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CANNABINOIDI COME POTENZIALE CURA NEL CANCRO

Sono sempre di più ormai gli allievi che nel corso degli ultimi anni hanno completato un corso o un master fornito da Cannabiscienza, perciò abbiamo deciso di passare loro la parola.

In questo articolo, intervistiamo uno degli studenti che ha partecipato al corso di “Cannabinologia: la pianta di Cannabis e il Sistema Endocannabinoide”, svolto in collaborazione con l’Università di Padova.

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Si tratta del dottor Alessio Fabbro, che ha conseguito nel 2020 la laurea triennale in Biotecnologie per la Salute, presso l’Università degli Studi di Ferrara, e più recentemente la laurea magistrale in Biotecnologie vegetali, presso l’Universitat Autonoma de Barcelona.

DOTTOR FABBRO, COME SI È AVVICINATO AL MONDO DELLA CANNABIS?

Il mio primo contatto con la cannabis è stato molto banalmente attraverso il mondo ricreativo. Tuttavia, in breve tempo sono venuto a conoscenza delle proprietà mediche della pianta e in questo modo ho iniziato ad approfondire l’argomento.

Sono sempre stato interessato alla medicina, vista come la capacità di aiutare gli altri e allo stesso tempo, cresciuto in un paese di campagna, sono sempre stato a stretto contatto con la natura.

Poter combinare questi due contesti con l’obiettivo di curare le persone mediante una pianta, mi ha sempre affascinato e tutt’ora sono sicuro che la medicina naturale, visto anche il suo utilizzo fin dai tempi antichi, sia tra i metodi più efficaci nel migliorare alcune condizioni patologiche che colpiscono l’essere umano.

HA AVUTO MODO DI AMPLIARE LE SUE CONOSCENZE SULLA CANNABIS DURANTE IL PERCORSO UNIVERSITARIO?

Durante il percorso universitario, purtroppo la cannabis non è stata affrontata molto all’interno del piano di studi. Ho potuto ampliare le mie conoscenze a riguardo solamente una volta iniziata la preparazione della tesi.

COME HA SCOPERTO CANNABISCIENZA?

QUALI CORSI O MASTER HA AVUTO MODO DI SEGUIRE CON NOI?

Cannabiscienza l’ho scoperta tramite le vostre conferenze sulla Cannabis Medica che seguivo da autodidatta. Sorpreso dalla professionalità e scientificità dei contenuti, ho iniziato ad interessarmi ai corsi ed al materiale fornito pubblicamente.

Quando vidi l’offerta di un corso svolto in collaborazione con l’Università degli studi di Padova fui molto contento, era la prima volta che la cannabis sbarcava su un’istituto universitario italiano… Finalmente!

Non ci pensai due volte e mi iscrissi quindi al corso di “Cannabinologia: la pianta di Cannabis e il Sistema Endocannabinoide”.

Il corso copriva tutti gli aspetti più importanti della pianta di cannabis: da quelli botanici, passando per gli aspetti legali e sociali fino ad arrivare ai moduli più specifici sull’utilizzo medico-farmaceutico della pianta.

COME MAI HA SCELTO UNA TESI SULLA CANNABIS MEDICA APPLICATA ALLA TERAPIA ANTI-TUMORALE?

Tra i vari benefici ed utilizzi clinici che la cannabis apporta, venni a conoscenza di alcuni studi eseguiti sul cancro, che avevano lo scopo di individuare una terapia alternativa, efficace e meno invasiva della chemioterapia. Restai sorpreso dall’idea che un prodotto così semplice come una pianta, presente in natura, possa avere degli effetti positivi contro una delle patologie più fatali per l’essere umano.

I taboo tuttora presenti sul tema della cannabis in Italia furono la scintilla che mi convinse ad approfondire questa ipotesi.

Penso che se potenzialmente la cannabis venisse considerata concretamente efficace contro il cancro (e ne fosse dimostrata l’effettiva utilità, ndr) e venisse utilizzata dalla medicina occidentale, avremmo tutti un’altra concezione nei suoi confronti.

PERCHÉ, SECONDO LA SUA OPINIONE, LA CANNABIS PUÒ ESSERE

UTILE NEL CANCRO?

Il Sistema Endocannabinoide dell’essere umano partecipa all’omeostasi del corpo e in quanto tale può condizionare il funzionamento degli altri sistemi ed apparati.

La sfida sta nello studiare e comprendere quale “ricetta” di composti della cannabis sia quella giusta per affrontare una massa tumorale.

Per ricetta intendo il cosiddetto “effetto entourage”, dato dal mix di composti presenti nella pianta di cannabis, ovvero cannabinoidi, terpeni, flavonoidi; questi ultimi dosati e apportati in giusta proporzione, credo possano essere la risposta a molte patologie umane, compreso il cancro.

QUAL È STATO L’OBIETTIVO DELLA SUA TESI?

L’obiettivo principale della tesi era quello di raccogliere informazioni in merito l’effettiva efficacia della cannabis nel trattare una patologia cosi debilitante come il cancro.

La tesi riporta uno studio clinico con l’obiettivo di andare a confermare l’ipotesi che l’utilizzo di cannabinoidi sia in grado di ridurre il carico sintomatico di pazienti con tumori avanzati. [1] Inoltre, analizzai anche uno studio pre-clinico che mira a comprendere l’effetto del THC e del CBD sulla proliferazione e sulla transizione epiteliale-mesenchimale in vitro, su cellule di cancro polmonare non a piccole cellule (NSCLC). [2]

QUALI SONO I RISULTATI OTTENUTI?

Il primo studio non è ancora giunto al termine, tuttavia i risultati saranno di grande interesse in quanto i metodi utilizzati, a differenza dei precedenti studi, andranno ad analizzare il carico sin- tomatico come un insieme, piuttosto che come singoli sintomi.

Dal secondo studio, focalizzato sulla capacità dei cannabinoidi di ridurre la proliferazione cellulare, sembra che la combinazione THC/CBD sia efficace sull’inibizione della migrazione cellulare, della proliferazione e anche sulla riduzione dell’espressione dell’Epidermal Growth Factor Receptor (EGFR), la cui iperattività è associata allo sviluppo di alcuni tipi di cancro.

A CHE CONCLUSIONI È GIUNTO IL SUO STUDIO?

I cannabinoidi sembrano avere un potenziale come cura palliativa nel cancro, andando a controllare i sintomi indotti dalla chemioterapia, come nausea e vomito, il che si traduce in una maggiore qualità della vita del paziente.

Inoltre, in vitro, i cannabinoidi hanno dimostrato di essere in grado di indurre la morte cellulare attraverso l’induzione di apoptosi ed autofagia delle cellule tumorali. [3]

In particolare, una peculiarità risiede nel fatto che questa induzione della morte cellulare intacchi solamente le cellule tumorali, trascurando le cellule sane, quasi come se queste molecole abbiano un meccanismo di selezione nei confronti del bersaglio.

Saranno ovviamente necessari ulteriori studi per validare questi risultati e per dare una speranza ai pazienti oncologici che ci sia una terapia efficace, di origine naturale e con ridotti effetti collaterali.

COSA SI SENTIREBBE DI CONSIGLIARE AD

UN/A SUO/A COLLEGA NEOLAUREATO/A CHE SI AVVICINA AL MONDO DELLA CANNABIS?

Da persona neolaureata, mi auguro sia riuscito ad unire l’educazione accademica al suo interesse per la cannabis e a beneficiare di strumenti e materiale che un’istituto universitario è in grado di fornire. Inoltre, avendo interesse per il mondo della cannabis, in un momento storico come quello attuale di riscoperta della stessa, mi sento di consigliare di continuare a remare in questa direzione e dare quanto più forte apporto e sostegno alla rinascita di questa pianta che, a mio parere, potrebbe essere una soluzione a diverse problematiche attuali, in contesto medico e non solo.

DOTTOR FABBRO, LA RINGRAZIO PER LA SUA DISPONIBILITÀ. VUOLE AGGIUNGERE QUALCOSA PER SALUTARE I NOSTRI LETTORI?

La cannabis cura, la cannabis unisce, la cannabis fa sorridere, la cannabis è benessere, la cannabis è libertà.

Portiamo avanti la ricerca scientifica sulla cannabis, abbiamo ancora tanto da scoprire e da riscoprire; con le tecnologie e innovazioni attuali possiamo recuperare le limitazioni alla ricerca su questa pianta avvenute per circa un secolo.

Referenze

1 Phillip Good et al. Oral medicinal cannabinoids to relieve symptom burden in the palliative care of patients with advanced cancer: a double-blind, placebo controlled, randomised clinical trial to efficacy and safety of cannabidiol (CBD).

BMC Palliative Care (2019).

2 Lara Milan et al.

3 Cannabinoid receptor expression in non-small cell lung cancer. Effectiveness of tetrahydrocannabinol and cannabidiol inhibiting cell proliferation and epithelialmesenchymal transition in vitro. PLOS ONE (2020).

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