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Sul palco la rabbia di PPP Valeria Verbaro
from L'Espresso 45
by BFCMedia
digo di consigli e anche di insofferenze, soprattutto constatando il deteriorarsi del Paese e delle sue istituzioni, del patto costituente che aveva reso possibile, nella grande stagione del cinema italiano, anche i suoi film capaci di raccontare dell’Italia veleni e illusioni. Uno dei risultati fu il bel libro di Giuseppe Tornatore “Io lo chiamo cinematografo”, la cui meticolosa gestazione ebbe tra l’altro il merito di strapparlo al dolore che patì dopo la morte di Giancarla, il baricentro della sua vita, l’amoroso conflittuale punto di equilibrio. Altro argine alla malinconia fu la volitività e il cuore di Carolina, la figlia che ne raccolse l’ingiunzione araldica: «Andiamo avanti!».
Aggiungo solo che questo amico esigente e insostituibile mi manca molto. Posso solo tener care le sue parole, che scandiva come dovessimo scolpirle nella pietra, e ricordarmene nelle contrarietà. Soprattutto cercare di seguirne l’esempio nella professione, nella vita, negli affetti.
Sul palco la rabbia di PPP
di Valeria Verbaro
“Pa’”, come era chiamato dai ragazzi di vita romani, quando insieme giocavano a calcio fra le strade polverose della periferia. Questo è il titolo che Marco Tullio Giordana ha scelto per il suo spettacolo dedicato a Pier Paolo Pasolini. Curato insieme al protagonista e compagno di scena di lunga data, Luigi Lo Cascio, “Pa’” è una selezione di testi dell’immensa produzione pasoliniana, che non ha l’ambizione di essere esaustiva. Rappresenta piuttosto un’immagine essenziale di ciò che l’autore rappresenta oggi per Giordana e Lo Cascio, rispettivamente regista e interprete. «D’altra parte ognuno ha il suo Pasolini, com’è giusto che sia, e questo non è che il nostro», afferma lo stesso Giordana nelle note di regia. Oltre la poesia, oltre il cinema o le drammaturgie più note, “Pa’” è una rappresentazione che porta sul palco la rabbia dell’intellettuale, spogliata dalle forme e dalle regole delle arti, andando alla riscoperta di quella scrittura diretta, caustica, spesso indisponente, con cui Pasolini raccontava la realtà e l’attualità del suo tempo. «Non c’è parola, virgola, capoverso che non provenga dalla sua opera», tanto che “Pa’” si potrebbe quasi definire un’autobiografia in versi. Cento anni sono trascorsi dalla sua nascita, quarantasette dal suo assassinio, eppure le parole di Pasolini vibrano ancora, hanno risonanza «come un grido di battaglia che avremmo dovuto raccogliere per fronteggiare il declino, anziché trattarlo come un visionario jettatore», afferma sempre Giordana. “Pa’” desidera così ribadire ancora una volta l’attualità di uno dei pensatori più controversi, più amati e contestati del nostro tempo. Non l’unico fra i migliori del Novecento, ma sicuramente colui che più di tutti ha investito «il suo corpo, la carne, il sangue», per ogni parola. Lo spettacolo debutta al Teatro Goldoni di Venezia (17-20 novembre) e prosegue a Verona (Teatro Stabile, 22-26 novembre), Milano (Teatro Elfo/Puccini, 29 novembre – 4 dicembre) e Padova (Teatro Verdi, 14-18 dicembre).
Marco Tullio Giordana e Luigi Lo Cascio durante le prove dello spettacolo “Pa’”