B askettiamo m agazine #10 - 10 luglio 2013
IL QUINTET TO DI TONI CAPPELL ARI: CREATIVITA' PROPOSITIVITA' COMUNICAZIONE INVESTITORI RECLUTAMENTO
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l tempo scorre veloce, tanto veloce così il prossimo 24 agosto saranno ben 16 gli anni passati da quel maledetto giorno… Molti avranno sicuramente già capito che sto parlando di Davide Ancilotto, volato in cielo il 24 agosto del 1997. Parlare di Davide mi è sempre costato tanta fatica e dolore perché la sua morte non l’ho mai accettata e confesso di aver impiegato anni per cancellare il suo numero telefonico dalla rubrica del cellulare, mentre conservo gelosamente la registrazione di una sua intervista nonché una felpa ed un pantaloncino di cui mi volle fare omaggio. Ricordo come ieri quella telefonata in cui mi informava del suo trasferimento a Pistoia, o ancora quella volta in cui, in giro per Trinità dei Monti, gli telefonavo e Davide, rammaricato, mi diceva che non ci saremmo potuti vedere perchè era nella sua Mestre. Ebbi il piacere di conoscere Davide quasi agli albori
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della sua carriera, seguendolo nella sua crescita cestistica, senza perderlo mai di vista. La fama ed il successo non l’avevano cambiato... quando penso a Davide lo immagino sempre volteggiare tra le nuvole per segnare, con un tocco angelico, un dolce sottomano! Ciao Davide, forever nei cuori di tutti...
Dubbi e incertezze Al momento di segnare l’ultimo canestro della stagione 2012/13 di Baskettiamo Magazine, tante, troppe incertezze caratterizzano il prossimo futuro della palla a spicchi che, se vorrete, potrete seguire su Baskettiamo.com e (da settembre) con i nuovi appuntamenti di Baskettiamo Magazine. La riforma della Legadue per il momento non ha fatto breccia ma molti morti, con tante, troppe squadre che rischiano di chiudere i battenti. La Lega A, unico campionato professionistico italiano, propone idee (o presunte tali) ma pochissimi soldi da investire. In attesa poi di
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scoprire a settembre (a partire dal 4) quale ItalPianigiani vedremo all’Europeo. In Slovenia gli Azzurri proveranno a staccare un biglietto per le prossime Olimpiadi, dopo l’assenza alle ultime due edizioni dei Giochi.
Nba sempre più tricolore Notizia dell’ultima ora l’ingaggio (3.5 milioni di dollari in due anni) strappato da Gigi Datome, MVP della regular season di quest’anno. L’ala ex Roma giocherà a Detroit, provando a mostrare quella faccia cattiva che ha caratterizzato la storia dei successi dei Pistons. Ma il mercato a Stelle e Strisce ha visto anche i trasferimenti di Marco Belinelli da Chicago ai vice campioni di San Antonio, mentre Bargagni ha lasciato Toronto per provare a conquistare il Madison Square Garden di New York. Unico a non muoversi della pattuglia italiana Danilo Gallinari che continuerà l’avventura a Denver, sperando di rivederlo prima possibile sul parquet. E chissà che il quartetto non possa diventare un quintetto con... Daniel Hackett!
Coldebella e una Lnp che non decolla Qualche minuto prima di chiudere questo numero è arrivata
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la notizia della nomina di Claudio Coldebella quale direttore della nuova Legadue Gold&Silver. Per l’ex virtussino il compito sarà molto arduo pertanto per vincere la sfida dovrà avere carta bianca. Nel momento di accettare il buon Claudio avrà chiesto (e ottenuto) le indispensabili garanzie. Intanto il primo ostacolo è l’emorragia di società rinunciatarie. La lieta novella è arrivata, invece, da Casale Monferrato. Pochi istanti prima della sirena finale i piemontesi, dopo aver annunciato di proseguire solo con le giovanili, hanno trovato le risorse e parteciperanno alla Lega2 Gold.
Copia&incolla L’ultima Slam Dunk del mese la trasformo in una stoppata nei confronti di quei siti che non sanno far altro che «copia&incolla». Negli ultimi tempi Baskettiamo.com è stato più volte saccheggiato di contenuti. Inutile in questa sede citare il sito, tanto è noto a tutti chi opera in questo modo... Vorremmo solo dire ai lettori di aprire gli occhi e controllare le vere fonti! Anche perchè qualcun altro si è anche vantato di scoop... altrui come quello degli 800mila euro di ingaggio di Pianigiani!
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DIRETTORE RESPONSABILE Salvatore Cavallo
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Baskettiamo Magazine è una pubblicazione relizzata da
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CONDIRETTORE Andrea Ninetti
Progetto grafico di Salvatore Cavallo Fotografie Ciamillo&Castoria
Special Guest: Enrico Campana
Per la tua pubblicitĂ su Baskettiamo Magazine scrivi a marketing@baskettiamo.com
Giancarlo Fercioni Testata giornalistica
Hanno collaborato: Francesco Alessi Alessandro delli Paoli Michele De Francesco Francesco Gonzaga Domenico Landolfo Alessandra Rucco Eugenio Simioli
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in attesa di registrazione
www.ba s k e tt ia m o.c om redazione@baskettiamo.com
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L’EDITORIALE – SLAM DUNK di Salvatore Cavallo
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Pianigiani for Presidente, cosa si può volere di più dalla vita? di Enrico Campana
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L’esposizione del basket al tempo delle vacanze… di Giancarlo Fercioni
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PERSONAGGI – Antonio «Toni» Cappellari Visto da… di Enrico Campana
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Cappell(ar)i sulle teste pensanti di Salvatore Cavallo
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INTERVISTA – Pino Sacripanti Caserta per sempre nel cuore di Alessandra Rucco
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Daniel Hackett – HD Mr toccata e fuga, prossima tappa Nba di Francesco Gonzaga
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LA QUESTIONE ARBITRALE - Commissariare il Commissario CIA Laguardia?
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L’altra Toscana, bentornata Pistoia di Michele De Francesco
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La Mole vola a canestro di Alessandra Rucco
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INTERVISTA – Antonio D’Albero Tu vuò fa l’americano di Domenico Landolfo
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UNA CANZONE PER TE – Heart of a Champions di Alessandro Delli Paoli
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MI RITORNI IN MENTE – Tifosi di Eugenio Simioli
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OLTREOCEANO – Isiah Thomas, un nome, un destino di Francesco Alessi
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TIME OUT di Andrea Ninetti
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PIANIGIANI fOR PRESIDENT, COSA VOLERE DI PIù DALLA VITA?
di Enrico Campana
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anto rumore per nulla, Much Ado About Nothing per dirla come nella tragicommedia di Williams Shakespeare che però era ambientata a Messina, qualche centinaia di chilometri più a sud da Villa Borghese dove la stampa lunedì 8 luglio era stata convocata per il rinnovo del contratto di Pianigiani. Perché , signori, dal 30 settembre il coach senese passerà dal part-time al full time.
La macchina dello zucchero filato brevettata da Gianni Petrucci che ha contribuito al suo successo mediatico nel corso degli anni ha fatto sì che lunedì 8 luglio nessun collega violasse il segreto di
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stato riguardante le modalità del contrattone, in una conferenza stampa dal clima vagamente “embedded”. I segnali facevano presupporre qualche domandina specifica, difatti mi ha chiamato di primo mattino un collega romano di un quotidiano non sportivo, per chiedermi se sapevo qualcosa di più su questo “famoso” contratto di Pianigiani raccontandomi di aver saputo in ambienti politici di una ventilata interrogazione parlamentare sull’argomento. La ragione è sapere se è vero se il recordman dei titoli italiani vinti consecutivamente (6) sarà uno degli statali più pagati d’Italia correndo la voce che per i prossimi 4 anni, percepirebbe 2, 4 milioni lordi che fanno 1, 2 netti. Il contributo alla Federa-
zione, arriva dal Governo, quindi tutti i cittadini anche quelli che non amano il basket in fondo vengono tassati per la maggior gloria dei giganti, come non bastassero già i corazzieri da parata che la Tv inquadra quando Napolitano entra in conferenza stampa. Mi dispiace che il basket continui a ignorare questa realtà, specie come oggi schiacciato da una morsa economica per essere stato cicala e noncomunicativo e televisivo e aver favorito la plutocrazia quanto invece era ben reputato, un tempo non lontano, un fenomeno sociologico del Paese e simbolo di rinnovamento generazionale. Oggi invece è tema di «questione economica», o meglio di una “contraddizione economica”, per-
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ché in realtà oggi Pianigiani oltre al record tricolore autarchico avrà anche quello del money, fa il suo ingesso fra i manager di Stato più pagati d’Italia. Non solo: alla prima medaglia (speriamo presto, dopo due europei falliti, anche se le colpe vanno divise) lo faranno anche commendatore, e comunque sarà l’arcistatale, con l’invidia dei colleghi meno fortunati. Nel senso che lui non deve timbrare il cartellino, non ha orari, viaggia a spese della Federazione e si potrà curare nella sua bella e salubre città da quello stress da prestazione che sembra sia la causa del suo divorzio con il Fenerbahce, per cui era in ospedale il giorno in cui la sua squadra vinse la Coppa di Turchia. Provo a dire al mio collega che il suo è populismo, e che mi sono limitato a un’analisi economica comparata al calcio su quello che dovrebbe essere lo standard stile “Salary Cap” di un compenso per il coach. Faccia poi Petrucci è lui che ne risponde, e in ogni caso mi auguro che essendo certamente il segretario Bertea se-
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duto su una delle seggiole nella sala dell’albergo romano dove è stato annunciato l’accordo certamente fra qualche ora il suo contratto sarà on line sul sito, proprio perché è denaro pubblico. Anche se più verosimilmente dovremo aspettare la pubblicazione del bilancio. Mi spiace non poter essere a Roma per questo evento che alla fine, vedo, è stato poco mediatico. Forse l’undestatement è stato ben organizzato, forse Pianigiani non è ancora un media-man del primo livello nella capitale. Comunque ho voluto dare un’occhiata al riscontro immediato, una volta letto il comunicato delle 16. 27 di Via Vitorchiano che comunque non conteneva i termini del contratto, tranne la durata fino al termine del ciclo olimpico per il quale, attenti bene, dobbiamo ancora qualificarci in Slovenia a settembre. Mi sono poi informato con una paio di amici presenti ai “lavori”, un collega mi ha raccontato che no, sul contratto, stranamente non è uscito nulla, nessuno ha fatto
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domande. «E che ci stavi lì a fare?, cosa dirà il tuo direttore?, sicuramente, un bastoncino dopo l’altro, la macchina dello zucchero filato avrà contribuito ad allietarvi per un’oretta…», ho cercato di provocalo con una battuta. Lui ha chiuso con un “ Vabbè” sibillino. Non essendo ancora usciti i giornali del giorno dopo mentre sto scrivendo questo articolo, sono quindi andato a controllare quale campione i due siti dei giornali sportivi: La Gazzetta parlava della presentazione di Petrucci che ha vagheggiato “una conduzione alla Ferguson” che credo sia il “sir ” tecnico e factotum del Manchester (oggi in pensione!), mentre con mia somma sorpresa – ma forse non ho letto bene – sul Corriere dello Sport. it non ci ho trovato un rigo. Eppure Petrucci in un’intervista prima del suo ritorno al basket lo citò quale il suo giornale preferito fin dall’infanzia. Ha voluto comunque ricontrollare alcune ore dopo, e alle 3 di mattina del 9 luglio l’apertura della cronaca basket era per la nazionale di sviluppo in partenza per la Cina, e nulla
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compariva sulla cronaca di questa conferenza stampa. Superando l’incredulità mi sono consolato con notizie di basket ben più ghiotte, come l’ingaggio del tunisino Sam Mejri, 2, 17, da parte del Real Madrid, il triennale di Vassilli Spanoulis, MVP della stagione di Euroleague che veniva dato sicuro a Barcellona e invece resta all’Olympiakos, o lieti imprevisti. Come la retromarcia della Junior Casale che aveva già deciso di uscire dal basket e farà il campionato dilettanti e la colletta triestina per mantenere in vita una delle culle del nostro sport. Un mio collega spagnolo mi ha anche telefonato dall’America raccontandomi che Paul Pierce, neo acquisto dei Nets, è stato una delle star delle World Series di Poker con una mano da 230 mila dollari, e che mentre spillava le carte veniva massaggiata da un donnone tatuato grande quanto lui. Poi mi ha raccontato che Datome preferirà Boston a Memphis e Belinelli ha preferito i 6 milioni di San Antonio ai 9 di Cleveland, cosa
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buona per vederlo in campo agli europei, perché Popovich lascia liberi i suoi giocatori per l’attività estiva. Tornando a Pianigiani, mi rallegro per la sua proverbiale fortuna, lui e Petrucci fanno a gara in questa specialità, e sono convinto che sia un buon allenatore. Inoltre può vivere in una città bellissima, buen retiro invidiatissimo, l’aspettano una decina di partite amichevoli, un all star game platonico, interviste performanti (ma per ora poco perforanti). Lui è giovane, è il sistema Italia dello sport che è vecchio, o peggio è invecchiato senza rendersene conto. E va in controtendenza (a scendere)nel basket rispetto alle altre nazioni vessillifere del part-time. La Spagna ha vinto due europei con Scariolo, oggi rinnova la squadra e riparte (per ora) con JA Orenga solo perché il part-time non è consentito a un tecnico spagnolo, altrimenti il posto sarebbe di Joan Plaza o Pascual o Laso, la Francia prosegue con Collet che lavora a Strasburgo, la Russia è tornata grande
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con David Blatt che alla fine ha dovuto optare per il Maccabi. Petrucci è tornato ai tempi della sua presidenza, e anzi nella conferenza stampa coi bastoncini di zucchero filato ha spacchettato addirittura la sua poltrona. Sentite un po’ cosa ha detto: “Da oggi la Federbasket avrà due presidenti: quello politico sono io e quello tecnico è Simone Pianigiani”. Da un po’ di tempo il Grande Gianni non azzecca più i pronostici, due anni fa agli europei in Lituania forte dei tre giocatori della NBA, disse che l’Italia avrebbe vinto l’europeo, tutti sanno come andò a finire. Speriamo non abbia sbagliato la mossa, in effetti c’è una logica nella sua scelta, comincia un ciclo, bisogna rivitalizzare tutto il movimento, guardare al rilancio del settore femminile, ai giovani, il settore tecnico andrebbe già bene come l’aveva impostato Gaetano Gebbia e sui suoi programmi è risalito, cambiarlo è pericoloso. Ad esempio chiudere il rapporto con Pino Sacripanti che ha dato i mi-
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gliori risultati con la U20. Pianigiani riuscirà a uscire dallo splendido integralismo senese?. Gli altri allenatori azzurri avevano già un vissuto, da Primo a Gamba, da Bianchini a Messina e Tanjevic e Recalcati, lui è ancora in fase di de-senesizzazione , come tutto il basket. Forse in tema di spending rewiew si poteva essere d’esempio, ma Petrucci che un tempo non lo voleva come part-time, ne ha fatto il deus ex machina invece di percorrere sentieri innovativi e più adeguati ai tempi, e optare per un saggio pluralismo tecnico. Sono 20 anni che vado scrivendo che il sistema migliore è quello della pallacanestro migliore. Serviva come capo un uomo d’organizzazione come in Usa, Jerry Colangelo è unico ma con Bianchini, Taurisano, De Sisti o se vogliamo un manager NBA quale Maurizio Gherardini l’ideale era puntare di volta in volta su una terna di allenatori un to date a rotazione offrendo l’incarico di capo a uno di loro. In caso di medaglia, rinnovo scontato se il coach lo vuole.
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Vedremo se Pianigiani riuscirà intanto a convincere i colleghi a far giocare gli italiani, anche se su questo argomento deve andare cauto perché ha vinto con ultratrentenni e Siena ha sfruttato i vantaggi del passaporto. Lui che veniva dal settore giovanile non ha lanciato un solo giovane della società in un decennio di mini-scudetti. Ma forse non è colpa sua, forse riceveva ordini in tal senso, perché l’abbinamento col Monte dei Paschi col patronage Mussàri era un «guai ai vinti». Comunque tanto di cappello, non farò certo la Cassandra, se vice Pianigiani vince il basket, adesso vedremo però se è il coach di tutti, se vincerà il titolo europeo che voleva Petrucci professa dosi il suo primo tifoso e ci porterà ai mondiali e a Rio de Janeiro. Vedremo se la sua attuale è un’umiltà autentica o di facciata, e se l’assetto tecnico organizzativo ha ragioni di clan e di palazzo, cosa da non escludere. E’ un vincente certamente , non serve un docente, ancora non carismatico nel movi-
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mento con giovani colleghi come rivali, vedremo se aiuterà se stesso, se di fronte all’enorme responsabilità di essere “un presidente alla Ferguson” dimostrerà di essere un Cesare e quella figura istituzionale perfetta come la intende Petrucci. Insomma, stavolta le oche del Campidoglio sono state zitte. Così si è presentato Pianigiani. “È bello quando le persone che ti vedono lavorare ti chiedono di rimanere con delle responsabilità in più. Sono convinto che in questa fase della mia carriera sia una compito molto stimolante perché, oltre a quella della palestra, ci sono mille altre sfaccettature. Sono orgoglioso di far parte di questo progetto». Giusto per voler essere documentato, mi sono letto tutto quanto la Fip ha inviato alla stampa, e forse sarà il caso di ricontrollare alcuni punti il suo curriculum, per non dare a Cesare anche quello che non è di Cesare. encampana@alice. it ©Riproduzione Riservata
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L’ESPOSIZIONE DEL BASKET AL TEMPO DELLE VACANZE...
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d i G i a n c ar l o fe rci o n i *
elax. E’ finita la Confederation Cup, l’ultima manifestazione importante di calcio e quindi, secondo la tradizione dell’italiano medio, si va fisicamente e mentalmente in vacanza. Sarebbe questo il momento di sparare le cartucce più potenti per attirare l’attenzione degli sportivi da scrivania e tavolino, cioè noi 80% (sono sicuro di non essere molto lontano come percentuale…) sul basket “che in cuor ci sta” (cit. Aldo Giordani). Qualcuno, in virtù dei contratti che scadono a fine giugno, lo fa: per esempio parlando da tifoso, Milano firma ufficialmente il coach campione d’Italia, Luca Banchi, e molla una delle bufale più evidenti dell’anno scorso, Antonis Fotsis. Ci vado pesante perché da questo giocatore mi aspettavo più che di più!
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Tanti Coach e giocatori
care l’attenzione del pub-
cambiano casacca ed im-
blico negli spazi extra cal-
provvisamente molti di que-
cio? Esagero: pensare di
sti si trasformano in tanti
disassare i campionati al-
piccoli Ibraimovich con di-
l’americana, diminuendo le
chiarazioni del tipo “io ho
sovrapposizioni è una be-
sempre seguito (amato, ap-
stemmia così grave? Sarebbe
prezzato, rispettato e addi-
garantita maggiore esposi-
rittura segretamente tifato
zione per tutti e si potrebbe
per…) la squadra in que-
creare quella che nella rete in
stione”. Ma pensano che
cui lavoro si chiama “Cross
tutti i tifosi siano mononeu-
Promotion”, cioè usare lo
rone? Un pò lo siamo, mi ci
spazio su un evento per vei-
metto anch’io nonostante
colare l’attenzione su quello
appartenga anche all’ambito
successivo. Ovvio che per
degli addetti ai lavori, ma un pò di ritegno, per favore… E’ vero che ci sono anche dei colleghi che, facendo domande banalotte, non possono che aspettarsi risposte altrettanto tali, a volte magari complicate da traduzioni difficoltose.
fare questo le varie federazioni dovrebbero smettere di farsi la guerra o quanto meno i dispetti e chi è a capo di tutto dovrebbe imporre la cosa. So che appare una rivoluzione epocale, perché noi italiani abbiamo un calendario fisico e mentale del tipo:
In questo momento l’atten-
da settembre a maggio/giu-
zione televisiva è orientata
gno si lavora, si segue lo
sui motori (F1 e Motomon-
sport, si governa (forse e
diale), tennis (Wimbledon) e
quando…), si fanno insomma
quel gran momento di televi-
le cose normali. Nello spazio
sione che in tutte le reti con
rimasto s’improvvisa: va-
varianti minime, si chiama
canze, tornei estivi, fa caldo
Calciomercato: ripeto, non
e ci si riposa per poi prepa-
sarebbe più intelligente cer-
rare la stagione successiva.
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In questo modo il calendario sportivo, i palinsesti televisivi, la qualità di tutto quello che appare sui media manterrebbe una qualità superiore pari all’interesse. Tra l’altro, di questi tempi di vacche anoressiche, il non essere costretto a scegliere tra eventi troppo ravvicinati, forse renderebbe tutti più disponibili a spendere qualche soldino in più, sia per andare a vedere incontri, spettacoli e quant’altro che per abbonarsi più volentieri a reti televisive maggiormente rimpolpate di eventi. Luglio è proprio il mese che soffre di più di vuoti, al punto di aver preso quasi il posto del buon vecchio Agosto nella mente vacanziera italiana. Per carità, per noi italiani e per i tour operators è meglio così, meno folle sulle spiagge e nelle città d’arte, ma per tutto il resto? Il riposo, se forzato e non riempito di “qualcosa”, è spesso noia. Non Relax. ©Riproduzione Riservata
*Regista televisivo
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«TONI» CAPPELLARI di Enrico Campana
P ERSO N AGG I A N T O N I O CAPPELLARI
Nel pettegolo, cinico e borioso Basket Spaghetti (o se vogliamo, al Picio, per declinazione senese in omaggio dei suoi 8 scudetti, se poi si tratta di epopea o tirannia, lasciamo sia il tempo a scrivere la storia. . . ) è invalso il malvezzo di abbassare anche con uso improprio della Rete il livello dell’altrui professionalità, soprattutto l’impegno delle menti libere (o semplicemente pensanti o non irregimentate). Quelli insomma che si pagano i telefonini, i giornali, il canone web e Tv, l’auto e le trasferte e non gravano sui rispettivi club, che non sono quelli che hanno affibbiato a Toni Cappellari l’etichetta di «uomo contro» tentando ogni volta di sbarragli la strada a un ruolo operativo di comando. Cappellari viene omologato ormai, a torto, come il picconatore. Se avessero studiato latino e greco e non applicato il cencelli, , i «maneuvers» del basket saprebbero che l’arguto Aristofane sosteneva che «il poeta serve a salvare la città». Con le sue argomentazioni frutto di vari incarichi nel basket in diverse commissioni (degli onori, dei procuratori, etc) e sintesi di una vita dedicata con successo alla pallacanestro, primo allenatore a diventare dirigente (fortunato micro-filone che ha avuto un altro esempio positivo in Arrigoni che prossimo ai settanta è il nuovo della Virtus Bologna), il ragazzo chiamato da Bogoncelli all’Olimpia rischia purtroppo di essere traslocato dalla storia del basket per le sue invettive e non per i titoli. Non mi sembra che – faccio un esempio – che da quando ha lasciato Milano, l’Olimpia abbia vinto una coppa dei Campioni e sia in ritardo da 16 anni per il tricolore, sarà un caso? Su molte sue convinzioni espresse con vocabolo da «rustego» che tradisce l’origine veneta, concordo. Soprattutto la grandine dannosa dei coach-demiurghi, anche se è peggio il filone dei capi-demiurghi, specie quelli pagati per cui, gratta gratta, vuoi vedere mai che il vecchio mecenatismo coi presidenti a costo zero portasse maggiori risultati alla causa rispetto ai «maneuvers» con tanto di laurea?. Da appassionato inguaribile di storia, considero Cappellari come un novello Tribuno della Plebe, figura di alto credito nella nomenclaura romana che poteva anche mettersi di mezzo ai magistrati, ai potenti e sancire la pena di morte col lancio dalla Rupe Tarpea. In fondo si sforza di ripetere l’apologo del suo antico «collega» Menenio Agrippa sulle mani che si rifiutano di servire la bocca per far arrivare il cibo allo stomaco ormai molle, ozioso e vizioso. E che convince la plebe a scendere dall’Aventino e salvando la Repubblica. Ma forse un’intervista non basta, e magari nemmeno il forcone. encampana@alice.it ©RIPRODUZIONE RISERVATA
CAPPE
SULLE TESTE
di Salvatore Cavallo
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e gista di u n o de i più gr an di ko lo s s a l d i s u cc e s s o della pallacanest r o i ta l i a n a e d
e u r o p e a , p r o ta g o n i sta , s o p r a tt u t to d i e t r o l e q u i n t e e s e n za mai reclamare le luci della rib a l ta , d e l l ’u l t i m a O l i m p i a v i n c e n t e : t u t to q u e sto e m o l to m a m o l to a l t r o è A n to n i o « To n i » Cappe llar i. N e lla s u a bach e ca ci sono 5 scudetti, 2 Coppe Campio n i, 1 Co ppa Co ppe , 1 Ko r ac, 1 Intercontinentale 3 Coppe Italia, tr io n f i fe ste ggiati s o tto la «M ado n n in a». Co n clu s a l’av v in ce nte e vincente av ventura meneghina e dopo un passaggio per Bolog n a ( s p o n d a Fo r t i t u d o ) , Va r e s e , Sassari e Novara, su Cappellari s e mbr a e s s e r a calato il s ipar io . E s p e r i e n za ,
c o n o s c e n za
c e st i -
st i c a e d n a v i n c e n t e a p p a i o n o u n a min accia agli o cch i di tanti, così negli ultimi anni nessuno ha mai pe n s ato di ch iamar lo, di aff idar gli u n r u o lo da ge n e r al man a g e r o v v e r o d i s f r u t ta r n e l e
L L (AR) I
E PENSANTI
capacità per rilanciare una palla a s p i cc h i c h e , n o n c ’è d u b b i o, a v r e b b e ta n to b i s o g n o d i To n i C a p p e l l a r i ! L’a b b i a m o s o t to p osto ad u n a r af f ica di as s ist tu tti tr asfo r mati in can e str i da. . . le gge r e !
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Quanto le manca il basket? «E’ stata la mia vita ho fatto tutto tranne l’arbitro. Oggi mi definisco «Tifoso Professionista». Vedo partite in abbondanza, sono membro di commissioni della FIP e spesso e volentieri persone dell’ambiente mi chiamano per avere una mia opinione». Perché un dirigente della sua esperienza è stato messo in naftalina? «Forse la sua presenza sarebbe troppo ingombrante e farebbe ombra a più di qualcuno?I Presidenti di oggi spesso sono dei tuttologi e vogliono decidere su tutto non avendo però un background cestistico; in più c’è questa nuova figura del coach-manager ciò di più sba-
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gliato non c’è. Il coach ha le mani piene ad allenare e gestire i giocatori non può avere il tempo per mandare avanti una società». Conta più amici o nemici nel mondo del basket? «Sicuramente più amici». Come spiega i boicottaggi subiti dalla presidenza Meneghin? «Dino è stato un buon Presidente peccato che in certi frangenti non c’era D’Antoni a passargli la palla e si è fidato di persone non proprio all’altezza». Che lettura dà al come back di Petrucci alla guida della Fip? «Petrucci è uno dei più grandi dirigenti dello sport italiano. Speriamo abbia il tempo e la voglia per far sì che la FIP ribalti la pal-
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lacanestro di oggi». Perché il basket non ha più l’appeal degli anni ’80 e ’90? «Perché mancano i Presidenti e i Dirigenti di quel tempo dove trova oggi i Bogoncelli, Bulgheroni, Allievi, Benetton, Stefanel, Scavolini, Maggiò e i Porelli, Morbelli, Gualco, De Stefano, Coccia, Sarti, Acciari, Arrigoni, Buzzavo e Fadini. Posso mettermi in questo consesso di persone?». Le tv non amano la palla a spicchi, Superbasket ha chiuso i battenti, i quotidiani vanno poco a canestro ed il web, unica reale risorsa, è pure avversata da taluni: il basket ha un difetto di comunicazione? «Sicuramente manca la comunicazione; da tre pubblicazioni
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specializzate (Giganti, Superbasket e American Basket) siamo a zero. Ho cercato di far rinascere Superbasket ma in questo momento nessuno dico nessuno vuole investire nell’editoria. Lo spazio sui quotidiani politici è esclusivamente di cronaca mentre negli sportivi la NBA ha largamente superato i nostri campionati». Per bucare di nuovo il piccolo schermo è arrivata l’ora di autoprodursi per poi riconquistare fette di visibilità e credibilità? «Il canale SuperTennis è lì a insegnarci la via». Totò truffa Galimberti è lo specchio della debolezza e povertà del movimento cestistico italiano? «I «truffatori» sono sempre
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esistiti…». Il dominio di Siena è frutto dell’asservimento arbitrale al potere: quanto c’è di vero in quest’affermazione ricorrente per chi, come lei, sa cosa significa essere vincente ma antipatico ed inviso agli avversari? «No! E’ frutto della bravura di Minucci che sicuramente non è il massimo della simpatia». Sette anni di monologo mensanino quanto male hanno fatto al movimento? Oppure è stato un bene? «Il problema è che a Minucci interessa solo vincere e non il miglioramento del prodotto basket, questa è la differenza tra Minucci e Bogoncelli che convinse Borghi ad entrare nel basket e poi fu sconfitto dalla
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Grande IGNIS o Porelli che diede gratuitamente Bonamico a Milano che non se la passava bene solo perché pensava che senza Milano forte il basket non avrebbe avuto visibilità». Valentino Renzi in A ha esaurito il suo percorso? «Non lo so. Certo che oggi la Lega non ha la funzione di motore del movimento come negli anni 80 e ‘90». Maurizio Gherardini può essere il David Stern della Lega A? «Sicuramente è il miglior dirigente italiano della pallacanestro di oggi». E se bussassero alla sua porta per affidarle la poltrona di Renzi? «Prenderei il primo treno per
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Bologna. Ho avuto moltissimo dalla pallacanestro e mi piacerebbe restituire ciò che ho ricevuto. Ma dubito che qualcuno bussi alla mia porta». Quali condizioni detterebbe per accettare l’incarico? «La disponibilità delle società a lavorare insieme. In Lega l’interesse dev’essere per il movimento e non per la propria realtà». Le cinque cose da abolire nel basket? «Il mercato aperto, gli under e introdurre gli over, inserire nel Consiglio Federale dirigenti di società e non solo «federali», gli allenatori part-time in Nazionale, i coach-manager». Le sue prime cinque mosse per rilanciare la serie A e la pallacanestro italiana? «Chiudere a chiave in una stanza Presidenti, GM e addetti ai lavori e cercare idee per CREATIVITÀ, PROPOSITIVITÀ, COMUNICAZIONE, INVESTI-
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TORI, RECLUTAMENTO». Con la nascita della Legadue Gold&Silver, il professionismo diventa una questione per pochi: ma 16 squadre in A sono il numero congruo? «La riforma a mio parere è pessima, ma c’è. Bisogna essere bravi, dopo la stagione 2013-14, a correggere le cose che non funzionano con correttivi adeguati». Coldebella è l’uomo giusto per guidare la neonata LNP? «No! Fossi stato io a decidere avrei scelto Sandro Crovetti che ha vissuto la crescita della LegaUno e ha avuto in lega maestri come l’avv. Porelli e l’avv. Coccia. Mentre se fossi un Presidente di società avrei preso Coldebella come GM, conosce il basket e i giocatori». Il basket di oggi con tanti, troppi stranieri è figlio della globalizzazione, della liberalizzazione, dell’Europa unita, di sentenze Bosman (e similari) e
di altro ancora: come “costringere” le società ad investire ancora sui settori giovanili? «Il problema è il reclutamento dal minibasket, al primo tesseramento perdiamo il 35% dei praticanti. Poche società reclutano e convincono i ragazzini a giocare a basket». Milano non vince lo scudetto dal 1996, un’eternità per la Juventus dei canestri: eppure negli ultimi tre anni è stata spesa una cifra blu, 45 milioni, euro più euro meno! Che idea si è fatto? «Sono stati commessi errori perché nelle aziende 2+2 fa sempre 4 nello sport delle volte fa 3 e delle volte 5. Persone che dirigono aziende multinazionali credono di poter gestire una società sportiva nei ritagli di tempo e non sanno che le società sportive sono le più difficili da gestire». ©Riproduzione Riservata
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C A S E RTA PER SEMPRE NEL CUORE Quattro anni in panchina al Palamaggiò e l’addio di Stefano «Pino» Sacripanti a Caserta e ai casertani, nonostante il ritorno nella natia Cantù, è stato difficile e doloroso. di Alessandra Rucco Tifoseria casertana e cantu-
storie di sport.
dere al telefono».
Pino finalmente, ci sono vo-
Si, ma ora non c’è scampo…
lute settimane di vani tenta-
entriamo nella macchina del
tivi per contattarla. A cosa
tempo per raccontare il suo
addebitare questo compor-
quadriennio a Caserta in una
tamento anomalo per una
parola?
rina non si sono mai trovate proprio simpatiche, diciamolo francamente. Eppure negli ultimi 4 anni c’è stato un filo, nemmeno tanto sottile, che ha legato queste due città, entrambe malate di basket. Stefano “Pino” Sacri-
persona come lei sempre di«Una sola? No, impossibile.
sponibile?
Bellissimo, emozionante, in-
panti, ormai ex coach della
«È vero e chiedo scusa per la
tenso.
Juve, tornato a casa per alle-
mia latitanza, ma dopo aver
enorme
nare la sua Cantù. L’eco della
comunicato la mia decisione
umano. Sono arrivato tra la
sua partenza è ancora forte a
alla Società ho ricevuto tal-
diffidenza di tanti, e devo
Caserta, Pino ha rappresen-
mente tanti messaggi e con-
dire anche un pò la mia, ma
tato un gran punto di riferi-
tinuavo
così
è bastato pochissimo per es-
mento per la squadra, la
coinvolto, come se fossi an-
sere avvolto e travolto da en-
dirigenza, la città. Non c’è
cora il coach della Juveca-
tusiasmo,
dubbio che almeno un cantu-
serta. Ho dovuto staccare
competenza, calore. Un’acco-
rino a Caserta sarà sempre
emotivamente, per riuscirci
glienza stupenda della gente.
benvoluto e anche questi
ho smesso anche di rispon-
E poi i risultati nella prima
a
sentirmi
Un
arricchimento
professionale
ed
passione,
sono i miracoli delle belle
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stagione hanno risvegliato
tivamente mi viene in mente
dimostrato stima e affetto,
ancora di più le emozioni in
il passaggio del turno playoff
che mi hanno seguito e
una piazza che vive di questo.
a Roma, con un Jumaine
anche aiutato ad allenarli».
Dopo ci sono stati i noti pro-
Jones talmente on fire da ri-
blemi economici, ma passato
cevere applausi perfino dal
lo smarrimento iniziale ho
pubblico di Roma, la rocam-
vissuto
situazione
bolesca vittoria a Milano che
come un’opportunità. Ci sono
ci ha quasi mandato in finale,
«Beh, Caserta è una città in
due modi per reagire ai pro-
la vittoria a Siena con la
cui la maggior parte dei tifosi
blemi: abbattersi o tirar fuori
squadra di Collins, la vittoria
è proprio malata terminale di
tutto quello che si ha. Penso
a Cantù quest’anno… Dal
Juvecaserta, c’è un amore vi-
che soprattutto la squadra
punto di vista umano sono
scerale per la squadra. Oltre
dell’ultimo anno abbia ri-
ancora toccato dall’ultima
che nella mia città, il calore
specchiato in pieno questo
partita in casa con Reggio
vero l’ho ricevuto in Terra di
secondo atteggiamento».
Emilia, quando a fine partita
Lavoro. E poi stare lì è un in-
mi sono sentito così amato
segnamento di vita. La gente
da tutta quella gente che
ha un modo unico di sdram-
quasi non mi faceva uscire
matizzare o drammatizzare
dal campo! Ma anche dalle
tutto. A volte si riesce a iro-
parole di tanti miei giocatori
nizzare anche sulle situazioni
questa
Qual è stato il momento, sportivo e umano, più intenso di questi quattro anni? «Ce ne sono stati tanti. Spor-
Cos’ha Caserta di diverso dalle altre piazze in cui hai allenato?
che in questi anni mi hanno
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Leggi Baskettiamo Magazine, la rivista online sulla palla a spicchi. Ogni mese non perdere l’appuntamento, dalla home page di Baskettiamo.com entra nell’edicola dove troverai l’ultimo numero di Baskettiamo Magazine ma anche quelli precedenti.
BM vi dĂ appuntamento a Settembre
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più difficili e complicate, altre volte si creano veri e propri drammi che poi si dissolvono in una pacca sulla spalla. C ’è tanta umanità e tanta ironia, è emozionante e divertente». Visite nelle scuole, partecipazione a conferenze con disabili e alle storie di vita di tante persone sono state la testimonianza del suo coinvolgimento nel tessuto sociale della città: ha sentito una responsabilità particolare? «No, perché credo sia naturale e doveroso. Siamo dei privilegiati, ci pagano per fare una cosa bella, giriamo il mondo. C ’è anche stress a volte, ma facciamo una vita divertente. Alla fine in certe situazioni le persone più sfortunate ci danno più di quanto noi possiamo dare loro. A volte ci chiamano campioni, ma i campioni veri sono quelli che si dedicano agli altri, noi siamo solo fortunati ed è giusto dedicare tempo e attenzioni a chi lo è stato meno».
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R EPORTER D R EA M TEA M S e i u n a p p a s s i o n a t o d e l l a p a l l a a s p i c c h i ? Ti p i a c e re b b e s criv ere art ico li, realizzare in t erv is te ( a u d io /v id eo ) , gira re f ilm at i d elle p a rt it e? A llo ra n on p erd ere t em p o , en t ra n ello spogliatoio, indossa la nostra canotta di Reporter e scendi sul parquet con i colori del Dream Team di Baskettiamo.com C e rc h i a m o c o l l a b o r a t o r i d a i p a rq u e t d i t u t t o i l m o n d o . E n t r a i n c o n t a t t o c o n l a n o s t r a re d a z i o n e e p ro p o n i t i s c r i v en d oci a ll’ in d irizzo rep ort er@ b a s k ett ia m o . co m A re yo u a b a s k etb all f an ? Wo u ld y o u lik e to w rite a rt icles , conduct interviews (audio / video), making movies of games? S o , d o n ’ t w a s t e t i m e , e n t e r s t h e l o c k e r ro o m , w e a r i n g o u r rep o rters jers ey an d get o n th e co u rt w ith th e co lo rs of th e D ream Team B a s k ett ia mo . co m We a re lo o k in g f o r rep orters f ro m p a rq u e t t h ro u g h o u t t h e w o r l d . G e t i n t o u c h w i t h o u r e di toria l an d wr i te a ma il to repo rt er @ b a s ke tt ia m o . c om
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Torniamo al basket. Qual è stato il giocatore
Coach, per finire, deve soddisfare una vecchia
più divertente e quello più difficile da alle-
curiosità di tanti tifosi: da dove nasce il no-
nare nell’esperienza a Caserta?
mignolo Pino?
«Tutto nello stesso giocatore: Andre Smith. Di-
«È una storia talmente banale che ho sempre
vertentissimo, un fulminato, giocherellone,
mantenuto un alone di mistero per farla sem-
sempre in vena di scherzi. Difficile per la sua
brare chissà che. Da bambino in cortile c’erano
complessa gestione dell’emotività. Ci ho lavo-
due Stefano. Io ero il più piccolo. Mi chiama-
rato tanto, ma mi ha dato grandi
vano Stefanino, per distin-
soddisfazioni.
guermi dall’altro, poi un
Una su tutte, quando è
giorno uno tirò fuori Pino
venuto nel mio ufficio
e da lì…».
con in mano un’offerta Al momento dei saluti
molto alta da un’altra
Sacripanti
squadra e mi ha detto
chiede
di
chiudere con un argo-
che la rifiutava perché
mento a piacere… per al-
voleva portare a ter-
zare il voto!
mine quanto iniziato nel percorso con me,
«Lasciare Caserta è stata
perché avevo creduto
una decisione sofferta,
in lui quando nessuno
ho voluto comunicarla di
ci credeva. Sono cose
persona al presidente e
belle queste».
al team, perché penso che con la dirigenza e
In questi giorni Ca-
tutto lo staff sia nato
serta è in ansia per la
qualcosa che va oltre il
salute del “suo” Oscar.
semplice rapporto professio-
Vuol fargli arrivare il suo in bocca al lupo?
nale. Voglio ringraziare ognuno di loro, oltre a tutti i tifosi che mi hanno fatto sentire sempre
«Beh, il giocatore nemmeno si può discutere.
a casa. Sono particolarmente contento che
Una volta a Cantù, ero ragazzino, in una delle
Lele Molin abbia preso il mio posto, perché è
tante sfide con Antonello (Riva n.d.r.), Oscar
un professionista di grande spessore tecnico
uscì per 5 falli e tutto il Pianella si alzò in piedi
oltre che una gran brava persona, trasparente.
ad applaudirlo, non capita spesso. Lui è la gioia
E una persona così non potrà che lavorare
fatta persona, fatta basket. Spero che anche
bene a Caserta”.
stavolta faccia la sua partita, alla grande come solo lui sa fare».
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HD, MR TOCCATA E fUGA PROSSIMA TAPPA... NBA
di Francesco Gonzaga Non sono passati che pochi giorni dall’ennesimo trionfo della Montepaschi Siena, il settimo consecutivo, eppure per Daniel Hackett, l’Mvp dei playoff (e anche della finale di Coppa Italia), si sentono già sirene minacciose che lo vogliono lontano dalla città delle contrade. Addirittura, alcune voci riferiscono di un offerta dei Detroit Pistons che lo porterebbe a debuttare nell’Nba, suo sogno da sempre. Per Daniel, non sarebbe che l’ultima di una serie innumerevole di avventure: infatti HD, come lo chiamano i suoi tifosi, prima di esplodere ha incontrato una serie non indifferente di difficoltà. Forse in pochi sanno che a 14 anni, nel 2003, il piccolo Daniel era un membro della squadra dei suoi coetanei nelle giovanili della Scavolini Pesaro, ma, ben lungi dall’essere il miglior giocatore della squadra (dove invece spic-
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cava Andrea Cinciarini), faticava addirittura a trovare spazio. Così, nell’estate dopo la terza media, Daniel, allora piccolo di statura e piuttosto magro, decide di trasferirsi con suo padre Rudy (ex giocatore con una lunga carriera in Italia) in California, dove si iscrive alla Don Bosco High School di Bellflower. Nel corso degli anni liceali arriva lo sviluppo fisico (invero pronosticabile, ricordando l’impressionante struttura muscolare del padre) che insieme alla maturazione tecnica del giocatore, lo pone come liceale di spicco all’interno della California e molto seguito dai reclutatori dei college della zona. Hackett termina il liceo in soli tre anni invece che nei quattro canonici e può subito accettare la borsa di studio di uno dei college interessati a lui, USC, University of South California.
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Il primo anno trascorre tra alti e bassi, ma Daniel trova già molto spazio, giocando circa 21 minuti di media. Il secondo anno Hackett si sente prontissimo per prendersi maggiori responsabilità. Sfortunatamente per Daniel però, proprio nella stagione 2007-2008 decide di accettare la borsa di studio di USC anche O.J Majo, descritto come il liceale numero uno della sua classe di età. Majo gioca da play-guardia esattamente come Hackett e soprattutto ama gestire a lungo il pallone. Come era facilmente pronosticabile, fin da subito i due entrano in contrasto, e finiscono per litigare spesso. In un allenamento di ottobre 2007 Hackett riporta la frattura della mandibola. Le fonti parlano di uno scontro fortuito di gioco, ma trapelano anche voci meno lusinghiere che riferiscono di una gomitata volontaria di Mayo. Daniel deve operarsi e per circa 2 mesi non può alimentarsi se non tramite una cannuccia: purtroppo il Nostro perde molti kili di muscolatura e al ritorno non può chiaramente rendere come aveva sperato, concludendo in chiaroscuro la seconda stagione. Con buona pace dello staff di USC Mayo vola al draft Nba del 2008 e così Hackett rimane da solo a guidare South California nel campionato successivo. Durante la terza an-
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nata al college fa segnare numeri importanti: accumula infatti oltre 13 punti e 4,7 assist di media a partita, conditi da recuperi e rimbalzi. Galvanizzato quindi dalle ottime prestazioni, decide di uscire anzitempo dal college senza ottenere la laurea e, avendo assunto un agente, si dichiara per il draft Nba 2009. Sfortunatamente però la mancanza di un tiro da fuori affidabile, unita alla non chiara collocazione in campo (Daniel è sempre rimasto più o meno a metà tra i ruoli di playmaker e di guardia realizzatrice) non convincono appieno gli scout, così il giocatore originario di Forlimpopoli non viene selezionato. Il resto è storia recente: smaltita la delusione per la mancata scelta infatti, Daniel sfrutta il suo passaporto italiano per ottenere un contratto alla Benetton Treviso. Al primo anno, opaco, segue una grandissima stagione a Pesaro e a quel punto Hackett entra di diritto nella nazionale maggiore, per rivelarsi poi nell’ultima stagione uno dei giocatori più forti del campionato. Go HD! ©Riproduzione Riservata
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C ommis sariare ommiss ariare iill... ... C ommi ssari o C a? Commi CIIA A Lag uardi uard ia ? Le gestioni commissariali servono per rimettere in cammino Organizzazioni di qualsivoglia natura e, quando poi, hanno lunga gittata (mai visto un Commissariamento biennale) quale quello del Comitato Italiano Arbitri, siamo sicuri che portino – tanto stirate – proficuo risanamento in termini di gestione e di funzionalità, ma ancor di più di credibilità? Petrucci, una volta presidente di ferro, ora presidente di «larghe intese», senza quell’interventismo che sempre ha caratterizzato la sua navigata esperienza di dirigente sportivo, almeno fino a che non ha subito lo schiaffo Coni. Quando Petrucci ha inteso mettere mani e piedi nei Settore arbitrale, non soltanto della FIP, l’ho ha fatto e, allora, ci si domanda: perché ora non si occupa affatto di «questioni» che escono fuori, ancora non del tutto..., da «Baskettopoli»? Ma non era stato lo stesso Presidente Coni Petrucci che aveva tuonato dal “soglio”: tolleranza zero verso chi avesse inquinato la trasparenza di uno sport a lui tanto caro, tant’é che nel suo «amore... sportivo... ora si è ricoverato...» A parte la questione dell’allucinante vicenda che ha interessato il Procuratore Federale Alabiso, al quale era stato richiesto proprio da Petrucci un intervento risolutivo... in materia di trasparenza, mai percepita e mai rappresentata, dallo scorso anno venne calato nel «piatto CIA» dall’opaco Meneghin, l’ultimo demiurgo in ordine di tempo: il vicepresidente Laguardia, l’uomo che punta a sconfiggersi… da solo. Laguardia ha scelto due sub commissari non mansionabili: il primo facente parte della precedente gestione Zancanella e, quindi, tutto dire…, e il secondo risvegliatosi da un sonno atavico per quanto riguarda la pallacanestro, pur essendone stato un arbitro della massima serie, ma 40 anni addietro.
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Ma che c’azzecca... Laguardia? Laguardia c’azzecca per effettuare una operazione gattopardesca: commissariare, ma non per cambiare, ma per far sì che in fondo nulla cambi! Un maquillage di scarso profilo e di sicura... modica qualità, se non finto in tutte le sue sfumature… sfumate. Laguardia non scontenta nessuno, e quindi nemmeno sé stesso. Opera in maniera sorniona, come un gattone di aia, sempre con un occhio chiuso ed un altro aperto, ma è capace ostinatamente di chiudere tutti e due gli occhi, ma non una sola volta, ma due, tre, quattro, cinque ecc…, purché possa affermare la sua “impostazione” che ritiene intelligente, ma che soltanto Lui ritiene che sia tale. Un homo novo? No, un homo giurassico che si sta facendo stritolare… ma non se… ne accorge??? Due righe per i due sub Commissari: andate a casa, aiutereste Laguardia a respirare e a Petrucci di non inciampare… di brutto! Già che ci siete: prima di mollare… la “poltrona”, andate a stringere la mano a chi l’avete sempre lasciato a gozzovigliare tecnicamente con la scusa che i Santoni tali restino, ma a volte quest’ultimi – la storia insegna – sono stati messi al rogo. Presidente Petrucci, non è ora di Santa Inquisizione, ma di effettiva “democrazia” nel Settore arbitrale: fuori tutti quelli che ancora fanno e a cui ancora Laguardia permetterà di strafare…, dopo aver già fatto… e… rifatto…, saremmo altrimenti ancora maledettamente di fronte a una purea affatto pura, quasi da suscitare una buona dose di ripugnanza. Il Prefetto Federale ©Riproduzione Riservata
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OSCANA...
TA P I S T O I A
di Michele De francesco
I
play-off di LegaDue hanno regalato a tutti gli appassionati della palla a spicchi una serie finale emozionante, tra la Centrale del Latte Brescia e la Giorgio Tesi Group Pistoia. A salire nell’Olimpo del basket nazionale proprio Pistoia, vincendo gara 5 per 60-47 davanti al proprio pubblico, 5.000 tifosi appassionati che hanno stipato al limite della capienza il Pala
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Carrara. Un successo alla
società fondata nel 1965,
L’entusiasmo per la palla-
fine netto, frutto di una
con all’attivo 12 campio-
canestro, ormai ende-
difesa dominante dispo-
nati tra seria A2 e A1, ed
mico tra i pistoiesi, non
sta da coach Paolo Mo-
una partecipazione alla
sarà disperso, bensì cata-
retti. Onore ai vinti, che
Coppa Korac. Al termine
lizzato da una nuova so-
dallo 0-2 di inizio serie,
del campionato 1991/92
cietà, la «A.S. Pistoia
hanno riportato in parità
verrà promossa il A1,
Basket 2000» che, con
il conto, sino alla gara de-
dove disputerà per sei
l’entusiasmo dei soci e
cisiva in Toscana.
anni consecutivi i play-
dello straordinario pub-
Per Pistoia un ritorno alla
off, sino alla sventurata
blico toscano, è riuscita
Serie A, che mancava dal
stagione 1998/99, al ter-
nell’impresa di centrare
1999. Soprattutto, un ri-
mine della quale retroce-
la promozione nella mas-
torno ai massimi livelli
derà in serie A2, cedendo
sima serie, sotto le inse-
dopo
quindi il titolo sportivo a
gne della Giorgio Tesi
Fabriano.
Group.
l’epopea
della
«Olimpia Basket Pistoia»,
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Un po’ di sano «amarcord» può far
scani, vero leader in campo e fuori
l’attaccamento al basket che Pi-
capire agli appassionati italiani
dal 1988 al 1997. Nel 1997 ap-
stoia ha sempre ricambiato gene-
cos’è il basket per Pistoia ed i pi-
prodò in toscana tale Vincenzo
rosamente.
stoiesi, far conoscere gli uomini
Esposito, «El Diablo», talento, ago-
quest’anno ha permesso ai bian-
che ne hanno fatto la storia, fino a
nismo ed esperienza ai massimi li-
corossi guidati da Moretti di cen-
diventare dei miti, in alcuni casi.
velli. Che dire di Joe Bryant? Il
trare la promozione, inseguita e
Tanti allenatori, divenuti delle vere
papà del celebre Kobe calcò il par-
raggiunta dai vari Galanda, Toppo
«star», si sono accomodati sulla
quet pistoiese dal 1987 al 1989 in-
panchina pistoiese (da Rusconi a
cendiando le retine di tutti i
Vujosevic, da Perazzetti a Pan-
palasport, come suo solito. Indi-
cotto, da Friso a De Sisti, solo per
menticato resterà Davide Anci-
citarne alcuni), ma tra essi un vero
lotto, giovane guardia atipica (alto
maestro, nel senso che amava il
2,01), ma talentuosa, già nel
basket e desiderava insegnarlo: il
gruppo della nazionale. Lasciata Pi-
compianto Claudio «Papo» Papini,
stoia per indossare la casacca di
talizzare l’entusiasmo di un’intera
mentore di cestisti divenuti celebri
Roma, morirà prematuramente il
città per allestire un roster in grado
(Carlton Myers, ad esempio).
24 agosto 1997 su un campo di al-
di affrontare qualunque avversa-
Capitolo giocatori: come non ricor-
lenamento, a causa di un aneuri-
rio, con la certezza che a vincere
dare Claudio Crippa, autentica
sma cerebrale.
sarà comunque il basket. Dun-
icona del basket pistoiese? Play cui
Tanti uomini, tante storie, ma un
que... BentornatA Pistoia!
sono legati gli anni migliori dei to-
unico filo conduttore, il calore e
©Riproduzione Riservata
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Prodigalità
che
e Saccaggi, ma anche dai Graves, Hicks, Rullo e Fajardo, Meini, Cortese e Borra. La Serie A è cambiata molto e, seppur meno ricca, ha ritmi ben diversi dalla LegaDue. Siamo certi che il club saprà capi-
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SIPARIO DI PERLE Creo solo quando mi sento ispirata. Ogni oggetto è una creatura che prende vita piano piano… non nasce mai per caso, ma sempre dopo un’accurata riflessione. Non mi interessa creare molti oggetti standardizzati e banali… non seguo uno stile preciso, ma realizzo semplicemente quel che più mi piace e che in quel momento può suscitarmi un’emozione… alle volte sono i colori della natura a darmi un input, alle volte il pensiero di una mia amica e della sua solarità, alle volte un abito in una vetrina mi stimola a cercare il giusto abbinamento con il gioiello “giusto” …oppure un film, una canzone, una Diva del passato… o il rumore del mare. Mi piace mescolare materiali diversi, ma sempre tutti di ottima qualità, sia che si tratti di vetro, sia di pietre semipreziose, sia di argento piuttosto che di cristalli… tutti anallergici e sicuri perché testati su di me uno per uno. Ogni gioiello è rigorosamente pezzo unico, perché ogni donna è unica. E’ bello regalare o regalarsi qualcosa che altre non hanno. Buon viaggio nel mio Mondo di “Sipario di Perle”. Contatti: Blog: sipariodiperle.blogspot.com Fb: www.facebook.com/sipario.di.perle.creazioni Shop: www.blomming.com/mm/SipariodiPerle/item s Email: sipariodiperlecreazioni@gmail.com
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di Alessandra Rucco
orino è una città affascinante, in cui convivono anime profondamente diverse e contrastanti. Può essere una Madama un po’ snob che sorseggia un bicerin alla Consolata o gusta un tramezzino da Mulassano, ma anche un ruspante rigattiere che vende antiquariato al Balôn. È storicamente la città della Fiat, ma negli ultimi anni è sempre più un polo di cultura, arte, musica. E sport. Divisa dall’atavica rivalità calcistica tra granata e gobbi, Torino era stata in passato anche città di basket. La storica Auxilium, protagonista del massimo campionato nazionale negli anni ’80, vide campioni del calibro di Dawkins, Morandotti, Pessina, Magee, Sacchetti, Caglieris, Vecchiato calcare le lastre di parquet del PalaRuffini. Poi il declino, lunghi anni di militanza in serie minori con vicende alterne. Fino al 2009, quando dalla fusione tra Moncalieri e San Mauro nasce la PMS. Un progetto ambizioso che parte dalla B dilettanti e brucia velocemente le tappe, conquistando subito la promozione nella serie superiore. Poi un paio d’anni di assestamento, ma Torino nel basket vuole fare di nuovo sul serio. E così nell’estate del 2012 arriva coach Pillastrini, che con grande entusiasmo firma un quadriennale. “È un bellissimo progetto, ambizioso, da far crescere con la giusta dose di umiltà, ma anche con determinazione”, racconta un allegro Pillastrini raggiunto telefonicamente all’Euro Camp di Cesenatico. E ha ben ragione di essere allegro, il coach. La PMS, nella
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prima stagione sotto la sua guida, domina il campionato DNA, facendo dello storico PalaRuffini un fortino inespugnabile. Perde solo 8 partite in tutto il campionato. Nei playoff domina, rifilando un secco 3-0 a Casalpusterlengo prima e a Matera in finale poi. È stato davvero tutto semplice, coach? “Non è stato semplice affatto, i momenti difficili ci sono stati in ogni singola partita. A dispetto della classifica, è stato un campionato duro. Ad Aprile abbiamo avuto un calo, qualche infortunio, ma per fortuna non c’è stato impatto negativo sulla stagione, la classifica era già buona”. Torino torna in serie A, in Legadue Gold per la precisione, dopo 18 anni. E la città torna ad innamorarsi della pallacanestro. Una settimana di festeggiamenti, al PalaRuffini, in discoteca, la premiazione in Comune. Cosa significa riportare il basket che conta in una città come Torino, per forza di cose un po’ “ostaggio” del calcio? “È una città da conquistare, da far innamorare”, commenta il coach. “Abbiamo una nicchia di tifosi molto presenti, che ci sostengono sempre. Certo, i risultati aiutano, ma per far crescere la passione ci vuole tanto lavoro e presenza sul territorio”. È per questo che la PMS punta tanto sulle giovanili, cosa non proprio scontata di questi tempi? “Certo, la società ci crede moltissimo”, continua Pillastrini, “la passione vera arriva da chi pratica lo sport. I ragazzi si divertono, si appassionano e le famiglie con loro. Così si crea partecipazione ed entusiasmo, anche intorno alla prima squadra”. Dove vuole arrivare la PMS? “Vogliamo crescere”, afferma convinto il coach. “Siamo partiti dalla B1, ora approdiamo in un campionato nuovo, pieno di insidie, che affronteremo con umiltà. Vogliamo prendere le misure e provare, nel tempo, a conquistare un palcoscenico ancora più importante”. Michael Jordan una volta ha detto: “Passo dopo passo. Non concepisco nessun’altra maniera per riuscire a fare le cose”. La nuova PMS sta facendo i passi giusti per riportare la città della Mole nell’Olimpo del basket.
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TU VUO’ FA L’ A M E R I C A N O di Domenico Landolfo
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uando abnegazione e passione si incon-
trano, un allenatore può riuscire a creare qualcosa di importante. Il talento permette
di prendersi dei rischi, l’esperienza di leggere le situa-
zioni, il carisma di creare gruppi affiatati. Ecco le doti che Antonio D’Albero, coach delle Chicago Lady Steam in WABA, ha portato in giro per il mondo. Ecco la sua esperienza, verace e fatta di tanta passione per la palla a spicchi. Iniziamo dall’avventura in America: impressioni, risultati e nuovi mondi…
la desideravo di più, all’improvviso. Al termine del torneo sono soddisfatto dei risultati ottenuti, specie perché era la prima volta che molte atlete giocavano insieme. Grazie alla loro professionalità non è stato assolutamente un ostacolo. Personalmente sono molto contento di aver vissuto un’altra esperienza americana che mi ha arricchito di nuove conoscenze e mi ha messo davanti ad una nuova pallacanestro che non vedo l’ora di riproporre, nonché di collaborare con una High School e stare a contatto con la NBA cercando di rubare qualsiasi aneddoto possibile». Danimarca, Macedonia, Napoli, Usa, tra analogie e le
«L’avventura in America è arrivata nel momento in cui
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differenze…
sempre pronti a darci una mano per
a disposizione per effettuare al me-
«Sono stati 4 contesti in cui ho vis-
andare nella stessa direzione. La Da-
glio ogni tipo di lavoro e tirare fuori
suto la pallacanestro in maniera
nimarca è solo da ammirare per un
dalla palestra le giocatrici era dav-
completamente diversa; negli USA
amore e un rispetto per lo sport fuori
vero difficile. In Macedonia ho lavo-
ero circondato da tanti professionisti
dal normale; svolgevamo l’attività in
rato con la Nazionale: mi ha
che vivevano di basket giorno e notte
un complesso con numerose palestre
affascinato la gentilezza di ogni com-
e lavoravano con immensa serenità,
per le varie discipline: avevamo tutto
ponente e l’ attaccamento ai colori
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nazionali; al termine di ogni allenamento e partita, le ra-
grasse; in Macedonia nel bus che ci portava alle partite si
gazze mi ringraziavano e il loro spirito di abnegazione era
cercava la concentrazione cantando tutti insieme; negli USA
superlativo. Napoli è stata un’esperienza positiva: raggiun-
il momento più toccante era sicuramente quello dell’inno che
gere i playoff con un gruppo così giovane penso sia stato un
precedeva la gara, sia all’High School che con le squadre pro-
buon risultato, ma aver visto tanti elementi migliorare è
fessioniste».
stato il fattore principale; anche qui ho trovato un’organizzazione societaria attenta ai
Basket, Italia e USA a confronto: cosa fare per ridurre questo gap?
particolari, un’isola felice
«Non è facile dire cosa si
in un periodo, purtroppo,
può fare, ma sicura-
molto triste per il basket
mente prendere spunto
femminile Italiano».
da chi ci è riuscito è un
Quali stimoli la spin-
punto di partenza; credo
gono a lavorare giorno
che negli USA si è arri-
dopo giorno?
vato ad un livello supe-
«La passione per questo
riore dopo un lavoro di
sport mi spinge a vivere
anni, curando qualsiasi
questo lavoro giorno
dettaglio. Ci sono molti
dopo giorno. Ho avuto
elementi che hanno la-
la fortuna di affrontare
vorato in tal senso, come
esperienze
mi
l’importanza che danno
hanno trasmesso sti-
al lavoro nelle scuole; ho
moli da sole, ma credo
avuto la possibilità di la-
che sarei capace di tro-
vorare in Italia in una so-
vali in ogni tipo di sfida
cietà di Serie A maschile
su qualsiasi campo, pur-
e anche in una High
ché sia di basket. Ora
School maschile negli
sono in attesa di qual-
Usa e la cura organizza-
che proposta per rimet-
tiva non si differenzia di
termi
tanto, la scrupolosità con
di
che
nuovo
in
gioco».
cui viene strutturato il lavoro sui ragazzi è esem-
Qualche aneddoto curioso sulle tappe della sua carriera? «Ogni aneddoto curioso si riferisce alle esperienze estere e attiene alle culture e alle abitudini locali: in Scandinavia con le partite di campionato alle 2 del pomeriggio i pasti pregara vedevano la presenza spesso di pancetta e salse molto
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plare. Anche per gli appassionati: la partita per un tifoso è un appuntamento fisso nel proprio calendario e in un palazzetto durante una gara si può fare di tutto e, soprattutto, questo non accade solo nella NBA».
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di Alessandro delli Paoli
HEART Of A CHAMPIONS
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on’t ever underestimate the heart of a champion. Un frase pronunciata da un allenatore di basket che ha conquistato due anelli di campione NBA. Una frase che disegna alla perfezione l’animo di chi
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ha già raggiunto le vette più alte del successo e fa fatica a scendere dal gradino più alto.
degli ultimi anni. Scelta tecnica casalinga con la squadra affidata al vice di Pianigiani, coach Banchi.
‘Heart of a Champion’, il ‘cuore del campione’ è il brano del rapper statunitense Nelly che calza a pennello per Siena, che ha piazzato il settimo sigillo consecutivo, l’ottavo totale, confermandosi campione d’Italia.
Siena, quest’anno, ha dovuto fare i conti con le sconfitte, tante, rispetto al recente passato, e con la concorrenza agguerrita. Dal talento accumulato da Milano alle arrembanti Sassari, Varese e Roma.
«Mai sottovalutare il cuore di un campione». Parole profferite da coach Rudy Tomjanovich, appena alzato al cielo il Larry O’Brien Trophy, appena conquistato il suo secondo titolo Nba in fila. Gli Houston Rockets di Olajuwon e Drexler nel 1995 completarono un percorso irripetibile, partendo con il sesto record vittorie-sconfitte in griglia play-off e sconfiggendo le quattro squadre con il miglior record di vittorie stagionali. Un successo conquistato contro tutti i pronostici ma che, come sottolineò Rudy T., non tenevano conto del cuore dei campioni che avevano vinto l’anno precedente e che volevano con tutte le forze ripetersi.
«Mai sottovalutare il cuore di un campione». La stagione regolare ha consegnato un primo turno dei playoff simile ad una finale. Siena e Milano contro. Un sfida lunghissima che ha visto prevalere, alla settima gara, i toscani. Qualcuno ha intuito subito il segnale lanciato dai senesi. L’esperienza di chi ha già vinto, Eze, Carraretto, Moss e coach Banchi, e l’aria da vincenti che si respira nella città del Palio, hanno contagiato gli altri e guidato la mano di Hackett, Brown e soci. La vittoria sofferta nell’ultimo atto contro i rivali di sempre ha rilanciato definitivamente l’assalto al tricolore. Varese e Roma si sono inchinate, non senza combattere, ai campioni.
Qualcosa di simile a quanto vissuto dal Montepaschi Siena nella stagione appena conclusa.
La dinastia biancoverde ha scritto un altro capitolo della sua leggenda.
Riduzione di budget, scelte di mercato ponderate e senza gli eccessi
Onore al ‘Cuore dei Campioni’.
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TIfOSI Archiviata l’ennesima stagione senese, siamo già in piena crisi di astinenza da basket giocato; mancano il clima dei Palazzi, i tifosi-dj che ritmano le gare con cori e coreografie teatrali studiate per tutta la settimana e persino l’assordante house sparata da casse grosse come armadi. I forum restano la piazza virtuale in cui scambiarsi invettive e passione, la stessa che in passato ci ha portato a fare cose assurde. A Caserta, nel primo boom degli anni Settanta, il vecchio palazzetto di viale Medaglie
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d’Oro apriva alle 14 e il campo, privo di plexiglas protettivo tra spalti e parquet, era considerato il “fattore” temutissimo da tutta l’A2. I Black Panthers, sostenevano, con cori e striscioni fantasiosi i propri beniamini e, per ore, strappavano quantità industriali di vecchie schedine del Totocalcio per farne coriandoli e inondare il campo all’ingresso dell’Amata. All’epoca internet non c’era, il sito della Lega (ovviamente) nemmeno, e le scarne notizie sugli avversari di turno arrivavano da pochi media. Si tro-
vava così, al volo, il soggetto da beccare e lo si crocifiggeva per tutta la gara. Il povero Daniele Cecco, mezzo lungo di 2.00 del Brindisi, uscì in lacrime non essendo, mai, riuscito a entrare in partita a causa dei coretti casertani; Mike Davis, poderoso centrone del BancoRoma, tentò addirittura di aggredire i tifosi che lo deridevano e fu espulso. Pazzi (in senso buono) ce ne sono sempre stati e se oggi si programma, con audacia, una trasferta a Sassari, non crediate che all’epoca sia stato
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uno scherzo fare l’autostop (c’è del personale) per raggiungere Brescia, in febbraio, nella nebbia padana; fuggire da scuola alle 13 road to Rimini, beccarle ed ess e r e alle 7 nuovamente a l Diaz, o g u i dare (patentato da t r e mesi) u n Ford Transit fino a Udine, il 3 gennaio 1978, con neve e ghiaccio per strada. Poter dire però “io c’ero” dava però la soddisfazione che ripagava ogni sacrificio. Talvolta poi, proprio come a Udine, tornavi a casa, nettamente sconfitto, ma con prestazioni eccezionali negli occhi. Dopo oltre quindici ore di viaggio i sette pazzoidi, infreddoliti, stanchi e pieni di panini, arrivati al “Carnera” a partita iniziata, assistettero allo show (a proposito di pazzoidi) di Rickey Brown, l’ala dell’Alabama, con un passato NBA a Portland, che
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aveva la mania di giocare con una piccolo asciugamani infilato nella parte anteriore dei pantaloncini con cui, prima di ricevere palla, detergeva il sudore dalle mani. Privi di Larry Moffet – altra “capa sciacqua” dai mezzi atletici incredibili – Brown giocò da solo contro tutti e, alla fine, ne mise 50, ma la forte Mobiam rifilò il “ventello” alla Juve. In Europa la “ciliegina” fu la spedizione di Atene per la finale di Korac con i 4.000 casertani annichiliti dalla prestazione – monstre del Mozart di Sebenico, al secolo Drazen Petrovic. Mr. Basket, con una delle performance più incredibili realizzate nelle Coppe europee, decise quello che, ancor oggi, è ricordato a Caserta come uno dei maggiori “scippi” subiti. La passione casertana è sempre stata smisurata e raramente è sfociata in atti di violenza. C’è stato, è vero, qualche saccheg-
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gio negli autogrill (beccato persino il povero Bongo Borlenghi), qualche zuffa on the road (il nipote di un noto giornalista fu picchiato a Napoli durante uno dei primi derby in A), bandiere rubate, qualche scazzottata a Rieti e Scafati e vetri rotti al bus a Pistoia, ma, nel complesso, la
tifoseria casertana è stata sempre considerata il sesto giocatore partecipe di gioie e dolori, ma sempre calda e corretta, checché se ne dica a Brindisi… ©Riproduzione Riservata
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I s a ia h Th o m as , u n n o m e, u n d es t in o di Francesco Alessi No, non stiamo parlando del playmaker dei Pistons dal
trasferirsi alla South Kent School in Connecticut con un
1981 al 1994, di quei “Bad boys” vincitori di due titoli
curriculum scolastico non proprio eccellente ma co-
consecutivi nell’89 e nel 90. Il protagonista della nostra
munque diplomandosi nel 2008. Le sue cifre sono rag-
rubrica di questo mese porta quasi lo stesso nome di tale
guardevoli e se da sophomore ne mette 26.2 di media,
Isiah “Zeke” Thomas, ma con in aggiunta una “a” nel
nell’anno da junior raggiunge addirittura i 31.2 punti a
mezzo. Isaiah Jamar Thomas, figlio di James Thomas e
serata con una partita da record: 51 punti a referto. Al
Tina Baldtrip, ha avuto quel nome per una scommessa
College Thomas veste la casacca dei Washington Hu-
persa dal padre, in occasione della finale del 1989 vinta
skies con il numero 2, quello che era stato di Nate Ro-
nettamente dai Pistons sui Lakers per 4-0 e oggi gioca
binson e che lo stesso giocatore, oggi ai Bulls, è stato
anch’egli in Nba, da playmaker, come il suo illustre pre-
contento di vedere sulla maglia di Isaiah. Thomas ha su-
decessore ma la sua storia è molto diversa.
bito un grande impatto con gli Huskies, e scrive 15.5
Isaiah nasce a Tacoma, nello stato di Washington e all’High School frequenta la Curtis Senior prima, per poi
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punti (migliore della squadra), 3 rimbalzi e 2.6 assist nell’anno da freshman, venendo nominato Freshman dell’anno nella Pac 10 e migliorando nei 2 anni successivi
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con un exploit negli assist
termine del terzo anno,
Al draft non va esatta-
180cm, “con quella statura
nel terzo anno: 6.1 a gara.
dopo una stagione da
mente come sperava, in-
nel basket in generale e
Chiude la sua carriera di 3
quasi 17 ad allacciata di
fatti Thomas viene scelto
soprattutto in Nba si fa
anni al College con molti
scarpe, il nostro decide di
al secondo giro, non al-
poca strada”, doveva es-
onori e si classifica al
dichiararsi al draft del
l’inizio di questo, né alla
sere questo il pensiero di
sesto posto nella storia nei
2011 non terminando il
metà. Viene chiamato con
quasi tutti su di lui. Con
punti totali dell’ateneo, al
quadriennio collegiale, an-
l’ultima scelta disponibile,
quel nome però, non po-
terzo negli assist e all’ot-
nunciando la decisione il
la 60esima. Forse troppo
teva passare inosservato, e
tavo nelle palle rubate. Al
31 marzo.
basso, appena sotto i
infatti nella stagione da
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rookie chiude con 11.5 punti, 4.1 assist e 2.6 carambole in soli 25.5 minuti di utilizzo medio. Nella pur disastrosa stagione dei Kings che detengono un record di 22-44, Thomas fa benissimo partendo in punta di piedi per poi guadagnarsi gli onori. Viene nominato infatti Rookie del mese per ben due volte, nel Febbraio e Marzo del 2012, unendosi a Tyreke Evans come unico rookie nella storia della franchigia a ricevere il premio in mesi consecutivi. Chiude la stagione al settimo posto fra i rookie, e dire che era stato scelto alla 60esima, discreta steal dei Kings. . . La seconda stagione è ancora difficile con sole 28 vittorie per i Kings, ma i compagni hanno riconosciuto la sua leadership tanto da schierarsi contro coach Smart quando lo aveva escluso dal quintetto titolare per dare minuti aggiuntivi ad Aaron Brooks. Ha chiuso la stagione a quasi 14 di media e 4 assist in quasi 27 minuti, prendendosi un paio di tiri in più rispetto all’anno precedente e a 24 anni può ancora migliorare. Il piccolo grande uomo col nome pesante ha fatto ricredere tanti in Nba a testimonianza che l’altezza non è sempre tutto nel basket e il cuore e la volontà di arrivare giocano un ruolo ancor più importante. ©Riproduzione Riservata
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DIVENTA FAN DI BASKETTIAMO.com SU FACEBOOK
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La rinuncia di Roma alla prossima Eurolega, un di-
cora stagioni come quella appena andata in archi-
ritto sacrosanto conquistato sul campo a suon di
vio.
gioco e risultati, e non grazie al possesso di pateti-
Una rinuncia che arriva a quasi dodici mesi di di-
che licenze pluriennali che sviliscono soltanto il me-
stanza da un’altra scelta importante, quel gesto
rito sportivo, è l’ennesima mortificazione per uno
d’amore compiuto dal Presidente con l’iscrizione
sport, la pallacanestro, che in Italia è condannato a
della Virtus al campionato; nonostante si sia poi svi-
rimanere sempre una disciplina minore.
luppata un’annata al di sopra di ogni più rosea
L’incontro con la stampa, tenuto da Nicola Alberani
aspettativa, grazie ad un gruppo coeso che ha sa-
nel primo pomeriggio d’estate, ha ufficializzato una
puto incarnare lo spirito pignolo e schietto del pro-
scelta che era ormai nell’aria da qualche settimana,
prio coach, divertire il pubblico e togliersi anche
una decisione presa “con la morte nel cuore”, come
diverse soddisfazioni, l’ing. Toti non ha avuto i ri-
l’ha spiegata il giemme della Virtus, ma che affonda
scontri sperati, intesi come risposte concrete agli
le proprie radici nella mancanza di quelle risorse
innumerevoli appelli fatti alla città (istituzioni e im-
economiche che il Presidente Toti, da solo, non può
prenditoria locale) nei mesi passati.
garantire, e non certo da oggi. Effettivamente, ca-
L’equilibrio economico è alla base anche del se-
landosi per un istante nei panni del numero uno
condo motivo enunciato da Alberani, quello stretta-
giallorosso, la decisione appare dolorosa ma obbli-
mente logistico, con la squadra che sarebbe stata
gata, dettata dalla volontà di continuare a pro-
costretta a giocare le gare interne al PalaLottoma-
grammare gradualmente il futuro senza compiere
tica sostenendo costi, per il solo primo turno, su-
salti nel buio, per garantirsi un domani fatto princi-
periori a quelli previsti per le trasferte europee,
palmente di solidità economica, con la speranza
spese che sono state addirittura paragonate all’ac-
che le scelte tecniche permettano poi di vivere an-
quisto di un paio di elementi del livello di Jordan
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Taylor, il play da cui partirà la costruzione del nuovo
zione.
roster.
La possibilità di confrontarsi con i club europei più
Contestualmente al paventato passo indietro, com-
prestigiosi avrebbe imposto anche un rafforza-
piuto “per non raccontare frottole alla gente”, la società capitolina ha fatto richiesta all’Euroleague di una wild card per accedere alla prossima EuroCup, una competizione che accende sicuramente di
mento del roster non indifferente, con investimenti di gran lunga superiori a quelli attuali; se è vero come è vero che il solo Lawal ha offerte faraoniche
meno le fantasie dei tifosi, ancora increduli per l’in-
(1 milione di euro a stagione) da mezza Europa e
credibile viaggio compiuto negli ultimi dieci mesi,
non dispera di poter strappare un contratto garan-
ma già svegliatisi dal sogno con l’incubo di aver vis-
tito anche in NBA, si capisce che la Virtus non
suto solo una splendida parentesi e non il primo
avrebbe mai potuto confermare i suoi elementi mi-
atto della rinascita del basket a Roma.
gliori senza andare ad intaccare l’equilibrio di bi-
Più in generale, si sente parlare sempre più spesso di nuova linfa al movimento, coinvolgimento imprescindibile delle grandi piazze, richiamo dei tifosi ed esposizione mediatica superiore all’attuale, tutte
lancio. Se poi aggiungiamo che la squadra sarà pressoché smantellata e che la stella Datome, pur con un altro anno di contratto, è in procinto di spic-
belle parole che riempiono le conferenze di chi la
care il meritatissimo volo negli States (sponda Bo-
pallacanestro la governa ma che poi, al momento di
ston?), si comprende come la campagna acquisti
far seguire i fatti alle chiacchiere, si defila veloce-
non avrebbe mai potuto coniugare il contenimento
mente, preoccupandosi più di curare l’orticello e la-
dei costi col mantenimento della rosa a disposi-
sciare che tutto rimanga com’è, piuttosto che adoperarsi per far si che il movimento reperisca realmente nuovi investitori e forze fresche per favorire la rinascita cestistica del nostro Paese, da
zione del coach che, con infinito stupore, non sarà più Marco Calvani, artefice principe del secondo posto conseguito e colpito da una “non conferma”
troppi anni miglior attore non protagonista sulla
che, questa si, non ha alcuna attenuante.
scena continentale.
Le divergenze caratteriali? Quello il problema alla
Già, rinascita. Le resurrezione (in questo caso di
base della decisione sofferta e presa in totale au-
Roma) passa anche attraverso stagioni come
tonomia dal giemme Alberani, come ha egli stesso
quella appena conclusa, un volano incredibile che
ammesso nel momento in cui ha ufficializzato l’in-
ha fatto esplodere l’amore dei tifosi, attirando anche nuovi appassionati, i cosiddetti “occasionali” che invece sono rimasti fuori dalla finale (sarebbe meglio dire fuori dal PalaTiziano), ma che in futuro
terruzione della rapporto con Calvani. Al suo posto arriva Luca Dalmonte, navigato coach che cercherà di guidare Roma nel suo nuovo “anno zero”; por-
potrebbero contribuire ad incrementare lo zoccolo
terà in dote la sua esperienza, le sue capacità tat-
duro della tifoseria capitolina. E invece, con questa
tiche e una buona dose di stile, una qualità questa
rinuncia, riteniamo che venga sprecato un jolly co-
di cui si sente tanto il bisogno.
lossale, pur comprendendo tutte le ragioni di natura economica alla base di questa dolorosa valuta-
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