giovan i e lavoro
INSIDE
30 | Un progetto in tazza È entrata nel gruppo Illy giovanissima. Poi ha salito tutti i gradini della carriera di manager. Erika Le Noan, francese ma italiana per passione, è presidente di Dammann Frères, l’azienda leader di tè e infusi del Polo del Gusto. Il suo obiettivo è crescere, ma con grandissima attenzione alla sostenibilità.
di Alessandro Dall’Onda
13
Alessandro Mauro Rossi
14 | Il signore del mattone
Andrea Giacobino
FRONTRUNNER
19 | Il re dell’acqua minerale
NEWS
24 | Innovation people
Giovanni Iozzia
26 | Space news
Emilio Cozzi
28 | Social responsibility
Enzo Argante
COVER STORY
30 | Un progetto in tazza
Alessandro Dall’Onda
THE INVESTIGATION
38 | Matrimonio d’interesse
Tommaso Carboni
42 | Mal di Francia
Cosimo Maria Palleschi
44 | Visione d’insieme
Emilio Cozzi
CONTRARIAN
47 | Tante ottime annate per il turismo di campagna
Alessandro Dall’Onda
52 | La comunicazione è di rigore
Alessandro Dall’Onda
54 | Sacerdoti del made in Italy
Enzo Argante
56 | Il Maestro e l’ambasciatrice
Alessandro Dall’Onda
38
BEST IN CLASS
59 | Conoscere per crescere
Massimiliano Carrà
62 | Inclusione intelligente
Francesca Vercesi
64 | L’IA mette il turbo
Andrea Celesti
66 | Un nuovo paradigma di protezione
Agostino Desideri
BRANDVOICE
con Terna
68 | Trasformazione profonda
SPECIALE RETAIL
71 | Oltre lo shopping
Primo Marzoratti
74 | Spazi di evoluzione
Attilio Nucetti
76 | Sarti della vendita
Marco Gemelli
BRANDVOICE
con Davis & Morgan
78 | A tutela degli investitori
80 | Attenti al dettaglio
Marco Gemelli
82 | Cogliere l’attimo
Danilo D’Aleo
BRANDVOICE
con Philip Morris Italia
84 | Possiamo parlarne?
SMART CITY
87 | Città connesse
Letizia Fontana
90 | Le strade del cambiamento
Camillo de Angelis
92 | Tessere un futuro sostenibile
Agostino Desideri
94 | Sfide green
Maurizio Abbati
BRANDVOICE
con Men At Code
96 | Il ponte tra tecnologia e persone
GOOD STORIES
99 | Costruire l’avvenire
Roberto Pianta
102 | Tesori da indossare
Lavinia Desi
104 | Effetto nostalgia
Primo Marzoratti
106 | Domani da programmare
Francesca Vercesi
108 | Medicina etica
Antonio Monreale
110 | Innovare responsabilmente
Danilo D’Aleo
112 | Autentiche creazioni
Elisa Serafini
BRANDVOICE
con Italmatch
114 | La formula del cambiamento
116 | Guardare avanti
Andrea Celesti
118 | Confezioni sostenibili
Attilio Nucetti
120 | L’energia che trasforma
Lavinia Desi
122 | Parlare chiaro
Danilo D’Aleo
BRANDVOICE
con Hunix
124 | Un modello di holding per lo sviluppo globale
126 | Eleganza che non tramonta
Maurizio Abbati
128 | Il Giappone in tavola
Marco Gemelli
129 | Fuori dagli schemi
Marco Gemelli
130 | Investitore per natura
Alessandro Dall’Onda
133 | Impatto ridotto
Roberto Pianta
SMALL GIANTS
A cura di Piera Anna Franini
135 | Eccellenza da accarezzare
BRANDVOICE con Sinapsi
138 | I mezzi per crescere
TRAVEL
141 | Un secolo in viaggio
Penelope Vaglini
144 | Scendere in campo
Camilla Rocca
145 | Alta qualità ad alta quota
Antonio Leggieri
146 | Oltre l’evasione
Penelope Vaglini
148 | Una nuova Palermo
Camilla Rocca
150 | Sempre più avanti
Antonio Leggieri
152 | Sostenere l’innovazione
Andrea Celesti
153 | Dimore senza tempo
Penelope Vaglini
154 | Benessere dell’altro mondo
Penelope Vaglini
156 | Soggiorni romantici
Penelope Vaglini
158 | Accoglienza ecologica
Lavinia Desi
159 | Lusso secolare
Lavinia Desi
BRANDVOICE con Ospitami Group
160 | L’ospitalità contemporanea nel centro di Milano
FORBES LIFE
163 | Notti magiche
Alessia Bellan
166 | Vini di valore
Luca Sessa
BRANDVOICE con Traininpink
168 | Questione di forma
170 | Sapore di Toscana
Cristina Mercuri
171 | Forbes design
Valentina Lonati
172 | Forbes tech
Gabriele Di Matteo
173 | Forbes trends
Marco Gemelli
LIVING
174 | Milano Alessia Bellan
175 | Roma Mara Cella
176 | Londra Augusto Snodgrass
177 | New York Aka Sarabeth
178 | Pensieri e parole Capi
COGLI L’ATTIMO PER IL TUO INVESTIMENTO
DICEMBRE, 2024 | VOLUME 86
Mensile registrato presso il Tribunale di Milano al n°260 del 7 settembre 2017
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WRITERS
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SPECIAL CONTRIBUTORS
Smart mobility: Giovanni Iozzia
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Space economy: Emilio Cozzi
Responsibility: Enzo Argante
Contributors: Maurizio Abbati, Alessia Bellan, Tommaso Carboni, Mara Cella, Danilo D’Aleo, Alessandro Dall’Onda, Camillo de Angelis, Lavinia Desi, Agostino Desideri, Gabriele Di Matteo, Letizia Fontana, Piera Anna Franini, Marco Gemelli, Antonio Leggieri, Valentina Lonati, Primo Marzoratti, Cristina Mercuri, Antonio Monreale, Attilio Nucetti, Cosimo Maria Palleschi, Roberto Pianta, Camilla Rocca, Aka Sarabeth, Elisa Serafini, Luca Sessa, Augusto Snodgrass, Penelope Vaglini, Francesca Vercesi Realizzazione grafica: Filippo Scaglia - scaglia@bfcmedia.com
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Top selection
PEOPLE IN FOCUS
Quattro personaggi sotto i riflettori, scelti dal direttore di Forbes Italia
GIUSEPPE CASTAGNA
L’amministrazione delegato di Bpm è stato protagonista nell’operazione Mps-Anima, che pone il gruppo milanese in posizione di azionista di riferimento della banca senese. Ha messo così le basi per la creazione del terzo polo bancario, dopo Intesa Sanpaolo e Unicredit.
GIOVANNA VITELLI
La presidente di Azimut-Benetti ha vinto la 27esima edizione del Premio Imprenditore dell’Anno di Ey per aver indirizzato l’azienda alla crescita per dimensioni e profittabilità, ma anche verso sostenibilità, benessere dei dipendenti e responsabilità sociale.
ANNALISA
GIANLUCA GAZZOLI
Conduttore radiofonico e televisivo, cerca ogni giorno di realizzare i propri sogni. Innovatore nella comunicazione, ha intrapreso un lungo e diversificato percorso di investimento: dalle collaborazioni nel basket alla Padel Farm, fino al Bsmt, luogo creativo e di incontro, e il suo marchio di abbigliamento.
La cantante ha vinto per la seconda volta il premio Best Italian Act agli Mtv Ema. Questa vittoria (la prima è stata nel 2018) pone Annalisa sullo stesso livello dei Finley e dei Subsonica e dietro solo a Marco Mengoni con tre successi.
LLa Grandeur e il suo rovescio
La competizione tra Italia e Francia esiste da decenni, soprattutto in campo sportivo. Ma ci sono altri settori come l’agricoltura o la moda che ci inducono alla sfida. In agricoltura la lotta è alla pari e anzi l’Italia sta piano piano prendendo il predominio: se i francesi sono bravi a fare i formaggi, in Italia non siamo da meno; se i francesi si vantano per i loro vini, in Italia ormai si contano delle eccellenze mondiali che vincono su tutti i mercati. Semmai c’è da dire che i francesi ci battono nell’organizzazione: loro, quando si presentano all’estero sono più compatti, lavorano di squadra, mentre noi siamo i soliti individualisti in eterna competizione con tutti quelli che ci stanno intorno. Il terreno di scontro più visibile è quello della moda. I più grandi marchi del mondo - da Armani a Valentino, da Gucci a Pradasono nati in Italia. Il problema però è che gran parte di loro sono stati acquistati da gruppi francesi, giganti come Lvmh, guidato da Bernard Arnault, che tra gli altri possiede Fendi e Loro Piana e ha recentemente acquistato una quota della società che controlla Moncler, mentre il fondo Catterton, sostenuto da Lvmh, è stato fondamentale nel far uscire dalla quotazione in Borsa a Piazza Affari l’azienda di calzature e abbigliamento Tod’s. Invece Kering, guidato da Francois-Henri Pinault, possiede Gucci e Bottega Veneta e ha un’opzione per acquisire il controllo di Valentino. Ma ci sono anche aziende italiane che hanno comprato aziende francesi. È il caso del Polo del Gusto (italiano) di Riccardo Illy che da alcuni anni controlla Dammann Frères, una delle aziende (francesi) che producono e commercializzano infusi di altissima qualità, tra cui il tè, più importanti
al mondo. La sua presidente, Erika Le Noan, si è talmente appassionata all’Italia che si sente italiana a tutti gli effetti. Dice che a farla innamorare ci ha pensato la bellezza che esprime il nostro Paese. Poi ha studiato in Italia, lavorato in Italia, sposato un italiano e ha figli italiani. Insomma tutto intorno a lei parla la nostra lingua. E lei è felice di sentirsi italiana. C’è un altro caso, tra i tanti, di un francese diventato italiano. È quello di Jean-Christophe Babin, ceo di Bulgari (ora gruppo Lvmh), uno dei marchi che più rappresenta l’italianità nel mondo, che addirittura ha deciso di prendere la cittadinanza italiana, anche lui affascinato dalla bellezza che esprime il nostro Paese. Anche la Grandeur ha il suo rovescio della medaglia. F
PS: A proposito delle polemiche sorte in relazione al nostro allegato al numero di Forbes di ottobre “100 ristoranti&Co innovativi”, ci preme precisare quanto segue: l’allegato in questione non è una guida né tantomeno una classifica, ma semplicemente una directory che fotografa il fermento nel settore; non vengono dati giudizi né valutazioni di merito; i locali presenti godono tutti di alta reputazione; l’inserto non è stato realizzato dalla redazione ma da una società terza che ha portato avanti alcune azioni commerciali che abbiamo omesso di segnalare in quanto in copertina comparivano il marchio e la dicitura “In collaborazione con Il Forchettiere” immaginando che fosse sufficiente a determinare la natura anche commerciale del prodotto. Se questa nostro operato non ha reso chiarezza a sufficienza ci scusiamo con i lettori assicurando che nel futuro il confine sarà marcato con più precisione.
Il signore del mattone
Pietro Croce, genovese, classe 1982, ha maturato una solida esperienza nel mondo del real estate. Nel 2012 ha fondato Merope, una delle principali società italiane di investimento e sviluppo immobiliare a Milano e sul mercato italiano
L’immobiliare può essere un buon investimento, soprattutto nei cosiddetti trophy asset. Ne sa qualcosa Pietro Croce, genovese, classe 1982, figlio di Carlo, a lungo presidente dello yacht club del capoluogo ligure, che ha fondato Merope nel 2012 e da allora, imbarcando molti soci eccellenti, tra i quali John Elkann, Vitaliano Borromeo Arese e Marco Caleffi, ha realizzato operazioni di value add real estate per oltre 1 miliardo di euro. Oggi Merope è considerata una delle principali società di investimento e sviluppo immobiliare a Milano e sul mercato italiano. Prima di fondarla, Croce ha maturato sette anni di
rischio a valore aggiunto, avendo come obiettivo ritorni elevati da raggiungere con la gestione di operazioni immobiliari complesse, con investimenti rivolti a importanti family office nazionali.
Tra gli asset di Merope si segnala, a Roma, l’acquisizione dei villini del Rione Sallustiano, proprietà che comprende dieci edifici per un totale di oltre 17mila metri quadrati, situati in un parco secolare. Questi edifici costituiscono uno dei principali trophy asset della capitale. A giugno è stato annunciato l’accordo con Mandarin Oriental per l’apertura di un resort di lusso entro il 2026. Nell’ambito dell’accordo, Me-
“I capitali internazionali guardano con sempre maggiore interesse all’Italia, oggi percepita come un Paese più sicuro in cui investire.
Non escludiamo la possibilità di allargare il nostro network, oggi composto per il 90% da family office italiani, anche a family office internazionali, partendo dall’Europa e poi guardando agli Stati Uniti e al Medio Oriente”
esperienza nel global real estate team di Ubs, investendo per conto di fondi Core, Core+ e Value Add Lux e tedeschi. Ha iniziato come analista, poi ha lavorato come associate director, director e responsabile degli investimenti per l’Italia. Per la banca svizzera ha investito circa 1 miliardo di euro nel settore immobiliare italiano. Prima di Ubs ha lavorato nel dipartimento real estate del team m&a di Jp Morgan a Milano, ai tempi guidata da Federico Imbert che poi investì in Merope.
Due figli, appassionato di vela come il padre, Croce ha sviluppato Merope investendo con un profilo di
rope si occuperà dell’intervento di riqualificazione e restauro dei dieci villini, per un investimento complessivo di circa 100 milioni di euro, e della gestione pluriennale della nuova struttura alberghiera.
A Milano un altro trophy asset è quello in Corso Venezia 56, acquisito nel novembre 2019 tramite un club deal, basato su una strategia multi-asset a valore aggiunto. L’immobile, ex sede centrale di General Electrics e Interbanca, è uno degli edifici di riferimento del corso ed è tutelato dal ministero, in quanto bene di interesse storico.
A giugno 2022 Merope ha annunciato di aver rag-
giunto un accordo con Rh, brand americano dell’arredamento di lusso, per l’apertura della sua prima gallery italiana. A gennaio 2020 Merope ha raggiunto un accordo di locazione trentennale con Cipriani, gruppo di food, hospitality & leisure di alta gamma a livello internazionale. Palazzo Bernasconi, ribattezzato ‘casa Cipriani’, ospita due ristoranti Cipriani, un boutique hotel, un bar club, un centro benessere e uno fitness. Il gruppo ha scelto Palazzo Bernasconi come sede della seconda attività a marchio Cipriani nel mercato italiano, dopo il leggendario heritage della famiglia, a Venezia, dove è presente con gli storici Harry’s Bar e Harry’s Dolci. Sempre nel capoluogo lombardo Merope aveva già acquistato un edificio in via della Spiga, attraverso un club deal che ha coinvolto 21 family office italiani d’eccellenza. L’edificio è stato locato a Ralph Lauren per l’apertura del suo flagship store. Ancora a Milano Merope ha completato, nel 2015, il più importante progetto di sviluppo retail high street del centro della città, tra via Torino, via Palla e via Lupetta. Con la formula del club deal, che ha coinvolto 17 family office, il ritorno ottenuto dalla vendita è diventato un nuovo benchmark del mercato retail milanese e
il rendimento dell’investimento ha reso l’operazione una delle più redditizie di questo decennio. Altre operazioni hanno riguardato un immobile a Milano in via Manzoni e uno in via Ciovassino, la storica Villa Spinola a Genova e un complesso a Praga. Oggi Merope punta a mantenere il focus della sua attività in Italia espandendo il raggio d’azione ad altre città d’arte, come Firenze e Venezia, così come a località turistiche che beneficiano del progressivo allungamento delle stagioni di soggiorno. Questo fattore sta cambiando le logiche dell’hospitality, per avvicinarsi progressivamente ai modelli del leisure internazionale.
“Nel mercato internazionale del leisure”, dice Croce, “l’Italia ha un grande vantaggio competitivo, in parte ancora inespresso. I capitali internazionali stanno guardando con sempre maggior interesse al nostro Paese, oggi percepito come più sicuro per investire. Non escludiamo la possibilità di allargare il nostro network, oggi composto per il 90% da family office italiani, a family office internazionali, partendo dall’Europa e poi guardando agli Stati Uniti e al Medio Oriente, dove stiamo riscontrando un crescente interesse”. F
WHAT’S NEW WHO’S NEXT
Zhong Shanshan
Il RE dell’acqua minerale
Per il quarto anno consecutivo, il miliardario cinese più ricco è Zhong Shanshan, fondatore del produttore di bevande Nongfu Spring, con una fortuna di 50,8 miliardi di dollari. In seconda posizione Ma Huateng, cofondatore e presidente di Tencent. Ecco la top ten
IL
Il 2024 non è stato un buon anno per Zhong Shanshan, il re dell’acqua minerale cinese. La sua Nongfu Spring ha perso il 28% in Borsa e il suo patrimonio è diminuito di 9,3 miliardi di dollari. Zhong, però, rimane la persona più ricca della Cina per il quarto anno consecutivo. La sua fortuna personale è scesa a 50,8 miliardi, ma è sufficiente a tenere dietro Ma Huateng, cofondatore e presidente di Tencent, che ha visto il titolo della sua società crescere del 49% e ha guadagnato 14,7 miliardi. Il suo patrimonio è ora di 46,8 miliardi di dollari e lo riporta in seconda posizione nella classifica China’s 100 Richest di Forbes, occupata per l’ultima volta nel 2020.
Nel complesso, gli ultimi 12 mesi sono stati molto favorevoli ai magnati cinesi. L’indice di riferimento Csi 300, che considera i 300 principali titoli negoziati alla Borsa di Shanghai e a quella di Shenzhen, è cresciuto del 12%. Il totale dei patrimoni dei 100 cinesi più ricchi è tornato a superare i 1.000 miliardi di dollari dopo due anni ed è aumentato del 15% rispetto al 2023. Il patrimonio necessario per entrare nella China’s 100 Richest è salito dai 3,4 miliardi di dollari del 2023 ai 3,9 miliardi di quest’anno. Tra i nomi in classifica, 60 sono più ricchi di 12 mesi fa, 22 hanno perso soldi. Le donne sono solo 11.
A febbraio è morto il miliardario Zong Qinghou, fondatore di Hangzhou Wahaha Group, gigante cinese delle bevande ed ex membro della China’s 100 Richest (quest’anno sostituito dalla figlia, Zong Fuli). Subito dopo, come riporta Forbes.com, alcune testate cinesi hanno attaccato Zhong, che ha lavorato come distributore per Wahaha prima di fondare un’azienda rivale. In rete è partita una campagna che ha chiesto il boicottaggio di Nongfu Spring e l’ha accusata di essere sul punto di perdere la sua identità cinese perché Shu Zi, figlio del fondatore e suo probabile erede, è cittadino americano. In un’intervista alla tv statale Cctv, Zhong ha replicato che l’azienda “apparterrà sempre alla Cina”. Non è bastato, però, a impedire il crollo del titolo e la frenata della crescita dei ricavi: dal 25% dell’anno scorso all’8%.
Ma Huateng, al contrario, ha vissuto un anno d’oro ed è in assoluto il miliardario cinese che ha guadagnato di più. A fare la sua fortuna è stato il successo del gioco per cellulare Dungeon & Fighter Mobile e l’aumento dei ricavi pubblicitari sulla piattaforma di messaggistica di Tencent, WeChat, che ha 1,4 miliardi di utenti attivi. Ed è stato un grande anno anche per Tencent Video, il servizio di
LA CLASSIFICA DEI CINESI PIÙ RICCHI
Di seguito la classifica dei dieci cinesi più ricchi. Tutte le cifre sono espresse in dollari e sono aggiornate al 18 ottobre
1 | ZHONG SHANSHAN
Patrimonio: 50,8 miliardi
Settore: food & beverage
2 | MA HUATENG
Patrimonio: 46,8 miliardi
Settore: tecnologia
3 | ZHANG YIMING
Patrimonio: 45,6 miliardi
Settore: tecnologia
4 | COLIN HUANG
Patrimonio: 43,9 miliardi
Settore: tecnologia
streaming del gruppo: Joy of Life 2 e The Legend of Shen Li sono state le due serie drammatiche più viste sulle piattaforme cinesi nella prima metà del 2024. Al terzo posto in classifica, con un patrimonio di 45,6 miliardi di dollari, c’è Zhang Yiming, fondatore di ByteDance (TikTok), che ha perso una posizione rispetto allo scorso anno ma ha guadagnato 2,2 miliardi di dollari. Una sorte simile a quella di Colin Huang, fondatore di Pdd Holdings, che ha incrementato la sua fortuna da 36,2 a 43,9 miliardi, ma è sceso dal terzo al quarto posto.
A chiudere le prime cinque posizioni, con un patrimonio di 37,1 miliardi, è Robin Zheng, fondatore, presidente e amministratore delegato di Contemporary Amperex Technology, uno dei più grandi produttori mondiali di batterie per auto elettriche. Seguono He Xiangjian (28,6 miliardi), fondatore dell’azienda di elettrodomestici Midea Group, William Ding (27,4 miliardi) di NetEase, società di giochi online, e Jack Ma (25,2 miliardi) della multinazionale tecnologica Alibaba.
Jack Ma con Donald Trump
Nono è Wang Chuanfu, presidente di Byd, produttore di auto elettriche che nel terzo trimestre del 2024 ha superato per la prima volta i ricavi di Tesla. È entrato fra i primi dieci anche Lei Jun, cofondatore, presidente e amministratore delegato di Xiaomi. I nomi nuovi in classifica sono otto. Fra loro ci sono Cai Haoyu (7,3 miliardi), Liu Wei (4,4 miliardi) e Luo Yuhao (4,3 miliardi), cofondatori di miHoYo, con cui sviluppano videogiochi in stile anime, e Wang Ning, il magnate dei giocattoli che ha creato Pop Mart. Altri dieci miliardari sono rientrati nella China’s 100 Richest dopo esserne usciti negli anni scorsi. Il più ricco è Chen Tianshi, presidente di Cambricon Technologies, produttore di chip che ha triplicato il suo valore in Borsa grazie all’esplosione dell’intelligenza artificiale. Tra chi è uscito di classifica spicca Yang Huiyan, la presidente di Country Garden, uno dei colossi immobiliari cinesi crollati negli ultimi anni. F
5 | ROBIN ZENG
Patrimonio: 37,1 miliardi
Settore: auto
6 | HE XIANGJIAN
Patrimonio: 28,6 miliardi
Settore: manifattura
7 | WILLIAM DING
Patrimonio: 27,4 miliardi
Settore: tecnologia
8 | JACK MA
Patrimonio: 25,2 miliardi
Settore: tecnologia
9 | WANG CHUANFU
Patrimonio: 22,8 miliardi
Settore: auto
10 | LEI JUN
Patrimonio: 19,9 miliardi
Settore: tecnologia
LA STARTUP CHE ADDESTRA ALLA CYBERSECURITY
Basta aprire una mail ‘infetta’ o cliccare su un link criminale e il guaio è fatto, con gravi danni per tutti. Il punto debole di ogni organizzazione di fronte agli attacchi informatici sono le persone. Su questa consapevolezza lavora Cyber Guru, una delle startup a più rapida crescita in Europa, che in ottobre ha chiuso un round da 23 milioni di euro. Fondata nel 2017 da Gianni Baroni (nellafoto), che è anche ceo, si occupa di security awareness, cioè aumenta la sicurezza delle aziende lavorando sul comportamento delle persone, che restano l’anello debole della catena difensiva. Fa formazione con una piattaforma alimentata dall’intelligenza artificiale e usata da 700 società. I nuovi capitali serviranno per l’espansione internazionale.
Lo sport in digitale per il BENESSERE AZIENDALE
Perché non usare lo sport, nelle sue declinazioni digitali e più contemporanee, per migliorare il benessere nelle aziende? Le ricerche dicono che circa la metà dei dipendenti ha qualche disturbo. “Gli hr manager devono affrontare la sfida della sostenibilità e del benessere”, dice Nino Geraci (nella foto), fondatore e ceo di Olympica, startup che sviluppa il progetto WeSports Center, spazi in cui gli e-sport, il gaming e la realtà virtuale ven-
go usati per fare team building, sviluppare le relazioni, fare formazione e migliorare le prestazioni dei singoli e dei gruppi. “Sono tre format da 50, 150 e 400 metri quadri che progettiamo secondo i principi dell’Agenda 2030 e della Carta Olimpica, per creare ambienti inclusivi e sostenibili”, spiega Geraci. Fondata nel 2023, Olympica è incubata da Entopan Innovation e ha in programma di inaugurare il suo primo centro nella primavera 2025.
Ridurre i consumi per rendere sicuri gli alimenti
La sostenibilità è un tesoro che si nasconde dove meno si immagina. Per esempio, si possono ridurre i consumi di acqua quasi del 90% nei processi di pastorizzazione alimentare, con un risparmio di energia di almeno il 20%. È quello che riesce a fare il sistema messo a punto dalla startup Waxy, che ha ottenuto un finanziamento di 1,35 milioni di euro da Granarolo, insieme con CdP Venture Capital e Sud Speed Up. Fondata nel 2021 ad Alessandria da Mas-
simo Revello, ceo, Mauro Fontana e Valter Colombo, Waxy è uno spin-off, il primo in Italia che vede la partecipazione di due università, quella di Milano e la Sapienza di Roma. Il brevetto della startup permette la sanificazione degli alimenti non solo riducendo l’impatto ambientale, ma anche preservando le caratteristiche nutrizionali e di gusto. Adesso l’obiettivo è portarlo nel maggior numero possibile di aziende, dai piccoli caseifici alle multinazionali.
ALFA ROMEO TONALE NON SIAMO NULLA SENZA EMOZIONI
Consumo di carburante gamma Alfa Romeo Tonale ICE (l/100 km): 5,8 – 5,3; emissioni CO2 (g/km): 143 – 127; consumo carburante Tonale Plug-in Hybrid Q4 (l/100km): 1,4 – 1,3; consumo di energia elettrica (kWh/100km): 18,7 – 16,8; emissione di CO2 (g/km): 33 – 30. Valori omologati in base al ciclo misto WLTP, aggiornati al 05/11/2024; e indicati a fini comparativi. Il consumo effettivo di carburante e le emissioni di CO2 possono essere diversi e variare a seconda delle condizioni di utilizzo e di vari fattori quali: optional, temperatura, stile di guida, velocità, peso del veicolo, utilizzo di determinati equipaggiamenti (aria condizionata, impianto di riscaldamento, radio, navigazione, luci, ecc.), pneumatici, condizioni stradali, meteo, ecc. Immagini a puro scopo illustrativo.
Deep Blue e Primo Space investono in AIKO
L’azienda torinese Aiko, scaleup che sviluppa software per satelliti basati su algoritmi di intelligenza artificiale, ha raccolto 3,5 milioni di euro in un round di serie A. Guide dell’operazione sono stati Deep Blue Ventures, il fondo deep tech di venture capital, e Primo Ventures tramite Primo Space. L’investimento fa parte di un aumento di capitale di 5 milioni in totale, per proseguire la crescita dell’azienda in Europa e negli Stati Uniti. Aiko è nata nel 2017 e progetta software per la gestione autonoma dei satelliti, dal processing in orbita dei dati di osservazione della Terra (ottico e Sar) alla navigazione autonoma. Il sistema operativo di bordo può reagire a eventi imprevisti, mentre il software con IA monitora la telemetria ed esegue analisi di manutenzione predittiva. Con un fatturato 2025 atteso di oltre 5 milioni di euro, Aiko ha chiuso 28 contratti finanziati, lavora con istituzioni (Asi, Esa) e operatori commerciali satellitari (Eutelsat, OneWeb, Tyvak).
NUOVI ORIZZONTI PER APOGEO SPACE
Apogeo Space è pronta a lanciare, entro la fine dell’anno, un secondo round di raccolta di investimenti per supportare il proprio piano di sviluppo su scala globale e ampliare l’offerta e la capacità operativa. L’azienda di
Brescia ha annunciato anche nuovi orizzonti di business con l’inaugurazione di servizi innovativi e attività di manifattura satelliti per conto terzi. Apogeo Space si distingue già per essere la prima realtà commerciale in quanto a numero di satelliti lanciati, 20 (18 solo negli ultimi 11 mesi). Ad agosto sono stati rilasciati, con un lancio SpaceX, nove satelliti, di cui otto risultano operativi. Soprattutto ha individuato una nicchia di mercato: il servizio internet of things, con una costellazione di picosatelliti (dal peso tra i 100 grammi e il chilo) che verrà completata nel 2027.
Turismo suborbitale, c’è anche la Cina
L’azienda privata cinese Deep Blue ha annunciato che, a partire dal 2027, darà il via al servizio di voli suborbitali, simile per dinamica a quelli della Blue Origin di Jeff Bezos. Il costo del biglietto sarà di 1,5 miliardi di yuan, circa 210mila dollari. La capsula, che potrà essere riutilizzata fino a 50 volte, decollerà su un razzo riusabile Nebula-1 per raggiungere una quota tra i 100 e i 150 chilometri, prima di dare inizio all’esperienza di microgravità e as-
senza di peso per i passeggeri. Quest’ultima, scrive la compagnia in un comunicato, durerà fino a cinque minuti. Lo spettacolo della Terra dallo spazio sarà assicurato dai sei finestrini panoramici. Sono stati già venduti i primi due biglietti, durante un livestream, al prezzo scontato di 1 miliardo di yuan. Nel 2025 e nel 2026 Deep Blue continuerà la certificazione del razzo, che durante l’ultimo test ha sofferto un’anomalia in fase di atterraggio.
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Pubblicato da Neuberger Berman Asset Management Ireland Ltd, autorizzata e regolamentata dalla Banca Centrale d’Irlanda e registrata in Irlanda presso 2 Central Plaza, Dame Street, Dublino, D02 T0X4, Irlanda.
Immagine generata con l’IA.
di Enzo Argante
Alla ricerca del PROFILO GIUSTO
Nel 2023 il disallineamento tra domanda e offerta di lavoro per mancanza delle competenze richieste (mismatch) è costato all’Italia 44 miliardi di euro, pari al 2,5% del Pil. Le difficoltà maggiori a trovare i profili lavorativi giusti sono emerse in ambito Stem (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e nella transizione digitale. Yliway del fondatore e ceo Andrea Cinosi, che ha 205 soci tra professionisti
e imprenditori, promette di rivoluzionare il panorama professionale, contribuendo a ridurre questo mismatch con una piattaforma che integra in un ambiente digitale social media, formazione, ricerca del lavoro, selezione del personale, networking e sviluppo del business. “Per ridurre il mismatch”, afferma Cinosi, “è necessario investire nella formazione continua e nello sviluppo delle competenze”.
IL PIANO
PER SOSTENERE I NEET
Con il progetto Back to Your Future, Tesya e la no profit Ciape si rivolgono ai neet (chi non studia, non lavora e non segue percorsi formativi) per supportarli nel coltivare motivazioni e competenze per costruire un futuro professionale. Nella prima fase, denominata
Preparazione, svolta a Milano, è stato codefinito il modello formativo personalizzato. Nella seconda, Formazione, a Lubiana, sono stati identificati i dettagli operativi dei programmi e dei calendari formativi. Infine il Volontariato attivo vedrà i volontari, formati come coach e mentor, accompagnare i giovani nei laboratori di sviluppo delle competenze. “Crediamo che investire nel capitale umano sia essenziale per garantire la crescita sostenibile delle comunità nell’affrontare le sfide economiche e sociali del futuro”, ha dichiarato Lino Tedeschi, presidente del gruppo Tesya. Mentre Eleonora Perotti, presidente di Ciape, ha commentato: “Sentirsi supportati li spinge a credere nelle proprie capacità”.
MAESTRI
DELL’IA
Gli esperti del settore non hanno dubbi: l’intelligenza artificiale può migliorare l’efficienza delle piattaforme e dei programmi di apprendimento del 50% grazie a innovazioni come tutor IA e avateacher di ultima generazione. “L’esplosione dell’AI-learning fever era solo questione di tempo: per sette ceo su dieci nel mondo l’intelligenza artificiale avrà un ruolo determinante per il successo delle loro organizzazioni”, afferma Luana Lo Piccolo, AI governance and strategy expert. Sulla stessa lunghezza d’onda anche Ernesto Di Iorio, ceo di QuestIT: “Il futuro dell’e-learning sarà sempre più incentrato sull’IA. Il mercato globale dell’intelligenza artificiale applicata al settore delle learning platform sfiorerà i 21 miliardi di euro entro i prossimi tre anni”.
UN PROGETTO IN TAZZA
È ENTRATA NEL GRUPPO ILLY
GIOVANISSIMA. POI HA SALITO TUTTI
I GRADINI DELLA CARRIERA DI MANAGER. ERIKA LE NOAN, FRANCESE MA ITALIANA PER PASSIONE, È PRESIDENTE DI DAMMANN FRÈRES, L’AZIENDA LEADER DI TÈ E INFUSI DEL POLO DEL GUSTO. IL SUO OBIETTIVO È CRESCERE, MA CON GRANDISSIMA ATTENZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ
DICEMBRE, 2024
U ERIKA LE NOAN
Erika Le Noan è nata in Spagna da padre francese e madre spagnola. È cresciuta in Francia e lavora in Italia da 30 anni.
Una manager francese poliglotta arrivata in Italia con il programma universitario Erasmus per studiare la lingua. Ma con il nostro Paese è stato amore a prima vista, tanto che Erika Le Noan, presidente di Dammann Frères, leader nel settore del tè e degli infusi, controllato dal Polo del Gusto di Riccardo Illy, è entrata nel gruppo triestino da giovanissima (da stagista) e non è più uscita, salendo tutti i gradini della carriera di manager.
“Sono 30 anni che lavoro per gli italiani e devo dire che, se non fossi felicissima io per prima, non sarei rimasta”, conferma. “Adoro l’Italia, adoro la cultura italiana, ho sposato un italiano, le mie figlie Clara e Stella hanno un cognome italiano e doppia nazionalità. L’Italia per me è stata una scoperta. Ero culturalmente orientata verso la Spagna, però l’Italia è un paese straordinario con una cultura profonda. Mi piace tantissimo la capacità degli italiani di sposare il bello e il buono ed è esattamente quello che tutte le aziende del Polo del Gusto hanno nei loro prodotti, che sono buoni e belli. Riccardo Illy ha scelto di selezionare solo prodotti di grande qualità, belli da vedere grazie allo stile del packaging e, oltre alla bellezza estetica, hanno anche una bellezza etica, che è la ragione per la quale abbiamo grande attenzione alla sostenibilità”.
Bene, presidente Le Noan, cominciamo con una fotografia della Dammann Frères. Dammann è nata in Francia e l’80% del suo fatturato è francese, mentre l’altro 20% proviene dall’export. Siamo presenti in 70 paesi e abbiamo 33 boutique. L’Italia per fatturato è seconda dopo la Francia. Abbiamo iniziato a lavorare sul mercato italiano da un paio d’anni, stiamo accelerando e riscontriamo un grandissimo interesse nonostante l’Italia sia un Paese storicamente amante del caffè. Ma ogni italiano, quando ama un prodotto, ama la sua qualità e quindi Dammann offre un’alternativa con tantissime scelte. Abbiamo più di 350 tipi di tè o infusi. Ogni anno guadagniamo una fetta di mercato, tanto che oltre alla boutique che abbiamo a Milano dal 2012, nel marzo scorso ne abbiamo aperta un’altra a Torino.
Ora parliamo un po’ di lei. Come nasce il suo rapporto personale con l’Italia e, ovviamente, anche con Dammann Frères?
Ho sempre sognato di fare una carriera internazionale. Sono nata in Spagna, però sono cresciuta in Francia da papà francese e madre spagnola. Ho una doppia cultura, una cultura piuttosto latina, e facilità a imparare le lingue straniere. A scuola ho fatto tedesco come tutti i francesi, poi latino e inglese, e ovviamente parlavo spagnolo.
In Italia come è arrivata?
A 18 anni ho deciso di prendere la valigia, di partire alla scoperta di un altro paese. Sono andata negli Stati Uniti, a Los Angeles, dove ho fatto un anno scolastico e poi quando sono tornata a Parigi ho fatto una business school durante la quale c’era la possibilità di un programma Erasmus. Volevo imparare un’altra lingua ed ero indecisa tra Grecia e Italia. La business school che frequentavo aveva un accordo con il master in international business di Trieste. Ho sempre avuto un’attrazione per i paesi latini, quindi ho detto: l’italiano è una bellissima lingua, vado lì. Così sono arrivata a Trieste.
Come è cominciata la sua carriera da manager?
Mi sono innamorata di Trieste, dove volevo rimanere più a lungo possibile. Ho cercato un’azienda per fare uno stage: quell’azienda era Illy Caffè. Durante lo stage mi hanno chiesto se volevo lavorare per loro nella filiale francese a Parigi, dove ho cominciato come responsabile amministrativo-finanziario. Quindi questo è sta-
to il mio primo lavoro. Un lavoro importante. Praticamente mi hanno dato le chiave della filiale che poi è diventata non solo filiale della Francia, ma anche del Belgio e del Lussemburgo. A poco a poco il direttore generale dell’epoca mi ha dato anche la responsabilità della parte commerciale per la grande distribuzione. Alla fine sono diventata direttore generale aggiunto, finché il direttore generale, nel 2008, è andato in pensione e io ho preso il suo posto di direttore generale per Francia, Belgio e Lussemburgo e per un breve periodo per Algeria e Marocco. Insomma sono diventata la general manager per il caffè finché, nel 2018, il gruppo Illy mi ha chiesto se ero interessata a prendere il posto di presidente di Dammann Frères perché il presidente francese andava in pensione. Ed eccomi ancora qui.
Dal caffè al tè. Che differenza fa?
Dammann Frères è una casa che commercializza tè e piante da infusione. Si trova a Dreux, a 80 chilometri da Parigi. Adoro il settore del caffè ed ero felicissima in filiale, ma come manager ho avuto l’opportunità di allargare le mie competenze ed esperienze perché Dammann è più che una filiale, è la sede, quindi oggi supervisiono tutti i reparti, dall’acquisto delle materie prime al sito di produzione o alla commercializzazione dei prodotti in tutto il mondo.
Il tè in alcuni paesi, come la Gran Bretagna soprattutto, ma anche come la Germania, è quasi uno stile di vita. In Italia invece che cos’è secondo lei?
L’Italia non può essere paragonata all’Inghilterra che per secoli ha avuto il controllo di paesi come l’India da cui ha importato questa cultura. In Italia c’è un’antica cultura del caffè, un po’ come in Francia. Non possiamo cambiare la storia. Però gli italiani hanno una sensibilità gastronomica molto più sviluppata, molto raffinata. Perciò sono sicura che Dammann possa fare molta strada in Italia.
A proposito di strada. Dammann Frères ne ha fatta molta, è un’azienda antichissima. Oh, sì. Ha quasi 200 anni di vita. È stata fondata nel 1825, ma sono state ritrovate tracce di un ‘Sieur Damame’ che aveva l’esclusiva delle importazioni di prodotti esotici coloniali già nel 1692. Abbiamo un documento che dimostra che il re Luigi XIV aveva dato a questo Sieur Dammann la possibilità di importare tè.
E sono 200 anni che Dammann fa sempre lo stesso lavoro?
Sì, ha essenzialmente sempre fatto questo mestiere di cercare i migliori tè, mentre le piante per infusione sono arrivate dopo.
Come va il mercato del tè e degli infusi?
Direi che un po’ come tutte le bevande calde dal tempo del Covid, quando tutti i clienti horeca erano chiusi, il tè fa un po’ fatica. Non si è ancora definitivamente ripreso, dopo anni di espansione. Anche noi abbiamo sofferto. Dopo il Covid c’è stata l’inflazione, difficoltà ad approvvigionarsi per i problemi nel Canale di Suez. Insomma non sono stati anni facili per il settore. Per fortuna Dammann Frères sta andando controcorrente: già dal 2021 cresciamo ogni anno di circa l’8%.
I vostri possono essere considerati prodotti di lusso?
Sì, i nostri prodotti possono essere considerati di lusso se facciamo un paragone con altre marche: siamo più cari perché abbiamo una qualità
superiore. Nel settore del tè siamo un lusso, ma un lusso accessibile, perché alla fine non possiamo dire che una tazza di tè che costa tra 12 e 40 centesimi possa essere considerata come un grande lusso. Non è un Rolex, però diciamo che si trovano prodotti più accessibili del nostro. D’altra parte abbiamo fatto la scelta di puntare sulla qualità. E poi facciamo tutto da noi. Da molti anni ormai abbiamo fatto la scelta di comprare direttamente nei paesi produttori e di importare e analizzare tutti i lotti e di fare noi stessi tutti i blend, tutte le miscele. Abbiamo anche la particolarità di avere dei gran cru. E soprattutto abbiamo un know-how che abbiamo coltivato durante anni e anni e che passa da una generazione a un’altra e questo fa la differenza.
All’inizio parlava di 350 prodotti diversi tra tè e infusi.
Nel catalogo ufficiale ci sono 350 articoli: tè classico, gran cru, tè aromatizzato, tè naturale, infusione come la camomilla. È una quantità assolutamente enorme. Penso che sia una delle scelte più ampie che si possano trovare sul mer-
cato. Dammann produce ogni anno più di 1.000 tonnellate di tè, che corrispondono più o meno a 140 milioni di bustine e tè sfuso.
Visto il settore dove operate, la sostenibilità deve essere un impegno importante. Da parte dei nostri azionisti c’è una grande sensibilità a tutto ciò che riguarda la sostenibilità e quindi da quando sono arrivata in Dammann una delle missioni che Riccardo Illy mi ha dato è quella di accompagnare la trasformazione di Dammann Frères in una società benefit. A partire dal 2022 abbiamo costruito il programma per diventare una benefit corporation. Nel 2023 abbiamo cambiato gli statuti, siamo diventati una entreprise à mission (l’equivalente della società benefit in Italia, ndr) e quindi adesso abbiamo un programma sul quale avremo un audit dal governo francese. Abbiamo un obiettivo: coltivare il legame tra la natura e gli esseri umani per una qualità di vita superiore. Tutti i nostri impegni per la sostenibilità sono chiaramente espressi in un rapporto annuale chiamato Leaf & Life.
Avete anche un progetto verso la natura?
“Dammann Frères è stata fondata nel 1825, ma sono state trovate tracce di un ‘Sieur Damame’ che aveva l’esclusiva delle importazioni di prodotti esotici coloniali già nel 1692. Un documento dimostra che il re Luigi XIV gli aveva dato la possibilità di importare tè”
Abbiamo un secondo impegno che è quello della trasmissione del nostro know-how: credo che trasmettere la nostra sensibilità verso le piante può far capire all’essere umano l’importanza di proteggere la natura e quindi questo ruolo di intermediario che Dammann svolge deve essere assolutamente coltivato. Per questo abbiamo
creato l’Accademia del Tè, dove spieghiamo sia ai produttori che ai consumatori come essere attenti alla natura. Il terzo impegno che abbiamo in questo programma Leaf & Life per la sostenibilità è quello di essere un’azienda che dà l’esempio e quindi impegnata, che fa il suo bilancio sociale - ad esempio il bilancio di carbonio - e che lavora per ridurre gli imballaggi e renderli riciclabili.
Il prossimo step?
Il prossimo step è quello di diventare un’azienda B-corp. Per fare questo bisogna prima trasformare il sito di produzione in un sito più virtuoso. Stiamo costruendo un nuovo sito certificato con l’energia, cioè i pannelli fotovoltaici, con la pompa a calore, quindi tutta l’energia rinnovabile che non abbiamo oggi l’avremo l’anno prossimo. Il nuovo sito sarà certificato Breeam (certificazione internazionale per la sostenibilità, ambientale e sociale).
Avete avuto un supporto importante da Idia Capital Investissement - attraverso il suo nuovo fondo Ambition Agri Agro Investissement - e Crédit Agricole Régions Investissement (Carvest). Cosa avete fatto, come lo avete utilizzato?
È un supporto importante: investiremo 36 milioni di euro nella realizzazione del nuovo stabilimento e della sede di Dammann Frères. Ambition è un fondo verde e quindi ha richieste stringenti per la sostenibilità. Trasferiremo la produzione nel nuovo stabilimento l’anno prossimo, a 200 anni esatti dalla nascita della società. F
di Tommaso Carboni
The Investigation
Matrimonio d’interesse
Nel 2016 le grandi aziende tecnologiche reagirono con orrore al primo successo elettorale di Trump. Questa volta è diverso. Le big tech si sono scontrate con l’amministrazione Biden, che ha avviato molte cause antitrust, e ora sperano che i repubblicani le liberino dai lacci. Perfino Zuckerberg, che aveva bandito l’ex presidente da Facebook, tenta un riavvicinamento. E davanti a tutti c’è Elon Musk, il principale finanziatore della campagna vincente
È
È come se le avesse vinte anche lui, le elezioni. “È nata una nuova stella: Elon!”, ha esclamato Donald Trump nella notte del suo trionfo elettorale. E si è messo anche a descrivere, in una lunga e bizzarra digressione, il “lucente e bellissimo razzo bianco” di SpaceX, che una settimana prima era rientrato in equilibrio alla base, avvolto nelle fiamme, dopo un volo di prova nello spazio. Per Elon Musk un colpo tecnologico notevole: significa che in futuro non dovrà costruire nuovi razzi a ogni lancio. Ma il vero colpaccio è aver scommesso così tanto su Donald Trump. È stato il suo fan più entusiasta, oltre che il più generoso sostenitore finanziario. Musk deve aver pensato d’istinto: o tutto o niente. Poteva andargli male, una nuova amministrazione democratica lo avrebbe preso di mira, invece ha trionfato anche lui. Nessun altro ceo americano è mai arrivato così vicino ai corridoi del potere presidenziale. Ma Trump… beh, è Trump, imprevedibile, caotico, e
Il guadagno in Borsa di Tesla l’indomani della vittoria di Trump
Il patrimonio di Elon Musk, la persona più ricca del mondo
quei corridoi rischiano di essere pieni di trappole. Del resto altri grandi uomini d’affari avevano collaborato con lui nel suo primo mandato, come Rex Tillerson di ExxonMobil e Gary Cohn di Goldman Sachs, per poi pentirsene amaramente. L’amore nato in fretta tra Musk e The Donald, due spacconi egomaniaci, altrettanto in fretta potrebbe dissolversi, quando la nuova amministrazione entrerà a regime. Ma per il momento ci sono solo vantaggi. Il 6 novembre le azioni di Tesla sono schizzate su del 15%, una delle migliori performance dell’S&P 500. Da allora Musk ha guadagnato quasi 50 miliardi di dollari e ora ha una fortuna di 314 miliardi (dato aggiornato al 19 novembre). Molti ora dicono che l’uomo più ricco del mondo potrebbe diventare il primo trilionario - patrimonio di 1.000 miliardi di dollari - della storia. In fondo Musk sta facendo il suo lavoro, semplicemente lo fa in modo più acrobatico e spregiudicato di altri. E il lavoro dell’imprenditore è anche questo: stare a contatto con il potere politico e tentare di influenzarne le decisioni a proprio vantaggio. Cosa cerca Musk da Trump? Quello che cercano tutti: appalti, favori, meno ostacoli, norme più permissive.
The Investigation
Gli altri leader delle grandi società tech americane hanno ingoiato il rospo e fatto buon viso a cattivo gioco, dopo che molti avevano finanziato la campagna perdente di Kamala Harris. Quando Trump è stato eletto la prima volta, nel 2016, la Silicon Valley aveva reagito con orrore. Questa volta i ceo di Amazon, Apple, Google, Meta e Microsoft hanno postato congratulazioni e moderato sostegno sui social media. Cosa è cambiato? Probabilmente stanno tutti realizzando che nei prossimi quattro anni ci sarà un Trump molto più potente di prima. Domina il partito repubblicano, si circonderà di persone che lo assecondano. E poi c’è il fatto che quelle aziende durante il go-
verno Biden sono finite sotto la lente delle autorità regolatorie, affrontando continue minacce antitrust. Negli ultimi anni la ricchezza (profitti record, azioni alle stelle) e l’influenza delle big tech sono esplosi; molti ceo però dicono che questo è avvenuto nonostante la Casa Bianca, non grazie a essa. Biden ha affidato la politica antitrust alla coriacea Lina Khan, giovane laureata in legge a Yale, che causa dopo causa ha tentato di ridurre il potere monopolistico della corporate America. Khan ha bloccato fusioni, preso di mira monopoli tech e monitorato le collaborazioni tra startup di intelligenza artificiale e grandi aziende, compresa Microsoft. J. D. Vance, il
futuro vice presidente, ha detto più volte di ammirarla, e questo ci dà la misura delle contraddizioni nel movimento Maga (Make America Great Again). Vance, con un passato da venture capitalist, in realtà è imbevuto di populismo economico. In un comizio di luglio ha dichiarato: “Abbiamo finito, signori e signore, di assecondare Wall Street. Da ora pensiamo al lavoratore comune”. Se fosse per lui, potrebbe persino tenere Khan alla guida della Federal Trade Commission. Trump, che certo non è un campione di antitrust, non seguirà questa strada. Musk ha immediatamente scritto su X: “(Khan) verrà presto licenziata”.
Quest’anno il dipartimento di giusti-
zia americano ha vinto una storica sentenza contro Google nel settore della ricerca, mentre sono state intentate altre cause contro Apple, Meta e Amazon per il loro strapotere di mercato. Trump potrebbe nominare qualcuno con un approccio molto più leggero, a cui verrebbe chiesto di abbandonare le varie cause di monopolio. Il nuovo presidente, spingendo per meno divieti, potrebbe fungere anche da catalizzatore di nuove fusioni aziendali e accordi di private equity. Gli analisti spiegano che, durante gli anni di Biden, le grosse società come Microsoft, Google e Amazon, anziché comprare le startup di IA più promettenti, ne assumevano i fondatori o prendevano in licenza la loro tecnologia, aggirando così i controlli standard dell’antitrust. Blandendo Trump, i big del tech vorrebbero liberarsi di questi lacciuoli. Un matrimonio d’interessi pericoloso. Da una parte un presidente autoritario (e delinquenziale), dall’altra un’industria sempre più potente, che tra l’altro vuole sviluppare al massimo l’ultima frontiera dell’intelligenza artificiale. Questo sarà il tema più caldo nel dibattito sulle politiche per il settore tech. La difficoltà è costruire regole che garantiscano la sicurezza senza tarpare l’innovazione. Trump non ha delineato un approccio preciso, ma molti prevedono una mano più leggera. Intanto ha promesso di cancellare un ordine esecutivo sull’IA emesso da Biden, che rifletteva un approccio più cauto dei democratici; orientato, a detta degli esperti, verso standard di sicurezza dei modelli e protezione dei diritti piuttosto che un’innovazione senza limiti. Ma Trump ha anche espresso preoccupazione per questa nuova tecnologia, definendone le capacità “allarmanti”. È probabile che ne abbia una conoscenza superficiale
e veda la questione soprattutto attraverso la lente dello scontro militare con la Cina. È anche possibile che ne abbia discusso con Musk. Il padrone di Tesla, che ha investito moltissimo in intelligenza artificiale, fa parte di quella branca di esperti secondo cui l’IA, se sviluppata in modo incontrollato, rappresenterebbe una minaccia esistenziale per il genere umano. Ma altri esperti considerano lo scenario Terminator, cioè macchine crudeli che sfuggono al nostro controllo, un’esagerazione del tutto improbabile. Secondo Vance, che in Silicon Valley
tri preferiscono la cosiddetta scatola nera. Il timore di questi ultimi è che la tecnologia finisca in mani sbagliate. Ad esempio, il modello aperto di Meta pare sia già stato usato dalla Cina per scopi militari. In questo Trump seguirà la strada di Biden: America First e dura competizione con la Cina. Vuole bloccare le esportazioni di tecnologia verso la Cina e accelerare lo sviluppo di infrastrutture IA negli Usa, tra cui centri dati e produzione di chip, senza però l’ostacolo delle regole ambientali.
Negli anni di Biden la ricchezza e l’influenza
delle big tech sono esplose. Molti ceo, però, dicono che questo è avvenuto nonostante
la Casa Bianca, non grazie a essa
ha avuto come mentore Peter Thiel, gli ammonimenti catastrofici dell’industria nascondono obiettivi molto più concreti e cinici; introdurre norme stringenti che bloccano la concorrenza proteggendo grosse società già affermate. Figure come Vance e Thiel potrebbero spingere, quindi, per una regolamentazione sulla tecnologia più ridotta. Esiste anche nella destra americana il dibattito se siano meglio modelli open source, come quello di Meta, o modelli chiusi, come Gpt-4 di OpenAI. Alcuni sono favorevoli alla trasparenza open source (tra questi Vance, e in realtà anche Musk), al-
Un altro campo di battaglia saranno i social media. Meta ha collaborato con il governo Biden per limitare la disinformazione. I trumpiani l’hanno visto come un assalto clamoroso alla libertà di parola. Bannato da Facebook, Trump ha definito Zuckerberg “nemico del popolo” e ha incoraggiato TikTok a fargli concorrenza. Due anni fa ha detto che avrebbe firmato, se fosse stato rieletto, un ordine esecutivo per vietare alle agenzie federali di “collaborare con qualsiasi organizzazione, azienda o persona per censurare, limitare o impedire la libertà di parola dei cittadini americani”. Negli ultimi tempi Zuckerberg sembra tentare manovre di riavvicinamento. Ha criticato Biden per una presunta censura di Facebook ai tempi del Covid. E ha chiamato Trump “badass”, cioè “tosto”, per come si è rialzato, agitando il pugno e scandendo le parole “fight, fight, fight”, dopo essere stato ferito in un tentativo di assassinio durante un comizio. Quando poi Trump ha stravinto le elezioni, Zuckerberg si è congratulato per la sua “vittoria netta”, aggiungendo: “Non vedo l’ora di lavorare con lei”. Ma è chiaro che in pole- position c’è X di Elon Musk, pronto a cavalcare l’onda Trump con tutto ciò che ne consegue: disinformazione e partigianeria estrema. F
di Cosimo Maria Palleschi
Geopolitica
MAL DI FRANCIA
Parlamento frammentato, deficit in aumento, perdita di centralità internazionale. Parigi vive una crisi politica, economica e istituzionale con pochi precedenti nel secondo Dopoguerra. Il compito di rimediare è affidato al nuovo primo ministro Michel Barnier, il più anziano della Quinta Repubblica
“Il nostro colossale debito pubblico è sulle nostre teste come una spada di Damocle, senza una correzione il paese finirà sull’orlo del precipizio”. Non sono parole dell’ex premier italiano Mario Monti o di qualche altro politico del nostro Paese. A pronunciarle, a ottobre, è stato il nuovo primo ministro francese, Michel Barnier. Parigi è alle prese con una delle peggiori crisi istituzionali, politiche ed economiche dal secondo Dopoguerra. Lo strabiliante risultato elettorale alle elezioni europee del Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen ha aperto una crisi politica senza precedenti. Macron ha indetto le elezioni anticipate per il rinnovo dell’Assemblea nazionale. Nel primo turno ha trionfato, con una maggioranza relativa, la formazione di destra na-
zionalista di Le Pen; al secondo, invece, il Rn ha ottenuto solo 143 seggi, contro i 182 della coalizione di centro-sinistra Nuovo Fronte Popolare (Nfp) e i 168 dei centristi di Macron, Ensemble. La balcanizzazione del parlamento ha creato uno stallo di circa due mesi prima che il presidente nominasse come primo ministro il neo-gollista Barnier. La scelta ha scatenato l’ira del Nfp, che aveva proposto l’economista Lucie Castets. Il leader di sinistra Jean-Luc Mélenchon ha attaccato Macron, accusandolo di “aver negato i risultati elettorali”. Barnier ha il compito di ottenere una maggioranza in un parlamento molto frammentato. Una solida maggioranza
sarà fondamentale per risollevare un paese afflitto da un deficit che ha superato il 5% del Pil nel 2024 e si prevede raggiungerà il 6% nel 2025. Il debito pubblico ha oltrepassato i 3.200 miliardi di euro (oltre il 114% del Pil) ed è detenuto per oltre il 50% da investitori esteri. La dipendenza dai capitali stranieri potrebbe creare ulteriore volatilità sui titoli di stato decennali francesi. Ne abbiamo avuto un anticipo a luglio, quando il differenziale di rendimento (lo spread) con i corrispettivi tedeschi è schizzato fino a 80.
In politica estera Macron ha inanellato una serie di fallimenti. Il più evidente è stato il ritiro (o meglio, la cacciata) dei contingenti militari dall’Africa Occidentale
Viste queste premesse, non stupisce il downgrade, a maggio, del merito creditizio francese da parte dell’agenzia di rating S&P, a cui sono seguite, a ottobre, le revisioni al ribasso dell’outlook, da stabile a negativo, da parte di Fitch e Moody’s. Barnier, per correre ai ripari, ha proposto una manovra da 60 miliardi di euro che comprende 40 miliardi di tagli alla spesa pubblica e 20 di nuove tasse. La Francia è il primo paese in Europa per spesa pubblica in rapporto al Pil. Il primo taglio previsto riguarda circa 2.200
dipendenti dei ministeri. Il neo-primo ministro, poi, vuole aumentare la tassazione per i nuclei familiari con redditi superiori ai 500mila euro annui (circa 65mila famiglie in Francia) e incrementare, per soli due anni, l’aliquota fiscale per le imprese che fatturano più di 1 miliardo l’anno, misura che dovrebbe portare nelle casse dello stato circa 8 miliardi di euro. È prevista, inoltre, una sorta di patrimoniale una tantum del 2% sui patrimoni sopra il miliardo di euro, da cui dovrebbero ricavarsi altri 2 miliardi. Le misure sulle grandi imprese, secondo il primo ministro uscente Gabriel Attal, potrebbero però rivelarsi controproducenti, perché potrebbero frenare un’economia già in rallentamento. L’economia francese dipende da grandi imprese e conglomerati, come quelli del lusso Lvmh e Kering o dell’automotive Psa (ora Stellantis) e Renault, che attraversano, per ragioni diverse, momenti di grande difficoltà. L’aumento della tassazione potrebbe aggravarne la crisi. Barnier, per di più, in politica estera dovrà riportare la Francia al centro dello scacchiere geopolitico globale. Macron ha inanellato una lunga serie di falli-
menti in materia. Il più evidente è stato il rovinoso ritiro (o, per meglio dire, cacciata) dei contingenti militari francesi dall’Africa Occidentale. Anni di presenza costante dell’esercito nei paesi del Sahel e della costa occidentale, iniziata con l’operazione Barkhane nel 2014 per sconfiggere i miliziani jihadisti, non sono serviti a stabilizzare l’area, dove anzi si sono verificati sette colpi di stato solo tra il 2020 e il 2023. I nuovi leader locali in Niger, Burkina Faso e Mali hanno espulso i soldati francesi, sostituendoli con i contractor della Wagner. La giunta militare nigerina ha annunciato la nazionalizzazione dell’estrazione di uranio, petrolio e oro. In questo modo ha revocato la licenza per la miniera di Imouraren alla francese Orano, che estraeva dal paese africano una buona parte dell’uranio necessario per le centrali nucleari francesi. La campagna africana, iniziata da Hollande e proseguita da Macron, si è conclusa con un flop totale, lasciando ancora più instabile e in mano a russi e cinesi un territorio fondamentale per le materie prime e il controllo dell’immigrazione verso l’Europa.
Con la Cina, invece, Macron, durante la visita di Xi Jinping in Francia a maggio, ha siglato numerosi accordi bilaterali. Tra i più rilevanti le partnership sulle batterie tra Orano e la cinese Xiamen Tungsten, sull’assemblaggio di celle di batterie tra la Fives ed Envision, sulla produzione di idrogeno tra Edf e Spic. Per quanto riguarda il conflitto in Ucraina, i toni bellicistici di Macron contro la Russia hanno creato sconcerto in tutte le cancellerie europee, a partire da Berlino, e isolato completamente la Francia. Parigi, perciò, negli ultimi mesi, oltre che a una crisi economico-finanziaria, è andata incontro a un calo drastico del suo soft power in politica estera. Risollevare economicamente il paese, alle prese con le polarizzazioni del suo elettorato, e farlo tornare a contare davvero nei tavoli in cui si decidono i destini del pianeta è compito del primo ministro più anziano della Quinta Repubblica, il 73enne Barnier. Potrebbero servire “sangue, fatica, lacrime e sudore”, parafrasando il discorso di Winston Churchill del maggio 1940, per raggiungere questi obiettivi. F
Space economy
VISIONE d’insieme
Massimo Claudio Comparini è un riferimento nel settore spaziale italiano da 40 anni. Dopo un periodo alla guida di Thales Alenia Space, ora dirige la space business unit di Leonardo. In questa intervista racconta presente e futuro non solo del suo gruppo, ma dell’intero comparto
di Emilio Cozzi
LLaureato in ingegneria elettronica, telerilevamento e sistemi radar alla Sapienza di Roma e in strategia alla Graduate School of Business della Stanford University, Massimo Claudio Comparini è da poche settimane il direttore della space business unit di Leonardo, nonché presidente del cda di Thales Alenia Space, azienda che ha guidato nei quattro anni precedenti. Romano per origine e fede calcistica - cosa che ribadisce almeno quanto la sua passione enogastronomica -, è fra i nomi più noti del settore da oltre 40 anni. Entrato nel 1983 nell’allora Selenia Spazio (poi diventata Alenia Spazio), Comparini è stato coinvolto, direttamente o come responsabile, in program-
mi afferenti quasi ogni segmento della filiera. È una ragione valida per capire, attraverso le sue parole, la visione strategica non solo di un gruppo industriale, ma di un comparto.
Iniziamo con una domanda personale: che cosa ha trovato e cosa pensa di aver lasciato a Thales Alenia Space?
Thales Alenia Space è l’azienda in cui ho iniziato a lavorare più di 40 anni fa. Da allora lo spazio si è evoluto, ma l’azienda è sempre rimasta all’avanguardia. Per me è stato un onore guidare questa eccellenza e spero di aver contribuito alla sua crescita, il merito della quale va però alle migliaia di colleghi, con cui è stato un vero privilegio collaborare.
Secondo quanto emerso a giugno dalla presentazione del piano industriale, Leonardo considera lo spazio
un settore centrale. In concreto che cosa significa?
Accanto all’evoluzione dei settori core, elettronica per la Difesa e velivoli ad ala fissa e rotante, e insieme con digitale e cybersecurity, lo spazio rappresenta uno dei capisaldi del piano industriale 20242028 del gruppo. Attraverso la convergenza delle tecnologie spaziali e digitali, la nuova divisione spazio ha l’obiettivo di far diventare Leonardo un leader europeo e un attore globale nei segmenti a elevato valore aggiunto, con ricadute positive sull’intero ecosistema industriale e sui territori. Questo implica un investimento in tecnologie e nuove competenze. Si prevede di incrementare le capacità ingegneristiche e tecnologiche, in particolare nell’ambito della cybersecurity, dell’intelligenza artificiale, del cloud e della data analysis, di espandere le attività internazionali e rafforzare la Space Alliance (che lega la francese
“L’ecosistema spaziale italiano ha basi solide: il nostro Paese ha una lunga tradizione ed è tra i pochi al mondo a coprire l’intera catena del valore”
Thales a Leonardo dal 2005, ndr), e di puntare a un potenziamento dei servizi spaziali, come osservazione della Terra e comunicazioni satellitari. Sarà necessaria anche una maggiore integrazione tra manifattura e servizi, il cosiddetto downstream, in termini di soluzioni integrate, anche mettendo a sistema l’innovazione diffusa e le ricerche dei nostri Innovation Labs.
Quali sono gli obiettivi e quali gli orizzonti imminenti ai quali darete la priorità?
Con la space economy in crescita esponenziale, l’obiettivo è cogliere maggiormente le opportunità del mercato, ponendoci al centro dei progetti dell’Agenzia spaziale europea e della Commissione (come Galileo, Copernicus e, sperabilmente, Iris2) e aumentando le collaborazioni internazionali. Per quanto riguarda gli orizzonti imminenti, uno dei programmi più importanti è la costellazione Iride per l’osservazione della Terra, nel quale, a livello industriale, abbiamo un ruolo centrale. C’è poi la cosiddetta lunar economy: siamo in prima fila sia nelle infrastrutture (costruiamo a Torino, negli stabilimenti Thales Alenia
Space, più dell’80% del Gateway lunare), sia nei servizi (Telespazio guiderà il progetto Moonlight) e in tecnologie indispensabili come la robotica. Possiamo inoltre mettere a disposizione supercalcolo, intelligenza artificiale e cloud per analizzare, anche nello spazio, la grossa mole di dati prodotti. Sono esempi di ambiti in cui è possibile connettere la digitalizzazione di Leonardo con le nuove frontiere della tecnologia spaziale.
Il vostro ceo, Roberto Cingolani, ha più volte fatto riferimento a una rivisitazione degli accordi della Space Alliance, che include le joint venture Telespazio e Thales Alenia Space. È verosimile un riassetto degli equilibri?
L’industria europea della Difesa e dello spazio è frammentata; investiamo meno e su un numero di piattaforme maggiore, abbiamo bisogno di creare più sinergie. Come spesso sottolineato da Cingolani, Leonardo intende giocare, e sta giocando, un ruolo di catalizzatore di nuove alleanze. Questo riguarda anche un settore strategico come lo spazio. L’Italia spaziale è un attore industriale forte e può di certo avere un
ruolo trainante per un’Europa più competitiva a livello globale.
Mentre il 72% delle vendite spaziali globali è generato dai mercati istituzionali (Difesa, meteorologia e scienza), la Francia fa eccezione, con solo il 49%. Ma avere un mercato meno dipendente dalle risorse pubbliche non è indice di una competitività più alta?
Non necessariamente: il sostegno pubblico rimane cruciale per finanziare ricerca e sviluppo, soprattutto in aree strategiche come Difesa e sicurezza. Lo spazio non può prescindere da una visione di lungo termine. Il mondo istituzionale e quello commerciale dovranno convivere per favorire uno sviluppo sostenibile delle attività spaziali. Un modello più equilibrato tra sviluppo commerciale e visione istituzionale, come quello italiano, mostra elementi interessanti nello sviluppo dell’economia extra-atmosferica.
In effetti l’ecosistema spaziale italiano gode di finanziamenti e attenzioni crescenti: ritiene ci sia il rischio di ‘gonfiare una bolla’ o potremo mantenere una posizione solida anche in futuro?
Il rischio ‘bolla’ è sempre presente in settori ad alta intensità di investimento, in particolare se i finanziamenti non vengono utilizzati in modo efficiente per creare capacità a lungo termine. Ma non è questo il caso. L’ecosistema spaziale italiano ha basi solide: il nostro Paese ha una lunga tradizione ed è tra i pochi al mondo a coprire l’intera catena del valore. L’ecosistema comprende 12 distretti, impiega circa diecimila persone, più di 400 aziende, grandi imprese e pmi ad alta tecnologia, importanti centri di ricerca e rapporti virtuosi tra questi, l’industria, le università e le istituzioni. Grazie alla governance istituzionale, al comitato interministeriale e all’Agenzia spaziale italiana, il Paese ha le carte in regola per la partita della space economy dei prossimi anni. F
IL CORAGGIO DI OSARE
Tante ottime annate per il turismo di campagna
L’Italia è il primo paese in Europa per il valore prodotto da attività agricole multifunzionali. E può contare sulla più grande rete mondiale di vendita diretta a km zero, con la Fondazione Campagna Amica, di cui fanno parte oltre 20mila punti tra fattorie, mercati, agriturismi, fattorie didattiche, fattorie sociali e orti urbani
LLe città d’arte, certo. Ma anche il mare, la montagna, la campagna, l’enoturismo. Nello scenario mondiale del turismo l’Italia ha un ruolo da protagonista. Ma l’offerta ha successo proprio perché propone tante variegate formule di accoglienza ed esperienze che alla fine fanno riferimento al mondo agricolo. Una tappa agli Uffizi, senza poi una sosta a tavola per una buona ribollita fatta con pane sciapo e le prelibatezze dell’orto, fa perdere sapore a una visita a Firenze. In tutti i territori italiani l’agricoltura si è fortemente orientata verso la diversificazione e la multifunzionalità, dialogando con il turismo e contribuendo a differenziarne le proposte.
Oggi, proprio grazie alle attività turistiche connesse all’agricoltura, siamo il primo paese in Europa per valore prodotto da attività agricole multifunzionali, con una quota del 30% del valore dell’intera Europa, davanti a
Francia, Olanda, Grecia e Germania. Siamo il primo paese in Europa per numero di strutture ricettive in aree rurali, più di 90mila, precedendo Croazia, Spagna, Germania, Francia e Grecia.
“L’agricoltura multifunzionale ha permesso alle imprese agricole italiane di sviluppare attività economiche floride, che si intrecciano con altri settori, facendo dell’Italia un’esperienza unica a livello internazionale”, afferma Dominga Cotarella, presidente di Terranostra, l’associazione nazionale per l’agriturismo, l’ambiente e il territorio. “È il caso del turismo legato alle imprese agricole. Negli anni ‘70 è nato in Italia, consolidandosi negli anni ‘80, il fenomeno dell’agriturismo, la prima esperienza di fattorie aperte al pubblico. L’accoglienza e la ristorazione, che per molti anni si sono caratterizzate come esperienze uniche, oggi si sono ampliate. I fenomeni dell’ittiturismo, dell’enoturismo e dell’oleoturismo sono diventati esempi importantissimi dell’integrazione tra agricoltura e turismo. A questo si aggiungono il turismo brassicolo legato ai birrifici agricoli e molte altre esperienze, a partire da quelle dei formaggi, possono crescere. Cantine, frantoi e caseifici diventano luoghi di
grandi esperienze enogastronomiche che attraggono turisti da tutto il mondo nelle nostre campagne, ridando vitalità all’intero settore”. Insomma, la connessione tra agricoltura e turismo ha trovato terreno fertile in Italia. A rafforzare questo connubio si aggiungono altri due primati: le campagne italiane detengono anche la leadership europea nel biologico per numero di aziende, oltre 82mila operatori; e ancora, il maggior numero di specialità Dop/ Igp/Stg riconosciute (328), 528 vini Dop/Igp, davanti a Francia, Spagna e Grecia, e 5.547 prodotti alimentari tradizionali. Il 93% dei quali viene prodotto nei territori dei 5.538 piccoli comuni con al massimo cinquemila abitanti.
In Italia è nata nel 2008 la più grande grande rete mondiale di vendita diretta a km zero, con la Fondazione Campagna Amica, di cui fanno parte oltre 20mila punti tra fattorie, mercati, agriturismi, fattorie didattiche, fattorie sociali e orti urbani. “Il cibo è fondamentale per il turismo del nostro Paese ed è per questo che, con il progetto dei farmers market della Fondazione Campagna Amica, abbiamo ritenuto necessario portare la campagna anche nelle città italiane”, dice Carmelo Troccoli, direttore di Fondazione Campagna Amica. “Abbiamo dato vita alla più grande rete di mercati contadini esistente in Europa, che rappresenta un’ulteriore esperienza enogastronomica, a diretto contatto con i contadini italiani, in tutte le più belle città del nostro Paese”. L’Italia inoltre detiene inoltre un primato normativo: è stata il primo paese al mondo a pubblicare una legge sul fenomeno del turismo nelle aziende agricole, già nel 1985, con la Disciplina dell’Agriturismo. Un comparto, quello dell’agriturismo, che vede l’Italia, oltre che pioniera, anche leader mondiale. Oggi in Italia ci sono circa 26mila aziende agricole con attività agrituristiche, di cui oltre 20mila con camere, appartamenti e aree di sosta all’aria aperta, più di 15mila aziende con attività di degustazioni e cucina contadina, con la vendita diretta dei prodotti a km zero, con proposte di attività culturali ed esperienziali legate all’orientamento produttivo agricolo, di cui oltre duemila fattorie didattiche. Nel 2023 oltre 4,5 milioni di ospiti hanno utilizzato gli agriturismi generando circa 17 milioni di pernottamenti nelle campagne italiane, producendo un valore economico di circa 2 miliardi di euro.
LE
Il potere attrattivo della produzione del formaggio rispetto alle diverse declinazioni è incredibile. “Vivere in montagna”, racconta Nicolò Quarteroni, direttore dell’azienda agrituristica Ferdy nella bergamasca, “seguire tutta la filiera che va dal formaggio all’agricoltura, all’allevamento, comporta chiaramente dei grandi sacrifici. Queste micro-realtà diventano fondamentali per il territorio, perché sono guardiani che si prendono cura di una parte di montagna che è già totalmente abbandonata o è in abbandono, salvaguardando l’insieme della biodiversità, sia a livello di flora, sia a livello di fauna. Da cinque anni ogni venerdì proponiamo un’esperienza legata al mondo del formaggio. Sono 52 appuntamenti all’anno
che sviluppiamo per le aziende. Facciamo un cheese tasting dove si mangia un’unica tipologia di formaggio, ma cambia ciò che mangiano gli animali; dunque, lo stesso formaggio da latti diversi. Questo viene preceduto da un racconto e dalla visita delle cantine, vedendo la mungitura che viene effettuata ogni giorno. C’è una degustazione sia tecnica, sia più narrativa legata al mondo dei formaggi. Nel periodo estivo, o meglio dalla primavera all’estate, c’è una giornata in alpeggio con Ferdy, che viene organizzata il sabato e la domenica. Una persona vive un’intera giornata con Ferdy, mangiando solamente ciò che si consuma in alpeggio. È un’esperienza molto reale e autentica, che sta riscuotendo un grande successo”.
“Le previsioni per il turismo nel settore della birra sono ottimistiche”, sostiene Antonio Zanda, fondatore del birrificio sardo 4 Mori. “Si tratta di una nuova forma di turismo esperienziale, ma che suscita molto interesse sia tra i giovani, sia tra le persone di età avanzata, che hanno bisogno di vivere nuove motivazioni turistiche al di là del mare e della montagna. Siamo inseriti, innanzitutto, in un contesto geominerario; le nostre birre richiamano i pozzi delle miniere di Ponte Vecchio, offrendo la possibilità di vivere giornate dedicate alla produzione della birra, alla degustazione di prodotti locali e a visite nelle miniere più grandi d’Europa, nate nei primi del ‘900 e che hanno
accolto migliaia di lavoratori. Abbiamo la possibilità di offrire non solo agriturismo e produzione agroalimentare, ma anche una storia documentata, testimoniata dal parco geominerario dove abbiamo realizzato il nostro birrificio. Questo è il nostro punto di forza: cerchiamo di realizzare un birrificio a zero emissioni di atmosfera, in antitesi con ciò che è successo anni fa, quando era attiva l’estrazione geomineraria. Possiamo immergere l’ospite in un’atmosfera che parte dal lontano 1900 per arrivare ai giorni nostri, grazie a un’evoluzione tecnologica che ha imposto la dismissione delle miniere e ha dato la possibilità di riconvertire questi spazi alla produzione di birra”.
Assume una valenza particolare la capillare distribuzione territoriale delle aziende agrituristiche che sono presenti in oltre cinquemila comuni italiani (64% del totale dei comuni).
Circa 14mila aziende (53% del totale) sono situate in collina e ottomila in montagna (31%), assicurando il presidio e la cura. Con una presenza così diffusa anche nei centri più piccoli e nei territori marginali, l’agriturismo contribuisce al primato dell’Italia in Europa per ricettività turistica nelle aree rurali. Tra il 2019 e il 2020 il numero di strutture ricettive in aree rurali è addirittura cresciuto del 3%.
Tra i segmenti emergenti del turismo nelle campagne, l’oleoturismo, il turismo dell’olio, con esperienze ecologiche e rurali. I dati della ricerca di Compare the Market Au classificano l’Italia come il secondo miglior Paese al mondo nel comparto dell’olio (con 2.194.110 tonnellate di olio d’oliva prodotto), dietro la Spagna (5.965.080 tonnellate) e davanti a Grecia, Turchia e Albania, ma prima per numero di esperienze e degustazioni dedicate (con ben 147 eventi degustazione, contro 65 della Grecia e 18 della Spagna).
Continua a crescere il valore dell’enotu-
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rismo in Italia, che oggi vale 2,9 miliardi di euro, contro i 2,5 del 2023 (+16%). Il 41% delle cantine sono piccole con accoglienza familiare, spesso in piccoli centri, in quattro casi su dieci in aree lontane dai grandi flussi turistici, il 12% sono cantine di rilevanza storica, architettonica e artistica. Il 71% delle cantine offre accoglienza turistica. A spingere l’enoturismo l’evoluzione delle offerte delle cantine, e nel periodo 2021-2024 sono cresciute le formule proposte: il 37% delle cantine organizza pranzi e cene in vigna (+27%); l’80% visite guidate della cantina più degustazione (+22%); il 60% degustazione tematiche (+24%); il 46% esperienze didattiche in vigna (+18%). In aumento anche le proposte di esperienze: laboratori di cucina e abbinamento vini (17% delle cantine); il 15% propone la vendemmia turistica (+10%); passeggiate (21%); tour in bici (17%) e jogging in vigna (10%); visita a luoghi di interesse (33%) o musei (18%).
Cresce pure il turismo brassicolo, spinto dalla birra artigianale 100% made in Italy, generando un fatturato che vale 9,5 miliardi di euro. Così come crescono esponenzialmente i settori turistici legati al formaggio e al tartufo. F
di Alessandro Dall’Onda
La comunicazione è di rigore
Stefano Marchesi è un professionista che lavora a fianco di importanti calciatori, allenatori e procuratori per curare la loro immagine e le loro relazioni. Ha intuito che i protagonisti del pallone stavano trasformandosi in piccole imprese e richiedevano una guida strutturata ed efficace nelle pr
LLavora dietro le quinte, ma è sempre in prima linea. Costruisce l’immagine, scolpisce carriere, cura le relazioni di grandi campioni dello sport, soprattutto del calcio. Stefano Marchesi ha cominciato a Verona e a Udine, come responsabile della comunicazione, ma oggi il suo terreno di gioco è l’Europa, con un focus speciale sulla Premier League. Dopo aver lavorato nei club, ha intuito per primo che era necessario spostare l’attenzione sulla consulenza ai singoli professionisti del calcio, che stavano gradualmente diventando piccole imprese e richiedevano una guida strutturata ed efficace nell’ambito delle pr. Così si è messo in proprio come manager indipendente e ha avuto tra i suoi clienti calciatori e allenatori di livello internazionale, oltre ad alcune delle più importanti agenzie di management.
La sua è una carriera caratterizzata da case history di successo, trascorse accanto a José Mourinho, Antonio Conte, Francesco Farioli, Ali Barat e la sua Epic Sports (agenzia e clienti Moises Caicedo, Nicolas Jackson, Ian Maatsen), Fede-
rico Pastorello e la sua P&P Sport Management (agenzia e clienti come Romelu Lukaku o Francesco Acerbi), Roc Nation Sports (sempre per Lukaku), Caa Sports per Carlo Ancelotti, Vigo Global Alliance Sport Services per Nicolò Zaniolo e Keita Balde e tanti altri.
Marchesi, lei lavora nel calcio da più di 20 anni: in questo periodo è cambiato tutto, anche nella comunicazione, soprattutto con l’avvento dei diritti tv.
Sono cambiati i tempi, i modi, le piattaforme e, in generale, l’intero scenario della comunicazione.
Ma per analizzare e capire il cambiamento dobbiamo partire da un dato di fatto: oggi il calcio non è più solo uno sport. È un’industria di intrattenimento sportivo alimentata principalmente dal denaro proveniente da diritti tv e diritti di immagine, che sono forme di comunicazione: parliamo dell’80% su un totale di quasi 30 miliardi di euro di fatturato annuo a livello europeo.
Praticamente è diventata un asset strategico.
Sì, la comunicazione oggi è un asset strategico per l’industria del calcio: genera quel flusso economico di cui beneficiano a cascata i guadagni di calciatori, allenatori e agenti. Però il sistema calcio gestisce la comunicazione come un asset strategico, come ci indicano chiaramente i numeri e i fatturati?
Visto che si è fatto la domanda, si dia anche una risposta.
(Sorride) Proprio per questo porto avanti un modello di la-
voro che concentra la sua attenzione sul risultato, passando attraverso una fattiva e reale collaborazione fra tutte le parti in causa, quindi media, club, calciatori, allenatori e agenti. Laddove esistono barriere cerco di creare punti di contatto e dialogo, con lo scopo di assottigliare le distanze e far convergere gli obiettivi verso un traguardo comune. Il calcio è un’industria che vive di relazioni, per questo è fondamentale lavorare per armonizzare i rapporti tra calciatori, allenatori e media. Siamo tutti sulla stessa barca: senza calciatori e allenatori non esiste lo spettacolo, senza i media non esiste la cassa di risonanza che permette allo spettacolo di essere globale e remunerativo. È un rapporto di interconnessione e interdipendenza che suggerisce buon senso nella gestione di questa relazione, nel miglior interesse di tutti, tifosi compresi. È necessario aprire un dialogo costruttivo con i giornalisti, non solo per una migliore comprensione degli aspetti tecnici, ma anche per abbattere quelle barriere esistenti tra i protagonisti del calcio e dei media.
Il modello è la Premier inglese?
Da parecchi anni ormai lavoro prevalentemente
Stefano Marchesi (a destra) con l’agente Federico Pastorello. Nell’altra pagina, con José Mourinho.
fuori dall’Italia, tra Premier League, Bundesliga, Ligue 1 e, questa stagione, Eredivisie, in Olanda. Negli ultimi anni ho avuto modo di lavorare spesso nell’ambito della Premier League e ho constatato in prima persona quanto siano importanti nell’ecosistema inglese la cura dei dettagli, la qualità e l’appetibilità dei contenuti editoriali: non c’è da sorprendersi se la Premier League ha questo dominio nella capacità di generare introiti enormi. A tutti gli effetti è la miglior industria di intrattenimento sportivo a livello globale. È quello che nel mio piccolo sto cercando di fare: focalizzare sempre di più il lavoro sull’importanza delle relazioni, oltre che della qualità dei contenuti e dei prodotti editoriali.
E lei come si muove?
Cerco di focalizzare sempre di più il lavoro proprio sull’importanza delle relazioni, oltre che della qualità dei contenuti e dei prodotti editoriali. Viaggio spesso nel Regno Unito per incontrare i rappresentanti dei club, i giornalisti, ho un ottimo rapporto con la Pfa, l’Associazione calciatori inglese, con i cui dirigenti condividiamo la necessità di tutelare la salute mentale dei giocatori. Viaggiare è molto importante, soprattutto per incontrare tanti addetti ai lavori dei media con i quali spesso ci teniamo in contatto solo per telefono. Questo perché i maestri che mi hanno insegnato a lavorare nel calcio mi hanno trasmesso il concetto che le vere relazioni si curano ‘face to face’. Tra i miei dieci comandamenti professionali, alcuni dei più importanti sono viaggiare e condividere del tempo di qualità con le persone con le quali ho il piacere di lavorare.
Come si costruisce la percezione dell’immagine di un calciatore?
Il peso economico di diritti tv e di immagine rende necessario un approccio iper professionale e specializzato nell’ambito della comunicazione: per i club, per i calciatori, per gli allenatori e per gli agenti. I protagonisti del calcio hanno rapporti diretti o indiretti con i rappresentanti dei media che fanno da tramite rispetto al destinatario finale che è il tifoso. Tutto ciò che riguarda questo rapporto con i media, nell’ambito di occasioni ufficiali come interviste, conferenze stampa, oppure nelle cosiddette relazioni ‘off the record’, va gestito per avere il maggior controllo possibile sull’immagine percepita. F
di Enzo Argante
Sacerdoti del made in Italy
“Mahler insegnava che la tradizione non è custodia delle ceneri, ma culto del fuoco”. Secondo questo principio Antonio Calabrò dirige Museimpresa, l’associazione italiana archivi e musei d’impresa. E per il Paese immagina un futuro che coniughi eccellenze storiche e innovazione
UUn patrimonio inestimabile di valore e valori legati alle marche e al made in Italy che si traducono in un vantaggio competitivo: saperi, tradizioni, competenze, capacità innovative. Ma soprattutto primato del fare - e non solo del delineare tendenze - nei campi che sono il tessuto connettivo del sistema economico globale. Quali? La parola ad Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa, l’associazione promossa da Assolombarda e Confindustria.
La transizione digitale propone modelli di consumo inediti. Il valore della marca sembra una variabile, se non una scheggia impazzita. In Borsa, per esempio… Credo che in questo momento si sia in una fase molto interessante per le imprese italiane. La doppia transizione ambientale e digitale valorizza alcune nostre caratteristiche: un rapporto molto forte tra i saperi umanistici e scientifici, una cultura politecnica che è un elemento distintivo sui mercati, che sono contemporaneamente globali e concentrati sulle esigenze dell’individuo. Questa attitudine all’adattamento è uno straordinario vantaggio, su cui dobbiamo investire bene. Il secondo vantaggio competitivo è il rapporto tra la coscienza della storia e della memoria e un guscio speciale per l’innovazione. Le nostre imprese
che competono sui grandi mercati hanno nelle nicchie a maggior valore aggiunto uno spazio per reggere la transizione, trasformarsi, investire e continuare a innovare.
I modelli economici tradizionali che abbiamo sono un valore inestimabile, ma non rischiano di diventare, se non sviluppati adeguatamente, un cimitero degli elefanti?
È necessario parlare di tradizione, ma intendendosi bene su cosa voglia dire. C’è un insegnamento che viene da Gustav Mahler, uno dei più grandi innovatori della musica a cavallo tra ‘800 e ‘900: la tradizione non è custodia delle ceneri, ma è culto del fuoco. Noi abbiamo alle spalle una lunga storia, ma la storia non può essere un peso, né può essere la maestra delle vite future. Ci dice semmai cosa abbiamo fatto di buono e cosa potremmo fare in positivo, cogliendo tutti i segnali delle trasformazioni. C’è una parola che coglie bene, a mio parere, lo spirito del tempo, ed è metamorfosi: dal bruco alla farfalla, da un’idea imprenditoriale di partenza a una trasformazione che si sposta avanti sul terreno sia della bellezza - che è qualità, non soltanto dato estetico -, sia della funzionalità. Il design italiano ne offre straordinarie testimonianze: è esposto nei luoghi più prestigiosi della cultura internazionale (penso al Moma di New York) e nella vita quotidiana delle imprese si trasforma e innova.
Questo vale per l’Europa in generale, ma in particolare l’Italia ha moltissime realtà di inestimabile valore. Possiamo avere un ruolo globale di primo livello?
Dipende molto da noi, dalla capacità delle nostre imprese, del sistema istituzionale, dei responsabili delle forze politiche e del governo agevolare il processo di transizione e di trasformazione. Il Green Deal non può essere un inciampo bu-
rocratico né uno svantaggio competitivo, ma la valorizzazione delle nostre caratteristiche di intraprendenza e innovazione. C’è un punto su cui bisogna essere molto chiari: lo sviluppo dell’Italia, il suo peso e il suo ruolo nel contesto europeo e sui mercati internazionali ha nell’industria, nella manifattura, una leva fondamentale. La nostra manifattura, le piccole imprese che diventano medie, le medie che diventano grandi, le multinazionali tascabili, sono elementi fondamentali della spinta in avanti dell’economia del Paese. Il turismo è importante per il prodotto interno lordo, ma non vivremo di questo. Il futuro dell’Italia è vivere di industria, non solo quella tradizionale del made in Italy come abbigliamento, arredamento, agroalimentare, ma anche meccanica, meccatronica, robotica, chimica, farmaceutica di precisione, cantieristica, aerospazio, gomma e plastica. Tutto quello, cioè, in cui il made in Italy del ‘bello e ben fatto’ riesce a esprimere una straordinaria capacità di conquista di spazi di mercato a livello globale, grazie alla qualità, all’equilibrio, alla misura e alla funzionalità di prodotti e servizi. In questo senso possiamo parlare di bellezza, grazie anche a una tendenza molto forte a cogliere la parte più sofisticata dell’innovazione. L’intelligenza artificiale incide su questo processo: da tempo molte imprese italiane usano gli algoritmi dell’IA per migliorare la ricerca e l’innovazione dei prodotti. Credo sia necessario, da questo punto di vista, un grande investimento europeo: l’IA oggi parla americano e cinese, ma è necessario avere una robusta leva di competitività europea per rimettere il continente al centro dello sviluppo industriale - e dunque economico - globale.
Un messaggio breve alla politica: che cosa deve fare in questo senso?
Non tanto impegnarsi nella gestione diretta delle imprese, ma innanzitutto trovare risorse da investire per stimolare una politica industriale di ampio respiro, anche nel quadro europeo, e una strategia ambiziosa di sviluppo sostenibile. Lo dicono, con grande chiarezza, il rapporto Letta sul mercato unico e quello di Draghi sulla competitività europea: investire sulla sicurezza, sull’energia, sull’innovazione, sui processi digitali, sulla formazione. Il futuro dell’Europa è strettamente connesso a questa strategia degli investimenti, fuori dagli egoismi nazionali. Se non lo faremo, il rischio molto grande, ben definito dal Financial
Antonio Calabrò, presidente di Museimpresa.
Times, è che l’Europa diventi il grand hotel dei ricchi e dei potenti del mondo. Un destino che non mi piace affatto. Essere padroni del nostro destino significa essere europei, con una politica comune lungimirante che guardi alle nuove generazioni e lavori sulle leve fondamentali tecnologiche e culturali della trasformazione e della transizione ambientale e digitale.
Chi rappresenta Museimpresa e con quali obiettivi?
È nata più di 20 anni fa per iniziativa di Assolombarda e Confindustria. Conta 150 iscritti tra aziende e sostenitori istituzionali. E ha chiaro un elemento che ci ha consentito di crescere nel tempo: la nostra storia, i documenti, i materiali degli archivi, gli oggetti dei musei, le testimonianze di quanto di buono abbiamo fatto in passato non sono né gloria né amarcord della nostalgia, ma asset di competitività. La nostra storia d’impresa è un elemento distintivo e la distintività è un valore forte sui mercati. Valorizzare la nostra storia significa puntare sul futuro, rendere i dipendenti delle nostre imprese orgogliosi della loro appartenenza, ma anche i ragazzi e le ragazze che si avvicinano al mondo imprenditoriale consapevoli del fatto che nel nostro patrimonio storico, nella nostra memoria c’è anche per loro un grande avvenire. F
di Alessandro Dall’Onda
Il Maestro e l’ambasciatrice
L’incontro di Erjola Braha, giovane imprenditrice albanese, con Riccardo Cotarella, campione dell’enologia mondiale, l’ha ispirata a creare una cantina nel suo paese d’origine sulla base di un progetto internazionale. Intanto Netflix dedica un docu-film alla vita del ‘Master of the Vine’, che uscirà l’anno prossimo
LLui, Riccardo Cotarella, un cognome che è una sentenza. Nato nel 1948 a Monterubiaglio, un borgo in provincia di Terni, è il ‘Master of the Vine’, come l’ha battezzato Netflix nel docu-film a lui dedicato che uscirà nel 2025. Presidente mondiale degli enologi e presidente nazionale di Assoenologi, sfoggia un palmares di riconoscimenti professionali da far tremare i polsi. Riccardo, insieme al fratello Renzo, nel 1979 ha fondato Falesco, quella che oggi è Famiglia Cotarella, guidata dalle figlie di Riccardo e Renzo, Dominga, Marta ed Enrica, una delle più importanti aziende vitivinicole d’Italia con 200 ettari di vigneto e quasi due milioni di bottiglie vendute in tutto il mondo. Poi Riccardo ha la sua società di consulenza, la Chiasso Cotarella, a cui si affidano più di 100 aziende in Italia, Francia, Palestina, Giappone, Georgia, Spagna, Israele e Serbia. Lei, Erjola Braha. Ma nel mondo del vino la conoscono con un nome più dolce: Lola. Quarant’anni portati benissimo, volto e fisico da modella, sfodera una grinta e una preparazione professionale non comuni. Albanese di nascita ma italiana d’adozione (vive fin da quando era piccola in Valdobbiadene), è nel settore da circa 20 anni. Ha fondato e guida Alehandro Group, una delle più grandi aziende di commercio di vino albanesi, con sede a Tirana, rapporti in tutto il mondo e una presenza importante
nei Balcani, dove è l’ambasciatrice di tante eccellenze: da Château Lafite Rothschild a Edmond Rothschild, da Louis Roederer a Ornellaia. “Tra l’altro”, sostiene Erjola, “i Balcani rappresentano un mercato in costante crescita per il vino italiano, con un potenziale sempre in incremento. Il made in Italy è molto apprezzato in questa regione, dove i consumatori riconoscono e ricercano la qualità, l’eleganza e la tradizione che il vino italiano porta con sé”.
Sembrerebbero due storie e due percorsi lontani
1.000 chilometri, come quelli che dividono Orvieto da Tirana. Invece c’è un filo robusto che li lega: il vino. Lola ha conosciuto Riccardo partecipando a una sua masterclass. “Mi colpirono la sua passione, ma soprattutto la sua cura per i dettagli”, racconta. “Successivamente mi ha invitata a visitare la sua azienda in Umbria. Mi sono innamorata dei suoi vini straordinari, tra cui il Montiano”.
Ma soprattutto l’incontro con Cotarella ha ispirato Lola a creare un progetto che unisse il rispetto per le radici locali con una visione internazionale e che andasse oltre la rappresentanza di importanti case vinicole nei Balcani e in gran parte del mondo. “Ho deciso di creare la mia cantina in Albania, un luogo in cui le risorse e la tradizione del nostro territorio si fondono con metodi e tecniche innovative, aprendoci a un pubblico globale”, dice Erjola. “Ho voluto fondare anche un’academy per formare giovani appassionati, offrendo loro gli strumenti per comprendere e raccontare il valore del nostro vino e del nostro territorio. Attraverso l’academy coltiviamo un legame profondo con le nostre origini, ma con uno sguardo aperto e ambizioso verso il mondo, nella speranza che il nostro vino diventi un ambasciatore della cultura e del talento albanese”. Se Lola si dà daffare per crescere e far crescere ancora la sua Alehandro Group, Cotarella è all’apice della carriera, tant’è che Netflix ha deciso di dedicargli un docu-film che racconta la sua storia professionale e che è stato presentato in preview alla Milano Wine Week durante la cerimonia per l’assegnazione del Premio alla Carriera - Eccellenza Italiana, andato proprio a Cotarella “per lo straordinario contributo professionale e culturale portato al vino italiano e per la valorizzazione della nostra scuola enologica nel mondo”.
Il video, che anticipa un vero e proprio film, è stato ideato e prodotto dal team italo-americano composto da Kimberly Olsen, produttrice esecutiva, Frankie Nasso, regista e produttore, co-produttori Willy Vecchiattini, Ugo De Fazio, e Alessandro Rossi che ha avuto anche la responsabilità delle interviste ai testimonial che compaiono nel video, oltre a tutto lo staff di produzione statunitense di Coupage Productions. L’idea progettuale è nata, infatti, dall’incontro tra Riccardo Cotarella, Willy Vecchiattini e Alessandro Rossi, durante il Vinitaly, e ha visto poi la collaborazione del direttore artistico americano Frankie Nasso a New York.
Il film racconta il percorso umano e professionale del ‘Master of the Vine’ Riccardo Cotarella a partire dalla famiglia, con l’esempio dei nonni e del padre
La consegna del Premio alla Carriera - Eccellenza Italiana a Riccardo Cotarella durante la Milano Wine Week. Nell’altra pagina Erjola Braha e Riccardo Cotarella.
Domenico, scomparso troppo presto per un incidente in campagna; il legame con il fratello Renzo, con cui ha condiviso le prime esperienze professionali e la creazione dell’azienda Falesco, oggi divenuta Famiglia Cotarella; la creazione della società di consulenza enologica Chiasso Cotarella, in cui al cognome di Riccardo è affiancato quello del genero Pier Paolo, suo braccio destro, di recente premiato come Winemaker. E ancora, il ruolo di docente di viticoltura ed enologia all’Università della Tuscia di Viterbo, quello di presidente d’associazione italiana degli enologi e di quella internazionale, di accademico aggregato dell’Accademia dei Georgofili, ma anche le due lauree honoris causa, una in scienze della comunicazione e una in agronomia, fino al suo impegno sociale. Tra le testimonianze che arricchiscono il filmato quelle di diverse personalità che raccontano il Riccardo Cotarella che hanno conosciuto. Tra queste Sting e la moglie Trudie Styler, Bruno Vespa, Daniele Cernilli, Leonardo Lo Cascio, Massimo D’Alema, Giacomo Neri, Piero Antinori, Jean Guyon, Christer Gardel, Orhan Dragas, Munir Al Rai.
Nel finale Riccardo Cotarella dichiara il suo amore per il vino: “Il vino ci parla attraverso le sue esigenze, comunicandoci se il percorso ha bisogno di attenzioni, di deviazioni, di cambiamenti. È uno scambio, è un’unità di intenti che l’enologo ha con il vino come si ha con una persona. Il vino è un prodotto che va conosciuto, bisogna parlargli e ascoltare per capire come si esprime. Io non vorrei esagerare, ma è amore puro”. F
alla gestione di un team che preferisce cercare lavoro al lavorare
con te.
Premia il talento.
Perché questo premierà la tua azienda.
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CONOSCERE PER CRESCERE
CConoscenza. È intorno a questa parola che si articola il business di Rina, gruppo multinazionale che fornisce servizi nei settori energia, marine, certificazione, infrastrutture e mobilità, industria, real estate, ricerca e sviluppo, diventata un punto di riferimento globale per la transizione digitale, tecnologica ed energetica. "Siamo una knowledge company", dice Carlo Luzzatto, amministratore delegato e direttore generale, che in questi giorni festeggia il suo primo anno dall’insediamento al timone della società, concretizzatosi assieme all’ingresso come nuovo azionista del Fondo Italiano d’Investimento, che ha portato un’iniezione di capitali di 180 milioni di euro. Un’operazione che ha permesso alla società di continuare, anche in questo 2024, il suo percorso di crescita in termini sia di espansione internazionale che di business, come dimostrano i circa 900 milioni di euro di fatturato previsti per l’anno (in aumento rispetto ai 797 milioni registrati al 31 dicembre 2023) e le oltre seimila persone impiegate in tutto il mondo. “La nostra capacità di trasformarci ed evolverci continuamente ci ha permesso di diventare, nel tempo, un partner affidabile, un’azienda a cui si riconoscono competenza e affidabilità, fondamentali in un mondo che corre verso il digitale”, aggiunge Luzzatto. Non stupisce quindi se proprio il digitale è una delle colonne portanti di Rina. “Le tecnologie digitali permettono di superare i confini tradizionali, creando interconnessioni
e favorendo la condivisione di saperi e risorse”. Rina, d’altronde, è proprio questo: un ecosistema digitale in grado di supportare clienti e partner in vari settori, dalla transizione energetica all’industria manifatturiera, “che non si limita a fornire servizi, ma crea un contesto di fiducia e di crescita reciproca con i suoi interlocutori”. Non c’è solo il digitale, però. La sostenibilità è l’altro grande pilastro su cui si basa la visione della società per il futuro. Partendo dalla classificazione navale, che rappresenta le radici dell’azienda, Rina ha ampliato il pro-
"Non possiamo aspettare che il sistema educativo si adatti ai cambiamenti, dobbiamo anticipare le esigenze del mercato e offrire alle nuove generazioni le competenze di cui hanno bisogno"
prio raggio d’azione, diventando un partner per la consulenza ingegneristica legata alla sostenibilità e alla decarbonizzazione. In un mondo sempre più attento al rispetto dell’ambiente, la società si pone quindi l’obiettivo di aiutare le aziende a fare la differenza, offrendo soluzioni che consentano di ridurre l’impatto ambientale e di adottare nuove tecnologie energetiche, come l’idrogeno e le altre fonti rinnovabili. "Assistiamo le aziende nella transizione verso fonti energeti-
che sostenibili", dice Luzzatto, sottolineando l’impegno nel supportare una trasformazione verde e consapevole. Tutto questo non sarebbe possibile senza le persone. "Siamo oltre seimila in tutto il mondo e continuiamo a crescere, ma trovare, trattenere e sviluppare i migliori talenti è una sfida continua che stiamo vincendo. Non è un caso se stiamo assumendo quasi mille persone all'anno", racconta Luzzatto, che insiste su un aspetto: la creazione e la promozione di un ambiente capace sia di attirare continuamente sia coloro che già lavorano all’interno della società, sia nuove persone. “La concorrenza per i talenti è fortissima e siamo consapevoli dell'importanza di creare un ambiente in cui i nostri dipendenti abbiano voglia di rimanere". Questo significa non solo assumere, ma costruire una cultura del lavoro basata sull’interdipendenza e sulla collaborazione. “In Rina ognuno è parte di un network e non di una struttura gerarchica rigida. Perché è evidente che il modello a rete permette alle persone di mantenere la loro autonomia, di sentire l’impatto del loro lavoro e di sviluppare una mentalità imprenditoriale”, spiega Luzzatto. In quest’ottica, il progetto degli open innovation hub è particolarmente significativo. "Non crediamo in un’innovazione chiusa, ma in una strategia che coinvolga tutti: clienti, università, istituzioni, persino la concorrenza". Gli open innovation hub, spiega Luzzatto, sono concepiti per favorire uno scambio continuo di idee e conoscenze. Un esempio concreto è il Centro sviluppo materiali di Castel Romano, alle porte di Roma, acquisito da Rina alcuni anni fa e trasformato in un centro di eccellenza. Qui la società sta realizzando Hydra, un progetto per decar-
bonizzare il processo di produzione dell'acciaio attraverso le tecnologie legate all'idrogeno, un passo importante verso la sostenibilità nell’industria pesante. Ma c’è anche l’open innovation hub di Singapore, da poco inaugurato, che si inserisce in un network globale pensato per supportare startup, grandi aziende e centri di ricerca nel loro percorso di crescita. In ogni open innovation hub, inoltre, Rina offre programmi di formazione avanzata, collaborando con università e centri di ricerca per preparare le nuove generazioni. Per formare i talenti affinché diventino parte della knowledge company, la società collabora anche con il mondo dell’alta formazione, in particolare con gli Its Academy, tra cui la Fondazione G. Caboto - Tecnologie per il Mare e la Logistica di Gaeta. "Il nostro obiettivo è risalire la catena della formazione, offrendo competenze che siano al passo con la tecnologia e le sfide della sostenibilità”, dice Luzzatto. “La re-
L'obiettivo di fatturato di Rina per il 2030
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sponsabilità sociale è un valore fondamentale per noi, che investiamo nella formazione non solo per attrarre talenti, ma per contribuire al progresso della società”. I programmi di formazione e i percorsi di crescita sono progettati per sviluppare le competenze di domani, con un focus su sostenibilità e innovazione. "Non possiamo aspettare che il sistema educativo si adatti ai cambiamenti, dobbiamo anticipare le esigenze del mercato e offrire alle nuove generazioni le competenze di cui hanno bisogno per fare la differenza”, aggiunge Luzzatto, che si sofferma anche su alcuni degli obiettivi economici e di business previsti dal piano strategico al 2030. “Puntiamo a un fatturato di 2 miliardi di euro (più del doppio di quello odierno), di pura crescita organica, e a continuare ad attrarre e ispirare nuove persone e aziende. Inoltre, continueremo ad avanzare per linee esterne. Sono diversi i dossier aperti”. F
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di Francesca Vercesi
Inclusione intelligente
Nel settore dell’IA potrebbero peggIorAre ulterIormeNte lA sepArAzIoNe lAvorAtIvA per geNere e le dIspArItà ecoNomIche. come fAvorIre uNo svIluppo etIco? se Ne è pArlAto IN uN eveNto mIlANese che hA vIsto protAgoNIstA AxA ItAlIA Al fIANco dI ANgels for WomeN
L'L’uguaglianza di genere in Italia è ancora una chimera. Le statistiche confermano che faticano ad affermarsi principi come equità e non discriminazione. Lo sa bene Axa Italia, il colosso assicurativo che da sempre (e prima di altri) si occupa in modo propositivo delle grandi tematiche della gender equality, dell’empowerment femminile, della disparità salariale, delle donne impiegate in ruoli precari e sottopagati. Tutte leve non soltanto di giustizia sociale e di uguaglianza, ma anche di crescita economica per il sistema Paese. Oggi poi, a complicare uno scenario già di per sé fragile, sta giocando un ruolo decisivo l’intelligenza artificiale, un terreno sul quale le donne scontano un accesso più limitato o minori competenze digitali rispetto agli uomini. Fenomeno che peggiora ulteriormente la separazione lavorativa per genere e, di conseguenza, le disparità economiche.
Di questo si è parlato in un evento milanese che ha visto protagonista il gruppo assicurativo al fianco di Angels For Women dal titolo Donne e AI: ripensiamo il futuro del Lavoro e della Salute. In altre parole, un confronto su come favorire uno sviluppo etico e inclusivo dell’intelligenza artificiale, per farne uno strumento realmente rappresentativo delle esigenze di tutta la società, con particolare attenzione alle donne. Al centro del dibattito, l’IA è stata analizzata da una prospettiva di genere, evidenziando rischi e
opportunità per le donne in tre ambiti: occupazione, etica e salute.
Il tutto a partire da una base scientifica, grazie alla cornice offerta dal white paper elaborato da Paola Profeta, prorettrice per Diversità, inclusione e sostenibilità all’Università Bocconi e direttrice dell’Axa Research Lab on Gender Equality, che ha sottolineato: “In Italia c’è un enorme problema di competenze. Ci sono nuovi lavori, ma le donne non sono ancora preparate. I data scientist, per esempio, sono quasi tutti uomini”.
Per questo c’è bisogno di più competenze e di maggiore sensibilizzazione sull’argomento. Aspetti su cui Axa lavora da tempo. “In linea con il nostro impegno sull’empowerment femminile, che da anni portiamo avanti su diversi fronti, abbiamo voluto organizzare questo even-
to con W7 a conclusione del nostro percorso insieme, perché vogliamo che l’IA sia una leva e non un ulteriore ostacolo sulla già lunga strada che ci separa dalla parità di genere", ha sottolineato Chiara Soldano, ceo di Axa Italia. "Questo richiede di colmare il gap di competenze e di coinvolgere le donne nello sviluppo dell’IA per garantire un’equa varietà di prospettive. L’empowerment femminile è parte di una sfida più ampia, che consiste nel costruire società più inclusive e resilienti”.
La strada è ancora lunga: occorre fare luce sul ruolo del linguaggio e sull’importanza di incentivare, tra le ragazze, lo studio delle materie scientifiche e tecnologiche. “Ci vogliono prevenzione e correzione", ha osservato Ersilia Vaudo Scarpetta, chief diversity officer della Eu-
EDUCAZIONE ALL’AFFETTIVITÀ
E LOTTA ALLA VIOLENZA DI GENERE NELLE SCUOLE
Proseguendo nel solco tracciato da Axa Italia, particolare attenzione è rivolta anche alle scuole. L’Italia è uno dei soli tre paesi in Europa che non possono contare sull’educazione affettiva nelle scuole. Nel 2023 è quartultima in Europa nella classifica The Global Gender Gap del World Economic Forum, seguita solo da Ungheria, Repubblica Ceca e Turchia. In questo panorama ha assunto ancora più importanza un progetto come 'La fatica di essere medie', ciclo di incontri di educazione affettiva nelle scuole secondarie di primo
grado, voluto da Axa Italia insieme a Fondazione Una Nessuna Centomila, con il supporto di ScuolAttiva. I temi affrontati nel corso di questi incontri, centrali per le nuove generazioni, riguardano la loro condizione preadolescenziale e il complesso fenomeno della violenza digitale, in aumento soprattutto fra i minori. Il tutto utilizzando l’arte come linguaggio in grado di aprire una riflessione su tematiche complesse e che possa stimolare il racconto emotivo, il pensiero critico e la gestione delle relazioni contro gli stereotipi.
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ropean Space Agency. "Occorre correggere gli algoritmi discriminatori. Infine bisogna correre ai ripari perché in Italia c’è un enorme divario di competenze matematiche. Siamo all’80esimo posto, dopo il Costa Rica”. Concetto espresso anche da Annamaria Tartaglia, co-founder di Angels For Women e co-chair di W7: “L’IA è un’opportunità per colmare il divario di genere, ma la sua diffusio-
ne incontrollata rischia di alimentare pregiudizi e disuguaglianze soprattutto nei settori in cui le donne sono sottorappresentate. Per sfruttarne il potenziale, occorre garantire l’inclusività, dall’addestramento dei dati alla progettazione degli algoritmi, assicurando che serva come forza per l’equità”.
E che ruolo giocherà l’industria delle assicurazioni? “L’assicurazione è un’in-
dustria che subirà fortemente l’impatto tecnologico", ha spiegato Letizia d’Abbondanza, chief customer and external communication officer di Axa italia, a proposito degli impatti su un fronte chiave come la salute. "Il tema più importante nell’ambito salute sono i nuovi bisogni. Nel nostro settore si sta passando da una logica di prevenzione a una di servizio. L’IA sarà la chiave perché ha un impatto importante su tutte le fasi in cui l’assicurazione può intervenire, sia nella preparazione della tariffa che nella costruzione della nostra offerta”. E qui entra in gioco l’etica. “A noi spetta il compito di controllare in modo etico quello che l’IA fornisce e quindi il ruolo umano è fondamentale per l’interpretazione dei dati. Di certo la tecnologia ha il vantaggio di far accedere alle soluzioni in modo semplice. Non è facile fare bene l’industrializzazione, ovvero individuare i bisogni specifici e poi passare alla vendita e al supporto. Ma è proprio questo che cerchiamo di fare con le nostre aree digitali”.
E ancora, sempre a novembre, si è tenuto a Firenze, all’Istituto di Scienze Militari Aeronautiche, l’evento di Axa Italia dal titolo Gender gap, diritti ed empowerment al femminile. Axa agisce su diverse leve per raggiungere questo obiettivo, a partire dal lavoro. “Abbiamo implementato iniziative come lo smart working, politiche genitoriali dedicate e un sistema di welfare pensato per sostenere le donne", ha detto Soldano. "Un’altra leva fondamentale è l’equità: abbiamo definito kpi specifici per garantire un equilibrio di genere nel top management e la promuoviamo nei processi di selezione e promozione. Puntiamo sulla competenza. Vogliamo che le donne abbiano pari opportunità nei percorsi di sviluppo professionale, come nel master che stiamo lanciando con la Bocconi. Investiamo anche attraverso Axa Research Fund per sostenere la ricerca e supportiamo l’innovazione al femminile con iniziative come Angels for Women, che favorisce le startup guidate da donne”. F
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L’IA mette il turbo
Tra i principali markeTplace per vendere e comprare auTo, AutoScout24 offre soluzioni all’avanguardia che permeTTono ai clienTi di ampliare il business e oTTimizzare i margini.
“il ruolo dei canali digiTali è divenTaTo sempre più sTraTegico”, dice il ceo GioiA MAnetti
CCon una crescita costante e oltre due milioni di annunci, AutoScout24 è considerato uno dei marketplace automotive più grandi d'Europa. Grazie a una community di 30 milioni di utenti mensili e una rete di 43mila concessionari partner, il gruppo lavora per offrire ai clienti un'esperienza di acquisto sempre più semplice e personalizzata. Presente in Italia, Germania e nei principali mercati europei, AutoScout24 offre oggi una gamma completa di servizi per il mondo automotive, dal leasing alla vendita b2b. Forbes ha intervistato il ceo Gioia Manetti, che ha raccontato le caratteristiche del consumatore di oggi, l’impatto dell’IA nell’automotive e le ultime mosse del gruppo.
Quanto contano i marketplace e i canali digitali nelle abitudini di acquisto degli italiani? Il ruolo dei canali digitali è diventato sempre più strategico. Le ultime ricerche dimostrano una crescente preferenza dei consumatori italiani per gli acquisti online. Questo trend coinvolge soprattutto le fasce più giovani. Il fattore generazionale incide significativamente sulla propensione all’acquisto. Se pensiamo alla mobilità, chi decide di comprare un’auto oggi proviene da un background molto diverso rispetto a quello di 20 anni fa. Sono cambiate esigenze, motivazioni e interessi verso
specifici brand. Inoltre è cambiato il funnel di acquisto dell’utente medio. Il consumatore moderno sa come muoversi online e pretende un trattamento personalizzato: è un consumatore smart che, secondo le ultime ricerche, inizia in più dell'80% dei casi il proprio percorso decisionale online, utilizzando motori di ricerca e piattaforme digitali per raccogliere informazioni su modelli, prezzi e recensioni. Questo sottolinea l'importanza crescente dei contenuti digitali nel processo decisionale. Mai come oggi è fondamentale essere leader digitali nel proprio settore.
Come l'innovazione sta trasformando il settore?
Gli utenti mensili della community di AutoScout24
30 mln 92%
I concessionari convinti che l'IA cambierà il settore
Personalmente, vedo l'innovazione come un modo per costruire non solo un prodotto, ma un'intera esperienza intorno alle esigenze in evoluzione di clienti e consumatori. La tecnologia è uno degli strumenti, ciò che veramente importa è la capacità di visione e di interpretazione dei cambiamenti di mercato, per poter anticipare i bisogni. In AutoScout24 l'innovazione è proprio questo, un modo di pensare e creare prodotti e servizi che soddisfino bisogni vecchi e nuovi, anche inespressi. Significa ampliare la propria gamma di offerta a servizi complementari che accompagnino il cliente nel tempo. Da sempre siamo agili e curiosi nel testare nuovi mercati e nuove categorie di prodotto. Se il cliente ha esigenze più complesse o variegate, è nostro compito rispondere con soluzioni flessibili e accessibili, rendendo la nostra offerta un vero ecosistema integrato. Penso, ad esempio, ad AutoProff, una piattaforma online europea parte della famiglia AutoScout24, specializzata nel fornire soluzioni di trading b2b che permettono ai concessionari di incrementare le vendite e migliorare i profitti nel commercio di auto in tutta Europa.
Qual è l'impatto dell'IA nei marketplace e quale nelle concessionarie?
Le concessionarie, secondo una recente indagine svolta da AutoScout24 in collaborazione con Quintegia, non hanno alcun dubbio sull’impatto che l’intelligenza artificiale avrà sul business. Il
92% dei dealer ritiene infatti che l’IA avrà un impatto significativo. Si tratta di capire come riuscire a integrarla al meglio nel quotidiano e molti hanno già chiaro quanto sia necessario affidarsi a interlocutori professionali, visti gli ingenti investimenti in sviluppo e competenze legati a un approccio diretto. Quest’ultimo è un aspetto molto importante. Per noi rendere l’uso di questa tecnologia di frontiera alla portata di tutti è sinonimo soprattutto di farsi carico della complessità e dei costi di ricerca e sviluppo legati a questa innovazione per offrire un servizio chiavi in mano, utile ad agire sulle principali leve di business. Consentire ai nostri clienti di cogliere le opportunità offerte dal mercato e proteggerli dalle sue oscillazioni, consentendo loro di ampliare il business e ottimizzarne i margini, è imprescindibile.
Quanto contano le persone nel percorso di innovazione?
Le persone sono e saranno sempre il motore di ogni innovazione. Il pensiero creativo, la capacità di generare idee uniche, di far succedere le cose, non verrà mai sostituita da nulla. Credo che assicurarsi di avere, motivare, far crescere talenti sia essenziale in un’azienda che voglia avere successo e risultati nel lungo termine. E credo anche che talento non significhi solo competenze e performance, ma soprattutto umanità. Se oggi AutoScout24 è la casa dell'acquisto, della vendita e del leasing di auto in Europa, se è un’azienda che cresce bene a un ritmo a due cifre, è perché si distingue per essere composta principalmente da persone non solo in gamba, ma soprattutto che ci tengono, che condividono valori come rispetto, cura, professionalità e voglia di fare ciò che è giusto per clienti e consumatori. Persone che lavorano con dedizione al futuro dell’azienda, puntando fortemente sull’innovazione e rimanendo sempre fedeli all’ascolto dei partner. Negli ultimi anni abbiamo inoltre lanciato una serie di iniziative mirate al
benessere fisico e mentale delle persone e alla loro soddisfazione. Se un’azienda si prende cura del proprio team, il team farà ciò che è giusto per prendersi cura di clienti e consumatori. E quindi, in ultima istanza, del business.
Quali saranno i prossimi passi del gruppo?
Di recente, attraverso l’acquisizione di Trader Corporation in Canada, abbiamo esteso la presenza del gruppo al di fuori dell’Europa, rafforzando la nostra posi-
zione di principale marketplace online a livello mondiale. Trader Corporation è una realtà leader nel mercato canadese con un know how di primo livello in ambito software per concessionari e nelle soluzioni fintech, che ci consentirà di offrire ai nostri clienti, partner commerciali, Oem e partner finanziari in Europa e Canada servizi migliori. L’obiettivo principale del gruppo resta far leva sulle competenze per poter contribuire al successo duraturo dei nostri clienti. F
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Un nuovo paradigma di protezione
Verisure ha ideato un sistema integrato di sicurezza che combina tecnologie di ultima generazione con un approccio umano. la serratura intelligente smartlock protegge da ogni tentativo di intrusione, con la possibilità di gestire tutto da remoto
LLa sicurezza domestica, da sempre una priorità, è diventata una preoccupazione centrale per gli italiani, come dimostra la terza edizione dell’Osservatorio sulla Sicurezza della Casa Censis-Verisure, realizzato in collaborazione con il Servizio analisi criminale del ministero dell’Interno. Secondo il rapporto, quasi il 90% della popolazione ritiene la protezione della casa essenziale per vivere serenamente, mentre il 48% identifica i furti in abitazione come il crimine più temuto. I dati del 2023 confermano questa crescente apprensione: oltre 147mila furti in abitazione, con un aumento del 10,4% rispetto all’anno precedente. Questi dati, già di per sé allarmanti, mettono in evidenza quanto sia urgente disporre di soluzioni di sicurezza più avanzate, in grado non solo di proteggere, ma anche di prevenire i rischi.
In questo contesto, Verisure si è affermata nel settore proponendo un sistema integrato di sicurezza che combina tecnologie di ultima generazione con un approccio umano. Non solo un sistema di allarme, ma un ecosistema che punta a ridisegnare il concetto stesso di protezione domestica. Uno degli elementi distintivi
di Verisure è l'uso dell’intelligenza artificiale predittiva, una tecnologia avanzata progettata per analizzare in tempo reale i segnali provenienti dai dispositivi di sicurezza installati nelle abitazioni o nelle attività commerciali e fornire informazioni utili al personale in centrale operativa. “Non ci limitiamo a registrare un movimento: il nostro sistema è in grado di interpretarlo, stabilendo rapidamente se si tratta di una situazione di rischio che richiede un intervento. Questo ci permette di rispondere con maggiore
efficacia e precisione”, spiega Ilaria Curti, marketing director di Verisure Italia. A differenza dei tradizionali sistemi di allarme, che si limitano a rilevare e segnalare un evento, la capacità di analisi di Verisure è resa possibile da una combinazione di fattori: i sofisticati dispositivi, tra cui sensori perimetrali progettati per ridurre i falsi allarmi e telecamere hd che forniscono immagini nitide in tempo reale, raccolgono e filtrano le informazioni, individuando i possibili falsi allarmi e inviando le segnalazioni di potenziale pericolo alla centrale operativa Verisure, dove guardie giurate verificano ogni segnale e coordinano gli interventi necessari.
La filosofia di Verisure si basa su un equilibrio tra tecnologia avanzata e intervento umano.
“La tecnologia è il nostro punto di forza, ma è il fattore umano a fare la differenza. I nostri operatori garantiscono un approccio personalizzato e attento, calibrando ogni intervento sulle necessità del cliente”, spiega Curti. Questo approccio ha permesso a Verisure, attiva in Italia da oltre dieci anni, di diventare un punto di riferimento nel settore della sicurezza domestica, conquistando la fiducia di un numero sempre maggiore di famiglie. Tra le ultime innovazioni tecnologiche lanciate sul mercato italiano c'è la serratura intelligente Smartlock: non solo un dispositivo di sicurezza, ma una soluzione versatile che integra funzionali-
tà avanzate per migliorare la qualità della vita quotidiana. Sul fronte della sicurezza, Smartlock è dotata di un cilindro antimanomissione certificato SKg*** progettato per resistere ai tentativi di effrazione più comuni e all'uso di strumenti quali key bumping, trapani e grimaldelli. Grazie all’integrazione con il sistema di allarme Verisure, in caso di tentativo di intrusione un segnale viene inviato alla centrale operativa che risponde in meno di 60 secondi, verifica la situazione e interviene rapidamente allertando i servizi di vigilanza. Inoltre la nuova serratura offre vantaggi anche in altre situazioni di emergenza. Ad esempio, in caso di malore o necessità medica improvvisa, la serratura può essere sbloccata da remoto sia dall’app Verisure che dalla centrale operativa, consentendo a soccorritori, familiari o vicini di accedere immediatamente all’abitazione. Questa funzione si rivela particolarmente utile per le persone anziane o con mobilità ridotta, che potrebbero non essere in grado di aprire la porta manualmente. Smartlock, in combinazione con i pulsanti Sos strategicamente posizionati in casa, crea una rete di sicurezza completa. Con un tocco è possi-
bile inviare una richiesta di aiuto alla centrale operativa, che attiva immediatamente il protocollo di emergenza più appropriato. Oltre a garantire protezione, Smartlock introduce una nuova dimensione di comodità nella gestione della casa. Grazie alla possibilità di controllare la serratura da remoto, gli utenti possono aprire o chiudere la porta ovunque si trovino, eliminando il rischio di dimenticare le chiavi o di non poter accogliere ospiti, collaboratori o tecnici in loro assenza. Tra le funzionalità intelli-
Il 90% degli italiani ritiene la protezione della casa essenziale per vivere serenamente, mentre il 48% identifica i furti in abitazione come il crimine più temuto
genti spiccano l’Autolock, che permette la chiusura temporizzata della porta, e il registro delle attività, che consente di monitorare chi entra e chi esce dalla casa. Questi strumenti, uniti alla possibilità di ricevere notifiche in tempo reale e di accedere alle immagini delle telecamere collegate, offrono un controllo totale. “Con Smartlock abbiamo creato una soluzione che unisce protezione, praticità e innovazione. È un prodotto pensato per adattarsi alle esigenze dei nostri clienti, migliorando la loro vita quotidiana”, aggiunge Curti. Verisure guarda al futuro con l’obiettivo di rendere i suoi sistemi ancora più intelligenti e adattabili. L’intelligenza artificiale continuerà a giocare un ruolo centrale, non solo nel filtrare i dati, ma anche nell’interpretarli. Uno strumento essenziale, che si integrerà sempre di più con l’intervento umano, ridefinendo il concetto di protezione e trasformando la sicurezza in un’esperienza che restituisce serenità e qualità della vita. “Vogliamo andare oltre la semplice reazione: il nostro obiettivo è creare sistemi capaci di prevenire le situazioni di rischio, offrendo ai clienti una sicurezza proattiva e personalizzata”. F
Trasformazione profonda
Il piano industriale 2024-2028 di Terna prevede 16,5 miliardi di euro di investimenti in cinque anni. Tra le principali opere in programma ci sono collegamenti elettrici sottomarini come il Tyrrhenian Link, che sarà il primo a scendere oltre duemila metri sotto il livello del mare
Saranno 970 km di cavi sottomarini, a una potenza di 1.000 MW. Terna, la società che gestisce la rete elettrica nazionale, si prepara a realizzare il Tyrrhenian Link, un collegamento che unirà la Sicilia alla Sardegna e alla Campania per migliorare la capacità di trasporto, la sicurezza e la flessibilità della rete e favorire l’integrazione del mercato interno e delle rinnovabili. Il Ramo Ovest dell’opera, tra Sicilia e Sardegna, stabilirà anche un record: sarà il primo collegamento sottomarino in alta tensione a superare i duemila metri di profondità, con punte di
I lavori per la sperimentazione dell’Internet of Underwater Things di Terna e WSense.
Alcune interconnessioni saranno con l’estero.
È
il caso di Elmed, il ponte energetico
tra
Italia e Tunisia, primo collegamento
elettrico
in corrente continua tra Europa e Africa
2.150. Per la posa dei cavi Terna ricorrerà a una tecnologia chiamata perforazione teleguidata, che permette di ridurre l’interferenza con la flora marina e l’impatto dei lavori sul litorale.
Il Tyrrhenian Link è il più importante fra i progetti infrastrutturali previsti dal piano industriale 2024-2028 della società guidata dall’amministratore delegato e direttore generale Giuseppina Di Foggia. Il piano prevede 16,5 miliardi di euro di investimenti in cinque anni, la cifra più alta nella storia del gruppo, a conferma dell’impegno di Terna a
contribuire al raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione fissati dal Green Deal europeo e dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima, cioè ridurre entro il 2030 le emissioni di gas serra del 55% rispetto al 1990.
Tra le principali opere previste dal piano ci sono proprio i collegamenti elettrici sottomarini. Le nuove infrastrutture si aggiungeranno alle sette interconnessioni subacquee già gestite da Terna: il Sa.Co.I. 2, che collega Toscana, Corsica e Sardegna; l’interconnessione tra Italia e Grecia; il Sa.Pe.I. tra Lazio e
Sardegna; il cavo Sorgente Rizziconi tra Sicilia e Calabria; la linea tra Capri e Sorrento; l’interconnessione tra Italia e Montenegro; il collegamento tra Piombino e l’Isola d’Elba. Un’altra opera importante sarà l’Adriatic Link, che unirà Abruzzo e Marche con 250 km di cavo sottomarino da 1.000 MW di potenza, a una profondità massima di 100 metri. Il collegamento permetterà di incrementare la capacità di scambio interno al Paese: sarà cruciale per trasferire l’energia prodotta dai tanti impianti eolici e fotovoltaici del Sud verso i centri di consumo del Nord.
Alcune delle interconnessioni previste saranno con l’estero. È il caso di Elmed, il ponte energetico tra Italia e Tunisia, primo collegamento elettrico in corrente continua tra Europa e Africa, che rientra nel Piano Mattei del governo italiano. Il progetto, a cui lavoreranno Terna e Steg, la società tunisina dell’elettricità e del gas, è cofinanziato dalla Commissione europea tramite Connecting Europe Facility, il fondo per lo sviluppo dei progetti chiave per potenziare le infrastrutture energetiche comunitarie, che per la prima volta ha destinato fondi a un’opera di uno stato membro e uno stato terzo. L’elettrodotto unirà la stazione di Partanna, in provincia di Trapani, a quella di Mlaabi, nella penisola tunisina di Capo Bon, per una lunghezza complessiva di 220 km, perlopiù in cavo sottomarino, una potenza di 600 MW e una profondità massima di circa 800 metri. Contribuirà all’integrazione dei mercati dell’energia elettrica, all’incremento di produzione da fonti rinnovabili in Europa e in Africa e alla sicurezza dell’approvvigionamento energetico, tramite la diversificazione delle fonti.
Un altro progetto internazionale è il cosiddetto Sa.Co.I. 3, ovvero il lavoro di rinnovo, ammodernamento e ripotenziamento dell’interconnessione Sa.Co.I. 2 tra Sardegna, Corsica e Toscana, in esercizio dal 1992. L’intervento consiste nella realizzazione di un cavo hvdc (high voltage direct current), con una capacità complessiva fino a 400 MW e due stazioni di conversione, in Sardegna, a Codrongianos, in provincia di Sassari, e in Toscana, a Suvereto, in provincia di Livorno. Va citato anche il raddoppio dell’interconnessione tra Italia e Grecia, che vedrà due cavi sottomarini di 250 km, con potenza fino a 1.000 MW, e due cavi terrestri di 50 km. Il raddoppio dell’interconnessione esistente
permetterà, tra l’altro, di mantenere lo scambio di energia tra i due paesi anche in presenza di manutenzione. Tutte queste opere richiedono tecnologie all’avanguardia, sia per garantire la sicurezza degli asset marini, sia per limitare al minimo l’interferenza con l’ambiente e monitorare le condizioni ambientali nelle vicinanze delle infrastrutture. Tra queste c’è l’Internet of Underwater Things (IoUT), al centro di un progetto di collaborazione tra Terna - che da tempo usa sensoristica IoT per monitorare la rete di trasmissione e migliorarne affidabilità e resilienza - e WSense, deep tech italiana che si occupa di monitoraggio e sistemi di comunicazione per l’ambiente subacqueo.
Le due aziende hanno sperimentato l’IoUT nel Mar Tirreno, nel canale di Piombino. WSense ha installato un sistema di sonde sottomarine, collegate in una rete wi-fi subacquea per la trasmissione dei dati, che ha permesso di acquisire in tempo reale informazioni sull’ecosistema marino: rumore subacqueo, correntometria, clorofilla, temperatura, torbidità dell’acqua. I risultati hanno mostrato che l’IoUT è una tecnologia promettente per il monitoraggio di ambienti sottomarini. Potrebbe così rappresentare un esempio delle twin transition - energetica e digitaleche Terna persegue per realizzare un sistema elettrico sempre più efficiente e sostenibile.
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MCARTHURGLEN, GRUPPO FONDATO A LONDRA NEL 1993, SI OCCUPA DELLA GESTIONE, DELLO SVILUPPO E DELLA PROPRIETÀ DI DESIGNER OUTLET IN TUTTO IL MONDO.
INSIEME ALLE CLASSICHE ESPERIENZE DI ACQUISTO, OFFRE ANCHE ATTRAZIONI, EVENTI E SERVIZI CHE MIRANO A TRASFORMARE I CENTRI COMMERCIALI IN POLI DI INTRATTENIMENTO. “PORTIAMO ANCHE IMPORTANTI BENEFICI AI TERRITORI IN CUI CI TROVIAMO”
UUna realtà in crescita con una presenza a livello internazionale consolidata. McArthurGlen , gruppo fondato a Londra nel 1993, è attivo nella gestione, sviluppo e proprietà di designer outlet. Oggi ne gestisce 24 tra Austria, Canada, Francia, Germania, Italia, Paesi Bassi, Spagna e Regno Unito. A testimoniare il lavoro della società ci sono i numeri: il gruppo ha registrato nel 2023, un fatturato di 5,5 miliardi di euro. In Italia, dove è presente dal 2000 con l’apertura del designer outlet di Serravalle, gestisce quattro centri: Serravalle, Castel Romano (che nel 2023 ha celebrato i 20 anni di attività), Noventa di Piave e La Reggia
Birkenstock, accanto a nomi già consolidati come Prada, Givenchy, Off-White, Balenciaga, Celine, Polo Ralph Lauren, Nike e Adidas.
Secondo Doppio, il successo è dovuto alla formula adottata dal gruppo. “Ad attirare l’attenzione dei visitatori di oltre 200 paesi è la formula vincente dei centri McArthurGlen, la sua on site shopping experience, in cui a un brand mix per tutti, dal luxury al premium, dal casual allo sport, a prezzi sempre ridotti fino al 70%, si affiancano attrazioni, eventi e servizi. I nostri designer outlet sono diventati tappe di shopping nei viaggi dei nostri clienti italiani e internazionali, portando anche importanti benefici ai territori in cui si trovano”.
Tra le iniziative di McArthurGlen c’è il Fashion Festival, un evento che, spiegano dall’azienda, offre sconti aggiuntivi e continua ad avere un forte riscontro di pubblico: secondo quanto registrato dal gruppo, l’ultima edizione ha attirato oltre 200mila visitatori in un solo giorno nei centri italiani. Il 2024 ha visto anche risultati significativi per le vendite tax free, aumentate del 17% rispetto al 2023 (+18% rispetto al 2019), con perfor-
Secondo uno studio condotto
in collaborazione con Doxa, il punto vendita fisico si conferma centrale anche per i giovani. Il 46% della GenZ considera le vetrine una fonte di ispirazione per i propri acquisti, mentre il 60% combina negozi fisici ed e-commerce per finalizzare le proprie scelte
a Marcianise. “Sono strutture collocate in punti strategici, vicini a grandi città e attrattive turistiche, che hanno contribuito a consolidare la presenza del gruppo nel mercato italiano”, evidenzia Donatella Doppio , managing director Italia di McArthurGlen. “Per il 2024 stimiamo un incremento del fatturato del 5% nel Paese”.
Tra i fattori che hanno contribuito all’affermazione del gruppo c’è l’attenzione alla customer experience, sviluppata con investimenti costanti nei centri e una collaborazione con numerosi brand internazionali. Tra le recenti aperture in Italia ci sono Aquazzura, Kenzo, Armani Exchange e il primo outlet italiano di
mance particolarmente rilevanti a Serravalle e Castel Romano (+25% rispetto al 2023), sostenute dal ritorno del turismo internazionale, in particolare da Medio Oriente, Stati Uniti e Cina. Parallelamente, McArthurGlen ha ampliato i servizi offerti ai visitatori, introducendo nuove guest lounge e potenziando le aree dedicate a gruppi organizzati e famiglie. Un esempio significativo è l’area Play Land a Serravalle, uno spazio tematico di seimila metri quadrati dedicato ai bambini, che include anche un parco acquatico, il primo in Italia realizzato all’interno di un outlet. Questi progetti mirano a trasformare i centri in poli di intrattenimento, oltre che di shopping. Grazie a queste iniziative i designer outlet non sono più solo luoghi dove acquistare, ma destinazioni in grado di accogliere visitatori di ogni età. Oltre all’attività commerciale, McArthurGlen è impegnata in progetti di responsabilità sociale e sostenibilità, raccolti sotto
la piattaforma Evolve. Tra i progetti recenti c’è l’Oasi Wwf inaugurata nel 2024 nel designer outlet di Castel Romano. Si tratta di un’area rigenerata in collaborazione con Wwf Italia, trasformata da ex discarica abusiva a spazio fruibile per la comunità, con percorsi guidati e attività didattiche per le scuole.
Donatella Doppio, managing director Italia di McArthurGlen.
“Portiamo avanti importanti attività di sensibilizzazione e dedicate alla salute e all’attenzione nei confronti delle comunità in cui operiamo attraverso progetti di riqualificazione urbana e artistica”, continua Doppio. “Con la nostra piattaforma Evolve, il gruppo ha mosso un ulteriore passo in questa direzione: diverse aree di intervento e una strategia ambiziosa che si propongono di ridurre al minimo l’impatto delle attività del gruppo sul pianeta, massimizzare la ricaduta positiva nelle comunità in cui opera, integrare la sostenibilità in ogni aspetto dell’attività”. Un’altra iniziativa chiave legata a Evolve è l’Osservatorio Moda e Generazioni, uno studio condotto in collaborazione con Doxa e presentato a Milano a novembre. L’analisi esplora i comportamenti di consumo delle diverse generazioni, con un focus particolare sulla GenZ, che secondo le stime rappresenterà oltre il 35% dei clienti futuri di McArthurGlen. Secondo la ricerca, il punto vendita fisico si conferma centrale anche per i giovani: il 46% della GenZ considera le vetrine una fonte di ispirazione per i propri acquisti, mentre il 60% combina negozi fisici ed e-commerce per finalizzare le proprie scelte. F
di Attilio Nucetti
Spazi di EVOLUZIONE
Sonae Sierra, fondata in Portogallo e con operazioni in oltre 35 paesi, è attiva nel settore immobiliare, dalla pianificazione iniziale alla gestione operativa. “I centri commerciali si stanno trasformando sempre di più in spazi poliedrici ed elementi centrali della comunità”
LLe città cambiano e con loro anche la gestione degli spazi immobiliari, che si evolvono in base alle esigenze della popolazione. Sonae Sierra, realtà fondata in Portogallo e con operazioni in oltre 35 paesi, è attiva nel settore immobiliare con un approccio integrato. L’obiettivo è coprire l’intera catena del valore immobiliare, dalla pianificazione iniziale alla gestione operativa. “Questa prospettiva ci permette di creare progetti che non solo funzionano, ma prosperano nel tempo, garantendo valore aggiunto, flessibilità e una collaborazione a lungo termine con tutti gli stakeholder”, spiega José Maria Robles, director property management Italia, Grecia e Romania dell’azienda.
In questi anni il panorama immobiliare retail in Europa e in Italia ha subito una profonda trasformazione e stanno cambiando anche le esigenze delle popolazioni urbane. “I centri commerciali si stanno trasformando sempre di più in spazi poliedrici ed elementi centrali della comunità”, conferma Robles. “In Sierra sappiamo bene ciò che gli investitori cercano e il valore a lungo termine che dobbiamo creare per loro. Il nostro modello di gestione ci consente di bilanciare le esigenze di proprietari, inquilini e visitatori, rafforzando il legame tra i centri commerciali e le comunità in cui operano e garantendo risultati di alta qualità per diverse tipologie di beni”.
In quest’ottica, in Italia e in tutta Europa, per rispondere alle esigenze dei consumatori i progetti mixed-use stanno guadagnando sempre più importanza, trasformandosi in hub di innovazione e crescita urbana. Di che si tratta? “I progetti mixed-use rappresentano
ecosistemi urbani complessi, dove residenze, uffici, spazi commerciali e servizi coesistono e si integrano perfettamente”, ha spiegato Robles. “Questi progetti combinano una varietà di funzioni, dal residenziale al commerciale, fino agli spazi ricreativi e culturali, creando ecosistemi urbani dinamici”. Tutto ciò, però, nasconde anche grandi sfide. “La gestione di questi spazi richiede non solo la selezione degli occupanti giusti per creare centri vitali e sostenibili, ma anche la capacità di coordinare spazi diversi in modo efficiente, offrendo la migliore esperienza possibile a tutti i visitatori. In Sonae Sierra adottiamo un approccio integrato che ci permette di valorizzare questi ambienti attraverso pratiche innovative e sostenibili, come dimostrano i nostri progetti di riferimento, tra cui CityLife Shopping District e La Galleria di Parma”. E proprio quella della sostenibilità è una delle sfide più importanti per il gruppo. “Sierra l’ha riconosciuta fin dall’inizio e ne fa un pilastro della sua strategia da oltre 25 anni”, sottolinea Robles. “Proprio per questo, ci siamo impegnati a raggiungere la neutralità carbonica
“Adottiamo un approccio integrato che ci permette di valorizzare gli ambienti attraverso pratiche innovative e sostenibili, come dimostrano i nostri progetti di riferimento, tra cui CityLife Shopping District e La Galleria di Parma”
entro il 2040, con dieci anni di anticipo rispetto agli obiettivi di decarbonizzazione dell’Unione europea”. Per riuscirci, ha adottato “una metodologia che si concretizza in un sistema integrato di gestione per salute, sicurezza e ambiente, che facilita l’adozione di pratiche efficienti per il risparmio energetico, la riduzione dei consumi idrici e la gestione dei rifiuti. Solo nel 2023, queste misure hanno permesso a Sierra di evitare costi per 22 milioni di euro, confermando la nostra capacità di creare valore per le comunità e il pianeta”. Un esempio dell’impegno di Sonae Sierra è il programma Bright 2.0. “Nel 2012 Sonae Sierra ha sviluppato e applicato in tutto il suo portfolio il programma Bright per contribuire al miglioramento dell’efficienza energetica e alla conseguente riduzione dell’impronta di carbonio degli asset immobiliari”, dice Robles. “Nella prima fase, Bright è stato adottato su 50 edifici in nove paesi, generando risparmi potenziali annui di 7,4 mi-
lioni di euro e 33.200 MWh. Dal 2021 è stato introdotto Bright 2.0, con un investimento di 34,7 milioni, per un risparmio energetico annuo potenziale del 33%”. Ma oltre al cambiamento sul piano urbano, a cambiare è il tipo di consumatore. “I consumatori di oggi, pur essendo sempre più tecnologici, cercano ancora esperienze personalizzate e convenienti”, continua Robles. “Per questo motivo, nei centri commerciali è essenziale un approccio phygital che combini il meglio dei mondi fisico e digitale. In Portogallo, abbiamo lanciato un nuovo ecosistema digitale: un programma di deals & rewards che permette ai clienti di vincere premi per gli acquisti registrati, una strategia social per costruire nuovi pubblici digitali e coinvolti, una funzione per trovare i prodotti disponibili nei negozi e vari servizi, come la prenotazione del parcheggio o degli spazi di co-working da casa”. L’obiettivo finale del progetto è “costruire una relazione digitale costante con i consumatori che visitano i nostri centri commerciali, per poter interagire con loro anche quando non sono fisicamente nel centro”, ha concluso il manager di Sonae Sierra. “Infine, tutto ciò migliora l’esperienza del cliente e rafforza la fedeltà, posizionando i nostri centri come hub di lifestyle”. F
di Marco Gemelli
Sarti della VENDITA
Da più di 20 anni Nicolis Project si occupa di digitalizzazione della comunicazione nel settore retail. “Studiamo la soluzione e il concept in modo scientifico”, dice l’ad Enrico Romano
ÈÈ ormai consolidata l’importanza della comunicazione visuale nell’esperienza d’acquisto. Ed è partendo da questa considerazione che Nicolis Project, che da oltre 20 anni si occupa di digitalizzazione della comunicazione nel settore retail, continua a sviluppare innovazione. L’azienda veneta, che ha l’headquarter a Villafranca di Verona, è presente anche in Cina e India, con fabbriche che spaziano dalla produzione di software a quella di sistemi di aggancio per il mondo retail, così come a Barcellona, in Spagna, dove si trovano una sede commerciale e uffici tecnici per il supporto al mercato locale. Nicolis Project sta puntando a nuovi prodotti software e servizi per il digital signage (totem, ledwall, videowall), continuando un percorso che ha iniziato per prima in Italia qualche anno fa e che ora sta evolvendo gra-
zie a Profimax Cloud, piattaforma software studiata per facilitare la comunicazione tra i vari uffici dei retailer in modo centralizzato, ridurre i costi aumentandone le prestazioni e incrementando le vendite, e offrire così al cliente finale un’esperienza di acquisto coinvolgente. Nell’ottica di diventare sempre più piattaforma di servizi sia per i retailer che per i clienti finali, Nicolis Project sta finalizzando accordi di partnership con un’azienda che si occupa di illuminazione per il retail e con una specializzata nel neuromarketing, per rendere efficienti le proprie soluzioni, ricamandole in stile sartoriale sul cliente, a seconda della location, dello stile e della clientela. “La nostra evoluzione”, spiega l’amministratore delegato Enrico Romano, “si basa sull’offerta di un servizio completo, partendo dallo studio della soluzione e del concept del punto vendita in modo scientifico, grazie al neuromarketing, e con la fornitura di tutti i dispositivi più innovativi per un’esperienza di acquisto emozionante e coinvolgente”.
Negli ultimi tempi Nicolis Project ha esteso il proprio parco macchine per la progettazione di nuovi prodotti 3D e ha aumentato la capacità produttiva nelle sue aziende che producono plastiche, anche green. “Queste nuove partnership e l’entrata nel settore fashion sono per noi motivo di miglioramento continuo”, conclude Romano. F
DETTAGLIO N° 2: L’AGRICOLTURA RIGENERATIVA
NASCE UN CAFFÈ CHE RIGENERA LA TERRA.
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A tutela degli investitori
Davis & Morgan è nata nel 2008 come banca d’affari per le pmi. Oggi è uno dei principali protagonisti italiani dell’intermediazione finanziaria indipendente, specializzata nell’acquisto e nella gestione di crediti deteriorati
Da quasi vent’anni si occupa di intermediazione finanziaria indipendente, con una specializzazione nell’acquisto e nella gestione dei crediti deteriorati con garanzia immobiliare. Al vertice di Davis & Morgan - nata nel 2008 come banca d’affari per la piccola e media impresa italiana, e successivamente evoluta fino a diventare uno dei player più importanti del comparto - c’è Andrea Bertoni, originario di La Spezia, classe 1968, attuale ceo della credit management company milanese vigilata da Banca d'Italia che supporta aziende italiane e banche commerciali. “Le
mie competenze specifiche uniscono la finanza e il mattone, che sono due capisaldi dell’economia”, dice il manager, laureato in economia e commercio all’Università di Parma, con un passato come senior executive una multinazionale americana che forniva advisory finanziaria. “Abbiamo iniziato questo mestiere molto complesso, che richiede solide competenze in campo sia immobiliare che legale e di corporate finance, e nel giro di pochi anni abbiamo conseguito tanti successi investendo centinaia di milioni di euro, risolvendo problemi tanto alle banche commerciali quanto alle imprese o alle persone”.
Punti di forza della Davis & Morgan sono la tutela dei propri investitori, unita alla ricerca e alla selezione dei talenti migliori sulla piazza. “Il nostro impegno quotidiano è proprio nello scounting dei cosiddetti trophy asset, ossia immobili di grande prestigio particolarmente appetibili anche per investitori stranieri”. In questa operazione Bertoni non è solo: “Oltre a me e al mio socio storico Gianadrea Cherubini, c’è un’importante famiglia tedesca, gli Oetker, che ha investito con noi e su di noi. Questo matrimonio è stato di reciproca soddisfazione e ha aggiunto una granitica solidità che nel mondo della finanza è fondamentale”. Ma quali sono i dati che fotografano in modo più dettagliato la società? “Partiamo dal Cet 1 che è il 15%, dato sopra la media delle banche italiane. In quanto agi impieghi previsti per i prossimi anni, invece, sono di circa 300 milioni, sempre con la nostra marginalità storica del 20%. Tra i nuovi progetti, poi, non mancano sfide all’insegna dell’innovazione. Ad esempio, continueremo a sviluppare e migliorare la nostra straordinaria App Asset Finding, lanciata nel 2024 con già oltre cinquemila clienti attivi, che consente a chiunque di trovare e investire in crediti ipotecari deteriorati prima che vadano in asta. Stiamo aspettando le necessarie autorizzazioni per il lancio di Dasset, il mercato digitale basato sulla blockchain per consentire a tutti di comprare e vendere npl tokenizzati, creando una nuova asset class digitalizzata. Ma soprattutto dedicheremo una parte degli impieghi ai finanzianti alle imprese e alle persone in difficoltà finanziaria. Questo è un ritorno alle origini, nonché il vero motivo per cui ho creato Davis & Morgan”.
Un embrione del brand è nato nel
2017 nella compagine azionaria della famiglia Oetker, proprietaria, tra le altre, della multinazionale Hero, hanno permesso una considerevole crescita del bilancio e della stabilità finanziaria, oltre che riconoscibilità tra gli investitori istituzionali internazionali. Tra le più recenti operazioni che hanno coinvolto Davis & Morgan spicca la vendita a Leonardo Maria Del Vecchio, figlio del fondatore di Luxottica, dello storico stabilimento balneare Franco Mare a Marina di Pietrasanta, a pochi passi da Forte dei Marmi. L’operazione è stata condotta attraverso la holding Triple Sea Food e rappresenta un tassello importante nel percorso di rilancio di questo tratto di costa. Negli
“Stiamo sviluppando alcuni progetti innovativi, come il Dasset, il mercato digitale basato sulla blockchain per consentire a tutti di comprare e vendere npl tokenizzati, creando una nuova asset class digitale”
2003 per iniziativa di Bertoni come Davis & Morgan Consulting, per fornire consulenza finanziaria alle imprese e assisterle nella ricerca di finanziamenti bancari, con un particolare focus sul mercato real estate. La crescita e l’allargamento dei servizi hanno portato, a distanza di pochi anni, il ceo a costituire Davis & Morgan nel 2008. Con l’ingresso nella compagine societaria di Cherubini (consigliere e coo) nel 2011 e del presidente Hugh Malim nel 2016, alla classica attività di
financial advisory si è affiancata quella di investimento diretto e indiretto in settori ritenuti profittevoli e innovativi dal management. In quest’ottica, l’attività di acquisto pro soluto e la gestione di portafogli di crediti di difficile esigibilità, per lo più ipotecari milanesi, ha assunto una sempre maggiore rilevanza, fino a rappresentare oggi il core business societario. L’apertura al mercato dei capitali tramite la quotazione di minibond (cinque, per un controvalore di 30 milioni di euro) e l’ingresso nel
anni 2000 Franco Mare era diventato un gioiello della Versilia, raffinato e con un ristorante con una stella Michelin, ma dopo la pandemia Davis & Morgan ha rilevato il credito ipotecario e ha investito nel rilancio della struttura, credendo fermamente nel suo potenziale. I proventi dalla vendita saranno inoltre reinvestiti in un altro progetto di rilancio: quello dell’hotel L’O sul lago di Como. Un’operazione individuata grazie all’App Asset Finding sviluppata dalla società di Bertoni.
di Marco Gemelli
Attenti al DETTAGLIO
Tra i suoi clienti c’è Walmart, la principale catena mondiale della grande distribuzione organizzata. Knapp fornisce soluzioni di automazione e software di gestione per il retail. E continua a farlo anche in un mercato rivoluzionato dalla tecnologia
SSono lontani i tempi del semplice registratore di cassa o degli schedari cartacei. Negli ultimi decenni il settore retail ha subito una trasformazione radicale grazie all’avvento dell’automazione e della digitalizzazione. Queste tecnologie hanno rivoluzionato il modo in cui i rivenditori operano, migliorando l’efficienza, riducendo i costi e offrendo esperienze di acquisto più personalizzate. L’avvento e l’adozione di soluzioni automatizzate hanno toccato vari aspetti: ad esempio, l’automazione ha migliorato la gestione della catena di fornitura e tecnologie come l’internet delle cose e i sistemi di identificazione a radiofrequenza permettono una tracciabilità precisa dell’inventario, riducendo gli errori e ottimizzando i processi logistici. I magazzini automatizzati, dotati di robot e sistemi di intelligenza artificiale, hanno rivoluzionato la gestione dell’inventario e l’evasione
degli ordini. Questi sistemi permettono di ridurre i tempi di consegna e migliorare l’accuratezza delle spedizioni. In alcuni casi, inoltre, l’automazione ha modificato anche il negozio fisico, ad esempio attraverso l’introduzione di chioschi self-service, casse automatiche e robot assistenti. Così il progresso ha migliorato l’esperienza di acquisto, riducendo i tempi di attesa e offrendo un servizio più efficiente. “Il tema della digitalizzazione si lega a doppio filo a quello dell’automazione dei processi e ha impatti su vari elementi di gestione”, spiega Stefano Novaresi, amministratore delegato di Knapp Italia e docente all’Università Cattolica di Milano. “La digitalizzazione ha portato alla crescita esponenziale dell’e-commerce, permettendo di fare acquisti online in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo. L’approccio omnicanale integra i canali online e offline, offrendo un’esperienza di acquisto senza soluzione di continuità, ed è una strategia sempre più diffusa tra gli operatori di settore”.
I big data e l’analisi predittiva, fondamentali per comprendere il comportamento dei consumatori e anticipare le loro esigenze, permettono ai rivenditori di personalizzare le offerte e ottimizzare la gestione dell’inventario. L’intelligenza artificiale e il machine learning sono usati per migliorare il servizio clienti attraverso chatbot e assistenti virtuali che offrono supporto immediato e raccomandazioni personalizzate. “Se correttamente gestiti in una strategia organizzativa coerente, tutti questi elementi tecnologici possono produrre benefici evidenti nelle performance aziendali”, aggiunge Novaresi. “L’automazione e la digitalizzazione hanno migliorato l’efficienza dei rivenditori, riducendo
i costi e aumentando la produttività. I processi automatizzati permettono di gestire grandi volumi di dati e di ottimizzare le operazioni quotidiane”.
Le tecnologie digitali hanno trasformato anche l’esperienza del cliente, offrendo servizi personalizzati e interattivi. La possibilità di fare acquisti online, di ricevere raccomandazioni personalizzate e di interagire con assistenti virtuali ha migliorato la loro soddisfazione. In sintesi, l’adozione di tecnologie avanzate ha permesso ai rivenditori di innovare e di rimanere competitivi in un mercato in continua evoluzione. Le aziende che investono in automazione e digitalizzazione sono in grado di adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato e di offrire prodotti e servizi all’avanguardia. Questo processo, però, non
“L’adozione di misure di sicurezza avanzate per proteggere le informazioni sensibili dei clienti diventa
è privo di sfide. “Una delle principali è l’integrazione delle nuove tecnologie nei processi esistenti”, dice Novaresi. “È fondamentale che i rivenditori investano in formazione e sviluppo per garantire una transizione senza intoppi. La digitalizzazione comporta anche rischi legati alla sicurezza dei dati. L’adozione di misure di sicurezza avanzate per proteggere le informazioni sensibili dei clienti diventa imprescindibile. Non va dimenticata la dimensione della sostenibilità. L’automazione e la digitalizzazione offrono anche opportunità per migliorare questa dimensione del settore retail. L’ottimizzazione della catena di fornitura e la riduzione degli sprechi, ad esempio, sono solo alcuni dei benefici che queste tecnologie possono offrire”.
In questo scenario il gruppo Knapp, che fornisce soluzioni di automazione e software di gestione anche per retail, è direttamente coinvolto. Tra i suoi clienti c’è Walmart, il più grande retailer al mondo, con cui ha sviluppato e realizzato i nuovi centri distributivi automatizzati negli Stati Uniti. A questo cliente si affiancano player europei, mentre in Italia va ricordata la recente realizzazione, a Mantova, del centro distributivo di Kuehne & Nagel per Adidas, uno dei più grandi e automatizzati nel continente. F
di Antonio Monreale
Cogliere l’ATTIMO
Fondata nel 1926, la multinazionale francese Publicis Groupe è il secondo gruppo di comunicazione al mondo. Oggi cerca di sfruttare le opportunità del retail media. Un settore che, dice il manager Andrea Di Fonzo, è “uno dei più dinamici”
DDa una parte accompagnare i retailer nella costruzione dell’offerta, portando tecnologia, dati, media expertise e, soprattutto, la capacità di intervenire lungo l’intera filiera per garantire un approccio completo. Dall’altra, sostenere i brand nella ricerca di audience qualificate e misurabili. È questo l’approccio al retail media di Publicis Groupe Italia, branch italiana della multinazionale francese fondata nel 1926 da Marcel Bleustein-Blanchet e oggi secondo gruppo di comunicazione al mondo.
Una visione integrata che spazia da valorizzazione e gestione della presenza sui retailer e pianificazione delle campagne a disegnare esperienze in store e sui loro asset.
“Un lavoro organico frutto di investimenti in ricerca, talenti, piattaforme, che unisce Publicis Media, Publicis Sapient e le nostre agenzie creative”, spiega Andrea Di Fonzo, ceo Italia di Publicis Media e retail transformation lead di Publicis Groupe.
In che momento ci
troviamo per il retail media in Italia?
Il retail media è un fenomeno in evoluzione, con una previsione di crescita degli investimenti superiore al 50% nei prossimi tre anni, secondo le nostre stime. Ciò lo rende uno dei settori più dinamici, con un’accelerazione che segna un momentum per il mercato. Sebbene il concetto di base, cioè la possibilità per i retailer di fare pubblicità tramite i propri store digitali e fisici, non sia nuovo, stiamo assistendo a un cambiamento di paradigma che valorizza in modo strutturato e misurabile gli asset dei retailer.
Sta quindi anche cambiando la domanda degli investitori?
Sì, stiamo passando da un approccio ‘trade’, che si concentrava sugli investimenti nei punti vendita per ottenere visibilità, a una logica ‘media’ focalizzata sulle audience e la capacità di generare contatti significativi. La novità risiede nella creazione e restituzione di valore, attraverso la valorizzazione delle audience, il bene primario della comunicazione, per rispondere alle esigenze dei brand.
“Il retail media è in evoluzione. Stimiamo una crescita degli investimenti superiore al 50% nei prossimi tre anni”
Ma come lavorate in Publicis Groupe per cogliere questo momentum?
La chiave per cogliere il momentum risiede nella nostra visione bifocale, che integra le esigenze dei retailer e dei brand. Da una parte i retailer cercano nuove vie di crescita, dall’altra riconoscono come i brand siano sempre più orientati alla ricerca di audience qualificate, con aspettative di misurazione e analisi del media. Il retail media è multidimensionale: opera on-site, sugli asset digitali dei retailer, e off-site, utilizzando i dati dei retailer per raggiungere le audience, ovunque esse siano. I retailer detengono un tesoro da coltivare, mentre i brand cercano ritorni misurabili sugli investimenti.
RETAIL
E l’interazione tra consumatore e retailer?
Rappresenta spesso un bisogno d’acquisto concreto, un’azione transazionale che conferisce al retail media un carattere ‘pull’, simile a quello della search nei motori di ricerca. Da questo punto di vista, il retail media è un canale in grado di competere con il colosso, offrendo un valore unico nel panorama media.
Quindi come si costruisce un retail media network efficace?
Ci vogliono tre ingredienti chiave: tecnologia, dati e competenza media. La tecnologia trasforma gli asset dei retailer in ecosistemi pubblicitari strategici, mentre i dati di prima parte permettono di definire audience mirate. La competenza media fa la differenza, consentendo di utilizzare con efficacia tecnologia e dati, guidando i retailer nel gestire aspetti come il prezzo, il valore, la misurazione e le richieste specifiche degli advertiser.
E come vi inserite in questo contesto?
Offrendo il collante strategico e l’orchestrazione necessaria per sviluppare un’offerta in grado di massimizzare il valore per retailer e advertiser. Non dimentichiamoci l’opportunità di costruire nel mondo del retail una trasformazione end-to-end, includendo creatività, in-store e user experience sugli asset del retailer integrati tra loro, per un’esperienza senza ostacoli, con un’unica piattaforma di misurazione delle performance.
Come possono i brand non endemici trarre vantaggio dalle piattaforme di retail media?
I brand non endemici, esterni al core business del retailer, trovano nel retail media audience transazionali pronte all’acquisto. Con un guizzo strategico, possono sfruttare la propensione all’acquisto per creare idee e campagne in cui l’affinità è immediata. Un brand di detersivi può fare advertising su un retailer di elettronica, rivolgendosi a chi ha cercato o acquistato lavatrici. Oppure un marchio di prodotti per la famiglia può promuoversi su una piattaforma di farmacia, rivolgendosi a chi acquista articoli per neonati e intercettando il target delle giovani famiglie. Ogni brand - anche non endemico - può valorizzare dati, audience e asset del retailer, ampliando il raggio d’azione.
Quali sono i passi che Publicis Groupe farà nei prossimi mesi nel mondo del retail media?
La nostra roadmap è composta da tre punti strategici: talenti, retailer e offering end-to-end. Abbiamo
creato una divisione dedicata, fondendo competenze di tutte le aree, sotto una leadership unica nel solco del power of one e, nei prossimi mesi, trasformeremo la nostra organizzazione valorizzando i talenti interni, per consolidare ulteriormente la struttura. Continueremo a espanderci nella conquista di nuovi retailer. Abbiamo avviato progetti con brand internazionali che ci hanno affidato lo sviluppo del loro network e puntiamo a estendere le nostre partnership in vari settori, tra cui luxury & fashion, beauty, infant & toys e food. Infine, la nostra offerta continuerà a essere un pilastro fondamentale. Negli ultimi anni Publicis Groupe in Italia ha fatto dell’innovazione nei prodotti media il suo motore e saremo sempre più impegnati nello sviluppo di nuovi segmenti di retail audience, formati innovativi sia online che in-store, oltre a una linea integrata di creative smart production. F
Possiamo parlarne?
Philip Morris Italia ha lanciato Sfumature, una campagna che vuole promuovere un dibattito aperto su come eliminare il fumo nel nostro Paese che possa comprendere il principio della riduzione del rischio come possibile terza via, da affiancare a prevenzione e cessazione
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, in Italia fuma il 24% degli adulti, cioè più di dieci milioni di persone. Una percentuale che, stando all’ultima indagine Eurobarometro sull’opinione degli europei nei confronti del tabacco e dei prodotti correlati, è in linea con la media europea e lontana da quelle di paesi come Bulgaria (37%), Grecia (36%) e Croazia (35%). La prevalenza del fumo in Italia è scesa rispetto a 15 anni fa, quando era superiore
intervistati non ha mai provato a smettere. Solo il 12,2% dice di volerlo fare entro sei mesi, mentre il 15,5% afferma di non voler smettere affatto.
Al momento i principali strumenti per contrastare il fumo in Italia sono le campagne di sensibilizzazione e prevenzione, indirizzate a chi non ha ancora cominciato, e i Centri Antifumo per i fumatori, che mettono a disposizione professionisti in grado di offrire trattamenti come le terapie farmacologiche
dipendenza tra il 20% e il 40%. Queste evidenze suggeriscono, quindi, di guardare a possibili risposte che vadano oltre la prevenzione e la cessazione, che pure restano le soluzioni migliori, aprendo a diverse alternative. All’estero ci sono due casi interessanti di riduzione consistente del numero di fumatori. Uno è quello della Gran Bretagna, che ha portato avanti una politica che ha promosso le sigarette elettroniche come alternativa per i fumatori che non
In Svezia, paese pioniere di snus e nicotine pouches, negli ultimi anni il numero di fumatori si è ridotto considerevolmente, passando dal 16% registrato nel 2004 al 4,6% del 2024. Lo snus consiste in bustine di tabacco in polvere da porre tra il labbro superiore e la gengiva, le nicotine pouches sono bustine prive di tabacco contenenti sali di nicotina
al 30%, ma è ancora molto distante dal 5% che molti membri europei dell’Organizzazione mondiale della sanità si sono posti come obiettivo. Al ritmo attuale, per scendere sotto quella soglia occorrerebbe circa mezzo secolo.
A rendere difficili i progressi nella riduzione del tasso di fumatori è il fatto che molti non vogliono abbandonare le sigarette. Secondo un’indagine condotta da Eurispes anche grazie al contributo di Philip Morris Italia, riportata all’interno dell’ultimo Rapporto Italia, il 68,6% degli
e il supporto psicologico nel percorso di disassuefazione. Il problema è che le persone che si rivolgono alle strutture sono poche - nell’ultimo anno solo 8.500, cioè meno dell’1% dei fumatori - e la percentuale di successo dei trattamenti è bassa. Lo si evince dallo stesso Rapporto Italia, in una indagine che ha coinvolto 65 Centri Antifumo e ha trovato che il 64% delle strutture assiste meno di 50 pazienti. Solo due su 65 parlano di trattamenti efficaci all’80100%, mentre 22 su 65 riportano un’inclinazione alla ripresa della
smettono e le ha incluse nelle politiche basate sulla riduzione del rischio. Secondo le statistiche ufficiali, nel 2023 è arrivata al minimo storico dell’11,9% di fumatori. Il principio di riduzione del rischio si propone di ridurre gli effetti negativi di comportamenti rischiosi quando questi risultano non eliminabili. L’obiettivo è quello di cercare soluzioni pragmatiche per aiutare a ridurre i rischi causati dal fumo, in particolare per coloro che non possono passare immediatamente dal rischio elevato rappresentato dalle
sigarette tradizionali al rischio zero della cessazione.
L’altro caso è quello della Svezia, paese pioniere dello snus e delle nicotine pouches. Il primo consiste in bustine di tabacco in polvere da porre tra il labbro superiore e la gengiva (vietato in tutti gli altri paesi europei), le seconde invece sono bustine prive di tabacco contenenti sali di nicotina. Nel paese scandinavo, secondo gli ultimi dati dell’Istituto Nazionale Svedese di Salute Pubblica il numero dei fumatori è calato costantemente, passando dal 16% registrato nel 2004 al
4,6% del 2024. Un risultato che ha consentito alla Svezia di centrare l’obiettivo di ridurre la prevalenza di fumatori al di sotto del 5%. Anche nel nostro Paese sono disponibili da tempo prodotti senza combustione per chi non smette di fumare. L’indagine Gli italiani e il fumo, realizzata dal Censis in collaborazione con Philip Morris Italia, ha evidenziato che i fumatori scoprono questi prodotti soprattutto tramite passaparola tra amici, parenti e conoscenti, non da canali ufficiali. Ciò significa che molti ricorrono a fonti informali e non
scientifiche, con il rischio che si diffondano disinformazione e false credenze. È alla luce di tutto ciò che Philip Morris Italia ha avviato Sfumature, una campagna che si pone l’obiettivo di favorire un dibattito aperto e partecipato che possa comprendere il principio di riduzione del rischio come possibile terza via, accanto a prevenzione e cessazione. Un nuovo approccio a un fenomeno estremamente complesso, che apra a un confronto senza pregiudizi, considerando il problema in tutte le sue “sfumature”.
SMART CITY
CITTÀ CONNESSE
INWIT HA VARATO UN PIANO DI INVESTIMENTI DA 800 MILIONI DI EURO FINO AL 2026
PER CONTRIBUIRE ALLA DIGITALIZZAZIONE IN ITALIA. TRA I SUOI PROGETTI CI SONO QUELLI PER ACCELERARE LA TRASFORMAZIONE IN SMART CITY DI ROMA E MILANO. INIZIATIVE CHIAVE IN VISTA DI DUE GRANDI APPUNTAMENTI: IL GIUBILEO E LE OLIMPIADI INVERNALE
QQuindici chilometri con connessione 5G, incluse tutte le gallerie e le 21 stazioni.
La linea Blu - M4 di Milano è diventata la prima metropolitana interamente coperta dal 5G in Italia e una delle prime in Europa.
L’infrastruttura multi-operatore necessaria è stata realizzata da Inwit, il principale tower operator italiano. Si chiama Das (Distributed antenna system) ed è composta da 400 remote unit, oltre 1.110 micro-antenne con impatto visivo e ambientale impercettibile e 25mila metri di fibra ottica ed è stata attivata in 5G dai quattro operatori mobili.
Il progetto della linea Blu - M4 è seguito agli investimenti nelle metropolitane di Brescia, Catania e Napoli e fa parte della strategia di Inwit per contribuire alla digitalizzazione e, in questo caso, a una mobilità più intelligente. Un tema che, secondo una ricerca dell’Osservatorio Connected Car & Mobility della School of Management del Politecnico di Milano, è considerato fondamentale o molto rilevante dall’83% dei comuni italiani.
Inwit ha circa 25mila torri in tutta Italia (una ogni tre chilometri e una ogni 500-600 metri nelle città) e circa 600 coperture indoor Das (un sistema di antenne che permette la connettività multi-operatore 4G e 5G dentro agli edifici) che ospitano gli apparati di trasmissione dei principali operatori mobili, fixed wireless access e sensori Internet of Things (IoT). Nei trasporti, le sue infrastrutture permettono la connettività 4G e 5G in 1.000 km di gallerie stradali e autostradali e oltre 40 km di metropolitane.
“Abbiamo un piano di investimenti da 800 milioni di euro al 2026 per ampliare la nostra rete di torri - ne abbiamo aggiunte 900 solo nel 2023 e circa altrettante ne aggiungeremo entro la fine del 2024 - e sistemi Das”, ha
detto Diego Galli, direttore generale di Inwit, all’evento Comolake 2024 - The Great Challenge di Cernobbio. “Le nostre infrastrutture digitali condivise possono servire contemporaneamente più operatori e più tecnologie. Il modello della sharing economy porta maggiore efficienza economica e industriale per i clienti, gli operatori di tlc, e maggiore efficienza ambientale, con minore uso di risorse e di terreno e minore produzione di anidride carbonica. Per questo definiamo il nostro modello di business intrinsecamente sostenibile”. Le iniziative di Inwit non si limitano ai trasporti. A ottobre l’azienda ha acquisito il controllo esclusivo di Smart City Roma, la società che lo scorso anno si è aggiudicata la gara Ppp (partenariato pubblico-privato) per Roma 5G, il progetto di Roma Capitale per realizzare infrastrutture per la copertura 4G e 5G della metropolitana, di 100 piazze, di 98 vie limitrofe e di sette edifici pubblici del Comune, incluso il Campidoglio, oltre a telecamere, sensori IoT e WiFi. Quest’anno ha siglato anche un accordo con Fiera Milano per un intervento su 551mila metri quadrati che renderà una smart city i poli espositivi di Rho e Milano. E di recente ha avviato una partnership con A2A per potenziare le funzionalità smart city del capoluogo lombardo, a partire dal 5G, con l’installazione di small cell su un bacino potenziale di 1.000 pali della luce nei prossimi anni. Iniziative cruciali in vista di due grandi appuntamenti: il Giubileo 2025 e le Olimpiadi 2026. Galli ha ricordato anche come le reti che sfruttano le infrastrutture di Inwit siano già operative in diversi musei - tra cui il Maxxi e il Museo Nazionale Etrusco -, centri commerciali, edifici storici come la Corte di Cassazione, strutture ricettive come Borgo Egnazia, sede dell’ultimo G7, oltre dieci campus universitari e più di 130 ospedali. I sistemi Das, spiegano dall’azienda, migliorano l’ef-
ficienza della comunicazione mobile all’interno delle strutture: le microantenne 4G/5G permettono anche di sfruttare le potenzialità dell’Internet of Things, semplificare le diagnosi e sviluppare telemedicina e chirurgia a distanza.
Inwit investe anche per contribuire a ridurre il digital divide in Italia. Con il Piano Italia 5G del Pnrr sta portando le sue torri, equipaggiate con il 5G degli operatori, in 1.385 aree a fallimento di mercato, dove la connettività mobile non era disponibile e non sarebbe rientrata nei normali piani di investimento.
“Secondo un recente studio, le innovazioni digitali miglioreranno la nostra vita creando le smart city e rendendo le città più sicure (-10% di incidenti, -30% di furti), più veloci (-45/65% del tempo in uffici pubblici) e più sostenibili (-10/15% di emissioni)”, ha detto Michelangelo Suigo, direttore relazioni esterne, comunicazione e sostenibilità di Inwit. “Il salto in avanti non coinvolgerà solo le grandi città, ma anche i borghi e le aree rurali”.
Tra le principali iniziative nel cosiddetto smart rural ci sono quelle per la prevenzione degli incendi: le torri di Inwit vengono equipaggiate con sensori Internet of Things, videocamere smart dotate di intelligenza artificiale e gateway, che le trasformano in sentinelle dei territori, in grado di dare supporto a forze dell’ordine, Vigili del fuoco e Protezione civile.
La società ha siglato una partnership con il Wwf per rilevare incendi nelle oasi di Macchiagrande (Rm), Bosco di Vanzago (Mi) e Calanchi di Atri (Te).
Una torre di Inwit a Trento. Nell’altra pagina, a Napoli.
“Le innovazioni digitali renderanno le città più sicure (-10% di incidenti, -30% di furti), più veloci (-45/65% del tempo in uffici pubblici) e più sostenibili (-10/15% di emissioni)”
In estate ha esteso alla prevenzione degli incendi boschivi la collaborazione con Legambiente sul monitoraggio ambientale, che riguarda cinque riserve abruzzesi, e ha avviato in Piemonte un progetto di monitoraggio dei focolai nei comuni di Bardonecchia, Oulx e Sauze d’Oulx (To), nell’Alta Valle di Susa. “Un bosco indebolito dalle fiamme si difende meno efficacemente da altri eventi climatici estremi, come le forti piogge o le alluvioni”, ha detto ancora Suigo. “È importante contribuire alla prevenzione degli incendi e alla tutela dell’ambiente e della biodiversità tutto l’anno, non solo quando si presenta l’emergenza estiva. I nostri progetti di monitoraggio ambientale e di prevenzione degli incendi rappresentano un esempio dell’integrazione della sostenibilità nel nostro business e confermano il valore delle nostre torri per il territorio e le comunità”. F
di Camillo de Angelis
Le strade del CAMBIAMENTO
A ottobre il fondo statunitense Kkr è entrato in Enilive, la società di Eni dedicata alla trasformazione della mobilità. Che per continuare a crescere, dice l’ad Stefano Ballista, punterà “su una pluralità di soluzioni, da valorizzare a seconda del loro livello di evoluzione e sostenibilità”
L’“L’operazione rientra nella più ampia strategia di Eni basata sul modello satellitare, che prevede di creare unità indipendenti che possano accedere in autonomia al mercato dei capitali, per valorizzare specifici ambiti di attività. Contribuisce al piano di crescita e aumenta la nostra solidità finanziaria”. Le parole sono di Stefano Ballista, amministratore delegato di Enilive, la società del gruppo che si occupa di trasformazione della mobilità. L’operazione è quella con cui, a ottobre, il fondo statunitense Kkr ha acquistato il 25% di Enilive, a una valutazione di 11,75 miliardi di euro. “L’ingresso di un fondo come Kkr, che ha grande esperienza nei campi dell’energia e delle infrastrutture, conferma l’efficacia del nostro modello di business”, ha aggiunto Ballista. Per crescere, prosegue l’ad, Enilive continuerà a puntare su “una pluralità di soluzioni, da valorizzare a seconda del loro livello di evoluzione e di sostenibilità”. Tra le tante tecnologie, resteranno centrali i biocarburanti, su cui Eni scommette da tempo: nel 2014 è stata la prima azienda al mondo a convertire una raffineria di petrolio - quella di Porto Marghera, a Venezia - in una bioraffineria. Nel 2019 ha fatto lo stesso con l’impianto di Gela, in Sicilia, e quest’anno ha annunciato la conversione del sito di Livorno. “La conversione delle raffinerie in bioraffinerie non contribuisce solo alla sostenibilità ambientale, ma anche a quella economica e sociale”, spiega Ballista. “Per-
mette di salvaguardare il tessuto industriale e le competenze maturate in decenni di attività”. Enilive partecipa anche, assieme a Pbf Energy, alla joint venture St. Bernard Renewables, che gestisce una bioraffineria a Chalmette, in Louisiana. Costruirà una bioraffineria in Malesia, assieme ai partner Petronas ed Euglena, e sta per concludere le valutazioni, assieme a Lg Chem, per realizzare un’ulteriore bioraffineria nel complesso industriale Daesan, a Seul. “I biocarburanti hanno una duplice funzione”, continua l’ad. “Da una parte, sono una soluzione immediata per la decarbonizzazione del trasporto leggero, perché sono già utilizzabili nei motori diesel compatibili. L’auto va verso l’elettrico, ma servirà ancora tempo per completare la transizione. I biocarburanti permettono di decarbonizzare il viaggio già oggi, senza bisogno di intervenire
sulle infrastrutture o sul parco auto, e dunque accompagnano l’evoluzione. Dall’altro lato, sono combustibili impiegabili anche nei trasporti aerei, marittimi e pesanti. Tutti settori difficili da decarbonizzare, che non saranno elettrificati a breve, per i quali i biocarburanti costituiscono una soluzione strutturale”.
Nel caso del trasporto aereo, per esempio, Enilive commercializza un Saf (sustainable aviation fuel) chiamato Jet A1+Eni Biojet. Nel 2025 comincerà a produrlo nella bioraffineria di Gela. “In funzione delle necessità di mercato, produrremo il biocarburante HVOlution per il trasporto su strada o il biojet per l’aviazione”, dice Ballista. “Oggi ci focalizziamo soprattutto sull’auto. Domani, man mano che crescerà la domanda, guarderemo sempre più anche al biojet”. Il regolamento europeo Re-
rotazione delle colture, non in competizione con la filiera alimentare. Dai semi si ricavano oli vegetali che riforniscono le bioraffinerie, assieme a oli esausti da cucina, grassi animali e residui dell’industria agroalimentare.
Nei prossimi anni, innovazione e ricerca “resteranno centrali”, assicura Ballista. Per rendere più sostenibili i trasporti, però, non basterà sviluppare tecnologie e introdurne di nuove. Enilive, spiega l’ad, vuole anche “trasformare in hub della mobilità” le sue Enilive Station. Le stazioni - quattromila in Italia e oltre mille in Europa - offrono vettori energetici come il carburante HVOlution, biometano, bio-gpl e in alcuni casi anche idrogeno, fanno da punti di ricarica per auto elettriche e integrano diversi servizi per i quali, di norma, gli utenti dovrebbero
“I biocarburanti sono impiegabili anche nei trasporti aerei, marittimi e pesanti. Tutti settori difficili da decarbonizzare, che non saranno elettrificati a breve”
FuelEU Aviation, del resto, ha stabilito che nei prossimi anni il carburante usato dagli operatori aerei dovrà contenere quote crescenti di Saf: almeno il 2% dal 1 gennaio 2025, il 6% dal 2030, e poi a salire fino al 70% dal 2050. Enilive conta di raggiungere, entro il 2030, una capacità di due milioni di tonnellate annue di biojet e cinque milioni di tonnellate di hvo.
L’attività di Enilive nei biocarburanti, dice ancora Ballista, è anche un esempio di “integrazione lungo tutta la catena del valore”. Eni ha avviato in diversi paesi, soprattutto africani, progetti di agri feedstock, che prevedono di coltivare piante su terreni degradati o abbandonati o per la
compiere ulteriori spostamenti. Nelle Enilive Station si trovano i Telepass Point per richiedere o sostituire il Telepass, si possono pagare bollettini postali, prelevare denaro, ritirare pacchi. Ci sono gli Emporium, negozi di prossimità, gli Eni Café e i locali di Alt Stazione del Gusto, format di ristorazione pensato assieme all’Accademia Niko Romito.
“L’introduzione di tutti questi servizi aiuta il sistema della mobilità a ridurre gli spostamenti”, afferma Ballista. Un principio, dice ancora l’ad, alla base anche di Enjoy, il servizio di car sharing di Enilive che è presente in circa 60 città italiane, ha una flotta di tremila veicoli e, dal 2013, ha registrato più di 33 milioni di noleggi. “È un’offerta che aiuta a ridurre le auto private in circolazione, complementare al trasporto pubblico. Di conseguenza contribuisce a decongestionare il traffico e ottimizza il sistema”. F
di Agostino Desideri
Tessere un futuro sostenibile
A 20 anni dal suo primo Bilancio di sostenibilità, RadiciGroup continua a lavorare per offrire soluzioni innovative per la transizione ecologica
PParlare di RadiciGroup significa raccontare la storia di un gruppo che fa della tradizione familiare la chiave del successo internazionale. Un successo partito oltre 80 anni fa, quando Pietro Radici decise di fondare la sua azienda tessile, attiva inizialmente nella produzione di coperte e poi passata a tappeti, tessuti, moquette e tappetini per auto. Dagli anni ‘50 la società ha avviato un processo di diversificazione orizzontale che l’ha portata a concentrarsi su specialty chemicals, high performance polymers e advanced textile solutions, con un controllo totale della filiera produttiva. Considerata tra le realtà chimi-
Europa. Negli ultimi cinque anni la società ha investito 278 milioni di euro, di cui 45 nel solo 2023, per migliorare la competitività delle sue aziende, con una particolare attenzione all’ambiente. Grazie a questi investimenti l’azienda ha già raggiunto il primo obiettivo della sua roadmap al 2030, con una riduzione dell’83% delle emissioni di CO2 rispetto al 2011. “Oggi il Bilancio di sostenibilità costituisce un valore aggiunto che alimenta la reputazione del gruppo presso tutti gli stakeholder. Naturalmente il nostro percorso prosegue: ci stiamo preparando per la rendicontazione obbligatoria prevista dalla direttiva europea Csrd”, racconta Angelo Radici. L’azienda è attiva anche sul fronte della mobilità sostenibile. In questo ambito, a ottobre, RadiciGroup ha collaborato con Acerbis e Genny Factory per la costruzione di un veicolo elettrico a due ruote pensato per migliorare la qualità della vita delle persone con ridotta mobilità, che combina estetica, funzionalità e accessibilità, rispondendo a una crescente domanda di soluzioni innovative per una mobilità sostenibile. F
Negli ultimi cinque anni RadiciGroup ha investito 278 milioni di euro per migliorare la competitività
che italiane più attive a livello internazionale, oggi l’azienda produce intermedi chimici, come l’acido adipico, polimeri di poliammide, tecnopolimeri e soluzioni tessili. Guidata dal presidente Angelo Radici, RadiciGroup mette al primo posto le esigenze dei suoi clienti, l’efficienza e la qualità dei processi produttivi, con un focus sulle nuove tecnologie e su sistemi innovativi compatibili con la sicurezza e la salvaguardia dell’ambiente. Nel 2024 l’azienda ha festeggiato i 20 anni dal primo Bilancio di sostenibilità, che misura i risultati ottenuti e le azioni intraprese sul fronte della riduzione dell’impatto ambientale e del rispetto dei valori sociali, nonché le buone pratiche di gestione aziendale. Il documento, che include tutti gli aspetti esg (ambientali, sociali e di governance), si è evoluto negli anni, allargando il perimetro a tutte le società del gruppo, oltre 30 siti tra Asia, Americhe ed
Ovunque sia la tua strada, qualunque sia la tua personalità, chiunque sia al tuo fianco, la terza generazione deiDDS Shoei esprime al meglio il tuo desiderio di viaggio, comfort e libertà. Le nuove linee aerodinamiche, le prese d’aria migliorate, il campo visivo più ampio e la nuova omologazione 22/06 rappresentano l’evoluzione perfetta di design, funzionalità e sicurezza.
di Maurizio Abbati
Sfide GREEN
Crédit Agricole Auto Bank è uno dei principali attori nel settore del finanziamento auto, del noleggio e della mobilità. Ha lanciato Drivalia, oggi presente in 15 paesi europei, con una flotta di circa 200mila veicoli e oltre 800 mobility store elettrificati
SSostenibilità nell’innovazione è il principio motore dell’attività di Crédit Agricole Auto Bank, banca universale specializzata nella mobilità sostenibile, che ha preso nel 2023 il testimone di Fca Bank, la storica captive del gruppo Fca, trasformandosi in operatore indipendente e multimarca interamente di proprietà di Crédit Agricole. Operativa in 19 paesi, unisce una gamma di servizi di finanziamento, noleggio e mobilità a prodotti bancari innovativi e flessibili ed è già diventata uno dei principali attori nel settore del finanziamento auto, del noleggio e della mobilità.
Un’attività che spazia dall’automotive ai motoveicoli, dal leisure ai veicoli commerciali e alla nautica, con particolare attenzione alla mobilità green. Una sfida a 360 gradi che ha anche visto, nel 2022, il lancio di Drivalia, oggi presente in 15 paesi europei, con una flotta di circa 200mila veicoli e oltre 800 mobility store elettrificati, come racconta Giacomo Carelli, ceo di Crédit Agricole Auto Bank.
Come è cambiato l’uso dell’auto e quali sono i vantaggi del rapporto con Ca Auto Bank?
Negli ultimi anni il settore dell’auto è stato trasformato dalla transizione energetica e dall’evoluzione delle
abitudini di consumo. Attualmente il comparto affronta a livello europeo una fase caratterizzata dalla contrazione delle vendite di auto elettriche e da sfide che incidono sull’intera filiera. Nel 2023 il mercato delle autovetture di Unione europea, Regno Unito e Associazione europea di libero scambio è cresciuto del 13,7% rispetto al 2022, con oltre 12,8 milioni di immatricolazioni, di cui quasi il 16% elettriche. Anche l’Italia ha registrato una crescita del 18,9%, ma con una penetrazione dell’elettrico più limitata. Nei primi nove mesi del 2024 il mercato europeo ha mostrato un aumento dell’1% rispetto al 2023, ma le vendite di elettriche si sono ridotte del 2,6%. In questo scenario, sempre più automobilisti privilegiano soluzioni di mobilità flessibili, come il noleggio nelle varie forme, superando il concetto di proprietà. Ca Auto Bank è un partner ideale, con l’offerta di servizi più completa sul mercato e una posizione di leadership in Italia, ed è uno tra i primi tre operatori in Europa. Abbiamo come obiettivo la democratizzazione della mobilità sostenibile e vogliamo permettere a tutti di sperimentare la guida ecosostenibile e in particolar modo quella elettrica, anche attraverso Drivalia, la nostra società di noleggio.
Avete impostato una strategia orientata allo sviluppo del settore green. Qual è la vostra visione?
Ci consideriamo la banca della mobilità per un pianeta migliore: come tale, la nostra visione pone al centro una mobilità che sia sostenibile e accessibile a tutti. Il nostro impegno trova riscontro nel piano di sostenibilità del gruppo, che definisce gli obiettivi ambientali, sociali e di gestione aziendale della nostra strategia esg, pensata per creare valore e utili in modo virtuoso. Entro il 2026 Ca Auto Bank punta a far sì che più di un’auto nuova finanziata su due sia elettrica o ibrida. In parallelo, la quota di nuove auto elettriche e ibride costituirà il 35% della flotta di Drivalia e le
SMART CITY
stazioni di ricarica proprietarie in Europa arriveranno a 2.500 nel 2026. Siamo consapevoli che la transizione verso una mobilità a zero emissioni comporta delle sfide, ma crediamo che questa sia la strada giusta per un pianeta migliore.
Avete anche un ‘piano Giubileo’ per il 2025, improntato sulla filosofia green.
Drivalia ha avuto l’onore di essere scelta come mobility supporter per il Giubileo. Il nostro contributo non si limiterà alla fornitura di veicoli a sostegno dell’organizzazione: punteremo a un’ampia selezione di mezzi full electric, per favorire l’esperienza dei fedeli nel rispetto dell’ambiente. Per l’occasione abbiamo adottato lo slogan ‘Moved by Hope’: non solo un omaggio al motto del Giubileo, ‘Pellegrini di speranza’, ma anche un messaggio di positività che ci accompagnerà in tutte le iniziative pensate per l’evento. Vorremmo trasmettere un messaggio che incoraggi a guardare con fiducia al futuro, puntando a un modello di mobilità più sostenibile e inclusivo.
Qual è la sua opinione sul mercato automotive in Europa e Italia?
Il settore sta attraversando una fase complessa in tutto il continente. Questa trasformazione offre un’opportunità unica per accelerare l’evoluzione verso una
“Future permette di acquistare o rinoleggiare i veicoli giunti al termine del leasing o dell’abbonamento”
mobilità più sostenibile. Il nostro impegno è duplice: offriamo ai clienti soluzioni innovative che rendano più accessibili i veicoli green e le modalità di trasporto flessibili e promuoviamo consapevolezza sui benefici delle nuove tecnologie. Vogliamo accompagnare la clientela nella scelta di opzioni di mobilità più sostenibili, rendendo la transizione ecologica un passo semplice e vantaggioso. A tal fine continuiamo a promuovere il car sharing 100% elettrico e i servizi di mobilità su misura, che rispondono a questo importante cambiamento culturale.
Potrebbe raccontarci le più recenti novità in ambito di servizi e partnership?
Tra le più importanti novità relative a Ca Auto Bank, voglio ricordare l’espansione internazionale della nostra banca online, con i conti deposito del
gruppo ormai presenti in otto paesi. Abbiamo lanciato la tecnologia dell’open banking in tutti i 19 paesi di Ca Auto Bank e prodotti di buy now pay later in Italia, Francia e Germania attraverso la piattaforma Ca Auto Pay. Abbiamo consolidato partnership con brand come Ferrari e nuovi marchi come Mazda e Lotus e stretto collaborazioni con case costruttrici chiave per il futuro della mobilità. Siamo stati scelti come partner finanziario di Tesla in 11 paesi, nonché come captive di diversi costruttori asiatici: Byd, DongFeng e Chery (attraverso i marchi Omoda e Jaecoo). Quanto a Drivalia, abbiamo lanciato Future, piattaforma ispirata all’economia circolare, dove è possibile acquistare o rinoleggiare i veicoli giunti al termine del contratto di leasing o abbonamento. Abbiamo inoltre sviluppato prodotti dedicati al noleggio a lungo termine e introdotto nuove formule di mobilità flessibile, come gli abbonamenti mensili CarCloud. Il futuro si presenta ricco di opportunità: con il nuovo anno, in cui celebreremo il primo secolo della banca, lavoreremo per continuare a posizionarci come uno dei principali protagonisti della mobilità europea. F
Il ponte tra tecnologia e persone
Creata a Milano nel 2016, Men At Code, è un'agenzia che si occupa di integrare soluzioni digitali all’avanguardia con la valorizzazione delle risorse umane. Nel 2020 è entrata a far parte di W-Group. Oggi ha 25 dipendenti, tutti under 40. Il ceo e fondatore Alessandro Noè: “Vogliamo che ogni lavoratore sia motore di cambiamento”
In un periodo di rapido sviluppo tecnologico, cresce la preoccupazione per la disumanizzazione del lavoro. Molti si chiedono: la digitalizzazione minaccia davvero l'essenza del lavoro umano? Secondo un rapporto Censis, sette milioni di italiani hanno paura di perdere il posto a causa dell’innovazione tecnologica. Al contempo, secondo un rapporto di Accenture del 2021, le aziende che adottano tecnologie innovative registrano ricavi cinque volte superiori rispetto a quelle che non lo fanno e l'83% dei leader d’impresa concorda sul fatto che le strategie aziendali e tecnologiche diventando
inseparabili e indistinguibili. Questo contrasto mette in luce una frattura tra le percezioni di chi guida le aziende e quelle di chi le vive quotidianamente. In questo scenario, Men At Code, un’agenzia digitale italiana fondata nel 2016 a Milano, emerge come un ponte tra tecnologia e risorse umane, dimostrando che la digitalizzazione può diventare un potente alleato anziché un avversario.
L'agenzia ha iniziato a sviluppare i suoi primi progetti focalizzandosi su soluzioni tecnologiche per i propri
clienti. Nel 2020 è entrata a far parte di W-Group, gruppo multi-brand e multi-mercato di Human Resources
"La nostra prospettiva esterna e giovane ci consente di proporre strategie di comunicazione innovative"
Solutions basato sulla creazione di un ecosistema di realtà indipendenti per brand e attività, che è divenuto quindi partner e principale cliente di Men At Code. È grazie a questa importante sinergia che è avvenuto il cambio di paradigma: “Il fine dell’introduzione di strumenti digitali in azienda non è quello di sostituire l’uomo, ma di elevare la qualità del suo lavoro”, afferma Alessandro Noè, ceo e fondatore di Men At Code. L’agenzia oggi ha 25 dipendenti, tutti under 40, di cui 11 di base a Milano, dove la creatività è di casa, e 14 a Brescia, dove pulsa il suo cuore tecnologico. “Collaborare con Men At Code rappresenta per noi una straordinaria opportunità per integrare soluzioni digitali all'avanguardia con una strategia di valorizzazione delle risorse umane”, ha aggiunto Daniele Paderno, chief information officer di W-Group. “Insieme stiamo costruendo un futuro in cui la tecnologia supporta e potenzia il lavoro delle persone, trasformando ogni dipendente in un agente di cambiamento e innovazione.”
L'agenzia ha collaborato e collabora tutt’ora anche con clienti di prestigio come Albed, L'Espresso ed Eco Store, dimostrando la sua versatilità in vari settori, dal design all’informazione, fino alla sostenibilità ambientale in ambito tecnologico.
Nel panorama attuale, le aziende
devono affrontare la crescente necessità di innovazione. Agenzie che offrono soluzioni digitali che possano vincere la sfida dell’innovazione devono offrire soluzioni tangibili. “Vogliamo trasformare i dipendenti dei nostri clienti in supereroi. Questo avviene tramite l’adozione di strumenti digitali che velocizzano e semplificano le attività quotidiane, liberando tempo per compiti più creativi e strategici in cui i lavoratori possano dispiegare i loro superpoteri”. Uno studio condotto da Gallup ha evidenziato che il coinvolgimento dei dipendenti riflette il loro impegno ed entusiasmo all’interno dell’ambiente lavorativo. La ricerca ha scoperto che team aziendali coinvolti generano risultati positivi all'interno delle organizzazioni, stimando che il basso coinvolgimento costa all'economia globale 8.900 miliardi di dollari, ovvero il 9% del Pil globale. Men At Code non si limita a fornire soluzioni tecnologiche, ma ha anche un forte focus sulla comunicazione. Questo duplice approccio consente non solo di innovare, ma anche di rinnovare l'immagine delle aziende, aiutandole ad attrarre nuovi clienti e fidelizzare quelli esistenti. Questo è fondamentale in un contesto in rapido cambiamento, dove le aziende devono adattarsi continuamente alle nuove esigenze del mercato. “La nostra marcia in più risiede nella capacità di pensare out of the box. Osserviamo le aziende con occhi freschi, senza le limitazioni delle visioni preconcette e delle culture consolidate che spesso possono inibire il cambiamento. La nostra prospettiva esterna e giovane ci consente di proporre strategie di comunicazione innovative, creando una connessione più profonda con il pubblico e migliorando la brand identity”.
Il successo di un'azienda dipende in gran parte dalla valorizzazione delle persone che ne fanno parte. I dipendenti che possono esprimere appieno il proprio potenziale sono
più soddisfatti, il che consente loro di sviluppare idee di business e apportare nuova linfa all’azienda. Secondo il report di Accenture Technology Vision 2021, l’88% dei dirigenti ritiene che la democratizzazione della tecnologia sia fondamentale per stimolare l’innovazione all’interno delle organizzazioni. Ma sorge una domanda: perché affidarsi a consulenti esterni quando è possibile dotarsi di professionisti interni per promuovere l’innovazione?
Noè sottolinea che un’agenzia può gestire più progetti contemporaneamente, assegnando professionisti altamente competenti a ciascuno di essi. “Assumere internamente le stesse competenze sarebbe costoso e poco pratico,” afferma. “È più efficace che i dipendenti si concentrino sul core business, lasciando agli esperti esterni il compito di guidare l’evoluzione in termini tecnologici e di comunicazione.”
Tuttavia, Noè mette in evidenza anche i vantaggi di avere professionisti interni,
che possono migliorare la coesione culturale e comprendere meglio le dinamiche aziendali. “Quando inizio a conoscere un’azienda cerco sempre di suggerire la soluzione più adatta alla specifica situazione e alla natura del progetto. Una combinazione strategica di risorse interne e consulenti esterni spesso rappresenta la soluzione ottimale, sfruttando al meglio le competenze di entrambi.” Nel panorama attuale, dove la digitalizzazione è non solo un'opzione, ma una necessità, le aziende devono trovare un equilibrio tra l'adozione di tecnologie innovative e il potenziamento delle proprie risorse umane. Men At Code si propone come un alleato strategico in questo viaggio, dimostrando che il futuro del lavoro può essere non solo tecnologico, ma anche profondamente umano. È il momento di riflettere su come ciascuna azienda possa evolversi, creando un ambiente di lavoro che valorizzi le competenze e l'innovazione.
COSTRUIRE L’AVVENIRE
L’Italia è un paese straordinario, ricco di eccellenze, leader in numerosi settori industriali e con grandi talenti in ogni campo. Tuttavia, non sempre è in grado di comunicare adeguatamente queste risorse: talvolta siamo più inclini a focalizzarci sulle difficoltà, sui limiti, trascurando i punti di forza che ci rendono unici e competitivi a livello globale. Per garantire l’attrattività dell’Italia è necessario costruire una strategia di comunicazione forte e coordinata, che promuova non solo il nostro passato, ma soprattutto il futuro. Dal 2012 Wpp, creative transformation company dei servizi di marketing e comunicazione, e The European House – Ambrosetti organizzano un forum con questo obiettivo: coinvolgere i decisori e la business community in riflessioni sui principali cambiamenti e tendenze in atto nel nostro Paese, per indirizzare in modo consapevole le strategie e le decisioni di investimento degli operatori del settore e creare valore, occupazione e crescita.
“Le edizioni precedenti hanno messo in luce il potenziale trasformativo della comunicazione”, afferma Massimo Beduschi, Italy chairman di Wpp. “Le aspettative per questa edizione sono state ampiamente soddisfatte. Si è creato un dialogo fruttuoso tra istituzioni, aziende e professionisti del settore, che ha messo in evidenza nuovi percorsi di sviluppo per l’Italia”.
Moderato da Maria Latella, giornalista della Rai e di Radio 24, la 13esima edizione del forum, andata in scena il 22 novembre al Wpp Campus di Milano, ha visto la presenza di Federico Rampini, scrittore e giornalista del Corriere della Sera, Maria Teresa Bellucci, viceministro del Lavoro e delle politiche sociali, Letizia Moratti, membro del Parlamento europeo, Maria Chiara Carrozza, presidente del Cnr, Giorgio Metta, direttore scientifico dell’Istituto Italiano di Tecnologia, e di molti altri manager, ceo e rappresentanti delle istituzioni che hanno riflettuto su come il settore della comunicazione possa contribuire in modo concreto al progresso. Tra i messaggi più interessanti, quello relativo al capitale umano, che può diventare il vero motore dell’innovazione. “Dobbiamo puntare su ciò che ci rende
grandi, ma dobbiamo anche mettere al centro le persone”, commenta Simona Maggini, Italy country manager di Wpp. “I talenti sono un nostro vantaggio competitivo. Comunicare il loro lavoro, la loro creatività e il loro impatto positivo può diventare un volano per attrarre investimenti, consolidando la nostra reputazione internazionale”. Una riflessione che trova concretezza in Wpp, dove le persone sono al centro dei progetti di sviluppo. “Crediamo che il talento, la creatività e l’ingegno delle persone siano le vere leve per il cambiamento, in grado di generare valore sia per le aziende che per la società”, continua Maggini. “Il nostro settore è, per definizione, fortemente collegato al capitale umano: è un mondo che richiede creatività, empatia e capacità di evocare emozioni, caratteristiche che sono e rimarranno esclusivamente umane”. Anche Daniel Hulme, chief artificial intelligence officer di Wpp e fondatore e ceo di Satalia, ha offerto spunti sul potenziale dell’IA come amplificatore delle capacità umane. “La nostra visione è che la tecnologia non debba sostituire l’uomo, ma essere un alleato strategico che esalta il suo ingegno”, ha detto. “In Wpp vediamo la tecnologia come uno strumento per liberare la creatività, ottimizzando i processi e riducendo la complessità operativa. In questo modo, possiamo concentrarci su ciò che sappiamo fare meglio: creare connessioni, innovare e suscitare emozioni”.
Del resto, il benessere delle persone in azienda, un ambiente di lavoro che favorisca la crescita, il supporto all’equilibrio tra vita privata e professionale e
la creazione di servizi accessibili che permettano a tutti di realizzarsi pienamente hanno effetti positivi su tutta la società. Un ecosistema che supporta l’inclusività, valorizza il talento e promuove la creatività diventa un ambiente fertile per l’innovazione e la crescita. “Le politiche aziendali e sociali devono essere orientate a costruire un contesto che permetta a ogni individuo di contribuire al progresso collettivo, creando un circolo virtuoso in cui ciascuno può esprimere il proprio potenziale”, continua Beduschi, convinto che, per portare avanti questo cambiamento, sia necessario un impegno coordinato tra istituzioni pubbliche e aziende. “In Italia è essenziale superare approcci frammentati e concentrarsi su iniziative integrate che possano massimizzare l’efficacia degli interventi”, commen-
ta. “Promuovere un approccio coordinato tra pubblico, privato e non profit, attraverso un sistema di budget unici e condivisi, consentirebbe di ottenere sinergie e di concentrare le risorse su progetti concreti e strategici. Federare gli sforzi in questo modo consentirebbe di evitare duplicazioni, massimizzare l’efficacia delle azioni e concentrare le risorse su progetti realmente significativi”. Senza dimenticare che un’azione coordinata, spesso, non è solo una questione di efficienza, ma anche di equità: “Spesso vediamo l’Italia da una prospettiva un po’ troppo Milano-centrica. Non dimentichiamo che il Paese è un insieme di aree molto diverse. Garantire che ogni territorio, comunità e persona abbia opportunità di crescita e supporto è essenziale per valorizzare il capitale umano come leva per lo sviluppo”.
Intanto Wpp promuove il cambiamento partendo dalle proprie risorse. “In Italia abbiamo il 55% delle posizioni manageriali ricoperto da donne e il 42% dei professionisti con meno di 35 anni”, commenta Maggini. “Includere prospettive diverse è fondamentale per affrontare le sfide globali. La diversità e l’empatia non solo rendono ogni organizzazione più forte e resiliente, ma sono anche strumenti chiave per costruire un futuro sostenibile e innovativo”. Un futuro che la 13esima edizione del forum Wpp ha esplorato approfonditamente, offrendo le linee guida per affrontarlo e gli strumenti per comprenderlo. Non solo per rafforzare il tessuto sociale, ma anche per creare un terreno fertile per l’innovazione, il benessere e una crescita inclusiva che possa rendere l’Italia un modello di riferimento. F
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di Lavinia Desi
Tesori da indossare
Garatti, brand di gioielleria nato a Milano nel 2018, detiene il 60% dei diaManti verdi presenti sulla terra e alcune delle pietre preziose più rare
GGaratti è nato a Milano nel 2018. L’atelier in Foro Bonaparte, piazza Cadorna, è stato inaugurato a settembre. In pochi anni il gruppo ha acquisito una posizione di rilievo nella creazione di collezioni di alta gioielleria, realizzate con diamanti rari. Possiede infatti il 60% dei diamanti verdi presenti sulla terra, più del 90% di quelli disponibili alla vendita e alcuni rarissimi diamanti rossi. Le pietre preziose sono certificate tramite il Kimberly Process e vengono lavorate nei laboratori della maison.
“Il filo conduttore di tutte le collezioni è l’inserimento di elementi a goccia, che rappresentano l’ovale
rinascimentale, o della rosa come simbolo di purezza e rarità”, ha spiegato Milena Bernocco, direttore creativo. “Le nostre collezioni sono molto varie tra loro. Alcune si ispirano alla natura, altre ancora a giochi e alla geometria delle forme. Ognuna di esse è realizzata con amore; in ogni creazione cerco sempre di trasmettere estetica e bellezza, ma soprattutto colore e leggerezza. Il mio desiderio è che ogni per -
sona che le indossa si senta unica e speciale. La natura ci ha dato pietre speciali di una rarità senza eguali, come i diamanti rossi. Siamo leader in questo mercato di nicchia, e poter portare una tale rarità è un onore per chi la indossa. Amiamo stimolare la creatività dei nostri clienti progettando i gioielli al loro fianco, rendendoli piccoli tesori esclusivi, unici. Non abbiamo mai perso il focus sulla creatività e sull’importanza di far sentire speciale chi indossa Garatti. Per questo nessuna collezione viene riprodotta e, come i diamanti fancy più rari, resta quindi unica. Il nostro staff è composto oggi da creativi e artigiani, e questo ci fa sentire come in una favola ogni giorno, siamo una famiglia. Il nostro brand è nato da poco, ma la velocità di espansione è stata incredibile, siamo molto felici di questi traguardi. I fatturati in pochi mesi si sono moltiplicati fino al 500% e ne siamo molto soddisfatti. Tutto questo ci porta a guardare oltre frontiera per le nuove aperture nel 2025”.
Il gruppo ha collaborato con Bianca Balti per la prima campagna globale del brand. La modella è stata fotografata dal fotografo di moda Gianpaolo Sgura, al quale è stata affidata anche la direzione creativa. Inoltre il 23 ottobre a Cardi Gallery, nel quartiere londinese Mayfair, è stato ospitato un vernissage dedicato alla maison italiana. “L’iniziativa ha voluto esplorare e amplificare il dialogo tra due mondi, dove ogni pezzo diventa un’opera d’arte e ogni opera un gioiello da indossare”. F
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Effetto nostalgia
Gli adulti sono sempre più desiderosi di possedere Giocattoli che riportano a momenti felici della loro infanzia. per questo Mattel Guarda con attenzione a questo pubblico
CCos’hanno in comune una Barbie, un’auto di Formula 1 e una scultura di una Hot Wheels firmata Fidia Falaschetti? Sono oggetti che fanno parte dell’universo Mattel e sono tutti destinati a un pubblico diverso da quello che potremmo immaginare. Il colosso di El Segundo, infatti, rivolge grande attenzione a fan e collezionisti adulti, che sono sempre più rilevanti nel mercato del giocattolo e che, secondo una ricerca di Circana, oggi pesano il 28,5% nel totale delle vendite a livello europeo.
Negli ultimi anni gli adulti si sono dimostrati sempre più desiderosi di possedere giocattoli che riportano a momenti felici della loro infanzia. Per Mattel questo tipo di consumatore si chiama 'kidult' (combinaizone di 'kid' e 'adult') ed è un adulto che, secondo l’azienda, “vuole far riemergere il bimbo che ha in sé”. A questo si aggiunge che, “in un'epoca di incertezze, soprattutto per i nuovi adulti, il legame con certi oggetti riporta a un periodo di benessere emotivo”, come ha spiegato Andrea Ziella, ad di Mattel Italia e lead Emea di Mattel Creations. Rispetto ai giocattoli per bambini, che sono ancora il principale mercato per Mattel, quelli destinati a un pubblico adulto assumono anche una
dimensione collezionistica. Anche perché il collezionismo favorisce la nascita di community, all’interno delle quali i membri possono condividere valori, interessi e passioni comuni. Un esempio sono le costruzioni Mega ispirate all’universo Pokémon o le bambole Monster High dedicate alla serie Netflix Mercoledì Accanto ai suoi giocattoli, l’azienda americana propone anche una linea esclusiva di prodotti in edizione limitata pensata per i più appassionati. “Mattel Creations, per esempio, è una piattaforma in cui non solo si possono acquistare prodotti, ma in
cui, attraverso le membership, è possibile accedere a forum di collezionisti, creare interazioni con altri appassionati e scambiare informazioni”, ha spiegato Ziella.
Mattel Creations propone articoli da collezione e collaborazioni artistiche realizzate con i suoi marchi principali. Questo "co-laboratorio culturale", come viene definito dall’azienda, nasce per connettere Mattel alla cultura contemporanea. Tra gli esempi più significativi, la collaborazione tra Barbie e Balmain, l’incontro tra l’eleganza di Gucci e l’energia di Hot Wheels, che ha dato vita alla replica della Gucci Cadillac Seville del 1982, e la capsule collection delle bambole Monster High vestite con capi firmati Off-White.
L’ultimo progetto di Mattel Creations è Playdult, una mostra che si è svolta dal 21 novembre all’8 dicembre, nata dalla fusione tra il talento artistico di Fidia Falaschetti e la sua passione per i giocattoli. La parola chiave di queste collaborazioni, ha sottolineato Ziella, è esclusività. “In un mercato saturo di prodotti, possedere qualcosa di unico è sempre più importante, ed è ciò a cui punta Mattel Creations. Con Fidia questo concetto viene portato al massimo livello: si tratta di opere uniche, pensate per collezionisti di giocattoli, ma anche d’arte. Il nostro obiettivo è offrire ai brand una sorta di tela su cui gli artisti possono esprimere la loro creatività”. F
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GOOD STORIES
n di Francesca Vercesi
Domani da programmare
Le aziende itaLiane faticano neL passaggio generazionaLe. Credem euromobiliare Private banking ha una struttura che aiuta gLi imprenditori a trovare La soLuzione migLiore per pianificare iL futuro
L'L’Italia fatica a produrre nuova ricchezza, ma siede su una grande riserva di patrimoni privati e aziende da salvaguardare e far crescere. Il passaggio generazionale in atto, però, se non ben gestito, rischia di disperdere gli uni e le altre. Forbes Italia ne ha parlato con Matteo Benetti, direttore generale di Credem Euromobiliare Private Banking
Cosa dire di economia e finanza italiane?
Tra le caratteristiche che contraddistinguono la nostra economia e la nostra finanza domestica spiccano due aspetti: il gigantesco ammontare della ricchezza privata delle famiglie italiane e lo straordinario dinamismo del nostro tessuto imprenditoriale. Questi due fattori, però, sono a rischio, in quanto assisteremo, nei prossimi cinque anni, a un gigantesco passaggio generazionale della ricchezza, sia finanziaria che aziendale.
A oggi c’è un grande problema di pianificazione successoria.
Vero. Sul primo fronte voglio ricordare che la ricchezza finanziaria degli italiani ha superato l’anno scorso i 5.000 miliardi e che il risparmiatore italiano compete solo con il giapponese quanto a propensione ad accantonare parte dei suoi flussi reddituali. Peccato, però, che lo stesso risparmiatore pianifichi poco la successione: siamo tra gli ultimi a livello internazionale in termini di pianificazione successoria, e questo ci fa intuire quanto sia cruciale l’operato dei nostri banker in quella direzione.
Qual è il punto forte del lavoro di banker?
Soprattutto relazionale, dato che la stragrande maggioranza delle successioni si può gestire con istituti molto semplici, come le disposizioni testamentarie e la sottoscrizione di una polizza vita. Certo, esistono casi più complessi, che richiedono lo studio di vere strategie successorie. Ma il nostro compito risiede in primis nella capacità di convincere i clienti a non affidarsi ciecamente al codice civile o al buon senso dei loro eredi.
E sul versante delle aziende?
Lì il tema si complica perché la forza del nostro tessuto imprenditoriale è rappresentata spesso da aziende piccole, a conduzione familiare, sottocapitalizzate, che rincorrono quasi esclusivamente al canale bancario per finanziare la crescita. Soltanto una su sette riesce a sopravvivere a un doppio salto generazionale: come se l’Italia ogni due generazioni e mezza azzerasse del tutto la sua ricchezza di aziende, storie e sforzi di intere famiglie. Noi disponiamo di una struttura interna di corporate finance advisory, guidata da Simone Citterio, che affianca questi imprenditori nell’individuazione della migliore soluzione per pianificare il futuro e la crescita dell’azienda. Si tratta di soluzioni che spaziano dall’individuazione di un partner industriale o finanziario all’ingresso nel capitale di un fondo, fino alla completa cessione delle quote. Il grande vantaggio di disporre di questa unità nella nostra private bank consiste nel fornire a questi imprenditori un servizio integrato della loro ricchezza, finanziaria e imprenditoriale. F
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di Antonio Monreale
Medicina etica
Leo Pharma, azienda farmaceutica danese fondata nel 1908, si occupa da sempre di dermatologia. al centro della sua attività c’è la responsabilità sociale. “bisogna integrare la sostenibilità nella strategia”, dice PaoLo PozzoLini, vp & general manager per l’italia
RRealizzare un futuro migliore non solo per i pazienti, ma anche per la società e l’ambiente. È la visione di Leo Pharma, azienda farmaceutica indipendente fondata nel 1908 con sede a Ballerup, in Danimarca, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. Da sempre impegnata nella dermatologia medica, la società basa la sua strategia di corporate social responsibility su tre punti fondamentali: empowerment dei pazien-
ti, operazioni sostenibili e integrità aziendale. Quanto al primo punto, Leo Pharma punta a migliorare la qualità della vita dei pazienti attraverso lo sviluppo di trattamenti avanzati e collaborazioni con diversi attori del settore sanitario (dai pazienti stessi alle associazioni, ai decisori politici e alle ong) per sensibilizzare sulla salute dermatologica e abbattere le barriere di accesso alle cure. Per raggiungere questo obiettivo la ricerca e lo sviluppo rivestono un ruolo centrale. “Il nostro approccio alla sostenibilità sta seguendo questa nuova direzione”, dichiara Paolo Pozzolini, vp & general manager di Leo Pharma Italia. “È fondamentale far crescere
l'azienda in modo responsabile, ma anche lavorare per integrare la sostenibilità nella strategia. Il nostro management è impegnato a portare la sostenibilità a un nuovo livello, anche sui temi della salute, dell’accesso e della qualità della vita”. In linea con questo impegno, Leo Pharma ha adottato misure per ridurre le emissioni di CO2 nelle fasi di produzione, per dar vita a pratiche ecologiche e quindi minimizzare l’impronta ambientale complessiva. Non è un caso quindi se, dai valori di riferimento del 2019, la società ha ridotto del 39,2% le emissioni dirette e indirette, grazie a investimenti in fonti di energia rinnovabile e miglioramenti nell’efficienza energetica. Peraltro, per favorire la collaborazione e il coinvolgimento attivo dei dipendenti, la società ha anche integrato parametri di performance ambientale nei piani di incentivi aziendali. Qui si inserisce anche il concetto di integrità. Dal rispetto della privacy dei dati alla tolleranza zero per la corruzione, l’azienda promuove standard etici rigorosi in tutta la sua catena di fornitura. Inoltre, punta a garantire che la propria ricerca scientifica segua pratiche etiche, riducendo al minimo l’uso di animali e aderendo alla direttiva europea sulle 3 R (replacement, reduction, refinement). In questo contesto, anche la gestione responsabile della supply chain è un aspetto fondamentale della politica di integrità di Leo Pharma. Lo di-
Nel 2021 Leo Pharma ha lanciato il manifesto
Curiosity Beyond, che promuove diversità, equità e inclusione nell'organizzazione, invitando i dipendenti
a essere aperti verso altre culture e prospettive
mostra il fatto che nel 2023 l'83% dei fornitori aveva stabilito parametri validati di riduzione delle emissioni, dimostrando come la collaborazione con i partner sia essenziale per un impatto globale.
Oltre alla sostenibilità ambientale e alla salute, Leo Pharma ha lanciato nel 2021 il manifesto Curiosity Beyond, un’iniziativa che promuove la diversità, l’equità e l’inclusione nell’intera organizzazione. Nel dettaglio, il manifesto invita i dipendenti a essere curiosi
e aperti verso altre culture e prospettive, valorizzando le differenze come risorsa per decisioni aziendali più solide e inclusive. Il programma include la formazione dei vertici aziendali sulla leadership inclusiva, eventi e sessioni di sensibilizzazione sui bias inconsci. Un’iniziativa particolarmente significativa è stata l’integrazione di questi principi nei processi di onboarding e assunzione, garantendo che tutti i candidati siano valutati esclusivamente sulle competenze.
Un impegno che Leo Pharma dimostra anche attraverso partnership strategiche e donazioni. Grazie a una collaborazione decennale con l’organizzazione International Health Partner, la società ha permesso di distribuire oltre 325mila unità di prodotti medici a popolazioni in difficoltà di 29 paesi, aiutando circa 380mila pazienti. Solo nel 2023 l’azienda ha fornito farmaci per assistere oltre 75mila pazienti in situazioni critiche. F
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di Danilo D’Aleo
Innovazione responsabile
CisCo italia e AxiAns itAliA stanno ridefinendo la rivoluzione teCnologiCa e digitale in un’ottiCa sostenibile, in Cui l’attenzione all’ambiente e alle persone diventa primaria. soprattutto guardando alle potenzialità dell’intelligenza artifiCiale
LLa trasformazione digitale non è solo una necessità per le aziende moderne, ma anche un’opportunità per creare un mondo più sostenibile e inclusivo. Questo è il cuore della collaborazione tra Axians Italia e Cisco Italia, che unisce due leader tecnologici con un obiettivo comune: innovare responsabilmente. Far sì, quindi, che la crescente ondata di innovazione tecnologica e digitale abbia un impatto positivo e concreto anche sulla vita delle persone e dell’ambiente circostante, rivoluzionando così l’attuale panorama socio-economico. L’impegno di Axians Italia, recentemente diventata società benefit, si riflette in una strategia aziendale incentrata sulla sostenibilità e sul benessere collettivo. Tra le iniziative più significative spicca il progetto 'Noc in carcere', realizzato in collaborazione con Cisco e la cooperativa sociale Universo Onlus. L’iniziativa offre ai detenuti un percorso formativo e lavorativo nel settore Ict, favorendo il loro reinserimento sociale.
Uniti dalla passione per la tecnologia e il cambiamento, Michele Armenise, ceo di Axians Italia, e Gianmatteo Manghi, ceo di Cisco Italia, guidano questa trasformazione. “Ho iniziato la mia carriera come ricercatore di optoelettronica, quindi mi occupavo di laser e fibra ottica, ma a livello di componentistica", racconta Armenise.
"Poi, negli anni a cavallo del temuto Millennium Bug, ho avuto l’opportunità di approdare all’informatica. E lì mi si è aperto un mondo. Anche perché l’attenzione verso il digitale era enorme e le sfide e le opportunità erano diverse”. Da qui la chiamata in Axians Italia e l’inizio di un nuovo percorso di crescita che, negli anni, si è intersecato con l’esperienza e la visione di Cisco Italia e di Manghi, che evidenzia un aspetto fondamentale: la necessità di unire le forze. “Crediamo che la tecnologia debba essere al servizio delle persone e del pianeta. La partnership con Axians ci consente di accelerare la trasformazione digitale in Italia, offrendo soluzioni scalabili, sicure e sostenibili che rispondano alle sfide di oggi e del futuro”. D’altronde, insiste Manghi, “è innegabile che il futuro che immaginavamo neanche 20 anni fa è il presente. Pensavamo che fosse troppo lontana da noi la possibilità di comunicare o trasmettere dati, immagini e video attraverso il cellulare. Eppure siamo qui. Viaggiamo senza bisogno di stampare i biglietti o i documenti e lo facciamo in maniera veloce e in tempo reale, senza bisogno di chissà quale programmazione. E lo stesso vale per la sanità, per la pubblica amministrazione, per l’industria, grazie all’automazione per esempio. È cambiato tutto in pochi anni. Possiamo quindi dire che l’attuale realtà ha superato di gran lunga le nostre previsioni”.
re, riducendo l’impatto ambientale delle tecnologie obsolete. O ancora l’ottenimento da parte di Axians, già nel 2023, della certificazione Environmental Sustainability Specialization di Cisco, un riconoscimento che premia l’impegno nella sostenibilità. “La tecnologia”, dice Armenise, “deve essere integrata in processi che migliorino la vita delle persone e aiutino le aziende a gestire il cambiamento. Innovare significa creare valore non solo economico, ma anche sociale e ambientale”. Guardando al futuro, sono diversi i trend e le sfide. Una su tutte: le opportunità legate all’intelligenza artificiale.
coloro che devono prendere decisioni in tempo reale, ed essere più predittivi, grazie ai vari algoritmi in ballo”. Senza dimenticare che potrà essere un grande alleato in fatto di attenzione a persone e ambiente. “Avendo la possibilità di conoscere e interpretare un’incredibile mole di dati, potremo capire, per esempio, qual è lo stato di un’attività, il benessere delle persone all’interno degli uffici, la qualità del loro lavoro e dell’aria che respirano. Senza dimenticare che ci aiuterà a combattere gli sprechi ed essere così più sostenibili”.
"La tecnologia deve essere integrata in processi che migliorino la vita delle persone e aiutino le aziende a gestire il cambiamento. Innovare significa creare valore"
Da qui la necessità, da parte di entrambe le società, di attivare sinergie basate sull’impegno e la necessità di creare soluzioni che siano etiche e orientate al miglioramento della qualità della vita. Un approccio che si traduce in iniziative concrete, come il programma Cisco Takeback, che promuove il riciclo e la rigenerazione dell’hardwa-
Verso la quale entrambi mantengono un approccio molto positivo, soprattutto in un contesto in cui il calo demografico continua ad attanagliare la nostra economia. “Da qui al 2050 perderemo tanta forza lavoro", dice Armenise. "Su questo fronte l’intelligenza artificiale potrà giocare un ruolo fondamentale. Perché ci potrebbe dare la possibilità di compensare questo squilibrio, soprattutto nelle attività ripetitive”. E non è finita qui. Secondo i due manager, infatti, potrà avere un ruolo cruciale “per automatizzare e rendere più veloci i processi da fornire alle imprese, così da abbattere i tempi per
Opportunità importanti che, comunque, portano con sé anche molti rischi, soprattutto connessi al funzionamento intrinseco e al modo con cui l’intelligenza artificiale viene allenata e formata, dato che “gli algoritmi usati per questa fase non sono del tutto noti, né sono trasparenti per chi utilizza questa tecnologia”, evidenzia Manghi. “Perciò è fondamentale che tutte le aziende che la sviluppano e la integrano al loro interno lo facciano in maniera responsabile”. Un obiettivo che Cisco ha messo nero su bianco con la sottoscrizione della Rome Call for AI Ethics, il documento con cui le aziende si impegnano ad assumere un approccio etico nei confronti dell’intelligenza artificiale. Ideato dalla Pontificia Accademia per la Vita e dalla stessa Fondazione RenAIssance, la Rome Call for AI Ethics è stata firmata in prima battuta dal ministero dell’Innovazione italiano, da gruppi tecnologici internazionali quali Microsoft e Ibm, da istituzioni come Fao e da innumerevoli atenei del mondo. In sintesi, è un appello di portata globale per promuovere l’adesione a principi fondamentali come trasparenza, inclusione, responsabilità, imparzialità, affidabilità, sicurezza e tutela della privacy. F
di Elisa Serafini
Autentiche creazioni
La nuova frontiera deL digitaL marketing si chiama user-generated content, cioè La generazione di contenuti immediati da parte di utenti comuni. è in questo ambito che si inserisce PoPularise, startup itaLiana acceLerata daL fondo americano pLug and pLay, che ha aperto un round da 400miLa euro
NNegli Stati Uniti e in Asia, la user-generated content (ugc) creation, ovvero la produzione di contenuti da parte degli utenti o consumatori di un brand, come recensioni, foto o video, è già realtà da molti anni. Questa declinazione del marketing digitale interpreta le possibilità offerte da utenti normali nel creare contenuti più autentici ed efficaci nelle conversioni di vendita. La creazione di ugc è particolarmente efficace in ambito video, ed è in questo contesto che opera Popularise, startup made in Italy accelerata dal fondo americano Plug and Play, che offre alle aziende la possibilità di acquistare ugc per i propri social.
e quali trend vede per i prossimi tre-cinque anni?
Siamo nel mezzo di una rivoluzione industriale, grazie all’intelligenza artificiale, e già questo è significativo per interpretare i cambiamenti. Inoltre c’è stata un’importante evoluzione nei social: con l’avvento di TikTok si è passati da contenuti prevalentemente statici a contenuti video, che sono però più complessi da realizzare. Per questo si è creato un buco, soprattutto a livello azien-
"Con l'avvento
di
questo senso. La ugc creation poteva essere, per noi, una risposta.
Quali settori possono beneficiare di più di contenuti video?
I settori più ricettivi sono beauty, travel e food, dove il contenuto video si presta particolarmente. Il mondo della moda è invece quello più elitario e presenta dinamiche che non sempre si integrano con la ugc. È un settore più difficile da intercettare, ma si iniziano a vedere cambiamenti. C’è poi il contesto b2b. In quel caso l’influencer marketing difficilmente porta risultati, mentre la generazione di contenuti dagli utenti è più efficace. Molte aziende ci chiedono ugc per raccontare il proprio business. Anche noi, come azienda b2b, usiamo i nostri contenuti per raccontare alle aziende cosa facciamo e come possiamo essere utili.
TikTok si è passati da contenuti prevalentemente statici ai video, che però sono più complessi da realizzare"
Con un round di investimento in corso da 400mila euro, oltre ottomila utenti sulla piattaforma e 75 clienti, Popularise punta ad aumentare la customer base e la base utenti, anche attraverso sistemi di intelligenza artificiale e automazione. Per capire le opportunità di questo mercato in un Paese che si sta aprendo all’ugc, Forbes ha intervistato Andrea Croce, amministratore delegato e fondatore della società.
Come è cambiato il mondo del digital marketing negli ultimi tempi
dale. Alla luce di ciò abbiamo iniziato a intercettare questa esigenza, per sviluppare un sistema sostenibile che permettesse alle aziende di ottenere contenuti di valore. Ci siamo inseriti in anticipo su una crisi che poi si è verificata, ovvero quella dell’influencer marketing, che difficilmente può essere considerato l’unica strategia da perseguire in ambito digitale. Il contesto dell’influencer marketing ha dimostrato diverse criticità, dalle conversioni ai rischi di follower gonfiati. Serviva un cambiamento in
Quale differenza vedete tra i contenuti generati da influencer e quelli community-generated in termini di performance?
L’influencer di solito viene ingaggiato dall’azienda per sfruttare la community che ha. Dal micro al big influencer, con community diverse, verticali o più generaliste. In sostanza l’azienda decide in che canale pubblicare il suo contenuto. Questi canali però presentano una caratteristica di distanza tra influencer e community. L’ugc creator è invece una persona comune che dispone di una
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community formata da poche centinaia o migliaia di follower. In quel caso l’obiettivo è creare contenuti di valore che l’azienda potrà utilizzare nei propri canali, ingaggiando nuovi clienti. Alcuni influencer potrebbero essere molto seguiti, ma non avere capacità di creare contenuti attrattivi, e viceversa. Una strategia non sostituisce l’altra, possono essere integrate. In generale, la ragione principale per cui un’azienda sceglie un creator è la possibilità di favorire l’in-
clusività, rappresentata dalla prossimità tra il creator e i suoi follower, o tra i follower dell’azienda. Il contenuto viene percepito come un consiglio e non solo come una pubblicità, con la promozione di una comunicazione più autentica e vicina alle persone.
Popularise è accelerato da Plug and Play e ha un round aperto da 400mila euro. Quali obiettivi vi porrete una volta perfezionati gli
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investimenti?
Proprio grazie all’approccio appreso all’interno dell’accelerazione di Plug and Play a Los Angeles siamo cresciuti molto. Abbiamo sviluppato la piattaforma di ugc creation e lanciato delle ugc house, strutture in prossimità di eventi sportivi o musicali, in cui coinvolgiamo i creator nella generazione di contenuti. Infine stiamo lanciando un'academy per i creator e un’agenzia per selezionare i migliori creator e rappresentarli con le aziende. Stiamo inoltre dando vita a due spin-off. Uno, Be Honest, sfrutta la community di novemila persone generata da Popularise, dove persone comuni raccontano prodotti per dare informazioni ai consumatori. L’altra sarà una sorpresa per il 2025, una nuova piattaforma.
Quali opportunità ha l’Italia in questo settore?
L’Italia su molti trend arriva con qualche mese o anno di ritardo rispetto, ad esempio, agli Stati Uniti. La ugc creation negli Stati Uniti è consolidata e molto utilizzata. In Italia c’è ancora moltissimo margine di crescita. Tante aziende iniziano solo ora ad approcciarsi a questi contenuti. Il mercato è agli inizi, le potenzialità sono moltissime. Inoltre il livello dei creator si sta alzando, con eccellenze nel contesto nazionale: figure che riescono a creare contenuti di altissima qualità curando aspetti che vanno dalla strategia al montaggio. Anche per questo le opportunità nel settore saranno sempre di più. F
La formula del cambiamento
Venti stabilimenti, sette centri di ricerca e sviluppo, 1.100 dipendenti, 700 milioni di euro di fatturato. Sono i numeri di Italmatch Chemicals, gruppo chimico che punta su innovazione e sostenibilità. “Eravamo un’azienda esg prima che esistesse questo concetto”, dice l’ad e fondatore Sergio Iorio
La chimica è un alleato fondamentale dell’industria globale e della transizione ecologica in ottica di sostenibilità e circolarità. Le aziende del settore sviluppano prodotti sempre più all’avanguardia, usati per creare beni di uso quotidiano e rendere possibili processi sempre più in linea con i principi esg. Italmatch Chemicals è in prima linea con soluzioni innovative sempre più sostenibili e circolari. È diventata un punto di riferimento a livello globale per la chimica di specialità ed è promotrice di iniziative esg a livello europeo. Il gruppo ha 20 stabilimenti, sette centri di ricerca e sviluppo e oltre 1.100 dipendenti nel mondo e genera un fatturato di circa 700 milioni di euro. Grazie a una recente acquisizione e a un forte focus su innovazione e sostenibilità, nel 2024 ha consolidato la sua posizione nel trattamento acque, nei lubrificanti per applicazioni industriali, nei ritardanti di fiamma nel recupero dei metalli preziosi in un'ottica di economia circolare.
Dei risultati raggiunti quest’anno e del futuro dell’azienda parla Sergio Iorio, amministratore delegato e fondatore di Italmatch Chemicals. “È stato un anno molto positivo, seppur vissuto in un contesto di incertezza geopolitica e finanziaria. Abbiamo raggiunto importanti traguardi sul fronte della sostenibilità e della circolarità, ottenendo l’approvazione dei nostri target di riduzione delle emissioni da parte di Science Based Targets Initiative. Dal punto di vista finanziario, il contesto macroeconomico ha
mostrato segni di ripresa. Questo, unito alla nostra strategia di sviluppo e innovazione, ci ha consentito di conseguire ottimi risultati. Uno dei fattori chiave è stato l'aumento dei volumi di vendita, ma soprattutto il consolidamento dei margini grazie all’immissione sul mercato di almeno 20 nuovi prodotti provenienti dalla pipeline di innovazione e altrettante nuove soluzioni funzionali, spesso sviluppate assieme a clienti partner, che portano vantaggi economici agli utenti finali soprattutto in termini di efficienza energetica e produttiva.
"Vogliamo continuare a sviluppare soluzioni che contribuiscano alla transizione ecologica ed energetica, rispondendo a problemi che la scienza può aiutare a risolvere"
La presenza in vari mercati finali e la copertura geografica capillare ci hanno permesso di mantenere stabilità, accelerando la ripresa in un periodo di forte volatilità geopolitica”.
Come è avvenuta, a marzo, l’acquisizione della brasiliana Alcolina?
L'acquisizione rappresenta una tappa significativa nella nostra espansione in America Latina. Alcolina è un’azienda storica in Brasile, con due stabilimenti produttivi, 80 dipendenti e
un fatturato di circa 35 milioni di euro. Vanta la leadership in America Latina nel trattamento acque per i settori bioetanolo, produzione di zucchero, vernici e carta. Rappresenta il modello di acquisizione ottimale in termini di integrazione e di estrazione di sinergie. Una combinazione perfetta, per esempio, per avviare e massimizzare le vendite di un nuovo prodotto da noi brevettato (SugarMaxx), mettendo a disposizione la sua rete commerciale capillare in tutti gli zuccherifici dell’America Latina.
Su quali settori state lavorando in termini di innovazione?
L’innovazione è da sempre un nostro pilastro strategico. Stiamo investendo, in particolare, in settori come rinnovabili, elettrificazione, gestione dell’acqua e recupero di metalli preziosi. Produciamo soluzioni lubrificanti per limitare l’usura delle turbine eoliche, riducendo la necessità di costose manutenzioni, e altri prodotti per aumentare la resa degli impianti geotermici. Nella mobilità elettrica forniamo intermedi e additivi per elettroliti per le batterie esistenti LiFP6 e per le batterie di futura generazione a fase solida per aumentare performance (densità di energia e peso) e sicurezza. Abbiamo sviluppato tecnologie per il recupero dei metalli preziosi contenuti nelle batterie esauste, come nichel, cobalto e litio. Sul fronte delle risorse idriche occupiamo un ruolo di rilievo grazie a prodotti biodegradabili e circolari,
usati per detergenza, trattamento acque industriali e desalinizzazione. Abbiamo recentemente ricevuto il premio 2024 di Responsible Care per la circolarità, grazie a un nuovo prodotto che usa scarti dell’industria del salmone in sostituzione del metanolo, altamente inquinante.
Quali sono le vostre attività nella desalinizzazione?
Siamo partiti dieci anni fa in Medio Oriente, fornendo prodotti per impianti termici di desalinizzazione diventando leader a livello globale, per poi passare alla desalinizzazione a osmosi inversa
nuova tecnologia in forte crescita che permette di purificare l’acqua con un consumo di energia molto ridotto. Vista la scarsità idrica dell’area, la desalinizzazione contribuisce fortemente alla S di esg, garantendo un accesso all’acqua potabile altrimenti impossibile. Serviamo circa l’80% del mercato dell’Arabia Saudita e abbiamo deciso di investire ulteriormente nel paese realizzando un complesso industriale integrato, partendo dalle materie prime locali per arrivare ai prodotti finiti, con un investimento totale superiore ai 300 milioni di dollari per la localizzazione della produzione.
Qual è la sua visione per il futuro di Italmatch?
Grazie a innovazione e acquisizioni in settori green, eravamo già un’azienda esg prima che esistesse questo concetto, oggi essenziale per i mercati finanziari e industriali. Vogliamo continuare a sviluppare soluzioni che contribuiscano alla transizione ecologica ed energetica, rispondendo a problemi che la scienza può aiutare a risolvere. Due esempi sono il progetto europeo Ipcei – European Battery Innovation, dove siamo leader nel tavolo di lavoro per il recupero delle materie prime dalle batterie esauste, o il consorzio FlashPhos, dedicato al recupero del fosforo dai rifiuti urbani, che introduce il concetto di urban mining. Abbiamo recepito con molto favore il modello factory 5.0, che riporta l’uomo a fattore centrale rispetto alle macchine e alla digitalizzazione. Nel futuro a lungo termine intravediamo un ruolo importante per Italmatch nell’idrogeno green (catalizzatori più efficienti a base fosforo) e nel nucleare di quarta generazione (recupero di uranio e plutonio e separazione selettiva degli attinidi).
n GOOD STORIES n di Maurizio Abbati
Guardare avanti
Partito con la costruzione di infrastrutture Per la fornitura di energia, Gruppo Antonini ha saPuto evolversi nel temPo, diversificando i mercati ed entrando nei settori dei suPeryacht e delle energie rinnovabili
DDall'oil & gas alla nautica, la storia di Gruppo Antonini è un percorso in cui tradizione e innovazione si intrecciano, trasformando un’azienda metalmeccanica locale in un partner chiave delle infrastrutture energetiche globali. Fondata nel 1943 a La Spezia da Walter Antonini, la società è nata con un obiettivo: riparare strutture metalliche danneggiate dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale. “Il mio bisnonno aveva un’idea chiara: ricostruire per crescere”, racconta il pronipote Walter Antonini, attuale direttore generale.
Negli anni '50 il gruppo ha iniziato a specializzarsi nella carpenteria metallica, espandendo le proprie competenze fino all'assemblaggio di impianti industriali.
La vera svolta è arrivata negli anni '60, quando l’azienda ha incontrato Enrico Mattei, fondatore di Eni e figura storica nel settore energetico italiano. Questa collaborazione ha segnato l'inizio della produ-
zione di strutture complesse per piattaforme petrolifere e impianti onshore, consolidando Gruppo Antonini come leader emergente nel settore oil & gas. "Non è solo un lavoro, è una missione che richiede competenze elevate", sottolinea Antonini. Tra il 1970 e il 2000, sotto la guida del nonno Claudio, l'azienda ha consolidato il proprio ruolo nella filiera energetica italiana, realizzando numerosi progetti strategici per la sicurezza energetica nazionale, avviando al contempo un'espansione internazionale che l'ha portata a collaborare con diversi governi africani e poi con quello cinese e di Hong Kong.
Nel 2012 l'azienda ha avuto un ruolo fondamentale nella realizzazione delle
strutture usate per il raddrizzamento e il sollevamento della Costa Concordia. Questo progetto ha messo in luce la precisione e la qualità delle strutture prodotte, dimostrando la competenza tecnica di Gruppo Antonini in situazioni molto delicate.
Nel 2015 diverse società di famiglia si sono unite per dar vita all'attuale gruppo. Simone Antonini, figlio di Claudio, ha contribuito all’evoluzione dell’azienda, puntando sul promettente mercato dei superyacht, iniziando con costruzioni per conto di importanti cantieri italiani e poi lanciando un proprio marchio. Così, nel 2020, è nata Antonini Navi, frutto della collaborazione con Aldo Manna, partner e attuale direttore commerciale. "Mio padre ha avuto una visione lungimirante, riconoscendo la posizione strategica del nostro cantiere nel Golfo di La Spezia e il potenziale di un mercato in continua crescita", racconta Antonini. Oggi Antonini Navi è un marchio consolidato all'interno del Miglio Blu, un consorzio che include i principali brand di costruttori di superyacht nel mercato italiano, con tre yacht di oltre 30 metri in costruzione, due dei quali saranno consegnati nel 2025.
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Un cantiere di Gruppo Antonini. Nell'altra pagina Claudio Antonini (a sinistra), ex amministratore, e Walter Antonini, attuale direttore generale.
Parallelamente, il gruppo continua a giocare un ruolo strategico nel settore energetico, soprattutto alla luce delle attuali tensioni geopolitiche. Tutto questo mentre il governo italiano ha deciso di rilanciare il Piano Mattei per l'Africa, una politica ispirata all’approccio paritario di Mattei con i paesi africani, per garantire forniture energetiche sicure per l’Italia. Tra i lavori a cui partecipa Gruppo Antonini c’è il Progetto Maboqueiro in Angola, commissionato da Azule (joint venture di Eni e Bp), che prevede la costruzione da parte dell'azienda di una piattaforma di gas metano dal peso di 3.400 tonnellate. "È un esempio di costruzione di altissimo livello e rappresenta un progetto strategico anche per il governo angolano, che lo ha completamente defiscalizzato”. Un
altro progetto significativo è il Sabratha Platform Compression Module Project, un modulo di compressione gas per Mellitah Oil & Gas (joint venture di Eni e della National Oil Corporation libica) che sarà installato sulla piattaforma Sabratha già esistente in Libia. Con un valore di 217 milioni di dollari, questo progetto rappresenta una sfida logistica e ingegneristica senza precedenti, con un team di 150 persone che vivranno su un Floatel per l'installazione. Di recente il gruppo ha acquisito un’altra commessa per Mellitah Oil & Gas in Libia, una delle più grandi per la società, con un valore di quasi 300 milioni di euro. Guardando al futuro, Gruppo Antonini punta a diversificare le proprie attività entrando nel settore delle energie rinnovabili e della neutralità carbonica. Le nuove aree di espansione comprendono parchi eolici, tecnologie per la cattura e lo stoccaggio di CO2 (Ccus, carbon capture, utilisation and storage) e la conversione green degli impianti. “L'obiettivo è coniugare il nostro know-how storico nell'oil & gas
con progetti sostenibili”. L'’impegno dell’azienda verso un futuro più verde si coniuga con una riorganizzazione interna per una transizione energetica allineata agli obiettivi europei di net zero entro il 2050: “La transizione non deve seguire la demagogia, ma deve essere affrontata ogni giorno, risolvendo i problemi uno per uno e garantendo al contempo la sicurezza energetica italiana e globale senza l’esclusione di nessuna fonte di energia”, aggiunge Antonini, sottolineando la necessità di una transizione green aperta a tutte le tecnologie. Il gruppo rappresenta un’eccellenza della storia industriale italiana, nata dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale e capace di costruire infrastrutture vitali per la fornitura di energia. Negli anni ha saputo evolversi, espandendosi a livello internazionale e diversificando i mercati, entrando nei settori dei superyacht e, presto, nelle energie rinnovabili, confermandosi una realtà dinamica e innovativa, simbolo del progresso e della resilienza del made in Italy. F
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Confezioni sostenibili
Bc Boncar, fondata da Paolo Bonsignore e anna laura Carella, è attiva nel settore del PaCkaging Con una ProPosta Che unisCe estetiCa, funzionalità e imPegno resPonsaBile. equità, risPetto e integrità sono i Pilastri Che guidano tutte le attività dell’azienda
FFondata nel 1998 in provincia di Milano, Bc Boncar si è affermata nel settore del packaging con una proposta che unisce estetica, funzionalità e impegno verso la sostenibilità. L’azienda, fondata da Paolo Bonsignore e Anna Laura Carella, collabora con marchi di moda e altri settori per offrire soluzioni di confezionamento. “Il nostro obiettivo è offrire un prodotto che non sia solo funzionale, ma anche emozionale”, ha spiegato Bonsignore. “Questo approccio si traduce in confezioni progettate non solo per un uso immediato, ma anche per un possibile riutilizzo, in linea con una visione più ampia di sostenibilità”.
Il packaging è considerato uno dei settori con il maggiore impatto sull’ambiente e questo impone alle aziende del settore di affrontare sfide significative. In questo contesto, Bc Boncar ha scelto di adottare una strategia per ridurre il proprio
impatto, introducendo materiali riciclati e tecnologie avanzate come i biomateriali. Ha inoltre ridotto la propria impronta energetica grazie a un impianto geotermico e a uno fotovoltaico, che le consentono di usare energia da fonti rinnovabili. E da ottobre è anche B Corp.
“Dal 2021 ci ispiriamo al progetto Erii, basato su quattro principi fondamentali: equità, rispetto, impegno e integrità”, ha raccontato Bonsignore. “Questo progetto guida tutte le attività dell’azienda, dalla gestione interna alle relazioni con i clienti e i fornitori, fino agli interventi sul territorio”.
Un elemento centrale della filosofia aziendale è l’equità, che si riflette nella valorizzazione delle persone attraverso pari opportunità e investimenti nella formazione. “Questi aspetti”, secondo Bonsignore, “permettono di migliorare l’efficienza produttiva, portando a risultati concreti, come la possibilità di consegne in soli 15 giorni lavorativi”.
Il rispetto è un altro valore chiave, che si manifesta sia nella gestione delle relazioni interne, sia nei rapporti con partner esterni. “Valoriz-
ziamo le idee e le diversità all’interno del nostro team, ma ci impegniamo anche a rispettare i fornitori, garantendo pagamenti puntuali, e i clienti, con un’assoluta trasparenza negli accordi contrattuali”, ha sottolineato il cofondatore.
Sul fronte dell’innovazione, Bc Boncar ha sviluppato diverse soluzioni che combinano sostenibilità e praticità. “In 26 anni di attività ci siamo sempre adoperati per offrire soluzioni ai nostri clienti partendo dall’ascolto”, ha raccontato Bonsignore. Un esempio è Amshi, una forma per calzature realizzata interamente con materiali certificati e riciclati. Questa soluzione, nata per sostituire le tradizionali veline, consente di ridurre gli sprechi e ottimizzare i tempi di produzione. “Amshi non solo riduce l’impatto ambientale, ma permette anche di alleggerire il lavoro dei dipendenti, aprendo la strada a modelli organizzativi più flessibili, come la settimana corta a parità di produzione e di stipendio”, ha proseguito Bonsignore. Anche per il confezionamento dei cappelli l’azienda ha introdotto una soluzione simile, Daisy, che riduce le
“Stiamo introducendo il passaporto digitale, uno strumento che permetterà di tracciare ogni fase della produzione, garantendo ai clienti una visione chiara e completa del nostro operato”
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emissioni di CO2 nella logistica fino al 90%. “Anche progetti come Shop event - una borsa in tessuto riutilizzabile creata riadattando materiali di magazzino, dimostrano come l’azienda riesca a integrare il riuso con il rafforzamento dell’identità del brand”. L’attenzione alla sostenibilità non si ferma all’ambiente. Bc Boncar è attiva anche in progetti solidali: in Uganda ha contribuito alla costruzione di pozzi per l’acqua con motori alimentati da pannelli solari, mentre a Busto Arsizio ha donato un’aula all’aperto alle scuole, creando un legame con il territorio. Inoltre, sempre nel comune in provincia di Varese, l’azienda ha programmato un percorso di formazione sul principio della sostenibilità rivolto agli studenti dell’istituto Tosi. “Il pro-
gramma”, ha spiegato Bonsignore, “prevede una visita nella sede della nostra azienda, per vedere come si produce in modo sostenibile una semplice scatola, permettendo agli studenti di scoprire tutto il processo di produzione”.
Anche la trasparenza è al centro del-
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le iniziative aziendali. “Stiamo introducendo il passaporto digitale, uno strumento che permetterà di tracciare ogni fase della produzione, garantendo ai clienti una visione chiara e completa del nostro operato”.
Bc Boncar attribuisce grande importanza alle relazioni interne. “Il nostro rapporto con i collaboratori si basa su valori fondamentali, come il rispetto e il senso del dovere”, ha aggiunto Bonsignore. Questo approccio si traduce in un ambiente lavorativo che punta alla collaborazione e al supporto reciproco. “Ci impegniamo per raggiungere insieme gli obiettivi professionali, ma anche per sostenere il nostro team nei momenti di difficoltà. Crediamo che questo spirito di appartenenza sia una delle chiavi del successo”. F
GOOD STORIES
L’energia che trasforma
“Guidare il futuro del fotovoltaico”. così Pietro Antonio MAggi, amministratore deleGato di ContACt itAliA, riassume l’obiettivo della sua azienda, che era nata come stabilimento per la proGettazione di componenti. e che quest’anno ha festeGGiato il premio industria felix
NNel 1996 era uno stabilimento dedicato alla progettazione di componenti per la connessione, la distribuzione, il fissaggio e l’isolamento elettrico. Oggi Contact Italia ha compiuto un passo avanti, soprattutto dopo l’integrazione, nel 2006, della divisione solare, per “guidare il futuro del fotovoltaico”, come affermato dal ceo Pietro Antonio Maggi Specializzata nei sistemi di montaggio per impianti fotovoltaici, Contact Italia ha recentemente acquisito il brand Gb Solar e i suoi brevetti, per consolidare ulteriormente la sua posizione nel settore. Questa operazione rappresenta un passo importante verso una crescita internazionale, con progetti di espansione nei mercati europei entro il 2028. Maggi, che guida l’azienda dall’inizio dell’anno, ha delineato la sua visione di una trasformazione orientata all’espansione e alla digitalizzazione. Il primo passo in questo processo è stato il potenziamento del team manageriale, per garantire un supporto adeguato all’espansione in Europa. L’azienda punta inoltre a migliorare
l’efficienza operativa attraverso tecnologie digitali e intelligenza artificiale. “Essere veloci e flessibili non significa solo rispondere alle sfide, ma anche anticiparle e trasformarle in vantaggi competitivi”, ha sottolineato.
Per supportare questa strategia, Contact Italia ha annunciato la costruzione di una nuova struttura in Basilicata, che “quadruplicherà la capacità produttiva”, passando da 7mila a 24mila metri quadrati, ed entrerà in funzione nel primo quadrimestre del 2025. Que-
sto investimento non solo amplificherà la produzione, ma sarà anche un fattore chiave per soddisfare la crescente domanda di soluzioni fotovoltaiche. In termini di innovazione, Contact Italia ha recentemente lanciato due soluzioni: il tracker Conterra e AgriConterra e il sistema di montaggio Evonet. Conterra è un tracker fotovoltaico monoassiale progettato per affrontare le principali criticità degli impianti a terra e agrivoltaici, mentre Evonet, un sistema di montaggio per tetti piani, combina l'alluminio e un tecnopolimero strutturale riciclabile. Questa soluzione offre versatilità e facilità di installazione, garantendo al contempo sicurezza anche in condizioni climatiche avverse. Evonet, in particolare, si distingue per la sua capacità di ridurre i tempi di installazione fino al 75% grazie a un sistema a scatto privo di viti. “Questi prodotti stanno già riscuotendo successo sia in Italia che all'estero, con ordini significativi che confermano la fiducia degli installatori in soluzioni che semplificano e velocizzano il lavoro”, ha commentato Maggi. L’azienda ha anche avviato programmi di formazione rivolti a installatori e distributori, adottando un approccio consulenziale e tecnico. “Il servizio è un pilastro importante, complementare all’alta qualità dei prodotti e fonda-
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Un parco fotovoltaico da 1 MW realizzato con sistema Conterra Tracker
Con un fatturato 2024 superiore del 15% a quello del 2023 sul mercato nazionale, Contact Italia si concentra su crescita internazionale e ottimizzazione della produzione
mentale per mantenere la fiducia dei partner aziendali”, ha aggiunto l’ad. Con un fatturato 2024 del 15% in più rispetto al 2023 sul mercato nazionale, Contact Italia sta concentrando i suoi sforzi sulla crescita internazionale e sull’ottimizzazione della produzione. “Questi elementi ci permetteranno di entrare in nuovi mercati con una gamma di soluzioni complete e tecnologicamente avanzate. L’obiettivo è raggiungere una posizione di rilievo nel panorama europeo del fotovoltaico, mantenendo al centro innovazione e sostenibilità”.
Per raggiungere questi traguardi
Contact Italia si impegna a usare solo materiali riciclabili e tecnologie innovative. “Vediamo nella sostenibilità un dovere verso l’ambiente e un'opportunità di crescita. Inoltre siamo impegnati a supportare le comunità locali, con programmi di responsabilità sociale e investimenti in progetti culturali ed educativi. Contribuiamo allo sviluppo della comunità e alla formazione dei giovani, offrendo opportunità di lavoro e cre scita professionale ai talenti locali”.
L’azienda ha ricevuto il premio Industria Felix, distinguendosi tra oltre diecimila società. Il premio, assegnato in collaborazione con Il Sole 24 Ore, è rivolto alle imprese che si distinguono nel panorama imprenditoriale italiano e uniscono solide performance economiche a un impatto positivo sulla società e sul territorio. “L'obiettivo del premio è promuovere una rete virtuosa tra imprese, istituzioni e università, valorizzando innovazione, crescita e sostenibilità. Questo riconoscimento sottolinea l'impegno dell'azienda verso l'innovazione e le buone pratiche aziendali”. F
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D'Aleo
Parlare chiaro
Younited vuole rendere comprensibile e trasparente l’accesso ai prodotti finanziari. sbarcata in italia nel 2016, ha già raggiunto numeri significativi nel nostro paese:
1,150 miliardi di euro di prestiti erogati e circa 240mila clienti attivi
AAiutare le famiglie europee a raggiungere il benessere finanziario, garantendo trasparenza, velocità e consapevolezza. È con questo obiettivo che, tra il 2009 e il 2011, è stata fondata in Francia Younited, banca che negli anni è arrivata a coprire oltre il 60% del mercato del credito europeo, grazie a una customer journey digitale e intuitiva che propone e semplifica ogni fase dell’iter per accedere al credito. “La nostra idea fondamentale è superare le complessità tipiche dei prodotti finanziari, garantendo chiarezza e comprensibilità”, dice Stefano Piscitelli, ceo di Younited in Italia, che ricorda un aneddoto che coinvolge uno dei due fondatori della banca. “Pur lavorando nel settore finanziario, non si era accorto di aver sottoscritto inavvertitamente un altro prodotto contestuale alla sua richiesta. Una situazione che spesso si verifica ancora oggi e che l’ha spinto a dar vita a una realtà capace di mettere al primo posto la trasparenza e di assicurarsi che il cliente comprenda fino in fondo il prodotto finanziario a cui accede”.
Partita nel 2016 in Italia da una stanza così piccola che i primi colloqui per ampliare il team si svolgevano in un bar nelle vicinanze, in otto anni Younited ha già raggiunto 1,150 miliardi di euro di prestiti erogati e circa 240mila clienti, divisi abbastanza equamente tra prestiti personali e rateizzazione di beni di consumo. Quest’ultimo aspetto non va confuso con lo strumento del ‘buy now pay later’, ancora non pienamente regolamentato. “Essere una banca vigilata dalle autorità nazionali
“Benessere finanziario non significa dare credito a tutti, ma anche saper dire no quando necessario. Dare un feedback negativo rapido e chiaro ha un valore inestimabile: risparmiare tempo ed evitare di sovraesporre il cliente finanziariamente è parte integrante della nostra mission”
ed europee assicura una maggiore tutela del cliente, evitando problemi di sostenibilità del debito e incentivando un utilizzo consapevole del credito”. In questa direzione, da maggio sarà possibile accedere su tutte le piattaforme online retail al servizio Younited Pay (già attivo in Francia e disponibile nel nostro Paese solo per i prodotti Apple), che permetterà di suddividere l’importo speso per un bene di consumo in più rate. “Come già successo in Francia, ci aspettiamo una spinta molto importante da questo servizio, perché, a differenza del buy now pay later, è ideale per sostenere i grandi importi e garantire così una rata sostenibile per il cliente”. La sostenibilità e l’educazione finanziaria sono altri punti focali dell’attività di Younited, in particolare in un paese come l’Italia, dove, secondo l’ultimo studio affidato da Amazon alla società di ricerca Swg, un cittadino su tre ha una scarsa consapevolezza dal punto di vista economico. “Benessere finanziario non significa dare credito a tutti, ma anche saper dire no quando necessario. Dare un feedback negativo rapido e chiaro ha un valore inestimabile: risparmiare tempo ed evitare di sovraesporre il cliente finanziariamente è parte integrante della nostra mission”, precisa Piscitelli.
Da sinistra a destra: Vittorio D’Alessio, Nicola Manzari, Alessia Genovese, Luca Faccini, Antonio Ruggiero, Ludovica La Morella, Domenico Petraroli
Non è tutto. In questi mesi la società sta lavorando per introdurre nuovi strumenti di gestione finanziaria personale. Tra questi c’è Younited Coach, un’applicazione di personal finance management che analizza le abitudini di spesa dell’utente, fornisce suggerimenti per migliorare il budget familiare e, grazie all’integrazione con i conti bancari, permette di visualizzare le spese ricorrenti, offrendo così una visione completa delle proprie spese e delle proprie finanze. Un servizio importante anche considerando il contesto macro-economico in mutamento, come dimostrano i tre recenti tagli dei tassi di interessi decisi dalla Banca centrale europea – a cui potrebbero aggiungersene altri nel 2025 – che riporterebbero il settore del credito verso
una nuova fase. Una fase di apertura, dopo la riduzione dei livelli innescata dalla repentina crescita del costo del denaro avviata nel 2022 durante la pandemia, quando i tassi erano di fatto azzerati. In questo senso, secondo Piscitelli, sono diversi i trend da tenere d’occhio quando si parla di credito. Tra questi, l’e-
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sigenza di maggiori investimenti in ambito green. Da qui la decisione di Younited di sottoscrivere una partnership con un’azienda produttrice di pannelli solari - che ha l’obiettivo di sostenere progetti di efficienza energetica - e, infine, le opportunità offerte dalla digitalizzazione, in particolar modo guardando alle richieste delle nuove generazioni che prediligono soluzioni full digital. “È un trend che vediamo in tutti i paesi in cui siamo attivi”. Secondo i dati Assofin, in Italia la penetrazione dell’online è molto bassa, al di sotto della soglia del 20%, “circa la metà di paesi come Francia e Spagna. Ciò significa che l’80% dei prodotti finanziari è ancora sottoscritto in maniera fisica. E siamo convinti che, anche grazie al Pnrr, questa percentuale crescerà sempre di più”. F
Un modello di holding per lo sviluppo globale
Hunix è una holding che integra molte aziende, anche di settori diversi, lasciando a ognuna l’autonomia gestionale. “Nel mio percorso ho capito che aggregare imprese in una strategia sinergica può essere una carta vincente”, dice il fondatore, Andrea Falamesca
Una sorta di unicum nel panorama imprenditoriale italiano. Hunix Group è una holding che integra varie aziende sotto il profilo amministrativo e organizzativo, lasciando però a ciascuna una propria autonomia gestionale.
L’idea è quella di giocare d’anticipo nei confronti di un mercato in costante evoluzione, in cerca di risposte a esigenze sempre
dagli eventi sportivi a marketing e comunicazione. Tutto grazie a un progetto ideato e tracciato da Andrea Falamesca, anche presidente della Cna di Roma Costruzioni, dopo aver acquisito esperienza all’interno dell’azienda di famiglia e della sua prima creatura, Great Building, che offre servizi a 360 gradi agendo anche da general contractor nel mondo delle costruzioni in tutta Italia.
vincente, considerando anche che di aggregazione d’impresa e crescita dimensionale in Italia si fa un gran parlare nell’ottica di una maggiore sostenibilità economica. L’obiettivo prefissato era quello di un’espansione territoriale, per la quale mi era parso necessario creare una struttura centralizzata che coordinasse l’attività, coinvolgendo più settori.
"Entro marzo 2025 la holding si arricchirà di altre due aziende, che operano nei settori degli impianti tecnologici e della comunicazione e che ci consentiranno di fare un ulteriore passo avanti"
più diversificate, nel nome della qualità e dell’eccellenza operativa e puntando a valorizzare i progetti che guardano innovazione, sostenibilità e crescita globale al centro dello sviluppo.
L’attività di Hunix spazia attraverso una pluralità di settori, che vanno dalle costruzioni alla progettazione di edifici e impianti civili, industriali e speciali, dalla produzione di birre artigianali e apertura di punti vendita food ai servizi amministrativi e contabili, dal franchising e b2b all’innovazione tecnologica, dall’incoming turistico alla gestione di b&b,
Come è nata l’idea di una holding che spazia dalla produzione all’erogazione di servizi attraverso settori anche piuttosto diversi tra loro? È il frutto della mia attività e della convinzione di poter interpretare così le richieste della committenza, che va alla ricerca di figure capaci di risolvere i problemi con tempestività e precisione. Nel mio percorso lavorativo ho operato in diversi ambiti e ho capito che aggregare varie aziende in una strategia sinergica può risultare una carta
Qual è il rapporto tra integrazione e autonomia di ogni azienda di Hunix?
Tutte le aziende che compongono Hunix sono da noi partecipate e interagiscono in un rapporto anche di circolarità, per le professionalità presenti e, quando possibile, per la fornitura di prodotti e servizi. Ciascuna, però, ha una propria organizzazione interna e know how specifici. Per i prossimi tre anni stiamo valutando l’acquisizione di alcune aziende rilevanti nel settore del food e dell’edilizia per poter ampliare
le competenze interne e l’offerta agli utenti. Ad esempio, entro marzo 2025 la holding si arricchirà di altre due aziende, che operano rispettivamente nei settori degli impianti tecnologici e della comunicazione, che ci consentiranno di fare un ulteriore passo in avanti.
Avete cominciato ad ampliare la vostra attività anche fuori dall’Italia. Quali sono le
prospettive?
Al momento la parte dedicata al food è quella con la più netta impronta internazionale, tanto che abbiamo già avviato un sistema di distribuzione verso vari paesi, pronti ad ampliare il mercato, per il momento in aree contigue all’Italia. Ci sono poi importanti prospettive di crescita economica e strutturale. Ad esempio prevediamo il passaggio
dalle attuali 61 persone tra dipendenti e collaboratori alle 120 del dicembre 2025. Sotto il profilo del fatturato consolidato contiamo invece di arrivare ai 25 milioni di euro entro dicembre 2026, per poi passare ai 50 milioni entro il 2030, in una scala di crescita oculata. L’anno prossimo presenteremo anche novità, ad esempio una società che sarà dedicata interamente all’area pet, cioè ai bisogni degli animali, con una serie di prodotti a nostro marchio. Nel food stiamo poi lanciando un nuovo marchio, Ready To Eat, per il quale siamo pronti ad aprire tre punti vendita a Roma e uno in Toscana entro giugno 2025.
Quanto è importante il tema della sostenibilità ambientale e sociale? Lavoriamo su un doppio binario, tra innovazione e attenzione a un’ottica green, secondo i criteri di sostenibilità ambientale dell’agenda 2030. Nelle nostre strutture ricettive, ad esempio, adottiamo già pratiche plastic free, con una grande attenzione alla fornitura di prodotti alimentari che guardano a una produzione sostenibile. Per quello che concerne l’edilizia, sui cantieri adottiamo un sistema di controlli e verifiche per minimizzare l’impatto sull’ambiente e salvaguardare i lavoratori, rispettando criteri di prevenzione vincolanti nell’ambito della sicurezza. Solo così, secondo noi, è possibile fare qualità, che è il vero strumento per una crescita consapevole.
n GOOD STORIES n di
Maurizio Abbati
Eleganza che non tramonta
Cilento dal 1780 è arrivata all’ottava generazione imprenditoriale. tra napoli e milano vende abiti, camicie, accessori, cappelli, scarpe e cravatte indossate da capi di stato, nobili e celebrità.
tutto nel rispetto delle tradizioni sartoriali, ma con uno sguardo sempre rivolto all’innovazione
CCilento dal 1780 è simbolo di eleganza e stile. È l’essenza della tradizione sartoriale napoletana, con una produzione artigianale di abiti e cravatte accompagnata da attenzione e cura verso il cliente. Una tradizione che si tramanda da 250 anni e otto generazioni della stessa famiglia di imprenditori. Oggi a guidare la maison è Ugo Cilento, che con passione e dedizione manda avanti l'azienda di famiglia che ha portato l’eccellenza napoletana nel mondo. Nelle due boutique di via Riviera di Chiaia a Napoli e di via Fiori Oscuri nel quartiere Brera a Milano i clienti sono accolti in un'atmosfera museale, tra arredi antichi e cimeli storici. Un viaggio nel tempo, attraverso abiti del Settecento e dell’Ottocento, colletti e polsini di età vittoriana, calzature d’epoca, campionari di tessuti antichi, manichini in legno antico, forme per le scarpe e per i cappelli, metri e portaspilli decorati. Una collezione che è stata anche protagonista di una mostra nella sala del plastico di Pompei, al Museo archeologico nazionale di Napoli. Cilento dal 1780 è, tra l'altro, inserita nel circuito di Museimpresa, associazione italiana archivi e musei d'impresa, nonché marchio storico di interesse nazionale.
Le due sedi Cilento sono collegate per offrire ai clienti la stessa esperienza fatta di eleganza e tradizione. “Milano
per noi è stata una scelta importante, da molto tempo richiesta dai clienti internazionali”, spiega Ugo Cilento, “ma realizzata solo quando ho trovato la sede giusta per un'azienda storica come la mia. Una sede prestigiosa e antica, che nel 1591 aveva ospitato la Spezieria di Brera e che ha visto
transitare personaggi come Alessandro Manzoni, Napoleone Bonaparte e Alessandro Volta. I clienti arrivano da ogni parte del mondo e si crea con ciascuno di loro un rapporto di fiducia e stima. Lavoriamo moltissimo con l’estero, attraverso un accurato servizio di assistenza telefonica e spedizioni,
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offrendo così attenzione massima al cliente, come se si trovasse in sede”. Le boutique sono affiancate dal Salotto Cilento, uno spazio ideato da Ugo Cilento e realizzato per promuovere incontri culturali basati sull’eleganza e l’eccellenza in tutte le sue forme. "Organizziamo dissertazioni, letture, degustazioni, momenti di solidarietà e incontri mondani, come nella migliore tradizione dei salotti di un tempo”.
La produzione Cilento spazia dalla sartoria alla camiceria, dalla cravatteria agli accessori, dalle scarpe ai cappelli. In particolare le cravatte Cilento sono tutte sette pieghe, rigorosamente realizzate a mano in ogni passaggio, con fantasie disegnate da Ugo Cilento, e sono riconosciute in tutto il mondo come simbolo di alta artigianalità napoletana. Sono indossate da capi di stato e di governo, personaggi della cultura, dell’aristocrazia e dello spettacolo.
“La nostra è una costante ricerca dei tessuti più esclusivi e pregiati, di mani esperte per la realizzazione dei singoli capi, di realizzazione di bozzetti da cui scaturiscono disegni unici. Tutto nel rispetto delle tradizioni sartoriali, ma con uno sguardo sempre rivolto all’innovazione e a un’accurata selezione del personale. È infatti importantissimo affiancare ai maestri artigiani nuove leve, giovani che devono prima di tutto avere pazienza e desiderio di acquisire una valida preparazione. Per fortuna negli ultimi anni c’è una rinnovata attenzione, da parte delle nuove generazioni, alla sartoria e all'artigianalità, cosa che può dare prospettive di affermazione e crescita, oltre che dare valore alla nostra storia”. Ugo Cilento è tra l'altro associato a Le Mani di Napoli, oltre che presidente de I Centenari - Associazione aziende storiche familiari italiane, che tutela e valorizza le aziende secolari e tutte le eccellenze del territorio, motivato da uno spirito di squadra e di salvaguardia di un patrimonio di tradizioni tutte italiane. F
n GOOD STORIES n di Marco Gemelli
Il Giappone in tavola
Classe ’95, NiColò Ribuffo ha Reso il suo loCale Sentaku Izakaya uNo dei
più iNteRessaNti Nel paNoRama NazioNale della mixology e della CuCiNa iNteRNazioNale
NNonostante non abbia ancora compiuto 30 anni, ha accumulato esperienza tra Londra e Tokyo, costruendo un know how internazionale che ha messo a frutto realizzando, a Bologna, il progetto Sentaku Izakaya, completamento del percorso iniziato in città nel 2017 con il Sentaku Ramen Bar. Quella di Nicolò Ribuffo è una storia imprenditoriale vocata all'ispirazione orientale, che oggi ha reso Sentaku – 'scelta', in giapponeseuno dei locali più interessanti nel panorama nazionale della mixology e della cucina internazionale. Classe ’95, Ribuffo si è trasferito a Londra dopo l’università, lavorando al Mandarin Oriental. Poi è approdato a Tokyo, dove ha perfezionato le sue abilità per lavorare nel campo del bartending all’interno del Ritz Carlton. Rientrato in Italia, ha voluto replicare il meglio di quanto appreso tra Inghilterra e Giappone. "Volevo un locale che fosse per tutti, come si addice a un'Izakaya, ma che avesse anche un tocco internazionale, per distinguerlo dalle altre proposte di questo tipo", spiega. "Credo che, per aprire un locale di successo, le cose più importanti siano una visione chiara e lungimiranza, per anticipare i gusti dei
clienti". È nato così in via Marchesana, nel centro di Bologna, il progetto Sentaku, realizzato insieme con Claudio Alessandro Musiani, che vuole offrire un viaggio nei più autentici sapori giapponesi. Il risultato è figlio di una lunga ricerca, dalle materie prime alle atmosfere da riproporre. Se bao e tebasaki sono piatti ormai noti, Sentaku ne offre altri meno conosciuti, come katsu sando, karifurawa o korokke. L’offerta si completa con una cocktail list che riflette la passione e la professionalità di uno staff che lavora per fornire un’esperienza autenti-
"Volevo un locale che fosse per tutti, ma con un tocco internazionale, per distinguerlo dalle altre proposte"
ca. I drink, realizzati con ingredienti importati freschi dal Giappone, sono caratterizzati dall’approfondita conoscenza delle tecniche di mixology. Al banco c’è il bar manager Giuseppe Vitello, autore di creazioni come il Nippo’s Champagne, tributo alla precisione orientale, capace di esaltare la qualità degli ingredienti e di incarnare l’essenza della filosofia della scelta. Ogni drink di Sentaku è presentato come un’opera d’arte: dai bicchieri eleganti alle guarnizioni, il minimalismo e l’attenzione al dettaglio richiamano le tradizioni orientali. F
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GOOD STORIES n di Marco Gemelli
Fuori dagli schemi
Dopo le prime esperienze nel settore legale, Beatrice cagnolati ha Deciso Di unirsi al team
Di una startup tecnologica, abbanDonanDo l'impostazione traDizionale per abbracciare il cambiamento
PParlare di Beatrice Cagnolati significa raccontare una storia di trasformazione professionale, da cui emerge l'importanza di essere aperti al cambiamento e abbracciare nuove sfide. Dopo una solida esperienza nel diritto tributario a Roma, nel 2021 Cagnolati si è unita a una startup tecnologica, dove ha potuto sviluppare nuove competenze, contribuendo alla crescita internazionale dell’azienda. La sua esperienza dimostra come il settore legale stia vivendo una profonda trasformazione e come l'innovazione e la capacità di adattarsi a nuove dinamiche sia fondamentale per il successo futuro dei professionisti del diritto.
Come è iniziata la sua carriera nell’ambito legale?
Venivo da un’esperienza all’interno di uno studio legale dove si operava in maniera tradizionale. Poi sono ritornata nella mia città natale, Parma, dove, oltre alla professione di avvocato, gestivo anche un’attività familiare, eppure sentivo di avere qualcosa di più da esprimere. Nel 2021 mi è stata proposta una collaborazione con una startup specializzata in servizi It e infrastrutture tecnologiche e non ci ho pensato due volte. Oggi mi occupo di contrattualistica e di consulenza in ambito di diritto del lavoro. Da subito sono stata coinvolta in ogni aspetto dell’attività e posso dire di svolgere la professione in un settore dinamico e stimolante.
Cagnolati
"L'impostazione tradizionale di molte realtà è troppo statica, specie davanti a tecnologie come l'IA"
Nel suo settore come è cambiato l’approccio alla professione con l’avvento delle nuove tecnologie?
L’impostazione tradizionale seguita da molte realtà del settore è troppo statica, soprattutto in relazione a tecnologie come l’intelligenza artificiale. In Italia
c’è ancora una certa reticenza a uscire dagli schemi, ma il contesto lavorativo attuale richiede un adattamento rapido e flessibile. Noi professionisti ci troviamo spesso a gestire molteplici aspetti in tempi sempre più stretti, ed è per questo che modalità alternative, come il lavoro da remoto, sono diventate essenziali. Se da un lato si risente della mancanza di relazioni interpersonali dirette, dall’altra abbiamo a disposizione strumenti che permettono di interfacciarsi in maniera rapida con l'interlocutore. Dobbiamo vedere questi dispositivi come un'opportunità per migliorare l’efficienza del servizio senza comprometterne la qualità.
Guardiamo all’evoluzione della sua professione. Oggi come si può lavorare bene in un team?
La professione di avvocato è tradizionalmente percepita come individualista: si studia e si costruisce la strategia da soli. Tuttavia, oggi valorizzare le individualità all’interno di un team porta a risultati di maggiore qualità. È quindi fondamentale proporsi, essere presenti in maniera determinante senza avere paura di esprimere la propria opinione. Nella società in cui collaboro siamo partiti con un team di due soci e oggi mi trovo a capo di una squadra dove condividiamo un obiettivo comune per raggiungere livelli di alta competenza. Anche in Italia si comincia ad avvertire un cambiamento, seppur graduale. Spero che prima o poi queste voci di rinnovamento vengano ascoltate. Nel frattempo, questo metodo è sicuramente lo strumento più efficace per affrontare le sfide con spirito di iniziativa e per reagire prontamente alle emergenze. F
n GOOD STORIES n di Alessandro Dall’Onda
Investitore per natura
RobeRto RiveRa si è costruito presto la fama di bambino prodigio dei derivati. dopo le esperienze in alcune delle più grandi società finanziarie al mondo, nel 2021 ha fondato Riv-Capital, che ha sede in lussemburgo e uffici a dubai
RRoberto Rivera , praticamente un banchiere prodigio. Ha fondato e dirige la sua Riv-Capital , con sede in Lussemburgo e uffici a Dubai, ma ha cominciato giovanissimo come trader di derivati ancor prima di laurearsi e poi insegnare all’Università di Bologna. Poi esperienze a raffica, guadagnandosi la fama di bambino prodigio per le sue abilità nei derivati in American Express Bank a Milano, Commerzbank e Dresdner Bank a Francoforte e Londra, con esperienze sia sui mercati del cosiddetto Club Med (Italia, Spagna, Portogallo, Grecia), sia su quelli emergenti, poi di nuovo in Italia a 29 anni a Banca Imi. Rivera si è distinto come uno dei più promettenti nel campo dei derivati soprattutto perché è stato tra i primi ad applicare i modelli di econophyisics. Dai 30 anni ha proseguito la carriera come investment banker, continuando però l’attività di trading esclusivamente con capitali propri all’interno di un comparto hedge segregato e dedicato, costruendo un track record di successi costan -
ti. È entrato nel 2003 in Lehman Brothers, dove è rimasto fino all’ultimo giorno, e nel 2007 ha ricevuto il prestigioso Big Deal Award per una storica operazione di cartolarizzazione di crediti sanitari, la più grossa di sempre in Europa, che riguardava il risanamento del debito sanitario della Regione Campania per un valore di 2 miliardi e 222 milioni.
Il 15 settembre 2008 è arrivato il default di Lehman e Rivera ha ini -
"L'architettura della finanza tradizionale è obsoleta e appannaggio di pochi, in un mondo che va verso la democratizzazione dell'informazione"
ziato a lavorare in proprio. Ma un paio di mesi dopo… “A novembre 2008 mi sono trovato coinvolto in un’indagine svizzera per reati finanziari, salvo poi esserne totalmente prosciolto in istruttoria 11 anni dopo”, racconta Rivera. “Come andò esattamente? È molto sem -
plice, la Aston Bank era la banca depositaria di un comparto di un hedge fund, dove avevo un comparto interamente dedicato a me, con i miei soldi dentro, e quando hanno indagato la banca per alcuni reati finanziari, facendola fallire - per poi finire in un nulla di fatto e tutti prosciolti, senza nemmeno celebrare i processi - mi hanno tirato dentro l’indagine, bloccato tutti i conti e impedito di lavorare, quando invece le verifiche sulle operazioni avrebbero potuto essere rapidissime, essendo tutte su derivati listati e registrati regolarmente in Stanza di Compensazione. Invece dopo 11 anni di calvario, finalmente il 6 maggio 2019 sono stato prosciolto in istruttoria da ogni singolo capo di imputazione per totale infondatezza delle accuse”.
Lasciamo da parte il passato e veniamo al presente. Lei viene definito come un trader prodigio. Perché?
Non faccio miracoli. C’è tanta passione, possiedo skill matematiche e statistiche su cui ho lavorato tanto e ci sono dei modelli e delle strategie quantitative di trading che nel lungo periodo hanno portato dei risultati certificati, consolidati, soprattutto su base costante, perché quando ottieni dei
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rendimenti a doppia cifra per 15 anni di seguito non può essere un caso e, soprattutto quando il livello di rischio e rendimento tocca determinate soglie, vuol dire che anche nello schema della scommessa il rapporto rischio-rendimento è ottimale. Detto in maniera semplice: se hai un rendimento del 20% con uno sharpe di 4, vuol dire che il rischio medio di 5 è remunerato mediamente almeno 4 volte.
Si percepisce che è un grande appassionato della finanza innovativa.
Sono un veterano della finanza tradizionale di formazione economica classica e quantitativa: non
per niente ho avuto dei docenti del calibro del professor Zamagni e del professor Lusignani. Tuttavia mi sono reso conto, avendo avuto anche parecchio tempo per studiare e per innovarmi, che i cripto-esaltati, a volte anche troppo esaltati, hanno in realtà fondato una tecnologia quasi fantascientifica, su presupposti effettivamente innegabili, come la blockchain.
Non è ancora troppo presto per un uso stabile della blockchain in finanza?
Dobbiamo convincerci che la blockchain sta alla finanza oggi come internet nel 2000 stava al commercio. Inoltre l’ambiente ge -
nerale in cui ci stiamo muovendo è di grande delusione verso le istituzioni bancarie, le banche centrali, i governi, le propagande asfissianti. Quindi la mia conclusione è stata che l’architettura della finanza tradizionale sicuramente è obsoleta e appannaggio di pochi, in un mondo che va verso la democratizzazione dell’informazione e delle conoscenze, e stride in particolar modo con la necessità che hanno sempre più persone di cercare tipologie di investimenti che permettano a tutti, anche quelli che possono risparmiare soltanto 50 euro alla settimana, di metterli a reddito. Ecco perché credo fermamente che le crypto rappresentino il futuro.
Però nell’immaginario collettivo, quando si parla di criptovalute, gli investitori storcono un po’ il naso.
È vero, possiamo parlare dei rischi di frode. Però le cripto rappresentano il futuro perché danno la possibilità prima di tutto a ogni singolo individuo di crearsi un salvadanaio e un reddito e soprattutto di pianificare in modo semplice il lungo periodo finanziario del suo risparmio, senza dover pagare commissioni a intermediari o advisor.
Come si è organizzato?
Immaginando il futuro in questa direzione ho disegnato e condiviso il progetto Riv, che oggi è un’azienda pienamente funzionante. Riv Technologies rappresenta la fintech che combina la finanza tradizionale con la finanza decentralizzata che si basa sulle tecnologie blockchain che non necessitano di terze parti, che si fondano sul coinvolgimento diretto di tutti i player e che ne garantiscono la sicurezza e l’onestà mediante dei meccanismi automatizzati e crittografici
che derivano principalmente dalla teoria dei giochi cooperativi. In altre parole i giocatori sono costretti dalla tecnologia sottostante a vigilare, garantendo che il consenso sia affidabile, quindi incaricandosi del peso del rischio e della responsabilità, anche in presenza di componenti che invece vogliono agire in modo fraudolento o fallimentare. Quindi è una tecnologia che risolve davvero i problemi più sentiti.
E questa tecnologia lei la vuole far conoscere con la Riv Academy.
Sì, assolutamente. La Riv Academy è basata sul metodo di insegnamento moderno. Siamo partiti dai tutorial per il Riv Wallet e per il Riv Coin e abbiamo poi concepito questo metodo di insegnamento molto più largo, moderno, mediante l’utilizzo di intelligenza artificiale per rendere i contenuti accessibili alle nuove generazioni a livello globale, sia in termini di costi, sia a livello di fruizione.
Come fate?
n GOOD STORIES n di Alessandro Dall’Onda
Ha fama di lupo solitario, ma quante persone lavorano insieme a lei?
A Dubai siamo una ventina. Siamo riusciti a mettere insieme una squadra incredibile: l’età media è 23-24 anni, sono tutti ingegneri, laureati in matematica. Il mio chief operating officer, Guido Rocco, insegna anche al Mit come learning facilitator. Abbiamo ingegneri aerospaziali, ingegneri elettrici, computer scientist. Siamo diversity oriented, ci sono nove-dieci diverse nazionalità che lavorano, tutti in pace, in armonia e in una
hanno sposato il progetto Riv fin dal primo minuto.
Oggi come è composto il gruppo? È diversificato in tre aree di azione: l’asset management, il permanent capital e il fintech, di cui vado particolarmente orgoglioso. Ho già distribuito quattro dividendi.
A proposito di fintech, ha parlato di Riv Wallet e Riv Coin. Cosa sono esattamente?
"Abbiamo sviluppato un modello di insegnamento che soddisfa le caratteristiche di apprendimento, in particolare nella generazione Z"
Abbiamo sviluppato un modello di insegnamento che soddisfa le caratteristiche di apprendimento, in particolare nella generazione Z, perché la loro capacità di concentrazione è sempre più intensa, ma anche breve. Significa che apprendono concetti sempre più complicati, sempre più complessi, ma soltanto quando sono forniti in modo stimolante, immediato, quando si riesce a incantarli. Nella sua formulazione di contenuti la Riv Academy già dall’inizio è visibilmente sorprendente per il suo fruitore. Riv sarà l’università della nuova finanza.
open-mindedness incredibile. Soprattutto lavoriamo concentrati, ma con tanta allegria e spirito visionario.
Da quanto tempo siete a Dubai?
La Riv è una holding lussemburghese nata a marzo del 2021, subito dopo il termine della vicenda giudiziaria a cui abbiamo accennato all’inizio. Sono riuscito a mettere insieme non solo le idee, ma il progetto, e finalmente ho fondato la Riv Capital Group, di cui oggi sono chairman e ceo, con il supporto di un club di investitori davvero incredibili: più di 30 persone che mi hanno immediatamente seguito e
Riv Wallet è un digital non custodial wallet che è stato concepito per essere utilizzato da tutti. È uno strumento semplice e immediato, compliant sia con tutte le normative europee che con quelle presenti in Medio Oriente. Tra l’altro la Riv Technologies è regolarmente vigilata e incorporata qua a Dubai, sotto la vigilanza di Vara, la Virtual Assets Regulatory Authority. È un wallet affidabile, semplice, decentralizzato e soprattutto self-custodial, e per chi volesse ci sono pure tutorial che passo a passo guidano l’utente nell’utilizzo. Riv Coin invece è la criptovaluta per definizione, vera cripto e vera valuta da spendere. Non a caso il white paper del Riv Coin è stato pubblicato su Arxiv della Cornell University, la piattaforma scientifica che pubblicò per prima il white paper di Satoshi Nakamoto sul Bitcoin. Riv Coin ristabilisce il concetto di gold standard e rivendica l’importanza che hanno le riserve, la solidità che deve essere la caratteristica principale delle riserve alla base di qualunque moneta. Inoltre rivendica anche che gli interessi che queste riserve producono devono poter essere distribuiti ai liquidity provider e in un modello diciamo deflazionario della moneta e non inflazionario. F
n GOOD STORIES n
di Roberto Pianta
Impatto ridotto
Contribuire alla transizione eCologiCa e promuovere l’eConomia CirColare sono gli obiettivi di CoCa-Cola HbC ItalIa. Come raggiungerli? attraverso investimenti e progetti ConCreti
IInvestire in sostenibilità, oggi, è indispensabile per rimanere competitivi sul mercato. Da oltre 20 anni Coca-Cola Hbc Italia, principale produttore e distributore dei prodotti a marchio The Coca-Cola Company in Italia, ha da tempo intrapreso un percorso per realizzare soluzioni in grado di ridurre l’impatto delle proprie attività sull’ambiente, contribuire alla transizione ecologica e promuovere l’economia circolare nei territori e nelle comunità in cui opera. Dal 2010 a oggi l’azienda ha investito mezzo miliardo di euro in sostenibilità. Un impegno concreto che mette al centro progetti e risultati misurabili. La riapertura del polo di Gaglianico, in provincia di Biella, è tra questi: un investimento di oltre 30 milioni di euro per realizzare un’eccellenza europea capace di trasformare fino a 30mila tonnellate di Pet all’anno in nuove pre-forme 100% Pet riciclato (rPet) a uso alimentare. Un’altra tappa importante di questo percorso è arrivata nel 2023, quando l'azienda è riuscita a convertire tutte le bottiglie di plastica (tranne tappo ed etichetta) del proprio portafoglio bibite in 100% rPet, raggiungendo in anticipo gli obiettivi europei di riciclo stabiliti dalla direttiva sulla plastica monouso per 2025 e 2030, confermati dalla proposta di regolamento sugli imballaggi e i rifiuti da imballaggio. L’impegno verso la sostenibilità si concretizza anche attraverso progetti come KeelClip, la tecnologia in carta riciclata dedicata alle confezioni
Lo stabilimento di Gaglianico
(Bi)
Coca-Cola Hbc Italia ha investito 30 milioni di euro per la riapertura del polo di Gaglianico
multiple di lattine e, negli ultimi anni, l’uso della sgrammatura del peso degli imballaggi: il vetro del 35,5% rispetto al 2016, il Pet del 21,9% rispetto al 2007 e le lattine in alluminio del 18,3% confrontato con il 2009.
L’azienda è consapevole anche dell’importanza di un uso responsabile dell’acqua. Coca-Cola Hbc Italia ha aderito alla certificazione volontaria Aws, che attesta l’uso responsabile della risorsa idrica da parte di tutte le fabbriche di produzione di bibite e di acque minerali di Fonti del Vulture, in provincia di Potenza. Tra le novità, la collaborazione per i prossimi dieci anni con il Consorzio di Bonifica Veronese per la creazione di un’area forestale di infiltrazione di 15mila metri quadrati nella zona di
Alpo, in provincia di Verona, sui quali il consorzio costruirà canali e piantumerà piante per favorire l’immissione d’acqua nel sottosuolo. In questo modo l’azienda intende contribuire a rivitalizzare il sistema delle sorgive, andando più che a compensare l’estrazione d’acqua della fabbrica di Nogara, sempre in provincia di Verona, la più grande in Italia e la prima in Europa per capacità produttiva del gruppo Coca-Cola Hbc. L’impegno ambientale di Coca-Cola prende forma anche nel Rapporto di Sostenibilità, quest’anno giunto alla 20esima edizione. Dal 2004, infatti, l’azienda racconta la propria visione a lungo termine e la determinazione ad affrontare le proprie sfide in chiave sostenibile. F
Forbes Italian Excellence è il progetto multimedia di Forbes Italia dedicato alla scoperta dell’imprenditorialità artigianale, agricola e del commercio.
Il progetto multimediale di Forbes Italia che celebra l’imprenditorialità locale, portando esperti e imprenditori a confrontarsi direttamente sui temi cruciali per il loro sviluppo, con un roadshow che toccherà le principali realtà produttive italiane. Nel 2025, il tour farà 10 tappe in tutta Italia coinvolgendo le principali associazioni di categoria.
A cura di Piera Anna Franini
SMALL GIANTS
Eccellenza da accarezzare
COMO È LA CAPITALE DELLA SETA DAL TEMPO DEI VISCONTI E DEGLI SFORZA. MANZONI SCRIVEVA DEI SUOI FILATORI SEICENTESCHI. OGGI LA CITTÀ È RESPONSABILE DELL’80% DELLA PRODUZIONE EUROPEA, CON UN DISTRETTO TESSILE DA 1.046 AZIENDE, 14MILA ADDETTI E UN FATTURATO DI 2,1 MILIARDI DI EURO
SMALL GIANTS
Da secoli Como è sinonimo di seta. Da quando i Visconti, ma soprattutto gli Sforza - in testa Ludovico il Moro -, fecero del Ducato il caput mundi nella produzione di broccati e sete pregiate. A suon di editti, tanta Lombardia, già vocata al tessile, venne convertita in filari di gelso per alimentare i bachi da seta. A questa lavorazione si affiancò quella del cotone giunto copioso dalle Americhe, in particolare durante la dominazione degli spagnoli, conquistadores del Nuovo Mondo. Fa fede il romanzo più lombardo che ci sia, I promessi sposi, che ha per protagonisti due filatori di seta; e un po’ tra le righe, altrove chiaramente, si allude alla crisi del tessile nella Lombardia ispanica del Seicento, mentre di là dall’Adda, con i veneziani, le cose andavano decisamente meglio, tanto che a Bergamo i lavoratori della seta erano accolti “a braccia aperte”. Di lì a un secolo avvenne una rimonta, con climax nelle terre di Como: per il 93% dedite alla bachicoltura, così come le manifatture di
vecchia data venivano via via sostituite da attività organizzate con criteri imprenditoriali e standard da prima rivoluzione industriale.
Oggi a Como fa capo l’80% della produzione europea della seta, biomateriale prodotto da insetti e ragni, dunque altamente sostenibile. Non c’è azienda, fra le 1.046 del distretto tessile, di cui 700 società di capitali, che si occupi in modo esclusivo di seta: non sarebbe praticabile. Ma una cosa è certa: “La seta circola nel sangue delle nostre aziende”, spiega Guido Tettamanti, segretario del gruppo filiera tessile della locale Confindustria. Imprese che occupano 14mila addetti, generano un fatturato di 2,1 miliardi di euro, il 20% del quale scaturisce proprio da questa fibra. Nel Comasco è presente l’intera filiera, fermo restando che è dagli anni Settanta, e più in generale da quando le filande hanno chiuso i battenti, che il filo di seta viene importato dalla Cina. Le ultime generazioni ignorano termini come bigàtt, cavalèe o gianin de seda, che stanno per baco. Stesso dicasi per bigatè, colui che riforniva gli allevatori delle larve appena nate.
“In Cina, al cospetto delle immense distese di bachicoltura, capisci che in Italia un’attività del genere è impensabile, per ragioni di spazio e costo della manodopera”
Come ci racconta Laura Sofia Clerici, presidente dell’Ufficio italiano seta e al timone della Teseo (con lei alla terza generazione), “quando sei in Cina, al cospetto di quelle immense distese di bachicoltura, capisci una volta per tutte che in Italia un’attività del genere è impensabile, per ragioni di spazio, ma anche per i costi della manodopera. Perché queste attività sono poco industrializzabili, chiedono tanta manualità. Pure in Cina, comunque, la bachicoltura sta migrando nelle aree dove il costo del lavoro è più basso”. Dalla Cina si importa il filato, così come “capita che le fasi di filatura possano essere svolte in Cina o nei paesi dell’Europa orientale, Romania in testa, ma tessitura, tintura, finissaggi e stampa sono appannaggio del distretto”. Il made in Como è assicurato dall’unica filiera serica nell’emisfero occidentale, dove sono presenti tutte le lavorazioni del ciclo della trasformazione della seta. “Nel nostro distretto”, continua Tettamanti, “non manca un solo anello della filiera, che si tratti di produzione di tessuto tinto in filo, pezza o stampato. A dire il vero, nell’ambito serico la nostra prerogativa è proprio lo stampato, esaltato dalla seta poiché più di tutte le altre fibre valorizza il colore”.
Le dimensioni delle aziende seriche, di cui solo quattro superano la soglia delle pmi, rischiano di farne vasi di terracotta costretti a viaggiare in compagnia dei vasi di ferro di Cina e Francia. Come tener testa a tali giganti? “Puntando sulla qualità assoluta, siamo famosi per questo nel mondo”, dice Clerici. “Consapevoli che operiamo per una nicchia altamente specializzata, dobbiamo puntare su tracciablità e sostenibilità, e comunicare tutto ciò, perché non basta fare. Esportiamo in ogni angolo del mondo, ma i nostri due mercati di riferimento sono Italia e Francia, culla dell’alta moda e dunque bisognosi di una qualità superiore”. In sintesi: un prodotto griffato in seta è fatto, nella maggior parte dei casi, con tessuto comasco. E non è infrequente che gli stilisti continuino ad avere un rapporto diretto con i fornitori di vecchia data: assieme hanno contribuito all’affermazione della moda italiana F
I maestri della SETA
COSETEX
Como contagia anche le aree limitrofe. E la lontananza dall’epicentro aguzza l’ingegno. A Medolago, in provincia di Bergamo, la famiglia comasca Mandelli è titolare di una delle aziende della seta più longeve d’Italia. Centoventi anni fa Silvio Mandelli iniziò a commerciare materiali in seta discontinua. Nasceva così Cosetex, oggi alla terza generazione, e con un tratto distintivo: acquista, lavora e fornisce la fibra in seta per chi produce filati anche in mista con altre fibre nobili, dalla lana a cashmere, alpaca, canapa, vicuna. Cosetex ha inoltre brevettato T.Silk, la prima imbottitura 100% in seta per abbigliamento e casa, con una linea di prodotti per il sistema letto seta (piumoni, topper, guanciali, federe, lenzuola).
SAATI
È la gigantessa del distretto, con il più alto fatturato, nonché unica a concentrarsi in modo esclusivo sul tessile tecnico anziché sull’abbigliamento. Crea tessuti tecnici di precisione partendo
da fibre sintetiche e prodotti chimici. Si va dai tessuti per la microfiltrazione a uso sanitario a elettronica di consumo, serigrafia e dispositivi per la sicurezza.
MANTERO
È stata fondata nel 1902 da Riccardo Mantero, che da Novi Ligure si portava a Como per comprare e rivendere tessuti. Partenza cauta, con appartamento al primo piano e sotto la bottega, e nel 1940 lancio di una tessitura industriale che - si narra - lavorava anche la seta per i paracadute. Ora Mantero tesse, tinge, stampa e confeziona tessuti, foulard, cravatte e altri accessori tessili in una struttura dove convivono diverse arti e professioni: la disegnatura, la coloritura, la stampa tradizionale a quadro, la stampa digitale, la tessitura, il finissaggio, l’orlatura e il controllo qualità.
RATTI
Fondata nel 1945, è oggi tra le più pregiate aziende nella produzione di tessuti stampati per abbigliamento, uniti,
tinti in filo e jacquard. Copre inoltre il segmento della cravatteria e della camiceria, il mare e l’arredamento. Gestisce e controlla l’intero ciclo produttivo: dall’idea creativa alla progettazione del tessuto, fino alla fase di nobilitazione. Dal 1989 è quotata alla Borsa di Milano e dal 2010 è nel gruppo Marzotto.
ACHILLE PINTO
Fondata nel 1933, Achille Pinto è una spa con quartier generale a Casnate con Bernate (Co) e altre otto sedi tra amministrative, operative e legali. Stamperia e magazzino sono a Casnate con Bernate, la tessitura a Colverde, mentre a Villaguardia c’è una sede di confezionamento. Nel Biellese vi sono un’orditura e una tessitura, più il magazzino dei filati cashmere. Pierre-Louis Mascia, brand del quale è socio di maggioranza, è presente in 400 multibrand e due monomarca, a Milano e Portofino, mentre i brand Franco Ferrari, al 100% di Achille Pinto, e Alonpi sono presenti in 150 multibrand ciascuno. F
I mezzi per crescere
Sinapsi, azienda del gruppo Morisco, è partner delle più grandi imprese nazionali di trasportatori. Il suo servizio di noleggio con autista garantisce continuità operativa per tutti i giorni dell’anno, anche in caso di imprevisti, con tempi di intervento molto rapidi
Un cambio di prospettiva nel mondo dei trasporti, un approccio innovativo e soprattutto flessibile nell’organizzazione del servizio di noleggio. L’azienda Sinapsi, divisione del gruppo Morisco, ha tradotto in pratica quel facility logistic concept che rappresenta una nuova strategia nell’organizzazione del trasporto. Così l’impresa milanese è passata da fornitore del servizio a partner per le aziende. Un punto di riferimento per i più grandi gruppi di trasportatori nazionali, che possono oggi contare su soluzioni logistiche nel segno dell’efficienza e dell’affidabilità.
Sinapsi è l'unica azienda in Italia ad aver introdotto un servizio di noleggio con conducente “smart e senza pensieri”, come amano ripetere in sede, a Cassano d’Adda. Il claim aziendale sottolinea le nuove frontiere che si sono aperte con questa novità: ‘We rent, we drive, you move!’. Il servizio prevede il noleggio mezzo con autista, assicurando il back-up. I clienti hanno quindi garantita una continuità operativa per tutti i giorni dell’anno. Niente imprevisti: vengono riservati veicoli e autisti pronti a intervenire in caso di sostituzione dei mezzi in servizio o di un’indisponibilità del conducente. I tempi d’intervento sono un punto di forza dell’azienda: Sinapsi è in grado di entrare in azione e risolvere entro 24 ore nel Nord/Centro Italia ed entro 48 ore nel Sud Italia. Compreso nel pacchetto il costante aggiornamento della flotta, con il rinnovo periodico dei mezzi e, soprattutto,
“Nel
nostro parco mezzi, abbiamo 100 trattori che saranno raddoppiati entro la fine del 2025. Il fatturato quest’anno sarà di 10 milioni di euro, che salirà a 25 l’anno prossimo"
una manutenzione ordinaria e straordinaria continua sui veicoli per assicurare ai clienti un servizio sempre efficiente.
L’impegno a ridurre l’inquinamento ambientale si traduce in un costante investimento per una logistica sempre più green: tutto questo grazie all’uso di veicoli di ultima generazione e di carburanti green. I mezzi di Sinapsi sono alimentati con il biocarburante hvo, che permette di ridurre le emissioni di CO2 dal 60% al 90% rispetto al gasolio fossile. Una garanzia, quindi, per una mobilità più sostenibile e responsabile.
“Scegliere automezzi più ecologici significa contribuire alla salvaguardia dell'ambiente, alla sicurezza energetica, al miglioramento della qualità dell'aria, dell'acqua e della salute: è un contributo per il nostro pianeta”, dice Christian Morisco, presidente di Sinapsi e del gruppo Morisco (nella foto con Pozzi Valentina moglie e vicepresidente). “I trasportatori che si affidano al nostro servizio si posizioneranno anche come aziende green verso i clienti finali, generando così percezioni positive e nuove opportunità di business”.
Il servizio assistenza ai clienti di Sinapsi è nel segno della proattività. Il customer service è sempre a disposizione per assicurare un alto livello di prestazioni e soluzioni logistiche, per fornire informazioni e soddisfare ogni necessità, nell’ottica di un pronto intervento per la risoluzione dei problemi. Il servizio, per calarsi al meglio
in qualsiasi realtà imprenditoriale e massimizzare i risultati, si presta a essere modulato e personalizzato in base alle necessità dei clienti, per assicurare una risposta efficiente e tempestiva a richieste specifiche. Ogni sei mesi viene condiviso un report sull’andamento del servizio, che sviscera gli eventuali punti deboli del cliente. L’obiettivo è migliorare l’efficientamento e ottimizzare l’attività per renderla ancora più performante.
Sinapsi è quindi un partner fidelizzato per lo sviluppo dell’attività economica del cliente, che può così migliorare il proprio business investendo tempo ed energie nell’espansione del proprio portafoglio clienti o dedicando le proprie risorse agli investimenti immobiliari.
La novità introdotta da Sinapsi nel mercato ha avuto risultati significativi.
“Oggi Sinapsi ha 100 trattori nel proprio parco mezzi, che saranno raddoppiati entro la fine del 2025. Il fatturato 2024 sarà di 10 milioni, che diventeranno 25 nel 2025, mentre i dipendenti, tra autisti e uffici, sono 150”, aggiunge Morisco.
La sede centrale di Cassano d’Adda è uno spazio multifunzionale dedicato a
carrozzeria, deposito e uffici per circa tremila metri quadrati, con quattromila di parcheggio mezzi pesanti. Inoltre l’azienda ha una filiale adibita a parcheggio mezzi pesanti di cinquemila metri quadrati a Brignano di Gera d’Adda. “In abbinamento alla crescita aziendale e
del parco veicolare, stiamo ultimando la costruzione di nuovi uffici presso la sede centrale e stiamo progettando un’area di 25mila metri quadrati con officina meccanica dedicata al parco veicolare, al lavaggio veicoli e, ovviamente, al parcheggio mezzi pesanti”.
TRAVEL
di Penelope Vaglini
UN SECOLO IN VIAGGIO
IIn un’epoca in cui il viaggio era riservato a pochi privilegiati, nasceva Turisanda 1924, destinata a diventare il brand più longevo del turismo italiano. Fondata a Milano nel 1924, l’azienda era un salotto d’élite in cui scambiarsi visioni e consigli su mondi lontani e culture diverse, che ha sempre avuto l’ambizione di rendere il mondo più accessibile, organizzando spedizioni che hanno portato i viaggiatori a scoprire terre lontane e culture affascinanti. Le prime avventure includevano tour in Africa e in Oriente, offrendo esperienze uniche per l’epoca, quando l’esplorazione era sinonimo di scoperta.
“Il marchio ha vissuto profonde trasformazioni nel tempo, mantenendo il suo prestigio e la capacità di servire un cliente esigente, non solo alla ricerca dei servizi più esclusivi, ma anche di luoghi esotici, popoli e culture diverse”, racconta Pier Ezhaya, general manager tour operating di Alpitour World. “Turisanda 1924 è stata pioniera negli anni ’20 del secolo scorso e ha sempre mantenuto questa indole. Oggi può contare sul supporto del più grande player italiano, Alpitour World, che le assicurerà i migliori investimenti per proseguire il suo cammino”.
Nel tempo il brand ha saputo evolversi, rispondendo ai cambiamenti del settore e ai nuovi desideri dei viaggiatori. Negli anni ’50, con l’avvento del turismo di massa e dei voli commerciali, ha ampliato le sue offerte, introducendo mete come l’America e l’Asia. “Abbiamo sempre cercato di anticipare le tendenze, offrendo viaggi che permettessero di esplorare il mondo in modo autentico”, continua Ezhaya. Negli anni ’80 e ’90 il concetto di viaggio è cambiato ancora: le persone cercavano
esperienze personalizzate e Turisanda 1924 ha risposto con proposte su misura, diventando pioniera del turismo esperienziale. “La nostra forza è stata la capacità di adattarci alle richieste del mercato, mantenendo sempre al centro il cliente e la sua voglia di scoprire”. Oggi il brand conserva la sua allure raffinata, proponendo viaggi esclusivi in un contesto in cui il lusso si traduce nella possibilità di vivere esperienze autentiche attraverso la scoperta di nuove culture e l’incontro con le popolazioni locali, per conoscerne e osservarne usi e costumi, senza rinunciare a servizi distintivi. Tra le proposte ci sono soggiorni in lodge immersi nella natura per vivere avventure senza rinunciare al comfort, oppure pernottamenti in bubble room sotto cieli stellati. L’offerta include soggiorni in ryokan giapponesi, che permettono di sperimentare l’ospitalità tradizionale del paese tra tatami e onsen, garantendo un’immersione nella cultura locale. “Oggi un viaggiatore non si accontenta più di vedere i luoghi, ma vuole entrare in contatto con il territorio, con le persone, con la cultura e le tradizioni locali. Un buon esempio a cui tutti dovrebbero guardare in questo periodo di incomprensioni sociali e guerre”, prosegue Ezhaya. “Alpitour World, aggiornando la sua immagine e le sue proposte per renderle contemporanee, ha rivalorizzato la sua missione primaria, quella di rivolgersi a viaggiatori veri e non solo a clienti”.
Il futuro del brand è orientato quindi a offrire non solo viaggi, ma esperienze. “In questo mercato travolto dalla tecnologia e
La riserva naturale di Kagga Kamma, in Sudafrica.
“Se visito il tempio di Sukhotahi, in Thailandia, al tramonto, quando il parco archeologico è chiuso, quanto vale questa esperienza?”
dall’intelligenza artificiale, è necessario sviluppare e valorizzare il tocco umano. Turisanda 1924 vuole stimolare i sensi e il cuore delle persone, consegnando loro esperienze impossibili da dimenticare, facendo vivere i luoghi più famosi in un modo alternativo. Se un viaggiatore deve visitare il tempio dell’antica capitale della Thailandia, Sukhotahi, e invece di farlo travolto dalla ressa lo fa al tramonto, quando il parco archeologico è chiuso, e vede queste meraviglie con pochissime persone, dopo aver sorseggiato un aperitivo, quanto vale questa esperienza?”. Tra le offerte più esclusive di Turisanda 1924 ci sono l’incontro in Sudafrica con Christo Brand, ex guardia carceraria e amico di Nelson Mandela, l’aperitivo al tramonto all’interno di una capsula del Singapore Flyer, l’ingresso al Madison Square Garden due ore prima dell’inizio di una partita dell’Nba per vedere il riscaldamento delle squadre da bordo campo e la possibilità di dormire dentro il Kruger National Park, in Sudafrica, in un treno d’epoca ex-
tralusso posizionato sullo storico ponte di Shalati. O ancora i viaggi avventura in Islanda, con esplorazioni di ghiacciai e vulcani, i ritiri olistici in Thailandia, pensati per chi vuole rigenerarsi con sessioni di yoga e meditazione. Un altro aspetto su cui l’offerta del brand pone attenzione è la sostenibilità. “Ci impegniamo a rispettare e valorizzare i territori che visitiamo, collaborando con partner locali che condividono i nostri valori, perché la sostenibilità sociale è importante tanto quanto quella ambientale”, dice Ezhaya. Per celebrare il centenario Turisanda 1924 ha lanciato il coffee table book Signature, once in a lifetime, ricco di itinerari spettacolari che molti viaggiatori hanno sperimentato con la passione e la curiosità che hanno sempre caratterizzato il brand. “Il nostro obiettivo è continuare a crescere, offrendo viaggi sempre più personalizzati e coinvolgenti, che rispondano alle aspettative di chi sceglie di girare il mondo con noi. Oggi il viaggiatore più sofisticato non vuole dire ‘sono stato in quel posto’, ma ‘ho vissuto quell’esperienza incredibile’. Ecco perché non vediamo l’ora di esplorare insieme il prossimo secolo di avventure”. Così Turisanda 1924 non si limita a guardare al passato, ma progetta il futuro con viaggi sartoriali per chi vuole vivere il mondo senza compromessi. F
di Camilla Rocca
Scendere in campo
Dopo anni di assenza, I Grandi Viaggi torna nelle piazze per iGV Travel Academy, un road show in 18 tappe per incontrare, formare e fidelizzare gli agenti
IIn un momento storico in cui è sufficiente avere un cellulare, un profilo social e qualche dote organizzativa per definirsi tour operator, chi questo lavoro lo esercita da decenni deve stare al passo con i tempi. È una questione di sopravvivenza: aggiornarsi o chiudere. Questo indispensabile aggiornamento deve essere veloce e ben focalizzato. Ne è consapevole I Grandi Viaggi, storico tour operator italiano che, a ottobre, ha rilanciato, dopo anni di assenza dal circuito, la iGV Travel Academy, road show in 18 tappe che segna il ritorno dell’azienda nelle principali piazze italiane, da nord a sud, con un obiettivo definito: incontrare, formare e fidelizzare gli agenti di viaggio.
Per loro - professionisti che più di altri hanno sofferto la digitalizzazione - è stata pensata e resa operativa la nuova piattaforma di prenotazione Tep (Travel Easy Planner), portale che in pochi clic
“Vogliamo dimostrare che l’azienda
permette di selezionare e vendere ogni tipo di pacchetto di viaggio. Poiché però non si può più sfuggire alla richiesta di esperienza e di personalizzazione, questi template, come li chiamano gli addetti ai lavori, sono modificabili sulla base delle esigenze dei viaggiatori, che si tratti di una famiglia, di una coppia o di una sola persona. “L’obiettivo è dimostrare che l’azienda è in piena trasformazione digitale, ma vuole conservare la qualità delle sue tradizioni”, spiega Corinne Clementi, ad e vicepresidente de I Grandi Viaggi. “Oltre alla piattaforma online, continuiamo a stampare e distribuire cataloghi cartacei alle agenzie partner, proponendo itinerari imperdibili, come i viaggi negli esclusivi iGV Club: il Blue Bay di Watamu in Kenya, il Dongwe Club a Zanzibar e il Côte d’Or alle Seychelles”.
è in piena trasformazione digitale, ma conserva le sue tradizioni”
La Cina è uno dei mercati a cui I Grandi Viaggi guarda con più interesse.
Secondo pilastro di questa academy itinerante sono le novità di prodotto. Le proposte per il 2025 spaziano dagli Stati Uniti all’Africa, ma sono perlopiù centrate sull’Oriente. C’è un focus sulla Cina, dove non c’è mai stata un’esplosione del turismo italiano, sia a causa della lontananza geografica che per ragioni di appeal dell’offerta di viaggio e difficoltà di comunicazione con i fornitori locali. I due tour disegnati, Lanterne Cinesi e Splendori Imperiali, promettono un mix bilanciato tra attrazioni popolari, come la visita alla Grande Muraglia, ed esperienze di nicchia, tra cui la scoperta della contea di Yangshuo. Anche nel caso di mete più gettonate, come il Giappone, le proposte sono formulate per sfuggire, laddove possibile, al turismo di massa: invece dell’inflazionata Kyoto, per esempio, chi partirà potrà godersi la cerimonia del tè a Uji.
Infine, la fidelizzazione delle agenzie. Anche in questo caso l’approccio è personalizzato: “Ultimo obiettivo dell’academy”, conclude Clementi, “è discutere con le agenzie di contratti personalizzati, cercando di aumentare la gratificazione, in termini sia economici che di servizio, verso i partner che più si dimostrano interessati a lavorare con I Grandi Viaggi”. F
di Antonio Leggieri
Alta qualità ad alta quota
Fly Free Airways, fondata dall’imprenditore seriale Francesco D’Alessandro, è una pmi che si occupa di voli per privati, aziende e operatori turistici b2b in cerca di servizi esclusivi
NNato a Napoli nel 1972, ma torinese d’adozione, Francesco D’Alessandro può essere definito un imprenditore seriale. Fondatore di diverse aziende nei settori comunicazione, marketing, bancario-assicurativo e sanità, è anche investitore attivo in mercati strategici, come quello dell’aeronautica. Il suo ultimo progetto, Fly Free Airways, è una pmi innovativa che ha già conquistato una posizione di rilievo nel panorama europeo. Specializzata in viaggi di lusso, voli privati, business travel management, cargo e trasporti sanitari, offre un servizio su misura e all-inclusive, pensato per semplificare la vita ai clienti. “Il nostro obiettivo è fornire un’esperienza personalizzata e di alta qualità, che riduca tempi, costi e stress”, spiega D’Alessandro. La clientela di Fly Free Airways include privati, aziende e operatori turistici b2b, tutti accomunati dalla ricerca di servizi esclusivi. “La rapidità con cui organizziamo i viaggi, la varietà di jet, l’esclusività, la privacy e la sicurezza sono elementi che
ci contraddistinguono. I nostri clienti beneficiano di una Business Platinum Card che offre accesso a lounge dedicate, servizi vip di concierge, assistenza prioritaria 24 ore su 24 e un programma di fidelizzazione con cashback che può arrivare fino al 100% in base alle miglia volate. A tutto questo si aggiunge il nostro impegno per l’ambiente: ogni volo include la compensazione delle emissioni di carbonio, sostenendo progetti che contribuiscono alla riduzione dell’inquinamento globale”.
Punto di forza di Fly Free Airways è il robusto network personale del fondatore, composto da investitori e modellato su collaborazioni strategiche. L’azienda è membro attivo dell’Unione Industriale del Piemonte e dell’Emilia e ha consolidato partnership internazionali che ne potenziano l’offerta e la qualità dei servizi. Tra le sue iniziative spicca la sponsorizzazione del Campionato Italiano di Rally Cross, in collaborazione con Sport Motors Management di Valentino Giorgi, e il supporto alla Barca 88 nel Campionato Mondiale Offshore XCat, con finale il 14 dicembre a Dubai. Fly Free Airways partecipa anche a importanti fiere internazionali, tra cui quelle dei cavalli a Verona, Parigi e Riad, ed è socia dell’Associazione Progetto Aeroporto di Roma Frosinone (Aparf) e Sviluppo del Basso Lazio. “L’operazione con Aparf”, conclude D’Alessandro, “è parte di una visione globale che creerà nuove opportunità per il territorio frusinate, favorendo la collaborazione tra operatori locali e attori chiave del comparto turistico-ricettivo. In un prossimo futuro mi immagino questo aeroporto come uno dei fulcri dello sviluppo economico e turistico del Lazio”. F
di Penelope Vaglini
Oltre l’evasione
Le vacanze non servono più solo a fuggire dalla routine quotidiana, ma sono anche occasioni per vivere esperienze di benessere e cura di sé. Per questo nel 2025 Blu Hotels inaugurerà la nuova offerta Beauty e Wellness Experience
BBlu Hotels, gruppo alberghiero italiano del turismo leisure, vuole rispondere ai nuovi bisogni e desideri di chi sceglie le sue strutture. Oggi la concezione di vacanza è cambiata profondamente: non si tratta più solo di un’evasione dalla routine quotidiana, ma di un’opportunità per vivere esperienze che favoriscano il benessere e la cura di sé. In quest’ottica nel 2025 il gruppo inaugurerà una nuova offerta di benessere chiamata Beauty e Wellness Experience, progettata per offrire molto più di una vacanza. Il programma si concentrerà sulle ultime tendenze nel settore del benessere e della bellezza, con un’attenzione speciale ai prodotti naturali e all’equilibrio tra corpo e mente. In linea con l’affermazione di Coco Chanel, secondo cui “la bellezza inizia nel momento in cui de-
cidi di essere te stesso”, il progetto punta a promuovere un concetto di bellezza autentica e consapevole, integrando esperienze che promuovano l’armonia interiore attraverso la cura di corpo e spirito.
“Negli ultimi anni abbiamo osservato quanto le richieste di chi soggiorna negli hotel stiano cambiando. Al centro non ci sono più solo la fuga dalla routine o il relax, ma la ricerca di esperienze di benessere e il recupero dell’equilibrio psico-fisico”, dichiara Manuela Miraudo, marketing & events manager di Blu Hotels. “Consapevoli di questo cambiamento e desiderosi di continuare a soddisfare appieno le aspettative dei nostri ospiti, abbiamo deciso di evolverci insieme a loro, per trasformare ogni soggiorno in un’esperienza emozionale”. Le spa di Blu Hotels sono spazi in cui ogni dettaglio è studiato per stimolare la mente e il corpo, in cui il concetto di wellness si estende oltre il trattamento estetico, per diventare una filosofia di vita.
Tra le strutture di punta che concentrano l’offerta sul mondo leisure, vale la pena di menzionare il Linta Hotel Wellness & Spa, sull’Altopiano di Asiago. La Five Senses Wellness & Spa dell’hotel è un luogo dove risvegliare i sensi tra colori, suoni e fragranze, con trattamenti studiati per rigenerare corpo e mente. L’area wellness rappresenta un’eccellenza, con oltre duemila metri quadrati dotati di piscina interna, saune, bagno turco, cascata di ghiaccio e docce emozionali. Le zone relax e la tisaneria fanno da corollario ai trattamenti, insieme all’area fitness attrezzata con macchinari all’avanguardia. Inoltre una vasca riscaldata esterna offre una vista sull’altopiano e completa l’offerta benessere, insieme a un’area naturista interna con due saune, bagno turco, stanza del sale, jacuzzi, docce e area dedicata al rilassamento. Per chi è alla ricerca di una connessione con la natura, il Blu Hotel Acquaseria, nel cuore delle montagne dell’Adamello, è la meta ideale. La My Acquaseria Wellness & Spa è un’oasi di tranquillità, dove il paesaggio diventa parte integrante dell’esperienza. Il centro benessere è dotato di una piscina interna ed esterna con idromassaggio, saune, un bagno turco, docce emozionali e una cascata di ghiaccio che stimola la circolazione, contribuendo a rinnovare l’energia. Ogni angolo della spa è progettato per favorire il rilassamento completo e il contatto con la natura amplifica l’efficacia dei trattamenti, offrendo un’esperienza che va oltre la cura del corpo.
“Per continuare a soddisfare appieno le aspettative dei nostri ospiti, abbiamo deciso di evolverci insieme a loro, per trasformare
Il Blu Hotel Natura & Spa di Folgaria (Tn), con la My Vitalis Wellness & Spa, è la struttura del gruppo che incarna un’idea di wellness olistico e personalizzato. Pensato per offrire a ogni ospite un percorso sensoriale su misura, il centro conta su trattamenti e servizi che vanno dalle piscine interne ed esterne con idromassaggio alle saune, di cui una dedicata esclusivamente alle donne. La spa offre trattamenti estetici pensati per chi cerca un’azione rigenerante, una pausa di puro relax o un’esperienza mirata per la cura del corpo. A queste strutture dedicate al benessere si aggiunge una delle ultime acquisizioni di Blu Hotels, l’Artnatur Dolomites Hotel & Spa all’Alpe di Siusi, un luogo che incarna l’unione di natura, comfort e relax, garantito anche da una piscina interna riscaldata e da una vasca idromassaggio integrata. Una grande facciata panoramica in vetro porta la natura dentro la Alpine Spa & Beauty, mentre la piscina esterna di acqua salata, delicata sulla pelle e adatta a chi soffre di allergie, è riscaldata con energia solare e offre agli ospiti bagni rinfrescanti durante la stagione estiva. È proprio in queste strutture che, a partire dal prossimo anno, con le Beauty e Wellness Experience, i team delle spa di Blu Hotels offriranno agli ospiti momenti di rigenerazione per mente e corpo, nella convinzione che il viaggio possa rappresentare un’occasione per scoprire se stessi. L’intento è creare un ambiente che trascenda il quotidiano, invitando a fermare il tempo. F
di Penelope Vaglini
Una nuova Palermo
Per la prima volta Villa Igiea, struttura della Rocco Forte Hotels nel capoluogo siciliano, rimarrà aperta tutto l’anno. E offrirà la possibilità di vedere la città in modi diversi: dall’alto, oppure immergendosi nelle atmosfere Belle Époque
L’L’inverno a Villa Igiea di Palermo si trasforma in una stagione ricca di atmosfere d’altri tempi. Dimenticate i luoghi comuni sul freddo: qui il calore della Sicilia accompagna tra serate d’arte e musica. Per la prima volta Villa Igiea, una perla della catena Rocco Forte Hotels, rimane aperta tutto l’anno, offrendo a chiunque voglia scoprire le bellezze di Palermo un rifugio raffinato. E così la capitale della Sicilia Orientale, fuori stagione, rimane meta anche per il soggiorno invernale. Immaginate di vedere Palermo dall’alto, di sentirvi sospesi nel cielo a bordo di un Piper, lasciandovi incantare dalla costa siciliana. Oggi è possibile: l’esperienza Palermo in Piper è offerta in collaborazione con Le Vie dei Tesori, un festival che mette in rete il patrimonio artistico
italiano, e permette di vivere il capoluogo siciliano in un modo unico. Il viaggio comincia con una visita all’antico hangar dell’aeroporto di Palermo, creato da Vincenzo Florio per promuovere l’aviazione di inizio Novecento. Un filo lo lega a Villa Igiea, l’amata dimora di Ignazio Florio, suo fratello e altra icona della famiglia che ha portato Palermo a confrontarsi con le principali città europee dell’epoca. Ecco quindi la possibilità di entrare in contatto con le radici storiche di Palermo, apprezzando la storia dell’aviazione dell’isola, in un luogo che racconta una Sicilia moderna, all’avanguardia e intraprendente. Saliti sul Piper, ci si stacca dal suolo per un volo di 20 minuti.
Per chi ama l’arte, Villa Igiea ha organizzato una collaborazione con il Teatro Massimo di Palermo, simbolo della cultura e dell’architettura siciliana e fortemente sostenuto dalla famiglia Florio. Così il più grande edificio teatrale lirico d’Italia e uno dei più grandi d’Europa (terzo per grandezza architettonica dopo l’Opéra National di Parigi e la Staatsoper di Vienna) racconta lo storico legame con lo stile Liberty e l’architetto Ernesto Basile, oltre alla Belle Époque (i Florio sono i maggiori rappresentanti di quella che fu l’intellighenzia palermitana). Villa Igiea e il Teatro Massimo si uniscono per offrire una stagione culturale unica:
Villa Igiea collabora con il Teatro Massimo di Palermo, il più grande teatro lirico d’Italia
gli ospiti potranno vivere serate indimenticabili in un’atmosfera che richiama i fasti dei Florio, promotori di un’eleganza senza tempo. Come novità esclusiva per la stagione, si potranno visitare anche i laboratori scenografici del teatro, dove le semplici strutture prendono forma sotto la mano degli artisti.
Ma l’inverno a Villa Igiea è anche la riscoperta di una Palermo intima, senza le frotte di turisti. Villa Igiea ha creato l’itinerario Sicilian Matriarchy, un omaggio alle donne che hanno fatto gran-
de la città, ispirato a Franca Florio, moglie di Ignazio e donna di rara bellezza e intelligenza, tra le figure più carismatiche della Belle Époque siciliana. Il percorso si snoda in cinque tappe che permettono di scoprire Palermo da un punto di vista inedito. La prima tappa è alla Fondazione Federico II, dove gli ospiti potranno ammirare il Palazzo dei Normanni e la Cappella Palatina, esplorando le storie delle quattro Costanza, nobildonne siciliane che ispirarono persino Dante Alighieri. La seconda tappa porta in un piccolo atelier artigianale, dove Carolina Guthman, una moderna matriarca siciliana, ha riportato in vita la tradizione del ricamo locale, attraverso un approccio sostenibile e innovativo. La terza tappa offre un cambio di scenario e si trasforma in una serata speciale, con un concerto esclusivo di musica da camera, tenuto in uno splendido palazzo in stile Liberty. Qui il pubblico può respirare la vi-
vacità della Belle Époque grazie a quattro giovani artiste che hanno trasformato questo luogo in un’accademia d’arte. La loro vivacità e il loro talento fanno rivivere lo spirito delle serate palermitane di inizio Novecento, tra cultura e mondanità. Nella quarta tappa si torna alla natura, immergendosi nel Giardino Botanico del Duca di Serradifalco. Guidati da una giovane principessa e custode del giardino, si passeggia tra alberi secolari e piante rare, in un paesaggio che racconta una storia antica e in un’atmosfera d’altri tempi. La vista dei ficus maestosi e delle magnolie centenarie trasporta in un viaggio senza tempo, dove il fascino della Sicilia si mescola alla tranquillità della natura. La quinta e ultima tappa è un tributo a donna Franca Florio: gli ospiti possono rivivere le atmosfere della Belle Époque direttamente a Villa Igiea, la casa palermitana che la stessa Franca Florio ha abitato e dove ha ospitato artisti e personalità internazionali. Qui si chiude un viaggio che è una celebrazione dell’eleganza e del gusto, immersi nella bellezza della Trinacria. Ogni angolo, ogni sala, ogni arredo è testimonianza di un’epoca di sfarzo e cultura che Villa Igiea continua a mantenere viva per i suoi ospiti. F
di Antonio Leggieri
Sempre più avanti
Nicolaus è cresciuta ininterrottamente negli ultimi dieci anni, a eccezione del biennio della pandemia.
Ora si prepara ad aprire tre nuove strutture di lusso in Sardegna e Calabria
UUna nuova sede istituzionale a Roma, nella centralissima via del Tritone. Poi la trasformazione in SpA, per supportare la crescita di un fatturato che - se si esclude il biennio pandemico 2020-21 - è in aumento costante dal 2014 e dovrebbe assestarsi quest’anno sui 170 milioni di euro. Infine le novità relative al prodotto: la conversione in cinque stelle di tutte le camere del Resort Valtur di
Cervinia e l’apertura di tre nuovi resort di lusso in Sardegna e Calabria, che permetteranno di rafforzare l’offerta in Sud Italia. Se fossimo in una contrattazione di Borsa, gli operatori direbbero che il gruppo pugliese Nicolaus ha un ‘bullish outlook’: è cioè un’azienda che mostra una proiezione positiva e offre aspettative di ulteriori guadagni e crescita.
“L’incremento del turismo, soprattutto nel Meridione, è per noi un’ottima notizia, ma stiamo lavorando anche per potenziare la nostra presenza internazionale”, dice il presidente, Roberto Pagliara, che dal 1993 si spartisce le responsabilità dirigenziali con il fratello Giuseppe, ad del gruppo di tour operating e dell’hospitality. “Oggi gestiamo 3.500 camere, l’85% delle quali è venduto dalle agenzie di viaggio. Ecco perché vogliamo assumere nuove persone: abbiamo bisogno di sostenere un canale importante come quello del trade”.
Quest’anno Nicolaus ha puntato molto sul prodotto, con investimenti che hanno permesso al Valtur di Cervinia di elevarsi al vertice della gamma dell’accoglienza alberghiera. “Le nostre tre nuove strutture saranno invece operative a partire dalla primavera dell’anno prossimo”, dice Pagliara. Ci sono il Nicolaus Club Li Cucutti a Budoni (Sassari), 120 camere ristrutturate con vista spiagge di sabbia della Gallura, e il Nicolaus Prime Villas Resort a Castiadas, nel sud della Sardegna, meta di ospiti alla ricerca di privacy e relax. Sarà poi il turno del Valtur Maritim Resort a Villapiana Scalo, sulla costa ionica cosentina, che permetterà di indirizzare un costante flusso turistico in una meta, la Calabria, ricca di spunti ancora da scoprire. Un altro capitolo importante è la digitalizzazione. La marketing automation, fondamentale per un business che deve gestire decine di migliaia di prenotazioni, si sta combinando con l’intelligenza artificiale, permettendo una gestione più precisa e personalizzata delle richieste. I tour operator sono però figli dell’era pre-tecnologica e non dimenticano alcune pratiche del passato, reinventate per stare al passo con i tempi. Di Valtur - marchio acquisito da Nicolaus nel 2018 - è stato da poco presentato il magalogue per la stagione invernale 2024-2025. All’interno non solo destinazioni, ma anche racconti di viaggio in prima persona che creano una connessione più intima con i potenziali clienti. F
I PODCAST DI FORBES
Talent Stories il podcast di Forbes Italia e Talent Garden per scoprire il talento, raccontato da chi lo vive ogni giorno.
Chill&Biz ti portiamo dietro le quinte dell’imprenditorialità, tra idee di successo e il potere dei social.
Communication Tips strategie pratiche per comunicare al meglio.
di Andrea Celesti
Sostenere l’innovazione
Startup che supporta i proprietari di case vacanza nella gestione degli affitti a breve termine, Ruralis è riuscita a espandere la sua attività facendo ricorso ai finanziamenti a fondo perduto
IIn un panorama in cui tanti fondatori italiani seguono il modello americano di ricerca di capitali privati, è importante chiedersi quali opportunità uniche offra l’Italia, e in generale l’Europa, alle startup in fase iniziale. Spesso, concentrati troppo sui modelli esteri, ci si dimentica del potenziale dei bandi e dei fondi europei. Il sistema italiano offre un’opportunità rara che, in fase di early stage, può risultare vantaggiosa rispetto ad altri ecosistemi: la possibilità di ottenere finanziamenti a fondo perduto, senza alcuna diluizione dell’equity.
Ruralis, startup proptech dedicata a supportare i proprietari di case vacanza nella gestione degli affitti a breve termine, è un esempio di come le iniziative regionali, nazionali ed europee possano sostenere la crescita del settore immobiliare e del turismo in Italia. Nel 2024 la società ha ottenuto finanziamenti a fondo perduto per oltre 1 milione di euro. Un record per il settore e un esempio concreto di ciò che si può realizzare grazie alle opportunità italiane. Se da una parte gli investitori italiani puntano spesso a entrare in aziende con contratti rigidi e capitali limitati, dall’altra esistono fondi pubblici e regionali pronti a sostenere l’innovazione con somme significative. Ma questo capitale non è così facile da ottenere. Raggiungere questi risultati ha richiesto una strategia rigorosa da parte della società e la capacità di affrontare una burocrazia complessa. Con Invitalia, ad esempio, nonostante l’iniziale rigetto della domanda, Ruralis ha deciso di non arrendersi, arrivando persino a coinvolgere uno
studio legale che, attraverso un’accurata dimostrazione di crescita e mercato, è riuscito a ribaltare la decisione. Nel 2024 diverse regioni italiane hanno pubblicato bandi simili, sostenuti dai fondi del Pnrr. Nel caso di Ruralis, il supporto è arrivato dalla Regione Puglia. Grazie al bando Tecnonidi, la domanda di finanziamento è stata accolta in tempi rapidi, consentendo alla società di aprire un secondo ufficio a Corato (Ba), con cui ha rafforzato il suo impegno nel Sud Italia e nelle aree interne, dove il suo approccio unisce competenze digitali e conoscenza del territorio.
Sebbene l’Italia offra molti fondi pubblici, troppe risorse vengono disperse o non raggiungono chi potrebbe farle fruttare. Per un giovane imprenditore è fondamentale non ripetere gli errori del passato: l’obiettivo è quello di costruire un sistema più trasparente e fare la differenza, agendo con grande determinazione. Perché fare startup, in fondo, significa proprio questo: intraprendere con passione e resilienza. F
di Penelope Vaglini
Dimore senza tempo
A Venezia e Torino, tra eleganza e design, Nh Collection Hotels & Resorts propone due strutture dal fascino diverso. E nei ristoranti prepara menu speciali per le feste in arrivo
NNh Collection Torino Piazza
Carlina e Nh Collection Venezia Grand Hotel Palazzo dei Dogi sono due esempi di ospitalità del gruppo Nh Collection Hotels & Resorts che uniscono storia, design e servizi personalizzati in edifici storici che conservano l’essenza del passato, pur offrendo un’accoglienza contemporanea. L’hotel di Torino si trova nel cuore della città e riempie gli spazi di un palazzo del XVII secolo affacciato su una delle piazze più suggestive. Gli interni mescolano dettagli d’epoca e arredi moderni, con camere scaldate del parquet e da mobili realizzati su misura. Inoltre, due terrazze panoramiche permettono viste sulla Mole Antonelliana.
A Torino il ristorante Carlina offre ricette italiane
interpretate in chiave contemporanea, a Venezia Il Giardino Segreto propone specialità venete
Nh Collection Grand Hotel Palazzo dei Dogi ha un fascino diverso, ma altrettanto suggestivo. È ospitato nel Palazzo Rizzo-Patarol, costruzione seicentesca nel quartiere di Cannaregio. Con il suo giardino botanico - una rarità per Venezia - offre un angolo tranquillo agli ospiti, immerso tra roseti, specchi d’acqua e alberi secolari. Gli interni mostrano affreschi e decori in marmo di Carrara, mentre le camere hanno arredi ispirati alla tradizione veneziana, con lampadari in vetro di Murano e viste sui canali e il giardino. Entrambe le strutture puntano su una ristorazione di alto livello. A Torino il ristorante Carlina offre ricette italiane interpretate in chiave con-
temporanea, mentre a Venezia Il Giardino Segreto propone specialità venete in un contesto immerso nel verde. Per le feste, entrambi i ristoranti offrono menu speciali con piatti d’autore. Il primo celebra la vigilia con tortelli di cappone nel loro brodo, punta di vitella con funghi porcini e l’immancabile tronchetto di Natale. A capodanno il menu include invece gli agnolotti del plin con fonduta e un delicato branzino ripieno di molluschi. Il secondo promette una serata di San Silvestro tra tartare di manzo, risotto agli scampi, lasagne con radicchio e salsiccia e un gran finale di dolci con i classici delle festività, come il tiramisù al bicchiere e il panettone con crema allo zabaione. Non possono mancare cotechino e lenticchie per iniziare il 2025 con un pizzico di fortuna, celebrando la combinazione di eleganza, storia e comfort su cui scommette Nh Collection Hotels & Resorts. F
di Penelope Vaglini
Benessere dell’altro mondo
Qc Spa of Wonders è cresciuta nel 2024 sia per numero di ospiti che per fatturato. Per il prossimo anno prepara aperture a Milano, sul Lago di Como, in Veneto e in Emilia-Romagna. E guarda all’estero, tra progetti in Francia e nuove strutture negli Stati Uniti
U“Una spa delle meraviglie rappresenta un luogo dove il benessere va oltre il semplice relax”. Questa la filosofia di Francesco Varni, ceo & corporate activities and development di Qc Spa of Wonders, che abbraccia il rebranding del marchio italiano del benessere. Nata dall’equilibrio tra una visione di espansione internazionale e una filosofia italiana, la nuova direzione celebra il valore della meraviglia. “Il nostro brand racchiude esperienze che stimolano e incantano i sensi e rappresentano un invito a riscoprire la bellezza e la magia del prendersi cura di sé in spazi progettati per sorprendere e accogliere”, prosegue
Varni. “Per questo rinnoviamo continuamente le nostre pratiche, attingendo dalla tradizione per offrire esperienze uniche e innovative, senza confini. Penso, per esempio, alla Giostra delle favole di Qc Torino, un’incredibile sauna rotante capace di risvegliare emozioni sempre nuove, oppure i Bagni Nuovi di Bormio, dove è approdata la Casetta nel bosco, una sauna panoramica incastonata tra gli alberi”.
Proprio a Bormio è iniziato tutto, con Saverio e Andrea Quadrio Curzio. Ora il loro progetto è approdato addirittura negli Stati Uniti, a Governors Island, a pochi minuti da New York. In totale, Qc Spa of Wonders ha 12 centri e sette hotel in luoghi come Bormio, Pré Saint Didier, Milano, Torino, Monte Bianco, San Pellegrino, Roma, Dolomiti, Chamonix-Mont-Blanc, New York e Garda. Con l’ingresso di White Bridge Investments in società, dal 2017 il modello di business di Qc Spa of Wonders si concentra sull’espansione del format, offrendo un bagaglio di esperienza e conoscenze tecniche per sviluppare nuovi centri in località metropolitane e turistiche, collaborando con proprietari immobiliari e
“Di recente abbiamo avviato un’attività di ricerca location nel Regno Unito, dove crediamo che il nostro modello possa riscontrare un notevole successo”
investitori per portare il benessere nel mondo. Un viaggio nella bellezza che non si ferma alla location e ai servizi di alta qualità, ma che prosegue anche con il lancio di un’inedita linea cosmetica con 11 prodotti per viso e corpo, che da dicembre saranno disponibili in tutti i centri, i Qc Store e sullo shop online, anche in due set regalo per le feste. La campagna holiday è pronta a raccontare il Natale Qc con diverse novità, svelate attraverso una comunicazione curata dal fotografo Jacopo Di Cera e dallo studio Gerde Got It Ai, realtà che crea contenuti con l’intelligenza artificiale, accompagnata da contenuti realizzati da Mattia Stanga, Le Coliche e Giulia Penna.
“Il 2024 è stato un anno molto positivo, con risultati che hanno superato le nostre aspettative”, aggiunge Varni. “Abbiamo registrato una crescita a doppia cifra sia nel numero di ospiti, sia nel fatturato. Ci aspettiamo di mantenere questo slancio positivo anche nei prossimi mesi e l’apertura di nuove destinazioni di benessere in Italia e all’estero saranno i nostri fondamentali motori di crescita”. Sono diversi i progetti che prenderanno il via nei primi mesi dell’anno nuovo. “Per il 2025 abbiamo previsto diverse novità. Una è l’apertura di un albergo modello Qc Room a Milano, in zona Porta Romana, ovvero nelle immediate vicinanze di Qc Milano in piazzale Medaglie d’Oro. Abbiamo iniziato gli interventi di adeguamento dell’immobile, con una prospettiva di apertura in primavera. La struttura sarà uno smart hotel di design, che abbina l’automazione con l’elevata qualità dell’interior design, rivolto sia agli ospiti di Qc Milano, sia ai turisti in visita alla città. La seconda novità prevede la realizzazione di un resort e di un centro benessere sul Lago di Como, che mira a valorizzare e attrarre interesse verso la sponda meno esplorata ma di grande fascino del lago, offrendo un’esperienza di relax unica e immersiva. Inoltre partiranno i cantieri del nuovo hub milanese in viale Certosa, che comprende l’headquarter con centro benessere e albergo. Siamo in fase finale di acquisizione dei permessi e ci auguriamo di aprire i cantieri nei primi mesi del 2025. Nel contempo, stanno proseguendo i lavori per Terme Berzieri di Salsomaggiore Terme, in provincia di Parma. Il prossimo anno partiranno anche i cantieri per la realizzazione di un resort nell’area di Treviso, dove recupereremo un hotel di grande prestigio, realizzando una spa di grandi dimensioni che segue il nostro modello. Sbarcheremo così in un’area dove abbiamo grandi aspettative di successo”. Oltre al mercato nazionale, Qc Spa of Wonders guarda all’estero. “Stiamo lavorando all’acquisizione dei permessi per nuove aperture nell’Île de France, a Noisiel, per la realizzazione di una day spa nell’ambito del recupero di un’area storica, e a Bruyères Le Châtel per la costruzione di una stay spa, grazie al recupero di un castello medievale”, dice Varni. “Di recente abbiamo inoltre avviato un’attività di ricerca location nel Regno Unito, dove crediamo che il nostro modello possa riscontrare un notevole successo. Inoltre i risultati più che positivi di New York ci stanno portando a valutare nuove opportunità negli Stati Uniti. Laggiù le aspettative sono davvero altissime”. F
di Penelope Vaglini
Soggiorni romantici
Il Due Torri Hotel di Verona si trova a pochi passi dal balcone di Giulietta, dove vanno in pellegrinaggio coppie da tutto il mondo. Palazzo storico, spesso set di film e servizi fotografici, negli anni ha ospitato personaggi come Mozart, Goethe e Garibaldi
C’C’era una volta, all’epoca degli Scaligeri, il Palazzo dell’Aquila. Oggi è il Due Torri Hotel a vegliare su Verona, la città degli innamorati, dove risuonano le note dell’Arena e ci si perde nei vicoli del centro storico. Nel cuore della città, affacciato sulla Chiesa di Sant’Anastasia, questa struttura ha fatto dell’eleganza e della raffinatezza la sua cifra stilistica. Secolo dopo secolo, ha ospitato personaggi del calibro di Mozart, Goethe e Garibaldi, che da un balcone fece il suo celebre discorso ai cittadini veronesi, fino a diventare un grand hotel conosciuto a livello internazionale nel XIX secolo. Oggi è ancora simbolo di un’ospitalità ricercata e accoglie star come Paul McCartney, Adele, Zucchero, Adriano Celentano, desiderose di esplorare Verona partendo da una posizione privilegiata.
In questo scenario, non di rado trasformato in set
per film o servizi fotografici, sembra che ogni oggetto e decorazione abbia la sua storia. È il segreto di questo palazzo, che si esprime attraverso il linguaggio universale dell’arte e della bellezza, anche grazie al Premio Casarini Due Torri Hotel, organizzato da anni in partnership con ArtVerona, la Fiera delle Gallerie Italiane di Arte Moderna e Contemporanea, per supportare giovani talenti emergenti esponendo le loro opere nelle sale dell’albergo.
Ovunque il gusto contemporaneo dialoga con lo stile classico degli arredi: le 89 camere e suite sono impreziosite da tessuti pregiati e dettagli in marmo rosa, oltre che da mobilio d’epoca. Si parte dalle classic room, per poi passare alle suite tematiche come la Mozart o la Maria Callas, o ancora la presidential suite Sant’Anastasia, realizzata appositamente per lo sceicco di Dubai. Alcune suite, inoltre, hanno terrazze private affacciate su affascinanti scorci della città e su monumenti come la Torre dei Lamberti. Ogni stanza è dotata di connessione ad alta velocità, comodità di lusso e materassi Simmons.
Il buon riposo è una delle varie dimensioni del benessere da sperimentare in hotel. Punto di forza della struttura è l’area health & wellness, che offre il meglio dei servizi e dei prodotti per la cura personale. Un’oasi dotata di sauna, bagno turco, doccia nebbia fredda e lettini relax, inseriti in un ambiente dalle luci soffuse, a pochi passi dalle camere. Un’esperienza da provare – l’hotel è vicino al balcone di Giulietta, dove coppie da tutto
Le pratiche green coinvolgono tutti
gli ambienti.
In cucina le materie prime vengono da fornitori locali, per supportare l’economia territoriale e ridurre le emissioni
il mondo vanno in pellegrinaggio - è il massaggio, proposto anche nella versione di coppia. Adiacente all’area wellness si trova una palestra attrezzata con macchinari di ultima generazione Technogym, per mantenersi in forma anche in vacanza o durante un soggiorno business.
Il benessere è molto più di un obiettivo personale: riguarda anche lo stile di vita, la sostenibilità ambientale. L’hotel promuove pratiche green che coinvolgono tutti gli ambienti, dalle aree comuni alle camere. I courtesy set sono realizzati con plastica riciclata, le ciabattine sono in cotone e fibra di canapa, l’illuminazione sfrutta le luci led a basso consumo e in cucina le materie prime stagionali arrivano da fornitori locali, per supportare l’economia territoriale e ridurre le emissioni legate ai trasporti.
Si può poi godere della vista sullo skyline veronese
salendo sulla rooftop terrace del Due Torri Hotel, dove lo sguardo spazia da Castel San Pietro alle Torricelle, fino al Duomo e alle acque dell’Adige. A 30 metri di altezza, la terrazza è il luogo ideale per un aperitivo al tramonto, oppure per una cena romantica o un evento privato. Dalla cucina a vista è possibile osservare la brigata dello chef Salvatore Garofalo, che guida anche il Bistrot al 2, ospitato nella sala dell’Aquila, ricca di dipinti del Cinquecento e progettata a suo tempo da Gualtiero Marchesi, portavoce della cucina contemporanea italiana nel mondo.
Si può scegliere di esplorare la città, approfittando della posizione strategica dell’hotel, o di lasciarsi incuriosire dagli itinerari proposti dal cinque stelle lusso, come i tour enogastronomici della Valpolicella, assaggiando le eccellenze della zona come l’Amarone e partecipando a cooking class con lo chef. Così il Due Torri Hotel rappresenta un viaggio tra storia, arte e ospitalità, in un ambiente dove ogni dettaglio è curato, dalla scelta dei materiali agli arredi. Soggiornare a Verona diventa un’esperienza di alta accoglienza, in cui il classico incontra il contemporaneo, nella magia della città più romantica del mondo. F
di Lavinia Desi
Accoglienza ecologica
Dream&Charme è il primo organismo internazionale accreditato da Accredia per rilasciare le certificazioni Dca Esg e Gstc conformi alle direttive europee anti-greenwashing
IIl settore turistico in Italia è sempre più orientato verso pratiche ecologiche. Le certificazioni di sostenibilità sono diventate strumenti importanti per le strutture ricettive che vogliono allinearsi con le aspettative di un mercato sempre più attento alla sostenibilità. Ne abbiamo parlato con Giorgio Caire di Lauzet, fondatore e amministratore delegato di Dream&Charme, primo organismo di certificazione internazionale accreditato da Accredia per rilasciare le certificazioni Dca Esg e Gstc conformi alle direttive europee anti-greenwashing.
Cosa spinge gli hotel italiani ad adottare questi standard? E come le certificazioni stanno modificando il volto del turismo nel nostro Paese?
La crescente adozione di pratiche sostenibili negli hotel italiani è principalmente guidata da tre fattori chiave: la consapevolezza dei consumatori, la pressione normativa e l’opportunità di ridurre i costi operativi. Il 73% di chi prenota una vacanza preferisce hotel sostenibili secondo Booking. com. Le principali banche italiane erogano finanziamenti solo a hotel sostenibili. Ma bisogna fare attenzione: esistono certificazioni commerciali senza ac-
creditamento Iso 17065 che, non essendo conformi alle direttive europee, possono mettere a rischio la reputazione dell’hotel ed esporlo a possibili sanzioni. Le certificazioni di sostenibilità accreditate non solo offrono una guida per garantire pratiche sostenibili ambientali, sociali e di governance, ma agiscono come una sorta di garanzia certificata, che aumenta la fiducia dei consumatori.
Come ci si prepara per ottenere le certificazioni accreditate? E quali sono le differenze tra Dca Esg e Gstc?
Per affrontare la verifica iniziale, che dura da uno a due giorni complessivi, non è necessaria alcuna preparazione. Spesso gli hotel sono già conformi a molti requisiti di sostenibilità, ma non ne hanno la consapevolezza. Sulla base del report, l’hotel potrà poi decidere, in base alle proprie risorse, come intervenire per migliorare uno o più requisiti di sostenibilità.
In che modo le certificazioni di Dream&Charme aiutano gli hotel a garantire la loro sostenibilità? E quale supporto potete fornire ai fondi di investimento del settore?
Abbiamo un’esperienza ventennale nel settore. Le nostre certificazioni accreditate, quindi conformi alle direttive anti-greenwashing, tracciano chiaramente un percorso di sviluppo sostenibile utile agli hotel che vogliono utilizzare la sostenibilità come elemento strategico e di concreto miglioramento. Supportiamo i fondi di investimento con le nostre due diligence sulla sostenibilità delle strutture in fase di realizzazione o di acquisizione. In Italia siamo impegnati ad agevolare il più possibile l’accesso degli hotel alla sostenibilità, anche grazie alle convenzioni con le principali associazioni del settore alberghiero. A livello globale siamo presenti in Italia, Stati Uniti, Messico, Francia, Grecia, Maldive, Repubblica Dominicana, Madagascar, Egitto, Arabia Saudita, Bahamas, Mauritius, Spagna, Kenya, Tanzania, Oman, Tunisia, Capo Verde. F
di Lavinia Desi
Lusso secolare
L’InterContinental Rome Ambasciatori Palace, costruito nel 1900 dall’italiano Carlo Busiri Vici, era la residenza degli ambasciatori americani. Oggi è un’eccellenza nel campo dell’ospitalità
IIn via Veneto, strada del cinema, crocevia di attori, musicisti, artisti di fama internazionale, a cinque minuti a piedi da piazza Barberini, l’InterContinental Rome Ambasciatori Palace è il punto di partenza ideale per gli amanti del lusso moderno e sobrio che vogliono esplorare la città. Si trova vicino a piazza di Spagna, alla Fontana di Trevi e al Pantheon. È stato costruito nel 1900 dall’architetto italiano Carlo Busiri Vici. È un palazzo neorinascimentale, che prende in prestito dal Rinascimento elementi architettonici tipici, come timpani e colonne. In principio era la residenza per gli ambasciatori americani in visita a Roma. Nel 1946 è diventato la biblioteca dell’ambasciata americana, solo nel 1993 un hotel. Dopo circa tre anni di lavori di ammodernamento, nel maggio 2023 ha riaperto al pubblico sotto il brand InterContinental, segnando il ritorno del gruppo Ihg Hotels & Resorts in Italia, dopo quasi sette anni di assenza. La lobby unisce tradizione ed elementi moderni. Le colonne d’ingresso e la balaustra in ferro battuto, che segue le linee della scalinata marmorea centrale, contribuiscono a definire uno spazio che richiama la storia del luogo. Anita Lounge & Bar è il primo spazio che si presenta a chi entra in hotel, rappresentando il cuore dell’esperienza. È un luogo per sfogliare un catalogo d’arte, incontrarsi con amici sorseggiando un drink o riposarsi dopo una giornata in città, in attesa della cena. L’offerta gastronomica è varia. Il ristorante
Il ristorante Scarpetta Nyc fonde la tradizione culinaria italiana con l’atmosfera di New York, con una selezione di vini e cocktail italiani e americani. Per un aperitivo, invece, è disponibile il Charlie’s Rooftop, ispirato alla figura del ‘good time Charlie’, che offre un ambiente cosmopolita. Qui la musica dal vivo e i dj set si combinano con una selezione di cocktail creativi e canapè sofisticati.
La fitness room dell’hotel è attrezzata con macchinari all’avanguardia, ideali per ogni tipo di allenamento. Gli ospiti possono scegliere tra una vasta gamma di attrezzature per il cardio e il sollevamento pesi, mentre i massaggi professionali offrono un perfetto recupero dopo l’attività fisica. Un luogo dedicato al benessere e alla salute, dove corpo e mente possono rigenerarsi.
Quest’anno l’hotel ha ricevuto la Green Key, marchio di qualità ecologica internazionale per le strutture di eccellenza. “Questo riconoscimento sottolinea il nostro forte impegno verso la sostenibilità. Siamo consapevoli che c’è ancora molto da fare e questa certificazione ci motiva a continuare su questa strada con sempre maggiore determinazione e dedizione”, ha dichiarato Simone Farci, general manager dell’hotel. “La Green Key rappresenta non solo un traguardo, ma anche un invito a migliorare continuamente le nostre pratiche eco-sostenibili”. F
L’ospitalità contemporanea nel centro di Milano
Con due Smart Boutique ApartHotel, Galleria e Le Suite del Corso, situati tra Piazza del Duomo e Piazza San Babila, Ospitami Group punta su servizi ed esclusività
In un panorama sempre più competitivo come quello dell'ospitalità, Ospitami Group, società nata quattro anni fa dalla volontà di Alessandro e Federica Corona, milanesi da generazioni, si distingue per la sua visione e per i suoi valori. La missione è quella di valorizzare la cultura meneghina, presentando agli ospiti la Milano contemporanea, che abbraccia tecnologia, estetica e sostenibilità. La proposta di Ospitami Group si distingue per una filosofia che mira a un lusso funzionale, fatto di ambienti che raccontano una storia e di servizi che agevolano la quotidianità degli ospiti. Ogni dettaglio è studiato per armonizzare la bellezza con l'efficienza, esprimendo lo stile inconfondibile della città attraverso arredi moderni e spazi dinamici. Il primo punto di forza è sicuramente la location che abbraccia gli aspetti
caratterizzanti Milano: il business, la moda, il design e la cultura. Le due strutture sono infatti collocate tra Piazza del Duomo e Piazza San Babila. Attualmente Ospitami Group si compone di due Smart Boutique ApartHotel, strutture ricettive che si collocano a metà tra un appartamento e un piccolo hotel dai servizi ricercati e d’eccellenza.
Galleria Ospitami, nata nel 2020, in piena pandemia, con dodici camere, di cui due suite, è situata a pochi passi dalla prestigiosa Galleria Vittorio Emanuele II. Le due suite si affacciano proprio dentro lo storico monumento. Per gli ospiti c’è la possibilità di gustare un’ottima colazione nello storico locale Savini nato nel 1867 e simbolo della Belle Époque.
Nel febbraio 2023 Ospitami Group ha inaugurato Le Suite del Corso che si trova proprio dentro Galleria del Corso, il passaggio storico recentemente
restaurato. Qui, al sesto piano di un palazzo d’epoca, si trovano quattro camere e una suite dagli arredi eleganti realizzati in collaborazione con aziende italiane e artigianali. “Milano è una città vibrante, che richiama persone da tutto il mondo. Ospitami Group vuole essere un punto di riferimento per chi cerca un'esperienza che rifletta la vivacità e la modernità della città. Abbiamo studiato ogni dettaglio delle nostre strutture affinché possano rappresentare Milano nella sua forma più contemporanea”, racconta Alessandro Corona, owner e amministratore delegato di Ospitami Group. “Accogliamo turisti provenienti da tutto il mondo e il nostro impegno è quello di accogliere ogni ospite con la promessa di un soggiorno che lo faccia sentire davvero a casa, pur godendo appieno dell’autentica essenza di Milano. Ci scelgono professionisti e uomini d'affari in cerca di un alloggio che sappia unire praticità e stile, ma anche turisti e famiglie desiderosi di esplorare la ricchezza culturale e storica di Milano. Da noi potrai trovare un punto di partenza perfetto, che si adatta alle esigenze di chi vuole dedicarsi a un’intensa giornata di shopping, vivere una serata di grande emozione al Teatro alla Scala, immergersi nella movida meneghina con amici oppure per un business meeting dalle innumerevoli opportunità”.
Tra i servizi d’eccellenza di entrambe le strutture c’è lo Smart Check-In. L’accesso senza chiavi né tessere magnetiche è reso possibile grazie alla collaborazione con Vikey, esperti in soluzioni hardware e software
per alberghi e case vacanza. I clienti ricevono un link al momento della prenotazione per gestire l’ingresso nella camera e nel palazzo direttamente dal proprio smartphone. Ospitami Group negli anni ha stretto varie partnership con società che valorizzano il Made in Italy e la sostenibilità. Tra questi la prestigiosa collaborazione con un’azienda italiana leader nel design e nella cultura del riposo. Gli ospiti trovano sul comodino il “Menù Guanciali” in cui vengono descritti i diversi modelli di cuscini che si trovano sul letto per garantire un riposo basato sulle esigenze personali della clientela. Inoltre, nel frigobar gli ospiti trovano l’acqua WAMI in lattina di alluminio riciclabile: si tratta di un brand italiano di acqua minerale che nasce con una missione ecosostenibile nei confronti della salute del nostro pianeta. Sempre a garanzia di offrire sostenibilità, gli ospiti possono
noleggiare ad uso esclusivo dei monopattini orBit by Mobility per girare il centro in maniera green e veloce. Per omaggiare la tradizione degli aperitivi milanesi in ogni camera è a disposizione degli ospiti una
macchina del ghiaccio utile per servire i due cocktail gratuiti di Casa Margarita ready to drink sapientemente miscelati e realizzati con ingredienti naturali. “Siamo qui per rendere ogni momento speciale, curando ogni dettaglio e garantendo un ambiente che, pur elegante e raffinato, ti faccia sempre sentire a tuo agio. Che si tratti di un weekend o di un lungo soggiorno, il nostro obiettivo è farti vivere Milano come se fossi un vero milanese. Noi non offriamo solo un alloggio, ma un’esperienza in cui sentirsi a casa, nel cuore pulsante della città", racconta Corona. “Dopo un 2023 brillante, il 2024 verrà chiuso con un incremento del fatturato. Guardando al 2025, siamo entusiasti dei nuovi progetti che abbiamo in programma, tra cui la valutazione di nuove strutture nel cuore di Milano per ampliare ulteriormente la nostra presenza e offrire esperienze sempre più esclusive”, conclude.
Small Giants è il progetto di Forbes dedicato alle PMI, che si distinguono per innovazione, coraggio e intelligenza.
Il roadshow permette di incontrare imprenditori locali per discutere temi come accesso al credito, internazionalizzazione, sostenibilità e innovazione. Nel 2025, il tour farà 10 tappe in tutta Italia coinvolgendo le principali associazioni di categoria.
Scopri le tappe del 2025
Cuneo Gennaio 2025
Sono quelle in cui ci si scambiano doni. Che devono essere pensati, per non sbagliare un colpo. Nelle classiche sfumature natalizierosso, bianco e verde - ecco una selezione di oggetti molto speciali da mettere sotto l’albero. Pensati per grandi e piccini, senza dimenticare gli animali
FORBES LIFE
NOTTI MAGICHE
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Fpm Milano Per viaggiatori esigenti, questa originale creazione di Marc Sadler consente di portare con sé un angolo bar racchiuso all’interno di un robusto e maneggevole baule. € 13.990
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Eleganti ed estrosi gli occhiali da sole della nuova collezione Dg Metal Classic, evoluzione del classico modello pilot a mascherina. € 475
8. Cardigan Alanui
L’inconfondibile pattern bandana di Alanui per questo capo 100% cashmere con doppia lavorazione jacquard. € 2.650
9. Decorazioni
Venini Il set Magical Wishes include quattro palline in vetro soffiato, realizzate secondo la migliore tradizione artigianale. € 399
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di Luca Sessa
Vini di valore
Stéphane Revol, proprietario e amministratore delegato di Comte de Montaigne, è impegnato a ridare il blasone di un tempo alla Côte-des-Bar, culla dello Champagne, e a tramandarne la tradizione nel rispetto della natura. “È lei a decidere cosa succede in vigna”
UUno champagne unico nel suo genere, che nasce da pregiate uve Pinot Nero e Chardonnay e si impreziosisce grazie alla cura meticolosa di persone che se ne prendono cura dall’inizio alla fine, per portare nella bottiglia e nel calice i valori che rappresentano il territorio dell’Aube, nel cuore della Francia. Comte de Montaigne ha sempre sposato una filosofia produttiva orientata all’eccellenza e al rispetto di una storia che affonda le radici nel XIII secolo.
Stéphane Revol, oggi alle redini di una famiglia che ha saputo da subito produrre uno champagne molto diverso dagli altri, oggi dà nuova continuità a un approccio etico e al tempo stesso contemporaneo. “Comte de Montaigne è prima di tutto un territorio, vigne, uve e uomini che da generazioni ci mettono il cuore”, dice. “Una storia lunghissima che narra di tradizione e volontà, ma anche di forza e riscatto, per riconquistare quel ruolo da protagonista che abbiamo saputo ritagliarci tanto tempo fa”. Grazie alla lungimiranza e alla determinazione, la sue cuvée si sono affermate in Francia e nel mondo, consentendo al terroir della Côte-des-Bar di divenire un’origine riconosciuta e apprezzata.
Proprio la Côte-des-Bar nell’Aube, regione unica per storia, arte, clima, natura e paesaggi, rappresenta la vera culla dello Champagne. L’origine delle bollicine più famose al mondo risale al XIII secolo, quando il primo ceppo di Chardonnay di tutta la Francia venne piantato nella Côte-des-Bar, dove oggi si trovano i 40 ettari di vigneti della maison. Una storia di cui si trova una suggestiva testimonianza a Troyes, il capoluogo dell’Aube, nella chiesa di Santa Maddalena. In una delle sue vetrate è raffigurato il Comte de Champagne, Thibaut IV, di ritorno dalle Crociate, nell’atto di donare al cardinale di Troyes la prima barbatella di Chardonnay, raccolta a Cipro. Ci sono voluti però oltre
sei secoli e una rivolta popolare per legittimare l’uso della denominazione ‘Champagne’ da parte delle bollicine dell’Aube. Il motivo per cui la vicina regione della Marne è sempre stata erroneamente associata all’origine dello Champagne è infatti che i suoi produttori capirono per primi le potenzialità del vitigno di Chardonnay e impedirono per secoli ai vignerons dell’Aube di utilizzare la denominazione e commercializzarlo.
La visione della scena raffigurata nella cattedrale di Troyes, insieme alla storia di famiglia raccontatagli dal padre quando aveva 12 anni, ispirò Revol, facendo nascere in lui la voglia di dare nuovo lustro al valore storico della maison. Oggi, sotto la sua guida, Comte de Montaigne rappresenta un connubio tra tradizione e contemporaneità. L’unicità delle cuvée della maison inizia dal territorio in cui vengono coltivate le uve (60% Pinot Noir e 30% Chardonnay): la Côte-des-Bar beneficia di un
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microclima ideale e di un terreno con una particolare composizione minerale, mentre l’esposizione al sole limitata e il sottosuolo argilloso-calcareo svolgono una funzione termoregolatrice e protettiva delle radici del vigneto. Il tempo è un altro elemento fondamentale. Le cuvée Comte de Montaigne seguono un lungo processo di produzione, che dura 55 mesi e permette di ottenere una bollicina elegante, complessa e golosa. Ma per fare un grande champagne tutto questo non basta. I vigneti vanno trattati con cura, anno per anno, seguendo metodi rigorosi, tramandati di generazione in generazione, ma soprattutto mettendoci sempre cuore e impegno. “È madre natura a decidere cosa far accadere in vigna, il nostro compito è affiancarla per cercare di preservare le peculiarità delle uve. Un lavoro svolto seguendo rigorosamente i criteri di eco-sostenibilità, seguendo una filosofia che consente di lavorare con passione, nel rispetto del senso di libertà che la natura esprime giorno dopo giorno,” sottolinea Revol. Il rispetto della natura rientra in un approccio etico che rispecchia i valori di un’azienda che guarda al futuro, senza perdere mai di vista il passato. In quest’ottica si colloca il lancio di Célébration, una collezione che, con il suo design, rende omaggio al francobollo come simbolo di autenticità e ritorno alle origini. “L’epoca dei social è basata su ritmi troppo elevati, che spesso ci portano a trascurare la componente sentimentale. In questo mondo iperconnesso e super tecnologico, abbiamo bisogno di maggiore autenticità e calore umano”, dice Revol. “La mia idea è stata tracciare un legame tra le radici dello Champagne e quelle di un modo di comunicare basato sull’emozione e sul piacere dell’attesa”. Il coinvolgimento dell’artista Giò Martorana, fotografo professionista dal 1981, ha originato un’armonia creativa che ha dato vita al packaging di ispirazione quasi futurista, che ha reso la cuvée originale e riconoscibile. F
Questione di forma
Nel 2017 Carlotta Gagna ha dato vita a Traininpink, una community dedicata al benessere delle donne diventata oggi l’app di allenamento femminile numero uno in Italia, con 35mila abbonate in continua crescita
Pilates, allenamento, nutrizione e benessere sono i pilastri su cui poggia Traininpink, una realtà imprenditoriale fondata nel 2017 da Carlotta Gagna per assecondare la sua passione per l’allenamento e il benessere femminile. È nata come una community sui social, che poi è cresciuta e si è strutturata sempre di più. Gagna è diventata un modello per tante donne decise a raggiungere i loro obiettivi a livello sia estetico che di benessere: oggi ha 438mila follower su Instagram, oltre 220mila su TikTok e 129mila su Facebook, a cui si aggiungono le 20mila sottoscrizioni su YouTube e una mailing list di oltre 350mila iscritte. Negli anni Traininpink ha bruciato le tappe, diventando un’app di successo per pilates, allenamento e nutrizione.
Le utenti possono scegliere tra varie forme di training: cardio burn, gym power, home & easy pump, il pilates declinato tra reformer, sculpt, post parto & diastasi, easy e pilates linfodrenante (un’esclusiva Traininpink), a cui si aggiungono le oltre quattromila ricette con diete personalizzate e piani dedicati all’alimentazione vegetariana e vegana, senza glutine e senza lattosio.
Una delle tappe più importanti dell’ascesa dell’app è stata nel 2022, con l’arrivo del
libro Traininpink per Mondadori. Il manuale è diventato subito un best seller tra le donne desiderose di prendersi cura di se stesse e migliorarsi a livello esteriore e, soprattutto, attente al benessere interiore. All’uscita del volume ha fatto seguito un grande evento organizzato a Milano al Palazzo del Ghiaccio: il Traininpink Day, il più grande evento di fitness femminile mai realizzato in Italia. Oltre 1.000 le partecipanti, a rappresentare una community che cresce di giorno in giorno.
In questo periodo Gagna si è distinta anche a livello imprenditoriale con
una decisione senza precedenti in Italia: ha introdotto il congedo mestruale. Il suo esempio ha portato alla presentazione di una proposta di legge in Parlamento. Altra tappa fondamentale, nel 2023, è stato l’exploit dell’app Traininpink, diventata l’app di pilates e allenamento al primo posto in Italia, con più di 22mila abbonate (fonte Sensor Tower). Una crescita che non sembra conoscere battute d’arresto. Nel 2024 Trainipink si conferma al primo posto tra le app di fitness per ricavi nella categoria salute e benessere di App Store e Play Store in Italia (sempre fonte Sensor Tower). A novembre ha toccato le 35mila abbonate, con 19.500 utenti attivi in media al giorno. Alta la fidelizzazione, con 4,8 mesi di retention media di un utente sull’app. Traininpink è stata anche nominata app del giorno su App Store da Apple. “Questo riconoscimento è una tappa straordinaria del mio percorso e una testimonianza del supporto e della fiducia che ricevo ogni giorno dalla incredibile famiglia Traininpink”, ha detto Gagna. “A volte la realtà supera le aspettative e questa è una di quelle occasioni. Quando Traininpink è nata, nel 2017, non avrei mai immaginato che sarebbe cresciuta così tanto”. Google ha inoltre invitato Traininpink a un evento esclusivo dedicato alle migliori app
Una delle tappe più importanti della crescita dell’app
è stata l’introduzione del Pilates Linfodrenante, marchio registrato Traininpink e protocollo unico al mondo, già seguito da più di 12mila donne
in Europa. Un altro riconoscimento e, soprattutto, un’opportunità di crescere e innovare ulteriormente.
“Partecipare a questo evento ci ha permesso di entrare in contatto con persone che condividono i nostri stessi valori e ambizioni”, aggiunge Gagna.
Oggi Traininpink può contare su un team multietnico di 25 giovani talenti distribuiti tra Europa, Medio Oriente e Australia. Sei le nazionalità rappresentate, il 66% dei dipendenti è donna e il 17% appartiene, con orgoglio, alla comunità Lgbtq+. A essere coinvolti i settori più svariati: grafica, editing e design, social media,
assistenza clienti, allenamento, nutrizione, risorse umane e sviluppo app. Cuore e motore di Traininpink è il team di sviluppo app composto da 13 persone, con competenze che coprono lo sviluppo mobile, backend e Qa, Ux/Ui, product management e data science. Un team in grado di offrire funzionalità e soluzioni innovative per assicurare un valore aggiunto. “Gli ottimi risultati di quest’anno in termini di crescita delle abbonate - dalle 19mila del 31 dicembre 2023 alle 35mila di oggi, con una crescita dell’84% in meno di un anno - si accompagnano a continui investimenti sull’app e sui
contenuti”, dice Gagna. Un ruolo importante lo ha svolto Pilates Linfodrenante, definito “un protocollo creato come fosse un vero e proprio stile di vita per ottenere risultati stupefacenti in poco tempo”. A meno di tre mesi dal lancio, con il suo mix di allenamenti che favoriscono la circolazione linfatica, consigli sullo stile di vita, sessioni di mobilità e auto-massaggi, è già seguito da quasi 12mila donne. “Uno dei pochi protocolli, se non l’unico, che permette a chi soffre di lipedema e linfedema di vedere risultati tangibili dell’allenamento sul proprio corpo”, conclude Gagna.
di Cristina Mercuri
FORBES
Sapore di Toscana
Banfi è un’azienda storica che si dedica a comprendere e migliorare il Sangiovese.
Con le sue bottiglie ha disegnato la cifra stilistica del Brunello nel mondo
Banfi è una delle realtà storiche nel panorama di Montalcino. La tenuta e le vigne si estendono a sud del comune, beneficiando del sole più intenso e dei venti da ovest. Di oltre 2.800 ettari, solo un terzo è coltivato a vite, lasciando ampio spazio alla biodiversità, con olivi centenari, boschi e alberi da frutto. Il Brunello di Montalcino Banfi ha disegnato la cifra stilistica del Brunello nel mondo.
BQuello che colpisce di una realtà così grande è la cura del dettaglio e dell’innovazione, soprattutto nella gestione dei tannini in vinificazione. Siamo andati a parlare con l’enologo Gabriele Pazzaglia e la prima cosa che ci ha mostrato è stata la zona di vinificazione Horizon, dove ad accoglierci ci sono grandi contenitori, simili a botti, fatti di acciaio e legno. La ricerca Banfi è attenta alla comprensione e miglioramento del Sangiovese. Nel tempo, l’azienda ha compreso come esaltare le doti e domare le parti più angolari del vitigno simbolo dell’Italia nel mondo. Ha studiato un contenitore che alterna il legno di rovere all’acciaio, per dare più omogeneità alla temperatura durante la fermentazione e garantire un’estrazione del tannino delicata. I vini risultano densi e concentrati, ma con tannini domati, lineari e allargati nel palato, risultato di un’estrazione esemplare e del lungo affinamento in legno. Vini che non temono il tempo e che segnano le più grandi celebrazioni delle nostre famiglie.
La filosofia di Banfi si riassume in un motto: ricerca oltre l’innovazione. Non soltanto studia il Sangiovese, ma ha compiuto uno studio di sperimentazione su vitigni ibridi (definiti anche resistenti o Piwi) per comprendere come gli agricol-
tori possano adattarsi al meglio a un clima sempre più caldo, siccitoso e imprevedibile. Un’azienda che non smette di investire, creando un’economia circolare che porta benefici alla comunità.
Il Brunello di Montalcino Banfi 2019 esprime la grazia del Sangiovese in un’annata piuttosto calda, ma molto luminosa, con piacevoli escursioni termiche. Ciò ha determinato concentrazione fenolica, mantenendo acidità elevata e rinfrescante. Un profilo meno abbondante e generoso di altre annate, che difficilmente può essere paragonato ad altre regioni classiche come Bordeaux o Borgogna. Un’annata rara, da mettere in cantina e aspettare, che si mostra vibrante, densa e al tempo stesso slanciata. La fermentazione avviene nel sistema Horizon, poi il vino passa due anni in botti di diversa dimensione per conferire la tipica nota evoluta e risolta che rende il Brunello raffinato e desiderato.
All’assaggio il vino colpisce per la sua struttura fitta e verticale, con grande peso di palato. I sentori sottili e ben definiti di piccoli frutti rossi, finocchietto e radice, che sono tipici del vitigno, si sposano con la stratificata complessità di note affumicate, di fico secco e prugna. Lo stile è asciutto e slanciato, robusto ma non ampio, elegante e lunghissimo al palato. Un vino ancora scalpitante, che ha certamente bisogno di affinamento in cantina, ma che si mostra già approcciabile grazie ai tannini lineari e maturi. Un piccolo tesoro da custodire. F
Back to the 70s. La nuova collezione di superfici tessili Newstalgia, disegnata per Radici dalla designer svedese Tekla Evelina Severin, rielabora i pattern anni Sessanta e Settanta giocando con colori e proporzioni. Il nome rimanda alla sensazione di nostalgia per un’epoca lontana, ravvivato però dalla curiosità e dall’energia legata a qualcosa di nuovo. Da qui nasce una famiglia di pavimentazioni tessili stampate, caratterizzata da tinte vibranti e accostamenti bilanciati, oltre a linee rette, forme geometriche e motivi tridimensionali. Una collezione giocosa e frizzante che propone un nuovo surrealismo quotidiano per aggiungere colore agli interni. Anche quelli più rigorosi.
FORBES DESIGN
di Valentina Lonati
Ispirata alla poetica dell’architetto cinese Ieoh Ming Pei, progettista della Piramide del Museo del Louvre di Parigi, Teo è una lampada da tavolo senza fili disegnata da Luca Nichetto per Salvatori Un’espressione di equilibrio che unisce la delicatezza della carta ai tratti più ruvidi della pietra naturale. “Teo nasce da un gesto semplice: quello di arrotolare un foglio di carta e inserirlo in una base di marmo”, ha spiegato Nichetto. La lampada si compone di una doppia base cilindrica in marmo, al cui interno si inserisce un foglio di carta A4 arrotolato che funge da corpo diffusore. Il risultato è una scultura luminosa che gioca con i riverberi e con gli antipodi della materia: la durezza e il carattere eterno della pietra da un lato, la leggerezza effimera della carta dall’altro.
Per festeggiare il suo 45esimo anniversario, Alias rende omaggio alla collezione Frame, disegnata da Alberto Meda nel 1991, con una riedizione della sedia primogenita della famiglia di sedute. Una versione speciale - limitata a soli 79 esemplari numerati – che nasce da una nuova combinazione di materiali: la struttura, realizzata in alluminio estruso e pressofuso, mantiene la silhouette aperta dell’originale, mentre la seduta in bambù introduce un elemento caldo e naturale al profilo della sedia. La scelta del bambù nasce dalla volontà di usare un materiale dalla natura altamente sostenibile, grazie alla capacità di rigenerarsi senza l’uso di fertilizzanti chimici e al suo impatto ambientale ridotto. Una sedia che racchiude la filosofia di Alberto Meda: “Meno forme, più idee”.
Pensando allo snorkeling che si pratica in costose vacanze invernali, Realme propone lo smartphone Gt 7 Pro, che realizza foto subacquee a 360 gradi. Arricchito di intelligenza artificiale AI Performance Flagship, il dispositivo rileva l’ambiente in automatico e con un tocco avremo una documentazione della nostra immersione in alta definizione. Il limite di profondità è due metri e il tempo di immersione non deve superare la mezz’ora. La batteria al silicio-carbonio da 6.500 mAh resiste fino a -30° C. La ricarica di 120 W garantisce, in cinque minuti, fino a sette ore di chiamate. In 13 minuti si ricarica al 50%. Il processore Snapdragon 8 Elite offre un aumento del 45% delle prestazioni, per multitasking fluido, avvio veloce delle app ed esperienze di gioco.
Il mercato della sicurezza domestica continua a crescere e, secondo fonti affidabili, potrebbe salutare, nel 2026, l’ingresso di Apple. Il dispositivo in arrivo è destinato a inserirsi nell’ecosistema HomeKit che l’azienda di Cupertino ha messo a punto da qualche anno. In attesa di conferme, il sistema Ring di Amazon sta facendo gradi numeri, anche grazie a un poderoso piano di marketing: poster di svariati metri nelle strade, spot in tv e azioni sul web. Controllabile da smartphone, il sistema offre videocitofono senza fili, con video hd in diretta a 1536 p. Controlla le consegne dei pacchi alla porta grazie alla visuale più ampia a figura intera. Grazie alla visione notturna a colori non smette di lavorare anche con pochissima luce.
Oppo torna con il modello Find X8 Pro che offre performance fotografiche elevate, grazie alla rodata partnership con Hasselblad, e permette di fornire agli utenti il Master Camera System, che realizza foto di altissima qualità. Il vanto dell’azienda cinese sta nel fornire un prodotto tascabile, quindi non troppo ingombrante, nonostante il complesso comparto ottico. Display da 6,78 pollici, vetro curvo su entrambi i lati, doppia fotocamera con teleobiettivo periscopico. Interessante Lightning Snap, che permette di catturare fino a sette scatti al secondo senza alcuna perdita di qualità, immortalando ogni istante anche in eventi sportivi basati sulla velocità. Il software ColorOS 15 offre grafica senza soluzione di continuità, elementi intuitivi, strumenti di intelligenza artificiale per risparmiare tempo.
FORBES TRENDS
Un segno dei tempi e un esempio della globalizzazione: all’edizione 2024 di Sherbeth - il festival internazionale del gelato artigianale di Palermo, tra le capitali del sorbetto e città natale di Francesco Procopio Cutò, fondatore del Café Procope a Parigi - la giuria ha assegnato il premio per il miglior gelato artigianale al maestro gelatiere cinese Bang Gai, che insieme alla moglie Ivy Li gestisce la gelateria Sette a Hangzhou, in Cina. Gai ha trionfato tra 50 colleghi da tutto il mondo con il gusto Lemon Tree, ispirato alla Sicilia, a base di aquilaria (pianta speziata tipica del sud della Cina, usata nella medicina tradizionale) con limone e un goccio di olio locale.
Non è più soltanto tra pandoro e panettone che si combatte la battaglia del dolce natalizio preferito dagli italiani. Come variante del ‘pan de Toni’, infatti, ormai il confronto è tra la versione tradizionale (con o senza uvetta) e le declinazioni gourmet, a partire dall’ormai diffusa variante con albicocca e gianduja o con pera e cioccolato. Tra chef e pasticceri, da un capo all’altro d’Italia a dicembre fioriscono anche varianti salatecome quella con pecorino di cinta senese e pecorino di fossa, o con finocchiona e fichi - o a base di materie prime come pomodoro, nduja e persino il cocktail Negroni.
Che la lotta agli sprechi alimentari sia ormai tra le priorità del mondo dell’alta ristorazione è ormai un dato di fatto, sincera o di facciata che sia. Nel settore della carne sono sempre più gli chef che adottano pratiche come il nose-totail (letteralmente, dal naso alla coda), ossia l’utilizzo in cucina di tutte le parti dell’animale, e vale anche per il pesce, di cui non vengono scartate né lische, né scaglie o interiora. A questo fenomeno si affianca il forse meno noto root-to-stem (dalla radice allo stelo), che indica l’analogo uso di ogni parte delle verdure.
IN FERRARI ALLA
PENTHOUSE
Chi non vorrebbe vivere un giorno da imperatore? Ci ha pensato Allegroitalia Hotels & Condo, che nella Penthouse Suite di via Monte Napoleone 20 (200 metri quadrati per accogliere fino a otto persone, zona living con camino, quattro camere da letto, tre bagni e due terrazze) ha ideato una soluzione che non lascia niente al caso. Si chiama ‘Un giorno da imperatore’ ed è l’experience dedicata a chi esige un lusso assoluto (oltre a un pizzico di adrenalina). Con 10mila euro a notte ci si toglie ogni sfizio. A rendere magico il soggiorno, personal butler dedicato, private chef, un wine consultant, servizio di conciergerie, tour personalizzati, personal shopper con accesso dedicato a boutique, ticketing service per i migliori spettacoli in città e ingresso riservato a eventi esclusivi. Ancora non basta? C’è l’emozione di guidare una Ferrari con un test drive da brivido.
LIVING MILANO
di Alessia Bellan
MEAT MANIA
Tutti pazzi per la carne. Gettonatissimo, Dry Aged è un fine dining stiloso dall’anima pop che strizza l’occhio ai carnivori più esigenti. Un locale di tendenza in via Cesare da Sesto, dietro corso Genova, dove tutto è studiato nei minimi dettagli, dall’arredamento urban-chic alle luci, dal sottofondo di ottima musica alle
opere d’arte esposte. Dietro il progetto due amici, Stefano Carenzi e Matteo Ferrario, uniti per dare vita a un concept che coniuga materia prima eccelsa, preparazioni senza sbavature e stile cool. A guidare la brigata di cucina c’è Matteo Ferrario, executive chef con esperienze negli stellati Villa Feltrinelli e Villa Serbelloni,
approdato poi in Terrazza Triennale. Da Dry Aged convivono diverse anime: oltre al ristorante con cucina a vista, quella del New York Bar, al centro il tavolo social per cene conviviali. E per un viaggio sensoriale nella massima privacy, la sala riservata circondata dalla curatissima cantina dei vini. Ma la regina incontrastata è la carne, con frollature fino a 70 giorni e una carta che comprende otto tipologie di costate da tutto il mondo (manzetta prussiana, fassona, rubia gallega, sashi…). Oltre alle braci e ai crudi, menzione speciale per i risotti, come il carnaroli Riserva San Massimo alla milanese con ragù d’ossobuco, midollo alle braci e gremolada.
Dolcezze sotto La Cupola
Un’atmosfera unica al Park Hyatt Milano. Christmas in Chocolate è il concept frutto della collaborazione con il pasticciere Enrico Rizzi, che per l’occasione trasforma l’hotel in una fabbrica di cioccolato, un universo di squisitezze. Creazioni artigianali trasportano grandi e piccini in un’elegante fiaba contemporanea, dove il cioccolato regna incontrastato. Dall’allestimento dell’ingresso, che invita a immergersi in un regno incantato tra maestose torri cacao, cioccolatini giganti e im-
ponenti lollipop, ogni angolo della struttura è un inno alla fantasia. Si veste a festa anche la proposta gastronomica: al Pellico 3 gli ospiti sono attesi per il Gran Cenone di San Silvestro, un percorso dove le tradizioni italiane incontrano una creatività moderna. L’atmosfera del Mio Lab è perfetta per un brindisi a base di bollicine o per un cocktail inedito, mentre La Cupola con vista accoglie chi vuole festeggiare la cena della vigilia, il pranzo di Natale e il cenone di Capodanno.
LIVING
LA PIZZA ROMANA NEL MONDO
Fra le stelle della pizza romana c’è il maestro Cristiano Garbarino, campione del mondo 2018, che da molti anni punta sulla formazione delle nuove generazioni. Ha fondato la scuola Percorsi di Pizza con un approccio trasversale e innovativo. I suoi corsi sono molto diversificati: quelli amatoriali conquistano un pubblico di tutte le età, mentre quelli professionali creano futuri pizzaioli o sono finalizzati ad approfondimenti tematici, perché la formazione continua è fondamentale in ogni ambito e il sapere artigianale va tramandato per far nascere nuovi talenti. Le lezioni, pizza class o team building aziendali con Garbarino si svolgono in tutta Italia e all’estero. A Roma, tra dicembre e gennaio saranno tante le date in programma per passare dalla teoria alla pratica, partendo dalla conoscenza delle farine per arrivare alla miscela per impasti perfetti, dalla gestione delle idratazioni a stesura, cottura e finitura.
TORNA LA MAGIA
Nel cuore di Trastevere, all’interno dell’Orto Botanico, Trame di Luce è la mostra di light art che da anni incanta le più importanti città del mondo. Un percorso di installazioni luminose ogni anno a tema diverso, che si fondono con la natura. Il tema di quest’anno è ‘Il Natale ha una nuova luce’, a cui si sono ispirati artisti di fama internazionale. Sono stati coinvolti anche studenti e professori di università e scuole di formazione italiane. Per tutto dicembre e fino al 6 gennaio, con le sue 20 installazioni e molteplici sorprese, Trame di Luce è l’evento immersivo da mettere in agenda per una pausa tra arte, natura e meraviglie, per un viaggio sensoriale.
ATMOSFERE FESTIVE FRA ITALIA E FRANCIA
in un gioco creativo che mescola sapori e tradizioni italiane con un tocco francese, ha dato vita a un originale menu per le festività che appare come un ponte fra Italia e Francia. Qualche esempio? Il panettone al gorgonzola e mostarda di frutta o quello al foie gras e pepe sarawak, da gustare come aperitivo, e il dolce della tradizione francese interpretato con un classico italiano: la bûche de Noël al tiramisù. Allo stesso modo, nel menu del rooftop Settimo per la vigilia spiccano i triangoli ripieni di fonduta di zucca con timo e limone, salsa blu di bufala e tartufo nero pregiato servito al momento, oppure il petto d’anatra con gel al mandarino, crumble di cocco, insalatina e soffice di patate viola. Per far brindare i piccoli, il bar e restaurant manager Dima Ciocia ha creato il mocktail Settimo Red: un cocktail analcolico con frutti rossi, zucchero, succo di limone, di ananas e cranberry.
Arriva il David Bowie Center
LIVING LONDRA
di Augusto Snodgrass
Una grande notizia per tutti gli amanti del rock e, in particolare, per i fan di David Bowie (nella foto), autore di successi quali Starman, Changes e Heroes. A settembre sarà inaugurato, all’interno di un nuovo spazio nel Victoria and Albert Museum, il museo permanente David Bowie Center. Nel nuovo centro, nella zona di South Kensington, si potrà rivivere tutta la magia del Duca Bianco attraverso 90mila tra oggetti, foto, testi autografi, vestiti e strumenti.
La BOHÈME di Puccini al The Shaw Theatre
Debutto londinese a dicembre al The Shaw Theatre per La Bohème di Giacomo Puccini, diretta dal maestro Dimitri Scarlato (nella foto), con la direzione artistica di Mirko Materazzo. L’opera arriva nella City dopo il successo ottenuto a luglio al Teatro Asioli di Correggio, in provincia di Reggio Emilia.
Artusi e la Romagna
protagonisti
del BUON CIBO
Pellegrino Artusi, autore del libro di ricette La scienza in cucina e l’arte di mangiare bene, e la sua Romagna sono stati protagonisti di una due giorni londinese che ha richiamato non solo i tanti italiani che lavorano nella City, ma anche tanti inglesi incuriositi dal buon cibo e dalla cultura culinaria. Casa Artusi ha organizzato a Eataly London la mostra Italianismi nel mondo sulle parole più diffuse nel campo della cucina italiana. Sempre Casa Artusi è stata protagonista dell’evento Italea Emilia-Romagna e Casa Artusi, organizzata nella Giornata del Turismo delle Radici. In chiusura Matteo Milandri (nella foto), della Scuola di cucina Artusi, ha fatto una sessione di cucina dal vivo.
LIVING
NEW YORK
di Aka Sarabeth
L’albero di Natale torna a illuminare il
Rockefeller Center
Nel weekend di Veterans Day, il 9 novembre, l’albero di Natale del Rockefeller Center è tornato a illuminare New York. Quest’anno l’abete rosso proviene da West Stockbridge, Massachusetts, per la prima volta dal 1959. L’albero, donato dalla famiglia Albert, pesa 11 tonnellate, è alto circa 22,5 metri ed è stato decorato con oltre 50mila luci led multicolori a risparmio energetico, con una stella di circa 2,7 metri, impreziosita da tre milioni di cristalli Swarovski. L’albero resterà esposto fino ai primi giorni di gennaio, offrendo a residenti e turisti un’attrazione durante le festività. Nel contesto delle celebrazioni, una nota riguarda lo store Saks Fifth Avenue: per il suo centesimo anniversario, il consueto spettacolo di luci sulla facciata è stato cancellato.
Suoni e arte in METROPOLITANA
Immaginate di trovarvi in una delle stazioni più affollate di New York, in attesa del treno, quando improvvisamente una melodia inizia a risuonare. Non è una canzone preregistrata, ma una sinfonia che prende vita grazie ai vostri stessi movimenti. È questa l’esperienza che regala l’opera Reach New York, An Urban Musical Instrument di Christopher Janney, situata alla stazione della metropolitana di 34th Street-Herald Square. Questa installazione interattiva permette ai passeggeri di diventare parte di un’opera d’arte musicale,
attivando suoni melodici con il semplice gesto di passare vicino a sensori speciali. Ogni movimento crea una nuova nota e a volte gli sconosciuti si ritrovano a ‘suonare’ insieme, dando vita a una composizione collettiva.
Il tartufo bianco italiano è il regalo di tendenza
In vista delle festività, New York sta registrando un boom del tartufo bianco italiano. Questo gioiello gastronomico non è solo protagonista dei piatti gourmet nei ristoranti più esclusivi, ma è anche diventato un regalo ricercato per familiari, amici e business partner. La domanda di tartufo, aumentata notevolmente già prima del Ringraziamento, testimonia il crescente interesse per i prodotti italiani autentici. Quest’anno le difficili condizioni meteorologiche hanno reso la raccolta particolarmente impegnativa, con quantità limitate disponibili, rendendo il tartufo ancora più raro e prezioso. Realtà affermate come Nunzia Truffle, fondata dall’abruzzese Nunzia Di Nardo (nella foto), stanno preparando numerosi ordini ricevuti tramite il loro e-commerce, offrendo ai clienti la possibilità di spedire direttamente il tartufo in un elegante packaging.
“Non assumere nessuno che non vorresti incontrare nel corridoio alle tre del mattino.”
Tina Fey
“Cerca sempre di essere più intelligente delle persone che ti assumono.”
Lena Horne
“(Il capo) ha il potere di renderci felici o infelici, di rendere il nostro lavoro leggero o gravoso, un piacere o una fatica.”
Charles Dickens
“I datori di lavoro sono come i cavalli: richiedono gestione.”
P. G. Wodehouse
“Ho bisogno del favore dei miei superiori, ma ho ancora più bisogno di quello dei miei sottoposti.”
Lloyd Blankfein
“Io non sono un businessman, io sono un business.”
Jay-Z
“Il rango non conferisce privilegi né potere: impone responsabilità.”
Peter F. Drucker
“L’animale che un sovrano dovrebbe incarnare dipende molto dalla natura degli animali rappresentati dai suoi seguaci”.
Geert Hofstede
“Nessun uomo mi ha mai comandato, e nessuno lo farà mai.”
Cybill Shepherd
PENSIERI E PAROLE
Capi
“Assumiamo persone intelligenti così possono dirci cosa fare”
Steve Jobs
“Per me, il mio lavoro è una passione. Lo farei gratis, ma non ditelo ai miei capi.”
Chick Hearn
“In passato era l’uomo a essere al centro; in futuro dovrà esserlo il sistema. Questo, però, non significa affatto che non servano grandi uomini.”
Frederick Winslow Taylor
“Se l’ira d’un potente si accende contro di te, non lasciare il tuo posto, perché la calma placa le offese anche gravi”.
Ecclesiaste 10:4
PENSIERO FINALE
“Il capo non dorme: si riposa. Il capo non è mai in ritardo: è trattenuto. Il capo non lascia mai il lavoro: la sua presenza è richiesta altrove.”
— Malcolm Forbes
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