Bibenda n° 54

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Anno XV - n. 54 - Mensile Novembre 2016

54 duemilasedici


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copertina > La XIII Commissione Agricoltura ha approvato il testo “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino”. Il disegno di legge ha lo scopo di razionalizzare la normativa vigente che nasce dal sovrapporsi di norme di livello europeo e nazionale.

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Non importa / di Franco M. Ricci Il vino a scuola / di Flavia Piccoli Nardelli L’Amarone fa il pienone / di Filippo Busato Franz Haas e la viticoltura in altitudine / di Cinzia Bonfà Château Simone grande Provenza / di Giovanni Ascione Oscar del Vino Est! Est!! Est!!! a Montefiascone / di Claudio Bonifazi Ricordo di Dario Fo / di Daniele Maestri Il banchetto dell’onorata società / di Elvia Gregorace Un altro pezzo della nostra vita se ne va / di Franco M. Ricci Summa 2016: il mondo alternativo / di Manuele Petri K-Castagner e la sua K-Selezione / di Nicola Ferrazzano Informazioni da Fondazione

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Non importa I nostri 43 collaboratori, girando per il Paese e assaggiando l’Italia tutta, sono tutti d’accordo di aver trovato il

Talento Italiano sempre più grande.

La crescita di qualità raccontata da BIBENDA 2017 è altissima,

Non importa se questa Italia dell’Arte, del Turismo, del

per i Vini che sono stati prodotti (alcuni importanti quest’anno

coraggio di raccontarla ovunque senza falsa modestia non ha

non lo sono stati), per la cucina e la sala che portano il risultato di

avuto ancora l’attenzione dei media.

studi e ricerche allettanti, per l’olio che si fa sempre più riconoscere nella sua qualità di prodotto da consumare giorno per giorno.

Non importa se si scambia un cuoco per un campione del mondo come se fosse un pugile o un tennista. Il migliore. Il

E anche i nostri 43 collaboratori, girando per il Paese e

cuoco migliore?

assaggiando l’Italia tutta, sono tutti d’accordo di aver trovato il

Noi pensiamo che la cucina non sia un cazzotto o un rovescio

Talento Italiano sempre più grande. Formidabile.

ben piazzato. Pensiamo che un cuoco debba e possa avere un cuore e un’anima, e che però gli possa capitare di non averli un

Non siamo mai stati nazionalisti con l’arte e la cultura perché

qualsiasi giovedì dell’anno magari a causa di un raffreddore.

sono due espressioni che riteniamo appartengano a tutti noi cittadini del mondo. Ma sottolineiamo “Viva il Sud del Mondo

Dichiarare che esiste un migliore a cuocere è ridicolo. Il

del Vino, viva le migliori Tavole del mondo”, perché a scuola

migliore non esiste. Esistono invece i migliori. In Italia sono

insegniamo tutto quello che di grande ci regala il Pianeta.

tanti, sono bravi in tanti e del migliore noi non ci fidiamo.

Lo comunichiamo anche se siamo certi che questo nostro Paese sia tra i più ricchi, anzi, forse il più ricco nelle diversità, nei

Non importa se qualcuno ci prova per urlare.

vitigni e nelle cultivar, nelle tradizioni, nei suoi prodotti così diversi e così attraenti. E non importa se la miopia d’Oltralpe è riuscita a trovare

Sottovoce è meglio: viva il grande Talento Italiano! Franco M. Ricci

soltanto 6 (sei!) Ristoranti in Italia che meritano l’eccellenza per noi sono 28 - o che non riescano nemmeno ad individuare 605 etichette di vino da emozioni.

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Servizio di Copertina

IL VINO a scuola F

l a v i a

P

i c c o l i

N

a r d e l l i

Grazie alle Commissioni Agricoltura e Cultura della Camera dei Deputati e grazie alla

Fondazione Italiana Sommelier

il vino arriverà a scuola.

La Commissione

Agricoltura ha approvato un disegno di legge per razionalizzare la normativa vigente.

Prodotto di una lunghissima tradizione, il vino italiano è simbolo di prestigio per il nostro Paese nel mondo ed è parte integrante della nostra storia da millenni. L’affermarsi delle pratiche vitivinicole nel nostro Paese non ebbe mai un significato esclusivamente tecnico, così come il consumo di vino non ebbe mai un’accezione solamente alimentare. L’Italia è uno dei Paesi in cui la produzione e la degustazione di vino è un fatto culturale che coinvolge tutte le regioni. La cultura vinicola italiana è molto radicata e legata al territorio, perché i vini italiani sono fortemente legati alla tradizione contadina. Negli ultimi trent’anni poi c’è stato un imponente sviluppo della ricerca di maggiore qualità e pregio e che hanno garantito un appeal internazionale prima sconosciuto. 2


La XIII Commissione Agricoltura ha approvato, nello scorso

del vino e del particolarissimo paesaggio modellato dal lavoro

mese di aprile, un testo unificato “Disciplina organica della

dell’uomo, in funzione della coltivazione della vite e della

coltivazione della vite e della produzione e del commercio

produzione del vino. I siti costituiscono, infatti, una testimonianza

del vino”. Il disegno di legge ha lo scopo di razionalizzare la

unica di una tradizione culturale viva e un esempio eccezionale

normativa vigente che nasce dal sovrapporsi di norme di livello

di rapporto tra l’uomo e la natura da più di due millenni.

europeo e nazionale accompagnate dalle norme di attuazione che

“Il vino è un elemento rappresentativo della nostra identità e delle

hanno origine, nel corso degli anni, ad un sistema complesso,

nostre radici; racconta la storia e la cultura dell’Italia, ne definisce il

con conseguenti rischi interpretativi.

territorio e ne disegna il paesaggio.”

La Commissione Cultura della Camera, è stata chiamata ad esprimere un parere, poiché l’articolo 1 precisa che la Repubblica

I filari dei vitigni storicamente coltivati nel territorio, le tipologie

salvaguarda, per la loro specificità e il loro valore in termini di

di coltura, il ricco sistema dei luoghi produttivi e degli insedia-

sostenibilità sociale, economica, ambientale e culturale, il vino,

menti tradizionali mostrano un paesaggio «vivente», in cui ogni

prodotto della vite, e i territori vitivinicoli, quali parte del

evoluzione avviene nel costante rispetto ed equilibrio di tradizio-

patrimonio ambientale, culturale, gastronomico e paesaggistico

ne e innovazione.

italiano, nonché frutto di un insieme di competenze, conoscenze,

Parlano di vino la nostra letteratura, le arti figurative, il teatro, e

pratiche e tradizioni.

il cinema. È una narrazione che intreccia la storia, la geografia,

La Commissione Cultura ha espresso parere favorevole alle di-

la scienza dell’alimentazione, le tradizioni, i saperi, l’agricoltura

sposizioni del provvedimento finalizzate alla tutela di un pro-

e le politiche produttive. La conoscenza della cultura del vino si

dotto italiano sintesi di antichi valori e tradizioni, di indiscusso

configura come un momento di passaggio quasi obbligato per

valore in termini di ritorno economico e di richiamo turistico e

l’Italia, Paese esportatore di cultura non solo artistica e letteraria,

capaci di offrire un quadro di riferimento normativo univoco e

ma anche di saperi, tecniche ed eccellenze enogastronomiche.

approfondito per gli operatori del settore. Sono i motivi citati

Riconoscere il vino e gli altri prodotti derivati dalla coltivazione

dalla Commissione nel suo parere.

della vite nonché i territori viticoli come parte del patrimonio

Il vino è un elemento rappresentativo della nostra identità e delle

ambientale e culturale significa dare il giusto riconoscimento

nostre radici; racconta la storia e la cultura dell’Italia, ne definisce

al legame con le tradizioni, ai saperi e alla creatività nazionale,

il territorio e ne disegna il paesaggio.

che nel corso dei secoli hanno caratterizzato la cultura italiana

L’intreccio tra cultura e paesaggi vitivinicoli è testimoniato dal

nelle sue infinite declinazioni, costituendone un significativo

riconoscimento dell’UNESCO come patrimonio immateriale

valore aggiunto, al pari delle rappresentazioni, delle espressioni,

dell’umanità dei «Paesaggi vitivinicoli del Piemonte: Langhe –

delle conoscenze, del know how che recentemente, proprio in

Roero e Monferrato» e della «Val d’Orcia».

Commissione Cultura, hanno costituito oggetto di dibattito nel

Tali zone, e in particolare quelle piemontesi, sono state

corso dell’esame del provvedimento che ha riconosciuto il valore

salvaguardate come esempi straordinari della radicata cultura

del patrimonio culturale immateriale. 3


L’Amarone fa il pienone

Bibenda 54 duemilasedici

L’Amarone

fa il pienone F

i l i pp o

B

u s a t o

A Venezia si è svolta, con l’organizzazione di Fondazione Italiana Sommelier Veneto, una grande degustazione dei prodotti delle

Famiglie

dell’Amarone d’Arte che ha

registrato una partecipazione senza precedenti.

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Amaron’è, la sfilata dei prodotti delle famiglie dell’Amarone d’arte è

Nel mondo cinematografico spesso si attende il sequel di un film

giunta alla seconda edizione, tenutasi ieri a Venezia nelle prestigiose

con un misto di eccitazione e di paura di una delusione che in molti

sale del Casino di Ca’ Vendramin Calergi, affacciate sul Canal Grande.

casi arriva ed è cocente. L’attesa di poter rinnovare l’emozione della

Tutte le famiglie presenti, 2 degustazioni di Amarone e una di di-

prima volta è del tutto naturale, ed è pure naturale il fatto di non poter

stillati (grappe) guidate da Massimo Billetto hanno entusiasmato

replicare l’effetto novità. Fondazione Italiana Sommelier e Bibenda

i partecipanti, che sono stati in totale più di 500, oltre agli invitati

sono riusciti invece a far crescere la manifestazione, in qualità e

e agli accrediti stampa. Non è mancato l’olio extra vergine di oliva

importanza, regalando nuove emozioni e provando così a dar

prodotto dalle famiglie dell’Amarone a completare una meravi-

vita ad una saga che si preannuncia un importante successo, per

gliosa giornata su questi importanti prodotti d’arte del Veneto.

la diffusione della cultura italiana e veneta del vino e dell’olio.


L’Associazione Italiana Sommelier dell’Olio è nata a Roma il 28 Novembre 2004 con l’intento di preparare a questa grande cultura i professionisti della ristorazione, i produttori, i venditori e gli appassionati. Così come facciamo da sempre per il vino con i Corsi per Sommelier di Fondazione Italiana Sommelier, sottolineando la qualità attraverso l’insegnamento dell’analisi sensoriale e dell’abbinamento con i cibi, in qualità di Associazione Italiana Sommelier dell’Olio abbiamo messo a punto anche il Corso di Sommelier dell’Olio. Il Presidente Franco M. Ricci, come previsto e sognato fin dall’inizio, negli ultimi dodici anni è riuscito, con l’aiuto del suo staff, a dare un ottimo impulso per l’attivazione del Corso anche in altre Sedi del territorio nazionale. La coltivazione dell’olivo e la produzione dell’olio sono sempre state oggetto di grande interesse nel nostro Paese. Ne sono testimonianza oltre duemila anni di letteratura. Malgrado ciò, il concetto di qualità di questo prodotto dall’antichissima origine fino a poco tempo fa non era molto chiaro e molto povera la sua cultura. L’analisi organolettica finalizzata alla descrizione dell’olio in qualche modo passava in secondo piano. Il compito della nostra Associazione Italiana Sommelier dell’Olio è stato proprio quello di spiegare e promuovere la cultura dell’Olio attraverso la sua comunicazione e conoscenza, anche attraverso l’analisi sensoriale.


Bibenda 54 duemilasedici

Franz Haas e la viticoltura in altitudine

Franz Haas

e la viticoltura in altitudine C

i n z i a

B

o nf à

Un po’ come Don Chisciotte, il nostro produttore sta combattendo una battaglia importante contro la realtà delle leggi e delle istituzioni.

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Testardo, tenace e folle combatte per ciò che è un suo diritto, fare il vignaiolo di montagna.


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Bibenda 54 duemilasedici

Franz Haas e la viticoltura in altitudine

Don Chisciotte della Mancia, opera spagnola di Cervantes conosciuta a livello mondiale, sottolineava l’inadeguatezza della nobiltà del 1600 a fronteggiare i nuovi tempi che correvano in Spagna, un periodo quello caratterizzato dal materialismo e dal tramonto degli ideali (un po’ come sta avvenendo nel nostro tempo). Il folle personaggio di Don Chisciotte ancora duellava con la spada in un periodo, dove era stata inventata la polvere da sparo. L’autore volle ridicolizzare l’opinione comune che aveva la gente di questi eroi immaginari, inesistenti e di pura fantasia contro invece i reali soldati. Purtroppo la realtà annulla l’immaginazione, annulla i sogni, le proprie aspettative, la realizzazione di un n

Franz Haas

progetto o un angolo di esistenza con cui l’uomo si identifica. Così nel Don Chisciotte

Via Villa, 6

ogni cosa può essere soggetta a diversi punti di vista come l’esempio dei famosi mulini

39040 Montagna BZ

a vento che lui vede come dei giganti, quindi di difficile superamento. Ecco come

Tel. 0471 812280

Franz Haas sta combattendo una battaglia importante contro la realtà delle leggi e delle

info@franz-haas.it

istituzioni sentendosi forse un po’ come Don Chisciotte: testardo, tenace e folle per ciò

www.franz-haas.it

che è un suo diritto, quello di fare viticoltura ad altitudini elevate. Giunto alla settima generazione di una famiglia con tradizioni che risalgono al 1880, Franziskus Haas sostiene una filosofia produttiva che fonda le basi su un prezioso desiderio di progredire, di guardare avanti, di cambiare essendo egli stesso sensibile agli inesorabili e naturali cambiamenti climatici che invece compromettono la qualità dell’uva. È per questo motivo che Franz, dal 2000, ha iniziato a capire che una possibilità di salvezza e di sviluppo, con ottimi risultati, l’avrebbe potuta avere da terreni che si fossero ubicati più in alto, puntando ad altitudini elevatissime fino ai 1150 mt. s.l.m. e più precisamente con i terreni di Aldino. Ma c’è un ostacolo ed ecco la premessa. In Alto Adige, fino a pochi anni fa, vigeva una legge che vietava nuovi impianti di vigneti sopra i 500 metri di altitudine. Nel 1999 Franz Haas intanto si stava accorgendo che le vendemmie erano cambiate a causa dei fattori climatici; così ha iniziato a prendere coscienza del grande cambiamento climatico perché, quando lui era bambino, la vendemmia avveniva in Ottobre mentre, con le ultime annate, si è anticipata a fine Agosto. Ecco che il Signor Haas ha iniziato a reagire. La sua reazione fu quella di provare a impiantare nuovi vigneti a un’altitudine superiore perché l’unico modo per preservare la qualità dell’uva, e alla fine la qualità del vino, era quella di salire più in alto con la coltivazione andando su di altitudine. Dunque compera i diritti di impianto e affitta i terreni per impiantare nuove viti, però viene bloccato perché c’è appunto una legge in Alto Adige che vietava l’impianto di nuovi vigneti al di sopra di 500 metri di altitudine. Legge sciocca contro la quale Franziskus si è opposto con tutte le sue forze con una battaglia iniziata nel 2000 e che, a oggi, non si è ancora del tutto conclusa.

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Nel 2000 l’Assessorato alla Agricoltura gli consigliò di circumnavigare il problema dimostrando che sopra i 500 metri si poteva benissimo coltivare la vite con ottimi risultati e consigliò al Signor Haas di presentare un’inchiesta dove fosse messo nero su bianco, il suo nuovo lavoro in fase del tutto sperimentale. Ecco che Franz impianta 13 vitigni su mezzo ettaro di terreno per questa sperimentazione che ovviamente dà subito dei risultati sorprendenti ma che purtroppo non sarà sufficiente a cambiare la famigerata legge. Solo nel 2010 tale legge fu finalmente cambiata ma anche in quell’occasione concordarono a 900 metri s.l.m. e non di più. Così Franz Haas ricomincia e pianta 4,5 ettari. Due anni dopo, nel 2012, liberalizzano la “legge dell’altitudine” e quindi Franz chiede di poter piantare il Pinot Nero con un altro mezzo ettaro di terreno. Nel frattempo, a Febbraio 2015 arriva al Signor Haas una comunicazione che portava in calce l’elaborazione di una formula agronomica che asseriva che i vigneti coltivati in luoghi estremi, a una certa altitudine, dovevano avere dalla loro, condizioni climatiche ben precise quali: l’esposizione in un certo modo, i venti, il cielo, il sole, il suolo e altri fattori. Tale formula agraria conteneva anche un numero che asseriva quali terreni fossero vocati a essere vigna e quali no. Il mezzo ettaro di Pinot Nero diventa Doc mentre tutti gli altri 12 ettari, che facevano parte di questo progetto, vengono automaticamente estromessi. Così dei 12 ettari totali di terra, solo una piccola parte sono coltivati a vigneto, sui rimanenti non glieli lasciano nemmeno impiantare. Ecco la battaglia ancora aperta ed ecco la similitudine con Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento. 9


Bibenda 54 duemilasedici

Franz Haas e la viticoltura in altitudine

Oggi Franz Haas è arrabbiato, vorrebbe andare a Bruxelles

meno. In quota inoltre la maggior componente ultravioletta, promuo-

a presentare il caso, così interpella uno studio di avvocati per

ve il metabolismo della pianta che è portato verso la sintesi di polife-

questa formula agronomica e il Prof. Fregoni, grande scienziato

noli (vedi attivazione dell’enzima fenil alanina, prima tappa verso la

e docente di Viticoltura presso l’Università Agraria di Piacenza.

sintesi polifenolica), mentre le basse temperature notturne stimolano

Quest’ultimo fa una relazione scientifica sul vigneto di Pinot

la sintesi dei composti aromatici (soprattutto benzenoidi e terpeni).

Nero impiantato oltre i 1150 metri nel comune di Aldino, dove

Tutte queste informazioni sono perfettamente confermate dall’analisi

accerta che “l’impianto del vigneto

dei vini e delle uve dell’Azienda Franz

è stato eseguito correttamente nei

Haas dove l’acidità a fine fermentazio-

confronti del rispetto dell’ambiente,

ne si mantiene su valori superiori a 7

in particolare per quanto concerne

g/L con una espressione alcolica intorno

la stabilità del suolo e la corrivazione

ai 12°alcolici.”

idrica superficiale”. Franz interpella

Quindi perfetto, tutto perfetto,

anche il Prof. Attilio Scienza e Il

perché le analisi del vino base spu-

Prof. Mariani per una perizia sui

mante di Pinot Nero fatto a 1150

suoi terreni in altitudine i quali

metri di Franziskus sono perfette.

sottoscrivono che Aldino, a 1150, è un ottimo luogo dove piantare Pinot

Gli avvocati oggi dicono al Signor

Nero, avendo calcolato l’attitudine

Franz Haas che, stando così le cose,

climatica e avendo preso come stazioni di confronto Reims nella

portando tutti i suoi dati in Tribunale, vincerebbe di sicuro la

Champagne e Beaune in Cote d’Or. La CREA (Consiglio per

causa, perché Franz ha in mano argomenti validi per cambiare

la Ricerca in agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria) ha

definitivamente la nuova “postilla” (se vogliamo chiamarla così)

espresso il suo giudizio a riguardo:

della vecchia legge. Intanto i vari istituti hanno già avvicinato il Signor Haas per

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“Lo spumante trentino. Non è un caso che i migliori vini spumanti

distoglierlo dal tentare di fare ricorso, faccenda, quest’ultima,

si ottengano intorno al 49° parallelo Nord (vicinanze di Epernay in

che comunque lui stesso non vuole, perché capisce e sa che ciò

Champagne) e al 50° che lambisce le colline di Geisenheim in Ger-

potrebbe nuocere alla viticoltura altoatesina. Solo un’Istituzione

mania. In queste condizioni climatiche le uve mantengono un buon

tra le tante, gli sta consigliando di fare ricorso, perché solo in

livello acidico (fondamentale per la tenuta del vino spumante), ac-

questo modo si può creare un precedente attraverso il quale le

compagnato da aromi freschi e fruttati. Vi è poi da considerare il rap-

altre aziende potranno in seguito appellarsi.

porto altitudine-latitudine, stimato in 160-170 m in più per trovarsi

Bisogna dunque giocare d’anticipo e andare contro vento in

in condizioni climatiche simili a quelle di un grado di latitudine in

modo da poter prendere alle spalle quei famosi mulini.


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Bibenda 53 duemilasedici

I vini dei vulcani, la sottile linea rossa

Château G 12

i o v a nn i

A

s c i o n e


Simone A pochi chilometri in linea d’aria da Marsiglia, un’azienda che regala un livello qualitativo impressionante tanto nel bianco, quanto nel rosso, quanto, ovviamente, nel raro e celebre rosato.

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Bibenda 54 duemilasedici

Château Simone grande Provenza

Siamo proprio sicuri che il futuro del vino europeo stia sempre più al Nord? E’ solo una questione di pura latitudine la battaglia per la conservazione dell’eleganza e della longevità, contro il riscaldamento globale? Evidentemente no, se gli esempi di vini splendidi, di classe, in grado di evolvere lentissimamente, eppur provenienti da enclave geograficamente meridionali, sembrano quasi moltiplicarsi, tanto da noi quanto presso i cugini francesi. Anzi, sembra proprio che la ricetta magica del futuro possa essere racchiusa proprio nel giusto mix tra eleganza e mediterraneità. Come tesori ormai sempre meno nascosti, di casa lungo tutta la costa del Sud della Francia, non fanno che testimoniare, bevuta dopo bevuta. Château Simone, pochi chilometri in linea d’aria da Marsiglia, conferma ed enfatizza appieno tutto questo, regalando un livello qualitativo impressionante tanto nel bianco, quanto nel rosso, quanto, ovviamente, nel raro e celebre rosato. L’arcobaleno a tre colori Il rosato, infatti, anche se prodotto in poche unità, attorno al dieci per cento delle centoventimila bottiglie totali annue, è quasi unanimemente considerato uno dei più grandi rosati fermi al mondo, per non pochi addirittura il migliore in assoluto. All’interno della gamma è primus inter pares, ma il confronto con il resto della regione, che rappresenta una quota diametralmente opposta di nove decimi del totale provenzale, lo fa divenire una delle bottiglie più amate e ricercate del Sud della Francia. Con il bianco ed il rosso, formano un trio quasi impossibile da ritrovare in altre realtà, dove magari uno dei colori svetta particolarmente sugli altri e trascina il resto della gamma sotto l’aspetto commerciale o d’immagine. Qui, invece, il livello è sempre altissimo e costante nel tempo, rendendo fattibile e particolarmente significativa addirittura una tripla verticale. Il monopole mancato Château Simone poteva e voleva essere un monopole, come ad esempio Château Grillet nel Rodano settentrionale, ma quando venne presentato il dossier all’INAO (Institut National des Appellations d’Origine) e si discusse della denominazione, nel lontano 1946, i venti politici portarono la decisione lontano dagli interessi e dai diritti della famiglia Rougier. Quest’ultima rappresentava l’unico, vero soggetto operante sul particolarissimo territorio di Meyreuil, pochi chilometri a Sud-Est di Aix-en-Provence, ma la cosa non piaceva, perché rendeva troppo esclusiva una sola realtà, laddove la volontà politica dominante voleva una forte apertura, magari anche solo formale, ad altri operatori del territorio. Così, Albert Rougier nel 1948 fu costretto a rinunciare a chiedere la denominazione come Château Simone. Ed oggi, dei quarantacinque ettari totali della denominazione Palette, come venne poi chiamata dalla frazioncina più vicina, solo la metà è coperta dall’azienda che l’ha fatta nascere e le ha dato l’identità; il resto vede 14


n

Sul collarino che riporta

l’annata vi è la menzione Grand Cru de Provence, derivante da un’antica classificazione ufficiale del 1936, che inseriva la proprietà tra le migliori della regione.

una piccola presenza dei soci di una cantina cooperativa e tre soli altri produttori, che sfruttano la leadership dei Rougier e litigano tra loro per esserne primi scudieri. Resta, comunque, il primato morale totale di Château Simone, tanto che in qualunque istante la denominazione potrebbe essere abbandonata senza subirne alcun danno. Ma non è certo questa l’intenzione della famiglia, sempre corretta, fedele e a difesa di un nome, che pur mai è stato veramente accettato fino in fondo. In etichetta, poi, sul collarino che riporta l’annata, vi è anche la menzione Grand Cru de Provence, derivante da un’antica classificazione ufficiale del 1936, che inseriva la proprietà tra le migliori della regione; poi questa classificazione è stata rivista nel 1955 e, stante l’avvenuta nascita dell’AOC autonoma Palette, non ha più compreso Château Simone, non precludendogli però la possibilità di riportare la menzione storica.

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Bibenda 54 duemilasedici

Château Simone grande Provenza

Sette generazioni Storia comune a mille altre realtà francesi, Château Simone vede affondare le proprie radici nel XVII secolo, ad opera dei monaci dei Grands Carmes d’Aix, che scavarono per primi la cantina nella roccia e piantarono con sistematicità le prime vigne. Dopo la rivoluzione e la secolarizzazione, la proprietà giunse con vari passaggi intermedi ai Rougier, attraverso la Demoiselle de Simon, “La Simone”, come era chiamata dei contadini dell’epoca. Ed ora siamo a quasi due secoli ininterrotti di gestione diretta della famiglia, attraverso sette generazioni e l’ottava in arrivo. Dopo la grande opera di Albert, iniziata negli ultimi anni n

René Rougier

dell’ottocento, morto centenario, cui si deve l’impostazione moderna ed ancora in essere di vigna e cantina, dal 1976 l’impresa è molto ben continuata da suo figlio René. Oggi, questo patriarca ultraottuagenario di carisma, umanità e rara competenza continua ad essere una guida per il figlio cinquantenne Jean-François, che lo ha affiancato dal 1983 e che oggi ha le piene redini del domaine. Tutte le volte che si visita l’azienda resta la stessa, strana sensazione, data da un mix di blasone, forza, sicurezza, come presso i più importanti indirizzi del vino d’oltralpe, ma al tempo stesso anche di semplicità, di piccoli tratti di insicurezza, dell’impegno quotidiano di chi non si sente mai tranquillo e lotta e lavora tutti i giorni come se stesse ancora agli inizi. L’isola felice Château Simone è una realtà totalmente isolata dal resto del mondo. Si trova all’interno di un’enorme macchia di bosco, con tutti i suoi ventitré ettari senza alcun contatto con altre vigne, immersi in un’enclave che fa mondo a sé. Al centro di tutto, un’immensa villa padronale, un vero e proprio castello settecentesco, con scaloni che digradano verso fontane e, tutt’attorno, le vigne. Un’atmosfera che sembra ricordare più quella del corso centrale della Loira che la Provenza, se non fosse per il bosco che incombe e per quella strana rarefazione dell’aria, quella strana atmosfera, che invece racconta dello stridente ed affascinante contrasto tra anima mediterranea ed ambiente freddo, e che rappresenta il patrimonio genetico unico di Simone. L’esposizione, infatti, come ripetuto ossessivamente quasi in ogni frase, è pienamente a Nord, con la foresta che protegge dai forti venti da Sud e da Est, che spesso spazzano violentemente la zona. I suoli sono calcarei, con tracce di argilla, ma ricoperti da pietre e fossili di ogni tipo e dimensione, regalando un’impressionante longevità ai suoi ceppi, i più vecchi dei quali superano abbondantemente il secolo di vita e risalgono ai reimpianti post-fillosserici di fine ottocento, visto che l’atroce afide da queste parti ha iniziato a svilupparsi già attorno al 1870. La biodiversità è garantita, i patogeni endemici sono tenuti lontano e l’approccio agronomico è quanto di più vicino alla piena naturalità possa esserci, nonostante il rifiuto da parte dei Rougier di qualsiasi forma di certificazione ufficiale.

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n

Château Simone Chemin de la Simone, 13590 Meyreuil, Francia Tel. +33 4 42 66 92 58 www.chateau-simone.fr

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Bibenda 54 duemilasedici

Château Simone grande Provenza

Gli infiniti vitigni La diversità si ritrova anche e soprattutto nei vitigni, che rispecchiano la più piena ed antica tradizione provenzale e dell’intero Mediterraneo a mescolare quante più varietà fosse possibile fare. A bacca rossa tende a prevalere la Grenache, seguita da Mourvèdre e Cinsault, ma sono presenti almeno un’altra dozzina di varietà, come Syrah, Monosquin, Castet, Carignan, Cabernet-Sauvignon o Muscat Noir. A bacca bianca è nettamente la Clairette a prevalere, ma dà il suo importante contributo anche la Grenache bianca, oltre a Bourboulenc, Ugni Blanc e Muscat Blanc, quest’ultimo da molti considerato uno dei componenti decisivi della ricetta di casa. La Clairette, che rappresenta quasi i quattro quinti degli otto ettari complessivi a bianco, è un vitigno molto delicato e tendenzialmente poco adatto a lunghi invecchiamenti, con tendenza spiccata alla maderizzazione. Eppure, per un insieme di motivi, come la probabile unicità del sito e l’elevatissima presenza di calcare, a Château Simone sembra avere una personalità senza paragoni. Tutte le piante hanno portinnesto ed i più recenti, essendo praticamente impossibile avere memoria storica dei più antichi, sono soprattutto dei 41B, particolarmente resistenti all’elevata presenza di calcare attivo. Gli impianti sono tutti impostati secondo tradizione, con il classico alberello, il gobelet, in cui vengono lasciate solo due gemme attive per ogni ramificazione, raggiungendo così delle rese massime molto contenute, mai superiori ai 45 ettolitri per ettaro. Una passeggiata in vigna evidenzia la strategia della co-piantagione, con la coesistenza di piante vecchissime con altre appena messe a dimora, con sostituzioni che avvengono anno dopo anno, man mano che qualche pianta cede alle malattie fungine del legno e muore. Tutti i lavori in vigna, inevitabilmente, sono fatti a mano, ma con un’attenzione che va ben oltre la media, fino a rendere i vigneti dei veri e propri giardini. Fiore all’occhiello di famiglia è una piccola officina, nella quale vengono costruiti tutti gli attrezzi utilizzati poi in vigna, con i trattori o a mano; tutto è su misura, in modo da avere la massima efficacia possibile. La raccolta avviene normalmente ad inizio ottobre, in parallelo per bianchi e rossi, con un’evidente diversità di maturazione tra le diverse varietà. In realtà, trattandosi di processi più lunghi del solito, grazie all’esposizione settentrionale ed all’arricchimento basato più sulla luce che sul calore diretto, quello che potrebbe essere considerato sulla carta un punto debole diviene uno dei maggiori punti di forza. Accanto a grappoli più precoci e maggiormente ricchi in alcol e struttura, finiscono chicchi meno maturi, con acidità più spiccate e profili gusto-olfattivi molto più freschi. Il tutto, nei rossi e nei rosati, con una maturazione polifenolica che riesce magicamente ad essere sempre perfetta, mai con note verdi, mai con tannini irrisolti, mai con acidità scisse.

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La ricetta segreta

di ogni sorta. Alla svinatura, vengono utilizzate le presse verticali

Le particolarità non finiscono in vigna, perché la visita in cantina

che costituiscono uno dei marchi di fabbrica dei Rougier. Dopo

è tra le meno banali e le più significative che si possano fare in

una prima pressatura, la vinacce, ancora piene di succo, vengono

Francia. Dappertutto, la temperatura è costante per motivi

spostate in un’altra pressa verticale in legno e schiacciate di nuovo.

naturali, grazie a lunghissimi ed affascinanti cunicoli scavati nella

In questo modo, l’uva non viene girata e rigirata in pressa e, pur

roccia, i primi dei quali dai monaci fondatori, gli ultimi proprio

perdendo decisamente in resa, la qualità del vino fiore ne risulta

da Jean-François solo pochi mesi fa. In alcuni casi le dimensioni

altissima. Stesso procedimento anche per il bianco, che va in

permettono anche l’alloggio di botti di varia dimensione, in altri

pressatura diretta, viene fatto fermentare a temperature medie

solo bottiglie in affinamento, in altri ancora vi è a stento lo spazio

molto più alte rispetto alle mode correnti (fino a 25°C) e vede

per passare. L’uva giunge già dopo una selezione molto attenta

gli stessi due passaggi in torchio, restando di una limpidezza

in vigna, messa in piccoli contenitori e tenuta spesso una notte

impressionante; in pratica, non c’è bisogno di farlo decantare,

all’aperto ed al coperto per poterla lavorare con una temperatura di

prima del trasferimento in legno. Per il rosato, la maggior parte

partenza più bassa; poi passa lungo un tavolo di cernita e, nel caso

vede una vinificazione in rosa, con qualche giorno di macerazione

dei rossi, viene pigiata leggermente, prima di essere trasferita in

prima della svinatura, mentre una piccola quota deriva dal salasso

contenitori di cemento grezzo non vetrificato per la fermentazione

del rosso a metà macerazione. Non sono utilizzati lieviti esterni,

alcolica. La macerazione dura in media 25 giorni, con temperature

vista anche la centenaria popolazione di microrganismi che

massime che non devono superare i 28°C; la CO2 prodotta viene

alloggia all’interno dell’ampio strato di muffe che ricopre ogni

recuperata ed utilizzata per proteggere i mosti bianchi più delicati.

centimetro delle pareti; mentre il peso della solforosa è sempre

Nel frattempo si fanno solo rimontaggi e si evitano sovraestrazioni

molto ridotto. Per tutti i colori, dopo le fermentazioni in cemento, 19


Bibenda 54 duemilasedici

20

Château Simone grande Provenza

arrivano botti di qualche decina di ettolitri, normalmente molto

Lunga vita

vecchie, dove i vini sostano fino a giugno dell’anno successivo. Nel

Anche i Rougier, come tutti i grandi vigneron francesi, si basano

caso del rosso, poi, vi è un assemblaggio per qualche settimana

poco sulle pure analisi fisico-chimiche per prendere le decisioni su

di nuovo in cemento, al fine di facilitarne la malolattica, che

cosa fare in cantina. Si limitano a quanto necessario per legge e non

invece non avviene per rosato e bianco, i quali completano la

investono certo in gascromatografi o altri complessi macchinari da

maturazione rispettivamente in botte grande e barrique. Queste

centrale nucleare. L’enologia sta nell’esperienza, nell’avere già solo in

ultime vengono acquistate esclusivamente usate, normalmente

due, René e Jean-François, oltre cento vendemmie fatte alle spalle,

da alcuni château bordolesi con cui vengono intrattenuti ottimi

più che nell’applicazione di parametri da manuale. Questo fa sì che

rapporti, come Carbonnieux nelle Graves oppure La Tour Blanche

risultino particolarmente difficili da spiegare alcune particolarità dei

ed Yquem a Sauternes. Rosso e Bianco fanno un anno di legno

vini di Château Simone, a partire dai livelli di pH che normalmente

piccolo ed escono sul mercato tre anni dopo la vendemmia, il

raggiungono, in particolare sui bianchi. Infatti, per stessa loro

rosato due anni dopo. Inutile ogni paragone con il grosso della

ammissione, non è raro che vengano riscontrato valori di poco al

produzione provenzale, con i bianchi e, soprattutto, con i rosati,

di sotto di 4, un livello letteralmente impensabile per vini di classe,

che molto spesso non disdegnano di partecipare alle festività

bevibilità e, soprattutto, di notevole longevità. Addirittura livelli

natalizie immediatamente successive alla vendemmia. La cantina

più alti per il bianco rispetto al rosso ed al rosato. Ma è questa

dei Rougier è anche un esempio di rigore, ordine, attenzione ad

la vera magia del vino, in questo caso spiegabile solo con la serie

ogni più piccolo dettaglio. Si passeggia per i cunicoli e si ha la

infinita di particolarità che accompagna in ogni dettaglio Château

sensazione che sia tutto finto, eppure magari solo un’ora prima

Simone e che crea per questa realtà un’alchimia fuori da ogni schema

ferveva il massimo dell’impegno produttivo. Una maniacalità che

preordinato. Il bianco, infatti, rientra a pieno merito nel novero dei

si ritrova facilmente in ogni vino, sempre pulito, sempre rigoroso,

grandi di Francia, al pari dei campioni della Côte de Beaune o delle

sempre esteticamente perfetto, nonostante la naturale esuberanza

poche altre punte di diamante regione per regione. L’equilibrio è

mediterranea che racchiude.

mirabile, in ogni annata, perfino in quelle più calde, dimostrando


è la prima verticale ufficiale di Château Simone Rosé della storia. Ma la sua complessità, che parte dal classico tappeto fruttato che si riconosce alla tipologia e si arricchisce di un profilo minerale e speziato semplicemente unici, non ha nulla da invidiare ai rossi più grandi ed austeri. Il livello alcolico è molto variabile, spesso oltre il 14%, superiore perfino al rosso di pari annata, altre volte di soli 12,5 gradi; il residuo zuccherino è sempre contenutissimo, al massimo 4 grammi litro, se non inesistente. Del resto, la bontà e l’integrità dell’annata più vecchia degustata, la 1996, non fanno altro che far rimpiangere ancor di più l’esiguità della riserva storica familiare, quasi a zero per questo colore. Quanto al rosso, una forza interiore impressionante, che riesce sempre a raccontare le

si tratta forse del prodotto maggiormente sottovalutato di casa

sue note di pesca bianca, susina, rosa, pietra bagnata e pepe bianco,

Rougier, probabilmente molto più per ragioni di contesto che per

ma con un livello di sofisticatezza che aumenta di anno in anno e

demeriti propri. Nella stessa Provenza, infatti, a partire proprio da

che attorno alla prima decade di età comincia a raggiungere livelli

Bandol, di rossi di interesse, peraltro con notevoli potenzialità di

altissimi. La polvere di caffè rappresenta il fil-rouge delle versioni

invecchiamento, ce ne sono molti; inoltre la portata del bianco e,

più vecchie, anche se ciò che sconvolge di più è la grande tenuta

forse ancor di più del rosato, hanno storicamente oscurato quella del

e la capacità di rimescolare le carte con le annate; sono solo pochi

rosso, in particolare nel salotto buono della critica mondiale. Ora, la

dettagli a dare il senso del passaggio del tempo, altrimenti i bicchieri

vera sfida familiare è ora proprio quella di portare la considerazione

potrebbero facilmente essere scambiati tra i diversi millesimi. Lo

di quest’ultimo al livello degli altri, anche intervenendo in cantina

dimostrano colori che partono da toni apparentemente più evoluti,

con piccole modifiche, prima fra tutte l’accorciamento in corso della

con riflessi dorati fin dall’inizio, per rimanere per decenni uguali

permanenza in barrique. Le ultime annate, infatti, a partire proprio

a loro stessi. La verticale che segue, non a caso, vede la maggiore

dalla 2012 di prossima uscita, raccontano di un vino leggermente

profondità, per numero di annate e per lontananza dei millesimi,

più aperto, immediatamente disponibile, con una componente

proprio per questa tipologia. Il livello di alcol, espresso in etichetta

fruttata meglio fusa a quella minerale e speziata, di certo senza

solo dalla seconda metà degli anni ottanta, non supera mai i 13,5%,

aver minimamente intaccato il potenziale di invecchiamento, che

con molti casi in cui è a 12,5%, se non meno. Il rosato, poi, è un vero

resta alto e che provoca molti rimpianti nella scarsa riserva storica

e proprio mito. Indubbiamente nel novero dei migliori al mondo

familiare anche per questo colore. Château Simone sta da poco, per

nella tipologia, gode di una domanda infinitamente superiore

fortuna, destinando delle quantità leggermente superiori al mercato

all’offerta e di una reputazione altissima anche e soprattutto per la

italiano, quindi forse sarà più facilmente scovabile nelle carte e sugli

sua longevità potenziale; in realtà più all’estero, Stati uniti in primis,

scaffali di casa nostra. Una notizia più che buona, visto che finora era

che nella stessa Francia, dove un rosato fermo, seppur eccellente,

più difficile da trovare di molti grandi vini bordolesi o borgognoni.

sempre rosato resta. Infatti, quella realizzata in esclusiva per Bibenda

Il tesoro nascosto della Provenza ora, forse, è un po’ meno nascosto.  21


La Verticale La degustazione si è svolta con la partecipazione di Jean-François Rougier e di suo padre René. Tutte le bottiglie provenivano dalla riserva storica familiare. La temperatura di servizio è stata per tutte le bottiglie di circa 12°C, indipendentemente dal colore. Le annate sono state scelte in funzione delle loro caratteristiche, cercando la massima complementarietà in termini di stile. Le bottiglie hanno etichette identiche, ma si riconoscono per la capsula, bordeaux per il rosso, oro chiaro per il rosato e oro antico per il bianco. Il prezzo in Italia in enoteca delle annate correnti di Château Simone è di circa 55 euro per bianco e rosso, poco meno per il rosato.

Château Simone Palette Blanc

w 2013

92

Vino dalla potenza impressionante, con una stratificazione olfattiva ed una stoffa gustativa che potrebbero far pensare ad un mattone di scarsa bevibilità; eppure l’eleganza che contraddistingue ogni opera dei Rougier è tutta confermata. Naso a tratti borgognone, con la frutta bianca matura ammantata di toni gessosi e richiami di erbe aromatiche, non senza ancora qualche lieve sbuffo fumé. Bocca decisamente sapida, lievemente calda, con una chiusura dai netti ritorni minerali. Giovanissimo ed ancora alla ricerca del suo equilibrio migliore, è un cavallo di razza dal gran futuro.

w 2012

94

Tra le annate più recenti sembra proprio che sia tra quelle che ha trovato prima il suo pieno equilibrio, tutto giocato sulla florealità, mista a nettissimi richiami rocciosi ed a spezie molto varie, forse con una prevalenza di quelle piccanti e del pepe bianco. Legno perfettamente integrato e per nulla percepibile in maniera diretta. Palato fresco, ben sapido, con la frutta che sembra via via più fresca e che allunga in un finale davvero notevole. Sicuramente da seguire per parecchi lustri a venire.

w 2008

91

Una versione in piena fase di ripiegamento su se stessa, come spesso avviene per i Simone bianchi prima dei dieci anni di vita. Ma basta avere la pazienza di aspettare anche solo un’ora e nel bicchiere viene fuori una bella personalità, in questo millesimo espressa più su toni di sottobosco, con aggiunte di fiori di campo freschi e secchi, zafferano e crema pasticcera. Bocca più calda ed avvolgente del solito, con la consueta spalla sapida a garantirne la bevibilità, per una chiusura che ne sancisce definitivamente la forte anima mediterranea. Da seguirne l’ulteriore evoluzione nel tempo, che potrebbe riservare non poche sorprese.

w 2004

93

Perfetto esempio di un Simone bianco appena uscito dalla fase di chiusura e pronto a spiccare un nuovo volo sulle ali dell’eleganza più pura. All’olfatto la frutta è freschissima, con richiami di pesca bianca appena matura, arricchita da sensazioni di roccia bagnata, roselline bianche selvatiche ed origano fresco. Bocca di impeccabile eleganza, con un livello lievemente inferiore alla media per presenza sapida, ma con una vena fresca che ne garantisce comunque la bevibilità e l’allungo, con un finale che sa tanto di spezie fini.

w 2001

97

Un vino in pieno splendore, che continua a confermare l’immensa capacità espressiva di bottiglie che superano il primo decennio di vita. Si apre su note vagamente affumicate, per via via diventare sempre più nitido, fresco, giovane, con sensazioni a tratti perfino fragranti; la pietra focaia è protagonista, insieme a spunti di susina matura, frutto della passione e polvere di caffè, uno dei descrittori classici dei bianchi di casa Rougier più invecchiati. Bocca solida, sapida, intensa ma leggera, lunga come non mai. Alla cieca un vino che potrebbe riportare facilmente ad atmosfere molto più borgognone che mediterranee, come invece accade per i fratelli più giovani. Alcol dichiarato in etichetta 12,5%. 22


w 1990

98

Una delle più grandi annate europee del secolo scorso non poteva certo smentirsi a Palette. Vino di finezza e intensità semplicemente impressionanti, oltre ad un’integrità da far impallidire qualsiasi altro grande bianco francese. Il colore, del resto, mostra tutta la brillantezza e la luminosità del paglierino con riflessi dorati già ritrovate nei primi vini della degustazione, ma di oltre vent’anni più giovani. Il naso racconta di susine gialle, toni lievemente vanigliati, fiori di acacia, resina; il palato conferma tutto e regala la più fresca e bevibile delle possibili cremosità, una quadratura del cerchio che impone continui riassaggi, fino al rapido termine della bottiglia. Alcol in etichetta 12,5%. Vero capolavoro mediterraneo.

w 1984

90

Vino quasi spiazzante, perché, pur essendo ancora in ottima forma ed indenne ai danni del tempo, gioca su registri molto diversi da quelli individuati nel corso della verticale fino a questo punto. Il naso è decisamente più minerale, senza una presenza marcata della frutta, con un’apertura progressiva verso note più speziate, fino alla sensazione di polvere di caffè, unico elemento in grado di riportarlo nel suo alveo originario. Una verticalità che si conferma in bocca, con una freschezza sorprendente e con delle note agrumate, quasi di pompelmo, che ne accompagnano il finale; forse lievemente meno lungo del consueto, ma comunque dotato di immancabile fascino.

w 1977

88

In questi casi è difficile dire se la prestazione, pur notevole in assoluto, è al di sotto della media della degustazione a causa di una bottiglia con un tappo poco fortunato oppure perché l’annata ha già dato il meglio di sé. Di certo la pulizia non è ai livelli consueti e le note di crosta di pane tendono a prendere il sopravvento sulle sensazioni di fiori gialli recisi e sulla polpa di albicocca; ritornando nel tempo nel bicchiere, però, vengono man mano fuori elementi minerali molto netti, polvere da sparo su tutti. Bocca di buona sapidità, con più frutta del palato, ma con un finale che non si distende all’infinito come in altre annate.

w 1973

95

Classico esempio di vino che, servito alla cieca, sarebbe in grado di sconvolgere i palati più esperti, tanto nel tentativo di individuarne l’età, quanto la zona di provenienza. Il naso si apre sinuoso ed avvolgente, con note di crema, frutta matura e spezie dolci, per poi aprirsi progressivamente verso sensazioni sempre più fresche, floreali, a tratti perfino di erbe aromatiche freschissime; ai riassaggi svela poi una vena salmastra particolarmente intrigante. Bocca più che coerente, in piena continuazione con il profilo olfattivo e con la sua evoluzione nel bicchiere; chiusura giovane, perfino guizzante, lunga da record. Peccato che bottiglie più vecchie siano praticamente finite ormai, perché la gioventù e l’integrità di questo vino farebbero immaginare scenari incredibili. 23


Château Simone Palette Rosé

w 2013

91

Giovanissimo, con un colore lievemente più marcato del consueto nei toni cerasuoli, ad annunciare un naso altrettanto dominato dalla polpa della ciliegia fresca appena raccolta, fusa a nette sensazioni minerali rocciose e note di roselline selvatiche. Versione ancora molto soave, femminile, appena agli inizi di un’evoluzione in grado di regalare le immense complessità espresse dalle bottiglie più vecchie, eppure già con l’abito e la completezza del gran vino, senza se e senza ma. Bocca estremamente sapida, ricca, avvolgente, con la lievità della trama tannica a dare complessità, senza accorciarne di un millimetro il lunghissimo finale. Ovviamente, da seguire negli anni.

w 2009

93

Colore già assestato sui più consueti toni di buccia di cipolla, pur sempre con una brillantezza decisamente fuori dal comune. Naso davvero di gran classe, giovane, fresco, guizzante, cangiante, con qualche richiamo di melagrana, ma poi soprattutto con sensazioni minerali e speziate, prima sui toni piccanti, poi via via sempre più dolci. Bocca con una componente fruttata molto più marcata, rotonda, super-sapida, per una chiusura che riporta di nuovo alle atmosfere olfattive e che cambia marcia più volte in allungo. Ancora giovane, frutto di una grande annata, ha davanti a sé sicuramente un lunghissimo futuro; bottiglie assolutamente da tesaurizzare. 24


w 2005

95

Quintessenza dell’idea di rosato di Château Simone, con un colore ormai definitivamente stabilizzato sul rosa pallido, con riflessi di oro antico, ed un profilo olfattivo davvero da grande vino. A dominare la scena iniziale sono i fiori, dapprima rose, poi freschi fiori di campo, ad annunciare un progressivo arrivo di spezie piccanti e di note minerali molto dure ed eleganti, con il tessuto fruttato di base che traspare solo a tratti. Bocca sempre in perfetto equilibrio, profonda, coerente, sapida, fresca, veramente lunga, testimone di un vino in grado di evolvere ancora splendidamente in bottiglia, in un arco di tempo davvero difficile da individuare a priori.

w 2001

89

Il colore appare più scuro del consueto, con una buona luminosità, anche se probabilmente di poco inferiore alla media della degustazione. Al naso si confermano sensazioni più calde, ricche, mature, avvolgenti, con qualche richiamo di prugna rossa, ma anche note di cannella e strudel di mele, con non pochi sbuffi di sottobosco a rimescolarne il profilo. La bocca ha invece un passo più deciso e definito, con lo scheletro sapido a garantirne la bevibilità ed un finale davvero lungo, con una chiusura che inaspettatamente riporta a delle nette sensazioni di frutta rossa matura. Probabilmente non tra i più longevi della verticale, ma soprattutto con scarse prospettive di ulteriori evoluzioni positive nel tempo.

w 2000

93

Vino che sembra decisamente più giovane ed in forma del precedente, nonostante provenga da un’annata calda. Il profilo olfattivo è molto minerale, con richiami di polvere da sparo e roccia al sole, arricchito da crescenti sensazioni floreali di violetta e da un’intermittente ed intrigante nota di ciliegia bianca sotto spirito. Al gran naso segue una bocca altrettanto stratificata, con una vena calda mai fastidiosa o annoiante, perché mirabilmente bilanciata dalla ricca sapidità marina; chiusura davvero lunga e piena di sfaccettature, a lasciare il ricordo di un vino ancora in pieno slancio verso ulteriori evoluzioni in bottiglia.

w 1996

97

Un vino in grado di sconvolgere il pensiero e le gerarchie del più freddo e navigato dei degustatori. Perfetto, intatto, giovane, complesso, intrigante, diverso da tutti, in grado di scardinare qualsiasi convinzione precostituita, se servito alla cieca ed in un bicchiere nero. Colore vivissimo, per un naso che ha nitidezza e gioventù semplicemente imbarazzanti. Spezie, fiori, frutta fresca e rocce definiscono un quadro in continuo mutamento, che si arricchisce ad ogni ritorno nel bicchiere. Bocca freschissima, inevitabilmente sapida, decisamente floreale, lunga all’infinito, senza mai un minimo cedimento, ad ennesima onta dei 12,5 gradi alcolici in etichetta. Impossibile prevederne la sorte, perché forse non potrà mai ulteriormente migliorare, ma al tempo stesso non si ha ancora alcun cenno di cedimento all’età. In ogni caso, fortunato chi riesce a procurarsene qualche bottiglia.

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Château Simone Palette Rouge

w 2012

92

Decisamente ancora giovane, ma già perfettamente integrato ed in grado di esprimere tutta la sua potenza mediterranea, pur mantenendo sempre un profilo austero e mai debordante. Naso di gelso nero, ginepro, china e corteccia di pino, ad annunciare una bocca abbastanza calda, decisamente avvolgente, dalla trama fruttata ancora perfettamente integra e protagonista; fin nel lungo finale, in cui le spezie più scure fanno per la prima volta capolino. Un vino che ha il passo e l’equilibrio delle grandi bottiglie e che ha davanti a sé un avvenire sicuramente lunghissimo.

w 2011

89

Intenso, caldo, vellutato, ha un profilo lievemente al di fuori del registro classico amato e ricercato dai Rougier in tutti i loro vini. Complice un’annata particolarmente calda, mostra un naso con nette sensazioni di prugna matura, fusa a note di carruba e sensazioni fumé, tra le quali fanno spesso capolino rinfrescanti richiami di pietra focaia. Bocca decisamente calda, molto solida, con i tannini più presenti del solito, ma con una vena di freschezza che lo mantiene sempre teso e pienamente bevibile, anche nel sorprendente allungo fruttato finale.

w 2007

92

Annata in cui sembra che la personalità mediterranea della Grenache abbia preso il sopravvento, soprattutto man mano che si ritorna nel bicchiere. All’inizio il profilo è più scuro, cupo, quasi gotico, con richiami di incenso, resina, sottobosco, ma poi la frutta viene fuori, si impadronisce del palcoscenico e rende l’olfatto sempre più solare, con note di ciliegia matura, alloro ed origano secco. Palato caldo, ricco, con tannini fusi alla perfezione, per una chiusura sapida e appagante. In perfetta forma e sicuramente destinato ad interessanti, ulteriori evoluzioni in bottiglia. 26


w 2001

91

Forse la versione più elegante di rosso, soprattutto per il profilo olfattivo, che mantiene il tappeto fruttato sempre vivo, ma con molta mineralità di roccia in evidenza; vi si aggiungono toni di spezie fini, a partire dal pepe bianco, che lo ravvivano e rendono sempre più austero ed originale. Austera ed intatta anche la bocca, con una lieve prevalenza delle durezze, grazie a tannini fini ma fitti ed una vena fresca sempre molto tesa. Bel finale, molto luminoso e coerente. L’alcol in etichetta si ferma a 12,5%. Il futuro è difficilmente pronosticabile, ma forse non si sbaglia se si scommette al rialzo e se ne lascia qualche bottiglia in cantina.

w 1996

95

Il vero rammarico di questa splendida verticale tripla forse sta proprio nel non aver avuto la possibilità di approfondire ulteriormente le potenzialità del rosso, complice l’assoluta povertà delle riserve aziendali. Il 1996 aperto è stato di gran lunga il migliore, così giovane, elegante, austero, in grado di testimoniare da solo tutta la bontà e la portata del progetto dei Rougier per questo colore. Naso di anguria, pera cotogna, fiori di campo freschi e secchi, bocca dall’equilibrio perfetto, rotonda ma fresca, fruttata ma minerale, speziata ma decisamente setosa. Gran vino, ancora in perfetta forma e pronto a sfide future. 27


Bibenda 54 duemilasedici

Oscar del Vino 2016

Oscar del È andata. Il sipario si è aperto e si è richiuso per una platea da cui l’emozione si levava palpabile, quasi come una nebbia avvolgente, meglio, come una nuvola profumata.

Grande atmosfera, grandi personaggi, grande pubblico. In poche righe e alcune immagini, la

fotocronaca della serata più elegante dell’anno.

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Vino 2016 Il teatro del Salone dei Cavalieri è stato allestito fin dal giorno

sistemati nelle loro postazioni fin dal giorno prima.

precedente, organizzando le postazioni per le riprese Rai, i posti

Di lato al palcoscenico la postazione “di servizio” con i premi

a sedere, il palcoscenico con il fondale realizzato dalla nostra

catalogati in ordine di uscita e rimasti “incappucciati” fino

grafica di redazione, così come le etichette “truccate” ad arte

all’inizio delle riprese. Dopodiché, di volta in volta, sono stati

che andranno poi a comporre i titoli di testa della trasmissione.

portati dal nostro Sommelier Edoardo sul palcoscenico e affidati

All’esterno, anche i mezzi Rai – ne abbiamo contati 5 – si sono

alla conduttrice Caterina Balivo per la consegna.

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Bibenda 54 duemilasedici

Oscar del Vino 2016

A comporre il salottino i nostri Fede & Tinto che tanto hanno fatto parlare al Vinitaly per una scanzonata e anche un po’ spregiudicata campagna pubblicitaria. Assieme a loro l’opinionista Barù. A completare il salotto, il Cavaliere della Repubblica Angela Velenosi dell’omonima azienda, una signora che per bravura e bellezza nel mondo del vino non ha bisogno di presentazioni.

f Miglior Vino Bianco Grecante 2014 xx Caprai Riesling Schulz 2013 xx Ronco del Gelso Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Superiore Podium 2013 xx Garofoli Marco Caprai, Giorgio Badin, Caterina Garofoli

f Miglior Vino Rosato Cerasuolo d’Abruzzo 2014 xx Valentini Lambrusco di Sorbara Rosé 2011 xx Cavicchioli Maremma Toscana Rosato 2014 xx Sassotondo Francesco Paolo Valentini, Sandro Cavicchioli, Edoardo Ventimiglia

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Emanuela Scatena, Sommelier, racconta la degustazione e mostra le forme del bere. Elemento di “disturbo”, Maria Pia Timo ha divertito più volte con le sue simpatiche interruzioni.

f Migliore Azienda Vinicola Azienda Vinicola Elena Fucci Azienda Vinicola Olmo Antico Azienda Vinicola Petra Elena Fucci, Paolo Baggini, Vittorio Moretti

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Bibenda 54 duemilasedici

Oscar del Vino 2016

f Miglior Vino Spumante Terzavia 2012 xx Marco De Bartoli NebolĂŠ 2010 xx Travaglini Trento Brut 51 xx 151 Moser Renato De Bartoli, Cinzia Travaglini, Ignazio Moser

f Miglior Vino Rosso Amarone Della Valpolicella 2011 xx Allegrini Etna Rosso Barbagalli 2012 xx Pietradolce Kurni 2013 Oasi Degli xx Angeli Marilisa Allegrini, Michele Faro, Eleonora Rossi

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f Miglior Vino di Grande QualitĂ e Prezzo Custoza Superiore Amedeo 2014 xx Cavalchina Morellino Di Scansano Sicomoro 2011 xx Vignaioli Del Morellino Il Rosso Dei Vespa 2014 xx Futura 14 Luciano Piona, Benedetto Grechi, Bruno Vespa

f Migliore Etichetta con Miglior Vino Conegliano Valdobbiadene Superiore Di Cartizze Private 2013 xx Bisol Romagna Sangiovese Pandolfo 2011 xx La Pandolfa Francesca Ferrara, Gianluca Bisol, Marco Cirese

n

CERIMONIA DI CONSEGNA degli Oscar 2016 Nelle immagini, il palcoscenico con il salottino, gli spettatori in sala, la consegna dei premi a Bruno Vespa (a sinistra) e a Gianluca Bisol (a destra).

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Bibenda 54 duemilasedici

Oscar del Vino 2016

f Miglior Vino Dolce Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Terminum 2012 xx Tramin L’Ecrù 2013 xx Firriato Moscato d’Asti Vite Vecchia 2009 xx Ca’ D’ Gal Willi Sturz, Irene Di Gaetano, Filippo Busato

f Migliore Grappa Grappa Riserva Di Barbaresco 2003 xx Distilleria Sibona Grappa Segnana xx Cherry Cask Grappa Cleopatra Prosecco Oro xx Distillerie Poli Luigi Barbero, Marcello Lunelli, Teresa Parma Poli

Gran Finale con tutti i vincitori dei premi per la foto di rito. Ringraziamenti al Presidente della Fondazione Italiana Sommelier e a tutto il team Bibenda. Arrivederci al prossimo anno con Oscar del Vino 2017

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n

L’OSCAR è UN OGGETTO CULT Ridisegnato e realizzato appositamente per questa Edizione 2016 da due Artisti-Artigiani.

f Migliore Olio della Raccolta 2015 Olio Evo Tonda Iblea xx Azienda Cinque Colli Olio Evo Itrana La Cesa xx La Tenuta dei Ricordi Olio Evo Denocciolato Coratina xx Muraglia Sebastiamo Giaquinta, Mauro Labbadia, Giuseppe Cupertino

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Est! Est!! Est!!! A Montefiascone

Bibenda 54 duemilasedici

A Montefiascone Un vino il cui nome rappresenta tanto la cittĂ di nascita, quanto la sua identitĂ .

C

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l a u d i o

B

o n i f a z i


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Bibenda 54 duemilasedici

Est! Est!! Est!!! A Montefiascone

“Conveniunt rebus nomina saepe suis”, solo così è opportuno iniziare un articolo che parli dell’Est! Est!! Est!!! di Montefiascone, dove il nome è presagio tanto nella città di nascita, quanto nell’identità del vino. Non è un caso che questo borgo dalle origini antiche, sia stato il paesino da cui ha avuto genesi una delle storie più leggendarie del mondo enologico. Il primo riferimento che si ha di Montefiascone come Mons Flasconis - alludendo alla posizione arroccata su un monte e per tradizione legata al contenitore del vino - è dell’850 dopo Cristo, quando Papa Leone IV la cita all’interno di un privilegio. Gli storici più rigidi e meno romantici preferiscono collegare l’etimologia alla parola Faliscorum, genitivo che dovrebbe attestare la proprietà del monte all’antico popolo dei Falisci; ma ai fini della narrazione, questa volta, preferiamo considerare valido il significato conferitogli da Papa Leone, per parlare di come il vino debba il suo nome a una storia sospesa in un limbo fatto di verità e fantasie che, da secoli, ammalia viaggiatori, turisti e gli stessi cittadini.

Conveniunt rebus nomina saepe sui Tradizione vuole che nel lontano 1111 dopo Cristo, Johannes Defuk, per alcuni membro del clero, per altri un laico dalle nobili origini, giunto in Italia per servire l’imperatore Enrico V, mandasse in avanscoperta il suo servitore Martino, alla ricerca di locande dove bere del “”vino buono”; sembrerebbe che il suo compito fosse marcare le porte delle osterie, in cui ve ne fosse, con un contrassegno distintivo: la parola “EST”. Martino di vini piacevoli, lungo il tragitto deve averne bevuti molti, ma solamente a Montefiascone scrisse la parola “EST” per ben tre volte con tanto di punti esclamativi, a voler segnalare la presenza di un’eccellenza indiscussa. Quando Defuk vide la scritta “EST! EST!! EST!!!” si fermò dunque a bere; la qualità che riscontrò fu tale da indurlo a fermarsi li per due giorni consecutivi, maturando l’idea di non seguire più il re a Roma e di stanziarvisi definitivamente fino al giorno della sua morte, dopo il quale fu sepolto nella chiesa di San Flaviano, dove riposa ancora oggi.

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is Come in ogni narrazione che si rispetti, anche qui vi sono storici che ne mettono in dubbio la veridicità, ma la vicenda che lega Defuk all’EST! EST!! EST!! è talmente consolidata che quel labile confine tra verità e mito non è più discernibile. Le testimonianze storiche più certe, che rendono evidente il legame e l’importanza della viticultura nel territorio, sono però una serie di documenti su cui erano indicati le operazioni e i tempi che i vignaioli dovevano rispettare nei loro campi: gli Statuti Veteri del 1471 e gli Statuti Novi del 1584. Non è dato sapere di quale vino il buon Defuk si innamorò, ma il disciplinare di produzione della denominazione, che il 7 maggio 2016 ha compiuto i cinquanta anni di età, vincola l’EST! EST!! EST!!! principalmente a quattro vitigni locali: il procanico, il roscetto (che conferisce acidità), la malvasia lunga e la malvasia del Lazio.

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Bibenda 54 duemilasedici

Est! Est!! Est!!! A Montefiascone

Il Terroir La DOC ricade all’interno della Provincia di Viterbo, occupando una superficie dal clima temperato di circa 36.500 ettari, su territori di media e alta collina situati alle pendici del distretto vulcanico Vulsino. Montefiascone è il comune che occupa una percentuale maggiore all’interno dell’areale di produzione, ma vi sono inclusi anche i comuni di Bolsena, Capodimonte, San Lorenzo Nuovo, Gradoli e Marta. I terreni di origine vulcanica e ricchi di potassio, sono divisibili in due tipologie: La zona nord-occidentale, dove prevalgono materiali dovuti all’attività intercalderica finale quali lave e scorie saldate, ha un terreno povero di sabbie, che sono invece presenti nella parte sud-orientale, altresì ricca di tufi. Le vigne godono normalmente di un’esposizione verso ovest, sud e sud-ovest tra altezze variabili che possono raggiungere i 665 metri sul livello del mare, creando un territorio piuttosto favorevole alla coltivazione di uve di buona qualità. La cornice in cui tutto questo si racchiude è un continuo verde alternato a colline e paesi arroccati e in riva al lago di Bolsena, che con le sue due isole, rende la zona attraente non solo per le realtà vinicole. Uno sguardo al futuro Nel 2014 fu istituito, dopo anni di voci, il Consorzio dell’Est! Est!! Est!!! di Monte Fiascone, con la partecipazione di sette aziende: Antica Cantina Leonardi, Cantina di Montefiascone, Cantina Stefanoni, Falesco, Vittorio Puri, Bigi e Mazziotti. Il Consorzio ha come scopo principale la promozione e la tutela della D.O.C. esercitando poteri anche nei confronti delle aziende non aderenti. I tre cardini su cui si sta operando sono volti a far uscire dai confini culturali una denominazione che oggi è diffusa principalmente nel Lazio e in Umbria; l’impegno è convogliato dunque sulla sponsorizzazione del territorio, sulla necessità di operare in simbiosi, per creare un concetto di terroir riscontrabile nel prodotto finale, e l’esigenza di dover fare gruppo tra le aziende. In termini più esemplificativi mantenersi sotto le ampie rese del disciplinare e vincere la battaglia che vede l’EST! EST!! EST!!! legato particolarmente alla grande distribuzione sono i primi passi da compiere. 40


Il disciplinare ne consente la produzione in tre diverse tipologie:

1

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone con titolo alcolometrico volumico naturale minimo pari a 10°;

2

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone Classico prodotto nei territori comunali di

origine più antica di Montefiascone e Bolsena, con titolo alcolometrico

volumico naturale minimo di 11°;

3

Est! Est!! Est!!! di Montefiascone Spumante anch’esso con una gradazione alcolica minima pari a 11°.

Per finire, un sonetto del grande Giuseppe Gioacchino Belli (1791 - 1863) dedicato ai vini dell’Italia centrale riservando il grado di principe proprio al nostro Est!Est!!Est!!! Er vino [...] è bono assciutto, dorce, tonnarello, Solo e cor pane in zuppa, e, si è sincero, Te se confà a lo stommico e ar ciarvello. È bono bianco, è bono rosso e nero; De Genzano, d’Orvieti e Vignanello: Ma l’este-este è un paradiso vero.

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La degustazione

Bigi 2015 Vitigni: Trebbiano Toscano 65%, Malvasia Toscana 20%, Roscetto 15%. Vol. 12,5% Verdolino trasparente. Il naso, delicato e fine, verte su lievi note di agrumi e fiori bianchi; in bocca una piacevole freschezza rimanda al naso, chiudendo con gradevole scia sapida. Aperitivo. MCXI - Bigi 2015 Vitigni: Trebbiano Toscano 65%, Malvasia Toscana 20%, Roscetto 15%. Vol.12,5% Calice dal paglierino tenue. Il vino apre con un naso composto di agrumi caldi e dolci immagini di frutta tropicale che lasciano il finale a leggeri tocchi floreali di biancospino; bocca di buona struttura, non invadente con coda fresco-sapida.

Antica Cantina Leonardi - 2015 Vitigni: Trebbiano 65% - Malvasia 20% - Roscetto 15%. Vol. 12,5% Colore verdolino nel bicchiere. Il naso svela una direttrice lineare di frutta a polpa gialla, agrumi e tocchi minerali. Palato morbido dal finale amarognolo, che non nasconde una delicata acidità. Pizza margherita. Poggio del Cardinale 2015 - Antica Cantina Leonardi Vitigni: Trebbiano 65% - Malvasia 20% - Roscetto 15%. Vol. 12,5% Colore paglierino con riflessi dorati alla vista; il naso spazia tra sentori salmastri di olive verdi e sensazioni fresche di agrumi e sbuffi mentolati; sorso grasso, chiude con nota leggermente ammandorlata. Insalata di mare.

Le Pòggere 2015 - Falesco Vitigni: Roscetto 40%, Trebbiano 30%, Malvasia 30% Calice verdolino chiaro. Naso semplice che verte su fiori bianchi e frutta a polpa bianca. Il buon livello di acidità lo rende piacevole. Acciaio. Ideale con le scaloppine. Poggio dei Gelsi 2015 - Falesco Vitigni: Trebbiano 30%, Malvasia 30%, Roscetto 40% Il bicchiere si presenta paglierino con bei riflessi dorati. Un bouquet concentrato di frutta matura pesca gialla e ananas - è contornato da note floreali più dolci che poi virano su finale di mandorla. Palato minerale con freschezza agrumata. Acciaio. Da abbinare con orata al forno. 42


San Flaviano 2015 - Viticoltori della Cantina di Montefiascone Vitigni: Procanico 50% - Roscetto 40% - Malvasia del Lazio 10% - Vol. 12,5% Paglierino tenue. Al naso si riconosce una mela Golden contornata da agrumi e fiori bianchi. Bocca fresca e delicatamente sapida, dal finale non troppo lungo. Rustici alle verdure. Caveau 2015 - Viticoltori della Cantina di Montefiascone Vitigni: Trebbiano toscano 50 %, Malvasia del Lazio 20%, Rossetto 30% - Vol.13 % Paglierino vivace; olfatto timido che mostra tuttavia varie sfumature; una partenza floreale è superata da spettri verdi di erba e agrume. Palato deciso, dall’attacco fresco e sapido. Pici al ragù bianco.

Campolongo 2015 - Stefanoni Trebbiano toscano 65%, Malvasia bianca 20%, Roscetto 15% - Vol. 12% Paglierino chiaro. Naso delicato che si orienta su drupacee a polpa gialla leggermente zuccherine. Al sorso si presenta una struttura morbida, di media freschezza, che termina con finale amarognolo. Foltone 2015 - Stefanoni Vitigni: selezione di uve provenienti dal vigneto, secondo disciplinare. Vol. 12,5% Colore dorato. L’olfatto conduce verso un piacevole bouquet di frutta matura, dove svettano ananas e susina dietro le quali si celano note di mandorla. Sorso morbido nonostante una lunga scia sapida. Spaghetti ai frutti di mare.

Terre de’ Puri 2015 - Villa Puri Vitigni: selezione di diversi cloni di trebbiano e malvasia, secondo disciplinare. Vol. 13,5% Il calice è dorato. Il naso, fine, rileva un tocco di sultanina nello specifico, circondata da una piacevole composizione di fiori gialli ed erba di campo. La bocca non lascia facilmente il naso, con una nota amara di mandorla; il vino, grazie alla sua parte alcolica, estende a lungo la sua presenza. Seppie con piselli.

Classico 2015 - Mazziotti Vitigni: procanico 65%, malvasia 20%, rossetto 15%. Vol. 13% Verdolino trasparente. Il naso mostra una buona intensità che apre su sentori di agrumi e frutta oleosa. Il vino al palato è sorretto da calore e buona freschezza; sul finale l’alcol deve ancora integrarsi e termina con media persistenza. Torta salata di zucchine e ricotta.

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Ricordo di Dario Fo

Bibenda 54 duemilasedici

Ricordo di D Ora

a n i e l e

che

Dario Fo

M

a e s t r i

non c’è più, abbiamo tutti perso qualcosa.

A

cominciare dalla sua capacità di scelta, profondamente

umana, orientata all’amore, alla conoscenza e alla convivialità che è alla base della passione per il vino.

“Ehi, Dario! Qui sulla Terra hai fatto cose grandiose, hai rivoluzionato la cultura del modo di essere, e hai restituito dignità agli oppressi”. (Adriano Celentano)

Dario Fo, quando era in vita, non era amato da tutti. Non lo è mai stato. Censurato 44


Nobel per la letteratura. Ma c’è ancora chi non lo ama; chi, osteggiandone l’impegno a favore delle classi subalterne, rifiuta di riconoscerne lo spessore culturale poliedrico e la grandezza di uomo di teatro a tutto tondo, erede diretto della Commedia dell’Arte, che ha recitato, prodotto, scritto libri e dipinto fino all’ultimo, lasciando un corpus di opere impressionante. Eppure, per spiegare a un alieno piovuto da lontani pianeti chi fosse Dario Fo, e quale fosse la sua visione del mondo, basterebbe riascoltarne il monologo sulla Genesi pronunciato tre anni fa ai funerali di Franca, sua compagna di una vita. Cerimoniale laico, intriso però di Amore e Religiosità profonda, nel senso originario di “religio”, ovvero “legame” spirituale indissolubile. Ci sono il sindaco, le autorità, gli amici. E un folto pubblico commosso ed emozionato, che Dario una volta di più rapisce, raccontando di un’Eva primigenia, “modellata non da una costola, ma in un’argilla fine e delicata, un pezzo unico. A Eva per prima il Creatore dà la vita e la parola, prima di creare Adamo, per tacitare le lamentele di lei, che vede tutti gli altri animali accoppiati, o addirittura in branco. Adamo, però, è preoccupato, insospettito dai gridolini gioiosi e dalla strana danza selvatica che Eva gli improvvisa attorno, e fugge timoroso a nascondersi. Ma il Creatore vuole parlare alle sue creature umane, l’Arcangelo li ritrova e li accompagna. “Ehi, mica male, mi siete riusciti proprio mica male! E pensare che non ero neanche in giornata…Voi non lo sapete, ma entrambi siete i proprietari assoluti di questo Eden, e sta a voi decidere che cosa farne, e come viverci. già alla radio negli anni Cinquanta, nel 1962 venne prescelto

Ecco la chiave!” Adamo prende la chiave al volo e la passa ad Eva.

per la conduzione del varietà tv Canzonissima assieme a

“Qui ci sono due alberi”, prosegue il Creatore. “Il primo dà frutti

Franca Rame, ma la satira politica e le gag a sfondo sociale non

copiosi, di sapore cangiante, che faranno di voi, se li mangiate, due

piacquero ai dirigenti Rai. Dopo sette puntate, i due furono

esseri eterni, e come gli angeli e gli arcangeli vivrete per sempre. A

costretti a ritirarsi “per divergenze artistiche e ideologiche”, e la

differenza degli altri animali, però, non avrete prole.

conduzione della trasmissione venne offerta a Chiari e Bramieri,

Essendo eterni, che interesse avreste? L’altro albero, invece, produce

che però rifiutarono per solidarietà. In effetti Fo era già volto

semplici mele, nutrienti e di buon sapore. Ma attenti a voi, non vi

popolarissimo, protagonista di spettacoli di rivista, sceneggiati di

consiglio di cibarvene. E sapete perché? Non creano l’eternità. In

successo e perfino dei caroselli Agip. Tornerà in video solo nel ’77,

compenso, però, devo essere sincero: grazie a loro, scoprirete la co-

con il capolavoro Mistero Buffo, divenuto ormai attore ed autore

noscenza, la sapienza e anche il dubbio. E ancora, vi indurranno a

teatrale di culto, circondato da fama crescente anche all’estero.

creare a vostra volta strumenti di lavoro e macchine come la ruota, il

Venti anni dopo riceve dalle mani del re Gustavo di Svezia il

mulino a vento e il mulino ad acqua. Be’, ma non ho tempo di spie45


Bibenda 54 duemilasedici

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Ricordo di Dario Fo

garvi tutto, arrangiatevi da voi! E ancora, queste mele, mangian-

a gettare le basi della libera Università di Alcatraz sulle colline di

dole, indurranno in voi il desiderio di abbracciarvi e di amarvi, e

Santa Cristina di Gubbio, recuperando con pazienza cascinali

grazie a quell’amplesso vi riuscirà di far nascere nuove creature come

abbandonati, terre incolte, perfino una torre medievale semidi-

voi, e popolare questo mondo. Però…però, fate bene attenzione: alla

roccata. Dario arrivava col treno, ed era bello andarlo a pren-

fine, ognuno di voi morirà. E tornerà ad essere polvere e fango, gli

dere alla stazione, sempre elegantissimo con sciarpe e foulard,

stessi da cui siete nati. Pensateci su con calma, e mi darete la ri-

il panama, il bastone da passeggio. Un gigante che non passava

sposta fra qualche giorno, addio” …”No, no-grida subito Eva-non

inosservato, non soltanto per la statura cospicua, ma per l’aura

c’è bisogno di attendere, Padre Nostro! Per quello che mi riguarda,

di genio e la grandezza interiore che emanava. Sorrideva, e rideva

Padre, io ho già deciso: scelgo il secondo albero, quello delle mele. E

molto, a volte solo con lo sguardo acutissimo. Ma non per questo

non offenderti: a me dell’eternità non interessa più di tanto. Invece,

era meno autorevole, quando, come qualsiasi padre avveduto,

l’idea di sapere e avere dubbi mi gusta assai, e non parliamo poi del

dispensava consigli al suo ragazzo. A tavola aveva gusti semplici,

fatto di potermi abbracciare con questo maschio che mi hai regalato.

ma sapeva riconoscere e ricercava le cose buone. Cibo e vini di

Mi piace così tanto che da subito mi è venuto un gran desiderio di

territorio, sani e sostenibili, sono da sempre un pallino di Jacopo,

amarlo, e so già che questo amplesso sarà la fine del mondo! E infine

che nel suo ristorante bio ha trasferito molti degli insegnamenti

ti dirò che il fatto di dover morire, davanti alla possibilità di scoprire

paterni. Una curiosità: Dario Fo, in gioventù studente all’Ac-

e conoscere vivendo e tutto quello che ci

cademia di Brera, ha sempre avuto

offri in cambio, be’, mi va bene anche

una grande passione per le belle arti,

quello. Pur di avere coscienza, cono-

tanto da dichiarare: “Mi sento atto-

scenza e dubbi, e provare amore, ben

re dilettante e pittore professionista.

venga anche la morte! Il Padre Eterno,

Se non possedessi questa facilità

deluso e irato, si rivolge ad Adamo e gli

naturale del raccontare attraverso le

chiede con durezza: “E tu, che decisio-

immagini, sarei un mediocre scritto-

ne avresti preso? Parlo con te, Adamo!

re di testi teatrali, ma anche di favo-

Preferisci l’eternità o l’amore, con un

le o di grotteschi satirici!” Nel 2010

principio e una fine? E Adamo, quasi

ha disegnato un’etichetta esclusiva

sottovoce, risponde: “Ho qualche dub-

per il Chianti Classico Casanuova

bio. Ma sono molto, molto curioso di

di Nittardi, storica azienda toscana

scoprire questo mistero dell’Amore. An-

appartenuta nientemeno che a Mi-

che se poi c’è la fine”.

chelangelo Buonarroti.

Ora che Dario non c’è più, abbiamo

Dal 1981 l’azienda ha creato una

tutti perso qualcosa. A cominciare

preziosa collezione di 30 etichette ar-

da quella capacità di scelta profondamente umana, orientata

tistiche e 30 carte seta, usate per avvolgere le bottiglie in edizione

all’amore, alla conoscenza e alla convivialità che è alla base della

limitata, firmate dai più grandi nomi dell’arte moderna e contem-

passione per il vino. Chi scrive ha incontrato Dario negli anni

poranea, tra cui Mimmo Paladino, Tomi Ungerer, Yoko Ono, Cor-

Ottanta, forse i più vulcanici della sua vita. Mi ero legato d’ami-

neille, Igor Mitoraj, Emilio Tadini, Eduardo Arroyo, Friedensreich

cizia col figlio Jacopo, come me nato nel 55, all’epoca impegnato

Hundertwasser, Günter Grass e Pierre Alechinsky. Commentando


l’etichetta disegnata da Dario, Peter Femfert e sua moglie Stefania Canali, proprietari dal 1981 della Fattoria Nittardi, hanno affermato: “Dario Fo ha messo insieme il cielo e la terra, creando un nuovo firmamento dove i grappoli d’uva brillano in alto come le stelle” “Sono le immagini di quando ero ragazzo- spiega Dario- le raccolte dell’uva; ho partecipato tante volte alla vendemmia. Ci si arrampicava, poi ci si sedeva, si rideva, si cantava…” A quell’universo della sua infanzia Dario rende omaggio fin dal 1966, inserendo nello spettacolo “ Ci ragiono e canto”, da lui diretto, il canto di vendemmia sardo “Curaggiu, bibinnaduri”. n

Sopra la scena de il canto di

“Curaggiu, bibinnaduri,

vendemmia sardo “Curaggiu,

prestu e alzeti le mani;

bibinnaduri” dello spettacolo, da

siddera ppa li agghiani

lui diretto, “Ci ragiono e canto”.

la vigna punìa fiuri”

Sotto “La potatura della vite”, copia dagli affreschi di Palazzo

“Coraggio, vendemmiatori! Presto, datevi da fare; fosse stato per le fanciulle, la vigna avrebbe

Schifanoia, a Ferrara.

dato fiori…”

47


Bibenda 54 duemilasedici

Ricordo di Dario Fo

La cultura del vino e del cibo è importante, perché si oppone alla catastrofe. Fino

Dario Fo nel ristorante di

all’ultimo Dario ha puntato il dito contro “coloro che controllano l’economia, la

Alcatraz, Santa Cristina di

finanza, la politica. Coloro che hanno il controllo totale sull’esistenza di uomini e

Gubbio.

cose, persino su come si muove il creato; quelli che possono decidere di corrompere l’acqua e l’aria e nessuno li può fermare... I regnanti, insomma. Se fossero uomini di cultura, se studiassero, saprebbero dove sta portando tutto questo e non sarebbero capaci di arrivare a compiere tali scempi, tali compromessi infami”. Amico e sodale di Carlin Petrini, Dario non esitava a schierarsi in difesa dell’ambiente e dello sviluppo agricolo sostenibile, come quando, nel 2012, aveva aperto il convegno internazionale di Terra Madre. Per tutti, anche per noi di Bibenda, è stato un maestro di vita, e un monito importante. Come ha ben detto l’ex sindaco di Milano Pisapia: “La sua vita è stata un gioioso impegno di libertà e di generosità, anche nei momenti più tristi, nei momenti più bui. Dario parlava tante lingue: quella del teatro, quella della politica, quella dell’impegno sociale, quella dei diritti. Tante lingue per ricordarci sempre l’importanza della libertà, della giustizia, dei diritti civili e sociali, della dignità di ogni donna e di ogni uomo”. 48

n


La Primavera dei Grandi Vini I Grandi Spumanti Italiani > Presentati da Luciano Mallozzi Metodo ClassicoTerzavia 2013 | Marco De Bartoli Alta Langa Brut 2009 | Ettore Germano Extra Brut Rosé Kius 2012 | Marco Carpineti Spumante Classico Brut 2006 | Zamuner

I Grandi Rossi del Nord > Presentati da Massimo Billetto Barolo Monprivato 2012 | Giuseppe Mascarello Sforzato di Valtellina Sfursat 5 Stelle 1997 | Nino Negri Amarone della Valpolicella Class. Monte Lodoletta 2004 | Romano Dal Forno Barbaresco Asili 2011 | Bruno Giacosa

I Grandi Bianchi del Freddo > Presentati da Giuliano Lemme Soave Classico La Rocca 2007 | Pieropan Langhe Sauvignon Alteni di Brassica 2014 | Gaja A. A. Müller Thurgau Feldmarschal Von Fenner 2015 | Tiefenbrunner Vette di San Leonardo 2015 | Tenuta San Leonardo

I Grandi Rossi del Centro > Presentati da Paolo Lauciani Brunello di Montalcino 2010 | Le Potazzine Galatrona 2007 | Petrolo Romanzo 2009 | Bibenda Sagrantino di Montefalco 25 anni 2000 | Arnaldo Caprai

I Grandi Bianchi del Sole > Presentati da Daniela Scrobogna Trebbiano d’Abruzzo Riserva 2009 | Emidio Pepe Etna Bianco A’ Puddara 2014 | Tenuta di Fessina Batàr 2006 | Querciabella Cilento Fiano Pietraincatenata 2013 | Luigi Maffini

I Grandi Rossi del Sud > Presentati da Daniele Maestri Frappato 2014 | Arianna Occhipinti Turriga 2012 | Argiolas Sabbie di Sopra il Bosco 2013 | Nanni Copè Patriglione 2007 | Taurino


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Il banchetto dell’onorata società

Il banchetto

dell’onorata società E

l v i a

G

r e g o r a c e

Quali sono le regole da rispettare a tavola quando i commensali sono esponenti di rilievo della criminalità?

Ce lo spiega Gianfranco Manfredi, giornalista, esperto

di enogastronomia e conoscitore di temi scottanti della malavita.

Probabilmente di origine greca, nella parola ‘Ndrangheta era racchiusa l’idea dell’uomo coraggioso, valoroso. Erano queste le peculiarità chieste a chi volesse prendere parte a detta “onorata società”. Si tratta, in origine, di un certo tipo di mafia rurale che nasce in Calabria senza che ne siano ancora chiare le ragioni, diverse le teorie. Certa è l’ambientazione contadina. La terminologia convivio intende, invece, il vivere insieme. Il Sommo Poeta sceglie questo titolo per uno dei suoi saggi letterari. Attraverso una mensa, Dante offre ai partecipanti una vivanda speciale: la conoscenza. Mentre George Gordon Byron sosteneva: “Tutta la storia umana attesta che la felicità dell’uomo, peccatore affamato, da quando Eva mangiò il pomo, dipende molto dal pranzo”. Potrebbe darsi. Numerosi i personaggi illustri che parlano di degustazioni di cibo e vino in modo esemplare. Lo scrittore inglese Oscar Wilde non sopportava coloro i quali prendessero l’argomento in modo leggero; il drammaturgo francese Guy de Maupassant riteneva che solo gli idioti non fossero buongustai; per lo scienziato Galileo Galilei il vino è la luce del sole tenuta insieme dall’acqua, delizioso pensiero; invece per il morigerato filosofo Aristotele è preferibile alzarsi da un banchetto né assetati né ubriachi. Cosa accade, però, se i commensali del banchetto sono esponenti di rilievo della criminalità mafiosa? Aiuta a spiegarlo il giornalista Gianfranco Manfredi de Il Messaggero, esperto di enogastronomia e conoscitore di temi scottanti della malavita calabrese. Legato alla sua terra di origine, adora sorseggiare il Magno Megonio della cantina Librandi di Cirò Marina, un rosso che celebra in purezza il carattere del Magliocco e che Luigi Veronelli, sul Corriere della Sera, definì “meraviglia”…

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51


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Il banchetto dell’onorata società

Quale forma deve avere il tavolo dei mafiosi e perché? I loro banchetti non si tengono mai intorno a paritari tavoli rotondi ma sempre rettangolari o disposti a ferro di cavallo. A capotavola siede il boss più elevato di grado o l’ospite più importante e la disposizione dei posti segue regole precise, secondo il rango di ciascun commensale. I banchetti, a ben guardare, dappertutto servono anche a marcare differenze e quindi obbediscono a regole di galateo o di cerimoniale. I protocolli mafiosi sono ferrei. Mangiare insieme è anche un rito di aggregazione e per loro, ancora di più, un momento che segna l’identità del gruppo. La ‘Ndrangheta, poi, attribuisce all’enogastronomia un’importanza fondamentale. La usa, “parla” anche attraverso il cibo, il vino e tutto quello che ruota intorno alla tavola. È nei banchetti, del resto, che concludono affari, decidono organigrammi, progettano alleanze, scissioni e strategie. Davanti a piatti fumanti, insomma, dirigono e organizzano, impartiscono ordini, celebrano promozioni, decretano condanne capitali. Nel film Il Padrino sono celebrati diversi matrimoni ed il primo film si conclude con un battesimo, quale valenza hanno questi sacramenti?

I matrimoni fra “Famiglie” sono uno strumento di alleanze e i banchetti nuziali, sempre più faraonici, sono momenti topici d’incontro di massa. Nel 1996, a Isola Capo Rizzuto, al banchetto di nozze della figlia del boss locale i Carabinieri contarono 1700 commensali e la tradizione continua, anzi cresce. Qualche anno fa il ricevimento nuziale dello sposo Barbaro, di Platì, con una Pelle, di San Luca, per il numero enorme di invitati venne tenuto contemporaneamente in due ristoranti con gli sposi costretti a fare la spola. Le cosche in quell’occasione distribuirono le nuove cariche della ‘Ndrangheta riunendo i capimafia di Lombardia, Piemonte, Liguria, Germania e finanche canadesi e australiani. Per quanto riguarda i sacramenti e la religione, direi che i mafiosi hanno sempre mirato a legittimarsi emulando i riti, impadronendosi delle immagini sacre, appropriandosi di processioni e feste religiose. I mafiosi, però, più che fede ostentano devozione. Si appropriano delle processioni per acquisire visibilità e consenso sociale. Hai ricordato la famosa scena de Il Padrino col battesimo del figlio di Connie Corleone e lo zio Mike che fa da padrino: direi che è un concentrato di simbolismi con la sequenza del rito in chiesa inframezzata dalle scene truci del regolamento di conti che vede cadere traditori e capimafia rivali. È un battesimo di sangue, che conferisce sacralità alla gerarchia mafiosa e incorona il padrino di battesimo, Michael Corleone, “Padrino” ormai incontrastato dell’organizzazione criminale più potente degli Stati Uniti.

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Esistono i cibi e i vini del

potere?

Assumono questa valenza soprattutto in carcere, dove il capomafia è ufficialmente qualificato come tale, pur negando assolutamente qualsiasi responsabilità personale. Dietro le sbarre, però, deve dimostrare col comportamento di essere quello che tutti sanno ma che nessuno dice e la tavola entra in questa commedia. Le vettovaglie di cui, in genere, dispone sono talmente abbondanti che numerosi detenuti, in qualche caso anche il personale, ne beneficiano. Così il mafioso acquisisce meriti e consensi. Cibo e vini diventano ostentazione di ricchezza e strumento per acquisire potere. Alcuni collaboratori di Giustizia hanno raccontato che a metà degli anni Ottanta molti uomini d’onore si trovavano insieme nel carcere reggino di San Pietro. In quell’istituto un’intera dispensa era destinata alla conservazione del pesce, persino pescispada interi e di vini e champagne dei boss. Festini e pranzi favolosi. Nel penitenziario venivano anche tenuti agnelli vivi da macellare per le grandi occasioni. Aragoste

e champagne restano ancora un must per chi vuole ostentare il lusso.

Cosa significano tali prelibatezze per i malavitosi? Hai centrato la questione. Rappresentano conferma di ricchezza e potere, strumenti per acquisire vantaggi e consensi, ma anche un modo per sbandierare la loro affermazione sociale. Come in carcere, anche nelle latitanze ci sono mafiosi che largheggiano nel consumo di cibi e bevande di lusso come aragoste, caviale e champagne. Qualcuno, persino rintanato in un covo sotterraneo, ha coltivato ambizioni da dandy raffinato con ricche scorte di Dom Perignon.

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Il banchetto dell’onorata società

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Cosa rappresentano, invece, carne di capra, ricotta, frittule

Quando

si verificò l’emigrazione degli

“uomini d’onore”

e pasta chijna nei pasti calabresi?

oltre

Sono cibi cult, identitari. La mafia calabrese ha le sue radici alle

In pubblico sicuramente sì e in maniera radicale. Uno dei più

falde dell’Aspromonte. Ha a San Luca, a Polsi, il suo ‘Santuario’

potenti capimafia di New York è stato Frank Costello il cui vero

e la sua storica ‘sede sociale’. È in quell’entroterra pastorale che

nome era Francesco Castiglia, calabrese di Lauropoli di Cassano

ha cominciato ad espandersi. Quella originaria era una cucina

Jonio. Nel 1951 comparve davanti alla Commissione parlamen-

“di necessità” e dunque essenziale, basata su ingredienti e materie

tare Kefauver per rispondere di 20 miliardi di dollari accumulati.

prime reperibili facilmente o trasportabili in luoghi impervi. Pure

Di lui si conoscono anche i dettagli delle abitudini alimenta-

in Sicilia il DNA dell’uomo d’onore ha origine nell’entroterra

ri. Prendeva ogni giorno l’aperitivo e pranzava al ristorante del

e anche ciò che mangia per rafforzare l’identità del gruppo. La

Waldorf-Astoria nel cuore di Manhattan. Nei suoi piatti passa-

pecora, ad esempio, arriva dalla montagna, dall’arcaico mondo

vano nasello o roast beef. Si limitava a spilluzzicare il contorno

pastorale e contadino.

o l’insalata e, tralasciando il dessert, beveva solo tazze di caffè

Oceano, cambiarono le abitudini alimentari?

nero senza zucchero. C’è da aggiungere, però, che la madre del La

parola di origine greca tragedia è legata al culto del

capro, animale correlato a sacrificio.

Dioniso,

dio del vino e al suo

di specialità tipiche calabresi e del Sud Italia e che aveva iniziato

Quali sono gli animali sacrificati sulle tavole dei

l’attività vendendo i sacchetti pieni di peperoncino rosso portati

mafiosi e cosa simboleggiano?

in gran quantità dalla Calabria, praticamente quasi tutto il baga-

Le pietanze top nei banchetti mafiosi sono la pecora, il ragù di

glio suo e di suo figlio Francesco.

capra e l’agnello. Quest’ultimo, simbolo antichissimo consolidato anche dalla tradizione cristiana, da agnello sacrificale diventa per la ‘Ndrangheta rappresentazione macabra di un delitto andato a buon fine. Diversi collaboratori di giustizia hanno riferito che dopo l’esecuzione di un omicidio festeggiano con l’agnello. Si scanna un agnello che viene cotto e consumato nell’immediatezza dagli affiliati, che brindano col vino pronunciando frasi allusive. Per quale ragione i ghiri sono considerati dei piatti proibiti? Forse proprio perché sono una selvaggina superprotetta dalla legge. È diffusa tra gli affiliati una vera e propria venerazione per questi roditori. Doppiamente proibita la caccia al ghiro perché è una specie selvatica protetta e perché viene praticata di notte quando nessuna attività venatoria è consentita. È l’ingrediente, dicono, di piatti straordinari. È un’opinione radicata fin dai tempi dell’antica Roma, quando i buongustai usavano glirarii di terracotta, per tenere all’ingrasso i ghiri nutrendoli di ghiande e miele.

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boss, Maria Saveria Aloise, aveva aperto a New York un negozio


Quali sono i ristoranti scelti dai fuorilegge e perché?

Cotroni, un autentico boss-gourmet, scomparso a Montréal nel

Per quanto riguarda i ristoranti i mafiosi si regolano come per i

2004, era l’ultimo grande esponente di una famiglia che per molti

piatti. Scelgono quelli più in voga, dove andare per ostentare il

decenni ha dominato il Quebec, alleata dei Bonanno di New

loro successo e la scalata sociale e quelli, invece, identitari e più

York. Frank Cotroni ha trascorso più della metà della sua vita

appartati da frequentare con gli altri affiliati per ritrovare e raf-

dietro le sbarre ed è stato persino immortalato nel film Goodfellas

forzare i vincoli associativi.

- Quei bravi ragazzi - di Martin Scorsese, mentre cucinava la pasta su un fornello in carcere. Chef provetto e raffinato, ma

Esistono i boss-gourmet?

anche

Il gangster Joseph Iannuzzi pubblicò

cucina tradizionale calabrese, Cotroni,

anni fa The Mafia Cookbook, un

finalmente libero nel 2002, ha scritto

libro di aneddoti e ricette. Joe Cipolla,

e firmato in prima persona Cucina di

uno chef siciliano negli USA dal 1919

ricordi e ricette, riccamente illustrato.

che si dichiara “affiliato”, racconta

“Quel libro era la sua passione, il suo

i suoi piatti nel volume La cucina

sogno”, mi ha riferito il nipote Claudio

di Cosa Nostra. Il libro si apre con

Luca,

la dedica al boss Albert Anastasia, al

ricorda anche una confidenza dello zio,

secolo Alberto Anastasio, calabrese di

che gli rivelò: “Voglio essere ricordato

Parghelia. Era canadese, invece, Frank

così, non come un altro Al Capone”.

appassionato

produttore

cultore

televisivo.

della

Luca

55


Bibenda 54 duemilasedici

Un altro pezzo della nostra vita se ne va

Un altro pezzo

se ne va

della nostra vita F

r a n c o

M

a r i a

R

i c c i

Dopo che ci lasciarono Patrizia e Roberto del Pianeta Terra, il Ristorante a Via dell’Arco del Monte, per andare altrove e l’Enoteca Cavour con Andrea Gabbrielli per fare il giornalista, ora le notizie di chiusura di Agata e Romeo a Via Carlo Alberto e di Bastianelli al Molo a Fiumicino. Sì, tutti quanti loro hanno rappresentato la nostra “infanzia” e la nostra crescita nel Vino e nel Cibo. Tutti loro hanno tirato quella sorta di aratro che definì il confine, il solco tra la Roma di qualità e quella del pressappochismo becero. Oggi, questo nuovo abbandono ci rattrista, sarà per il tempo che passa, sarà per le mani immeritevoli che raccoglieranno l’eredità del luogo, sarà per la professionalità inesistente che prende il posto della nostra “scuola”, dei nostri ricordi. Fatto sta che non ci saranno più per noi quei luoghi di incontro dove le riunioni hanno dato vita alle idee, alla grandezza culturale della nostra Fondazione Sommelier. Non è il vino, non è il ristorante, sono stati tutti amici del cuore e del piacere. Ricordi da conservare.

56


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Summa 2016: il mondo alternativo

Bibenda 54 duemilasedici

Summa 2016: M

a n u e l e

P

e t r i

Diciannovesimo anno per questa manifestazione alternativa al Vinitaly “inventata” da Alois Lageder, oggi anche neo Presidente di

Demeter Italia, marchio che certifica lavori e prodotti biodinamici.

Sono passati 18 anni da quando Alois Lageder ha deciso di non partecipare più al Vinitaly: troppo difficile in quel contesto trasmettere la propria filosofia aziendale fatta di armonia ed equilibrio. Da allora l’azienda organizza un proprio evento alternativo, la Summa, che si svolge in contemporanea con la fiera veronese. È così che ogni anno un selezionato gruppo di produttori viene invitato insieme a buyers, partner commerciali e giornalisti a Magrè, bellissimo paese di 1.300 anime a sud di Bolzano. Siamo sulla Strada del vino dell’Alto Adige che da Salorno sale fino a Nalles lungo la valle dell’Adige: poco più di 40km sui quali si distribuiscono circa 70 produttori.

58


59


Bibenda 54 duemilasedici

Summa 2016: il mondo alternativo

Caratteristica di queste zone è l’alto numero di vitigni coltivati con produzioni aziendali molto variegate. Tra quelli a bacca rossa spiccano gli autoctoni Schiava e Lagrein, seguiti da Pinot Nero e Merlot. Tra i bianchi i più coltivati sono Pinot Bianco, Pinot Grigio, Chardonnay e Gewurztraminer il cui nome deriva proprio dal paese di Tramin (Termeno) posto al centro della Strada del vino. Il fondo valle è dominato dalla coltivazione delle mele che in tutto l’Alto Adige si estende per 18mila ettari. Parliamo della più vasta area europea chiusa destinata alla frutticoltura. I vigneti fanno capolino qua e là tra i meravigliosi meleti in fiore, quando però si comincia a salire la vite la fa da padrona inerpicandosi su per la collina. È qui che dal 9 all’11 aprile si è svolta la Summa 2016 che per la prima volta ha accolto anche privati e appassionati nella giornata di domenica. Ci si ritrova a Casòn Hirschprunn Paradeis, dimora storica del XIII secolo con annessi 30 ettari vitati acquistata da Lageder nel ’91 e adibita a enoteca e location per eventi. Si raggiunge con delle navette a idrogeno messe a disposizione dall’Istituto per le innovazioni tecnologiche di Bolzano. Un primo segnale della particolare attenzione verso l’ambiente dell’azienda, certificata biologica e biodinamica dall’ente Demeter presente all’evento con uno stand. “Per noi la tutela dell’ambiente è fondamentale - conferma il giovane Alois Clemens Lageder, da poco entrato in azienda con il ruolo di responsabile Vendite e Marketing - Mio padre Alois ha sempre cercato di limitare al minimo l’impatto ambientale delle nostre attività ed io voglio continuare su questo sentiero. Da due anni la Summa è certificata Green Event e questo per noi è un grande motivo di orgoglio”. In degustazione le 35 etichette prodotte da Lageder oltre ai vini di 65 produttori provenienti da Italia, Germania, Austria, Francia, Nuova Zelanda e Australia. Molti di loro condividono la scelta di un’agricoltura biologica o biodinamica. “Noi li consideriamo degli amici con i quali ci piace condividere un percorso e una visione - spiega Alois Clemens Lageder - Ogni anno invitiamo delle aziende diverse, anche se alcune sono presenti dalla prima edizione”. E tra le bellissime sale rinascimentali è veramente un piacere potersi confrontare con i produttori in un’atmosfera rilassata. Moltissimi i vini in degustazione, dai grandi Champagne ai Riesling tedeschi passando per i Sauvignon neozelandesi e gli Shiraz australiani. Immancabili le piccole produzioni italiane di qualità, con i nostri vitigni autoctoni sugli scudi. Interessante anche la degustazione dedicata ai “Vini Cometa”, ovvero ai vini sperimentali dell’azienda Lageder. “Ad oggi produciamo 35 vini diversi, così ci siamo detti: perché non ne creiamo di nuovi?! - scherza Alois Clemens, che tornando serio racconta - Vini 60


n

Nelle immagini, tutti i

Cometa è un progetto a cui tengo molto: sono delle piccole produzioni che a breve

membri della famiglia

entreranno sul mercato e magari dureranno solamente lo spazio di un’annata. Come

Lageder coinvolti nei vari

una cometa, ci faranno vedere nuove vie e poi (forse) scompariranno nel cielo”. E

momenti di Summa 2016.

vedere Alois Lageder creare a la volèe degli assemblaggi direttamente dalle botti vale da solo il viaggio a Magrè. Prepariamoci quindi a delle belle sorprese, in particolare sul versante Pinot Grigio... Tra una degustazione e l’altra non poteva mancare una visita in vigna fatta a bordo di una carrozza trainata dai cavalli: un’esperienza particolare, soprattutto dopo essere arrivati in paese con una futuristica macchina a idrogeno. D’altronde la sostenibilità ambientale si raggiunge solamente coniugando la migliore tradizione con la tecnologia più avanzata. La stessa visione è stata applicata quando nel ’95, ispirato da Robert Mondavi, Alois Lageder decise di costruire una cantina all’avanguardia. “Allora la nostra cantina era a Bolzano ed eravamo costretti a trasportare le uve fino a lì - racconta Alois Clemens Oltre al problema logistico c’era il fatto che chi veniva a trovarci in cantina non poteva avere un contatto con la vigna e con il territorio. Così vendemmo tutto e in meno di un anno abbiamo costruito la nuova cantina a Tòr Löwengang, struttura che appartiene alla nostra famiglia dal 1934 e a cui sono annessi 10 ettari di vigneti storici”. 61


Bibenda 54 duemilasedici

62

Summa 2016: il mondo alternativo

È stata una delle prime cantine

La tre giorni si è chiusa con un to-

italiane costruite secondo i dettami

tale di 2.500 presenze tra eno-ap-

della

prevede

passionati e professionisti del set-

l’utilizzo di materiali biodegradabili

tore che hanno avuto la possibilità

e l’autosufficienza energetica. La

di conoscere la famiglia Lageder e

sua struttura verticale permette di

decine di altri produttori interve-

sfruttare la gravità e di limitare al

nuti da tutto il mondo per condivi-

minimo l’utilizzo di pompe per il

dere la propria esperienza. “Grazie

trasporto del mosto e del vino. Sul

alla Summa riusciamo a trasmettere

tetto c’è una bellissima terrazza

la nostra identità - conclude Alois

che durante l’evento ha ospitato

Clemens - Di conseguenza riuscia-

il ristorante temporaneo che ha

mo ad intrecciare migliori rapporti

bioedilizia

che

proposto piatti della tradizione altoatesina preparati con

commerciali”. Non resta che darci appuntamento alla Summa

materie prime biologiche.

2017 per entrare nuovamente nel mondo di Alois Lageder.


Appunti di degustazione

Alois Lageder Löwengang Cabernet 1995 Alto Adige Doc - Carmenère, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot - 13% Uve provenienti dalle migliori parcelle della Tenuta Löwengang caratterizzata da terreni sabbiosi, ghiaiosi e molto calcarei oltre cha da forti escursioni termiche tra il giorno e la notte. Fermentazione spontanea e fermentazione malolattica in acciaio. Affinamento in barrique fino ad 1/3 nuove. Bellissima veste rosso granato intenso. Al naso si presenta con piccoli frutti di bosco in confettura abbinati ad una scia balsamico-mentolata. Seguono toni più scuri di terra bagnata, chiodi di garofano e scatola di sigari. In bocca è decisamente fresco nonostante l’età. Il tannino è levigato e perfettamente integrato come del resto la piacevole sapidità. Ottima corrispondenza gusto-olfattiva che si manifesta in un lungo finale dai richiami balsamici e fruttati. Anselmi Capitel Croce 2013 Igt Veneto - 100% Garganega - 13% Azienda situata a Monteforte d’Alpone (Vr) e guidata da Roberto Anselmi, uno dei fautori del rilancio della Doc Soave, denominazione da cui nel 2000 ha deciso di uscire a causa di un disciplinare secondo lui troppo poco attento alla ricerca della qualità. I 70 ettari di vigne si distribuiscono tra le colline di Monteforte e Soave su terra calcarea e di tufo vulcanico. Il Capitel Croce è un cru

proveniente dall’omonima vigna di 5 ettari. Matura 8 mesi sur lie in barrique usate, poi affina 9 mesi in bottiglia. Giallo paglierino tendente al dorato. Una nota fruttata di pesca gialla si accompagna ad agrumi e fiori di zagara e lavanda. Segue una scia minerale salmastra ingentilita da note di erbe aromatiche come timo e maggiorana. In bocca è denso e piacevolmente fresco. La decisa sapidità dona un finale lungo e appagante. Foradori Granato 2013 Igt Vigneti delle Dolomiti - 100% Teroldego - 14% Azienda trentina guidata da Elisabetta Foradori, vera e propria custode del vitigno Teroldego. I 28 ettari di vigneti sono distribuiti sul Campo Rotaliano, una sorta di rientranza della Valle dell’Adige incuneata fra le montagne. L’azienda, certificata biodinamica dall’ente Demeter, conta una produzione annua di circa 160mila bottiglie. Il granato nasce da una selezione di uve provenienti da 3 vigneti a pergola trentina caratterizzati dalla presenza di terreni alluvionali ricchi di ghiaia e ciottoli. La vinificazione avviene in tini aperti cui segue una maturazione di 24 mesi in grandi botti di rovere da 30hl. Rosso rubino concentrato. Al naso apre con piccoli frutti di rovo rossi e neri abbinati ad una sensazione di sottobosco. Segue una fresca scia balsamica e minerale. Chiude con una nota di cacao amaro. In bocca è inizialmente denso e caldo, poi entra in gioco l’abbondante freschezza e il tannino elegante. Perfetta la corrispondenza gusto-olfattiva. 63


Appunti di degustazione

Montevertine Le Pergole Torte 2013 Igt Toscana - 100% Sangiovese - 13% Era il 1967 quando Sergio Manetti, imprenditore amante del cibo e del buon vino, decise di acquistare la Tenuta di Montevertine situata nel comune di Radda in Chianti a 425 metri di altezza. Da allora l’azienda, certificata biologica, si è imposta come punto di riferimento assoluto nella zona del Chianti tanto che il Pergole Torte, immesso sul mercato nel 1977 come vino da tavola, è uno dei primi Supertuscan della storia. Fermentazione in vasche di cemento cui segue un affinamento di 18 mesi in grandi botti di rovere di Slavonia e di 6 mesi in barriques di Allier. Rosso rubino trasparente. Al naso si presenta con una nota di marasca e frutti di bosco seguita da una fresca scia balsamica e vegetale. Poi arrivano note speziate che lasciano il campo alla scatola di sigari e alla grafite. In bocca è esuberante con l’abbondante freschezza ad aprire il campo ad un tannino fine ma ancora giovane. Piacevole il finale sapido e di arancia sanguinella. Podere Il Carnasciale Caberlot 2008 Igt Toscana - 100% Caberlot - 14% Podere Carnasciale nasce nel 1986 a Mercatale Valdarno (Ar) tra l’Appennino toscano e le colline del Chianti Classico. Oggi conta 3,5 ettari piantati esclusivamente con Caberlot, incrocio spontaneo tra Cabernet Sauvignon e Merlot individuato negli anni ‘60 in un antico vigneto sui colli Euganei. I terreni sono lavorati a mano unicamente con prodotti naturali secondo le regole della lutte raisonnée. Vinificazione in piccole

64

vasche di acciaio a temperatura controllata. La fermentazione malolattica si svolge in barrique di rovere francese nuove al 70% in cui il vino sosta per 22 mesi prima di essere imbottigliato in circa 3mila bottiglie formato magnum in cui affina per 18 mesi. Rosso porpora. Invitanti profumi di ribes e mora introducono note balsamiche e terragne. Seguono le spezie orientali, il pepe nero, la liquirizia e il tabacco. In bocca è masticabile, caldo, avvolgente. Poi molto fresco e sapido con un tannino vivace ma estremamente fine ed elegante. Molto lungo il finale. Salomon Estate Alttus 2010 Southern Fleurieu - 100% Shiraz - 14,5% Viticoltori da otto generazioni in Austria, la famiglia Salomon 20 anni fa ha deciso di fondare una sede anche in Australia nell’area del Finnis River, South Australia. Siamo a sud di Adelaide sulla penisola di Fleurieu su terreni con uno strato superficiale di sabbia e ciottoli che nasconde un terreno calcareo-argilloso che garantisce alle piante il giusto apporto idrico. Le grandi escursioni termiche tra il giorno e la notte e l’influenza delle brezze oceaniche donano ai loro vini uno spettro aromatico ampio. Alttus nasce solo nelle annate migliori da uve provenienti da una vigna centenaria. Maturazione di 18 mesi in botti nuove di rovere francese da 300 litri e 2 anni di affinamento in bottiglia. Rosso rubino concentrato. Al naso è potente e ampio con la prugna e la mora che aprono la via ad una scia mentolata. Poi arrivano note scure di caffè, terra bagnata, china e tabacco. Chiude con note speziate dolci. In bocca è caldo e denso ma anche piacevolmente fresco e sapido. Il tannino di qualità dona equilibrio e armonia.


Campagna

Iscrizioni

2017

Iscriviti alla Fondazione Italiana Sommelier! Farai parte di un

promozione fantastica della SpA del Rome Cavalieri che il Socio potrà

gruppo privilegiato, da sempre in prima linea per la comunicazione della

ottenere semplicemente esibendo la sua tessera di Fondazione Italiana

cultura del vino e dell’olio. Iscriversi alla Fondazione Italiana Sommelier

Sommelier, ogni anno di colore diverso. Giallo canarino quella del 2017.

significa appartenenza, significa far parte di un importante progetto

Oltre alla possibilità di accedere a tutti gli eventi di degustazione (solo nel

culturale, significa impegnarsi tutti insieme per la realizzazione di un

Lazio se ne contano più di trecento ogni anno), tra gratuiti e/o riservati ai

sogno, significa condividere ideali ed emozioni. Iscriviti o rinnova la tua

Soci a prezzi privilegiati, tutti descritti online su www.bibenda.it, il Socio

iscrizione: in questo modo, oltre a sostenere da vicino la Fondazione in

riceve nel mese di Novembre di ogni anno la nuova Edizione di BIBENDA,

un impegno comune, avrai la possibilità di usufruire di molti vantaggi.

la Guida che vanta più tentativi di imitazione perfino dei settimanali di

Con la quota di 100 euro l’anno, ad esempio, potrai partecipare alle tante

enigmistica, comunque una Guida arrivata con successo ormai alla

Attività di Degustazione del Vino e del Cibo organizzate dalla Fondazione

diciannovesima edizione.

Italiana Sommelier in tutta Italia, potrai prendere parte agli imperdibili viaggi a tema organizzati nelle più interessanti zone vitivinicole d’Italia

Dunque, la campagna iscrizioni 2017 è iniziata! Non restare

e nel mondo, potrai usufruire delle irripetibili convenzioni esclusive

indietro, affrettati a rinnovare la tua appartenenza al centro di cultura sul

per i Soci della Fondazione. Come l’ultima ottenuta, ad esempio, una

vino e sul cibo più importante del mondo su www.bibenda.it.


Bibenda 54 duemilasedici

N

i c o l a

F

K-Castagner e la sua K-Selezione

e r r a z z a n o

K-Castagner e la sua K-selezione 66


L’Ambasciatore della Grappa ha messo a punto una tecnologia all’avanguardia.

Un mondo affascinante quello della distillazione ed ancora più emo-

Roberto Castagner – è stata una scelta dettata da passione vera,

zionante se il prodotto finale è un gioiello tutto italiano: la GRAPPA.

fatta di sacrifici e di amore, con l’ambizione di fare sempre meglio”.

E Roberto Castagner è una delle icone della Grappa, per la sua

Siamo a Vazzola, nel Trevigiano, ed entriamo con circospezione

passione, per la sua esperienza e per la sua maniacale ricerca

nella Sua distilleria e troviamo Roberto Castagner in persona ad

di un prodotto che possa sempre essere collocato nell’olimpo

accoglierci a braccia aperte con il suo motto “Aggrappiamoci” e

delle eccellenze!

subito ci compenetriamo in questo mondo fatto di vinacce che

“Diventare distillatore, con le mie conoscenze di enologo – ci dice

sono il tesoro da custodire nella migliore delle maniere. 67


Bibenda 54 duemilasedici

K-Castagner e la sua K-Selezione

Vinacce di Chardonnay, Prosecco, Moscato, Gewurstraminer, Cabernet Sauvignon, Merlot, Pinot Nero, Sangiovese, Nebbiolo, solo per citarne alcune, ma tutte da conservare all’interno di “sacconi” (un tunnel di film plastico alimentare) lungo da 40 a 75 metri in cui queste vinacce vengono “insaccate” ad alta pressione ed in assenza di ossigeno. Questo sistema, denominato GrappaSystem, consente di preservare il corretto livello di PH (circa 3), di garantire l’assenza di batteri e di mantenere la freschezza della materia prima che verrà successivamente lavorata. La Grappa, che nasce in Italia, deriva dalla parola dialettale veneta (dove ha avuto il suo n

Roberto Castagner

maggior sviluppo) “graspo” che è la struttura vegetale del grappolo.

Via Bosco, 43 31020

La Grappa si ottiene dalla distillazione delle bucce degli acini d’uva, perché le sostanze

Visnà di Vazzola TV

aromatiche sono lì ancora presenti! Ogni uva possiede aromi diversi e le Grappe esaltono

info@robertocastagner.it

i profumi delle uve da cui provengono.

www.robertocastagner.it

La distilleria Castagner accetta solo vinacce consegnate entro 8 ore dalla pressatura soffice (se uve bianche) o dalla svinatura (se uve rosse). Tutte queste attenzioni si manifestano nella fase di distillazione dove Roberto Castagner ha messo a punto una tecnologia denominata “K-selettiva” che, sfruttando il vapore acqueo e le sue esclusive colonne di rame, gli consentono di prelevare, in base a ciascun coefficiente evaporativo (K), solo le migliori sostanze aromatiche dell’uva. Dopo la distillazione la Grappa bianca si affina per alcuni mesi in vasche di acciaio inox mentre la Grappa destinata alla maturazione sosta per lunghi anni in barrique di rovere o di ciliegio che conferiscono al prodotto il caratteristico color ambrato, più o meno intenso a seconda del tempo e del tipo di legno, e una maggiore morbidezza al palato. “La Grappa non è un digestivo – ci dice ancora Roberto Castagner – né solo una buona acquavite per un bel fine pasto, è molto di più. La Grappa moderna è una grande sorpresa, in grado di caratterizzare un cocktail 100% italiano, di esaltare una raffinata cucina, di accompagnarsi ai migliori dessert, rendendo così la cena o il pranzo un’esperienza indimenticabile. La Grappa ti regalerà questa nuova frontiera di emozioni a tavola. Per questo – chiosa Roberto Castagner – ho progettato i calici “elisse” e “bolla” che sono i bicchieri di forma e dimensione ideali per una migliore degustazione. Non avvicinate mai troppo e troppo in fretta il bicchiere al naso, ma percepite i sottili aromi in un crescendo di intensità e piacere”. E così è stato durante la cena Experience Food & Spirits presso il Ristorante Le Calandrine, locale Storico d’Italia, con la piacevole compagnia di Roberto Castagner e di sua figlia Giulia: un susseguirsi di emozioni edonistiche, olfattive e gustative. Iniziata con un ricchissimo aperitivo all’aperto, nello splendido parco del ristorante, accompagnato dal cocktail STOP a base di Grappa Suite n.5 (frutto di cinque

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distillazioni), abbiamo degustato a tavola la Grappa Fuoriclasse Leon Gran Morbida con l’antipasto (Hamburger di tonno con verdurine) e il primo (Risotto con fiori di zucca, zucchine e gamberi di Sicilia). La Grappa Suite n.5 in purezza ha contribuito a creare un eccellente abbinamento con la seconda portata di Filetto di Rombo ai finferli su crema di patate e porri. Terminiamo con i fuochi d’artificio a tavola nell’abbinare al Nido di Cioccolato con mousse di Zabaione la Grappa Fuoriclasse Leon Riserva 15 anni 2015. Un blend perfetto, eccellente, entusiasmante, fatto da vinacce di Cabernet Sauvignon, Merlot e predominanza di Pinot Noir. Un nettare dal color mogano luminoso, dai sentori tostati quasi torbati, ma anche di uva passa, fichi secchi, miele di castagno, chinotto. Al palato una morbidezza infinita. Una Grappa con la G maiuscola, una vera Grappa da meditazione, avvolgente e ruffiana!

69


Informazioni da Fondazione

Questa rubrica riassume tutte le novitĂ , gli eventi, le attivitĂ , le notizie, i momenti che hanno vista impegnata la in lungo e in largo nel

70

Paese.

Fondazione Italiana Sommelier


Informazioni da Fondazione

Corso per Sommelier a Catania

Per i Soci di Fondazione I Soci di Fondazione Italiana Sommelier in regola con la quota associativa 2017 possono ritirare BIBENDA 2017 presso le varie Sedi di Fondazione Italiana Sommelier di tutta Italia. A Roma presso lo showroom Bibendamania all’interno del Rome Cavalieri.

Tutto esaurito anche per il Terzo Livello sulla tecnica della degustazione e dell’abbinamento cibo-vino. Grande successo per il Corso per Sommelier che si tiene a Catania, sotto la direzione di Paolo Di Caro. Le lezioni di Tecnica della degustazione ancora una volta “stregano” letteralmente i Corsisti: a Catania è ancora una volta Daniela Scrobogna, responsabile nazionale per la Didattica, a chiudere il trittico “sensoriale”, con l’analisi gustativa. Il Terzo Livello è partito nella città etnea il 26 settembre scorso, sempre nella splendida location del Four Points Sheraton Hotel.

Premio Tenco 2016 Non solo libri, non solo riviste patinate, non solo guide. BIBENDA EDITORE ha pubblicato, con successo, anche musica d’autore. Nelle immagini il cd La Vita è dispari del cantautore calabrese Pino Pavone. Tra i protagonisti del premio Tenco 2016, quarantesima rassegna della canzone d’autore, uno dei più prestigiosi riconoscimenti della musica italiana, l’artista aveva già meritato nel 1992 la Targa Tenco per la migliore opera prima.

71


Informazioni da Fondazione

Il Vino di Fondazione Italiana Sommelier è Regalo di Stato Dalle Alpi alle Piramidi, da Washington al Vaticano, il Vino e l’Olio italiani ai leader di tutto il mondo. Da qualche anno c’è senza dubbio una maggiore attenzione da parte delle Istituzioni verso questo nostro settore. In primis da parte del Presidente del Consiglio che ha voluto “promuovere” Vino ed Olio al nobile ruolo di Regali di Stato. Fino ad oggi, la nostra Fondazione Italiana Sommelier ha preparato 24 Cassette contenenti le migliori bottiglie italiane di vino e di olio che il premier ha donato in omaggio ad altrettanti Capi di Stato con i quali si è incontrato, Santo Padre compreso; l’ultima preparata è stata quella consegnata al Presidente Obama pochi giorni fa, assieme al nostro libro realizzato in inglese dal titolo Ti Amo Italia e donato alla First Lady Michelle, nel quale si descrivono i vari territori del nostro Paese attraverso i relativi vini e cibi che li contraddistinguono.

Resta connesso con Fondazione Italiana Sommelier www.bibenda.it 72


Un grazie anche al ministro Maurizio Martina e al viceministro Il Testo Unico del Vino è Legge

Andrea Olivero per l’attenzione prestata al provvedimento che,

Italia primo Paese europeo che si è dotata di un unico testo di

in 90 articoli, riassume tutta la normativa precedente.

legge per il settore vitivinicolo. Roma, 28 Novembre 2016 - Le organizzazioni della filiera

Deputati, che passione!

vitivinicola esprimono piena soddisfazione per l’approvazione, in

Inaugurazione dell’Anno Sociale 2016/2017 di Fondazione

via definitiva alla Camera, del Testo unico della Vite e del Vino.

Italiana Sommelier, un momento di festa con la partecipazione

“Si tratta di un provvedimento che porterà da subito numerose

di molti wine lover. “Vecchi” Soci e nuovi allievi, attori, addetti

semplificazioni e facilitazioni per gli operatori, frutto – commentano

ai lavori e un nutrito gruppo di appassionati parlamentari.

Cia, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative agroalimentari,

Il 19 Settembre scorso, l’inaugurazione del nuovo anno socia-

Federvini, Unione Italiana Vini, Federdoc, Assoenologi – di un

le della Fondazione Italiana Sommelier nelle sale dell’Hotel

lavoro intenso durato anni, che ha visto impegnati tutti i gruppi

Rome Cavalieri, ha registrato la partecipazione di un ampio

parlamentari e le organizzazioni del settore vitivinicolo, uniti dal

numero di parlamentari. Tra questi, il Presidente della Com-

comune intento di semplificare, innovare e valorizzare un comparto

missione Agricoltura della Camera dei Deputati Luca Sani e

strategico per il Made in Italy. Rivendichiamo con orgoglio che il nostro

altri componenti della Commissione tra cui il Vice Presidente

Paese è il primo che si è dotato di un unico strumento a livello europeo,

Massimo Fiorio ed il capogruppo PD in Commissione Ni-

in grado di conferire maggiore competitività alle nostre imprese”.

codemo Oliverio che ha dichiarato: “Durante la pause della discussione generale del Testo Unico sulla Disciplina organi-

“Attraverso un confronto costante e approfondito sul complesso quadro

ca della coltivazione della vite e della produzione e del com-

normativo di riferimento, si è giunti alla stesura di un unico testo di

mercio del vino siamo voluti venire qui a rinnovare la nostra

legge che contiene tutta la normativa che disciplina la materia vitivi-

attenzione e gratitudine alla FIS per l’opera meritoria che da

nicola, dal campo fino al consumatore, con disposizioni che vanno dai

anni svolge in Italia a favore della diffusione della cultura del

controlli alla tutela delle produzioni di qualità e alla riduzione dei

Vino e dell’Olio attraverso un’attività formativa e di divulga-

costi a carico degli operatori”. Un Testo, dunque, che promette di di-

zione scientifica di indiscussa valenza”.

mezzare la burocrazia in un settore fondamentale per il Paese, fatturando oltre 14 miliardi di euro l’anno, di cui un terzo con l’export. Cia, Confagricoltura, Alleanza delle Cooperative agroalimentari, Federvini, Unione Italiana Vini, Federdoc, Assoenologi hanno espresso un particolare ringraziamento, per l’impegno profuso, ai componenti delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato, “per il paziente lavoro di ascolto e di sintesi che ha portato avanti, in constante dialogo con i territori, affinché nel testo di legge trovassero spazio le diverse peculiarità e le tante ricchezze della viticoltura italiana”.

Guarda i Video dell’inaugurazione su www.bibenda.it 73


Informazioni da Fondazione

Medaglia del Presidente della Repubblica

Virale mania

al Talento Italiano La presentazione della Guida BIBENDA 2017 del 19 Novembre che ha per tema i premi al “Talento Italiano” ha ricevuto la Medaglia di Rappresentanza del Capo dello Stato. Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha voluto attribuire alla nostra manifestazione per la presentazione nazionale della Guida Bibenda la sua Medaglia di rappresentanza. Un’importante testimonianza per le oltre milleduecento persone che hanno partecipato alla serata di Gala Sabato 19 Novembre nel Salone dei Cavalieri allestito in pompa magna per l’occasione. La medaglia, coniata in bronzo dall’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, raffigura sul dritto l’Italia Turrita, tratta da un’antica moneta siracusana di epoca romana ispirata all’opera del disegnatore Vittorio Grassi (1878-1958). Intorno riporta la

Continua con successo l’Aperitivo del Venerdì, divenuto in

scritta “Il Presidente della Repubblica Italiana” e in basso la firma

poche settimane un appuntamento cult per gli appassionati

del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

del vino della Capitale. Tutti i Venerdì, dalle 19 fino alla chiusura, presso lo showroom BibendaMania della Fondazione Italiana Sommelier all’interno del prestigioso Hotel Rome Cavalieri in Via Alberto Cadlolo 101, è possibile degustare un buon calice di vino accompagnato da qualche sfiziosità. Ogni settimana una cantina diversa in degustazione e le migliori etichette del Sudafrica, fornite direttamente dall’Ambasciata del Sudafrica di Roma. Un’occasione perfetta per rendere il Venerdì sera un primo assaggio del week end, liberare la mente, condividere un calice in allegria con i vostri/nostri amici o semplicemente per discorrere di vino nel salotto della cultura più accogliente d’Italia. Non è richiesta prenotazione e l’invito è riservato ai Soci di Fondazione Italiana Sommelier e ai loro amici che saranno ospiti della Fondazione.

74


La nostra Guida, Diciannovesima Edizione

1 • TUTTO IN UNA SCHEDA Nome Azienda, Indirizzo, Sito

Da DUEMILAVINI a BIBENDA. Storia della Guida che non

internet, Indirizzo mail, Anno di fondazione, Proprietà, Enologo, Bottiglie

c’era e di un amore che dura da 19 edizioni. Da 1.800 pagine a

prodotte, Ettari vitati, Tipo di conduzione agricola, Vendita diretta, Visite

più di ventimila, una lunga, bella, grande storia d’amore.

all’azienda, Come arrivarci, Eventuale ristorante in azienda. 2 • TUTTI I DATI Nome vino e annata, la Valutazione in grappoli,

Storia del progetto

la Tipologia, le Uve, la Gradazione alcolica, il Prezzo, le Bottiglie

Alla fine degli anni ’80 eravamo già sommelier, anche scrittori e

prodotte, le note tecniche di lavorazione.

pure comunicatori, persino insegnanti di vino. Materiali da cui

3 • NO PUBBLICITÀUna scelta controcorrente, fin dalla prima

attingere, informarsi, studiare: zero. Ci rendiamo conto che è

edizione, sia della rivista sia della guida. Una scelta ragionata per

sempre più necessario poter disporre di dati in relazione ai vini,

sentirci liberi che nel tempo ci ha dato forza e credibilità. Ad oggi

alle aziende, alle bottiglie, sia quando se ne parla sia quando se

non esiste altra pubblicazione del settore priva di pubblicità.

ne scrive. Ed è difficile, molto difficile reperirli. È faticoso e di

4 • TUTTE LE DEGUSTAZIONI Le degustazioni condotte secondo

magra soddisfazione. Del resto, all’epoca, internet non è ancora

il metodo consolidato e la tecnica di degustazione della nostra Fondazione

in grado di dare un supporto valido. Siamo ancora nell’era del

Italiana Sommelier, messo a puntino dai nostri Docenti più esperti.

francobollo, per intenderci.

5 • TUTTI GLI ABBINAMENTIVino per vino, il piatto più adatto.

Così, nel 1999, decidiamo di costruircela da soli, la guida

Seguendo le regole del nostro metodo didattico di abbinamento, indichiamo

che vorremmo e che ancora non esiste, ce la “disegniamo”

quello più tradizionale e anche quello più fantasioso e particolare.

e ce la tagliamo addosso, proprio come un abito su misura.

6 • ORA C’È Prima edizione a fine 1999 chiamata DUEMILAVINI in onore del nuovo millennio. Ogni anno una limatura, un arricchimento, un’aggiunta. Poi, una versione inglese e anche Guide Ristoranti e Olio, fino all’attuale online. La Guida che nel ‘99 cercavamo e non trovavamo, ora c’è.

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Informazioni da Fondazione

I Sommelier di Fondazione al Matrimonio di

Cristel Carrisi La figlia di Albano e Romina ha scelto i Sommelier di Fondazione.

Il 3 Settembre 2016 si è sposata Cristel Carrisi, la terzogenita di Al Bano, cantautore e attore di fama internazionale e importante produttore vinicolo pugliese, e Romina Power, attrice e cantante statunitense ormai naturalizzata italiana e figlia dei celebri attori cinematografici hollywoodiani Tyrone Power e Linda Christian, con il ricco imprenditore croato Davor Luksic. Il matrimonio, considerato l’evento principe dell’estate 2016, si è svolto in Puglia, terra natale della sposa. La cerimonia si è celebrata nella chiesa barocca del centro storico di Lecce mentre la grande festa successiva si è svolta nella masseria La Mea, nelle campagne di Cellino San Marco. Tanti gli invitati, oltre 500, e presente tutta la famiglia Carrisi/Power, a partire dagli emozionatissimi genitori Al Bano e Romina Power, che hanno animato la serata anche esibendosi con i loro maggiori successi. A questa grande festa era presente anche la Fondazione Italiana Sommelier che, con i suoi Sommelier della sezione pugliese, ha contribuito a rendere ancor più speciale e unico l’evento.

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n

Alcune immagini riprese durante le nozze di Cristel Carrisi con l’imprenditore cileno-croato Davor Luksic che si sono svolte a Cellino San Marco e che hanno visto in prima linea i nostri Sommelier.

77


Informazioni da Fondazione

Fondazione Italiana Sommelier,

Roma, Mondo Successo persone.

memorabile per la serata di gala che ha visto la presenza di oltre mille

Più di cinquecento i produttori di vino presenti.

Guarda i Video e le Foto della presentazione su www.bibenda.it La Presentazione Nazionale della Guida Bibenda online dedicata in questa edizione al Talento Italiano si è svolta sabato 19 Novembre nel Salone delle feste dell’Hotel Rome Cavalieri. Tutta la migliore accoglienza dell’ospitalità della serata gestita da Fondazione Italiana Sommelier, nel cuore della sede madre, proprietaria del marchio Bibenda, arrivata con la Guida alla diciannovesima edizione. Quest’anno con una novità importante che riguarda la geolocalizzazione, ovvero la possibilità di ricercare in base alla propria posizione geografica, con un qualsiasi dispositivo elettronico connesso ad internet, un’azienda nelle vicinanze recensita dalla guida. Un evento che racconta i colori dell’Italia, così come li descrive il Presidente di Fondazione Italiana Sommelier, Franco Maria Ricci, nella prefazione del menù: “Chi pensa a colori ha il vantaggio della gioia. Se penso ai colori del vino mi viene in mente subito il libretto del Corso per Sommelier: Quei colori “finti” che indicano pressappoco i colori “ufficiali” del vino. Ma se pensi veramente al vino, e pensi che circa trentamila vini diversi fanno parte di BIBENDA 2017, pensi anche alla ricchezza dei colori lì descritti per testimoniare ai lettori la varietà enorme che possono trovare in un Paese così ricco di colori”. Un paese rivelato oltre che attraverso i colori, soprattutto grazie al Talento Italiano delle aziende che rappresentano la forza trainante e l’eccellenza di un Made in Italy, un orgoglio nazionale per tutto il comparto agricolo, alimentare e della ristorazione in generale. Il motto sottovoce di “viva il grande Talento Italiano” è rivolto ai tutti i migliori che in Italia sono tanti, bravi e meritano il riconoscimento dei media. L’ingresso agli ospiti è stato aperto dalle ore 18.30, dando la possibilità di passeggiare attraverso le cinque cantine della serata, allestite con la sfilata delle 605 etichette premiate. Nella cornice del grande Salone dei Cavalieri è stata allestita la Cena di Gala che ha ospitato 78


ben 1.050 ospiti, preceduta ad inizio serata, rigorosamente

Commissione Lavoro, Francesco Saverio Garofani Presidente

puntuali alle ore 20.00, con la presentazione congiunta del

della Commissione Difesa, Patrizio Vezzoli Generale della

Presidente Franco Maria Ricci e dei due artisti dell’intrattenimento

Guardia di Finanza, Gianfranco Vissani Maestro Chef, Maria

radiofonico Fede & Tinto. La partecipazione è stata un successo di

Sofia Daré Biancolin Presidente dell’Associazione Sommelier

presenze, prime fra tutti quelle aziende premiate, insieme ad una

di Germania, On. Massimo Fiorio Commissione Agricoltura,

parte di ospiti istituzionali e di fama internazionale e grazie alla

Jacqueline Ntombentle Mpongoshe Ambasciata del Sudafrica,

presenza delle maggiori agenzie di stampa e testate giornalistiche

Carlo Attisano il Sommelier di Alitalia, Floriana Bertelli

italiane, oltre che una parte dei soci della Fondazione Italiana

Giornalista TG3, Gioacchino Bonsignore Giornalista TG5,

Sommelier. Ne citiamo solo alcuni di quelli intervenuti: Gianni

Lucia Buffo Giornalista del TG2, Paolo Zappitelli Giornalista

Rivera politico e campione italiano del calcio mondiale e europeo,

del Tempo, Fabio Di Iorio Giornalista di Rai Due, Andrea Di

Gianfranco Fini ex Presidente della Camera dei Deuptati, Bruno

Curzio cofondatore di Vinocult, Terenzio Medri Vice Presidente

Vespa Direttore e Giornalista di Porta a Porta, On. Massimo

della WSA, Andrea Pancani Giornalista LA7.

D’Alema, Italo Bocchino Vice Presidente di AN, Luca Sani

Sul palco si sono alternate le premiazioni dei 10 Migliori Vini

Presidente della Commissione Agricoltura, Riccardo Cotarella

d’Italia, i Ristoranti Cinque Baci, i Ristoranti dell’Anno e i Mi-

Presidente Assoenologi, Oliviero Nicodemo, Stefano Giuseppe

gliori Birrifici Italiani. A chiusura della presentazione non pote-

Del Col Vice Capo di Gabinetto del Ministro della Difesa,

va mancare un momento solenne, sottolineato dalla Fanfara dei

Riccardo Illy Cda Hera, Damiano Cesare Presidente della

Carabinieri, con cinque brani e l’Inno d’Italia. Emozione pura. 79


9° Forum della Cultura del Vino e dell’Olio

Bibenda 54 duemilasedici

9° Forum

della Cultura del

Vino e dell’Olio B

a r b a r a

P

a l o mb o

Fondazione Italiana Sommelier a Venezia. Cornice magica per la Giornata Internazionale voluta e ideata dalla

Sommellerie di Roma, da 9 anni dedicata alla Cultura del Vino e

dell’Olio, un percorso di emozioni e partecipazione.

Una giornata di emozioni, riflessioni e divertimento; partecipazione e confronto, passione e conoscenza: a Venezia, sulle sponde dell’isola della Giudecca, nella magica location dell’Hotel Hilton Molino Stucky, l’11 Giugno si è tenuto il 9° Forum Internazionale della Cultura del Vino e dell’Olio, organizzato da Bibenda e dalla Fondazione Italiana Sommelier Veneto. Ad accogliere i numerosi Ospiti, i Produttori di vini e di olii, e gli illustri Relatori, era presente il Presidente della Fondazione Italiana Sommelier, Franco Maria Ricci, entusiasta di essere riuscito anche quest’anno a coinvolgere tante persone per un evento internazionale di siffatta rilevanza. All’apertura dei lavori la voce formidabile di Albano Carrisi ha interpretato l’Inno di Mameli, creando in sala un’atmosfera davvero emozionante. “Vino e Sensualità” il tema del Forum, con il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Dopo l’inno d’Italia, il benvenuto di Raul D’Alessandro, Presidente di Fondazione Italiana Sommelier Veneto, e di Franco Ricci, Presidente Nazionale. 80


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Bibenda 54 duemilasedici

9° Forum della Cultura del Vino e dell’Olio

L’introduzione ad opera di Elena Donazzan, Assessore all’Istruzione, alla Formazione, al Lavoro e alle Pari Opportunità della regione Veneto, che segue con interesse da qualche anno le attività di Franco Maria Ricci, e di tutti gli appassionati e gli studiosi della Fondazione Italiana Sommelier. La relatrice, nel suo discorso, si è soffermata su due questioni che le piacerebbe fossero realizzate e su cui già la Fondazione sta lavorando: usare alcuni dei magnifici luoghi italiani, come musei e palazzi storici, per degustare e parlare di vino; e sperimentare percorsi formativi, sempre legati al vino e all’olio, nelle scuole italiane. Il tutto può essere realizzato, secondo l’oratrice, attraverso il buon uso di alcuni strumenti fondamentali, ossia la Sensibilità, il Metodo e il Progetto, che devono essere conseguiti nel tempo per espandere la cultura di quello che è oggi il settore dell’orgoglio nazionale. L’Assessore ha evidenziato che il vino è strettamente legato alla sensualità; è l’espressione di tutti i sensi, di una umanità vissuta e di una sensibilità espressa. Il successivo intervento, a cura della relatrice Daniela Scrobogna, è stato davvero coinvolgente e stimolante: la Docente della Fondazione Italiana Sommelier ha illustrato come il vino possa essere espressione di tutti i sensi; il vino come emozione culturale; il vino come compiacimento dei piaceri sensibili offerti dalla sensualità. Nella deliziosa sala dell’Hotel Hilton di Venezia, su un grande schermo, le immagini e la musica del rito della vendemmia, scena del film “Il profumo del mosto selvatico”, del regista Alfonso Arau, con la cerimonia sacrale e solare della pigiatura dell’uva, dove la sensualità della protagonista si amplificava nell’evidente legame con la terra, con le tradizioni e con il ciclo dell’uva. In primo piano, nel grande tino, ricchi e succulenti acini di uva facevano da cornice al sogno di un amore coinvolgente e intrigante. Il vino parla un linguaggio che parte da dentro. La degustazione lo traduce, richiamando tutti i cinque sensi e arrivando a sfiorare le corde dello spirito. Parole di Daniela Scrobogna.

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la vista, il senso del desiderio, perché il vino si gode già dagli occhi per i suoi colori fascinosi, carnosi, giovani, maturi (Cabernet, Merlot, Refosco)… il brillante verde di un Reasling, le accoglienti sfumature dorate di un Recioto di Soave; la limpidezza, la viscosità, il colore e la tonalità di un vino sono valutate dall’esame visivo, che può dare, tra l’altro, l’idea dell’evoluzione, della salute e della bontà del vino stesso. l’olfatto, il senso della seduzione, perché l’odore, più di ogni altra cosa “conduce a sé (seducere); nel film “Profumo di donna” il protagonista, interpretato da Vittorio Gassman, annusava le donne, perché sosteneva che per accendere l’eros bastava l’odore, cioè quella raffinata capacità di attrazione in grado di sviare la mente. Quindi l’olfatto diventa un ingrediente fondamentale dell’attrazione, e può far scatenare repulsione e passione; “è il senso dell’animalità, dell’istinto” sosteneva Platone, ed è strettamente legato a quella sfera del cervello che racchiude i turbamenti. L’apparato nasale è l’insieme degli organi che rilevano i diversi profumi: il naso ha una capacità sensoriale 10.000 volte superiore a quella del gusto. E allora odorare un vino, percepire un sentore di fiori, di spezie, di animale o di etereo, sicuramente può arricchire la voluttuosità e suscitare infinite emozioni. Il gusto, il senso della prima forma del piacere sessuale, perché, secondo Freud, succhiare il seno materno è il punto di partenza dell’intera vita sessuale ed emozionale dell’individuo. Eros e Vino dunque connessi con il Gusto; strumento di soddisfazione di delizie sessuali e del palato, che genera sensazioni di dolce, di amaro, di salato o di acido e dona impressioni particolari, come per esempio un vino può dare l’idea gustativa di “scivolare” lentamente in bocca (a causa di composti quali la glicerina, gli zuccheri e gli alcoli). Il gusto può considerarsi parte fondamentale di ogni espressione. Il tatto, il senso del riconoscimento di alcune caratteristiche fisiche tramite il contatto con una superficie esterna del nostro corpo, quale la pelle e le mucose. Lo si può definire come lo strumento che annulla le distanze tra due corpi trasmettendo emozioni molto sensuali: nella fattispecie del vino, sono lingua e palato che permettono di sentire la progressione gustativa e la persistenza. L’udito, anche esso è un senso impiegato nella degustazione di un vino, che erroneamente potrebbe sembrare estraneo all’atto del bere, ma che in realtà è presente e fa la sua parte soprattutto dal punto di vista emozionale: il vino può avere uno o più suoni, generati fin dal momento prima di bere, quando si battono insieme i calici; e poi il rumore dello sprigionarsi del perlage nei vini spumanti, ad esempio, un crepitio, un cigolio e un sottile stridio. A volte, avvicinando il calice all’orecchio si ha la sensazione di udire come un rumore di vento e di mare. Il vino va ascoltato: è un linguaggio il suo, molto segreto, immaginario e sensuale. 83


Bibenda 54 duemilasedici

9° Forum della Cultura del Vino e dell’Olio

A seguire, Marco Baldini, manager della Riedel, azienda austriaca produttrice di bicchieri di grande qualità, ha relazionato al Forum sull’importanza del bicchiere nella degustazione del vino, su come la sua dimensione, la sua forma e il suo materiale possano contribuire a rendere la bevuta emozionante e godibile. La creazione di bicchieri adatti ai vari tipi di vini, come compimento di un percorso di ricerca e di intenso lavoro; il bicchiere coinvolge tutti i cinque sensi e deve essere uno strumento che ne esalti le funzioni e le sensazioni, ha ribadito il relatore. Il bicchiere è il vascello del vino, l’ultima forma del vino prima di essere nel nostro organismo: le tecniche di produzione ne decidono la forma, il gusto estetico ne decide l’aspetto, sempre in considerazione, ribadisce Marco Baldini, che il bicchiere è sensorialmente il vestito del vino, in gran parte responsabile della sua eleganza.

L’Azienda, leader mondiale nel settore del vetro e del cristallo, negli anni ’50 scoprì che forma, misura e colore influenzano l’esperienza gustativa del vino, e iniziò a basarsi sulla filosofia estetica Bauhaus, secondo cui “la forma segue la funzione”, e se la funzione del bicchiere è quella di far godere il vino attraverso i sensi, allora è proprio la sensualità che decide la forma, perchè quest’ultima è di assoluta importanza nella percezione sensoriale delle bevande alcoliche. Un intervento davvero prezioso questo del Rappresentante della Riedel, perché ha reso chiaro il concetto che il bicchiere giusto eleva il gusto del vino donando la massima esperienza sensoriale, e permettendo al degustatore di toccare e assaporare l’anima del buon nettare.

Il Forum ha visto poi la presenza, tra i relatori, di Mauro Lorenzon, profondo conoscitore di vini, da tempo Oste di una famosa Enoteca in Santa Maria Formosa a Venezia. Personaggio un po’ particolare, che ama vestire di tanti colori e sempre con un papillon, molto simpatico nel suo modo di parlare, tra il dialetto veneto e le rime, di un contagioso entusiasmo e con tanta esperienza, in tema di vini e di gusti delle persone. In modo allegro e divertente ha raccontato all’assemblea come, nel suo lavoro, lui cerchi sempre di entrare in sintonia con il cliente, di capire cosa amerebbe bere e di dargli consigli relativi alla scelta, in modo che esca sempre emozionato e soddisfatto per quello che ha bevuto. Un Oste con la “O” maiuscola Mauro Lorenzon, sempre pronto a captare i gusti di chi ha di fronte, e sempre pieno di vitalità e voglia di spiegare. Anche al Forum ha raccontato dei suoi incontri giornalieri con le persone che entrano nel suo locale, ha detto che sempre tenta di instaurare un rapporto amichevole e sempre parla al consumatore del vino che mesce… perché il vino deve toccare l’anima! 84

“… p m


L’intervento di Paolo Lauciani ha riguardato il tema sempre at-

cerchino cibi di lontani

tuale del corretto abbinamento Cibo/Vino e della sensualità che

paesi, o che alcuni cibi

ne può scaturire: il sapore di un cibo esalta le qualità di un vino e,

cerchino vini esotici…

a loro volta, le qualità di un vino completano il piacere di un cibo.

allora bisogna fare una

Luigi Veronelli parlava di Matrimonio d’amore e sosteneva che,

meditata scelta e fare

come succede nei matrimoni, possono esistere delle incompatibi-

incontrare i partener

lità di carattere, e quindi Cibo e Vino vanno sposati con giudizio.

giusti, e, usando le pa-

Quando ciò avviene si raggiunge l’armonia e la solidità emozio-

role del grande enologo

nale e si arriva all’apoteosi delle sensazioni e della sensualità. Il

scrittore: “ci stupiremo

noto enologo francese, Emile Peynaud, intorno agli anni 1960,

per lo slancio, l’ardore e l’abbraccio.” Il relatore ha condiviso, inol-

affermava che l’accordo tra cibo e vino deve realizzarsi basandosi

tre, il pensiero e gli studi di Massimo Montanari, professore di Sto-

sull’intensità delle sensazioni, sulla loro natura e sulle loro qualità.

ria dell’alimentazione dell’Università di Bologna, il quale sostiene

Una bevanda ricca di sapore e fragranza, spiegava lo studioso, mal

che “Il cibo è cultura”, e proprio il modo di mangiare, e di bere,

si abbina con l’insipidezza di un cibo neutro; nello stesso modo,

distingue l’animale dall’essere umano, in quanto quest’ultimo non

una bevanda insipida toglie il piacere di un piatto saporito. Risulta

consuma direttamente quello che trova in natura ma lo modifica,

chiaro comunque che l’accordo deve essere fatto con intelligenza

comunicando in tal modo la sua personalità. Quindi la qualità

ed eufonia, tenendo presenti delle regole sperimentate e ritenute

del cibo e del vino che viene scelto dall’uomo ha un forte valore

ben valide, come per esempio l’accostamento che spesso riesce tra

comunicativo ed esprime identità sociale. Mangiare insieme, scrive

cibi di una terra e vini della stessa terra, che si uniscono in modo

Massimo Montanari, è tipico della specie umana, Convivio, cum

armonicamente spontaneo; ma, come affermava Luigi Veronelli, a

vivere, vivere insieme: a tavola si esprimono rapporti umani e a

volte ogni regola è sovvertita: può infatti accadere che alcuni vini

tavola nascono amicizie e legami, sensazioni ed emozioni.

…Nun è pe’ fa’ e“…r Nfunaènpea’ ftai’ cerofanatricoodr’imonmedainaao,,no però de fronte a ‘s però de fronte aa‘sftoro cchaemttapàin mano!”. to mecjoammorì pco’àl d’inedia, mejo morì co’ la f orchetta in mano!” . Nella conclusione del suo interessante intervento, il professore Paolo Lauciani ha voluto allietare i presenti con la recitazione di

una divertente poesia dell’attore Aldo Fabrizi, che ha dedicato

molti suoi scritti al cibo ed ha dato un contributo rilevante alla scuola culturale italiana del Novecento. “La dieta” in dialetto ro-

manesco, racconta in rima la sofferenza di un uomo che da due settimane non mangia pane e pasta, che fa una cura dimagrante,

che patisce molto, ma che non cala di peso. E quindi, considerando che la vita è dura sotto tanti aspetti, conclude dicendo che preferisce finirla mangiando:

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Bibenda 54 duemilasedici

9° Forum della Cultura del Vino e dell’Olio

Con un tema quale “Il vino e la sensualità” le riflessioni di un consulente sessuologo come Massimo Castellani non potevano che arricchire un Forum così vicino alle emozioni. La sensualità è il respiro della vita, sostiene il relatore, e la sessualità è l’alimento stimolante naturale più importante per il benessere mentale e per l’elevazione spirituale degli esseri umani. Sono due cose differenti, ma, mentre la sessualità senza la sensualità significa animalità, le due insieme, invece, producono il vero scambio emotivo. Anche nella degustazione di un vino bisogna distinguere il “gustare” e il “trangugiare”: il provare piacere del sapore, dell’odore, della visione, del tatto e dell’udito di qualche cosa, significa provare un intimo godimento, una lenta sensazione di dolcezza, di quiete, di serenità, di eccitazione… insomma di appagamento sensoriale; al contrario, ingurgitare vuol dire consumare in fretta qualcosa senza dare la possibilità ai sensi di attivarsi, è un atto di consumo veloce ed avido, che non genera alcuna emozione. Nella fase della sensualità, ribadisce il sessuologo, c’è una attesa che fa crescere il desiderio, così ugualmente, nella degustazione di un vino, l’attesa della percezione sensoriale aumenta la voglia di berlo. Il nettare degli dei accompagna l’umanità fin dalle sue origini, ed è sempre stato considerato uno dei piaceri degli uomini. Vivere la sensualità significa, secondo il pensiero dello studioso, ascoltare la verità del corpo attraverso “l’impero dei sensi”, per gustare le gioie della vita con la massima soddisfazione. Seguace e sostenitore di discipline orientali quali Tao e Tantra, Massimo Castellani ha spiegato, durante il Convegno, che noi esseri umani abbiamo avuto la fortuna di aver ricevuto come regalo, fin dalla nascita, i sensi: tramite essi è possibile raggiungere la felicità, amare se stessi e sicuramente amare gli altri, che è lo scopo principale della vita.

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L’intervento conclusivo ha riguardato l’Olio, ed è stato presentato dal Docente dell’Associazione Italiana Sommelier dell’Olio, Nicola Di Noia, profondo conoscitore e studioso della materia. In particolare il relatore ha chiarito il concetto che l’Olio è Cultura, e ha parlato di quante poche persone ancora oggi sappiano riconoscere un olio buono da uno che non lo è, e quante poche ne percepiscano i difetti; ha spiegato come l’olio debba essere conservato per fare in modo che non perda le sue componenti polifenoliche, ottime dal punto di vista salutare in quanto combattono i radicali liberi dell’organismo e riducono il colesterolo cattivo; e poi ha illustrato alcune peculiarità delle cultivar, dando accenni sui metodi di raccolta e di lavorazione. Nicola Di Noia ha anche reso edotta l’assemblea su come riconoscere un olio extravergine di oliva italiano da uno che non viene prodotto nella nostra Penisola, ma che falsamente viene fatto passare per un prodotto italiano. Infine il relatore ha evidenziato le caratteristiche organolettiche proprie dell’olio, e ha sottolineato che l’analisi sensoriale delle stesse può condurre, al pari del vino, a donare delle emozioni davvero piacevoli e delle sensazioni molto gradevoli. Un Convegno assolutamente ricco di notizie e di stimoli, questo 9 Forum Internazionale della Cultura del Vino e dell’Olio, il cui tema ha condotto a riflessioni molto interessanti: il Vino e la Sensualità sono inscindibilmente legati e possono generare forti emozioni; dobbiamo imparare ad usare appieno i nostri cinque sensi e cercare di catturare l’essenza di quello che gli stessi delicatamente sussurrano… e allora scopriremo che: “Il vino si confonde nella nostra bocca come un bacio e trasmette meravigliose sensazioni che si diffondono in noi”. (Massimo Castellani)

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Bibenda 54 duemilasedici

Io sto con Brad

Io sto con Brad F

88

a b i o

V

i s c a

Dopo tutto ciò che si venuto a sapere io ho deciso e sto con Brad.

Come il buon selvaggio di Rousseau per Angelina i figli nascono

Un marito che beve e si fa le canne non è certo il migliore dei padri

buoni e giusti, sono l’educazione e l’istruzione che ne corrompono

possibili. Ma espellerlo dalla famiglia con la grazia con cui si sputa

l’originale stato di purezza. Devono essere liberi di crescere e

un osso di oliva è davvero la cosa migliore da fare? Per Angelina

svilupparsi senza costrizioni perché l’intervento dell’uomo (dei

sì. Vuole lasciare a Brad la “condivisione legale” della custodia dei

genitori) produce solo guai. Figuriamoci poi se l’intervento è

figli, ma non quella fisica, diritto di visita, ma null’altro. Un padre

uno scapaccione.

assente è dunque meglio di un padre con dei problemi.

Per questo sto con Brad.

Dice: ma abusava dei figli. Peccato che Angelina per abuso in-

E mi auguro che quando sarà il momento di dividersi i beni a

tenda anche un semplice scapaccione, perché di questo si sta par-

Brad tocchi lo Chateau Miraval, in Provenza, che la coppia ac-

lando. Secondo le tante baby sitter Brad era il solo che cercava

quistò nel 2008 per 60 milioni di dollari. Una grande villa, 500

di imporre qualche regola ai figli, cosa che Angelina non ha mai

ettari di viti e bosco, e una cantina con più di 100 mila bottiglie.

nemmeno tentato di fare.

E’ qui che si sono sposati nel 2014. Ed è qui che hanno


n

La Cave Miraval Provence Haut du Cours Mirabeau 1 Place Forbin 13100 Aix en Provence lacave@miraval-provence.com +33490021554

Due cuori e un castello ma... non vissero per sempre felici e contenti.

cominciato a produrre il Marival Rosè che negli anni ha ricevuto importanti riconoscimenti: per Wine Spectator è l’unico rosato nella classifica dei 100 vini migliori al mondo, e il britannico Decanter gli ha assegnato 91 punti su 100. È prodotto con uve Grenache, Syrah, Cinsault, Rolle. Il 2015 ha un color rosa tenue e un profumo intenso di fiori bianchi, fragole e amarene. Attacco rotondo in bocca, con aromi di ciliegia, di fragolina di bosco e una mineralità tipica del territorio, quasi sapido. Se toccasse ad Angelina temo che potrebbe comportasi con il vino così come si comporta con i figli. Produrrebbe un vino ‘naturale’ che è tale solo perchè l’intervento dell’uomo, in vigna e in cantina, è stato ridotto ai minimi termini. E addio Marival Rosè. 89


Bibenda 54 duemilasedici

Prima estate di un Sommelier dell’Olio

Prima estate

di un Sommelier dell’Olio P

i e t r o

M

e r c o g l i a n o

La

differenza fondamentale tra le due

Sommellerie,

nell’approccio verso il soggetto di studio. hanno tra loro la

La

del

Vino

e dell’Olio, sta

stessa differenza/affinità che

Letteratura e la Musica.

Una dozzina d’incontri interessantissimi, un’ottantina di begli assaggi, una visita in azienda, una colazione fra amici, un pranzo elegante in Terrazza degli Aranci: questo, sulla carta, è il “corso” per Sommelier dell’Olio. In verità si tratta di un “per-corso”, e il cammino inizia dopo il diploma. Novità sociologica: la famiglia, in parte consapevole del nuovo messaggio che avrete acquisito ma in parte ancorata a vecchie consuetudini, prenderà a ridere quelle che sono destinate a esser bollate come le Vostre fissazioni sull’olio. Novità linguistica: sempre piú spesso parlerete dell’Olio come di una bevanda (direte: «Quando capita di bere un olio che è stato troppo al sole…», e frasi simili); naturalmente, è una deformazione professionale: l’Olio, al di fuori delle degustazioni pubbliche o private, non si beve. Da un lato, dobbiamo notare come questa sia una differenza fondamentale tra le due Sommellerie del Vino e dell’Olio: la prima accosta il suo oggetto al modo di un normale fruitore (il vino passa dal bicchiere alla bocca), mentre la seconda accosta il suo in una maniera che serve unicamente allo studio (che poi questo studio possa esser piacevole per suo conto è altro discorso, ma rimane che berlo non sia il modo preferenziale di fruire di un condimento). Se mi si consente, è come per la Letteratura e la Musica: un romanzo è fatto per esser letto – e lo fanno tanto i ragazzini sotto l’ombrellone quanto i filologi nelle loro biblioteche –, mentre (eccettuati certi lavori contemporanei) una sinfonia è scritta per essere ascoltata – ed è solo lo studioso che si prende invece la briga e il diletto di leggerla –. In questo senso, il Vino è per noi un romanzo e l’Olio una sinfonia. Anche i romanzi un tempo – nelle regge e nelle piazze – si ascoltavano e non si leggevano, cosí come i vini erano alimento piú che bevanda: lo studioso di Musica forza la sua materia alla via della Letteratura e la legge, lo studioso d’Olio forza la sua alla via del Vino e lo beve. D’altronde, non si può non notare come tanto il Vino quanto l’Olio siano per noi oggetto di storie: non leggiamo le guide e le riviste solo per avere consigli sugli acquisti da fare 90


(o salteremmo le pagine che riguardano annate di vino esaurite, e getteremmo senz’altro le pagine sull’olio che sappiamo di non poter conservare piú di tanto), cosí come non leggiamo i resoconti di concerti per decidere che cosa fare l’indomani sera o le recensioni di libri solo per decidere quali comprare. Tutte queste letture ci sono possibili e care perché sono racconto; in effetti, è un oggetto di cultura ciò di cui si può parlare mentre non lo si ha davanti agli occhi: una sinfonia letta, un olio bevuto. Saremmo ben poveri se potessimo parlare solo dei libri che abbiamo letto (chi ha mai letto il trattato “Sulla Natura” di Epicuro, una delle basi della nostra Cultura?) o solo degli olî che abbiamo incontrato: chi ha mai visto – eppure tutti li conosciamo – l’olio che impastavano alle farine le mani di Penelope, che nella lucerna rischiarava il sogno di Giuseppe il Patriarca, che ungeva il capo dei re d’Oriente, che riluceva sui corpi di giovinetti e giovinette nei ginnasî dell’Egeo, che coronava i capelli del Grande Alessandro? A ognuno il suo bicchierino («Ancora un sorso, gentile Signora, di Casaliva del Garda?») e brindiamo! 91


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l’Oliol’Olio è l’Olio è

❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO 2017 ❖ ❖ A PARTIRE DAL MAGGIODAL 2017 ❖ 12 A PARTIRE 12 ❖ MAGGIO

ALL’HOTEL ROME CAVALIERI ALL’HOTEL ROMEAC LLAVALIERI ’HOTEL ROME CAVAL IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO IL 17° CORSO PER OMMELIER ’O LIO IL S17° CORSO DELL PER S OMMELIER D ◆❖◆ ◆❖◆

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INFORMAZIONI SU WWW.BIBENDA.IT INFORMAZIONI SU WWW.BIBENDA .IT INFORMAZIONI SU WWW.BIBENDA. PER ISCRIVERSI TEL. 06 8550941 PER ISCRIVERSI TEL. 06 8550941 PER ISCRIVERSI TEL. 06 8550941

❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO ❖ Fondazione Italiana2017 Sommelier

Fondazione ItalianaFondazione Sommelier Italiana Somm

CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO E DELL’OLIO con il INTERNAZIONALE Riconoscimento Giuridico della Repubblica CENTRO PER LA CULTURA DEL VINO EItaliana DELL’OLIO CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO

ALL’HOTEL ROME CAVALIERI IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO

con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica Italiana con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica


www.bibenda.it bibenda@bibenda.it direttore

Franco M. Ricci

Caporedattore centrale Paola Simonetti

Hanno collaborato a questo numero Giovanni Ascione, Cinzia Bonfà, Claudio BONIFAZI, Filippo BUSATO, Nicola FERRAZZANO, Elvia GREGORACE, Daniele Maestri, Manuele PETRI.

Grafica e Impaginazione

Fabiana Del Curatolo

Foto © shutterstock.it

Consulenti dell’Editore Sergio Bianconcini Architettura Michele Federico Medicina Stefano Milioni Edizioni Franco Patini Internet Attilio Scienza Viticoltura Gianfranco Vissani Cucina

B ibenda p e r r e n d e r e p i ù s e d u c e n t i l a c u l t u r a e l ’ i m m a g i n e d e l v i n o

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Anno XV

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n. 54

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Novembre 2016

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L’analisi sensoriale, che evidenzia la qualità dei vini di tutte le nostre recensioni, viene effettuata con metodo e scuola di Fondazione Italiana Sommelier. In questo numero di Bibenda vi presentiamo 196 etichette. Altre Pubblicazioni di Bibenda Editore | BIBENDA il Libro Guida ai Migliori Vini, Ristoranti, Grappe, Oli e Birrifici | L’Arte del Bere Giusto / Il Gusto del Vino / Il Vino in Italia e nel Mondo / Abbinare il Vino al Cibo / Il Dizionario dei Termini del Vino (sono i testi del Corso di qualificazione professionale per Sommelier riconosciuto in tutto il mondo) | Ti Amo Italia (la pubblicazione in inglese su Vino e Cibo italiani) | Il Quaderno di Degustazione del Vino.



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