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Prima edizione: Charles Reznikoff, Holocaust, Black Sparrow Press, Santa Barbara (ca), 1975 Benway Series, 6 Progetto grafico, editing e impaginazione: Michele Zaffarano Traduzione: Andrea Raos © 1975 Holocaust by Charles Reznikoff Published by arrangement with David R. Godine, Publisher, Inc. © Andrea Raos (per la traduzione) Contrariamente alle consuetudini editoriali di Benway Series, in questo volume non è stato possibile pubblicare il testo in lingua originale.
ISBN 978-88-98222-10-0 Stampa digitale: Tipografia La Colornese Edito da: Tielleci Editrice via San Rocco, 98 Colorno (PR) benwayseries.wordpress.com benwayseries@gmail.com
Charles Reznikoff
OLOCAUSTO Traduzione di
Andrea Raos
Benway Series
Indice
p. 11
I.
Deportazione
14 II. Invasione 16
III.
Ricerca
18 IV. Ghetti 23
V.
Massacri
32
VI.
Camere a gas e camion a gas
41
VII. Campi di lavoro
54
VIII. Bambini
58
IX.
Svaghi
61
X.
Fosse comuni
67
XI.
Marce
71
XII. Fughe
OLOCAUSTO
Tutto ciò che segue è basato su una pubblicazione del governo degli Stati Uniti, Trials of the Criminals Before the Nuremberg Military Tribunal, e sugli atti del processo Eichmann a Gerusalemme. C. R.
I. DEPORTAZIONE *
1. Una sera venne un poliziotto e gli disse: veniva dalla Polonia ed erano quasi trent’anni che era in Germania – disse a lui e alla sua famiglia: «Al posto di polizia, immediatamente. Ma tornerete indietro subito», il poliziotto aggiunse: Non portatevi niente – tranne i passaporti». Quando giunsero al posto di polizia, videro uomini, donne e bambini ebrei, alcuni seduti, altri in piedi – e molti in lacrime. Furono condotti tutti alla sala da concerti della città – ebrei da tutte le aree della città – e tenuti lì ventiquattro ore, e poi furono portati alla stazione ferroviaria su camion della polizia. Le strade che i camion attraversavano erano affollate di gente che gridava: «Gli ebrei in Palestina! Via, in Palestina!» E gli ebrei furono caricati tutti su un treno diretto alla frontiera polacca.
* Il Partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori, noto come partito dei nazisti, prese il potere in Germania nel gennaio 1933. Inizialmente, la loro politica si limitò a costringere gli ebrei a emigrare.
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Vi giunsero di mattina – treni che venivano da tutta la Germania – finché gli ebrei non furono migliaia. Qui furono perquisiti e se uno aveva più di dieci marchi gli portavano via il resto; e le SS, * gli uomini delle squadre di protezione nazista, quando se li intascavano dicevano: «Non avete portato niente di più in Germania – e non vi porterete via niente di più!» Mentre camminavano verso la frontiera polacca, gli uomini delle squadre di SS li “proteggevano”; frustavano quelli che si attardavano e si portavano via anche il più piccolo bagaglio e gridavano: «Correre! Correre!» Quando giunsero alla frontiera con la Polonia, i funzionari polacchi esaminarono i documenti degli ebrei, videro che erano cittadini polacchi e li portarono in un villaggio di circa seimila persone – gli ebrei erano almeno il doppio. Pioveva a dirotto e i polacchi non sapevano dove metterli se non nelle stalle, con il suolo coperto di sterco di cavallo.
2. Un ebreo che era andato all’ufficio della comunità ebraica della città trovò l’ufficio chiuso * Schutzstaffel.
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e due uomini delle SS con gli elmetti d’acciaio e i fucili alla porta. (I due erano membri della “squadra di svago” e facevano ogni sorta di cose per divertire sé stessi e gli altri.) All’ebreo fu dato un secchio di acqua calda e gli fu detto di pulire i gradini dell’entrata; l’acqua conteneva un acido che bruciava le mani. A spintoni, gli misero di fianco il rabbino capo della comunità, con l’abito e lo scialle da preghiera, e anche a lui dissero di pulire i gradini; le altre SS li circondavano e i passanti sorridevano o ridevano.
3. Un prete in Germania trovava rifugi per gli ebrei e gli ebrei andavano da lui per nascondersi. Li mandava da operai nei sobborghi di Berlino e da contadini fuori città, che ne accoglievano a centinaia – non una porta restava chiusa. Spiegando a un altro prete perché lo faceva, chiese al prete, che era stato in Palestina: «Conosci la strada da Gerusalemme a Gerico?» Quel prete annuì. E il prete che aveva fatto la domanda continuò: «Una volta su quella strada un ebreo fu assalito dai briganti, e chi lo aiutò non era ebreo. Il Dio che io venero mi ha detto: “Vai e fa’ come lui!”»
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II. INVASIONE
1. Cinque ebrei polacchi si impossessarono di un vagoncino e assoldarono un polacco per condurli a est, per fuggire dalle SS che ora erano in città. Ma, quando si erano lasciati la città alle spalle, all’improvviso videro delle SS in attesa degli ebrei che tentavano di fuggire. Le SS ordinarono agli ebrei di scendere dal vagone e i cinque scesero. «Avete soldi?» chiesero le SS e i cinque diedero tutto quello che avevano. Le SS li perquisirono comunque e poi gli ordinarono di togliersi i vestiti e di stendersi per terra e le SS cominciarono a picchiarli, dandosi il cambio e ridendo senza interruzione. Poi ordinarono agli ebrei di mettersi in ginocchio e di cantare canzoni ebraiche; gli ebrei cantarono l’inno sionista, Ha-tikvah. E prima che le SS se ne andassero, dovettero anche strisciare dentro un tubo di cemento.
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Dopo il pestaggio i cinque erano troppo deboli per continuare e, oltretutto, non avevano soldi; e cosÏ tornarono in città – dritti filati in un ospedale ebraico.
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III. RICERCA
1. Noi siamo quelli civilizzati – gli ariani; e non sempre uccidiamo i condannati a morte solo perché sono ebrei come farebbero quelli meno civilizzati di noi: noi li usiamo come topi o come cavie per il beneficio della scienza: allo scopo di scoprire i limiti della resistenza umana alle massime altezze, per il bene dell’aviazione tedesca; li costringiamo a stare in bidoni di acqua ghiacciata o nudi all’esterno per ore e ore a temperature sotto lo zero; e certo studiamo anche quello che succede a restare senza cibo o a bere solo acqua salata per giorni e giorni, per il bene della marina tedesca; oppure li feriamo e gli infiliamo schegge di legno o frammenti di vetro nelle ferite, oppure gli tiriamo fuori le ossa, i muscoli e i nervi, oppure gli bruciamo la carne – per studiare le bruciature causate dalle bombe – oppure gli avveleniamo il cibo oppure li infettiamo con la malaria, il tifo, o con altre febbri – tutto per il bene dell’esercito tedesco. Heil Hitler!
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2. Un certo numero di ebrei dovettero bere acqua salata solo per scoprire quanto avrebbero resistito. Nel loro tormento si buttavano sugli stracci e sui cenci usati dal personale dell’ospedale e da lÏ, per calmare la sete che li faceva impazzire, succhiavano l’acqua sporca.
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IV. GHETTI
1. All’inizio, a Varsavia, c’erano due ghetti: uno piccolo e uno grande e in mezzo, un ponte. I polacchi dovevano passare sotto il ponte e gli ebrei sopra; e accanto c’erano guardie tedesche a sorvegliare che gli ebrei non si mischiassero con i polacchi. A causa delle guardie tedesche, a qualunque ebreo non si togliesse il cappello in segno di rispetto quando attraversava il ponte si sparava – e spararono a molti – e ad alcuni senza motivo.
2. Un vecchio trasportava pezzi di legna da ardere da una casa che era stata abbattuta – non era stato emanato alcun ordine che lo vietasse – e faceva freddo. Un comandante delle SS lo vide e gli chiese dove aveva preso la legna e il vecchio rispose che l’aveva presa da una casa che era stata abbattuta. Ma il comandante estrasse la pistola, la puntò alla gola del vecchio e gli sparò.
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3. Una mattina alcuni soldati tedeschi e i loro ufficiali irruppero nelle case del quartiere dove erano stati ammassati gli ebrei gridando che tutti gli uomini dovevano uscire; e i tedeschi si presero tutto quello che c’era nei cassetti e nelle credenze. Tra gli uomini c’era un vecchio con l’abito – e con il copricapo – della pia setta ebraica chiamata Hasidim. I tedeschi gli misero in mano una gallina e gli dissero di ballare e di cantare; poi dovette far finta di strangolare un soldato tedesco e fu scattata una fotografia.
4. * Gli ebrei nel ghetto erano divorati dalla fame o terribilmente magri; da sei a otto in una stanza e senza riscaldamento. C’erano famiglie che morivano nel corso della notte e quando i vicini entravano la mattina – a volte passavano giorni – li vedevano assiderati o morti di fame. C’erano per strada bambini piccoli che piagnucolavano per il freddo e per la fame e la mattina venivano trovati assiderati. I corpi giacevano ovunque nelle strade vuote, * Quando il ghetto di Varsavia fu sigillato da mura, la maggior parte degli ebrei che vi rimasero non aveva alcun modo di guadagnarsi da vivere e si videro famiglie – padre, madre e bambini – seduti per strada. I bambini scavavano nei bidoni della spazzatura per trovare bucce di patata o qualunque altra cosa da masticare.
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smangiucchiati dai topi; e i corvi erano scesi a frotte a beccargli i corpi.
5. Nel ghetto si sparse una voce: gli ebrei sarebbero stati portati in un altro posto con più cibo, cibo migliore, migliori alloggi – e lavoro. E difatti, a questo seguirono manifesti e ordini per cui in certe parti del ghetto dovevano portarsi i bagagli, e tutto l’oro e i gioielli che possedevano, e cibo per tre giorni – ma quello che portavano non doveva oltrepassare un determinato peso – e dovevano recarsi in una certa piazza. Chi disobbediva sarebbe stato fucilato. E nei distretti indicati arrivarono le famiglie con i bambini e i bagagli. Alcuni però saltarono dai treni che li portavano via e tornarono indietro ad avvertire gli ebrei ancora nel ghetto – o quelli portati lì da altre parti – che i treni non andavano in un luogo in cui vivere ma in cui morire. E quando manifesti dello stesso tipo ricomparvero – per altri distretti – la gente cominciò a nascondersi. Molti però andarono nella piazza indicata perché davvero credevano che sarebbero stati risistemati: di sicuro i tedeschi non avrebbero ucciso gente sana e atta al lavoro.
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