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Intervista a José Miguel Navarro
A cura del quotidiano Expansiòn
Terminava la sua carriera nel 1991 quando suo padre gli disse: “apriamo un azienda di calzature”. Un colpo che ha portato Gioseppo in 80 paesi e il suo vicepresidente a credere che non ci sia bisogno di aspettare la pensione per cominciare a vivere.
Avete visto il film intitolato “The Holiday” nel quale le protagoniste Cameron Diaz e Kate Winslet si scambiavano le proprie case? La vita di José Miguel Navarro è stata così per un anno. “È da 5 anni che giro il mondo ricorrendo all’home exchange con mia moglie ed i miei due figli. 25 anni alle spalle nell’impresa di famiglia e mi sentivo sfinito” Ed è stato nel 1991 quando Navarro, terminata la laurea in Economia, ricevette una proposta da suo padre: unirsi all’azienda che stava per nascere e che avrebbero chiamato Gioseppo, proprio come il soprannome di José Miguel.
Suo padre ha passato una vita a lavorare per il settore calzaturiero di Elche. Perché è diventato un imprenditore all’età di 50 anni?
Questo è quello che disse a mia madre 30 anni fa, ma lei era stufa che lui lavorasse per gli altri, sapeva che era qualcuno di molto valido.
Non possiamo dire che la sua era una vocazione…
Volevo fare tutto tranne che lavorare con la mia famiglia. Feci l’animatore turistico a Maiorca, presi un anno sabbatico e me ne andai in Brasile… Non sapevo bene ciò che volevo, però mio padre decise per me.
Apprezzò il gesto?
Mio padre è sempre stato ottimista e ha avuto determinazione. È ciò che ha fatto sì che le cose iniziassero a funzionare
nonostante le difficoltà dei primi tempi. Abbiamo trascorso diverse notti senza dormire, però non abbiamo pensato di gettare la spugna neanche nei momenti più critici.
Oggi i suoi tre fratelli, i suoi genitori e Lei siete in azienda. C’è più confusione nel consiglio di amministrazione rispetto alle lezioni di acquagym di quando faceva l’animatore turistico?
Siamo una famiglia di carattere e temperamento: questo rende più difficile lavorare assieme. La cosa positiva è che la prima e la seconda generazione hanno creato questo insieme, e sappiamo che la premessa è di andare d’accordo per espandere il marchio.
Un socio con un cognome diverso da Navarro le darebbe tregua?
Vorremmo che l’azienda continuasse ad essere un’impresa familiare e abbiamo ripartito le sedie affinché ognuno rimanga nel suo spazio.
Suo padre continua a prendere le decisioni chiave?
Io ho apportato una visione fresca, audace o incosciente, come si preferisce chiamarla; lui il suo sapere. Mi ha sempre coinvolto e mi ha trattato alla pari. Al momento, mio padre continua a venire in ufficio e ci manda mail con suggerimenti per sentirsi vivo e utile; così noi cerchiamo di trovare il modo per far si che questi suoi desideri si inseriscano in un’organizzazione altamente professionale. La gestione del potere è complicata.
Quando arriverà all’età di suo padre, 80 anni, anche lei invierà e-mail con suggerimenti?
Non credo nella pensione, è il grande errore dell’economia e grava sulla mentalità delle persone. Non si può vivere pensando alla pensione perché non è un mantra. La cosa migliore è trovare un lavoro adatto alle proprie circostanze, con orari ridotti e riconciliare e cercare la felicità quando si è giovani.
Si può lasciare la prima linea di comando di una multinazionale come la sua?
Io lavoro solo mezza giornata e il pomeriggio lo dedico alla mia famiglia e allo sport. È la routine che ho incorporato dopo la pausa di lavoro di cui vi ho parlato.
L’abbandono gli ha fatto perdere il potere. Non è qualcosa che crea dipendenza?
È chiaro che il potere ti stringe a sé, ma me ne andai perché sono sempre stato un po’ pazzo, però non me ne pento: tornai con idee nuove. Condividevo la direzione generale con mio fratello prima di andarmene e con ciò è chiaro che perdetti potere, ma attualmente sono vicepresidente e brand manager, e riducendo la mia giornata lavorativa ho scoperto un modo di vivere che per me è meraviglioso.
Ma non tutti hanno la disponibilità finanziaria per prendersi un anno sabbatico.
Certamente, bisogna avere dei risparmi, però non è solamene una questione di denaro. A volte manca il coraggio.
Il vostro è stata messa alla prova con la pandemia?
È il periodo di maggior panico che io abbia mai vissuto, sono molto viscerale e mi allarmai moltissimo. Il coronavirus arrivò nel momento più critico, con tutta la merce estiva già acquistata, ma decidemmo che non avremmo scontato i prodotti e ciò che non si poteva vendere sarebbe passato alla collezione estiva 2021 allo stesso prezzo. Ci è voluto il pugno di ferro e strategie di pensiero per arrivare alla fine dell’anno senza perdita. In questo 2021, il nostro fatturato arriverà al 38 milioni di euro, pareggiando cifre pre-crisi.
Cosa succederà ai negozi fisici nei prossimi anni?
Non vogliamo rinunciare a loro perché ci hanno dato da mangiare per molti anni, tuttavia la vendita online ha accelerato e rappresenta quasi il 30% del nostro business. Quello che facciamo è richiedere alle aziende online di mantenere per i nostri prodotti lo stesso prezzo presente in negozio, anche se questo significa rinunciare ad alcuni operatori.
Hanno creato due nuove marche di calzature prodotte a Elche. Il canto delle sirene sostenibili si è udito anche da levante?
Notammo un momento di maggior sensibilità per l’ecologia e per la “produzione a km 0”, perciò abbiamo creato Hot Potatoes e La Siesta, perché convertire Gioseppo ad un marchio totalmente sostenibile sarebbe una falsità. Non era il concept al momento della sua nascita, la stessa cosa succede anche alle grandi imprese della moda, e metterci l’etichetta di sostenibilità è fare greenwashing, una bugia.
Vedo che la sincerità è uno dei suoi valori. Altri ingredienti per creare lo stile di vita ideale?
Passione, convinzione e determinazione. Ci sono miliardi di motivi per non fare le cose... Si crede che come si ha la macchina, la barca e l’azienda si è apposto, ma dietro la comodità si cela il mostro della routine.