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Campagna vaccinale a una svolta?

∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO

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Un anno fa le agghiaccianti foto dei camion militari che trasportavano le bare dei bergamaschi vittime del Covid fecero il giro del mondo commuovendo tutti e mostrando la terribile gravità della pandemia. Era il 18 marzo. Quella data è il simbolo della pandemia ed è diventata la “Giornata Nazionale della Memoria” per ricordare tutte le vittime italiane. Il primo anniversario è stato celebrato a Bergamo, la provincia più colpita l’anno scorso con quasi 6 mila morti per il virus. Alla cerimonia, che si è tenuta nel “Bosco della Memoria” alla Trucca, dove sono stati piantati per il momento 850 alberi, è intervenuto il Presidente del Consiglio de Ministri Mario Draghi. “Questo è il luogo del dolore e del riscatto” ha detto tra l’altro il presidente “Siamo qui per celebrare il ricordo perché la memoria di ciò che è accaduto nella primavera dell’anno scorso non si appanni. Ricordare ci aiuta a fare buone scelte per la tutela della salute pubblica e per la salvaguardia del lavoro dei cittadini”. E ancora: “Siamo qui per promettere ai nostri anziani che non accadrà più che le persone fragili non vengano adeguatamente assistite e protette. Solo così rispetteremo la dignità di coloro che ci hanno lasciato. Solo così questo Bosco della Memoria sarà anche il luogo simbolo del nostro riscatto”. Sulla campagna vaccinale ha promesso: “Il governo c’è e ci sarà ed è impegnato a fare il maggior numero di vaccinazioni nel più breve tempo possibile. È la nostra priorità”.

La campagna affidata al neocommissario, il generale degli Alpini Francesco Paolo Figliuolo, prevede di inoculare 53,7 milioni di dosi da aprile a giugno, quasi 79 milioni di dosi da luglio a settembre e 28,2 milioni negli ultimi tre mesi dell’anno. Un piano che potrà essere realizzato se non subentreranno ostacoli con le case farmaceutiche che finora hanno avuto problemi nel garantire la regolare consegna delle fiale. O addirittura come AstraZeneca i cui vaccini sono stati sospesi per qualche giorno dall’Ema, l’Agenzia europea del farmaco, perché sospettati di aver causato 25 casi di trombosi su 20 milioni di persone vaccinate nel mondo. Dopo un’indagine l’Ema ha di novo dato il via libera ad AstraZeneca, che intanto ha cambiato nome in Vaxzevria al suo siero, sostenendo che non esiste un nesso di casualità tra la morte dei 25 pazienti, tra cui 3 italiani, e il vaccino. Ha però preteso che nel bugiardino, il foglietto che accompagna ogni medicinale e riporta anche le controindicazioni che spesso non vengono neppure lette, venga inserito anche il rischio di trombosi. Intanto resta il timore delle migliaia di persone che non hanno ancora superato i 65 anni di età, limite per essere vaccinati con questo siero. Molti hanno rifiutato il vaccino, anche se gli esperti hanno dato ampie rassicurazioni sulla bontà del prodotto e il presidente Draghi è stato tra i primi a farsi iniettare proprio questo vaccino. Come hanno fatto anche il generale Figliuolo e il capo della Protezione Civile.

Chi si rifiuta viene messo in coda e si potrà immunizzare soltanto alla fine della campagna, diventando così un pericolo di contagio per se stesso e per gli altri. Il piano vaccinale prevede per il momento quattro sieri: AstraZeneca, Pfizer, Moderna, che vanno iniettati una prima volta e poi con richiamo dopo quasi un mese. L’ultimo è Johnson & Johnson, il cui arrivo è previsto per le prossime settimane e che ha un vantaggio rispetto a quelli sino ad ora disponibili. È sufficiente infatti una sola somministrazione e non due: ci saranno da aprile alla fine dell’anno circa 26 milioni e 500 mila dosi, consentendo così una forte accelerazione all’immunizzazione degli italiani. Entro l’anno dovrebbero essere pronti anche altri vaccini: il Curevac che sarà prodotto in Austria dalla Novartis, l’italiano ReiThera che è nell’ultima fase di

sperimentazione in 26 centri ospedalieri e ha tra i volontari lo scrittore ex magistrato Gianrico Carofiglio che in tv ha così commentato il suo parere sui vaccini : “Si parla in modo un po’ sgangherato dei loro rischi, ma salire su un’auto in città implica un rischio enormemente maggiore”. Infine il russo Sputnik che sarà prodotto dalla Adienne Pharma & Biotech del bergamasco Antonio Francesco Di Naro. Un’azienda leader conosciuta in tutto il mondo soprattutto per i cosiddetti farmaci “orfani” per la cura delle malattie rare e per le medicine oncologiche. Di Naro, che è nato a Bergamo nel 1966, vive a Lugano, ama parlare spesso in dialetto bergamasco anche con gli svizzeri e con i collaboratori e a Bergamo ci torna spesso a trovare le sorelle. Ha studiato al Collegio Vescovile Sant’Alessandro e si è diplomato al Liceo Scientifico Lussana. Poi la laurea in chimica e tecnologie farmaceutiche all’Università di Milano, master alla Bocconi, e due anni di ulteriori studi all’Istituto Mario Negri. Prima di dare vita all’Adienne, acronimo delle iniziali del nome e cognome, ha lavorato a lungo, da dirigente, in varie case farmaceutiche internazionali. Nel 2004 ha deciso di mettersi in proprio e di fondare la sua società che allora aveva la sede in via Broseta per occuparsi di quelle nicchie trascurate dalla grande industria farmaceutica. Adesso l’azienda è a Caponago nell’ex stabilimento dell’AstraZeneca.

L’Adienne è l’unica azienda scelta in Europa dal Fondo di investimento russo per produrre lo Sputnik V, il vaccino anticovid di Mosca. “Ci ha messo in contatto la Camera di commercio Italia-Russia”, ha raccontato Di Naro in un’intervista. “Siamo stati contattati con altri ma gli unici selezionati siamo stati noi in tutta Europa”. Dello Sputnik, che tradotto significa compagno di viaggio, si dichiara ottimista sostenendo che si tratta di un buon vaccino che però deve avere ancora l’autorizzazione dall’Agenzia europea del farmaco. Se tutto va bene sarà disponibile alla fine di quest’anno. Intanto la speranza è che il piano vaccinale proceda senza intoppi. Solo se ci vacciniamo tutti e rispetteremo ancora le norme (distanziamento, igiene delle mani, eccetera eccetera) potremo dire di aver sconfitto il virus e finalmente tornare ad una vita il più normale possibile.

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