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CIELO DEL MESE

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A CURA DELLA REDAZIONE

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NEWS SUMMARY

EARENDEL, LA STELLA PIÙ LONTANA 1

FLUTE, UN TELESCOPIO SPAZIALE LIQUIDO 2

IL NUCLEO DELLA COMETA DA RECORD 3

I LENTI SUONI DI MARTE 4

UN OCCHIO NERO SUL SOLE 5

MISTERIOSI CERCHI NEL CIELO RADIO 7

I VULCANI DI GHIACCIO DI PLUTONE 8

ENERGIA SOLARE DALLO SPAZIO 6

GLI USA CONTRO I TEST ANTISATELLITE 9

RIMANDO ESTIVO PER ARTEMIS 10

LA LUNA EUROPEA SENZA RUSSIA 11

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UNA NUOVA STELLA VARIABILE PER IPAZIA E MARGHERITA HACK

L’anno scorso nasceva la HH Collaboration fra l’Osservatorio Astronomico Margherita Hack di Firenze e l’Osservatorio Astronomico Hypatia di Rimini: due osservatori che portano il nome di due donne dedite alla scienza e all’astronomia, ma divise fra loro da circa 1600 anni di storia, durante i quali le donne hanno faticato per emanciparsi e affermarsi in tutti i campi. L’attività principale della HH Collaboration è la fotometria di asteroidi, che richiede la ripresa di centinaia di immagini nell’arco di diverse notti per ciascun asteroide monitorato. La possibilità di analizzare le centinaia di stelle presenti in ogni campo del cielo ripreso in questo lavoro può portare a imbattersi in qualcosa di nuovo. Ed è proprio ciò che è accaduto a Nico Montigiani e Massimiliano Mannucci dell’Osservatorio Hack e Fabio Mortari e Davide Gabellini dell’Osservatorio Hypatia. Durante l’analisi delle stelle di campo dell’asteroide Arequipa, la loro attenzione è caduta su una stella che sembrava mostrare una leggera variabilità. Dopo l’esecuzione di numerose misure fotometriche, unendo i dati raccolti con quelli messi a disposizione dalle survey pubbliche Asas-sn e Ztf, è stato possibile ottenere una curva di luce e il relativo periodo di variabilità della stella (vedi figura sopra). I risultati sono stati comunicati alll’International Variable Star Index (Vsx), che ha subito validato la scoperta. Così, una nuova stella variabile è stata aggiunta al catalogo Vsx e denominata Hack-Hypatia V1. La stella è situata nella costellazione del Cane Minore, ha un periodo primario di poco più di 2 ore, una magnitudine media di 13,63 (V) e una escursione di poco superiore a un centesimo di magnitudine. La sua curva di luce mostra che si tratta di una variabile del tipo Delta Scuti, cioè che cambia la propria luminosità a causa di pulsazioni della sua superficie. Un ottimo risultato (con l’augurio che sia il primo di una lunga serie), proprio mentre celebriamo il centenario della nascita di Margherita Hack, a cui è dedicata la cover story di questo numero.

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EARENDEL, LA STELLA PIÙ LONTANA

La luce di Earendel (“stella del mattino” in inglese antico) ha viaggiato per 12,9 miliardi di anni prima di raggiungere la Terra, battendo il record di distanza di una stella. Non è una galassia primordiale, ma una singola stella, individuata dal telescopio spaziale Hubble, grazie a un effetto di “lente gravitazionale” prodotto da un ammasso di galassie posto fra noi ed Earendel. L’ammasso ha deformando lo spazio-tempo come un’immensa lente di ingrandimento naturale, facendo emergere la luce della stella dal bagliore della sua galassia ospite, chiamata Sunrise Arc, che appare distorta e frammentata come un piccolo arco rosso nel cielo (foto). Gli astronomi stimano che Earendel abbia una massa pari ad almeno 50 volte quella del Sole e che sia milioni di volte più luminosa. Ritengono inoltre che sia una stella binaria. Il prossimo passo sarà osservarla e studiarla grazie alla elevata sensibilità alla luce infrarossa del telescopio spaziale James Webb. Se si scoprisse che Earendel è composta solo di idrogeno ed elio primordiali, ci troveremmo davanti a una delle leggendarie stelle della Popolazione III, le primissime stelle a essersi formate dopo il Big Bang. Inquadra il QR per un video di Media-Inaf dedicato a questa scoperta.

FLUTE, UN TELESCOPIO SPAZIALE LIQUIDO

Sono in fase di progetto telescopi spaziali che potrebbero essere fino a cento volte più grandi di quelli attuali. Costruiti con lenti e specchi a base di materiali fluidi, ai quali l’assenza di gravità e l’azione della tensione superficiale darebbero una curvatura sferica perfetta. Superando così i limiti imposti dallo spazio disponibile nelle ogive dei lanciatori. Un team guidato da Edward Balaban, principal investigator di Flute (Fluidic Telescope Experiment) dell’Ames Research Center della Nasa, in collaborazione con il Goddard Space Flight Center e l’istituto israeliano per la tecnologia Technion, sta indagando la possibilità di realizzare lenti e specchi ad alta precisione direttamente nello spazio, utilizzando dei liquidi. Sono stati già condotti degli esperimenti a terra, nei voli parabolici e nello spazio, a bordo della Stazione spaziale internazionale, utilizzando dei polimeri acrilici, simili a quelli delle super-colle. Questa tecnologia consente di saltare qualsiasi processo meccanico, come la molatura o la lucidatura: la fisica naturale dei fluidi fa tutto il lavoro per noi. Il risultato sono superfici ottiche di qualità eccezionale, realizzate per di più in una frazione del tempo richiesto dai processi tradizionali. Una volta raggiunta la forma desiderata, questi polimeri verrebbero poi stabilizzati mediante raggi ultravioletti o con il calore.

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IL NUCLEO DELLA COMETA

DA RECORD

Un’enorme cometa si sta dirigendo verso di noi dai confini del Sistema solare, alla velocità di oltre 35mila chilometri all’ora. Ma non scenderà al di sotto dell’orbita di Saturno, che raggiungerà nel 2031. È la C/2014 UN271, scoperta dagli astronomi Pedro Bernardinelli e Gary Bernstein (vedi su Bfcspace, bit.ly/3x6cg6m). Ora si trova a poco più di tre miliardi di chilometri e nel giro di alcuni milioni di anni tornerà nel suo “nido” nella lontana nube di Oort. Intanto, gli astronomi sono riusciti a misurarne il nucleo, che sarebbe di circa 130 chilometri, una misura che la piazza al primo posto per dimensioni fra le comete note, con una massa di circa 500mila miliardi di tonnellate – 100mila volte maggiore di quella di una tipica cometa che passa vicino al Sole. Sono bastati cinque scatti al telescopio spaziale Hubble, per produrre queste stime, grazie anche alla combinazione con i dati ottenuti nelle microonde dall’osservatorio Alma (Atacama Large Millimeter/Submillimeter Array) in Cile. Le misure hanno prodotto, oltre alle dimensioni, un’altra sorpresa: il nucleo della cometa è molto più scuro di quel che ci si aspettava. È più nero del carbone. Ma l’immagine in figura è di fantasia, perché le dimensioni angolari della cometa non sono sufficienti per produrne una foto dettagliata.

I LENTI SUONI DI MARTE

La prima registrazione di suoni nella rarefatta atmosfera di Marte arriva da un microfono progettato in un istituto aerospaziale di Tolosa, in Francia. Montato sul rover Perseverance della Nasa, il microfono registra i suoni compresi nello spettro udibile dall’orecchio umano, tra 20 Hz e 20 kHz. Dai risultati della “campagna auditiva”, ottenuti dall’analisi di cinque ore complessive di registrazione da un team guidato dall’astrofisico Sylvestre Maurice dell’Università di Tolosa, emerge che Marte è un mondo silenzioso. Il microfono è posizionato nella SuperCam Mast Unit, la “testa” di Perseverance (figura) per cogliere i suoni naturali e i rumori generati dallo stesso rover. Sono state rilevate velocità del suono di circa 250 metri al secondo per le alte frequenze, e di circa 240 metri al secondo per le basse frequenze, come quelle generate da Ingenuity. Tutte più lente dei suoni terrestri (circa 340 m/s), a causa della bassa pressione atmosferica di Marte. Inoltre, i suoni marziani si smorzano rapidamente, a causa dell’alta percentuale di anidride carbonica presente nell’aria; soprattutto quelli più acuti, al punto che sarebbe difficile una conversazione fra due persone distanti anche solo cinque metri. Inquadra il QR per ascoltare i suoni marziani in un video di Media-Inaf.

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UN OCCHIO NERO SUL SOLE

Oltre a essere la luna più prossima al proprio pianeta di tutto il Sistema solare, Phobos è anche l’unico satellite naturale che orbita il suo pianeta in un tempo (7 ore e 39 minuti) più breve della durata del giorno del pianeta. I rover Opportunity e Curiosity avevano già fotografato dei transiti solari di Phobos, ma Perseverance, con la fotocamera Mastcam-Z, ha fornito immagini più dettagliate delle precedenti, realizzando anche un video di 40 secondi, in cui il piccolo satellite irregolare “taglia” il disco solare producendo quasi un’eclisse anulare. Nonostante le sue piccole dimensioni (diametro medio di 22,2 km), Phobos riesce a coprire buona parte del disco solare (più piccolo di quanto visibile da Terra), grazie alla sua vicinanza al pianeta (9375 km in media). Una ripresa altamente spettacolare, ma anche utile per studiare come l’orbita di Phobos cambi nel tempo e per indagare gli effetti mareali che il satellite produce sulla crosta di Marte. Questi fenomeni si concluderanno in modo catastrofico, perché Phobos è in avvicinamento costante alla superficie marziana, lungo una spirale che lo porterà a una lenta e inevitabile dissoluzione. Ma senza fretta: la fine è prevista tra decine di milioni di anni. Inquadra il QR per vedere il transito di Phobos sul Sole nel video rilasciato dalla Nasa.

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ENERGIA SOLARE

DALLO SPAZIO

La produzione di energia solare è sempre più economica ed efficiente, ma restano sempre alcune limitazioni di base: i pannelli solari possono generare energia solo durante il giorno e gran parte della luce solare viene assorbita dall’atmosfera. Per risolvere questi problemi, l’Agenzia spaziale europea (Esa) sta lavorando al progetto di raccogliere energia solare in orbita, dove la luce del Sole è fino a undici volte più intensa rispetto a quella che giunge mediamente al suolo sul territorio europeo, e quindi di trasmetterla a terra per i suoi utilizzi. Una prima fase di questo progetto - avviato attraverso la Open Space Innovation Platform dell’Esa - prevede la realizzazione dei satelliti che avranno il compito di raccogliere l’energia solare. Queste strutture saranno le più grandi mai costruite nello spazio e la Frazer-Nash Consultancy studierà la costruzione modulare di questi satelliti, prevedendo anche un meccanismo efficace per il loro disassemblaggio, da mettere in atto quando giungeranno alla fine del loro ciclo di vita, per il riutilizzo o il riciclaggio. Ci sarà poi da affrontare il problema di come inviare a terra in modo sicuro ed efficace la grande quantità di energia raccolta da questi giganteschi sistemi fotovoltaici.

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MISTERIOSI CERCHI NEL CIELO RADIO

“Strani cerchi radio”, ovvero Orc (Odd Radio Circles): così sono stati definite queste strutture trovate dal radiotelescopio australiano Askap, una schiera di antenne che serve da apripista per Ska, il futuro radiointerferometro più grande al mondo. Askap ha scoperto casualmente cinque di questi strani oggetti celesti. Per risolvere il mistero, è stata ottenuta un’immagine più dettagliata del primo di questi, Orc-1, con un altro precursore di Ska, il radiotelescopio MeerKat in Sudafrica. Nella figura, i dettagli del cerchio radio sono sovrapposti in colore turchese a un’immagine della stessa zona di cielo ripresa dalla survey Dark Energy Survey DR1. Questa osservazione ha rivelato che Orc-1 è centrato su una galassia troppo debole per essere vista in precedenza. Secondo un gruppo di ricerca internazionale, i cerchi sarebbero enormi esplosioni di gas caldo emanate dalla galassia centrale; più precisamente, si tratterebbe di onde d’urto prodotte dalla fusione di due buchi neri supermassicci. Inquadra il QR per un servizio di Media-Inaf sui misteriosi cerchi radio, dove un’animazione mostra gli anelli crescere ed espandersi ben oltre la galassia, fino a raggiungere, dopo un miliardo di anni dall’esplosione, un diametro di circa un milione di anni luce. Proprio come Orc-1.

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I VULCANI DI GHIACCIO DI PLUTONE

Il “cuore” di Plutone ripreso il 14 luglio 2015 dalla sonda New Horizons della Nasa continua a stupire gli scienziati e ad alimentare studi e ricerche. Un lavoro recente, dedicato alle strutture geologiche presenti nella regione a sud-ovest di Sputnik Planitia, conferma che sono state prodotte da un’attività criovulcanica recente, segno della presenza di una fonte di calore nel sottosuolo del pianeta nano. “Le strutture che abbiamo studiato sono uniche, presenti solo Plutone”, dice Kelsi Singer del Southwest Research Institute (Boulder, Colorado, Usa), principal investigator di New Horizons. “Sembra che sia stata l’attività criovulcanica ad aver estruso grandi quantità di materiale all’esterno di Plutone e fatto riemergere un’intera regione dell’emisfero osservato da New Horizons”. Sui corpi che orbitano nelle regioni più fredde del Sistema solare non sono rare le strutture criovulcaniche: a rendere particolari quelle osservate su Plutone sono le grandi dimensioni e l’età relativamente recente, forse inferiore al milione di anni. Si osservano cupole alte fino a 7000 metri, che si estendono per decine di chilometri, intrecciandosi fra loro a formare strutture complesse. Il tutto è coperto da piccole collinette semisferiche (dette hummock) e privo di crateri, un tratto caratteristico di una morfologia geologicamente giovane.

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GLI USA CONTRO I TEST ANTISATELLITE

La vicepresidente Kamala Harris (foto) ha annunciato che gli Stati Uniti non eseguiranno più test antisatellite distruttivi (Asat), e ha invitato gli altri Stati a seguire l’esempio americano. La dichiarazione del 19 aprile è stata fatta in occasione di una sua visita ufficiale alla base militare della Space Force di Vandenberg, ma le sue radici vengono dal test antisatellite russo del 14 novembre 2021, che ha messo in stato di allerta non solo la Iss, ma anche il National Space Council, presieduto dalla stessa Harris. La pericolosità dei test Asat è incontrollabile: una volta colpito il satellite bersaglio con un missile balistico, i suoi detriti possono distribuirsi su diverse orbite e distruggere altri satelliti. Questo potrebbe causare una reazione a catena in grado di annientare la rete satellitare su cui si basano molti servizi utili per la nostra società. Il tutto, ovviamente, senza fare distinzioni di bandiera. Per quanto auspicata, l’iniziativa americana è molto diversa da un “cessate il fuoco” nello spazio: esistono altri modi, meno appariscenti, di sabotare un satellite.

D.L.

NEWS

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RIMANDO ESTIVO PER ARTEMIS 1

Continuano i test al gigantesco razzo Sls della Nasa che porterà una capsula Orion senza equipaggio in orbita lunare nella missione Artemis 1. L’ultimo grande test da superare prima del lancio è il Wdr (Wet Dress Rehearsal), che consiste nell’inserimento del carburante nel razzo sulla rampa di lancio. Ad aprile sono stati cominciati ben tre test Wdr, ma nessuno di questi è stato portato a termine, per via di diversi problemi a connettori e valvole. I tecnici della Nasa hanno quindi dovuto riportare il razzo all’interno dell’hangar Vab (Vehicle Assembly Building), per eseguire delle riparazioni (foto). Una volta messo a punto, il razzo sarà riportato alla piattaforma di lancio 39B del Kennedy Space Center per effettuare un Wdr completo. Nel caso che questo test funzioni perfettamente, il razzo potrà essere lanciato nei giorni successivi, altrimenti sarà necessario far tornare ancora l’Sls nel Vab prima del grande volo. Che era previsto prima dell’estate ma a questo punto si spera di poterla effettuare entro l’estate.

D.L.

LA LUNA EUROPEA SENZA

RUSSIA

Il direttore generale dell’Agenzia Spaziale Europea Josef Aschbacher ha comunicato il ritiro delle collaborazioni lunari con la Russia. L’Esa aveva organizzato il lancio di payload scientifici a bordo dei lander Luna 25, Luna 26 e Luna 27 di Roscosmos. Ma, a fronte della guerra in Ucraina e dell’assetto internazionale, è stato inevitabile per Aschbacher fare un passo indietro. A bordo di Luna 25, con partenza programmata per questo agosto, sarebbe dovuto allunare Pilot-D, una camera con un innovativo sistema di analisi del terreno per rendere più sicuri gli atterraggi sul suolo lunare. Su Luna 27 invece era programmato Prospect, un piccolo laboratorio per la perforazione della superficie lunare e per l’analisi chimica. Negli intenti di Aschbacher, Prospect e Pilot-D raggiungeranno la Luna a bordo di uno dei lanciatori commerciali sotto contratto con la Nasa, ma al momento Pilot-D si trova ancora integrato all’interno di Luna 25 (foto, cortesia RSC Energia/Roscosmos). La situazione è ancora più complessa per la missione ExoMars, in cui la Russia, oltre a fornire razzo e lander, ha degli strumenti montati a bordo del rover marziano europeo.

D.L.

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