Bianca Magazine N°23

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Anno IV - N.23 Giugno/Luglio ‘20 Copia Omaggio

ALESSANDRA TRIPOLI La passione per il ballo

VIAGGIARE IN SICILIA Le meraviglie della nostra Isola

CONCETTA CASTILLETTI Tra le prime ad isolare il Covid-19 1


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DIRETTORE EDITORIALE Emanuele Cocchiaro

Sommario

DIRETTORE RESPONSABILE Omar Gelsomino DIREZIONE ARTISTICA E IMPAGINAZIONE Samuel Tasca COORDINATORE EDITORIALE Angelo Barone PROGETTO GRAFICO Emanuele Cocchiaro GRAFICI Gaetano Cutello, Samuel Tasca REDAZIONE Via Giovanni Pascoli, 54 Grammichele (CT) - 95042 tel. 0933-946461 redazione@biancamagazine.it FOTOGRAFIA Alfio Bottino, Fabio Consoli, Irene Fiorentino, Flavia Lecci, Marten Kayle, Media & Books, Pro Loco Patti, Stefania Sapuppo, Luca Urso AMMINISTRAZIONE E CONSULENZA LEGALE Avv. Sofia Cocchiaro CONCESSIONARIA PUBBLICITARIA Bibicomm di Emanuele Cocchiaro info@bibicomm.it tel. 0933-946461 HANNO COLLABORATO Angelo Barone, Eleonora Bufalino, Angela Fallea, Omar Gelsomino, Salvatore Genovese, Alessia Giaquinta, Maria Concetta Manticello, Titti Metrico, Vincè Mormina, Irene Novello, Simona Raniolo, Patrizia Rubino, Irene Valerio EDITO DA Emanuele Cocchiaro Editore via Raffaele Failla, 66 - Grammichele (CT) 95042 Sede operativa: via Giovanni Pascoli, 54 Grammichele (CT) 95042 tel. 0933-946461 STAMPA FLYERALARM SrL, G. Galilei 8 a, 39100 Bolzano REGISTRAZIONE Tribunale di Caltagirone n°1 del 12/10/2016 periodico bimestrale Anno IV n°23 redazione@biancamagazine.it direttore@biancamagazine.it ROC N° 26760

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Editoriale Concetta Castilletti Il primo amore al tempo del Covid-19 Partorire durante la pandemia Non tutti gli eroi indossano l’elmo Il Professor Claudio Costantino Al di là dello schermo Ambulanza letteraria La riscoperta dei rapporti umani Il Vescovo Calogero Peri #solosiciliano Fragola Alessandra Tripoli Che fortuna vivere in Sicilia! Tindari Le cascate del fiume Oxena Acireale Michele Cucuzza Flavia Lecci Aldo Mantineo Rubrica: Your Wedding Mood Niente panico. Questo matrimonio s’ha da fare. Rubrica: I racconti di Bianca Al di là di ogni paura Rubrica: SalutiAmo Vivere (sos)pesi nel tempo del Covid-19 Rubrica: I consigli dello Chef Tagliolini alle canocchie e datterini Rubrica: Bianca Pet Sempre insieme, anche in quarantena


editoriale

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giugno luglio

2020

ari lettori, l’ultimo editoriale l’ho scritto proprio nel pieno della pandemia da Coronavirus. Eravamo a casa da qualche giorno e si avvertiva già che questo evento non stava solo incidendo sulla nostra vita quotidiana e sulle nostre abitudini bensì sul nostro modo di intendere la vita. Scrivo queste righe, invece, proprio il 18 maggio, la data che, per molti segna il passaggio alla libertà che volutamente non definisco ritorno. Difatti, in molti di noi c’è poco di ciò che eravamo. Abbiamo riscoperto il valore della casa, del cibo, del lavoro, della famiglia e della solidarietà. Proprio per questo abbiamo pensato questo numero come un diario scritto per raccontare i tanti protagonisti di questi ultimi due mesi. Troveremo così storie di medici, insegnanti, nuovi genitori e innamorati con un occhio di riguardo anche a quei gesti di solidarietà che hanno permesso a tutti di affrontare le difficoltà di questo momento. Occhi puntati sempre sul nostro territorio, sulle bellezze e sulle prelibatezze della nostra terra di cui abbiamo l’onore di poter godere nonostante l’incerta stagione che ci attende. L’ editore Emanuele Cocchiaro

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Concetta Castilletti Una carriera tra sacrifici ed emozioni DI OMAR GELSOMINO

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a notizia ha fatto il giro del mondo. Il virus che ha causato centinaia di migliaia di morti e tiene in apprensione la popolazione mondiale è stato isolato all’Ospedale Spallanzani di Roma. Tra i primi ad ottenere questo straordinario risultato un team italiano e tutto al femminile: insieme a Maria Rosaria Capobianchi e Francesca Colavita anche la siciliana Concetta Castilletti, le tre ricercatrici che in tempo di record hanno isolato il Covid -19. Tempo, pazienza e dedizione sono alla base del suo lavoro. La dottoressa Concetta Castilletti, ragusana, specializzata in microbiologia e virologia, è la responsabile dell’Unità virus emergenti dell’Istituto Spallanzani, dove lavora dal 2000. «Essendo timida e insicura il mio percorso professionale è stato non senza travaglio. Mi sono laureata in biologia e specializzata a Roma dove ci siamo trasferiti con il mio futuro marito, anche lui siciliano. Ho avuto la fortuna di specializzarmi con un guru della virologia, il Professor Dianzani sino a quando sono entrata allo Spallanzani. Sono stata una co.co.co. per tanto tempo, ho conseguito borse di studio, dottorato di ricerca, ecc. f ino a quando nel 2008 ho fatto il concorso per la stabilizzazione. La carriera da precaria è stata molto lunga». A dare la notizia dell’isolamento del virus è stato il Ministro della Salute Roberto Speranza. «Quando tutto il mondo cercava di poterlo studiare siamo stati tra i primi ad isolarlo, tra le 24 e le 48 ore da quando abbiamo avuto il campione, proveniente da uno dei

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due pazienti cinesi diagnosticati in Italia con infezione da Coronavirus ricoverati allo Spallanzani, avevamo già isolato il virus. È stata una bella emozione». Attorno a quella scoperta vi sono studi e speranze del mondo scientifico e di tutti noi. «È un virus che colpisce l’apparato respiratorio e che raramente va in circolo, non sappiamo se gli anticorpi che produciamo ci proteggeranno dalle future infezioni. Non sappiamo quanto tempo dura l’immunità naturale dopo l’infezione, se dopo 4-5 mesi dall’infezione ci si può re-infettare. Stiamo cercando di capire ancora quale sia la soluzione migliore, ci sono dei dati incoraggianti, vi sono studi fatti in vitro, una volta ottenuto un vaccino potenzialmente eff icace sarà testato sugli animali ed inf ine sull’uomo. Poi, dovrà essere prodotto in grandi quantità, di solito ci vogliono anni, adesso parlano di mesi, non credo che riusciremo ad ottenere un vaccino già prodotto da essere somministrato nel giro di un anno e mezzo. Non ci credo, ma spero di essere vivamente smentita. Sembra che ci siano dei benef ici dall’utilizzo del plasma da pazienti già guariti, ma per avere certezza sulla reale eff icacia del trattamento ci vuole tempo, infatti, non è stato ancora pubblicato uno studio scientif ico. Spero di cuore che sia possibile individuare il vaccino

e che il plasma da paziente convalescente sia utile nella terapia. Il salto di specie succederà sempre, avremo sempre nuovi virus contro cui combattere, dobbiamo essere più preparati per altri virus, siamo stati colti alla sprovvista e io stessa non pensavo che si arrivasse a questo, con la situazione di adesso, nessuno di noi della comunità scientif ica europea e statunitense poteva immaginare tutto ciò». Lei, nonostante la sua bravura e le competenze acquisite, è rimasta in Italia contribuendo alla ricerca scientifica. «In passato non mi si è presentata l’opportunità di lavorare all’estero, sono stata fuori per specializzarmi in alcuni vari settori per poco tempo, ma io sono italiana, sto bene qui. Sicuramente all’estero avrei avuto opportunità diverse, ma posso garantire che nonostante in Italia la ricerca sia bistrattata e sottofinanziata, la ricerca è molto vivace e l’ambiente è molto stimolante. Da virologo mi reputo fortunata e sono contenta di poter lavorare allo Spallanzani con i virus emergenti». Prima di tornare in laboratorio ai suoi microscopi e ai virus la dott.ssa Castilletti ci lascia con una sua speranza «Desidero un mondo perfetto, so che non è possibile, mi auguro solo un po’ di serenità». 7


Il primo amore al tempo del covid 19

Tra poesia, realtà e speranza DI ALESSIA GIAQUINTA

La Misura Fatti chiù ddà... ma no troppu luntanu! C’è na misura pi vuliri beni: comu... du’ vrazza jisati! No... no... non su’ minchiati! Jisa lu vrazzu e lu me vrazzu veni, senza toccu di manu... l’amuri è cca! 8

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Aprile 2020. Due giovani ragazzi innamorati, tra gli scaffali di un supermercato, sperimentano quella distanza di sicurezza che divide i loro corpi, bramosi di abbracci e tenere effusioni. Gli sguardi, allora, s’intrecciano alle parole, diventate unica possibilità di espressione e condivisione. Si tratta di una delle tante scene che – in questi mesi di restrizioni dovute all’emergenza Coronavirus – ha ispirato il pluripremiato poeta monterossano, Gaetano Lia, nella scrittura di un ventaglio, componimento poetico caratterizzato da rime a specchio (ABCD-DCBA). L’ obiettivo, come dichiara lo stesso poeta, era quello di «riuscire a raccontare una storia in soli otto versi» ma non una qualsiasi, bensì l’incanto dei primi giovani amori, al tempo del Covid-19. Le rime, nel componimento, a loro volta sembrano voler rispettare quella “misura” – che è la distanza imposta – fino a ricongiungersi nella parte centrale, ove i versi finalmente si “baciano”. Poesia nella poesia, dunque. Al tempo di Coronavirus, infatti, ci si può baciare solo “interiormente”, col pensiero, col desiderio, con l’immaginazione, mentre i corpi devono rispettare una distanza pari a du’ vrazza jisati, due braccia stese, come dice il poeta Lia nel suo ventaglio. A meno che non si è... congiunti! Ma no, purtroppo, non è il caso dei due ragazzi in questione che, pur ritenendo il loro sentimento forte e capace di sfidare il mondo, non sono congiunti [termine (ab)usato, oggi, per indicare gli affetti stabili, al di là dei vincoli giuridici]. Loro, come tanti altri, invece fanno parte di quelli che dovrebbero vivere l’ebbrezza del primo amore – quello delle farfalle allo stomaco, per intenderci, – nei timidi baci, nelle passeggiate al chiaro di luna, un amore alimentato da imbarazzi e segreti, fatto di sorprese e tenerezze. In questo caso, però, non si può! Non si può proprio vivere l’amore “liberamente”. A vietarlo, però, non è una legge – come credono in tanti – piuttosto la certezza che una mascherina e la necessaria distanza di sicurezza possano evitare il diffondersi del virus e, di conseguenza, mettere fine quanto prima allo stato pandemico. La vicenda descritta non ha luogo perché, allo stesso modo e con le stesse dinamiche, si è verificata in Spagna, in Cina, in America o in Romania, così come in Inghilterra, Italia o Giappone: insomma nel mondo gli innamorati, al tempo di Covid-19, hanno tutti dovuto rinunciare a ciò che prima era per loro (e non solo!) ritenuto “normale”, “scontato”. Questa situazione ci aiuterà, forse, ad apprezzare di più la bellezza dell’incontro con l’altro? E l’amore, così vissuto in questo periodo, svanirà? O sarà capace di attendere? Lasciamo, allora, rispondere Gabriel Garcìa Marquez che, nella sua celebre opera L’amore ai tempi del colera, scrive che il protagonista, Florentino Ariza, era riuscito ad aspettare “cinquantatré anni, sette mesi e undici giorni con le loro notti”. Anche al tempo del Covid-19, anche senza toccu di manu, sfioramento di mani, nonostante ogni “misura”, l’amore – quello vero, anche il primo – deve saper vincere tutto. «Omnia vincit amor», conclude il poeta, commentando l’episodio descritto. L’augurio è, infatti, che «questo maledetto Covid-19, che sta incidendo negativamente sull’organizzazione e l’economia del mondo intero, e sta sacrificando le legittime tenerezze dei ragazzi innamorati - proprio come fa la guerra! - non riesca, almeno, a sacrificarne i sentimenti». 9


Partorire durante la pandemia La forza della vita DI ALESSIA GIAQUINTA

«Appena ho visto il mio piccolo Benjamin, ogni paura si è affievolita». È così, con gli occhi commossi e un sorriso coperto da una mascherina, che Lorena D’Asta descrive il suo parto, al tempo del Coronavirus. Perché la vita ha una forza superiore, divina potremmo dire. Un giorno, le mamme di oggi, racconteranno ai loro piccoli che sono nati in un momento in cui la paura sovrastava le comuni ansie, rendendo il parto un’ esperienza, a tratti, difficile. Nessun papà, infatti, ha accompagnato la propria donna in sala parto, nessun parente ha potuto assistere in ospedale, nessun familiare è stato lì a condividere i memorabili attimi che segnano la vita di ogni mamma. Il Coronavirus, infatti, ha imposto norme restrittive in tutti gli ambienti e, a maggior ragione, in quel luogo sacro in cui, quotidianamente, più volte al giorno, il pianto di un bambino ha la forza di rallegrare il mondo. «Non è stato facile. Mi mancava mio marito e la mia famiglia. Spesso ho pianto prima di partorire e, nel silenzio dei corridoi, sentivo piangere altre donne, come me», continua Lorena D’Asta. È paura mista alla gioia quella che invade gli occhi delle mamme in attesa. Poi, come un prodigio, un corpicino inerme – che necessita di amore – riesce a cancellare ogni pensiero e fatica. La vita va avanti. Nella sala parto, ogni giorno, nasce il futuro, nonostante tutto. 10 BIANCAPEOPLE

Francesca, Michele, Carla, Valerio, Giovanni, Claudia, Benjamin: sono solo alcuni dei nuovi arrivati, in questi mesi difficili per il mondo. «Non potevo avere la mia famiglia accanto – continua mamma Lorena – ma, devo ammettere, che tutto il personale dell’ospedale è riuscito a non farmi sentire mai sola, lavorando sempre con professionalità, con passione e col sorriso». Un sorriso nascosto dalle mascherine eppure, nonostante ciò, visibile e concreto. I nati al tempo del Coronavirus non si può dire certo che siano venuti al mondo nella migliore delle condizioni ma, più di ogni altro momento, sono la testimonianza tangibile della forza meravigliosa della vita, capace di andare avanti sempre. Anche la zia, Giusy Petriglieri, ha sofferto parecchio il fatto di non poter stare accanto al nipotino appena nato: le videochiamate e le foto, giunte dopo poche ore dal parto, del piccolo Benjamin sono state, però, un modo per gioire ed emozionarsi da casa. «Sapere mia cognata, sola, in ospedale mi faceva stare male. Ho passato anche notti insonni. Ma, pensare alla nascita del mio nipotino e finalmente vederlo, anche telefonicamente, mi rallegrava. È un bimbo bellissimo. Non vedo l’ora di incontrare lui e anche Biagio, l’altro nipotino. Al momento anche una loro video-chiamata mi cambia la giornata. Sono una persona nuova grazie a loro».


Le restrizioni sono, in qualche maniera, anche un modo per concentrarci sull’essenziale e focalizzare ciò che è realmente necessario. Ecco che i nuovi nati, rappresentano, soprattutto in questo momento, un richiamo alla positività, al futuro, al flusso della vita incessante che procede. Benjamin ora è finalmente nella sua casa, a Comiso. Ha potuto così conoscere, finalmente, il suo papà e il suo piccolo fratellino. A distanza, e muniti di mascherine, anche i nonni e gli zii gli hanno dato il benvenuto. Fuori, nel mondo, esiste la paura. Il piccolo Benjamin, no, non sa ancora cosa sia! Tra le braccia di mamma e quelle di papà ha trovato il suo mondo perfetto, quello semplice e rassicurante che tutti abbiamo conosciuto e forse, un po’ dimenticato. L’invito è allora tornare all’ essenzialità di quel mondo: anche noi, come i nuovi nati, abbiamo bisogno di conforto e certezze; anche noi, come loro, abbiamo bisogno di sperare nel futuro. Proprio in questo istante, sta nascendo una nuova vita che, a sua volta, produrrà sorrisi e speranze. Sia questa la notizia migliore: la vita, nella natura e nell’uomo, va avanti. “Ogni bambino che nasce ci ricorda che Dio non è ancora stanco degli uomini”, disse Tagore. Abbiamo, dunque, ancora speranza! Il piccolo Benjamin ne è la prova vivente! 11


Non tutti gli eroi indossano l’elmo DI IRENE VALERIO

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il giugno del 1867: l’estate palpebra tra i verdi campi dell’ Isola, gli alberi di gelsi straripano di succosi frutti e i contadini si preparano per la raccolta, ma la dolce nenia della bella stagione viene inaspettatamente disturbata dalle voci a proposito di alcuni decessi sospetti e di una malattia che si sta diffondendo celermente di città in città, la quale ricorda in modo preoccupante il colera, il terribile morbo che ha già funestato la Sicilia nelle epoche precedenti provocando morte e desolazione. La gente, tuttavia, dubita che il ritorno del funesto nemico sia possibile, in quanto i patrioti – prima di spodestare il governo borbonico e rendere l’ Isola parte del regno d’ Italia – hanno promesso che con i Savoia al potere le epidemie di colera cesseranno. Ben presto però, man mano che l’ infezione si propaga, ogni speranza viene infranta: il male che tutti credono sia stato seppellito nei libri di storia è risorto. Da giugno a settembre il contagio è implacabile: nella sola provincia di Catania vengono registrati oltre quindicimila casi e si contano circa dodicimila vittime, perlopiù tra le fasce più umili della popolazione, abbandonata alle precarie condizioni igieniche nelle quali vive e ai rudimentali mezzi della medicina tradizionale. Quando scoppia l’ epidemia, Vincenzo Attanasio, medico residente a Grammichele, ha trentaquattro anni. Mentre le notizie sulla piaga che avanza corrono da una provincia all’ altra, egli spera che il suo paese sia risparmiato, ma presto compaiono i primi casi e si segnalano le prime morti: la gente si sente tradita dalle chimeriche promesse con le quali i patrioti l’ hanno ammaliata e cerca un modo per proteggersi, ma non ci riesce, perciò si lascia soggiogare dalla paura e, sopraffatta da una minaccia che non può controllare, va alla ricerca di un responsabile cui affibbiare la colpa della dilagante devastazione, giungendo alla conclusione che sia il governo, proprio come si sospettava ai tempi del dominio borbonico, ad avvelenare i pozzi e a spargere nell’ aria le “balle di

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colera”. In alcuni casi, addirittura, si organizzano ronde notturne per stanare gli untori e si ricorre alle maniere forti allorquando qualcuno viene sventuratamente sorpreso in giro nelle ore buie. In un tale clima di disperazione, Vincenzo si guarda attorno e vede solo sconforto, ode i discorsi dei suoi compaesani, ascolta le loro incertezze legate al nebuloso domani, sente i sospiri che si levano per le strade al calar della sera, quando un’ altra giornata identica a quelle che l’ hanno preceduta giunge al termine e la gente si rifugia nel proprio cantuccio, addormentandosi mestamente speranzosa in una rinascita. Il giovane dottore potrebbe rintanarsi come stanno facendo gli agiati possidenti, potrebbe chiudersi in casa e aspettare che il colera vada via, ma il senso del dovere lo spinge verso una missione inderogabile e lo esorta a scendere in campo nonostante i rischi “in soccorso degli infermi, del povero e del ricco ugualmente sollecito”. L’ impegno di Vincenzo, nei giorni in cui i membri del corpo sanitario lottano in prima linea nell’ impari guerra contro il Covid-19, mentre la lista dei medici deceduti nelle trincee degli ospedali si infittisce a ogni ora, commuove ancora di più adesso che abbiamo testato sulla pelle il significato della parola “epidemia”, soprattutto perché ricorda che non tutti gli eroi indossano l’ elmo: la storia, con la sua predilezione per le gesta belliche e le grandi epopee, idolatra i grandi condottieri e gli audaci leader, conserva i loro ritratti e magnifica i loro nomi, ma l’ umanità è progredita e ha vinto inenarrabili sfide principalmente grazie all’ operato degli anonimi eroi come il medico grammichelese e i suoi odierni successori, eroi senza gloria che hanno messo a repentaglio ogni cosa e l’ hanno offerta ai bisognosi, gente comune che, pur non conoscendo il plauso delle folle, ha compiuto imprese prodi a cui vale la pena di tributare un omaggio. Fonti: Elementi per una storia del popolo di Grammichele e di Sicilia, Autori Vari; Edizione Pro Loco Grammichele; 1986


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Il Prof. Claudio

Costantino: «Siciliani, siete stati bravi!» DI ANGELA FALLEA

Medico-Chirurgo, Specialista in Igiene e Medicina preventiva, Dottore di ricerca e Ricercatore presso l’Università degli Studi di Palermo, Claudio Costantino, insegna in diversi corsi di studio. Si occupa di Igiene degli alimenti, di prevenzione primaria/secondaria e screening oncologici. Con estremo orgoglio posso dire di essere stata sua studentessa durante il mio percorso di studi in Scienze e Tecnologie Agroalimentari. 14

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onostante si occupi da sempre di vaccinazioni in qualità di Ricercatore, dal mese di Marzo 2020 ha preso servizio anche come Dirigente Medico presso l’Unità Operativa Complessa di Epidemiologia Clinica con Registro Tumori dell’Ospedale Policlinico Universitario “Paolo Giaccone” di Palermo per condurre non soltanto l’attività dell’Ambulatorio Vaccinale Ospedaliero del Policlinico di Palermo (il primo in Sicilia Occidentale con queste caratteristiche), lavoro che svolge insieme ai colleghi Vincenzo Restivo e Giorgio Graziano, ma anche per supportare l’attività dei colleghi del Laboratorio di Riferimento Regionale per la Diagnostica Molecolare delle patologie infettive prevenibili da vaccino della Sicilia Occidentale, diretto dal Prof. Francesco Vitale. Il laboratorio dal 2009 è il riferimento per la diagnostica dei tamponi per i virus influenzali e per il morbillo, tra gli altri, è riconosciuto e validato dall’Istituto Superiore di Sanità e dall’OMS. Con l’arrivo della pandemia da SARS-CoV-2 è diventato anche laboratorio di riferimento per la Sicilia Occidentale per la diagnostica molecolare del SARS-CoV-2. «È stato un grande lavoro di squadra, il team del laboratorio ha lavorato in maniera incessante, H24. L’attività di laboratorio consiste di fatto nell’analisi molecolare dei tamponi naso ed orofaringei, oltre che dei liquidi di lavaggio broncoalveolare in alcuni casi, prelevati su casi sospetti di infezione/malattia. Vengono estratti gli acidi nucleici dalle cellule prelevate, vengono poi sottoposti ad amplificazione mediante PCR (Polymerase Chain Reaction, ndr) per arrivare ad avere l’esito». Con il tempo, il Laboratorio è stato in grado di validare i Laboratori Periferici che via via si sono aggiunti alla Rete Regionale della Diagnostica del SARS-CoV-2 (Ospedale Cervello, ARNAS

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Civico, Buccheri La Ferla, Istituto Zooprofilattico di Palermo, etc) che sono andati a rinforzare la Rete Diagnostica Territoriale della Sicilia Occidentale. Il Professore Costantino è una persona positiva, lo percepisci dal suo sorriso. «Ho cercato di trovare sempre il lato positivo, questa esperienza ha cambiato un po’ tutti e da adesso in poi, continueremo ad essere più attenti anche ai piccoli gesti quotidiani». L’aspetto che più mi colpisce quando lo ascolto è la grande umanità. «Mi auguro che presto potrò bere un caffè con i colleghi che hanno lavorato in trincea nei reparti COVID a stretto contatto coi pazienti affetti dal virus, con cui ci siamo sentiti quasi giornalmente e che abbiamo cercato di supportare e tranquillizzare quando possibile, sapendo che questa storia sarà solo un ricordo lontano. Un pensiero non può che andare ai colleghi del Nord. Molti di loro si sono ritrovati ad affrontare una realtà molto più complessa del Sud. A loro va il nostro abbraccio». Arrivati alla fine di questa piacevole chiacchierata, il professore ci tiene a mandare un messaggio ai siciliani: «Siete stati bravi! I siciliani hanno seguito le regole con grande rispetto e spirito di sacrificio. Perché diciamocelo, restare a casa due mesi, non è stato semplice. Spero che durante questa ripartenza, si continui a mantenere alta l’attenzione e il senso di grande responsabilità mostrato finora da parte di tutti. Mi auguro di tornare presto alla mia attività principale: i vaccini! (magari vaccinando contro questa brutta bestia che è il SARS-CoV-2)». Lo saluto con grande affetto, ringrazio lui e quanti insieme a lui hanno contribuito e contribuiscono con il loro studio, il loro impegno e il loro lavoro a darci una speranza. Questa è la Sicilia che ci piace! 15


Al di là dello schermo: il retroscena della didattica a distanza DI IRENE VALERIO

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l 4 marzo, dopo giorni di accesi dibattiti e di notizie contrastanti, viene ufficializzata la chiusura delle scuole a causa della preoccupante diffusione del Covid-19: di punto in bianco, docenti e studenti di tutta Italia sono costretti a rivoluzionare i loro metodi di lavoro, tra incertezze e criticità strumentali. Liliana Mucci, docente madrelingua di conversazione inglese presso il Liceo Classico e Linguistico “Bonaventura Secusio” di Caltagirone, ha illustrato le difficoltà del nuovo modo di fare scuola, mettendo in evidenza anche le opportunità che la reclusione forzata ha offerto. Professoressa, cosa significa essere un insegnante ai tempi del Coronavirus? «Essere un insegnante, oggi più che mai, significa innanzitutto accompagnare i ragazzi, non lasciarli soli durante questo delicato periodo. Non bisogna dimenticare, infatti, che ognuno di loro proviene da un contesto differente e sta affrontando difficoltà a volte anche frustranti, non solo a causa del lockdown: c’è chi ha genitori che combattono in prima linea negli ospedali; c’è chi deve fare i conti con le conseguenze economiche di questa crisi; c’è chi ha perso una persona cara senza poterle dire addio… Ecco perché gli insegnanti sono chiamati a essere vicini agli studenti, non solo tramite le nozioni, ma principalmente aiutandoli a non perdere la speranza». Qual è il ricordo che serba degli ultimi giorni in classe, quando già si presentiva la chiusura delle scuole? «C’era molta perplessità; soprattutto nessuno si aspettava di non

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tornare più tra i banchi. Negli ultimi giorni i ragazzi erano in fibrillazione per la sospensione delle lezioni, ma dopo qualche settimana sono stati loro stessi a rendersi conto che non era così bello come credevano. I maturandi sono coloro che hanno vissuto con più ansia questa situazione e noi docenti stiamo cercando di incoraggiarli e rasserenarli come meglio possiamo. Al di là della prova che dovranno affrontare, a loro pesa non poter vivere assieme l’ultimo anno: il percorso è stato bruscamente interrotto; manca il supporto reciproco, la condivisione delle paure, il confronto, la pizzata con i professori e le scampagnate di classe. Per gli insegnanti, invece, è stata una sfida: nell’incertezza ci hanno chiesto di prendere il timone e di gestire non solo il programma da mandare avanti, ma anche lo smarrimento degli alunni». Quali sono state le difficoltà imposte dalla didattica a distanza? «Innanzitutto la lontananza dai banchi: è mancato il contatto ravvicinato con i ragazzi, vederli alzare la mano durante le lezioni, il loro sorriso, lo sguardo intimorito quando sono impreparati e quello un po’ birichino quando hanno combinato qualche marachella... Adesso tutto è filtrato dallo schermo e ciò ha mutato completamente il ruolo dell’insegnante». Ritiene che la scuola italiana, con i mezzi di cui dispone e con la formazione che offre agli insegnanti, fosse pronta ad affrontare una simile sfida? «Nessuno era preparato per una sfida del genere, nemmeno noi insegnanti. Inizialmente siamo stati colti di sorpresa, perché, pur utilizzando il registro elettronico ogni giorno, non avevamo mai tenuto lezioni a distanza, perciò non sapevamo bene come muoverci e quale piattaforma usare tra le tante disponibili. Tra di noi, tuttavia, c’è stata grande collaborazione e ci siamo subito attivati per non bloccare gli ingranaggi, occupandoci, tra l’altro, di fornire computer e tablet agli studenti che non ne erano in possesso». Come immagina il futuro della scuola? «Stiamo ancora aspettando disposizioni dal Ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, per cui c’è ancora tanta incertezza. Sappiamo che tutto sarà trasformato, ma noi insegnanti facciamo parte di una delle più dinamiche categorie e siamo abituati, con le continue riforme cui abbiamo dovuto adattarci, ad evolvere, perciò saremo pronti a reagire sollecitamente a qualsiasi ingiunzione, senza mai abbandonare i ragazzi». 17


La libroterapia come cura dell’anima DI ELEONORA BUFALINO

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da emozioni negative che influenzano la nostra quotidianità; la terapia dell’arte propone una guarigione basata su ciò che potremmo leggere per alleviare queste sensazioni. Il progetto approda in scuole, biblioteche e piazze dove, soprattutto in occasione di eventi cittadini, la gente può avvicinarsi, incuriosita dal format molto particolare: un’auto bianca Da questi dati eloquenti nasce l’idea dello scrittore siciliano con la scritta rossa “Ambulanza Letteraria”, camici e ricette Cono Cinquemani e di un gruppo di giovani che hanno mediche pronte a essere somministrate a chiunque ne senta realizzato il desiderio di offrire una vera e propria libreria il bisogno! Accade perciò che il piacere della lettura s’incarna itinerante ai territori carenti di questi essenziali luoghi in un atto performativo: i “terapisti” osservano e ascoltano di aggregazione culturale. Il metodo applicato è quello i loro interlocutori e poi consigliano di abbandonarsi della “libroterapia”, ovvero la cura dell’anima attraverso alle pagine di un particolare libro, a seconda di quale sia la lettura. Un approccio addirittura risalente alle antiche l’emozione da combattere: rabbia, tristezza, timidezza, civiltà classiche ma teorizzato in ambito psicoterapeutico gelosia, stress. L’idea è vulcanica come la città dalla quale intorno agli anni ’30 del Novecento dagli psichiatri americani è partita, Catania, toccando poi anche Palermo, Favara, William e Karl Menninger, che ne testarono l’efficacia Palazzolo Acreide, Sambuca di Sicilia, Zafferana Etnea, su molti pazienti, nonostante le difficoltà riscontrate nel Canicattini Bagni e altre realtà in cui sono stati distribuiti dimostrarne la base scientifica. Spesso, infatti, siamo invasi numerosi volumi a gente di tutte le età.

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econdo l’AIE, Associazione Italiana Editori, sono 687 i comuni sopra i 10 mila abitanti a essere sprovvisti di una libreria. Esempio siciliano per eccellenza è Taormina: perla di maestosa cultura e bellezza che ogni anno ospita migliaia di turisti da tutto il mondo.

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Ma, a causa dell’emergenza sanitaria degli scorsi mesi, l’Ambulanza ha dovuto sospendere i suoi tour. Eppure, ciò non le ha impedito di continuare a veicolare il suo messaggio curativo. Approfittando del centenario della nascita di Gianni Rodari, i volontari del progetto hanno lanciato “Favole al telefono”, titolo volutamente ispirato alla raccolta pubblicata da Einaudi nel 1962. Durante le settimane della quarantena l’iniziativa è stata trasmessa tutti i pomeriggi, dalle ore 15 alle 16, sulla pagina Facebook di Ambulanza Letteraria: un appuntamento quotidiano per ascoltare le più belle fiabe della tradizione italiana. Un antidoto alla noia e alla mancanza di stimoli che ha contraddistinto il difficile periodo vissuto; a maggior ragione per i più piccoli, costretti a rinunciare alla loro voglia di correre e giocare all’aperto. I social, usati da “Ambulanza Letteraria” principalmente per comunicare le tappe degli spostamenti nelle varie città, si sono trasformati in finestre sul mondo e le voci dei volontari hanno dato magicamente vita ai personaggi delle storie fantastiche e

senza tempo di Rodari, lo scrittore che rivoluzionò il modo di comunicare con i bambini. Il messaggio del promotore di questa esplosione di idee, Cono Cinquemani e dei suoi brillanti collaboratori, Demetra Barone, Lorena Cinquemani, Fausto Pirrello, Margherita Ingoglia e Rosella Calandra, suona forte e chiaro: l’importanza della lettura è indiscutibile e non può non trovare il posto che merita tra le strade e i negozi dei nostri centri abitati. Ed è proprio vero che le parole diventano armi potentissime e che leggere non provoca nessun effetto collaterale, se non quello di esplorare mete, esperienze e vite sconosciute. Ci auguriamo dunque di veder sfrecciare presto il pronto soccorso mobile di “Ambulanza Letteraria” e di lasciarci coinvolgere dalla passione per questo ambizioso e nobile progetto, provando a guarire e a ritrovare le nostre sopite emozioni positive! 19


La riscoperta dei rapporti umani DI OMAR GELSOMINO

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n un attimo la nostra vita è cambiata. Mentre un virus si muoveva veloce in quel tempo sospeso, dove tutto è stato immobile per combatterlo,

si sono riscoperte persone, sentimenti e valori

ormai persi. Si sono condivise angosce e paure, si

è aiutato e ci si è fatti aiutare. All’improvviso si è acceso il

motore della solidarietà. Gente comune ha aiutato anziani impossibilitati a fare la spesa o ad andare in farmacia.

Gli uomini della Protezione Civile hanno dato supporto

ai cittadini. I volontari della Croce Rossa Italiana hanno

aiutato quanti avevano bisogno di aiuto: dalla consegna di

farmaci ai buoni spesa, alla distribuzione delle mascherine e degli alimenti. Fondamentale il sostegno psicologico agli anziani, pochi ma intensi momenti di conforto di

fronte ad una solitudine pesante. Quando le mascherine

non si trovavano oppure costavano care, singole persone,

cooperative e associazioni le hanno realizzate per donarle a chi ne fosse sprovvisto, piccole e medie aziende si sono 20 BIANCAPEOPLE

FOTO DI Marten Kayle

riconvertite per produrle. I makers hanno stampato in 3D delle valvole adattabili alle maschere per lo snorkeling, i pizzaioli hanno donato le pizze nei reparti ospedalieri. I disabili siciliani, le associazioni di categoria, gli ordini professionali, i corpi militari italiani e le forze dell’ordine hanno sottoscritto raccolte fondi. Imprenditori, gruppi commerciali e personalità siciliane hanno promosso iniziative di solidarietà: CDS Spa ha donato 230 mila euro ai comuni, in cui è presente con i suoi punti vendita, da destinare alle famiglie meno fortunate; il gruppo Decò dei Fratelli Arena ha lanciato l’iniziativa del carrello sospeso, una raccolta alimentare, coinvolgendo 30 aziende siciliane, per le famiglie colpite dal lockdown in collaborazione con il Banco Alimentare Siciliano e donato 250.000 euro alla rete ospedaliera delle province siciliane maggiormente colpite dall’epidemia, dato la priorità nella spesa a medici e infermieri e un bonus di 120 euro ai propri dipendenti; l’azienda Fiasconaro ha inviato le colombe


pasquali al personale sanitario degli ospedali italiani; imprese hanno donato le eccellenze siciliane al Nord destinandole alla famiglie in difficoltà.

siciliani hanno messo all’asta le loro opere per devolvere il ricavato alla Croce Rossa.

A New York l’artista calatino Sergio Furnari, insieme ad Maria Grazia Cucinotta e il produttore cinese Fang Li Agatha Surma, Izzy Church, Caterina Mazzei e Marten hanno fatto arrivare in Italia 100 mila mascherine, inoltre, Kayle, ha realizzato il Covid Hero Monument, dedicato l’attrice e produttrice siciliana è stata una delle firmatarie ai soccorritori. Piero Barone de “Il Volo”, Lello Analfino, della petizione per istituire la Giornata di Festa dei Camici Silvio Schembri, Sergio Friscia, Pino Cuttaia, Daniele Bianchi il prossimo 20 febbraio, per ringraziare il personale Magro, Gianfranco Jannuzzo, hanno partecipato alle sanitario che lavora negli ospedali e quanti hanno perso la raccolte fondi per l’acquisto di respiratori e mascherine vita in questa pandemia. La Maredolce Onlus di Ficarra donati agli ospedali agrigentini, anche l’imprenditore e Picone, Stefania Petyx e Pif ha donato al Policlinico Salvatore Moncada ha donato delle attrezzature di Palermo un ventilatore polmonare, ha promosso una ospedaliere. Diletta Leotta, Maxi Lopez e tanti altri sono raccolta fondi per le famiglie bisognose e un’asta benefica di stati testimonial di Catania aiuta Catania. In tanti, e ce ne maglie del Palermo, con la partecipazione dell’associazione scusiamo se non li citiamo tutti, hanno operato e operano collezionisti rosanero e del ASD Palermo Calcio A5. nel silenzio più totale. Mentre il personale sanitario, con Cantanti, musicisti, presentatori e tanti altri si sono uniti abnegazione e professionalità, ci ha insegnato il valore del con il concerto “Sogno siciliano” per dimostrare che “la proprio dovere abbiamo riscoperto il senso di solidarietà, nostra Sicilia vincerà anche questa battaglia”. Artisti l’orgoglio di essere siciliani, di essere italiani. 21


Il Vescovo

Calogero Peri: «Solo l’amore è ciò per cui dovremmo sempre vivere» DI OMAR GELSOMINO FOTO DI IRENE FIORENTINO

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Il Vescovo della Diocesi di Caltagirone, Mons. Calogero Peri, guarito dal Coronavirus ci racconta la sua esperienza e il conforto ricevuto dai fedeli.

Eccellenza Reverendissima, come ha vissuto questa forte esperienza? «Oramai sono guarito e sto bene. Ringrazio Dio e la bravura dei medici e degli operatori sanitari che si spendono per rendere la permanenza in ospedale meno pesante possibile. Se guardo indietro la situazione cambia. Ci sono stati momenti pesanti e pieni di preoccupazione, specialmente quando c’era la febbre e non avevo una diagnosi precisa. I giorni in cui sono iniziate le cure è stato un periodo duro. Vedere la luce alla fine del tunnel, sempre più forte e vicina, è una sensazione che sto vivendo adesso». Immaginava di ricevere tutto questo conforto? «Ho ricevuto tanto affetto, più di quello che ho donato. Ho sentito la vicinanza, la preoccupazione e la preghiera di tantissime persone. Tutto questo mi ha commosso, mi ha interrogato, mi ha incoraggiato riempiendo il tempo, il silenzio e la solitudine di quei giorni. Quando senti che tutto potrebbe accadere, non c’è più tempo di chiederti che cosa ti porti, quello che conta è altro. In quel momento senti che ti resta solo il cuore per questo viaggio. C’è spazio solo per le relazioni vere, per la comunione, per l’unità; solo per l’amore che abbiamo vissuto, abbiamo dato e ricevuto, quello che è stato vero o sincero. Nella vita non c’è tempo per perdere tempo, l’unico modo per farlo è vivere ciò che puoi portare con te da questa vita».

aspettato e poi ho sentito. Ho detto: “eccomi qui Signore avvenga quello che tu vuoi”». C’è mai stato un momento in cui ha perso la speranza?

«La risposta più vera è: sì e no. Sì, ho avuto paura per la mia

salute e per gli esiti che avrebbe potuto avere. Più volte ho temuto che potesse essere la mia malattia finale: quando le forze andavano sempre più scemando e con esse la speranza di una possibile ripresa. No perché, la speranza è ciò che noi credenti riceviamo come forza di Dio e che siamo chiamati a coltivare e incarnare in tutti i modi. La speranza si è trasformata in affidamento, in fiducia. Ho cercato di dire il mio eccomi, totale, spontaneo, generoso e incondizionato».

Lei ha scritto “All’improvviso ci siamo svegliati tutti come da un sogno e abbiamo trovato il mondo diverso”, come è cambiato il mondo? «Spero che lo “stare dentro” ci abbia permesso di fare anche un viaggio di interiorità e di approfondimento. Ora è il momento di ripartire con le dovute cautele, di ottimizzare ciò che abbiamo imparato. Papa Francesco ci dice che l’esperienza di famiglia che abbiamo vissuto siamo chiamati a viverla nella libertà per rendere le nostre case luogo di preghiera, di comunione, di unità e di amore. Cosa abbiamo udito da questa storia del Coronavirus, da questa storia del distanziamento sociale, di Chi è stato il suo compagno di stanza in queste settimane? sofferenza, di malattia e di morte? Ad ogni cosa dovremmo «Un piccolo crocifisso di San Damiano è stato il mio dare il suo giusto valore, cercando di non legare il nostro cuore compagno. Mi sono riferito spesso a lui perché era l’unica a nessuna cosa. La sensazione di dover lasciare tutto da un immagine, l’unica presenza. All’inizio, anch’io gli ho chiesto momento all’altro mi ha aiutato a capire che l’assoluto è solo qualcosa, poi ho cercato di ascoltarlo nel silenzio e di accoglierlo ciò che ci possiamo portare nell’aldilà. E non dimentichiamo nella mia vita e accorciare la distanza che da lui mi separava. che solo l’amore è eterno, l’Amore che è Dio ed anche il nostro, In un momento come quello della malattia si dice: “Padre quando amiamo come lui. Solo l’amore ci porta, solo l’amore io consegno il mio spirito, il mio corpo, la mia malattia, la mia resta; solo l’amore è ciò per cui dovremmo vivere. Infatti, solo situazione”, ma farlo diventare un pensiero e una preghiera che l’amore è ciò che ci permette di morire senza rimpianti e senza scaturisce dal cuore è frutto di un dono che ho invocato, ho aver la sensazione di aver perso tempo». 23


#solosiciliano Tutte le eccellenze del made in Sicily

DI TITTI METRICO

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na mattina ci siamo svegliati e, come nel peggiore degli incubi, ci siamo accorti che il nostro mondo non era più lo stesso. Il virus più aggressivo degli ultimi anni, oltre che falciare vite, ci ha fatto sperimentare qualcosa di mai visto e che mai avremo potuto immaginare: l’incertezza per il futuro, la difficoltà di andare avanti senza avere più un lavoro. Ma come molto spesso succede, nei momenti di difficoltà si ritrova la solidarietà, la coesione e il senso di appartenenza, tutti valori che sono nel dna del popolo siciliano, un popolo forte, caparbio e avvezzo a tutte le avversità. Ed è così che, grazie anche alla tecnologia di internet, è nato “Io Compro Siciliano”, un gruppo di amici attraverso Facebook ha deciso di dare nuova voce e speranza di un pronto rilancio all’economia siciliana, da un caso social si è trasformato in una piattaforma. Come dichiarano gli amministratori del gruppo, Davide

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Morici, Giuseppe Giorgianni e Francesco Caravello: «Io compro siciliano dà voce alle piccole e medie imprese impegnate, con passione e competenza, nel duro lavoro di portare avanti quotidianamente l’idea di una terra che produce eccellenze in ogni campo, dall’agroalimentare all’artigianato, dal manifatturiero in generale al turismo, fino all’arte e alla cultura. Lo abbiamo fatto dal basso, ovvero attraverso le decine di migliaia di membri iscritti che, da consumatori non interessati, hanno fatto da cassa di risonanza sincera dei prodotti di alta qualità che la Sicilia può vantare in tutti questi settori. Nel breve volgere di qualche settimana metteremo a sistema tutto ciò che è avvenuto in maniera spontanea nel gruppo di Io Compro Siciliano, ovvero l’incontro tra la domanda e l’offerta. La seconda fase del progetto prevede inoltre l’utilizzo di strumenti di sostegno alle imprese più piccole e meno strutturate al fine di renderle pronte e competitive nei mercati locali e internazionali. In breve, Io Compro Siciliano diventerà un punto di riferimento per le imprese che scommettono sull’identità e sulla qualità dei propri prodotti sia per il mercato regionale che nazionale e internazionale».


#iocomprosiciliano #iomangioebevosiciliano

Con il passare dei giorni l’attenzione nei riguardi di questo gruppo è diventata virale ed è sorta anche l’idea del “Panaro Siciliano” cioè la possibilità di avere direttamente a casa propria i prodotti di eccellenza siciliani, perché nonostante la Sicilia sia la regione più ricca al mondo di Presidi Slow Food (ad oggi 47), il sistema della grande distribuzione ha spesso penalizzato proprio i mercati isolani nel nome delle logiche di mercato. Panaro Slow coglie diversi obiettivi: - Sostiene i produttori dei Presìdi e delle comunità Slow Food in Sicilia; - Offre la possibilità ai soci Slow Food di avere cibo buono, pulito e giusto; - Propone un cibo di prossimità, salubre e del tutto artigianale; - Offre una valida alternativa ai circuiti della grande distribuzione; - Afferma i principi di Slow Food delle“ Colture Resilienti”.

Panaro Slow proponeva nella prima fase solo tre tipologie di panieri che contenevano prodotti selezionati fra i presìdi Slow Food. Da maggio, il progetto è entrato nella seconda fase che prevede la composizione del paniere a proprio piacimento scegliendo i prodotti direttamente dal sito online. «La partnership nata ultimamente, tra Slow Food Sicilia e #iomangioebevosiciliano - spiega Rosario Gugliotta, presidente di Slow Food Sicilia - darà l’opportunità ai produttori dei presìdi e delle comunità siciliane di ottenere visibilità all’interno della grande vetrina virtuale di questa iniziativa social, con un approccio dedicato e riconoscibile, consentendo anche di veicolare le offerte legate alla recente iniziativa del “Panaro Slow”, grazie alla quale sarà possibile ricevere i prodotti dei presìdi e delle comunità Slow Food siciliani direttamente a domicilio». Ricordiamoci sempre di acquistare prodotti siciliani, genuini e di qualità, apprezzati nel mondo, solo così aiuteremo le tante imprese in crisi e a rilanciare l’economia siciliana. 25


Fragola

Tutto nacque da una storia d’amore DI ANGELA FALLEA

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ristotele sosteneva che “In tutte le cose della natura esiste qualcosa di meraviglioso”, tra queste sono certa ci sia la fragola. Questo frutto vanta un’origine antica e misteriosa, collegata alle pene d’amore di Venere, dea Romana dell’eros e della bellezza, per Adone. Il mito racconta dell’amore tra i due: Adone era un abile cacciatore, Marte (dio della guerra) eterno amante di Venere, preso da feroce gelosia, gli scagliò contro un cinghiale, che lo ferì a morte. Venere pianse disperata sopra il corpo ormai esanime dell’amato Adone e le sue copiose lacrime a contatto col sangue si trasformarono in piccoli cuori rossi, le fragole. La fragola è sinonimo di primavera, di natura che rifiorisce, di gusti e colori che esplodono: rossa, profumata, chiunque la mangi se ne innamora. Ed è bello sapere che in Sicilia, proprio alle pendici dell’Etna c’è un paese, Maletto, in cui viene coltivata una fragola antica, di qualità straordinaria, che deriva dalla cultivar “Madame Moutot”, selezionata in Francia nel 1906 e coltivata poi nella Ducea dell’Ammiraglio Nelson a Bronte. Maletto è un piccolo paese in provincia di Catania, immerso tra la vegetazione, la natura incontaminata e il panorama mozzafiato. La coltivazione della fragola si è resa possibile proprio grazie alle caratteristiche del

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Gelato alle fragole senza gelatiera Ingredienti: terreno e alla disponibilità d’acqua del territorio. È lì che ogni anno, dal 1986, si svolge la “Sagra della fragola”, che richiama migliaia di turisti. La straordinaria qualità della fragola di Maletto ha fatto sì che venisse inserita “nell’Arca del Gusto di Slow Food” che ha l’obiettivo di conservare e diffondere la conoscenza dei prodotti tradizionali e di salvaguardarli dall’estinzione. Le varietà di fragola coltivate sono essenzialmente tre: la Fragolina “Fragraria Vesca”, la “Madame Moutot” e la “Rifiorente”. Le fragole sono una buona fonte di vitamina C, B1, B2 e di un’elevata concentrazione di sali minerali come calcio, potassio, magnesio, ferro e fosforo. Sono utilizzate in molte preparazioni, il modo più semplice di consumarle è di condirle con succo di limone e zucchero, vino o panna montata. Sono anche uno dei principali ingredienti di confetture, gelatine, succhi e caramelle. Ma è grazie al gusto, al profumo e all’eleganza estetica che le fragole, danno il meglio di sé in pasticceria: si passa dalle bavaresi alle crostate, dal gelato alle mousse, fino ad arrivare ai primi piatti, uno tra tutti il risotto alle fragole. La Sicilia non smette mai di regalarci prodotti di grande qualità, che mani sapienti trasformano e curano con immensa dedizione e noi non possiamo che continuare ad amare questa meravigliosa terra.

- 650 g di fragole (da congelare dopo averle lavate, asciugate e tagliate a pezzettoni) - sei cucchiai di zucchero - un cucchiaio di miele - due cucchiai di panna da montare - il succo di un limone Per il procedimento: Prendete le fragole, precedentemente congelate, e mettetele in una ciotola capiente, aggiungete lo zucchero, il miele, il limone e frullate il tutto con un minipimer. Lasciate il gelato della consistenza che più vi piace e mettetelo in freezer in un contenitore pronto per essere ben conservato. Tirate fuori il gelato dal freezer mezz’ora prima di servirlo e accompagnatelo con una brioche. 27


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Alessandra Tripoli La passione per il ballo, tra sacrifici e successi internazionali DI OMAR GELSOMINO FOTO DI LUCA URSO

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ellissima, bravissima e passionale. L’abbiamo vista esibirsi nella pista di “Ballando con le stelle”, insegnando i passi di ballo ai vip e trasformandoli in veri talenti e ballerini con performance mozzafiato. Alessandra Tripoli, nata a Misilmeri in provincia di Palermo, campionessa internazionale ci racconta i suoi esordi, i suoi successi e i suoi desideri. «Sono una donna determinata, ho sempre creduto che la perseveranza e il duro lavoro alla fine ripaghino. Nella mia vita ho preso decisioni sempre di cuore più che di testa, ecco perché a 23 anni ho lasciato l’Università per dedicarmi solo al ballo. La mia vita è sempre stata una sfida contro me stessa, per provare che potevo farcela senza l’aiuto di nessuno». Questa sua determinazione l’ha messa in pratica sin da subito, proprio quando è nata la passione per il ballo. «Mia madre non ricorda un momento della mia vita dove non mi vedeva ballare, mi racconta che ballavo davanti alla tv, durante qualsiasi colonna sonora, pubblicità e musica che passava in tv o in radio. Stanca di vedermi copiare tutti i balletti a “Non è la Rai” di Ambra Angiolini, mia madre a sei anni mi portò a scuola di ballo, l’anno dopo continuai con la danza latino americana e dopo 26 anni sono ancora qui». Inseguire un sogno comporta sacrifici e solo chi è determinato riesce a realizzarli. «Intraprendere la strada del ballo ad alti livelli, non avendo una grandissima possibilità economica, significa fare dei

sacrifici che la mia famiglia ha condiviso con me per tanti anni, fino a quando non ho saputo camminare con le mie gambe. Ricordo le dormite in macchina perché non potevamo permetterci la stanza in hotel, gli allenamenti infiniti, studiare negli intervalli e di notte, dovevamo risparmiare per pagarci le lezioni. Quando fai uno sport a livello agonistico, ti privi anche dell’adolescenza. Non posso dire di avere avuto un’adolescenza convenzionale ma bella, non rimpiango nulla perché ho bei ricordi di quei sacrifici sempre accompagnati da vittorie e quando c’erano le sconfitte arrivavano gli insegnamenti. Il successo che mi è rimasto più nel cuore è stato quello di “UK Championship”, una gara con più di 300 coppie provenienti da tutto il mondo, in cui ho ballato con una contusione all’alluce vincendo questa competizione e poi “Blackpoll Dance Festival”, nella categoria “Professional Rising Stars Latin”. Due vittorie volute e sacrificate, sono arrivate con più maturità». Nel 2018 ha vinto anche “Ballando con le stelle” in coppia con Cesare Bocci, in un’edizione memorabile. «Vincere Ballando con le stelle con il mio migliore amico è stata la cosa più bella che mi sia mai successa in quel programma. Cesare Bocci mi faceva sentire protetta, c’era empatia, tanto che si è creato un bellissimo rapporto, rimasto ancora oggi, così come con gli altri partner di ballo (Enzo Miccio, Salvo Sottile, Simone Montedoro). In quell’edizione la gente ci ha amato tanto ed è un ricordo meraviglioso che porterò con me per tutta la vita». Da anni Alessandra Tripoli insieme al 29


Adoro il mio lavoro, fino a quando le mie gambe me lo permetteranno farò la ballerina e la coreografa.

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marito Luca Urso vive a Hong Kong, dove insegnano ballo ai tanti studenti. «Nel 2012 la proprietaria di uno studio di ballo ci ha proposto di lavorare lì, all’inizio abbiamo rifiutato perché era dall’altra parte del mondo, ma dopo un mese ci siamo trasferiti. Quella decisione ci ha cambiato la vita perché a Hong Kong non solo c’è l’opportunità di lavorare tanto, ma è una meta fissa per gli insegnanti di tutto il mondo, quindi li avevamo a un passo da casa. È stata una decisione sofferta, un’altra cultura che abbiamo abbracciato volentieri e oggi è una seconda casa. A Hong Kong non c’è mai stato un vero lockdown, il governo ha consigliato agli abitanti di rimanere in casa, indossare la mascherina, non prendere i mezzi pubblici, uscire solo per andare a lavorare. Hanno saputo gestire bene il virus, adesso la situazione si sta normalizzando e speriamo che presto si apra senza limiti. Trascorrere la quarantena con la persona che si ama, è la cosa più bella che possa esserci: abbiamo ballato nel nostro salotto, da brava siciliana ho cucinato, abbiamo visto film e letto libri. Speriamo che la normalità torni il più presto possibile anche per l’Italia». Ma se il lavoro è dall’altra parte del mondo il cuore e gli affetti sono sempre in Sicilia, e non poter tornare a causa del Coronavirus è ancora più pesante. «Per noi che siamo legati alle tradizioni, e che rivediamo le nostre famiglie in estate e a Natale, il pensiero di non riuscire a tornare quest’anno in Sicilia mi fa stare male. Significherebbe avere dei problemi con i voli e con tutto ciò che ne consegue. Pensare che quest’anno non sentirò il profumo del mio mare, dei nostri piatti, che non rivedrò la mia famiglia è dura, perché il cuore è sempre in Sicilia. La Sicilia manca tanto, così come mancano gli affetti, ma cosa non si fa per realizzare i propri sogni? Se si vogliono raggiungere si fanno questi sacrifici e stare lontani da casa è il prezzo da pagare per noi». Di recente l’abbiamo vista nel famoso programma di Jennifer Lopez, cui partecipano i più bravi ballerini del mondo. «A “World of Dance” entrano i ballerini più bravi al mondo di tutti gli stili e farne parte è un privilegio e ti infonde tanta autostima. Vedere di persona Jennifer Lopez, Derek Hough e NE-YO è stato un tuffo nel passato e sentirsi dire certe parole ci ha riempito il cuore». Prima di ritornare ai suoi impegni ci svela che nei suoi progetti futuri c’ è ancora “Ballando con le stelle”. «Se non dovesse andare in porto questa edizione spero di far parte del cast l’anno prossimo. Adoro il mio lavoro, fino a quando le mie gambe me lo permetteranno farò la ballerina e la coreografa. Un altro sogno nel cassetto è diventare mamma, dopo una vita insieme, sarebbe il completamento del nostro amore, e poi insegnargli a ballare e condividere con lui questa nostra passione». Senza mai arrendersi Alessandra Tripoli ha fatto della determinazione le basi del suo successo coltivando la passione per il ballo.


GLI ESPERTI SIAMO NOI

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Che fortuna vivere in Sicilia! DI IRENE NOVELLO

“Non invidio a Dio il Paradiso perché sono ben soddisfatto di vivere in Sicilia”, così Federico II di Svevia, re di Sicilia e imperatore del Sacro Romano Impero, definì la nostra isola. Spesso noi siciliani non ci rendiamo conto che viviamo nell’isola più grande del mar Mediterraneo, culla di antichissime civiltà, terra di antichi miti e leggende che hanno reso più intrigante la sua storia. Palcoscenico di tantissime espressioni artistiche, terra natìa d’innumerevoli artisti che si sono lasciati ispirare dalla sua bellezza e protagonista indiscutibile della Dieta Mediterranea.

si respira nell’aria siciliana! Le rive del lago di Pergusa sono il luogo in cui Ade, Signore degli Inferi, rapì Persefone mentre raccoglieva i fiori. L’Etna è il luogo in cui il dio Efesto costruì la sua fucina aiutato dai Ciclopi. Qui Omero ambientò l’episodio dell’ “Odissea” in cui Polifemo venne accecato da Ulisse e i suoi compagni e per la rabbia il ciclope scagliò in mare i suggestivi faraglioni di Aci Trezza, dove la bellezza del borgo ha ispirato Verga nel romanzo “I Malavoglia”. Presso l’isola di Ortigia, a Siracusa, in uno specchio d’acqua si amano la ninfa Aretusa e il giovane Alfeo.

Si narra che in un tempo molto antico tre ninfe bellissime vagavano in tutto il mondo raccogliendo tutto ciò che di buono incontrassero, quando arrivarono in una terra bellissima, decisero di fermarsi e di lanciare in mare tutto ciò che avevano raccolto in viaggio. Dal mare nacquero tre promontori Capo Peloro, Capo Passero e Capo Lilibeo e si venne a creare un’isola di forma triangolare: la nostra Sicilia! Il mito tutt’oggi

Che dire della cucina siciliana e dei suoi prodotti tipici che arricchiscono ogni singolo piatto! La lista è lunghissima: lo sfincione e la cassata di Palermo, le busiate e il cannolo di Trapani, il vino di Marsala, le arance di Ribera, il melone cantalupo di Licata, il pane di grano duro del Dittaino, il piacentino ennese, le cassatelle di Agira, i carciofi di Niscemi, i fichi d’india di San Cono e Militello in Val di Catania,

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il pomodoro di Pachino, il pizzolo di Sortino, le scacce ragusane, l’olio dei monti Iblei, il cioccolato di Modica, i formaggi ragusani, le muffulette di Caltagirone, le cassatelle alla ricotta di Grammichele, i vini dell’Etna, il pistacchio di Bronte, la pasta alla Norma e l’arancino di Catania, il tartufo e il suino nero dei monti Nebrodi, la granita e “brioscia con il tuppo” di Messina e molti altri prodotti ancora che l’intero mondo ci invidia! Che dire poi dei bellissimi posti tra mare e montagna dove poter trascorrere il tempo libero andando alla scoperta della nostra terra: l’Isola dei Conigli di Lampedusa, con la spiaggia più bella del mondo; le saline di Trapani e Paceco con le loro vasche, canali e antichi mulini sono uno dei luoghi più affascinanti dell’isola; la Scala dei Turchi, singolare scogliera dal colore bianco e dalle particolari forme, presente nei romanzi de “Il Commissario Montalbano” di Andrea Camilleri; l’Isola delle Correnti che incanta per

la sua selvaggia bellezza, dove lo Ionio e il Mediterraneo s’incontrano regalandoci uno spettacolo marino unico; la valle dell’Anapo meraviglia archeo-naturalistica; le gole dell’Alcantara dalla natura spettacolare e infine l’Etna, il più grande vulcano attivo in Europa! La Sicilia vanta ben sette siti Unesco e diversi borghi tra i più belli d’Italia. Che dire della possibilità di partecipare dal vivo agli spettacoli teatrali e musicali nell’antico Teatro Greco di Siracusa, nel Teatro Greco-Romano di Catania, nel Teatro Antico di Taormina e in quello di Segesta. Luoghi dove ancora si sente la presenza degli antichi dei. Che dire delle chiese, delle cattedrali dei palazzi della Palermo AraboNormanna, di Cefalù, di Monreale, del Barocco del Val di Noto. Sono tutte testimonianze di un antico e articolato passato che ha tessuto le trame di un intenso presente, di un’isola che ha tutto e che si presenta come l’Italia al superlativo! Riscopriamo la nostra terra. 33


Tindari

Tra leggende e bellezze DI TITTI METRICO

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FOTO DI PRO LOCO DI PATTI

ondata come colonia greca nel 396 a.C. dal tiranno siracusano Dioniso I, fu costruita per fronteggiare gli attacchi dei Cartaginesi. Il suo nome originario era Tyndaris, in onore al re di Sparta, Tindaro. Durante la dominazione romana divenne una base navale, successivamente fu invasa dai Bizantini e dagli Arabi. La città antica è posta su un costone roccioso dominante un paesaggio circostante meraviglioso e racchiude in sé la sua storia e le sue leggende. Oggi Tindari è una frazione del comune di Patti, in provincia di Messina, da cui prende il nome il Golfo sul quale si erge il promontorio. Già dalla strada si scorge l’imponente Santuario della Madonna Nera, dove una volta sorgeva l’Acropoli e in seguito una fortificazione. Dopo la quasi totale distruzione causata

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dai pirati algerini, che lasciarono intatto il simulacro della Madonna Nera, l’edificio fu ricostruito nella metà del ‘500, con la pianta a croce cristiana e divisa in tre navate, con ampie vetrate decorate le cui figure sono esaltate dalla luce del sole che le attraversa e dalla statua dal volto scuro della Vergine. Una leggenda narra che intorno alla fine dell’VIII secolo d.C., alcuni marinai in fuga dall’Oriente con l’effigie della Madonna nascosta nella stiva della propria nave, colti impreparati dalla furia delle onde del Tirreno, si arenarono sulla riva ai piedi del promontorio di Tindari. Prima di prendere il largo abbandonarono la statua e i marinai tindaritani, allora sotto il dominio bizantino, decisero di trasportare il simulacro di Maria in cima al colle. Da lì è nato il culto. Viene istintivo, appena usciti dalla Chiesa, dirigersi verso la balconata e


ammirare lo straordinario panorama, le lingue di sabbia e i laghetti di Marinello. Strisce di terra dalle svariate forme che racchiudono sette laghetti attorno ai quali esiste una leggenda legata alla Madonna Nera. Si racconterebbe, infatti, che si sarebbero formati quando dalle braccia di una donna miscredente cadde da lassù il proprio bimbo, che rimase miracolosamente illeso grazie all’improvviso aumento della superficie sabbiosa che lo salvò dal mare facendolo atterrare morbidamente. Le stesse lingue di sabbia formano la sagoma di Maria che tiene un bimbo nel grembo. Passeggiando per Tindari si fanno salti di millenni, ripercorrendone la storia. Partendo dalla piazza del Santuario si procede lungo la strada che conduce alla parte più antica, edificata prima dai Greci e poi dai Romani, mura di protezione fortificate dalle

dominazioni successive. Continuando incontriamo ancora resti romani: tabernae, l’insula romana che precede il Teatro Greco-Romano, l’arena scavata nella collina da cui è possibile scorgere il mare e le Isole Eolie, e tutt’attorno la natura a fare da cornice. Un attimo per essere rapiti dal cielo, dal mare, dal sole e dalla terra, tutti elementi che rendono Tindari un luogo incantevole, rimasto immutato nei millenni. Immancabile la visita ai laghetti di Marinello (Marinello, Verde, Mengolo, ecc) e alla Riserva Naturale Orientata, con le sue specie faunistiche e floristiche e ambienti cangianti, dagli ecosistemi lacustri salmastri alle sabbie marine, a ripidi pendii. Un luogo dove rivivere la storia, ammirare la natura, riacquistare l’armonia. Una bellezza che solo la Sicilia può offrire, una terra da riscoprire a tutti i costi. 35


LE CASCATE DEL FIUME OXENA Una sorpresa nel cuore della Sicilia DI IRENE NOVELLO FOTO DI ALFIO BOTTINO

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a Sicilia ci riserva sempre mille sorprese, da nord a sud, da est a ovest la bellezza del suo territorio non smette mai di sorprenderci. Oggi andiamo alla scoperta del paesaggio naturalistico di Militello in Val di Catania, nel territorio della provincia etnea, che presenta un’eccezionale varietà paesaggistica, geologica e culturale. Il nostro viaggio inizia dal centro della cittadina, nel 2002 dichiarata dall’UNESCO, Patrimonio Mondiale dell’Umanità insieme alle città barocche del Val di Noto. Attraversiamo il centro storico, partendo dalla piazza Santa Maria della Stella per raggiungere il Castello con la sua Torre angolare e il Ninfeo di Zizza che celebra l’arrivo nella cittadina dell’acqua potabile, grazie all’acquedotto municipale fatto realizzare dal principe Francesco Branciforti. Ci dirigiamo verso la vallata. Qui il percorso è ricco di siti archeologici datati dall’età preistorica a quella bizantina: sono presenti diverse necropoli e insediamenti rupestri, ma anche siti d’importante interesse geologico caratterizzati dalla presenza di estese concentrazioni di coralli fossili, altri giacimenti fossiliferi e affioramenti di pillow lava (caratterizzata da strutture a forma di cuscino) che appartengono alle fasi più tarde dell’attività vulcanica degli Iblei. Ci troviamo nell’area dei rilievi e del tavolato ibleo, da qui la nostra vista può abbracciare in un’unica visione Militello e il vulcano Etna, mentre nel cielo vola divertita qualche poiana. È un territorio a forte impatto naturalistico, caratterizzato da una continua successione di altopiani e valli attraversati da fiumi, come l’Oxena. L’omonima valle è giunta a noi nella sua

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primitiva e integra naturalità rappresenta uno degli habitat più affascinanti degli Iblei. Il fiume, nei lunghi secoli della sua vita, ha scavato una profonda cava, oggi ricca di una folta e verdeggiante vegetazione. Il letto del fiume è costituito da materiale sedimentario proveniente da vulcani molto più antichi dell’Etna. La zona è ricca di rocce basaltiche e blocchi di lava, che il fiume attraversa creando spettacolari cascate e canyon. Le cascate sono attive tutto l’anno, anche nei periodi d’intensa siccità, ciò è dovuto alle innumerevoli sorgenti che alimentano il fiume Oxena. Il panorama che si presenta ai nostri occhi è bellissimo e sorprendente. Il paesaggio ricorda quello delle Gole dell’Alcantara, qui sono anche presenti delle piscine naturali che invitano a fare una sosta con un bel bagno rigenerante. Inoltre lungo la valle si possono incontrare anche segni d’importante interesse etnoantropologico come terrazzamenti, scale in pietra e mulini, preziose testimonianze delle antiche attività economiche del territorio. Camminando, incontriamo olmi, frassini, oleandri, salici, carrubi, olivastri, fichi d’india che in alcuni punti creano delle gallerie verdeggianti, dove fare una breve sosta al riparo dal sole. Qui ci fermiamo e riflettiamo sulla bellezza di questo paesaggio, quanto abbia arricchito la nostra personale conoscenza del territorio in cui viviamo, increduli della presenza di tali cascate e addirittura di canyon proprio dietro casa. Il mio invito ai siciliani è quello di essere più “consapevoli” del territorio in cui viviamo, di immergerci nella sua ricchezza e bellezza unica al mondo, di andarne fieri e di valorizzarla nel migliore dei modi. Viviamo la Sicilia!


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Acireale Candidata tra le Città Tardo Barocche DI ANGELO BARONE

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a Città di Acireale ancora una volta si pone l’obiettivo di ampliare l’offerta culturale del “Tardo Barocco” in sinergia con le città inserite dall’Unesco nella World Heritage List.

FOTO DI FABIO CONSOLI

Pietro e Paolo, il Palazzo del Comune e il Palazzo Modò. Attraverso Acireale Living Lab, un laboratorio innovativo per la promozione dei beni culturali e la fruizione turistica della città realizzato dall’Associazione Ingegneri e Architetti Acesi in sinergia con l’Istituto per i Beni Culturali e Monumentali del Consiglio Nazionale delle Ricerche, potete fare un tour virtuale, visitando la città e i suoi monumenti, le frazioni marinare lungo la Riserva Naturale della Timpa, assistere al Carnevale e alla preparazione della granita artigianale De.CO, figlia della tradizione secolare dei nevaroli. Preparatevi per godere di una visita vera che, appena possibile, vi invito a fare.

Il primo passo importante si è compiuto a Noto, il 31 gennaio scorso, dove preso atto della volontà delle Città di Acireale, Ispica e Mazzarino di avviare l’iter per l’inserimento nella World Heritage List delle “Città Tardo-Barocche del Val di Noto” è stato firmato un importante documento dai sindaci delle otto Città (Noto, Catania, Ragusa, Caltagirone, Militello in Val di Catania, Modica, Palazzolo Acreide, Scicli), per l’allargamento del sito, condividendone le motivazioni dirette a Qui il Mito, con la tragica storia d’amore tra Aci e Galatea, completare l’itinerario storico e architettonico. ha caratterizzato la toponomastica dei luoghi, e la cultura anima la vita sociale. Nel 1671, su richiesta del vicario del Il centro storico è il nucleo pulsante di Acireale, sulla piazza clero acese Sac. Giuseppe Cavallaro, il Vescovo di Catania Duomo si affacciano gli edifici più rappresentativi: la Cattedrale, Mons. Michelangelo Bonadies istituì l’Accademia degli a pochi passi la Basilica di San Sebastiano, la Basilica dei Santi Zelanti che continua a svolgere un ruolo importante nella

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città e oggi dopo varie fusioni con il nome di Accademia di attraverso i conf ini puramente cittadini signif ica rafforzare la Scienze Lettere e Belle Arti degli Zelanti e dei Dafnici è la cultura della pace e della scienza. Acireale diventerebbe così il più antica accademia siciliana. volano di questi valori: il suo immenso patrimonio architettonico settecentesco non sarebbe solo f iglio del disastroso terremoto del Nella preparazione del dossier da presentare alla commissione 1693, ma genitore di una “ricostruzione” vivif icante all’insegna Unesco e nel far condividere il progetto a tutta la comunità, del Barocco in un periodo, pesantemente provato dalla pandemia l’Amministrazione lavora con la Diocesi, come spiega Sonia Covid - 19, in cui il crollo di ogni certezza potrebbe indurci Abbotto, presidente del Consiglio Comunale di Acireale, «Se all’abbandono della bellezza». si vuole condividere un bene, bisogna attribuirgli un valore. Le azioni che l’amministrazione acese, porrà in essere, in sinergia Non è la prima volta che Acireale tenta di ottenere questo con la Diocesi, saranno concentrate per far crescere nella propria prestigioso riconoscimento e sono ancora attuali le parole del comunità la consapevolezza della valorizzazione del proprio Dott. Giuseppe Contarino, già presidente dell’Accademia patrimonio. Mettere in “rete” un’offerta culturale più ampia serve degli Zelanti e autore di una bella pubblicazione sul barocco per evitare il lento processo di “perdita di valore” che le nostre acese, che in un convegno del 2004 ebbe a dire «Se riusciremo comunità stanno subendo in termini di perdite anagraf iche e a creare una presa di coscienza forte, un entusiasmo condiviso, di valore del patrimonio immobiliare e naturale, e contrastare una corresponsabilità di tutti il passo più importante è già stato quel lento processo di desertif icazione che sta minando sempre compiuto e il riconoscimento dell’Unesco potrà tardare, ma non di più il territorio siciliano. Per noi la “non cristallizzazione” potrà mancare». 39


a z z u c u C e Michel to social r e p s e d a v t a ll e d e r Da signo

DI PATRIZIA RUBINO

M

ichele Cucuzza, catanese classe 1952, volto storico della Rai, giornalista, conduttore televisivo e radiofonico, ma anche scrittore prolifico - ha al suo attivo ben nove libri vive da oltre trent’anni a Roma, ma conserva nel cuore e nello spirito le sue origini siciliane. Una brillante carriera come giornalista di cronaca e inviato in mezzo mondo, e poi come signore indiscusso della tv e dell’infotainment con la conduzione de “La vita in diretta”, di “Uno mattina” e di altri programmi di successo. Il rientro nella tv dei grandi ascolti è segnato dalla partecipazione lo scorso gennaio alla trasmissione “Grande Fratello Vip”. La sua uscita dal programma coincide con un altro lungo periodo di isolamento, questa volta non per esigenze televisive, ma per l’emergenza sanitaria del Coronavirus.

40 BIANCAV.I.P.


Tornerò in Sicilia per fare surf sullo stretto

Dalla reclusione per un programma televisivo a quella necessaria per l’epidemia del Coronavirus. «Diciamo che si è trattato di due forme d’isolamento diverso, ho sicuramente scelto di fare l’esperienza del Grande Fratello consapevole di tutto quello che poteva comportare. La reclusione, per il Coronavirus, l’ho vissuta in casa mia da solo, ma grazie ai social e alle mie dirette quotidiane sono entrato in contatto con una moltitudine di persone, di ogni età, condividendone storie e vite. La tanto vituperata rete, secondo molti colpevole di pericolose derive narcisiste e individualiste, in questo frangente ci ha salvato, ci ha consentito di non perdere il contatto con gli altri e di non essere soli». Il Grande Fratello l’ha riportata al grande pubblico. Che tipo di esperienza è stata? «Devo dire che mi sono divertito parecchio. Potrei definire questa esperienza come una sorta di esperimento intergenerazionale che mi ha consentito di confrontarmi, con persone di età diversa, e al di là del programma televisivo, viene fuori la vera personalità di ognuno. Però l’aspetto più positivo di questa mia partecipazione è stato quello di farmi conoscere dai giovani. Sento il loro apprezzamento costante e crescente nei miei interventi sui social». Oltre ad essere molto attivo sui social network lei è un attento osservatore del fenomeno della rete. Ne parla nel suo ultimo libro “Fuori dalle bolle! Come sottrarsi dalle supercazzole in rete”. «In questo libro mi rivolgo soprattutto ai giovani, che sono tra i maggiori fruitori della rete. Li esorto a migliorare la

propria autonomia rispetto a tutto quello che trovano sul web, a non essere passivi e ad andare oltre alle apparenze. Occorre essere curiosi, avere spirito critico, uscire dalla bolla delle proprie convinzioni e confrontarsi». Torniamo alla tv. Maurizio Costanzo ha recentemente dichiarato che in televisione c’è bisogno di un professionista garbato e di buon senso come lei. «Queste parole dette dal “Baffo della tv” mi fanno particolarmente piacere e le prendo di un buon auspicio. Mi piacerebbe ricreare all’interno di un programma tv, quanto ho realizzato durante la mia quarantena attraverso le dirette sui social. Incontri incrociati interessanti, bizzarri e inaspettati, tratti da spaccati di vita assolutamente reale. Lo ripeto, la rete soprattutto in quella contingenza è stata fondamentale e devo dire che ha battuto la tv 90 a 0». Lei ha un rapporto speciale con Grammichele, tra l’altro sede della nostra rivista. Quali sono i suoi ricordi più belli legati alla Sicilia? «Proprio così, mia mamma era di Grammichele e qualche anno fa ne ho ricevuto la cittadinanza onoraria. Ricordo le vacanze estive che vi trascorsi da bambino e l’inebriante profumo di gelsomini. Ovunque mi trovi, i gelsomini mi riportano alla gioia di quei tempi. Come indimenticabili restano le bellissime escursioni sull’Etna con mio padre, che fu un grande vulcanologo. Ho girato il mondo apprezzando e accogliendo culture e tradizioni diverse, in questo credo di essere profondamente siciliano. Ho un desiderio: tornare presto in Sicilia per fare surf sullo Stretto di Messina». 41


Flavia Lecci

La moda tra creatività e tecnica DI PATRIZIA RUBINO FOTO DI FLAVIA LECCI, STEFANIA SAPUPPO

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lavia Lecci, 44 anni catanese, un’eccellenza della sartorialità siciliana, ha scelto di restare nella sua terra, dalla quale coglie sempre nuove energie e ispirazioni, proponendo uno stile che coniuga perfettamente tradizione e innovazione, senza mai perdere di vista secondo una visione assolutamente pragmatica della moda - il target di riferimento, la personalità e la vestibilità delle sue creazioni. Dopo il percorso formativo in Accademia delle Belle Arti, è stata fondamentale la collaborazione, intorno ai primi anni del 2000, nell’atelier della stilista Marella Ferrera. Una scuola sul campo che le ha consentito da un lato di affinare competenza tecnica e personalità stilistica, dall’altro di fare il suo ingresso ufficiale nell’alta moda. Le sue creazioni hanno sfilato, infatti, sulle passerelle più importanti di Milano, Roma, Parigi e Londra, destando sempre grande ammirazione. Gli abiti si fanno notare per un’eleganza semplice ma ricercata pur essendo realizzati con tessuti e materiali pregiati, e, soprattutto per l’utilizzo di tecniche antiche come ad esempio quella del ricamo a mosaico, effettuata con vera maestria e meticolosa accuratezza, e che sarà il suo “marchio di fabbrica”, presente sia nelle creazioni più classiche sia negli outfit più moderni e di tendenza. Lei ama definirsi fashion maker piuttosto che stilista. In cosa consiste la differenza? «Sulle passerelle sempre più si fa ricorso a soluzioni stilistiche stravaganti che puntano a stupire e che vengono definite espressioni artistiche della moda. La “Moda” a mio parere non è arte, esiste l’arte di fare la moda, che nasce dalla combinazione tra creatività e abilità tecnica, insieme alla vestibilità e alla funzionalità dell’abito.

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BIANCATALENT


Personalmente ritengo che ogni capo debba essere realizzato in funzione di chi lo indossa, del contesto e più prosaicamente della sua vendibilità. Fermo restando che è l’artigianalità unita alla qualità e preziosità dei materiali a dare valore alle creazioni». Le sue collezioni ultimamente sono transitate da Milano a Dubai. «In entrambi i casi si è trattato di esperienze molto significative. A Milano sono stata presente all’interno del concept store “Couturier Maestri d’Arte” dedicato alle eccellenze siciliane nel campo dell’arte, della fotografia, della moda, della gioielleria e di molto altro. Per questa occasione ho realizzato dei capi che esprimono tutta la mia cifra stilistica, ma in perfetto mood milanese. E devo dire che forse proprio per questo, sono stati particolarmente apprezzati. A Dubai, ho partecipato all’evento espositivo “Ladies Club World” con una collezione di sei abiti. Alle spalle c’è stato un lungo lavoro di preparazione, oltre quattro mesi per realizzare dei capi che dovevano rispondere alle esigenze di donne arabe abituate al lusso più esclusivo, tenendo conto anche delle limitazioni che la loro cultura impone, quindi niente trasparenze o scollature. Ho utilizzato tessuti pregiati, ricami e applicazioni preziosi con inserti in oro e cristalli Swarovski. Un lavoro complesso ma assolutamente entusiasmante». Da qualche anno è docente dell’Accademia di Belle Arti di Catania, nella sezione di Fashion Design. «Ogni giorno m’innamoro sempre di più di questo che non reputo un lavoro ma quasi una missione. Mettere al servizio dei miei studenti il mio sapere e la mia esperienza mi riempie di gioia, colgo in loro tantissimo entusiasmo e fame di apprendere. Quando mi è possibile cerco sempre di coinvolgere i giovani nei miei progetti perché credo molto nel lavoro di squadra, e mi piace cogliere quest’occasione per ringraziare tutte le persone che hanno collaborato con me ed in particolare il mio assistente Antonio Boncori, che ha contribuito con grande impegno alla realizzazione delle mie ultime due collezioni. Sogno di poter creare un giorno nella mia città un laboratorio sartoriale, una sorta di officina della moda che consenta a giovani talentuosi non solo di formarsi ma anche di ottenere concrete opportunità di lavoro». 43


Aldo Mantineo Come contrastare le fake news

In piena emergenza Coronavirus si è ingigantita un’altra pandemia, già presente da tempo nel campo dell’informazione: quella da fake news, note anche come bufale. Infezione meno mortale, certo, ma altrettanto contagiosa e strisciante. Per saperne di più abbiamo posto ad Aldo Mantineo, giornalista professionista siracusano che per Media&Books Edizioni ha pubblicato il 3 maggio 2020 l’instant book “Fakecrazia L’informazione e le sfide del coronavirus”, alcune domande, cui sono state date risposte estremamente chiare ed esaustive.

Cos’è una fake news? «Partirei dalla definizione del vocabolario Treccani. it: “Un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o inintenzionalmente attraverso il Web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione, e caratterizzata da un’apparente plausibilità (…) ciò che ne agevola la condivisione e la diffusione pur in assenza di una verifica delle fonti”. Fake news è il prodotto di un’alterazione di uno o più aspetti sensibili di un dato fatto, al fine di una differente rappresentazione dell’accadimento originario. Può anche essere la sommatoria di più rappresentazioni parziali di diversi fatti reali». Quali interessi spingono a produrle? «Inizierei dalla fine: a chi non giovano in alcun modo le fake news? La risposta è semplice: agli utenti finali (lettori, telespettatori, radioascoltatori, navigatori del web). La produzione di disinformazione, come ha ben 44 BIANCATALENT

spiegato Nicola Bruno, uno dei principali fact checker italiani, ha diverse motivazioni: quella più banale è economica; vale sui siti web e su YouTube, dove si viene pagati in base al numero di utenti che si riesce ad attirare. Poi c’è una motivazione non economica: la volontà d’influenzare e orientare l’opinione pubblica». Come individuarle? «La maggiore difficoltà è l’effettiva riconoscibilità di una “bufala”. Non si tratta, infatti, sempre e comunque di notizie “soltanto” false - quando non inventate di sana pianta - ma di contenuti che miscelano vero e verosimile, descrivono scenari plausibili, prendono a prestito “pezzi” di verità assoluta e li innestano in contesti differenti da quelli propri. Questo può avvenire anche con le immagini, dove l’inghippo sta nel mixaggio tra immagini vere, ma relative ad altro contesto, e immagini altrettanto autentiche, ritenute in qualche misura logicamente accostabili alle prime. Impariamo a diffidare dei titoli


DI SALVATORE GENOVESE FOTO DI MEDIA & BOOKS

“urlati”, scritti in maiuscolo e magari seguiti da puntini di sospensione tipo “Non hai idea di ciò che è successo dopo la diretta…”. Un titolo simile ci porterà su una pagina dove di tutto quanto annunciato in modo roboante non c’è traccia alcuna: siamo solo finiti in un sito che ha fatto guadagnare (forse) qualche centesimo: è il cosiddetto “clickbaiting”». Nel periodo pandemico hanno assunto maggiore pericolosità? «Spacciare informazioni inesatte, se non completamente false, è sempre estremamente pericoloso. Lo è a maggior ragione in momenti difficili come quelli che stiamo vivendo, con un’opinione pubblica impaurita, angosciata e immersa costantemente in notizie che non sempre sa valutare nella loro esattezza. La differenza la può fare soltanto il sistema dell’informazione affidabile, professionale e responsabile, sia da un punto di vista etico, che deontologico».

Cosa fare per contrastare questo fenomeno? «La prima cosa da fare è verificare le informazioni. Un principio elementare di cautela che spesso dimentichiamo, presi dall’ossessione di condividere, cliccare, postare, mettere in rete. Prendiamoci sempre il tempo necessario per analizzare un contenuto, verificarne la fonte, controllarne l’attendibilità. Spesso abbiamo a portata di mano, già in rete, molti strumenti per una verifica che può metterci al riparo da piccoli e grandi infortuni».

È importante la struttura anti bufale della Rai? «Sì. Ogni strumento che venga messo in campo per contrastare un’informazione distorta è utile. Se poi questa iniziativa viene dalla principale “industria” culturale dell’Italia ha ancor più valore».

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BIANCA WEDDING A CURA DI SIMONA RANIOLO

Your Wedding Mood

Niente panico. Questo matrimonio s’ ha da fare. Se qualcuno, in tempi non sospetti, ci avesse detto che il mondo nel 2020 avrebbe subito un profondo stravolgimento, avremmo forse associato il pericolo ad armi o meteoriti e scomodato alieni con il pensiero, ma mai, nessuno, o quasi, avrebbe ipotizzato le nostre vite bloccate e minacciate da un virus. Non c’è niente di visibilmente distrutto nelle nostre città oggi, né extraterrestri, ma di un drammatico risvolto di fantascienza quello che stiamo vivendo ne ha ugualmente tutto il sapore. Condividiamo per la prima volta una situazione surreale in cui l’evoluzione, la modernità, il progresso si trovano all’improvviso faccia a faccia con la natura, con l’esistenza umana ed io lo so che durante questo tempo sospeso chi aveva progetti felici da realizzare si è sentito oggetto della peggior ventura. Ma fermatevi a pensare a tutti gli scenari possibili di questa pandemia: è ancora la peggiore delle conseguenze trovarsi a dover riprogrammare una tabella di marcia e posticipare un evento? Onestamente, non credo. E dunque, dopo una comprensibile reazione di sconforto iniziale, è il momento di tornare lucidi e considerare lo stato delle

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nozze per quello che è, non cancellato, non perduto, solo rinviato. In attesa di capire come evolverà l’emergenza nei prossimi mesi, è chiaro che i matrimoni che erano stati fissati in primavera e inizio estate 2020, avranno due opzioni. La prima è far slittare la data agli ultimi mesi dell’anno, a partire da settembre in poi, riservandosi la possibilità di spostarla ulteriormente secondo DPCM futuri, scongiurando ipotesi di cene con distanziamento sociale, mascherine in pizzo e disinfettanti personalizzati. La seconda, la più saggia, è posticipare tutto al 2021 nell’attesa e nella speranza di miglioramenti sensibili. Come procedere? Le cose da fare sono riassumibili in due: 1. Contattare i fornitori. Procedete per priorità, controllate i contratti che avevate stipulato e verificate le nuove disponibilità dei fornitori. Supponendo che i servizi di primaria importanza siano location e catering, iniziate chiedendo loro le date libere e continuate incrociando le disponibilità del resto dei fornitori. Sono certa che vi verranno tutti incontro, mantenendo validi gli acconti già versati, posticipando quelli intermedi dovuti e mantenendo le tariffe invariate anche nel caso in cui una diversa stagionalità preveda normalmente costi aggiuntivi. La loro flessibilità, andrà però premiata con lo stesso spirito da parte vostra che, per incastrare le agende di tutti, dovrete probabilmente rinunciare all’idea di sposarvi nel

weekend, ad esempio, di solito il più gettonato. Ricordate che non tutti hanno mezzi e risorse per sostenere più eventi in un solo giorno, specialmente dopo un periodo di crisi di questa portata, supportateli. 2. Informare gli ospiti. Se avete scelto di posticipare l’evento al 2021, potete comunicare la nuova data, un messaggio ben scritto o un Save The New Date digitale da inviare sui social andranno benissimo. Se invece avete scelto di posticipare a fine anno, limitatevi a riferire agli ospiti che l’evento è rinviato e che appena avrete nuova data certa, la comunicherete. In questo modo, se qualche mese prima vi renderete conto, che tutto non può ancora svolgersi in completa sicurezza, potrete rischedulare i servizi per il 2021. Se ci saranno dei dettagli da modificare nel layout dell’evento, sarà compito dei professionisti che avete scelto, fidatevi di loro perché mentre l’evoluzione di questa storia è tutta un’incognita, state certi che la passione che anima il loro lavoro non muore con una pandemia. Così come non muore l’amore, che in una terza opzione non menzionata può essere celebrato anche domani, in presenza di testimoni e celebrante, ma se ci tenete che sia una vera festa allora pazientate. Torneremo ad abbracciarci, a cenare insieme, ad annullare le distanze e sono certa che voi potrete condividere la vostra gioia con una consapevolezza tutta nuova. 47


Al di là di ogni paura Il mito dei fratelli Pii I RACCONTI DI BIANCA A CURA DI ALESSIA GIAQUINTA

«Veloce, fa’ in fretta!» grida Anapia al fratello. Anfinomo, infatti, è rimasto indietro nella corsa. Il carico dell’anziano padre sulle spalle non gli permette di procedere speditamente. Anapia, invece, porta su di sé la gracile madre che, accovacciata e stretta alle sue braccia, chiude gli occhi per la paura.

La stessa domanda alcuni la rivolgono ancora oggi a tutti coloro che, mossi non solo dal senso del dovere ma soprattutto da quella pietas che caratterizza i due personaggi protagonisti del mito, sfidano la paura della morte, della malattia, si espongono ai contagi pur di prendersi cura di chi è solo, fragile, contro una parete senza via d’uscita. Al di là di ogni deontologia, lì si legge Catania è nel panico. Il grande vulcano Etna minaccia, con la un eroismo che tanto ricorda quello di Anfinomo e Anapia, sua lava incandescente, l’intera città: le case sono in fiamme, il passati alla storia come “I fratelli Pii”, coloro che tentarono tutto cielo è grigio e cupo, si sente urlare dappertutto. Quella, sì, è pur di mettere in salvo i loro genitori. La lava li raggiunse, però. una catastrofe. Tutti scappano, senza una meta, portando con sé Il mito vuole che, nonostante ciò, non furono travolti poiché qualche moneta o oggetto prezioso. Ognuno principalmente, prodigiosamente il fluido incandescente deviò il proprio corso però, cerca di mettere in salvo se stesso. Non c’è tempo per innanzi a loro. pensare ad altro, ad altri. La loro pietas, raccontata da numerosi poeti latini – e di cui ancora Anfinomo e Anapia, invece, non riescono a fuggire senza gli oggi si fa memoria –, li aveva salvati. Oggi, due hornitos (accumuli anziani genitori che vivono alle pendici del Vulcano e, senza di materiale incandescente) ricordano, nei pressi dell’Etna, pensarci troppo, sfidano la paura e si dirigono, controcorrente, Anfinomo e Anapia: nel corso dei secoli, durante varie eruzioni, verso casa. Lì trovano i due, abbracciati, in un angolo, con la infatti, sono stati accerchiati dalla lava ma non sono stati sepolti. schiena contro una parete, pronti ad accogliere la morte. I due In piazza Università, a Catania, i “Fratelli Pii” sono rappresentati fratelli, allora, caricano i genitori sulle loro possenti spalle e li con delle statue di bronzo. Un inno all’amore filiale, e non solo, un rassicurano: adesso ci sono loro, qualsiasi cosa accadrà, non sono riconoscimento nei confronti di un mito che, se vogliamo, diventa più soli. Ora, solo ora, Anfinomo e Anapia possono darsi alla realtà nel sacrificio e nella devozione per la vita, tutti i giorni, fuga. Molti però criticarono quella scelta: perché rischiare la vita per celebrata da coloro che si fanno carico della sofferenza altrui, al di tentare di salvare i due anziani? là di ogni umana paura. 48



Vivere (sos)pesi nel tempo del Covid-19 Resilienza e adattamento alla nuova realtà umana SALUTIAMO A CURA DI ANGELO BARONE

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on la fine del lockdown, sino a quando non sarà creato un vaccino o una terapia efficace, dobbiamo convivere con questa realtà invisibile che è il Covid-19. Considerato che uno studio dell’Istituto Piepoli ha rilevato che il 63 per cento degli italiani soffre di stress da pandemia: insonnia, ansia e depressione chiediamo al Dott. Raffaele Barone, Primario di Psichiatria presso l’Ospedale Gravina e DSM di Caltagirone, come si deve affrontare e vivere questa fase? «L’ansia e la depressione sono modalità di espressione della sofferenza al cambiamento. Noi temiamo una pandemia psicologica e psichiatrica con un aumento delle dipendenze da sostanze stupefacenti, internet, gioco d’azzardo, depressione, disturbi d’ansia, disturbi post traumatici da stress, auto ed etero aggressività che colpirà di più le fasce più fragili e marginali della società, quando c’è disoccupazione, fallimenti delle imprese, povertà la gente si affida a soluzioni illusorie, alla fortuna e alla disperazione. Le persone devono affidarsi a se stesse, puntare sulle proprie risorse e potenzialità, saper chiedere aiuto per attivare una capacità di adattamento alle nuove condizioni di vita, quella che noi chiamiamo “resilienza”. Resiliente è colui che riesce a trasformare una difficoltà in opportunità. Prevenzione è sviluppare e affermare nuove forme di partecipazione e democrazia nella vita, nella famiglia, nella comunità e con se stessi, in fondo la democrazia si fonda su un insieme di regole che impediscono di agire secondo istinti pulsionali, ma sviluppa il senso di responsabilità. Questo virus ha colpito nel profondo le persone, ha sviluppato paura del contagio ricordandoci che siamo mortali. Insieme alla depressione ci sarà un aumento della dimensione paranoide. La migliore prevenzione è tornare all’essenza della vita: sviluppare relazioni positive, dare valore all’amore e al rispetto. Infine voglio ricordare che in questi mesi di lockdown tutti hanno trovato rifugio nella famiglia e sperato nel funzionamento del servizio sanitario. In un mondo che non sarà più come prima l’impegno e le scelte di tutti noi, individuale e comunitario, saranno decisivi per il futuro. Usare le tecnologie digitali con creatività e intelligenza, praticare la meditazione della consapevolezza per conoscere meglio se stessi e accettare le ansie e le paure per sviluppare resilienza, impegnarsi per sviluppare la democrazia solidale a livello locale e globale, essere prudenti e audaci nella vita di ogni giorno, impegnarsi per l’ambiente e lavorare con fiducia e speranza sono alcuni ingredienti per superare positivamente la catastrofe del Covid-19 e per migliorarci a livello individuale e globale».

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Tagliolini alle canocchie e pomodori datterini I CONSIGLI DELLO CHEF A CURA DELLO CHEF VINCÉ MORMINA “IL DELFINO” MARINA DI RAGUSA

Ingredienti (per quattro persone):

300 gr. canocchie 150 gr. pomodori datterini Un ciuffo di sedano Una cipolla Una carota Uno spicchio d’aglio Olio evo q.b. Sale q.b Vino bianco q.b. Costo circa €5,00 per quattro persone. Prendete in pescheria circa 300 grammi di canocchie, lavatele bene e pulitele tagliandole lateralmente con una forbice per fare in modo di prendere la polpa. Tagliate i datterini in quattro e dopo aver fatto scaldare l’olio evo e uno spicchio d’aglio in padella e fate rosolare. Mettete le canocchie in padella e sfumate con vino bianco per non aggiungere acqua di cottura. In 200 ml d’acqua preparate un fumetto di pesce con una carota, un ciuffetto di sedano, una cipolla e tre canocchie, portate a bollore e filtrate, mettete da parte e aggiungete al composto in padella e poi per la mantecatura della pasta. Scolate la pasta e saltate il tutto in padella, rispettate i tempi di cottura per almeno 2 minuti, disponete nel piatto e servite a tavola. 52


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Sempre insieme, anche in quarantena BIANCA PET A CURA DI MARIA CONCETTA MANTICELLO

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a pandemia da Covid-19 ha cambiato la vita quotidiana di milioni di persone in tutto il mondo. Le drastiche misure prese dal governo per contrastare il virus hanno stravolto in maniera radicale il nostro modo di vivere. Il lockdown ci ha costretto a stare in casa, per proteggere la nostra salute e quella degli altri. Di conseguenza, anche la routine quotidiana dei nostri animali domestici è dovuta cambiare. La mia cagnetta abituata da sempre a fare lunghe passeggiate, si è dovuta accontentare di mini uscite, nei dintorni di casa. Ogni qualvolta che rientravamo dalla passeggiata, mi munivo di acqua e detergente o di salviettine alla clorexidina e in maniera scrupolosa le pulivo le zampette, cosa tra l'altro cui lei era abituata da prima. Anche per quanto riguarda il bagnetto mi sono organizzata, visto che i toelettatori erano chiusi, questa non poteva essere una scusa per non lavare la mia Gea. Adottate queste piccole precauzioni, gradualmente stiamo cercando di tornare alla normalità. Questa esperienza vuole testimoniare che la vicinanza di un amico a 4 zampe in un periodo in cui non possiamo neanche stringerci la mano è una certezza. Abbracciarlo non costituisce nessun pericolo, anzi ci dà conforto, sostegno psicologico e ci regala solo tanta buona compagnia.

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