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Scritti al buio
from L'ESPRESSO 34
by BFCMedia
Scritti al buio/cinema C R O N E N B E R G S C AT E N AT O
Un film in cui il limite tra umano e macchina è l’ horror. O l’ironia FABIO FERZETTI
Se il nuovo film di Cronenberg non fosse una meraviglia, bisognerebbe andarlo a vedere anche solo per godere delle macchine. Chi ha visto “eXistenZ”, “Il pasto nudo” o “Crash” sa di cosa parliamo. Macchine umane, fatte come pezzi di ossa o di carne perché destinate a interagire con il nostro corpo. Come ogni macchina, certamente, ma in modo - come dire - più organico. C’è un letto a forma di utero che dondola e oscilla appeso a certe liane che paiono tendini per aiutare chi vi giace a riposare e a lenire il dolore. C’è una specie di seggiola da dentista che ricorda una mascella e vi abbraccia e vi imbocca per digerire meglio. Poi c’è una macchina per fare autopsie, un po’ ostrica un po’ sarcofago, che ormai è un pezzo d ’antiquariato e provoca brividi d ’eccitazione negli amatori dell’arte più esclusiva, dunque proibita, che si radunano estatici per assistere a performance in cui la chirurga Caprice (Léa Seydoux) opera in diretta il suo compagno Saul Tenser (Viggo Mortensen), «artista del paesaggio interiore», rimuovendo con altre macchine gli organi, o forse sono tumori, che Saul produce spontaneamente. Il tutto provando e provocando un piacere imprevisto ma indubitabile (battuta chiave: «La chirurgia è il nuovo sesso?») Perché la specie umana continua a evolversi e in un futuro molto simile al presente saremo tutti un po’ mutanti. Dunque qualcuno cercherà di guidare le mutazioni, altri di reprimerle, altri ancora ne faranno un oggetto di piacere e di speculazione filosofica. Come in tutto il cinema di Cronenberg, che in fondo ruota intorno ad alcune attività fondamentali del genere umano, godere, soffrire, guardare. E pensare, conseguenza inevitabile delle attività precedenti. Poco importa sapere come e perché Saul e Caprice, coinvolti in un delitto, saranno inseguiti e insieme corteggiati da due burocrati del Registro Nazionale Nuovi Organi (irresistibile la castissima scena di seduzione con K risten Stewart), quindi costretti a superare sempre nuovi limiti. Conta sottolineare lo humour mai così esplicito, alleato a un pathos che ci porta al cuore, è la parola, del lavoro di Cronenberg. Nipotino di Kaf ka, certamente (“Nella colonia penale”) ma ossessionato dalla creazione anziché dalla Legge. Ov vero da ciò che il tempo fa ai nostri corpi. E che solo noi possiamo trasformare in bellezza. Q
“CRIME S OF T HE FU T URE” di David Cronenberg Canada, 107’
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aaaab
e molto calzante. Il rischio della stupefacente trasformazione in atto in questi anni è che utilizza sistemi che tendono a ridurre questa ricchezza stilistica. Senza entrare nel merito e senza mettere in discussione il valore di questa rivoluzione (lo ribadisco per non creare sgradevoli equivoci) le piattaforme sono un imbuto abbastanza stretto e stanno diventando quasi l’unica via di accesso. E così torniamo alla domanda iniziale. Sono un ragazzino, voglio fare musica, poniamo il caso che non abbia voglia di fare per forza trap, mi vengono in mente canzoni astruse, originali, emozionanti, oppure scrivo musica strumentale, magari sono anche un piccolo genio, oppure ancora voglio fare musica portoghese, scrivere canzoni in stile flamenco, oppure sono un nuovo De Gregori, ho qualche possibilità di fare ascoltare la mia musica a qualcuno? Diciamo che è difficile, molto difficile, ed è un peccato perché con tutto il rispetto per la giovane musica italiana, a volte entusiasmante (anche questo lo sottolineo per evitare i soliti sgradevoli equivoci) potremmo perdere molto, o peggio ancora questo sistema potrebbe portare a una sorta di autocensura. Non c’è possibilità di fare musica diversa, tanto vale allinearsi e fare anche io trap, magari risultando un mediocre trapper e un mancato geniale cantautore. Q
Fabrizio De Andrè