lavorazione e l’inerbimento nel caso dei sistemi frutticoli. Sono utilizzate essenze erbacee adattate alle specifiche condizioni pedoclimatiche, che non presentino fenomeni allelopatici e che non entrino in competizione idrica e nutrizionale con la specie principale. Tuttavia, se lo si ritiene opportuno, in Comparto Ortofrutticolo
relazione alla flora spontanea presente può essere favorito l’inerbimento spontaneo, al fine di salvaguardare la naturale biodiversità presente. Il cotico erboso nei momenti in cui entra in competizione con la coltura principale viene trinciato, mentre, esclusivamente sulla fila può essere applicato il diserbo. Le aziende agricole mettono a disposizione il capitale terra, gli impianti frutticoli e le macchine ed attrezzature in possesso, necessarie allo svolgimento del progetto, oltre al personale qualificato che già opera presso l’azienda. Il progetto vede l’applicazione di una strategia di gestione dell’irrigazione basata sull’individuazione di una soglia di riferimento di umidità del suolo (nell’ambito della frazione di acqua facilmente utilizzabile) determinata dalla interazione fra le caratteristiche idrologiche del suolo dei siti del progetto e l’evapotraspirazione di riferimento. Prevista la messa a punto di criteri di programmazione irrigua per ridurre l’uso delle risorse idriche e per migliorare la qualità delle colture orticole in modo da incrementare l’efficacia produttiva dell’acqua d’irrigazione.
RISULTATI Il progetto si articola in una serie di attività di ricerca/trasferimento in campo e di divulgazione dei risultati, attraverso il perseguimento degli obiettivi di ricerca (OR). I risultati previsti dei vari OR sono: (i) Miglioramento della performance ambientale (OR1:OR4); (ii) Qualità e sicurezza alimentare dei prodotti (OR5 e OR6). In ultimo l’OR7 relativo alla fase di divulgazione dei risultati raccoglie e mette a disposizione i risultati attesi dal progetto raggruppabili in: - validazione protocollo smart – technology per l’irrigazione - accesso alla certificazione volontaria crediti di carbonio - implementazione per protocollo certificazione qualità Infine, è possibile individuare un ulteriore output del progetto come valore aggiunto dei suddetti risultati: - creazione piattaforma base per nuovo brand di prodotto Prevista l’implementazione di protocolli di analisi degli impatti della produzione agricola in termini di
consumi idrici, qualità del suolo, emissioni di gas serra, riduzione della biodiversità, consumo delle risorse naturali. Previsto l’esame di questi aspetti con l’eventuale supporto di professionalità esterne, per i siti individuati in un’ottica LCA (Life Cycle Assessment), ovvero prendendo in considerazione tutte le fasi del ciclo del prodotto (o processo) in esame: dall’approvvigionamento delle materie prime, alla produzione, al consumo e allo smaltimento/ recupero/riciclo dei residui. I risultati raggiunt possono essere successivamente impiegati per un’attività di certificazione avvalendosi delle norme volontarie disponibili. I risultati attesi (valorizzazione del prodotto) possono fornire alla OP Fruit Italia le basi per la creazione di un brand innovativo per un prodotto certificato riconoscibile che può contribuire alla migliore e/o più ampia collocazione commerciale del prodotto in un ottica di completamento della filiera produttiva. Gli obiettivi realizzativi che si intende raggiungere sono: • La determinazione dei
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Kc specifici per colture quali pesco e fragole allevati in coltura protetta, fornirà agli operatori uno strumento per impostare dei bilanci idrici ottimizzati; • La diffusione di tecniche di gestione sostenibile dei sistemi ortofrutticoli e mettere a punto un sistema di certificazione dei crediti di carbonio; • La messa a punto di tecniche di fertilizzazione ed irrigazione delle colture, che consentano
di ottenere prodotti di elevata qualità, di elevato valore nutrizionale e soprattutto con limitate concentrazioni di nitrati. Il risultato più ambizioso è la diffusione, tra gli operatori, del concetto della sostenibilità, del valore delle singole risorse, dell’importanza di preservare la fertilità del suolo, dell’ottimizzare l’uso dell’acqua e dei fertilizzanti. Con questi valori si vuole promuovere una visione
di azienda sostenibile che preservi le risorse ereditate (suolo, acqua, ambiente) per le generazioni future. Le azioni di trasferimento previste consistono in giornate dimostrative e attività seminariali mediante le quali socializzare i risultati disponibili per tutti gli operatori del settore. Il progetto rappresenta un’occasione per creare e rafforzare i servizi di supporto alle aziende
e stimolare iniziative imprenditoriali nel territorio coinvolto. Inoltre l’adozione di tecnologie a basso impatto aziendale contribuisce a perseguire l’obiettivo comune di ridurre la emissione di gas serra in atmosfera. Bilancio idrico, capacità di immagazzinamento idrico del suolo, performance ambientale dell’irrigazione ed economicità della certificazione del processo irriguo sono gli obiettivi del progetto.
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Il progetto prevede l’implementazione di protocolli di analisi degli impatti della produzione agricola in termini di consumi idrici, qualità del suolo, emissioni di gas serra, riduzione della biodiversità, consumo delle risorse naturali. Questi aspetti vengono esaminati, con l’eventuale supporto di altre professionalità esterne, per i siti individuati in un’ottica LCA (Life Cycle Assessment), ovvero prendendo in considerazione tutte le fasi del ciclo del prodotto (o processo) in esame: dall’approvvigionamento delle materie prime, alla produzione, al consumo e allo smaltimento/ recupero/riciclo dei residui. I risultati raggiunti, possono
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essere successivamente impiegati per un’attività di certificazione avvalendosi delle norme volontarie disponibili. I risultati attesi (valorizzazione del prodotto) forniscono alla OP Fruit Italia le basi per la creazione di un brand innovativo per un prodotto certificato riconoscibile che può contribuire alla migliore e/o più ampia collocazione commerciale del prodotto in un ottica di completamento della filiera produttiva. Il progetto rappresenta un’ occasione per creare e rafforzare i servizi di supporto alle aziende e stimolare iniziative imprenditoriali nel territorio coinvolto. Inoltre l’adozione di tecnologie a basso impatto aziendale
contribuisce a perseguire l’obiettivo comune di ridurre la emissione di gas serra in atmosfera. Nell’azienda agricola di riferimento si prevede di impostatare un protocollo per la pianificazione degli interventi irrigui che tenga conto dei fabbisogni della coltura (al fine di massimizzare le rese e la qualità del prodotto), della capacità di immagazzinamento idrico del suolo, della quantità di pioggia immagazzinata nel suolo durante l’inverno, delle oscillazioni del contenuto idrico del suolo interessato dall’irrigazione come determinate dalla domanda evapotraspirativa dell’ambiente. In programma giornate dimostrative in campo
e seminari a beneficio degli operatori del settore (tecnici/agricoltori) per divulgare le strategie adottate dalle aziende coinvolte, i risultati ottenuti resi accessibili ad una vasta platea di agricoltori, tecnici e professionisti. Attesa l’acquisizione su ampia scala delle nuove tecniche sostenibili e l’abbandono dei criteri empirici di gestione. INFORMAZIONI Cristos Xiloyannis
E-mail: cristos.xiloyannis@unibas.it
Bartolomeo Dichio
E-mail: bartolomeo.dichio@unibas.it
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Tutela della biodiversità di leguminose tradizionali e valorizzazione attraverso innovazioni agronomiche, nutraceutiche e di mercato
IL PROGETTO Il territorio lucano si distingue per la sua ricchezza di produzioni agricole che spaziano dai cereali alle colture orticole passando attraverso colture officinali e prodotti trasformati quali pane, pasta, olio, formaggi, salumi e diversi ecotipi locali di leguminose quali fagiolo (Phaseolus vulgaris) e cece (Cicer arietinum). L’areale lucano è tradizionalmente vocato alla coltivazione di leguminose in particolare cece e fagiolo che, sin dal passato, sono stati coltivati in piccoli orti sub-urbani dove si coltivavano vecchie popolazioni delle quali oggi poco è rimasto lasciando il posto alle più competitive varietà commerciali. La Comparto Ortofrutticolo
nutraceutica è un nuovo termine che deriva dalla contrazione e unione delle parole nutrizione e farmaceutica e ha per scopo lo studio delle proprietà combinate nutritive e farmaceutiche degli alimenti. La leguminosa più coltivata a livello mondiale, consumata direttamente dall’uomo, è il fagiolo (Phaseolus vulgaris L.), importante fonte di nutrienti, di particolare rilevanza per popolazioni di paesi poveri o in via di sviluppo, provvista di notevoli quantità di proteine e di calorie, nonché di diversi elementi minerali e vitaminici. Gli isoflavoni sono
Progetto finanziato con la Misura 124 “Health Check PAC” Comparto ortofrutticolo Acronimo: VAL.BIO.LUC. Partnership: • Istituto di Bioscienze e BioRisorse - Consiglio Nazionale delle Ricerche - Bari (BA) - Capofila; • Scuola di Scienze Agrarie, Forestali ed Ambientali (SAFE) Università degli Studi della Basilicata; • Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo: Architettura, Ambiente, Patrimoni Culturali (DICEM) Università degli Studi della Basilicata; • Laboratorio Economico di Sviluppo Locale (LESVIL Srl) Potenza (PZ); • CO.P.A.L. Consorzio Produttori Agroalimentari Lucani Ferrandina (MT); • Masseria Grieco Giovanni Battista - Pisticci (MT); • Azienda Agricola Belisario Domenico - Sarconi (PZ); • Azienda Agricola Dalbega di Rago L. & c. - Ferrandina (MT). Ambito geografico di intervento: Regione Basilicata Contributo pubblico ammesso: e 168.473,25 Costo totale del progetto: e 240.676,57
composti presenti in diverse specie vegetali, le Leguminose, in particolare le Papilionacee sono maggiormente vocate alla concentrazione di queste molecole. Numerosi studi mostrano che le leguminose (consumate regolarmente dalle popolazioni asiatiche) e in particolare gli isoflavoni presentano diverse attività farmacologiche. Queste bioattività potrebbero essere implicate nel meccanismo di prevenzione delle malattie
cardiovascolari, di alcuni tipi di cancri e dei problemi legati alla menopausa. L’acido fitico è un importante composto antinutrizionale in quanto nell’intestino questa molecola si comporta da chelante per i microelementi cationici, che non sono più in forma assimilabile dall’organismo. Per quel che riguarda l’uomo, diete ricche in alimenti contenenti acido fitico possono portare a carenze sia di fosforo che di micronutrienti minerali,
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soprattutto ferro e zinco, che, legati dall’acido fitico, non possono essere assorbiti nell’intestino. Ciò è particolarmente grave per le popolazioni di paesi poveri o in via di sviluppo, che si alimentano soprattutto, o quasi esclusivamente, di semi di cereali non raffinati o di legumi. Gli sforzi di selezione e sviluppo di prodotti vegetali più ricchi di nutrienti minerali devono perciò prima di tutto tener conto del problema posto dall’acido fitico.
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Istituto di Bioscienze e BioRisorse - Consiglio Nazionale delle Ricerche Durante la prima fase del progetto l’Unità si è occupata del reperimento di germoplasma di leguminose di interesse agrario tipiche degli ambienti mediterranei. Tale attività ha riguardato principalmente due specie da granella: Cece e Fagiolo. Durante la seconda fase del progetto l’Unità, congiuntamente all’Università, ha il compito di investigare l’influenza di fattori agronomici sulla produzione di isoflavoni ed acido fitico nelle leguminose di interesse agrario oggetto della ricerca. Questa fase della ricerca si baserà sui dati ottenuti, da
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questa medesima unità, nel corso della prima fase del progetto, e su quelli rilevati dalle Unità dell’Università di Basilicata mediante le prove di allevamento delle piante in camera di crescita. Queste conoscenze sono sottoposte a verifica sperimentale mediante prove di campo, finalizzate a valutare l’effetto di epoca e densità di semina, fertilizzazione e irrigazione sul contenuto in isoflavoni delle specie oggetto di studio. Inoltre il CNR-IBBR si occupa della messa a punto delle tecniche analitiche più idonee per la quantificazione degli isoflavoni ed acido fitico nei diversi genotipi di leguminose.
Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari ed Ambientali (SAFE) – Università degli Studi della Basilicata L’obiettivo dell’attività sperimentale che la Scuola di Scienze Agrarie Forestali, Alimentari ed Ambientali svolge nell’ambito del progetto prevedeva una serie di azioni volte a caratterizzare la performance ambientale e nutrizionale delle radici delle leguminose individuate dal progetto ed a individuare le innovazioni tecniche atte a gestirla in maniera ecocompatibile negli areali di produzione della Basilicata. Nello specifico, l’attività sperimentale in pieno
campo è stata svolta, in questo primo anno, in provincia di Matera. Su due ecotipi di fagiolo di Sarconi, “Tabacchino” e “ Ciuoto”, sono stati valutati i consumi idrici, con il metodo evapotraspirometrico, con irrigazione a turno fisso settimanale. Nell’ambito di ciascun regime irriguo, previsto un ulteriore trattamento di piante micorrizzate a confronto con un controllo non micorrizzato. L’attività sperimentale di pieno campo ha fornito il materiale, che sarà elaborato al fine di individuare innovazioni funzionali al miglioramento delle performance ambientali Comparto Ortofrutticolo
che rappresenta una delle finalità ultime del progetto. Dipartimento delle Culture Europee e del Mediterraneo (DiCEM) - Università degli Studi della Basilicata L’importanza delle proteine vegetali nell’alimentazione umana, la richiesta di prodotti vegetali salubri e la crescente attenzione nei riguardi della sostenibilità dei sistemi produttivi, hanno riconfermato l’importanza del ruolo delle leguminose da granella negli ordinamenti colturali lucani e del meridione in genere. Obiettivo del presente studio è valutare e confrontare ecotipi di specie leguminose da granella (cece, cicerchia, lupino, lenticchia, fava, favino, favetta) che meglio si adattano alle condizioni pedoclimatiche degli ambienti della Basilicata, al fine di individuare le specie leguminose che permettono di raggiungere i migliori risultati produttivi, anche in relazione ad alcuni parametri qualitativi (contenuto proteico, composizione aminoacidica, fattori antimetabolici, antimetaboliti non proteici) Comparto Ortofrutticolo
anche per proporre o riconfermare nei sistemi colturali la coltivazione di specie leguminose da granella, che garantiscono la sostenibilità dei sistemi produttivi dal punto di vista agronomico ed ambientale. La prova sperimentale è in corso di realizzazione presso l’azienda agricola “D’Albega”, in agro di Ferrandina. Le osservazioni sperimentali interesseranno diverse accessioni di specie leguminose provenienti dall’istituto Sperimentale Colture Industriali di Battipaglia (SA), da Dipartimenti Universitari ed enti di ricerca e da aziende private. Laboratorio Economico di Sviluppo Locale (LESVIL Srl) (Ente Privato di Ricerca) Comunicazione e diffusione dei risultati L’azione di diffusione dei risultati mira a garantire la massima visibilità di quanto ottenuto attraverso il progetto di ricerca. La strategia di disseminazione consente di ottenere il massimo impatto presso il pubblico della comunità lucana interessato. A tale scopo previsti eventi specifici con enti locali, imprese, università e attività di pubbliche relazioni con aziende
pubbliche e private. Tra gli strumenti di diffusione previsto materiale informativo (brochure) e comunicazione via rete. Si prevede di pubblicizzare anche percorsi di formazione a distanza sia in ambito universitario sia nel settore della formazione continua. Azienda Agricola Grieco Giovanni – Pisticci (MT) Azienda Agricola Belisario – Sarconi (PZ) Azienda Agricola D’albega di Rago L & c. – Ferrandina (MT)
Le aziende agricole di produzione primaria si impegnano a supportare il progetto, partecipando attivamente alla sua realizzazione. Il sostegno è, oltre che di natura finanziaria, anche tecnico, con la fornitura di materiali genetici da parte degli agricoltori, già custodi del mantenimento dei livelli attuali di biodiversità. La collaborazione consiste anche nella fornitura di beni e servizi e con lavori in economia; pertanto, deve essere garantita la disponibilità di locali, terreni, attrezzature, impianti, giornate lavorative di personale aziendale dedicato alle attività per un’efficace realizzazione del progetto.
Consorzio CO.P.A.L. Consorzio Produttori Agroalimentari Lucani Ferrandina (MT) Il Consorzio COPAL ha il ruolo di promuovere, valorizzare ed eventualmente commercializzare i prodotti oggetto di studio e ricerca, a seguito di processi di innovazione, lavorazione, certificazione e packaging. La valorizzazione delle produzioni leguminose passa per la costituzione e/o aggiornamento del packaging e di marchi identificativi univoci. Nel contesto della tipicità dei prodotti regionali, sempre maggiore importanza occupa la programmazione della produzione ed il processo di valorizzazione delle produzioni agricole comprensoriali, attraverso azioni che permettono di favorire la vendita ad opera di organismi consortili appositamente costituiti ed in grado di offrire ai propri clienti prodotti sempre freschi e di elevata qualità, oltre che a prezzi garantiti. È il caso del Consorzio Copal che, sebbene di recente costituzione, è già attivo e garantisce un circuito di valorizzazione dei prodotti degli associati.
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OBIETTIVI REALIZZATIVI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI I principali obiettivi del progetto di ricerca sono: a) valutazione delle potenzialità per la produzione di isoflavoni e di seme con alte caratteristiche nutraceutiche e basso tenore di fattori antinutrizionali delle leguminose, che hanno nel nostro paese una consolidata tradizione agricola; b) identificare, per queste colture, nuove possibili destinazioni d’uso sia per un utilizzo alimentare diretto che per potenziali implicazioni nutraceutiche ed innovazione verso la qualità e la sicurezza alimentare;
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Attività di ricerca per determinare un sistema di supporto per: - la definizione degli areali di produzione delle leguminose individuate dal progetto; - la definizione dei limiti di trasferibilità delle tecniche di gestione fra areali diversi. Valutazione “in situ” ed “ex situ” del germoplasma di ecotipi locali Sono state allestite prove di confronto degli ecotipi locali, condotte parallelamente secondo due diversi tipologie di coltivazione: biologica e convenzionale. Analisi biometriche e di laboratorio: - valutazione MorfoAgronomica con determinazione della
resa areica e tutte le altre componenti fisiologiche e tecnologiche; - determinazione del contenuto in proteina grezza del seme della pianta; - determinazione del contenuto in acido fitico del seme della pianta. Lo studio degli ecotipi locali di leguminose di interesse per il progetto VALBIOLUC, finalizzato all’identificazione di genotipi superiori, necessita ad integrazione della loro valutazione agronomica, di dati sulle caratteristiche nutrizionali e tecnologiche della granella di ciascuno di essi. Una corretta valutazione della qualità della granella deve includere la determinazione dei parametri qualitativi e
tecnologici connessi alle fasi di ammollo e cottura del seme. In particolare sono in corso di determinazione: la velocità di imbibizione, la percentuale in tegumento, l’incremento medio in peso e volume del seme dopo ammollo, il tempo di cottura, l’incremento medio in peso del seme dopo cottura. Tra i fattori antinutrizionali si sta quantificando il contenuto in acido fitico. È noto che questa molecola rappresenta una forma di stoccaggio del fosforo nel seme ed è classificata fra i fattori antinutrizionali poiché ha una elevata capacità di complessare gli ioni multivalenti presenti nel seme, principalmente calcio e magnesio, ostacolandone di fatto l’assimilazione durante la digestione.
c) valorizzare la biodiversità tipica regionale e mediterranea che ha consentito, in diverse specie di leguminose, la selezione di numerose popolazioni locali.
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RISULTATI CONSEGUITI I dati produttivi, seppure preliminari, sono in linea con le produzioni areiche conseguite nel comprensorio di coltivazione ed indicano “Ciuoto” (o Regina) come l’ecotipo che si avvicina alle 4 t/ha di granella, mentre “Vedolino” ha fornito produzioni modeste, non raggiungendo la tonnellata per ettaro. Relativamente alla produzione di baccelli per pianta “Munachedda” e “Tuvagliedda rossa” hanno fatto registrare le migliori performances produttive anche con un elevato numero di baccelli; infine è interessante ricordare che
la lunghezza del baccello per gli ecotipi “Nasieddu” e “Tuvagliedda” hanno fornito i valori più elevati con 10,36 e 10,23 cm. Nel complesso queste preliminari indicazioni sperimentali confermano una positiva risposta in termini produttivi delle accessioni a confronto, anche se questi dati possono essere costantemente migliorati con riscontri tecnici ed agronomici più approfonditi. I dati biochimici (determinazione della concentrazione in acido fitico ed isoflavoni) per le diverse accessioni sono in corso di determinazione.
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Innovazioni del progetto di ricerca rispetto allo stato dell’arte Possono essere riassunte in: 1) Identificazione di genotipi di leguminose, tipiche di ambienti di coltivazione mediterranei, in grado di esprimere e produrre significative quantità di flavonoidi; 2) Identificazione di nuove destinazione d’uso per le leguminose oggetto di studio. Ad esempio, una elevata espressione di isoflavoni nei germinelli potrebbe suggerire la loro diretta Comparto Ortofrutticolo
utilizzazione per scopi alimentari, mentre una elevata espressione a livello delle parti verdi della pianta potrebbe indicare un loro utilizzo per l’estrazione e la preparazione di integratori nutraceutici; 3) Identificazione dei processi fisiologici in grado di influenzare l’espressione di isoflavoni, utilizzando cece e fagiolo quali specie di riferimento. L’insieme delle informazioni ottenute dalle prove fisiologiche
consente di integrare le conoscenze già disponibili in letteratura, relative al ruolo biologico ed ecologico degli isoflavoni; 4) Definizione di linee guida di tecnica colturale in grado di assicurare una costante produzione di isoflavoni. In particolare, le prove di pieno campo permetteranno di integrare le conoscenze relative all’espressione degli isoflavoni. I dati delle prove fisiologiche e delle prove agronomiche concorreranno alla
definizione della tecnica agronomica ottimale per la produzione di isoflavoni e di un basso contenuto di fattori antinutrizionali (acido fitico); 5) Identificazione delle procedure preparative più idonee per l’ottenimento di formulati nutraceutici contenenti isoflavoni estratti da leguminose di interesse agrario, tipiche di ambienti mediterranei; 6) Innalzamento del livello di qualità e sicurezza alimentare
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delle accessioni di leguminose oggetto di studio, cercando di ottenere selezioni ad alto contenuto di sostanze nutraceutiche ed a basso contenuto di fattori antinutrizionali. Innovazioni verso la qualità e la sicurezza alimentare La qualità dei prodotti generalmente viene influenzata dal genotipo, dai fattori climatici, dalle pratiche colturali, dallo stadio di maturazione, dal momento della raccolta e dalle operazioni e trattamenti connessi ad essa compreso quelli post-raccolta. Pertanto i consumatori, nella scelta dei prodotti, spesso assegnano ai parametri qualitativi valore diverso, variabile da zona a zona, legato a volte alla destinazione del prodotto. Interventi finalizzati alla ricerca di nuovi sbocchi di mercato per le produzioni Questo intervento ha come obiettivo generale, tra gli altri, quello di accrescere la competitività del settore agricolo, sia sostenendo gli investimenti individuali funzionali all’adeguamento tecnologico e all’introduzione di innovazioni di prodotto, di processo ed organizzative,
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che integrino gli standard ambientali e di sicurezza alimentare richiesti, sia accompagnando le aziende agricole e di trasformazione a migliorare il grado di aggregazione dell’offerta, il collegamento con la logistica regionale (piastre commerciali) e l’utilizzo delle reti (e-commerce). Interventi relativi ad innovazioni funzionali e al miglioramento delle performance ambientali Le azioni proposte mirano ad individuare le tecniche adeguate agli areali di produzione, e l’utilizzazione di accessioni locali di specie altamente adattate agli ambienti di coltivazione, le cui caratteristiche della pianta permettono l’ottimizzazione degli input ed il supporto alle decisioni tecniche di gestione della coltura in modo da conciliare risparmio idrico e di fattori produttivi, resa, qualità ed ottimizzazione delle lavorazioni. Arresto della perdita della biodiversità Obiettivo generale è migliorare l’ambiente e lo spazio rurale, sostenendo la gestione e la tutela del territorio. La presenza di germoplasma agrario offre l’opportunità di rafforzare le azioni volte
alla valorizzazione del territorio. La conservazione della biodiversità degli habitat agricoli e forestali assume un ruolo significativo, e vede il pubblico e il privato attori ed esecutori di interventi condivisi tesi al mantenimento e al miglioramento delle performance produttive di specie tipiche regionali.
INDIRIZZI DI CONTATTO Giulio Sarli
E-mail: giulio.sarli@ibbr.cnr.it
www.valbioluc.it
E-mail: info@valbioluc.it
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Salvaguardia della biodiversità del fungo cardoncello nostrano
Progetto finanziato con la Misura 124 “Health Check PAC” Conservazione biodiversità Acronimo: LU.CA.NO. Partnership: • Cardopan di Lucia De Angelis - Tolve (PZ); • Bioagritest srl, “Centro Interregionale di Diagnosi Vegetale” Pignola (PZ). Ambito geografico di intervento: Regione Basilicata Contributo pubblico ammesso: e 87.150,00 Costo totale del progetto: e 124.500,00
IL PROGETTO Il progetto si sviluppa attraverso la raccolta dei carpofori più interessanti qualitativamente nei diversi areali lucani, ed il loro isolamento su substrati artificiali selettivi. La valutazione comparativa dei ceppi selezionati di maggiore interesse agronomico di P. eryngii viene effettuata su un substrato costituito da paglia di frumento (18,4%) e da fettuccine di barbabietola da zucchero (12,6%) a cui viene aggiunto CaCO3 (10,3%) per portarne e mantenerne il pH su valori compresi tra 6,5 e 7. Lo stesso, bagnato fino a raggiungere un contenuto idrico del 65-70% in peso, viene utilizzato per riempire un sacchetto di plastica di Comparto Ortofrutticolo
tipo termoresistente, della capacità di 18 litri. I sacchetti, contenenti ciascuno 3,650 g di substrato, vengono sottoposti a sterilizzazione in stufa ad aria calda alla temperatura di 100 ± 5 °C, per 20 ore. Per l’inoculazione vengono utilizzati i diversi isolati collezionati di P. eryngii, fatti sviluppare su stuzzicadenti di legno. I sacchetti, inoculati sotto cappa a flusso laminare con circa 3 grammi di micelio – seme, vengono trasferiti e disposti su scaffali in una camera ad atmosfera controllata, ed ivi tenuti al buio a 25°C fino al completamento della fase di incubazione, avendo un ricambio d’aria automaticamente ogni qualvolta la quantità di
CO2 presente nella camera raggiungeva la soglia dello 0,4%. Lo sviluppo del micelio di P. eryngii nel substrato contenuto nei sacchetti viene controllato visivamente e periodicamente fino alla completa colonizzazione dello stesso. Tutti i sacchi infungati vengono trasferiti e sistemati su bancali separati in serra provvista di copertura in vetro, ombreggiata al 70% e con i laterali aperti. I sacchetti vengono opportunamente tagliati alla sommità ed il substrato infungato in essi contenuto viene ricoperto con un substrato di 1-2 cm di terreno agrario di medio impasto avente pH 6,5.
Il terreno di copertura viene quindi mantenuto costantemente umido con frequenti nebulizzazioni di acqua fino alla comparsa dei carpofori. La nebulizzazione viene applicata in maniera tale da mantenere nell’ambiente un’umidità relativa compresa tra il 65 ed il 90%. La raccolta dei carpofori di ogni isolato di cardoncello viene effettuata all’inizio della sporificazione, i rilievi dei caratteri vengono effettuati in tre periodi diversi coincidenti con le tre epoche di raccolta. Caratteri morfo-fenologici valutati: • intervallo temporale dall’interramento all’emergenza dei primordi dei basidiocarpi alla 1a, 2a e
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3a raccolta; • numero di carpofori/ confezione di substrato; • peso in grammi dei carpofori; • dimensione dei carpofori; • colore della cuticola del cappello; • presenza o assenza di disegno sul margine del cappello; • forma del cappello; • posizione centrica o eccentrica del gambo e sua consistenza; • portamento; • tipo di bordo del cappello maturo; • comparsa eventuale di verruche; • presenza di macchie • resistenza a fisiopatie e /o a fitopatie Sulla base delle caratteristiche qualiquantitative si avviano alla produzione pilota
del/i ceppo/i ritenuti più interessanti, presso l’azienda Cardopan (prove in campo). La divulgazione, realizzata sia in itinere che a progetto ultimato, prevede una serie di incontri tecnici rivolti agli operatori del settore, presso l’ente di ricerca Bioagritest, al fine di promuovere la conoscenza delle diverse fasi di selezione di miceli fungini e produzione degli stessi. In programma, presso l’azienda Cardopan, un convegno tecnicoscientifico volto a divulgare i risultati della ricerca con la presentazione dei nuovi ceppi selezionati e messi in produzione. Prevista la divulgazione dei risultati delle attività realizzate attraverso attività di comunicazione e la pubblicazione di opuscoli divulgativi.
IL RUOLO SPECIFICO DEI PARTNER Al progetto Lu.Ca.No. lavorano in modo congiunto l’azienda operante nel settore agricolo, Cardopan di De Angelis Lucia ed il Centro di ricerca Bioagritest. L’azienda Cardopan, a partire dal 1990, ha avviato uno dei primi esperimenti di fungicoltura, basato su un impianto per la coltivazione del fungo Pleurotus eryngii e si è affermata sul mercato conquistandone una notevole fetta nel
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settore dei carpofori di P. eryngii destinati al consumo fresco. Tuttavia finora i cicli di produzione sono soltanto due all’anno in quanto la struttura utilizzata, costituita da tunnel con intelaiatura in ferro e copertura con rete ombreggiante, risulta idonea alla produzione dei funghi soltanto nel periodo primaverile ed autunnale, quando cioè, le condizioni climatiche naturali non sono
di ostacolo alle esigenze di crescita del fungo stesso. L’esperienza accumulata su queste tematiche permette all’Azienda di collaborare all’attività di ricerca di Bioagritest s.r.l. investendo anche del proprio capitale nella coltivazione di ceppi di Pleurotus resistenti alle malattie, collezionando ceppi autoctoni provenienti dalla regione Basilicata, intendentdo in questo modo salvaguardare la
biodiversità e produrre micelio-seme per le aziende meridionali, ove non esiste alcun produttore di micelioseme, e infine, studiare applicazioni diversificate del prodotto in campi di interesse alla medicina, cosmesi, ecologia. Bioagritest è un’innovativa risorsa tecnico-scientifica nel cuore della Basilicata e del Mezzogiorno: è una struttura, a capitale interamente privato, di Comparto Ortofrutticolo
ricerca e servizi polivalente specializzata nel settore agroindustriale, attiva anche come centro di ricerca applicata alle sementi, al cui interno operano l’Ente di formazione professionale, il Centro di saggio, il Laboratorio fitosanitaria. È inoltre ente di consulenza specialistica alle aziende agricole (agrarie, forestali e zootecniche) autorizzato dalla Regione Basilicata. Nasce nel 2005 come Laboratorio Fitosanitario, accreditato dalla Regione Basilicata ai sensi dei DD.MM. del 14/04/97, ed ottiene nello stesso anno anche l’accreditamento
da parte del MiPAF come Centro di Saggio riconosciuto idoneo a condurre le prove ufficiali di campo con prodotti fitosanitari. Conduce le prove sperimentali sempre e necessariamente seguendo con scrupolo le Procedure Gestionali Standard (PGS) e le Procedure Operative Standard (POS) del Centro di saggio, nonché le Buone Pratiche Sperimentali. Il Centro di saggio Bioagritest vanta nel proprio curriculum, grazie a uno staff altamente qualificato costituito da ricercatori, agronomi e tecnici con esperienza pluriennale nella
impostazione, conduzione di prove sperimentali volte a determinare l’efficacia e la fitotossicità degli agrofarmaci, rilevamento dati e conseguente analisi statistica dei risultati, la realizzazione di numerose prove sia registrative sia dimostrative commissionate dalle principali aziende produttrici di agrofarmaci (Bayer, Syngenta, Belchim, Isagro, Sipcam, Sumitomo, ecc.) su piante arboree (floricole e fruttifere) ed erbacee (ortive e cerealicole), sia in ambiente confinato (serre, camere di crescita) sia in pieno campo. Per quanto concerne i
rispettivi ruoli dei due partecipanti al progetto, Bioagritest realizza la fase di ricerca sperimentale, volta all’ampliamento della micoteca di P. eryingii già esistente presso i propri laboratori, la valutazione comparativa e conseguente selezione dei ceppi di maggiore interesse agronomico, quindi cura la produzione di micelio fungino da conferire all’azienda Cardopan. Cardopan si occupa delle fasi di inoculazione o semina, incubazione, produzione dei carpofori. Inoltre cura il coordinamento e la divulgazione dei risultati.
OBIETTIVI REALIZZATIVI E PRINCIPALI MILESTONE PROGETTUALI a) Ampliamento della micoteca di Pleurotus eryngii esistente presso Bioagritest, atta a mantenere e conservare la ampia biodiversità del fungo presente nelle diverse nicchie ecologiche della Regione Basilicata. b) Selezione e produzione industriale di uno o più ceppi locali di Pleurotus eryngii, che consentirà di migliorare la competitività del settore attraverso l’unicità del prodotto e le migliori performance produttive degli stessi; Comparto Ortofrutticolo
c) Produzione industriale in regione Basilicata di micelio di cardoncello, che consentirà di abbattere i costi del trasporto, abbastanza sostenuti a causa delle caratteristiche intrinseche del micelio (volume e sensibilità alle oscillazioni termiche). Inoltre consentirà di programmare ed organizzare in modo ottimale la produzione in funzione della produzione dei pani. d) Disponibilità di un prodotto, unico,
che conserva tutte le caratteristiche organolettiche e morfologiche del cardoncello lucano e consentirà di sviluppare nuovi accordi commerciali, in particolare con la GDO, e conquista di nuovi mercati. e) Anche se marginale, ma non di minor importanza nell’era delle cedole verdi, la produzione in regione, annulla completamente sia l’uso degli imballi delle confezioni di micelio (rifiuti
speciali – polistirolo, prodotti stabilizzanti la temperatura, ecc) sia il trasporto da effettuare necessariamente in ambiente controllato. f) Possibilità di allevare nuovi ceppi, con caratteristiche tipiche di quelli che si sviluppano in ambiente naturale in regione, in grado di promuovere un forte sviluppo innovativo verso la qualità alimentare, salvaguardando quelle tipicità vanto della cultura mediterranea. g) Ampliamento della
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Pleurotus eryngii lucano può costituire l’avvio di un possibile riconoscimento delle sue peculiari caratteristiche organolettiche e morfologiche attraverso una De.Co. o IGP.
micoteca che consente di arrestare o di ridurre il processo di erosione genetica in atto per tale specie. h) Il processo di conservazione, miglioramento e produzione di
STRUMENTI TECNOLOGICI E METODI UTILIZZATI Strumenti tecnologici: Il laboratorio di micologia della Bioagritest rappresenta un’area attrezzata per lo studio dei funghi e pertanto è dotata di strumentazione di nuova generazione per l’analisi di questi organismi. Il laboratorio opera in genere come supporto tecnicoscientifico per le attività di ricerca applicata in campo biologico ed agronomico. La strumentazione di cui è dotata la struttura e la presenza di personale altamente specializzato permettono lo svolgimento di indagini, sia di ricerca applicata sia di tipo analitico, su differenti tematiche. A supporto delle proprie attività il laboratorio dispone, oltre che di fitocelle con tutti i parametri climatici regolabili (luce, temperatura ed umidità) anche di serre termocondizionate.
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Il laboratorio micologico dispone di incubatori termostatati e shakers orbitali per la coltura di ceppi fungini; camere fredde; centrifuga refrigerata; cappa chimica; bagni termostatici, spettrofotometro vis e spettrofotometro UV; apparati per elettroforesi di proteine e acidi nucleici; PCR; pHmetri, autoclave, camera di coltura e cella climatica in cui è possibile controllare e programmare cicli diurni di temperatura (5-45° C), di luce e di buio, di umidità relativa; microscopio ottico, stereo-microscopio. Per poter lavorare in condizioni di sterilità, il laboratorio micologico è dotato di una cappa a flusso laminare, per la produzione di terreni di coltura, l’isolamento degli organismi fungini in coltura pura, per il clonaggio dei miceli fungini, per l’inoculo dei funghi nei tubi da preservazione dei ceppi, per l’ inoculo di spawn, substrati, ecc. Comparto Ortofrutticolo
Metodi utilizzati: Identificazione morfologica e molecolare dei funghi micro e macroscopici; Isolamento di microrganismi da terreno; tecniche di allevamento e di mantenimento di organismi fungini ad
interesse fitopatologico e biotecnologico; studio delle interazioni pianta- fungo simbionte (micorrize), pianta fungo antagonista- fungo patogeno; applicazioni biotecnologiche nel campo della coltivazione dei funghi con particolare
RISULTATI DA CONSEGUIRE
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA
• Ampliamento della micoteca di P.eryngii atta a mantenere e conservare la ampia biodiversità del fungo presente nelle diverse nicchie ecologiche della regione; • Selezione e produzione pilota di uno o più ceppi locali di P.eryngii; • Abbattimento dei costi di produzione di P.eryngii; • Miglioramento delle performance ambientali nel processo produttivo di P.eryngii; • Salvaguardia di ceppi autoctoni di P.eryngii e riduzione dell’erosione genetica in atto per questa specie;
a) Ampliamento della micoteca di Pleurotus eryngii esistente presso Bioagritest, atta a mantenere e conservare la ampia biodiversità del fungo presente nelle diverse nicchie ecologiche della regione Basilicata. b) Selezione e produzione industriale di uno o più ceppi locali di Pleurotus eryngii, che consentirà di migliorare la competitività del settore attraverso l’unicità del prodotto e le
riferimento ai funghi simbionti; Uso di sostanze naturali per il contenimento di malattie; analisi sullo stato fitosanitario di substrati e compost per l’allevamento di funghi coltivati; progettazione e allestimento di prove
migliori performance produttive degli stessi; c) Produzione industriale in regione Basilicata di micelio di cardoncello, che consentirà di abbattere i costi del trasporto, abbastanza sostenuti a causa delle caratteristiche intrinseche del micelio (volume
sperimentali per saggiare la patogenicità di isolati, la tolleranza di genotipi vegetali e/o l’efficacia di formulati verso patogeni presenti nella collezione del laboratorio; produzione di inoculi fungini per prove sperimentali.
e sensibilità alle oscillazioni termiche). Inoltre consente di programmare ed organizzare in modo ottimale la produzione in funzione della produzione dei pani. d) Disponibilità di un prodotto unico, che conserva tutte
• Possibilità di avviare il processo di un possibile riconoscimento delle peculiari caratteristiche organolettiche e morfologiche di P.eryngii attraverso una De.Co. o IGP. Comparto Ortofrutticolo
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le caratteristiche organolettiche e morfologiche del cardoncello lucano e consente di sviluppare nuovi accordi commerciali, in particolare con la GDO, e conquista di nuovi mercati.
e) Anche se marginale, ma non di minor importanza nell’era delle cedole verdi, la produzione in regione, annulla completamente sia l’uso degli imballi delle confezioni di micelio (rifiuti speciali – polistirolo,
prodotti stabilizzanti la temperatura, ecc) sia il trasporto da effettuare necessariamente in ambiente controllato. f) Possibilità di allevare nuovi ceppi, con caratteristiche tipiche di quelli che si sviluppano
in ambiente naturale in regione, per promuovere un forte sviluppo innovativo verso la qualità alimentare, salvaguardando le tipicità vanto della cultura mediterranea.
REPLICABILITÀ E SVILUPPI POTENZIALI DELL’INIZIATIVA Prospettive molto incoraggianti offre, in regione Basilicata, la coltivazione del Cardoncello che, con l’apporto di nuove tecnologie, di una adeguata politica di marketing ed insieme ad una moderna legislazione che inquadri correttamente, dal punto di vista fiscale, la coltura, può senza dubbio rappresentare un comparto di forte propulsione ai fini delle strategie da seguire ed incentivare per ridare dinamismo e vitalità all’agricoltura delle aree interne della Basilicata. Punti di forza: Orografia del territorio regionale che consente di avere una produzione di funghi per quasi tutto l’anno (dal livello del mare all’ambiente montano); possibilità di avviare le procedure per il riconoscimento ufficiale delle IGP o De.Co. del cardoncello; colture
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ad alto reddito, infatti la produzione lorda vendibile del comparto, negli ultimi 10 anni, ha triplicato il valore della PLV (da circa 3 milioni a 10 milioni di euro). È uno dei pochi settori produttivi che ha fatto registrare una crescita continua; aumento del numero di aziende produttrici; forte aumento della richiesta di cardoncelli, in particolare quelli indigeni, sia da parte della GDO sia da parte di aziende agrituristiche e centri di vendita ubicati in aree a forte vocazione turistica. Opportunità: Messa in rete sinergica degli operatori della filiera (dalla produzione del micelio alla commercializzazione del prodotto fresco e/o trasformato) con elevate possibilità di sviluppo integrato; possibile scambio virtuoso di conoscenze con altre imprese, organizzazioni ed enti pubblici.
INFORMAZIONI Aniello Crescenzi
E-mail: aniello.crescenzi@unibas.it
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Finito di stampare presso la Tipografia Centrostampa - Matera nel mese di Aprile 2014.
AUTORITĂ&#x20AC; DI GESTIONE PSR BASILICATA 2007/2013
Regione Basilicata Dipartimento Agricoltura, Sviluppo Rurale, Economia Montana Via Vincenzo Verrastro, 10 - 85100 Potenza E-mail: adg.psr@regione.basilicata.it www.basilicatapsr.it
Stampato su carta ecologica
Centrostampa - Matera