BIBENDA 87

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Anno XX - n. 87 - Dicembre 2021

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copertina > Mito e Leggenda, Storia e Fiaba, la festa per celebrare le 50 vendemmie di Sassicaia è stato l'evento dell'anno, forse del secolo. Da pagina 2.

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C'è un momento che preferisci della tua vita / L’Editoriale di Franco M. Ricci Sassicaia 50 / di F.M.Ricci - P.Lauciani - D. Scrobogna Due fuoriclasse in scena / di Paolo Lauciani Il gusto amaro nel vino / di Paolo Aureli In viaggio con l'Enologo Umberto Trombelli / di Francesca Ragone La Cantina dei primati nel Cuore Verde d'Italia / di Carlo Attisano Opera di nobile eleganza e unicità / di Raffaele Fischetti La Cantina dei quattro Castelli / di Federico Sorgente Jerez Aka Sherry, consuetudini e novità / di Neonila Siles La Murgia dei sogni / di Francesca Ragone Ipotesi sull'evoluzione del Cesanese / di Antonella Pompei Storie d'Irpinia / di Redazione Periferia Iodata / di Luciano Mallozzi A tavola con i produttori / di Cinzia Bonfà Da Leggere / di Redazione Crucibenda / di Pasquale Petrullo


73° CORSO DI QUALIFICAZIONE PROFESSIONALE PER SOMMELIER INIZIA LUNEDÌ 7 MARZO 2022


L’EDITORIALE

C'È UN MOMENTO CHE PREFERISCI DELLA TUA VITA

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L'altro giorno abbiamo dato il via al Corso di Qualificazione Professionale per Sommelier alle Detenute nel Carcere di Roma Rebibbia che, abbiamo già scritto, è il più grande d'Europa. L'aula con i banchi somiglia a qualunque altra scuola per Sommelier. Perché ha davanti il quaderno, i libri ed ha il bicchiere riempito di Franciacorta Bellavista, primo Vino della Cantina composta da 144 etichette. Sì, certamente le emozioni non erano quelle di un Corso al Rome Cavalieri, che pure ci sono e sono importanti. Lì erano diverse le emozioni, erano trenta signore, erano belle, erano felici ed erano pronte a vedere cosa di lì a poco sarebbe successo. E di cose ne ho viste e sentite: il piacere di aprire la valigia con i bicchieri, toccare il quaderno, aprire per vedere i libri. Aspettare la "campanella" per l'inizio della lezione. Oggi c'è la presentazione del Corso, un po' d'Italia del Vino, della sua ricchezza per diversità, ci sono poi le forme del bere, l'apertura della bottiglia, lo stile e l'eleganza nel porgere la bottiglia che il Docente sottolinea, non per saccenza, ma per rispetto del lavoro di donne e uomini del mondo vino. Oggi c'è il primo giorno di scuola e sono vestite bene, anche eleganti, truccate belle e negli occhi la gioia di esserci. Questo ho visto l'altro giorno. Al termine della mia parte di lezione, quando si comincia a servire il vino, una ragazza rivolgendosi ad una mia assistente: "Che bello il Corso! Stupendo! Finisce ad aprile... Io debbo uscire prima, ma no, non firmo. Voglio finire il Corso!" Non piangi perché riesci a frenare l'emozione che ti trasmettono queste parole. Poi, quando un'altra dice: "Che bello, oggi è il mio compleanno e davanti a me ho uno spumante! Un brindisi che non faccio da sette anni... Che bello!" Ecco, qui non puoi frenare le lacrime. Qui arriva quel momento che preferisci della tua vita. Franco M. Ricci 3


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SASSICAIA 50

SASSICAIA

50

F . M . R i c c i

P . L a u c i a n i

D . S c r o b o g n a

In queste pagine il racconto di una delle esperienze più importanti organizzate e vissute dalla Fondazione Italiana Sommelier per celebrare il compleanno del vino italiano più celebre del mondo. Questa la cronaca, per chi non c'era. 4


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Sassicaia Cinquanta Vendemmie I protagonisti Nel Salone dei Cavalieri dell'hotel romano sede della Fondazione Italiana Sommelier si è svolto un evento storico. La celebrazione delle prime 50 vendemmie del vino simbolo dell'Italia nel mondo è stata celebrata solennemente, con l'emozione del presente e la malinconia del ricordo. Il Presidente Franco M. Ricci ha presentato l'evento ad una platea selezionata di circa 90 persone. La narrazione è stata affidata a Paolo Lauciani, Docente Fondazione Italiana Sommelier che, attraverso il racconto dei personaggi che hanno reso possibile la realizzazione di questo vino-capolavoro, ne ha tracciato le caratteristiche e le tappe, seguito da una platea palesemente emozionata. Testimoni di eccellenza hanno portato la loro testimonianza e i loro ricordi: Il Consulente Enologo di Tenuta San Guido Graziana Grassini Il Direttore Generale di Tenuta San Guido Carlo Paoli L’Amministratore Delegato di Tenuta San Guido Marchese Alessandro Berlingieri Daniela Scrobogna, Docente della Fondazione Italiana Sommelier, ha avuto l'invidiabile compito di descrivere le annate in degustazione.

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La musica Violin Cello Duo composto da Marta Còsaro al Violino e Rossella Zampiron al Violoncello hanno eseguito i brani che hanno ritmato la narrazione. L'emozione è salita alle stelle. Le due artiste hanno vinto diversi concorsi internazionali, ma soprattutto hanno collaborato con i grandi Gazzelloni, Caballè, Pavarotti, Morricone, Cipriani, Bacalov, Piovani e altri grandi cone Renato Zero, Massimo Ranieri, Adriano Celentano, Laura Pausini, Steve Norman. Per celebrare il Sassicaia sono stati eseguiti i seguenti brani:

Adiemus di Karl Jenkins Only Time di Enya Shallow di Lady Gaga, Bradley Cooper Perfect di Ed Sheeran Gabriel’s Oboe (Mission) di Ennio Morricone A Thousand Years di Christina Perri La Vita è bella di Nicola Piovani

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Sassicaia Cinquanta Vendemmie La presentazione Tante settimane fa seppi dal Marchese Nicolò Incisa della Rocchetta e da Carlo Paoli che era loro desiderio far celebrare qui a Roma, da noi, le 50 vendemmie di Sassicaia. Io non so voi cosa avreste provato In quel momento gioia e i pensieri del come. Riconoscenza e affetto tanto. Consapevolezza. Perchè Sassicaia non è un vino e basta. Un eccelente vino e basta, Sassicaia è l'emozione che abbiamo provato noi che del vino ne abbiamo fatto una Scuola. Il primo vino che faceva onore a servirlo. Che faceva bene vedere la bottiglia. Toccarla, quasi sentire il pericolo di Toccarla. Ti faceva sentire bene a vedere la bottiglia e pensare che quella bottiglia potesse trovarsi in ogni angolo della Terra. E faceva bene a Giugno l'assaggio di 20 vendemmie ed avere accanto Nicolò e Giacomo.

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Ed avere i brividi delle Persone vicine e delle Bottiglie da stappare. E faceva bene pensare di averlo fatto. Di sentire l'affetto di Nicolò e le ironie di Giacomo. Si, Franco chi è quella bella signora in terza fila. voleva parlarci. Un desiderio. Mentre sul tavolo c'erano i venti bicchieri di Sassicaia. Sassicaia è il lusso del vino. La prima parola che abbiamo usato quando nasceva la Scuola, una Scuola che sarebbe diventata negli anni il più grande Centro di Cultura del Vino al mondo. Di Lusso. Sempre insieme a Sassicaia. La certezza della qualità, dell'impegno, della deontologia, della professionalità il Lusso. Ecco, arriva il momento che preferisco della mia vita. Che ho pensato e sognato. Adesso.

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Sassicaia Cinquanta Vendemmie

La narrazione

Non è della storia del Sassicaia che vogliamo parlare, ma dei protagonisti che l’hanno sognato, immaginato, voluto! Ma anche di chi lo ha compreso, primo fra tutti, sancendone il grande successo; di chi lo ha modellato come fosse un blocco di marmo prezioso e, infine, di chi gli ha dedicato tutta la propria vita, tanto da diventarne l’immagine. Stiamo parlando di Mario Incisa della Rocchetta, Luigi Veronelli, Giacomo Tachis e dello straordinario Nicolò Incisa della Rocchetta che, ricevuto il testimone, ha proseguito lungo la strada tracciata, conducendo il Sassicaia al trionfo su tutti i vini del mondo.

A sinistra Enrico Camici

con Federico Tesio. MIDR e S.A.R. Duca di Edimburgo.

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Mario Incisa della Rocchetta Sognatore di un vino alieno dal modello locale, laddove l’abitudine era di berlo già alla fine dell’inverno successivo alla vendemmia. La lungimiranza e la tenacia gli fecero intuire che lo scorrere del tempo ne migliorava la qualità; fu appassionato di cavalli - mitico il suo Ribot - amante della natura, primo presidente del WWF e ideatore della prima oasi naturalistica in Italia. Soprattutto, fu un illuminato uomo di cultura. “Quel vago esperimento”, come il marchese Mario chiamava alla nascita il suo vino, iniziato sulle terrazze nascoste fra boschi di lecci e lentischi, a Castiglioncello, ci lascia intuire il suo carattere dallo humor mordace e caustico (famosi i suoi bozzetti ironici), sarcastico e lucido. Si definiva “normotipo centro-europeo” quando si confrontava con gli eccezionali esemplari maschi e femmine di casa della Gherardesca. Alla sua morte Nicolò Antinori (babbo di Piero) disse: “Aver inventato il Sassicaia giustifica una vita, dà ragione di tutto”.

A sinistra MIDR con Ribot.

Castello della Gherardesca.

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Sassicaia Cinquanta Vendemmie

Luigi Veronelli Nel 1974 Mario Incisa scrisse una lettera e chiese un parere sul suo vino a Luigi Veronelli. Il grande giornalista, colpito dalla straordinarietà di questo vino, dedicò l’intera rubrica, che curava da tempo su Panorama, nel numero del 14 novembre di quell’anno, al Sassicaia 1968. Entusiasta, così descriveva il vino: “Ben vestito e brillante, bouquet fitto e contegnoso in sé, di non comune scontrosa eleganza… nerbo consistente nella stoffa ben strutturata, estasi della mente”. Con queste parole ne decretò il successo! In quella lettera di Mario a Gino Veronelli leggiamo: “… Avevo un ricordo incancellabile del Bordeaux che arrivava in barrique dalla Francia in casa di mio nonno Chigi all’inizio della prima guerra mondiale. Quello stesso bouquet lo ritrovai una decina di anni dopo bevendo a Migliarino, in casa Salviati, un Cabernet che proveniva da una vigna di loro proprietà, a Vecchiano. Quando riuscii ad assaggiare un Margaux del 1924, risentii lo stesso gusto e così mi ripromisi di fare un vino che avesse quella particolarità”. E aggiunse: “Il Sassicaia era esclusivamente il mio vino, poi gli Antinori l’hanno lanciato tra i loro clienti e Lei l’ha fatto conoscere ancor meglio al pubblico in generale. Ormai non lo controllo più, gli Antinori sono troppo competenti, e quindi il mercato conosce ormai questo Sassicaia e io non posso imporre i miei metodi tradizionali. Ora si seguono quelli del loro enologo Giacomo Tachis”.

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Giacomo Tachis Diplomato in Enologia e allievo del grande Emile Peynaud, è stato per trent’anni enologo e direttore della produzione Antinori. Raccontava che, quando arrivò a Bolgheri per la prima volta, aveva soltanto 27 anni e una grande aspettativa su quel vino di cui tutti parlavano, proveniente dall’impianto di vitigni francesi sulle colline di Castiglioncello. Esperimento di un neofita, credeva, per pochi, e da produrre in quantità molto limitate: ma si sbagliava. Così arrivò a San Guido per dare una mano alla messa a punto di questo vino. Tra Giacomo e Mario ci furono scontri e incontri, ma ben presto l’enologo comprese che, in fatto di tecniche di coltivazione e di coltura della vite, il Marchese era più bravo di lui. Mario cercava di fare il vino alla maniera francese, fermentazione in tini aperti, passaggio in barrique di rovere, macerazioni forzatamente brevi. Il primo esame del vino di Castiglioncello Tachis lo fece il 12 novembre del 1971 controllando una quindicina di fusti e riuscendo ad assemblare tre annate - 66, 67, 68 - più qualcosa del 65. Molti furono i contrasti fra Mario e l’enologo: sulla durata dell’invecchiamento, sulle barrique nuove e soprattutto se il vino andasse vinificato in acciaio o nel legno. Mario non ne voleva sapere dell’acciaio e quindi, a mediare tra i due, arrivava il figlio Nicolò, che con la sua pacatezza e la sua serenità riportava la discussione a un tranquillo scambio di vedute.

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Sassicaia Cinquanta Vendemmie

Nicolò Incisa della Rocchetta Uomo schivo e silenzioso, dapprima affiancò il padre nella conduzione dell’azienda, poi ne diventò custode e artefice del successo. Alla morte di Mario aveva 47 anni ed era stato il figlio più vicino al padre. Negli ultimi anni fu chiamato ad affrontare il quotidiano confronto con la sua personalità esorbitante e, forse per contrasto, era cresciuto con un’indole schiva e introversa. Non gli piacciono le parole grosse, gli entusiasmi conclamati; è cauto e riflessivo quanto il padre era impulsivo e decisionista. Grande appassionato di cavalli, conservatore e amante geloso del suo ambiente, non ama la caccia, le auto fuoristrada, le divise da gentiluomo di campagna. S’interessa agli animali e non li considera da parata: la sua preferita è sempre stata una Jack Russell piccola e con un difetto di nascita. Nel 1983, alla morte di Mario, si ritrovò a dover condurre un’azienda dalle dimensioni stratosferiche assediata in tutti i sensi. Dai villaggi turistici che pressavano sui terreni di proprietà alla scuderia che aveva una storia gloriosa alle spalle e che era minacciata da nuovi padroni. Per arrivare al Sassicaia, vino nobile e acclamato, che doveva affrontare il mercato internazionale. Tenendo conto che, per molto tempo, Il Sassicaia fu etichettato come Vino da Tavola: il Paradosso Bolgherese!

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Tenuta San Guido È il risultato di una lunghissima tradizione, di un messaggio etico che si tramanda di generazione in generazione. Quello che Tenuta San Guido insegna alle generazioni presenti e future è la disciplina dell’ascolto della natura, la dottrina secondo la quale, se la natura viene trattata con gentilezza, risponde con generosità. Inoltrarsi nel bosco, salire a Castiglioncello, addentrarsi tra i vigneti è emozione pura! Ripercorrere i passi di Mario fa scattare immediatamente una magia incredibile… sentirsi parte di questo progetto, porre il rispetto della natura e degli animali sopra ogni cosa. Non ci dobbiamo stupire, dunque, se su una superficie di 2.500 ettari gli Incisa hanno scelto di vitarne soltanto un centinaio, secondo suolo, esposizione e microclima ottimali, e di salvaguardare, con zelo e quasi con gelosia i boschi, il padule, la campagna e le olivete secolari. La lungimiranza di Nicolò Incisa, Presidente della Tenuta, ha portato l’azienda a diventare una moderna impresa, che alla tradizione familiare affianca la competenza di manager come il CEO Alessandro Berlingieri, il Direttore Generale Carlo Paoli e le diverse professionalità che qui operano con passione. La famiglia Incisa è oggi alla terza generazione come produttori di vino e la figlia di Nicolò, Priscilla, rappresenta il legame indissolubile tra mito, storia e futuro.

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Sassicaia Cinquanta Vendemmie

Il Sassicaia 1979 Da questa splendida degustazione, densa di emozione, spicca chiaramente che il Sassicaia non è soltanto un grande vino, un mito dell’enologia italiana e mondiale, ma un testimone “silente” di una storia che si snoda attraverso luoghi, uomini ed eventi. Dalle parole del Direttore Carlo Paoli è emersa una lettura diversa del “fenomeno” Sassicaia legata alla Continuità: gli uomini passano, si avvicendano alla conduzione dell’azienda, della cantina e della vigna, ma quel che resta solido capolavoro è lui, il Sassicaia. Intorno a questo vino tutto è in movimento, tutto passa velocemente, ma l’appartenenza al territorio bolgherese, a quelle vigne uniche dove la luce si fonde al bosco, dove i profumi della macchia mediterranea si spengono nella grafite e nella terra bagnata, dove il balsamico offre il braccio a note fruttate di piccoli frutti scuri, non si spegnerà mai! Assaggiando i millesimi scelti per tracciare il lungo percorso di 50 vendemmie, come è accaduto proprio nella nostra degustazione, ci si sente dei semplici spettatori di fronte al fascino che emana questo vino, in tutti i suoi aspetti, non ultimo il fatto che le varie vendemmie si sono dimostrate molto diverse tra di loro, confermando che il Sassicaia “legge” perfettamente l'annata. Tra quelle degustate le migliori sono risultate la 1985, 1997, 2003, 2010, 2013, 2018. Un discorso a parte per la 1979 che ha aperto la degustazione.

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Un vino sgorgato delicatamente da una bottiglia di vetro leggero, verde, quasi trasparente, con in bella mostra un’etichetta di carta pergamena che offriva al nostro tatto la Stella con la Rosa dei Venti in rilievo, essenziale ed elegante. Sfiorare quell’etichetta è stato come aprire il cassetto della nonna, svelare una lettera antica, un ricordo lontano. Nel bicchiere un vino incredibile che dopo 42 anni era ancora in grado di emozionare. Non stanco ma garbato. Un diafano arancio luminoso ci trasporta in un mondo fatto di sfumature, pennellate, profumi di grande ampiezza. Da questo palcoscenico emergono sensazioni balsamiche ancora vive, tabacco mentolato, arancia rossa candita, cardamomo, grafite, china, rabarbaro, legno di cedro, erbe officinale, mallo di noce, in un vortice appagante che si arricchisce nel finale di una netta impronta salmastra. Sigillo che ritroviamo al sorso dove il soffio salino introduce una struttura integra e perfettamente equilibrata. Lo sviluppo gustativo è segnato da decisa freschezza e delicato tannino che si intrecciano alla morbidezza in un amalgama indissolubile. Il finale stenta a spegnersi, alternando a rimandi salmastri, arancia e macchia mediterranea. Di questa annata, arrivata direttamente dall’Azienda, esistono ormai poche bottiglie, ma quello che ha lasciato in tutti i presenti è un sentimento indelebile di amore.

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DUE FUORICLASSE IN SCENA

DUE FUORICLASSE IN SCENA P a o l o

L a u c i a n i

Una leggendaria serata con Château Cheval Blanc e Château d’Yquem

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DUE FUORICLASSE IN SCENA

È stata un’esperienza indimenticabile quella che abbiamo vissuto al Rome Cavalieri lo scorso 29 novembre. Due baluardi dell’enologia mondiale hanno offerto uno spettacolo meraviglioso ai fortunati partecipanti, sfoggiando ogni stilla della loro classe immensa: due sovrani assoluti (e i loro valorosi alfieri) che hanno dimostrato senza ombra di dubbio di essere famosi perché grandissimi e non grandissimi perché famosi. Un incontro, e non certo uno scontro, tra titani, celebrato con tutti i crismi grazie alla preziosa partecipazione di Pierre-Olivier Clouet, Directeur Technique di Cheval Blanc, e dell’italiano Lorenzo Pasquini, Directeur d’Exploitation di Yquem, che, con il loro ispirato racconto, frutto di una consolidata esperienza sul campo, hanno impreziosito una serata semplicemente unica. La rive gauche e la rive droite di Bordeaux si sono magicamente unite per qualche ora, disegnando uno quadro di magiche armonie che ha letteralmente sedotto i sensi di chi ha potuto goderne. Cheval Blanc ha una storia che parte nel 1832, anno in cui Jean-Jacques Ducasse, presidente del Tribunale di Libourne, acquista le parcelle vicine a Château Figeac e costituisce la tenuta. In precedenza il vigneto era conosciuto come Le Barrail de Cailloux Sotto: il Salone allestito a

(la botte di ciottoli), nome ispirato ai suoi suoli di ghiaia, atipici nel comprensorio.

banchi di scuola; il fondale con

L’unione tra Henriette Ducasse, figlia di Jean-Jacques, con Jean-Laussac Fourcaud,

l'immagine di Pierre Olivier

venditore di vini a Libourne, segna l’inizio della modernizzazione della struttura e quello

Clouet, direttore tecnico di

della costruzione di una rete di canali di scolo murati e coperti, unici nel loro genere. Il

Cheval Blanc e la parata delle

vino viene commercializzato con il nome di White Horse nel 1852. Nel 1871 l’azienda

bottiglie in degustazione.

arriva a 41 ettari di vigneti, più o meno le dimensioni odierne.

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Le medaglie in etichetta rappresentano tutti i primi premi ottenuti dal vino nel corso della sua lunga storia: la prima la guadagna in occasione dell’esposizione universale di Parigi del 1878. Nel 1947 Cheval Blanc crea quello che molti degustatori considerano il miglior vino di Bordeaux di tutti i tempi: nel 2015, in un’asta di Christie’s, una sei litri di questa vendemmia leggendaria viene venduta per 304.375 dollari. Nel 1998 Cheval Blanc è acquistato da Bernard Arnault e dal barone Albert Frere per 135 milioni di euro. Pierre Lurton ne diviene il direttore. Nel 2009 il gruppo LVMH acquista le azioni di proprietà di Bernard Arnault. Le voci parlano 15 milioni di euro per ettaro, il che ne farebbe la transazione più costosa nella storia di Bordeaux. Nel 2011, con l’archi-star Christian de Portzamparc, si realizza un’imponente ristrutturazione da 20 milioni di dollari, con la costruzione di una nuova cantina, di una sala di vinificazione e di un’area per la degustazione. Il vigneto (39 ettari con piante in media di 45 anni e sesto d’impianto di 8.000 ceppi/ha),

pur distinto in parcelle, è costituito da un unico blocco. I suoli sono di 3 tipi diversi: il

Pierre Olivier Clouet,

40% è ghiaia su più tipi di argilla, compresa l’argilla blu; il 40% è ghiaia profonda, il 20% è

Massimo Billetto.

argilla sabbiosa. Il mesoclima è leggermente più caldo rispetto alla media di Saint-Emilion,

Al centro Franco M. Ricci

fattore che contribuisce notevolmente a innalzare l’eleganza del Cabernet Franc.

durante la presentazione.

In cantina ci sono 52 vasche curve in cemento a temperatura controllata, di dimensioni

A destra Lorenzo Pasquini,

variabili, che consentono di vinificare separatamente ogni parcella. Dopo la fermentazione,

enologo di Yquem e Cheval

il vino matura 18 mesi in barrique nuove al 100%.

des Andes.

Da sinistra: Paolo Lauciani,

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La degustazione | Château Cheval Blanc Château Quinault l’Enclos 2018 Merlot 71,5%, Cabernet Franc 14,5%, Cabernet Sauvignon 14% - 14° La storia di Château Quinault l’Enclos, proprietà situata nei pressi di Libourne, vicino alla Dordogna, è segnata dalla sua acquisizione nel 2008 da parte del barone Albert Frere e di Bernard Arnault. Insieme, i due rivitalizzano la tenuta e danno il via all’impegnativo progetto di crescita, diretto da Pierre Lurton. Il vigneto si estende oggi su 19 ettari di sabbia e ciottoli misti ad argilla. Le fermentazioni, compresa la malolattica, si svolgono in legno, mentre la maturazione avviene in barrique, nuove al 50%, per 18 mesi. Di colore rubino quasi compatto rivela un prorompente naso di geranio e ciliegia “croccante”, coadiuvati lentamente da una delicata mineralità salmastra. Si percepiscono anche striature di oliva verde e salamoia, nonché un fine accento di tabacco da pipa. Il gusto è saporito e coerente, marcatamente boisé, con un finale ben rifinito e siglato da grande morbidezza. Cheval des Andes 2016 Malbec 58%, Cabernet Sauvignon 37%, Petit Verdot 5% - 13,5° Cheval des Andes è nato da un sogno di Pierre Lurton: seguire il Malbec dalla Francia all’Argentina. Quest’uva, un tempo ampiamente coltivata a Bordeaux, fu portata in Argentina a metà del XIX secolo, prima che in Francia fosse decimata dalla fillossera. Oggi il Malbec che sopravvive a Bordeaux ha radici innestate, mentre le viti nel Nuovo Mondo sono a piede franco. Quando Pierre Lurton scopre lo splendido vigneto di Malbec di Las Compuertas, piantato a Mendoza nel 1929, ne rimane immediatamente affascinato: proprio per questo, nel 1999, Château Cheval Blanc avvia una joint-venture con Terrazas de Los Andes e nasce Cheval des Andes. Il vino è vinificato in piccoli tini di acciaio inox (80 hl), poi maturato per 14 mesi in rovere francese (nuovo al 70%), 2/3 in barrique e 1/3 in botti da 400 litri. Rubino impenetrabile. Al primo impatto, sprigiona un aroma pieno e debordante di frutti rossi di sottobosco, avvolti da un’importante tostatura di cacao, cannella, pepe rosa, tabacco e rabarbaro. Emergono sussurri eterei, di grafite e macchia boschiva. Al gusto, tannino significativo, ben levigato ma imponente; tanta morbidezza, abbraccio caldo e voluttuoso, finale in dialogo serrato tra accenti speziati e controcanto etereo. Le Petit Cheval 2011 Merlot 72%, Cabernet Franc 38% - 13° Maturato per metà in barrique nuove e per metà in barrique di secondo passaggio per 12 mesi. Rubino virante al granato. Olfatto dolce e pungente allo stesso tempo: ribes nero maturo, oltre il quale si scorge una terrosità leggera e ben amalgamata; a seguire accenni ematici, verde di macchia, menta e liquirizia. In bocca, emergono freschezza dinamica e incisiva sapidità, tannino deciso ma compatto, finale spiccatamente balsamico.

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Château Cheval Blanc 2011 Cabernet Franc 57%, Merlot 43%- 14° Rubino con lieve accenno granato. Al naso sbuffi preziosi di amarena, ribes, fragoline di bosco, cacao, cardamomo e maggiorana; a ridosso, finocchietto selvatico e tabacco scuro, pepe nero e rabarbaro, con un’appena percettibile venatura di china. Struttura importante ma dinamica, armonia bilanciata su un tannino ben definito e su una confortante freschezza. Lungo e stuzzicante il finale.

Château Cheval Blanc 1 Cheval Blanc, 33330 Saint-Émilion, Francia Tel. +33 557555555 www.chateau-cheval-blanc.com

Château Cheval Blanc 2010 Cabernet Franc 50%, Merlot 48%, Cabernet Sauvignon 2% - 14,5° Rubino di ottima concentrazione. Opulento fin dal primo approccio, con un naso che è dapprima vegetale e fruttato, poi si arricchisce di note di fungo e corteccia bagnata, spezie dolci e gelatina, cioccolato fondente, pot-pourri e assenzio. La bocca è sontuosa e calda, segnata da grande rotondità e profondità terziaria, con persistenti ritorni di crema di liquirizia, boero e caffè in grani. Château Cheval Blanc 2009 Merlot 55,9%, Cabernet Franc 42,5%, Cabernet Sauvignon 1,6% - 14° Luminosa ed elegantissima veste rubino. Armonia olfattiva floreale e vegetale di oleandro, geranio, eucalipto; gradevoli accenni ematici aprono la strada all’anice stellato, al sottobosco di conifere, al pepe nero, alla noce moscata, alla fragolina di bosco, al karkadè. Gusto in perfetta simmetria e di ridondante finezza: potente ma agilissimo, fresco e dinamico, caldo e avvolgente. Persistenza interminabile. Le Petit Cheval Blanc 2019 Sauvignon Blanc 79%, Sémillon 21% - 13° È un Bordeaux Blanc Sec, frutto della sfida lanciata da Château Cheval Blanc più di 10 anni fa: produrre un ottimo vino bianco su un terroir storicamente rinomato per i suoi rossi. Nasce da un vigneto di 6,6 ha, dove le viti sono piantate su suoli sabbiosi e argillosi. La fermentazione si svolge in tonneau da 600 l e in tini di legno da 15, 20, 25 e 30 hl. I vini invecchiano per 18 mesi prima di essere travasati, stabilizzati, chiarificati e messi in bottiglia. Paglierino tenue e luminosissimo. Apertura floreale di gelsomino, tiglio e ginestra, decorati di sale marino e brezza erbacea di salvia, rosmarino e foglia di pomodoro. Chiude con accenni tropicali di mango e ananas, lime, cedro fresco. In bocca è coinvolgente per coerenza e la pulizia: sapidità e freschezza imponenti, grande equilibrio, persistenza entusiasmante.

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DUE FUORICLASSE IN SCENA

Yquem apparteneva a Eleanor, Duchessa d’Aquitania. Passa

di Bordeaux e il Conseil Interprofessionel du Vin de Bordeaux e

sotto il dominio della corona francese nel 1137, in seguito al

diventa Presidente dell’Union des Syndicats de Sauternes. È anche

suo matrimonio con il principe Louis Capet, futuro re Luigi

l’ideatore dell’ “Y”. Nel 1968 Bertrand muore e Yquem passa al

VII. Il matrimonio dura 15 anni e termina con l’annullamento

nipote Alexandre de Lur-Saluces. Alla fine del XX sec., alcune

di Papa Eugenio III per adulterio. Eleanor sposa quindi Enrico

dispute familiari fanno arrivare le quote di maggioranza nelle

Plantageneto, che diviene re Enrico II d’Inghilterra nel 1154

mani di Bernard Arnoult, capo del gruppo LVMH. Alexandre

e, fino alla fine della Guerra dei Cent’Anni nel 1453, Château

rimane al timone di Yquem fino al 2004, poi le redini passano a

d’Yquem rimane britannico. Tornato sotto il controllo francese,

Pierre Lurton, già direttore di Cheval Blanc.

nel 1593 passa nelle mani della famiglia Sauvage d’Yquem, che

Il vigneto (oltre 100 ha), a corpo unico e con piante dell’età

detiene la proprietà fino al XVIII secolo e crea la reputazione

media di 80 anni piantate con una densità di 7.000 ceppi/

del vino. Nel 1785 si lega alla famiglia Lur Saluces, proprietaria

ha, si trova su un altopiano (70 m slm) e sul suo versante che

di Château de Fargues, grazie al matrimonio di Françoise-

scende verso la Garonna (esposto al vento dell’est). I terreni sono

Josephine Sauvage d’Yquem con il conte Louis Amédée de Lur-

variabili, data la vastità della tenuta, a cavallo tra la terrazza alta

Saluces. Come tutte le famiglie nobili, essi perdono tutto a causa

e quella media del comprensorio; c’è molta argilla (alta fino a 9

della Rivoluzione, anche se in questo caso non le loro teste.

m), fattore che richiese l’installazione di canali per il drenaggio

Così Françoise-Josephine è in grado di riprendere il controllo

artificiale nel 1870.

di ciò che le era stato tolto. All’inizio del XX sec. emerge la

Il vino fermenta in barrique nuove e vi matura per 36 mesi. La

figura di Bertrand de Lur-Saluces. Egli fonda l’Académie du Vin

resa media è di 9 hl/ha.


La degustazione | Château d’ Yquem “Y” 2018 Sauvignon Blanc 75%, Sémillon 25% Bordeaux Blanc Sec maturato in barrique, nuove per un terzo, per circa 10 mesi. Proviene dagli stessi filari di Château d’Yquem. Alcuni appezzamenti di Sauvignon vengono “alleggeriti” all’inizio della vendemmia di pochi grappoli perfettamente maturi. Questa raccolta è completata da acini di Sémillon vendemmiati quando la Botrytis inizia a colonizzarli. Oro chiaro. Naso vibrante, dapprima leggiadro e floreale (caprifoglio), poi integrato da pesca bianca e frutto della passione, fiore di limone e pompelmo, il tutto leggermente speziato e affumicato. Sorso agile e appena “ceroso”, purificato da una tonica freschezza e da una grande salinità. Il finale è lungo, fine e preciso. Château d’ Yquem 2017 Sémillon 80%, Sauvignon Blanc 20% Oro antico. Ha un profumo meraviglioso di acacia e ginestra, pesca gialla, sorbetto all’arancia, cera d’api e un tocco di pietrisco. Bocca coerente e bilanciata, sontuosa di dolcezza e rotondità, perfettamente sorretta da freschezza marcata e mineralità assai ben gestita. Giovane, ma occhieggiante all’eternità. Château d’ Yquem 2007 Sémillon 80%, Sauvignon Blanc 20% Ambrato luminosissimo. Il naso, inizialmente sobrio, si apre con una lenta e inesorabile progressione, offrendo miele, acacia, pera sciroppata e, in poderoso crescendo aromatico, fiori di melo, resina di gomma, tintura di iodio, tè, ambra e spezie orientali. Al palato ha un ingresso cremoso, puro ed euritmico, al quale fanno seguito straordinari ritorni di miele, frutta matura, risacca e zafferano che danno un senso tangibile di vitalità ed energia.

Château d'Yquem 33 210 Sauternes - Francia www.yquem.fr

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Bibenda 87 duemilaventuno

P a o l o

IL GUSTO AMARO NEL VINO

A u r e l i

IL GUSTO AMARO NEL VINO 26


Si sa ma non si dice: il sapore amaro che si riscontra in diversi alimenti è quasi sempre, o comunque spesso, un'espressione di qualità. Ci si interroga sul perché quando si tratta di vino, questo termine venga considerato quasi un tabù. 27


Bibenda 87 duemilaventuno

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IL GUSTO AMARO NEL VINO

Tutte le volte che si sente parlare delle caratteristiche del vino, sor-

ne di descrivere sommariamente in un precedente numero di

prende e incuriosisce il fatto che l'esperto di turno non citi nella

questa rivista (Aureli, Bibenda n 76) i vari sapori (tastants= so-

sua lezione/presentazione il descrittore “amaro” tra le possibili ca-

stanze chimiche in grado di evocare i 5 gusti primari) sono rico-

ratteristiche gustative di un vino. Eppure, quando nelle prime le-

nosciuti da fasci di circa 100 cellule dei ricettori dei 5 gusti pri-

zioni dei corsi per degustatori amatoriali/sommelier si parla dell'a-

mari riunite a costituire le gemme/bottoni gustative/i. Queste

cino dell'uva, della composizione del mosto o altro si sottolinea la

sono presenti sulle papille gustative, distribuite in tutta la cavità

presenza rilevante dei polifenoli e, in particolare, dei tannini che

orale, in particolare nella lingua e palato molle e, in minor misu-

notoriamente sono anche amari. Anche se tra i criteri di valuta-

ra, nell’epiglottide, nella laringe e nel faringe. Più precisamente,

zione di un vino si parla di tannicità (precisamente il temine uti-

le gemme/bottoni gustative/i sono veicolate da tre distinte pa-

lizzato è tannini) addirittura in termini quali/quantitativi, il com-

pille, denominate, in base alla forma: papille fungiformi, pa-

mento più diffuso dei docenti o dei

pille foliate e papille circumvallate

conduttori di degustazioni si focalizza

o vallate, distribuite in modo non

solo sugli effetti con cui si manifesta/

uniforme sulla superficie della lin-

esprime l'astringenza ma nulla vien

gua. Le papille circumvallate, gene-

detto sulla possibile presenza anche

ralmente in numero di 8-15, sono

del gusto amaro. E anche quando in

strutture a forma troncoconica con

alcune degustazioni qualche parteci-

la parte più piccola posta nel fon-

pante crede di rilevare una nota ama-

do di una depressione circolare e la

ra, l'interlocutore al quale è segnalata

più ampia emergente sulla superfi-

si sente rispondere di non percepirla

cie della lingua. Esse sono disposte

o al più di avvertire qualcosa riferibi-

a V rovesciata sulla parte mediana

le come nota di mandorla, di arancio

della radice della lingua, separate

amaro, di cioccolato amaro, di profumi di erbe amare etc. E dire

dalla parete della depressione da un solco. Sulle pareti delle pa-

che il gusto amaro è percepibile a concentrazioni molto più basse

pille sono localizzate approssimativamente 250 gemme/bottoni

di quelle necessarie per tutti gli altri gusti! È cosi che prende corpo

gustative/i, stimolate soprattutto dal sapore amaro.

nella mente di chi partecipa a degustazioni guidate o a corsi di

Si ricorda che tutte le gemme/bottoni gustative/i delle varie

degustazione l'interrogativo sulla possibile presenza dell'amaro nel

regioni della cavità orale sono in grado di percepire i 5 stimoli

vino, sulla possibilità di essere diffusamente percepito e sul signifi-

gustativi primari. Pertanto, non esistono aree della lingua

cato/valore da attribuire al suo riscontro. Forte di un insegnamen-

specializzate al riconoscimento dei gusti. Tuttavia, la sensibilità

to ricevuto (un mio stimato docente mi ripeteva spesso “il dubbio

delle gemme gustative agli stimoli del gusto varia ampiamente

è la molla della conoscenza”) mi sono messo a caccia delle risposte

e dipende dal tipo di papille che le veicolano e dalla regione

a questi interrogativi con l'obiettivo di chiarire i dubbi sull'amaro

della cavità orale in cui le gemme/bottoni sono ospitate/i. Ogni

nel vino anche a tutti quelli che si pongono simili interrogativi.

gemma gustativa presenta un singolo foro apicale (la forma

L'amaro è uno dei componenti del gusto; a sua volta esso è uno

del carciofo ben illustra la situazione) dal quale fuoriescono

dei due componenti del sistema sensoriale, (l’altro è l’olfatto),

i microvilli delle 60-100 cellule ricettoriali che così possono

considerati “chimici” in quanto la stimolazione ricettoriale av-

entrare in contatto diretto con i tastants, disciolti nella saliva

viene mediante sostanze chimiche. Come ho già avuto occasio-

presente nella cavità orale, non appena assumiamo un alimento.


Oggi sappiamo che il gusto amaro è riconosciuto da circa una trentina di ricettori accoppiati ad una ampia e particolare famiglia di proteine che funzionano da trasduttori del segnale chimico in segnale elettrico (neurotrasmissione) per le fibre nervose. Non è però ancora chiaro come un numero così piccolo di ricettori sia in grado di riconoscere un grande numero di composti amari naturali. Si è, però accertato che 3 ricettori sono in grado di riconoscere il 50% delle sostanze amare (ricettori universali) mentre gli altri sembrano avere un ruolo d’identificazione più specialistico. Si è ipotizzato che la sensazione dell’amaro si è evoluta proprio per permettere il riconoscimento di un ampio spettro di composti chimici, ma non necessariamente di distinguerli uno dall’altro. Come per gli altri 4 gusti primari, anche per il sapore amaro la sensibilità varia tra gli individui a causa della diversa densità delle papille gustative e del numero di terminazioni nervose somatosensoriali. Queste differenze sono essenzialmente legate all’eredità genetica, allo stato di salute, all’ambiente, all’età, al sesso Per questa ragione la percezione del gusto amaro è diversa da soggetto a soggetto passando da una modesta percezione

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Bibenda 87 duemilaventuno

IL GUSTO AMARO NEL VINO

ad una elevata sensibilità (ipergeusia). Si stima che circa il 5-25% della popolazione ha rispettivamente completa incapacità (ageusia) o parziale capacità (ipogeusia) percettiva per il gusto amaro. In particolare, gli assaggiatori/degustatori che hanno una più intensa produzione di saliva percepiscono più lentamente e con minore intensità il gusto amaro rispetto ai soggetti che ne producono poca. In ogni caso ci vogliono circa 15 secondi perché un assaggiatore avverta l’amaro alla massima intensità. Nel vino, il gusto amaro è dovuto principalmente alla specifica composizione fenolica che a sua volta deriva direttamente da quella delle uve e da quella dei legni delle botti. In generale, il contenuto di polifenoli dei vini rossi è circa dieci volte maggiore di quello dei vini bianchi. I composti fenolici o polifenoli sono estratti durante la vinificazione ed evolvono durante la maturazione (elevage du vin) e l’invecchiamento conferendo al vino una particolare sensazione gradevole detta di “rotondità”. Vari fattori influenzano la concentrazione di fenoli nell'uva (e quindi di conseguenza quella del vino), e precisamente: la cultivar, la regione (le regioni più fredde favoriscono una concentrazione di fenolo più elevata nelle uve) e il grado di maturazione delle uve. Se i raspi vengono rimossi e i vinaccioli non vengono danneggiati durante la pigiatura, i fenoli sono principalmente estratti dalle bucce durante la vinificazione. Anche la tecnica di vinificazione, (ad es. temperatura delle uve durante la pigiatura, tempo di contatto del mosto con la buccia, maturazione in botte etc.), ha un'influenza diretta sulla concentrazione e sul tipo di fenoli che si ritrovano nel vino I polifenoli sono una grande ed eterogenea famiglia di sostanze responsabili di gran parte degli attributi sensoriali del vino e, in particolare in quello rosso, del colore, del sapore dell’odore, dell’astringenza, dell’amaro e della stabilità ossidativa. I polifenoli sono, generalmente, suddivisi in due grandi gruppi:1) quello dei fenoli non flavonoidi presenti soprattutto nella polpa dell’uva e 2) quello dei fenoli flavonoidi presenti, invece, nei raspi, nei vinaccioli e nelle bucce. Il primo gruppo comprende gli acidi fenolici, suddivisi a loro volta in due classi: quella dei derivati dell’acido benzoico (ad esempio acido gallico, acido tannico etc.) e quella dei derivati dell’acido idrossicinnamico (ad esempio acido cumarico, ferulico etc,) e gli stilbeni. II secondo gruppo, invece, comprende diverse classi di composti e, precisamente, i flavoni, i flavonoli, i flavanoli (o flavan-3-oli comprendenti i tannini condensati, detti proantocianidine quelli delle bucce e procianidine quelli dei vinaccioli), i flavanoni, i flavanonoli e gli antociani. Tra i composti del gruppo fenoli flavonoidi, i più abbondanti rappresentanti sono i flavan-3-oli (o flavanoli) e gli antociani. Alla classe dei flavanoli appartengono i tannini condensati (sia oligomeri sia polimeri, cioè composti di unità flavan-3-olo legate l’una all’altra a formare catene più o meno lunghe). Si distinguono dai tannini idrolizzabili presenti nel vino per l’origine: questi ultimi, infatti, provengono per lo più dalle botti in cui il vino viene conservato o dai tannini cosidetti enologici che vengono addizionati nel 30


corso della vinificazione con varie finalità tecnologiche. I tannini

mentre I vini rossi più vecchi contengono più fenoli polimerizzati

condensati, invece, si ritrovano nel vino a seguito di estrazione dai

(polimeri da 8 a 10 o più unità) e il loro gusto è descritto

raspi, vinaccioli e bucce durante tutto il ciclo della vinificazione.

come "morbido/vellutato" (meno amaro e prevalentemente

I polifenoli e, in particolare, i flavan-3-oli/tannini condensati

astringente). I polifenoli subiscono profonde trasformazioni;

sono responsabili sia dell’astringenza che del gusto amaro. E la

in particolare, l’incorporazione di ossigeno durante la

duplice veste di questi importanti componenti del vino può far si

fermentazione e la maturazione accelera la polimerizzazione dei

che la percezione di uno confonda il riscontro dell’altro. C’è una

fenoli, con conseguente precipitazione dei polimeri, causando

diffusa opinione secondo cui i polimeri dei tannini condensati

una diminuzione dell'amaro e dell'astringenza nel vino. Si

siano responsabili dell’astringenza del vino mentre i monomeri

ricorda che i tannini possono essere rimossi dal vino mediante

causino l’amaro. In altre parole, i tannini più piccoli sono più

l'applicazione di agenti chiarificanti; quelli proteici, quali ad es.

amari e meno astringenti, mentre quelli più grandi sono più

albume d'uovo, gelatina, caseina e colla di pesce, possono essere

astringenti e meno amari. Questo vuol dire che tra i monomeri

usati selettivamente per ridurre l'amaro e l'astringenza. Invece, si

prevale l’amaro sull’ astringenza; e man mano che i monomeri

ricorre all’uso del polivinil polipirrolidone (PVPP) che assorbe

polimerizzano (aumento quindi della massa molecolare)

selettivamente i composti fenolici più piccoli e quindi i fenoli

aumenta l'astringenza sull’amaro. Per questa ragione, i giovani

più amari. Oggi, malgrado i notevoli progressi fatti dalla chimica

vini rossi, che contengono una maggiore quantità di piccoli

del vino, che ci hanno permesso d’identificare e quantificare un

oligomeri (flavonoidi con meno di 4 unità, principalmente di-

grandissimo numero di composti e comprenderne il significato,

e trimeri), sono qualificati come "duri" (amari e astringenti).

non siamo ancora riusciti a stabilire a livello molecolare gli 31


Bibenda 87 duemilaventuno

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IL GUSTO AMARO NEL VINO

induttori chiave dell’amaro. E questo è dovuto alla complessità

bianco. Questo dato può essere di rilievo negli spumanti, in cui

dei fattori del gusto che vengono chiamati in causa e soprattutto

la sua concentrazione aumenta durante la presa di spuma.

alla complessità di una matrice come il vino.

• la presenza di piccolissime quantità di oli vegetali generalmente

Altri fattori concorrono alla presenza del gusto amaro nel vino, tra questi.

non presenti nel vino, se non quando si esercita una eccessiva

• la eccessiva estrazione di flavonoidi durante la macerazione che

pigiatura dell'uva che potrebbe rompere i vinaccioli liberando oli

causa una leggera nota amara nel moscato bianco

vegetali. L'acido linoleico e linolenico presenti allora nel mosto

• l'elevata concentrazione di acido caftarico al quale attribuire la

possono essere ossidati dalle lipossigenasi dell'uva, attivate durante

tipica leggera nota amara del Riesling

la pigiatura, facilitando la formazione di trans-2-esenale e cis-2-

• il modesto contenuto di flavonoidi dei vini bianchi,che pur

esenolo cui si devono odori erbacei ma anche sapori amari.

contribuendo al loro aromai possono, attraverso l'azione di flava-

• i lignali ceduti dal legno di rovere al vino. È noto da tempo che

noli come il flavanone glicoside naringina, contribuire all'amaro

le botti, un tempo, fatte artigianalmente con il legno di castagno,

caratteristico in vini ottenuto da culltivar Riesling e Silvaner

davano uno sgradevole sapore amaro. Qualche anno fa si è

• il contenuto di circa 25 mg/litro di tirosolo (un acido fenolico

scoperto che anche le botti nuove di rovere (le barriques) utlizzate

generato dal lievito) potrebbe contribuire all'amaro nel vino

nell'affinamento del vino potevano conferire un sapore amaro,


invece, dell'auspicato gusto morbido. Questo effetto era dovuto alla presenza di lignani e, in particolare, di uno dei 9 composti ceduti dalla botte al vino: il (+)lioniresinolo. • la marcata sintesi degli antociani, causata da temperature diurne calde(20-25°C)e da notti fresche (10-15°C) è indesiderabile in alcune cultivar a bacca bianca come ad esempio il Riesling poiche i relativi vini presentano un gusto piu amaro del desiderato • l'attività microbica di varie specie di batteri lattici, quali certi ceppi di Oenococcus oeni, Pediococcus parvulus e, in particolare, il Bacillus amaracrylus che in vini rossi con un elevata quantità di sostanze azotate, bassa acidità totale ma sopratutto alto contenuto di glicerina degradano proprio quest'ultima con formazione di acroleina che a sua volta si combina con i tannini e gli antociani per formare disgustose sostanze amare. Poiché i ricettori del gusto amaro sono collegati a quelli del gusto dolce e i meccanismi di trasduzione di entrambi sono quasi identici è relativamente facile mascherare la presenza di sostanze dal gusto amaro. Lo stile di vita delle generazioni succedutesi nella popolazione del nostro Paese negli ultimi 75 anni e le migliori condizioni di vita hanno favorito l'avvicinarsi a culture enogastronomiche assai diverse con l’accettazione di gusti, quali l’acido e l’amaro, un tempo categoricamente rifiutati dalla quasi totalità dei consumatori nostrani perché associati al deterioramento e/o alla pericolosità dell’alimento e dell’ingrediente alimentare che li esprimevano. In particolare, l’avversione all’amaro è stata tramandata nell’uomo di generazione in generazione dalla necessità di proteggere l’individuo dall’ingestione di sostanze tossiche che spesso sono amare. Si tratta di una avversione innata come testimonia la stereotipata risposta di rigetto del neonato indicativa del forte fastidio quando viene a contatto con tale sapore. Per la verità, ingredienti amari sia di origine animale che vegetale sono da tempo immemorabile presenti nella cucina italiana oltre ai classici caffe, te e cacao. Sono noti piatti tipici di diverse cucine regionali a base o con ingredienti di origine animale (ad esempio frattaglie, in particolare fegato e rene; alcuni tipi di formaggio in primis quelli erborinati) ma sopratutto di origine vegetale (diverse specie del genere Chicorium tra cui la cicoria coltivata o selvatica, il radicchio, l'indivia, la rucola; piante aromatiche e spezie quali chiodo di garofano, timo, maggiorana, rosmarino, dragoncello, alloro, ruta, salvia, liquirizia etc; frutta quale pompelmo, arancio, mandarini, lime; estratti di piante quali china, artemisia, genziana, arancio amaro, carciofo, ginepro, luppolo etc). Oggi, l’amaro è abbastanza apprezzato e, talvolta, addirittura cercato all'insegna del bitter is better. In questo, un ruolo importante sembra essere stato giocato dal progresso scientifico che hanno permesso di riconoscere le proprietà funzionali di numerosissimi componenti degli alimenti (in primis i polifenoli, tutti amari) e, in particolare, di quelli dei vegetali dallo 33


Bibenda 87 duemilaventuno

IL GUSTO AMARO NEL VINO

spiccato gusto amaro. La conseguente divulgazione di questi risultati attraverso i media a strati sempre più ampi di consumatori ha concorso al cambiamento della visione negativa su ciò che esprime l’amaro. Si pensi al cioccolato, per decenni emblema del dolce, è oggi nella versione amara un gettonato componente di quella classe di alimenti al cui consumo la scienza sta riconoscendo di poter svolgere un ruolo importante sulla salute attraverso la riduzione del rischio di contrarre certe importanti malattie per le loro proprietà antiossidanti. E come dimenticare, tra gli alimenti ricchi di polifenoli, il vino, in particolare il rosso. Infatti la voce popolare ha denominato certi vitigni/vini ■

Il cioccolato, per decenni

famosi e ampiamente consumati utilizzando il vocabolo amaro nella radice dei loro

emblema del dolce, è oggi

nomi! Anche tra le bevande alcoliche c’è stata una evoluzione nei gusti dei consumatori

nella versione amara un

che ha finito per favorire ai nostri giorni l’offerta di una estesa gamma di quella classe

gettonato componente di

di vini liquorosi correntemente noti con il nome di amari.

quella classe di alimenti al cui consumo la scienza sta

Tenuto presente che dei 5 sensi con cui interagiamo con l'ambiente, l'amaro è, come noto,

riconoscendo di poter

uno dei componenti del gusto mentre l'astringenza è considerata una componente del

svolgere un ruolo importante

tatto data la riconosciuta capacità di evocare sensazioni tattili (l'American Society for Testing

sulla salute.

and Materials, ASTM, definisce l'astringenza “the complex of sensations due to shrinking, drowing or puckering of the epithelium as a result of exposure to substances such as alums or tannins”= il complesso delle sensazioni dovute alla contrazione, asciugamento/secchezza o al raggrinzimento dell'epitelio a seguito dell'esposizione a sostanze come l'allume o i tannini) questo fatto permette di distinguere nettamente i due stimoli. Assodato che nella popolazione sono presenti soggetti con diversa sensibilità all'amaro, che nel vino possono essere presenti composti chimici in grado di esprimerlo e, infine, che l'amaro nel vino può esser presente, resta da confermare se in degustazione risulta percettibile e distinguibile dall'astringenza e, in caso positivo, se può essere più o meno accettabile nelle varie tipologie di vino (giovane o stagionato; fermo o frizzante; bianco, rosato o rosso). L'amaro può essere presente e percettibile nel vino, più in quello giovane che in quello stagionato, afferma l'enologo dott. Cagnazzo, Sono soprattutto i vini da cultivar aromatici a bacca bianca e rossa quelli in cui si può riscontrare il gusto amaro, continua l'enologo Cagnazzo. La frequentazione di un valido e approfondito corso per assaggiatori consente al degustatore/sommelier amatoriale di riconoscere la presenza dell'amaro nel vino, e di distinguerlo dall'astringenza continua il dott. Cagnazzo. A suo giudizio la presenza dell'amaro rappresenta un difetto per il prodotto che l'esprime tanto più grave e inaccettabile quanto più elevato è il valore commerciale del vino Questa opinione è condivisa da diversi altri esperti del settore. Tuttavia, in tempi recenti c'è stata una parziale apertura per il gusto amaro considerandolo accettabile nel vino purché la sua percezione risulti assai lieve.

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l’Oliol’Olio è l’Olio è

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Bibenda 87 duemilaventuno

IN VIAGGIO CON L’ENOLOGO UMBERTO TROMBELLI

IN VIAGGIO CON L’ENOLOGO UMBERTO TROMBELLI F r a n c e s c a

R a g o n e

“L'enologo riveste nei confronti del vino il ruolo che un accordatore ha per l'organo: quanto più le corde sono di qualità e quanto più delicata e sensibile è la mano del tecnico che le registra, tanto più armonico e piacevole ne risulterà il suono”. Giacomo Tachis

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Bibenda 87 duemilaventuno

IN VIAGGIO CON L’ENOLOGO UMBERTO TROMBELLI

Esperienza differente con la presentazione di varie aziende, tutte curate da un esponente dello star system dell’enologia italiana, Umberto Trombelli, allievo del maestro Giacomo Tachis e vincitore dell’Oscar del Vino 2018 della Fondazione Italiana Sommelier come Miglior Enologo, che in questa giornata ci porterà in viaggio lungo lo stivale, traversando il mare, alla scoperta dei suoi gioielli enologici. Esordio pieno di speranza, con l’augurio rivolto all’uditorio, che questo incontro possa essere un viatico per ritornare alla normalità. Veneto, Marche, Sardegna e Toscana, i territori toccati dalla mano dell’enologo, che tratta la materia con rigoroso approccio scientifico, in linea con l’insegnamento di Tachis, per il quale l’enologia è una scienza estremamente accurata, che prima di ogni altra cosa deve donare ai vini onestà, che si ottiene solo attraverso il rapporto diretto con il territorio, circolando tra i vigneti e interpretando l’uva. La parola passa subito ai produttori presenti in sala, a cominciare dal Barone Bassetti proprietario del Castello di Roncade, azienda veneta alle porte di Treviso con sede in una Villa veneta del 1500, con il quale l’enologo collabora da lungo tempo. Unica villa pre palladiana ancora cinta da mura medievali sovrastate da maestosi merli, sorge al centro della città di Roncade, immersa nella campagna veneta tra Treviso e Venezia, circondata da un fossato e da vigneti. Il progetto fu curato dall’architetto Mauro Coducci, famoso per il campanile di Piazza San Marco a Venezia. Verso la fine del 1800 il ramo veneziano dei Giustinian si estinse e il Castello venne acquisito dalla famiglia ■

Nella foto il giovane

Ciani Bassetti. Centodieci ettari vitati, con un terroir caratterizzato da un microclima

Umberto Trombelli ritratto con

con scarse precipitazioni e da uno strato di caranto a pochi centimetri di profondità,

il suo maestro Giacomo Tachis

condizioni che permettono di produrre vini di grande carattere, Prosecco, Pinot Grigio, Raboso Veronese, Villa Giustinian, uno dei primi tagli bordolesi d’Italia e Manzoni Bianco, vino autoctono dell’area trevigiana, proveniente in epoca post fillossera come sperimentazione ad opera del Prof. Manzoni, allora preside della Scuola di Conegliano, che cominciò a studiare cloni che fossero abbastanza resistenti, alla fine rintracciati in un interessante incrocio tra Pinot Bianco e Riesling Renano. Dal nord si scende in centro alla volta delle Marche, dove a Fano ha sede Tenute Urani, realtà neofita gestita da due fratelli che hanno un’occupazione primaria e che, come seconda attività, hanno scelto di occuparsi dell’azienda ereditata dalla famiglia. Zona tipica dei Colli Pesaresi per la produzione di Bianchello, Malvasia, Sangiovese, Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc e Chardonnay. È il momento di poggiare i piedi in Sardegna, isola dalla bellezza ancora selvaggia e incontaminata, dove il presidente Antonello Serra presenta le Cantine Paùli’s, ex cooperativa sociale di Monserrato tra le più antiche d’Italia. Fondata nel 1924, situata vicino a Cagliari, inizialmente era vastissima, ma in seguito fu drasticamente ridotta e completamente trasformata, fino a diventare oggi una realtà aziendale, seguita dall’enologo dal 2019, con lo scopo di raggiungere un livello qualitativo superiore

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attraverso un’attenta selezione delle

affascinanti note balsamiche, salmastre

uve e una vinificazione controllata,

e selvatiche, unicamente sarde. Il

secondo un progetto di valorizzazione

viaggio termina in Toscana, alla

dei territori e delle varietà tipiche di

Fattoria della Talosa di proprietà della

Vermentino, Cannonau, Monica e

famiglia Jacorossi dal 1972; fondata da

Nuragus. Si tratta di tutti vini con

un noto imprenditore romano che da

precise peculiarità isolane, derivate da sole, luce, vento e macchia

anni si avvale delle costanti consulenze di Trombelli. In una tra

selvatica, che attraggono molto l’enologo: ne è un esempio anche

le più belle zone di Montepulciano, a Pietrose, vengono coltivate

la successiva azienda vinicola Bacchera, situata a Nuxis nella

uve di Sangiovese ad un’altitudine di 350-400 metri sopra il

preziosa area del Sulcis, territorio molto amato da Trombelli,

livello del mare, con esposizione sud-ovest, su suoli di medio

tanto quanto dal suo predecessore, che lo scelse come luogo dove

impasto tufaceo, sabbioso e argilloso, di origine pliocenica,

trascorrere l’ultimo periodo della sua vita e per l’amato vitigno

che danno origine a vini eccezionali. Nel caso toscano, molto

a piede franco nelle sabbie, di cui scriveva: “Il Carignano è un

importante è il momento giusto di raccolta delle uve, poiché

vino eccezionale perché la pianta dalla quale deriva ha sofferto la

in cantina sarebbe già troppo tardi per rimediare ad eventuali

sete, il caldo, il vento e forse anche un po’ di fame. Secondo Peynaud,

difetti. Anche l’uso ponderato del legno è molto significativo,

infatti, la pianta che soffre leggermente dà sempre un vino migliore.

si lavora su piccole partite di vino che vanno subito in legno,

La vigna produce non più di 40-50 quintali per ettaro: meno di un

per fissare il colore. La cantina di origini etrusche, situata nel

chilo per pianta, proprio come i grandi Chateaux. Ricca di storia di

centro storico di Montepulciano, è scavata nella roccia tufacea

dominazioni straniere, dai Fenici ai Punici, ai Romani e agli Arabi,

nei sotterranei di due tra i più antichi palazzi della città, Tarugi

l'isola di Sant'Antioco costituisce un piccolo paradiso dell'enologia

e Sinatti. Ambiente suggestivo composto da un susseguirsi di

mediterranea.”. In questo luogo la varietà di Carignano esprime

gallerie interamente costruite in mattoni, intervallate da nicchie,

potenzialità completamente diverse, conferendo ai vini

dove dimorano grandi botti di rovere, anche molto vecchie. 39


I VINI CASTELLO DI RONCADE Via Roma, 141 31056 Roncade TV www.castellodironcade.com Manzoni Bianco 2020 Bianco Igt - Incrocio Manzoni 6.0.13 Gr. 12,5 % - € 8 Esprime carattere aromatico con ottima spinta acida. Verdolino trasparente, fiori di campo, acacia, banana, bel bouquet aromatico. Palato elegante, bella spinta fresca. Chiusura saporosa con ritorno gustolfattivo fruttato. Lungo.

Villa Giustinian Rosso 2018 Rosso Igt - Cabernet Sauvignon 30 % Cabernet Franc 10 % - Merlot 50 % - a.v. Gr. 13,5 % - € 18 Rubino intenso. Note piraziniche evidenti ma non verdi, bosso, cenere, grafite, soffio balsamico di menta ed eucalipto, bouquet aromatico di timo e alloro. Palato sapido con sferzante spinta acida, tannini ordinati magistralmente. Vino elegante e longevo.

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TENUTE URANI DI FANO Via San Cesareo, 41 61032 Fano PU Écle Bianco 2019 Bianco Doc - Biancame 60 % - Chardonnay 40 % - Gr. 13,5 % - € 24 Paglierino brillante. Frutta a polpa bianca, impronta speziata di legno, vaniglia, pepe bianco, cipria. Palato morbido e sapido, sensibile spina dorsale acida. Vino giovane ma già con una bella lunghezza. Fa vinificazione in acciaio e parziale fermentazione in legno, cui segue un affinamento in terracotta dell’Impruneta, una terra leggera ottima per la microssigenazione. Corrado Rosso 2018 Rosso Igt – Sangiovese 70 % - Cabernet Franc 20 % - Merlot 10 % - Gr. 14 % - € 30 Rubino splendente. Frutta matura, sottobosco, grafite, lieve tostatura. Palato fresco, sapido, importante gestione dei tannini che ha portato a una straordinaria maturazione fenolica. Vino potente e vigoroso, l’affinamento del Cabernet Franc in terracotta ha attenuato moltissimo il tenore delle pirazine, facendo emergere maggiormente la dote fruttata.

CANTINE PAÙLI’S MONSERRATO Via Giulio Cesare, 2 09042 Monserrato CA Tel. 070 560301 Isola dei Nuraghi 6 Luglio 2019 Bianco Igt - Vermentino - Nuragus Moscato Gr. 12,5 % Sole nel calice. Il Moscato scalpita, attenuato dall’impronta verde di macchia, frutta a polpa gialla e delicate note agrumate introducono un palato dinamico, sapido quasi salato. Vino di grande personalità.

Monica di Sardegna Superiore Chea Serosa 2019 Rosso Doc - Monica 100 % - Gr. 14 % Vitigno ancora poco conosciuto ma dalle grandiosi potenzialità, si presenta in una veste rubino trasparente. Il naso è leggiadro, centrato su note floreali di rosa selvatica, piccoli e preziosi frutti rossi, tabacco rosa. Palato di seta, snello e agile, eccezionale sapidità con ritorno gustolfattivo di arancia rossa. Tannini morbidi e delicati. Vino equilibrato e fine.


FATTORIA DELLA TALOSA Via Talosa, 8 53045 Montepulciano SI www.talosa.it Vino Nobile di Montepulciano Riserva 2015 Rosso Docg - Sangiovese 100 % Gr. 14,5 % - € 30 Rubino cupo. Viola appassita, muschio, felce, resina, bacche di ginepro, note ferrose, china, chiodi di garofano. Palato rotondo, poderoso. Fresco con lungo ritorno sapido. Vino Nobile di Montepulciano Riserva 2016 Rosso Docg - Sangiovese 100 % Gr. 14,5 % - € 25 Rubino con riflessi granato. Note scure di amarena, ribes, sentori terrosi e di sottobosco, tocco speziato di tabacco, afflati mentolati. Palato elegante carezzato da sottile trama tannica, sapido e fresco.

AZIENDA VINICOLA BACCHERA Via Miniere, 9 09010 Nuxis SU Carignano del Sulcis Bacchera 2019 Rosso Doc - Carignano 100 % Gr. 13,5 % - € 20 Rubino trasparente, note fruttate di prugna e vegetali di mirto, frutta secca, soffio balsamico sardo. Sorso pieno e succoso con finale morbido. Carignano del Sulcis Coru Mannu 2019 Rosso Doc - Carignano 100 % Gr. 14 % - € 40 Vino monumento del Sulcis, nato da una selezione di monovitigno a piede franco coltivato nelle sabbie. Rubino opaco tendente al granato, si esprime in tutte le sue declinazioni vegetali di macchia mediterranea marina, con evidenti note minerali e iodate, rosa selvatica, piccoli frutti rossi, origano e alloro introducono un palato compatto e salato.

Umberto Trombelli

www.umbertotrombelli.it

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LA CANTINA DEI PRIMATI NEL CUORE VERDE D'ITALIA

LA CANTINA DEI PRIMATI NEL

Cuore Verde d'Italia C a r l o

A t t i s a n o

Un'Eccellenza Italiana che unisce un’altissima qualità di produzione all’esperienza unica che rende protagonisti i visitatori di un emozionante eco-tour immerso in un panorama unico al mondo.

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LA CANTINA DEI PRIMATI NEL CUORE VERDE D'ITALIA

Quando tradizione ed innovazione si fondono all’insegna di un’unica filosofia visionaria ed innovatrice. Per decenni e generazioni, una visione in continua evoluzione: questo il tratto distintivo di una realtà unica in Italia e nel Mondo, Castello Monte Vibiano. Qui si respira storia, unita ad una modernità di stile che ha reso ormai da anni quest’azienda un vero e proprio testimonial di Italian style e Glamour nel Mondo. Perla incastonata nel “cuore verde d’Italia”, l’Umbria, Castello Monte Vibiano rappresenta un unicum nel suo genere e si caratterizza per la costante ricerca di qualità attraverso un approccio etico di assoluto rispetto per Madre Natura, unita ad una visione innovativa da sempre nel Dna della Famiglia che ha contribuito, in tempi assolutamente non sospetti, a dare vita ad una rivoluzionaria gestione agricola che al giorno d’oggi ha un nome ben preciso: Sostenibilità. Tra i tanti primati di cui si può fregiare infatti questa vera e propria Cantina boutique, c’è sicuramente quello che l’ha fatta diventare, nel 2009, la prima azienda agricola al Mondo ad aver ottenuto il certificato di Zero emissioni CO2. Un percorso, quello della Sostenibilità, iniziato nel 1998 grazie a Andrea Fasola Bologna, padre degli attuali proprietari Lorenzo e Maria Camilla, che ha tramandato quei valori che oggi caratterizzano lo spirito dell’Azienda: la Famiglia, il rispetto per l'Ambiente e la continua ricerca senza compromessi dell'Eccellenza:"Quello che mio padre ha sempre portato avanti era l’idea di un futuro inimmaginabile che oggi significa invece normalità. Grazie alle sue “visioni” anticipatrici che in anni di assoluto non-sospetto portava avanti - dichiara orgoglioso Lorenzo Fasola Bologna - oggi l’Azienda si trova erede di un patrimonio etico che ogni giorno difendiamo e miglioriamo con quella passione unica, che era anche la sua passione”. Dal XIX secolo, Castello Monte Vibiano è la residenza della Famiglia e, grazie alla presenza ancora oggi del famoso Hortus conclusus, l’antica muraglia che i Romani costruirono per proteggere le viti e le antiche piante di ulivo, si dedica alla produzione di Vini di altissima qualità e di pregiatissimi Olii Extra Vergine d’Oliva. Parlavamo di primati e certamente Castello Monte Vibiano ha rivoluzionato il mondo dell’Olio di qualità grazie agli ormai famosi Vibianini, formati monodose da 10 e 19 ml rigorosamente in vetro a garanzia di qualità, freschezza e non contraffazione e di cui da sempre è leader mondiale nella produzione: “L’idea del formato monodose - dichiara Lorenzo Fasola Bologna - è nata nel 1998 per gestire ed ottimizzare una nostra invenzione, ossia quella di congelare l’olio per preservare e “bloccare” tutte le fantastiche proprietà del prodotto, dando la sensazione di essere sempre davanti ad un olio appena spremuto. Il piccolo formato monodose in vetro è l’unico che può garantire tale risultato”. La rivoluzione qualitativa nel mondo dell’Olio però, ha avuto probabilmente il suo vertice nell’operazione congiunta con il CNR di Perugia con il quale Castello Monte Vibiano ha messo a segno una storica certificazione grazie alla quale ogni bottiglia prodotta può fregiarsi del simbolo elicoidale del Dna a garanzia assoluta, per la prima volta, della tracciabilità totale del prodotto (da quando è ancora oliva a quando 44


diventa olio) e della certificazione di italianità al 100% “È stata un'operazione fortemente voluta - prosegue deciso il proprietario - per garantire in maniera seria al consumatore finale l’assoluta certezza dell’ origine dell’olio e per stabilire un protocollo etico interno che lanciasse un messaggio di assoluto rigore nella produzione di alta qualità”. Oltre alla realizzazione dei Vibianini, l’Azienda si è fatta conoscere nel mondo per la realizzazione, limitata a soli 1.000 pezzi l’anno, di una stupenda bottiglia da 500ml chiamata Harvest by Night (Raccolta notturna): Frantoio, Leccino e Moraiolo raccolte a mano nelle ultime ore della notte quando i livelli polifenolici (quindi la parte più salutare e ricca di antiossidanti) sono più elevati e pressate a freddo ad una temperatura di -20° entro le prime 6 ore dalla raccolta per mantenere un colore ed una freschezza come fosse una prima spremitura. Un vero e proprio oro liquido, un olio premiato dalla Fondazione Italiana Sommelier con le prestigiose 5 Gocce e che, grazie anche ad un’etichetta personalizzabile a mano con nome e cognome del possessore e data ed ora della raccolta, è diventato un vero e proprio “cult” ed è finito, tra l’altro, nelle residenze private di Capi di Stato e personaggi di caratura mondiale come simbolo di assoluta eccellenza italiana: “Abbiamo avuto l’onore di essere stati selezionati- precisa con una punta di emozione Lorenzo Fasola Bologna- sia a livello istituzionale che privato, anche recentemente, per omaggiare importantissime figure mondiali a livello presidenziale, religioso e politico”. 45


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LA CANTINA DEI PRIMATI NEL CUORE VERDE D'ITALIA

Ma è proprio in un anno così nefasto come quello che stiamo

quanto concerne la produzione di Olio avendo vinto molteplici

vivendo, che la Famiglia Fasola Bologna ha voluto realizzare

riconoscimenti a livello nazionale ed internazionale per il miglior

quella che può essere considerata una vera e propria opera d’arte,

packaging e la migliore qualità in assoluto. Capiamo subito però

lanciando un segnale importante investendo nella creazione

che il viaggio intrapreso nel magico mondo dell’Olio di Castello

di un capolavoro di artigianato anch’esso premiato con le

Monte Vibiano, rappresenta solo una parte del grande valore

prestigiose 5 Gocce: la riproduzione esatta, affidata ad un nucleo

dell’Azienda: “La produzione di Olio è per noi uno degli asset più

di artisti di Deruta fortemente colpiti dalla crisi pandemica, del

importanti della nostra realtà - continua Lorenzo Fasola Bologna -

panciuto vaso di terracotta, l’Orcio, realizzato a mano dagli

ma non può dirsi da meno quello del Vino che, grazie ad un pool di

Etruschi per la conservazione ed il trasporto dell’olio che, grazie

importanti figure a livello enologico che ho fortemente voluto nella

ad una particolare tipologia di Argilla (il Galestro), lo proteggeva

mia azienda, sta raggiungendo vette qualitative impressionanti

dal freddo garantendone una perfetta conservazione. Saranno

attraverso un processo di selezione manuale delle uve e di tecniche

appena 25 i fortunati possessori al mondo che potranno vantarsi

di affinamento mirate”. La filosofia produttiva del “nettare di

di avere tra le mani un “unicum” contenente un raffinatissimo

Bacco” infatti, vede l’assoluta presenza di vitigni autoctoni come

Olio Extra Vergine d’Oliva originante dall’antichissima cultivar

rappresentanti dell’italianità e della struttura del Vino, uniti però

autoctona Borgiona. Sempre per rimanere in tema di primati

a dei vitigni di origine francese che riescono ad elevare ai massimi

poi, Castello Monte Vibiano, che produce i suoi preziosissimi

livelli l’aspetto olfattivo e l’eleganza del tratto. Scopriamo così un

Olii Extra vergine d’Oliva esclusivamente da piante secolari,

mondo parallelo a quello del grande Olio che passa attraverso

è attualmente una delle Azienda più premiate al mondo per

grandi bianchi come il Maria Camilla, che nasce dall’unione di


Trebbiano Spoletino, Grechetto, Sauvignon Blanc e Viognier e che si caratterizza per un ammiccante frutto tropicale mitigato da una bellissima e fresca nota citrina finale che bilancia perfettamente il suo assaggio e la persistenza in bocca, per poi avvicinarci ad un’altra perla assoluta dell’azienda, il Vigna Luisa un vino che appena uscito sul mercato ha ottenuto subito il massimo riconoscimento dalla Fondazione Italiana Sommelier con i tanto agognati 5 Grappoli, che fa esplodere tutta l’eleganza e l’unicità di un autoctono assoluto del territorio come il Trebbiano Spoletino che, affinato per 12-14 mesi in legno (una bella sfida per un bianco!) con ripetuti assaggi mensili per controllarne l’evoluzione, ci regala un’incredibile complessità olfattiva e una persistenza al palato che lo rende assolutamente unico nel suo genere. La sensazione poi di avere a che fare con una bomba ad orologeria di qualità e finezza, si materializza con l’assaggio dei rossi dove il tratto di eleganza, complessità e “freschezza di sorso” attraversa trasversalmente tutta questa produzione. Il capolavoro dell’azienda risiede nella produzione del mitico Vigna Lorenzo, altro vino premiato da subito con i 5 Grappoli: composto da Merlot, Cabernet Sauvignon

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LA CANTINA DEI PRIMATI NEL CUORE VERDE D'ITALIA

e Sagrantino, nasce e si sviluppa silenziosamente negli anni attraverso maniacali assaggi ripetuti ogni due mesi dopo aver riposato per più di 2 anni in barrique di rovere francese ed essersi affinato per almeno 6 anni in bottiglia. Impressionante. Altra perla “rossa” della produzione è L’Andrea, un blend dedicato al patriarca di Castello Monte Vibiano, il Dott. Andrea Fasola Bologna, composto da Sangiovese, Cabernet Sauvignon e Sagrantino che passano 24 mesi in barrique ed un ulteriore anno in vetro per uscire solo nelle migliori annate. Il San Giovanni, un blend di Sangiovese che rimane in acciaio per 15 mesi unito ai profumi e all’eleganza di Merlot e Cabernet Franc che invece affinano in barrique per lo ■

Castello Monte Vibiano

stesso periodo, rappresenta poi la massima espressione della visione internazionale (senza

Via Bocca di Rigo, 11

alcun compromesso con la qualità!) dell’Azienda: un tannino vellutato che supporta ed

06072 Mercatello di Marsciano

accompagna elegantemente una speziatura incredibilmente elegante con ricordi di prugna,

Tel. 075 8783386

pepe nero e vaniglia. In occasione della degustazione cui ci siamo sottoposti per celebrare

info@montevibiano.it

i successi dell’Azienda umbra, abbiamo avuto il piacere di assaggiare in anteprima l’ultimo

www.montevibiano.it

nato della famiglia: Vigna Antonio 2018, una raffinata ed unica rappresentazione del Sangiovese in purezza che si scosta dall’esperienza gustativa che questo vitigno ci offre normalmente, virando più verso una pulizia ed eleganza “pinotnoireggiante” che il tempo porterà ad accrescere sempre più. Salutiamo quest’incredibile realtà scoprendo quello che forse rappresenta il suggello dell’esperienza che Castello Monte Vibiano offre ai suoi ospiti: la presenza di un comparto di biciclette elettriche a pedalata assistita per addentrarsi in dei veri e propri “safari” tra le vigne ed una flotta di mini-jeep elettriche per inoltrarsi tra i meravigliosi paesaggi che circondano la Cantina e l’adiacente Castello. Un’esperienza che ci consente di portare alla luce un’eccellenza italiana che unisce un’altissima qualità di produzione, all’esperienza unica che ci rende protagonisti di un emozionante eco-tour immerso in quella Natura che ogni anno restituisce a Castello Monte Vibiano i suoi frutti migliori, trasmettendo quello che è il valore più grande al quale la vita di ogni uomo dovrebbe ancorarsi: il Rispetto.

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OPERA DI NOBILE ELEGANZA E UNICITÀ

OPERA DI NOBILE ELEGANZA E UNICITÀ R a f f a e l e

F i s c h e t t i

Un vino che rispecchia le storie di altri vini importanti con i quali ha in comune, oltre all'eccellenza, alcune caratteristiche. Come il Sassicaia e come il San Leonardo, creato da Giacomo Tachis e poi seguito da Carlo Ferrini. Come gli altri due vini i nobili proprietari condividono, oltre all'amicizia tra loro anche quella avuta con il grande enologo mai dimenticato.

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OPERA DI NOBILE ELEGANZA E UNICITÀ

“Ciascuno è unico e irripetibile; e al tempo stesso inconfondibilmente legato alle sue radici. Essere figlio e figlia, infatti, secondo il disegno di Dio, significa portare in sé la memoria e la speranza di un amore che ha realizzato se stesso proprio accendendo la vita di un altro essere umano, originale e nuovo.” Catechesi del Santo Padre in occasione dell'Udienza Generale, 11/02/2015 Papa Francesco. Il forte richiamo della terra marchigiana e dei ritmi lenti della natura è stato il motore dietro la nascita de Il Pollenza, già alla fine degli anni ‘70. Il disegno del conte Brachetti Peretti si compie col ritorno alle radici, nella sua regione d’origine, dove il paesaggio incantato invita a dedicarsi alla coltivazione dei vigneti, imparando la pazienza dalla natura, per creare un’Opera Nobile. Il motto della famiglia “per angusta ad augusta”, applicato al progetto della cantina, sostiene la necessità dell’impegno per raggiungere i target qualitativi che rendono il vino della cantina Il Pollenza apprezzato da critici ed esperti del settore in tutto il mondo. Ho avuto il piacere di poter visitare recentemente questo “Château Italiano”, le impressioni sono state entusiasmanti ma la cosa che ti colpisce maggiormente è l’effetto di stupore che ti entra dentro quando si erge per la prima volta il complesso. Un qualcosa che ti cattura e ti rapisce completamente quando visiti poi anche l’interno, un senso di pace estremo. Un’alchimia completa che ti fa immaginare in pieno quello che il pennello del Conte volesse realizzare prima di iniziare la sua opera d’arte quasi a legare ancora di più un patto solido con le sue radici, con la sua terra. La cantina si erge nello splendido panorama delle colline marchigiane, nella località che dà il nome alla tenuta, un bellissimo paese nel cuore dell’Italia, non lontano dal Mare Adriatico e ai piedi dell’Appennino. 250 ettari di proprietà, di cui 60 atti a vigneto, insieme a bellissime ville di diverse epoche compongono Il Pollenza. Un impatto visivo sorprendente, elegante e armonico che ricorda preziosi giardini botanici è il luogo perfetto per creare un’opera nobile come il vino. I vigneti si sviluppano su terreni di origine alluvionale, ricchi di sedimenti calcarei nella parte più bassa della proprietà e con una maggiore presenza di argille limose nella parte alta. La coltivazione di nobili varietà di vitigni internazionali e locali avviene ad altezze variabili, da 110 a 190 metri sopra il livello del mare. Dal 1997 il famoso enologo Giacomo Tachis diventa consulente e collaboratore della cantina e resterà il riferimento non solo per la produzione vinicola, ma anche per l’assetto della cantina, fino al 2007, quando gli succederà egregiamente un altro illustre enologo, Carlo Ferrini. La cantina verrà costruita tecnologicamente all’avanguardia con le fermentazioni in cemento a temperatura controllata e una barricaia stile Tachis realizzata sotto la sala di vinificazione esemplare. 52


Raffaele Fischetti

Presidente perTrentino e Alto Adige della Fondazione, assieme a Giovanni Campodonico, enologo, e Lucrezia Bencivenga, manager commerciale.

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La degustazione | Il Pollenza In compagnia di Giovanni Campodonico, uno degli enologi della cantina, Lucrezia Bencivenga, manager commerciale della cantina abbiamo avuto il piacere di poter festeggiare in esclusiva per Fondazione Italiana Sommelier il compleanno del Pollenza che festeggia i 20 anni dalla sua prima uscita sul mercato. Una degustazione di dieci annate indimenticabile che vi raccontiamo annata per annata.

2016

Annata e vendemmia positiva, al naso ergono soffi di rabarbaro, ribes, mirtillo accompagnati da note floreali riconducibili alla peonia. Riapre su note balsamiche di eucalipto per poi cambiare registro e passare a note di torrefazione. Sorprende il piacevole equilibrio tra freschezza, massa glicemica e sapidità. Tannini setosi e una lunga persistenza ne completano il quadro.

2015

Un cambio di registro e di stilistica secondo me da questa annata in poi nei vni sapientemente assemblati dal Ferrini, Splendido color rubino didattico. Al naso violetta, peonie, marasca, bacche di corbezzolo, soffio di anice stellato, liquirizia, pepe szechuan, polvere di caffè. Chiude con ricordi di pellame nobile. Perfetto dinamismo tra equilibrio e lunga scia sapida che richiamano in bocca sensazioni vegetali e fruttate.

2013

Color rubino, piacevoli note ematiche al nasosbuffi di liquirizia che vengono cesellate qua e la con note vegetali, cacao, violette e tanta frutta rossa, ciliegie sotto spirito, cuoio e sottobosco. Boca dinamica e copiosa che rende vivace l’assaggio. 54


2012

Primavera fresca, estate calda. Il naso risulta intrigante, piacevolmente ci si accosta tante volte sempre trovando piacevoli note diverse. Si dipana tra ribes e amarene con piacevoli refoli vegetali che smorzano la dolcezza del frutto. In bocca leggiadro e composto. Mi piacerebbe riassaggiarlo tra qualche anno per capirne la sua evoluzione.

2010

Olfatto affascinante, amplio e raffinato. Frutto croccante e coeso, su tutto ergono note terragne accompagnati da riverberi minerali intriganti e dinamici. Sorso a tratti austero e a tratti scorrevole, fragrante e dinamico che con il passare del tempo fa emergere note di interessante acidità. Un vino che senza dubbio sfiderà il tempo per molti anni.

2008

Annata molto particolare anche per le condizioni climatiche. Note scure. Tante more e mirtilli. Spezie accompagnate da una piacevole nota di chicco di caffè. Dopo tempo passato nel calice ergono note di spezie dolci anche se il frutto resta il più prezioso protagonista di questo assaggio. L’assaggio è rinforzato da una tessitura energica e fine degna di nota. Finale disteso, intrigante e di piacevole ricordo. 55


La degustazione | Il Pollenza

Il Pollenza Contrada Casone, 4 62029 Tolentino MC Tel. 0733 961989 lacantina@ilpollenza.it www.ilpollenza.it

2006

Annata calda ma molto equilibrata. Ultimo vino nato dalla mano di Tachis in meravigliosa forma. Olfatto dinamico e denso di frutta, refoli speziati che lasciano spazio a riverberi di piccole note vegetali e terrose, tantissima complessità. Bocca elegante e suadente. Trama elegante, composta e dinamica. Il miglior saluto possibile del Maestro Tachis.

2004

Annata fresca. Naso quasi prepotente, aperto e deciso ad esprimere da subito il meglio di sé. Lo scheletro olfattivo ripercorre la strada di tantissima frutta nera accompagnata da un ricordo personale d’infanzia che mi riporta al carrubo secco, tante spezie e soffi vegetali ne completano il corredo olfattivo. Bocca agile, dinamica, tonica ma allo stesso tempo granitica che mi riconduce a pensare a questo vino come ad un bordolese di tradizione.

2003

Annata ricordata da tutti come calda, caldissima su tutto il ciclo vegetativo. È stato però l’unico della batteria che ho scelto personalmente visto che lo avevo assaggiato poco tempo prima e mi aveva emozionato. Vino vitale con frutto dolce e maturo. Sviluppo aromatico orizzontale, sorso levigato. Il calice scelto per la degustazione ha permesso con il tempo di far perdere l’invadenza alcolica presente appena aperto. Un vino che ha colpito gran parte dei degustatori presenti in sala.

2001

La scintilla, il primo Pollenza, il sogno che diventa realtà. Non nego che sulla mia persona il fascino e il privilegio di avere la fortuna di poter degustare certe emozioni mi riempie di gioia. Questo vino era la sorpresa della serata ed è stata pura emozione. La presenza del Sangiovese nel taglio ne riduce la compattezza cromatica. Note di frutta matura che ricorda le amarene e i mirtilli si alternano nel ventaglio olfattivo a note speziate e minerali. Appena aperto ricordava tanto note di cherry. Dopo tanto nel calice sono emerse note di humus ed erbe medicinali affascinanti. Seta al palato ed equilibrato. Un vino dal fascino retrò senza tempo e fine. 56


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Bibenda 87 duemilaventuno

LA CANTINA DEI QUATTRO CASTELLI

LA CANTINA F e d e r i c o

S o r g e n t e

La piccola Pieve, da cui prende il nome la proprietà, è l'ingresso dell'azienda. Qui la cantina di Maiolati Spontini, a Monte Schiavo, è il cuore di questi vigneti immersi in quattro castelli di Jesi: Maiolati Spontini, Montecarotto, San Paolo di Jesi e Cupramontana.

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DEI Q


QUATTRO CASTELLI

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LA CANTINA DEI QUATTRO CASTELLI

Dall'Appennino al mare è un susseguirsi di colori e profumi, suggestioni che incalzano, che emozionano: Le Marche, terre silenziose, che hanno dato i natali a Leopardi, Raffaello, Rossini... Dalla Romagna all'Abruzzo, dall'Umbria al mare ti perdi in questo insieme di piaceri che riescono a confondere acqua e terra, azzurro e verde, l'Adriatico confine con l'Oriente Europeo, i vigneti che ricamano le colline verso le valli, verso la storia enologica di questa terra. Ecco la Vallesina, i Castelli di Jesi, ecco le aziende che hanno fatto del Verdicchio scopo di vita. Tutte amate e unite dalla tenacia di chi le vive quotidianamente: Pievalta è l'esempio di questo mondo fantastico in cui tecnica, passione e carattere sono esempi culturali di questa gente. Trentadue ettari vitati, su un totale di quarantatre, che esaltano il Verdicchio, in cui Barone Pizzini ha creduto anni or sono dedicandosi con forza alla trasformazione biologica. Modesti Spontini, Monte Follonico e Montecarotto sono il regno in cui Alessandro Fenino, esperto enologo, progetta il futuro. La sua scelta di vita, nel lasciare Milano per questa terra meravigliosa, è stata magnificamente ripagata: Verdicchio sempre più Verdicchio dalle grandi potenzialità che, dal 2005, rivive magicamente giungendo ad essere, nel 2008, la prima azienda biodinamica Marchigiana. Non c'è nostalgia per la Franciacorta per questo lombardo - marchigiano: La Vallesina è la nuova frontiera, il Verdicchio incarna il sogno di una nuova dimensione enologica. La piccola Pieve, da cui prende il nome la proprietà, è l'ingresso dell'azienda. Qui la cantina di Maiolati Spontini, a Monte Schiavo, è il cuore di questi vigneti immersi in quattro castelli di Jesi: oltre a Maiolati Spontini, Montecarotto, S. Paolo di Jesi e Cupramontana. Il frutto dello splendido lavoro su queste terre si è potuto verificare direttamente nell'incontro del Giugno scorso con Silvano Brescianini, nome che è garanzia della Franciacorta, dove è nato, e di cui ne è testimone e inesauribile conoscitore. A Lui Pievalta deve il riconoscimento del Verdicchio come vitigno riscoperto e valorizzato e, principalmente a Lui, e come detto, ad Alessandro Fenino, si deve lo sviluppo di questi vini che oggi possono essere vicini, senza timore, ai cru francesi. Essi hanno potuto trasformare questa terra in esempio di viticoltura biodinamica. Non c'è tolleranza per alcuna lavorazione chimica né tolleranza al supporto genetico: ci si affida, per la lavorazione dei vigneti, esclusivamente al sovescio di leguminose e a preparati biodinamici a base di zolfo e rame. Dal confronto con Brescianini si comprende come sia stato radicale il cambiamento di queste terre negli ultimi 20 anni, un esempio per la programmazione biodinamica. La sua competenza e vitale curiosità, sempre pronta all'innovazione tecnologica, sono evidenti nella presentazione aziendale: 2003 - conversione biologica 2005 - inizio della biodinamica - 2006 - prima annata con certificazione biologica 2008 - prima azienda biodinamica Marchigiana. 60


I vini sono la prova tangibile della vivacità di questa cantina, iniziando dal Perlugo dosaggio zero. Spumante metodo classico dedicato a Ugo Colombo, uomo che è l'immagine del legame con Pievalta. La Franciacorta e i castelli di Jesi sono in simbiosi per la spumantizzazione del Verdicchio: base a Pievalta e rifermentazione in bottiglia in Barone Pizzini. Sorprendente nei suoi aromi, intrigante nell' intrecciarsi di sentori floreali, erbe aromatiche e crosta di pane. Freschezza e sapidità lo completano sorprendentemente. Ancora con la persistenza gustativa del Perlugo, viene presentato il pilastro della cantina: tre Ripe classico superiore. Il nome deriva dai territori di produzione: Monte Schiavo, Montecarotto e Monte Follonica. Racchiude in se eleganza e brio con le sue note floreali e di macchia mediterranea. Piacevole bevibilità da agrumata freschezza e spiccata sapidità. Nuove sorprese e delicati piaceri continuano con il Dominé classico superiore 2018. In questo vino ricerca e sperimentazione tendono a percorrere nuove vie per continuare a esplorare il Verdicchio. Il nome è un ritorno al passato, Dominè: vecchio emporio della zona dove il Verdicchio rallegrava gli avventori. Maturato parzialmente in botte: ecco la 61


Bibenda 87 duemilaventuno

LA CANTINA DEI QUATTRO CASTELLI

sperimentazione! Anice, aromi floreali e resina si mescolano in una splendida complessità. La freschezza, la sapidità e la mineralità, accompagnata da delicata astringenza, lo rendono accattivante. Dai vigneti di Monte Follonica nel comune di San Paolo di Jesi, da cui prende il nome, ecco questo bianco riserva, di un delicato colore verde oro i cui sentori vegetali, di frutta bianca miele e glicine accarezzano il naso. Fresco e sapido, morbido e persistente, delinea fisicità e dinamicità figlie della maturazione in acciaio, legno e cemento. Nel San Paolo 2009, il Verdicchio raggiunge vette sorprendenti: indossa l'abito da sera sfiorando il massimo piacere enologico. Giallo oro, ananas, pesca gialla, pepe bianco, miele e tutta una varietà di sentori che vanno dalla canfora alla pietra focaia. Il palato è avvolgente nella freschezza e nella sapidità. Lo stesso vino 2008 non raggiunge medesime intensità pur rimanendo di gran livello. Spiccano aggraziate sensazioni di erbe aromatiche e fiori appassiti. Le piacevoli sapidità e freschezza lo rendono dinamico al palato. Siamo alle conclusioni. La platea è concorde: Silvano Brescianini ha tutte le motivazioni per essere soddisfatto delle creature di Pievalta che collocano il Verdicchio, a lungo incompreso e trascurato, nella dimensione che merita, da tutti riconosciuta: oggi è un degno rappresentante della Terra da cui proviene.

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Pievalta Via Monteschiavo, 18 60030 Maiolati Spontini AN Tel. 0731 705199 pievalta@baronepizzini.it www.pievalta.it

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JEREZ AKA SHERRY, CONSUETUDINI E NOVITÀ

JEREZ AKA SHERRY, CONSUETUDINI E NOVITÀ N e o n i l a

S i l e s

In occasione dell’ottava edizione dell’International Sherry Week organizzata dall’8 al 14 Novembre in ogni posto del mondo provvisto di vini di Jerez. Anche a casa, ma sempre in compagnia!

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JEREZ AKA SHERRY, CONSUETUDINI E NOVITÀ

L’esercito di appassionati di questi vini unici sta crescendo mentre nel territorio di produzione ci sono dei cambiamenti in corso per stare al passo con i tempi. Quando bere un Jerez, in quali circostanze? L'Amontillado sarebbe desiderabile per celebrare le proprie vittorie, per quando s’incontra un vecchio amico, per conversazioni di natura filosofica, per bere da soli o in due al principio di un innamoramento. L’Oloroso è un vino per fare la pace, per alleviare la malinconia, per discussioni politiche o sportive. Mentre il Fino e la Manzanilla vanno bevuti sempre, già solo per il fatto che rendono il gusto di ogni piatto più intenso e buono. Un piccolo ripasso prima di proseguire qui è sicuramente indicato. Il vino di Jerez è internazionalmente conosciuto con il nome di Sherry, anche se sarebbe giusto chiamarlo con il nome della città a cui deve la sua storia e denominazione. I suoi cittadini sono stati orgogliosamente diligenti da non far cadere nel dimenticatoio questa nobile bevanda, amata da Giulio Cesare e decantata da sir Shakespeare in persona. Quindi, chiamiamolo Jerez. Come ogni vino fortificato deve il suo secolo d’oro e la sua fama al periodo delle grandi navigazioni delle flotte inglesi. Rispetto a Porto, Madeira e al nostro Marsala, ha un ventaglio di stili molto differenti tra loro anche se si fa esclusivamente con un'unica varietà d’uva, quella di Palomino Fino, il dolce e denso PX (Pedro Ximenez) a parte.

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• Fino è un vino bianco secco affinato sotto il velo di flor nelle botti di rovere secolari del tradizionale sistema solera nelle storiche cantine, chiamate anche “cattedrali” per le loro navate ad arco, nel cosiddetto “marco de Jerez”. • Manzanilla segue lo stesso percorso del Fino ma si chiama così solo se l’affinamento avviene nel comune di Sanlúcar de Barromeda. Questi due vini hanno un colore pallido, aromi delicati al naso e una certa pungenza al palato, dovuti all’affinamento “biologico”, spesso erroneamente chiamato ossidativo all’estero. • Amontillado è un vino molto particolare in quanto inizia anche esso il suo cammino sotto il velo di flor, per poi essere fortificato fino alla scomparsa della flor e esposto all'ossidazione. Ha il profilo intrigante, sottile e deciso nello stesso tempo. • Oloroso fa un invecchiamento ossidativo, il che lo rende strutturato e complesso, naturalmente più scuro dei precedenti. • Palo Cortado viene descritto in vari modi, più spesso come miracolo o arte del cantiniere. Non segue un protocollo di produzione e, di solito, come caratteristiche organolettiche si posiziona tra Amontillado e Oloroso, ma ha sempre un qualcosa di meravigliosamente unico e seducente. • Cream… Ci sono più tipi di Sherry – e qui è proprio azzeccato chiamarlo Sherry – in questa categoria ma noi la tralasciamo. Venduti quasi esclusivamente sui mercati anglosassoni, a Jerez dicono di questi vini: “los jerezanos no beben lo que venden” (i jeresani non bevono ciò che vendono). Questo è perché i cream sono nati per adattare i Jerez ai palati inglesi. • PX è fatto con uve Pedro Ximenez, è dolce per definizione ed è compagno fedelissimo della pasticceria cioccolatosa.

Bene, fatto questo preambolo, torniamo nelle terre di Jerez, terre bianche di albariza, il tipo di terreno che da queste parti fa miracoli: assorbe e trattiene l’acqua, rilasciandola gradualmente nei periodi di siccità e di temperature massime durante i mesi estivi. Ricordiamoci che qua stiamo quasi in Nord Africa. Il fenomeno di albariza permette a

Terra bianca di Albariza

Palomino una maturazione progressiva e corretta. L'invecchiamento biologico è senza dubbio uno dei maggiori contributi della regione di Jerez al mondo del vino. In qualsiasi altra regione vitivinicola del mondo, il fatto che milioni di organismi viventi prendano parte attiva nel processo della vinificazione e dell'affinamento del vino, sarebbe un problema non di poco conto, mentre qua, a Jerez, è esattamente l'opposto: sono indispensabili per rendere i vini unici come nel caso di Fino e Manzanilla. I produttori del marco sono abituati a gestire lieviti che vivono nelle “catedrales” da centinaia di anni con la consapevolezza che il controllo totale qui è 67


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JEREZ AKA SHERRY, CONSUETUDINI E NOVITÀ

irrealistico: ogni botte di vino è un mondo a sé e l'invecchiamento del vino sotto un velo di lieviti è una specie di miracolo nel corso del quale il mosto si trasforma in vini delicati, sapidi e concentrati. Considerando che sotto la flor al vino viene tagliato “il respiro”, e ciò nonostante, quello rimane vivo nutrendosi solo delle sostanze del mosto, significa che il vino di base è ricco e di elevata qualità. A questo proposito, Willy Pérez, un giovane enologo e grande studioso di vini di Jerez, da anni ha sollevato la questione relativa al credere comune che il Palomino sia una varietà neutra. Secondo Willy, questo errore è dovuto alle rese troppe alte, adottate negli anni 80-90, che lo rendono più diluito. ■

Luis e Willy Pérez, padre e

figlio alla guida dell'azienda

Willy Pérez, enologo di Bodegas Luis Pérez e consulente di altri progetti indipendenti, è

di famiglia. Sotto, grappoli

appassionato della viticoltura di Jerez. Sugli schermi del computer di Willy nel suo ufficio ci

di Palomino Fino e Bodega

sono impaginazioni del suo futuro libro, contenente migliaia di documenti antichi: foto e

Catedral Lustau. A destra, vista

descrizioni degli storici pagos (proprietà e appezzamenti) e dei processi di vinificazione della

sul Marco de Jerez da Bodegas

regione, mappe e zonizzazioni, lettere e fatture, annate e via dicendo. Durante moltissimi

Luis Rérez

anni di ricerche, dovute alla sua smisurata passione, Willy ha sviluppato un grande rispetto per il territorio insieme allo spirito critico e contrastante per la situazione instauratasi negli anni in questione. Tornare alle rese dell’epoca pre-filosserica di 1.000-3.000 kg per ettaro, e all’invecchiamento biologico mirato (“perché è una tecnica per affinare un vino, non è un obiettivo fine a se stesso”(c)) nell’ottica di preservare le caratteristiche varietali di un singolo vigneto e di ogni singola annata, è ciò di cui necessita la regione, secondo Willy. La sfida più grande di Willy, tuttavia, è stata quella di aprire il dibattito sull’ottenimento dei Jerez Fino, Amontillado e Oloroso senza fortificazione, come si faceva anche nel lontano passato. Naturalmente, questa modalità contempla tassativamente tutto ciò da lui auspicato, e ha lo scopo di raggiungere la migliore espressione di un dato appezzamento di terreno. Lo dimostrano il Fino “Barajuela”, prodotto dallo stesso Willy, come anche alcuni vini del progetto comune di Equipo Navazos con Niepoort (quello del Porto), che, non essendo fortificati, sono dei Jerez che hanno caratteristiche sia del Fino che di un bianco normale, e performano un equilibrio perfetto tra varietà e invecchiamento biologico che rimarrà sempre il segno distintivo dei vini jeresani. Gli anni “industriali” della produzione del vino, non solo a Jerez ma anche da noi in Italia, spesso avevano danneggiato l’immagine dei vitigni e dei terroir a favore dei numeri della commercializzazione. Di quanti vini si è creata la reputazione sbagliata di vini incapaci di invecchiamento o di complessità? Cosi è stato anche con alcune tipologie del Jerez di evoluzione biologica. Ed è grazie all’Equipo Navazos che sono arrivate al pubblico internazionale degli appassionati delle smentite tangibili. Equipo è composto da due partner: l’autorevole enologo Edoardo Ojeda e Jesús Barquín, professore di criminologia all’Università di Granada, nonché vero conoscitore e divulgatore di vini di Jerez. Il loro

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progetto, come tutte le cose piccole ma grandiose, è nato per caso,

Edoardo Ojeda e altri, ma alla fine è successo: il 27 Luglio 2021 è

da una “bota de Jerez” da molti anni dimenticata in un angolo

stato fatto un passo avanti, approvando l'ampliamento dell'areale di

remoto di una nota cantina, che loro, sorpresi dal contenuto,

affinamento dei vini di Jerez, la produzione di vini non fortificati,

avevano imbottigliato. Così, decisero di proseguire le ricerche

l'utilizzo di altri vitigni autoctoni e il divieto del Bag in Box.

di vecchie botti accantonate nell’epoca preindustriale. Fu un

È una grande vittoria sia per tanti produttori artigianali che

successo clamoroso, oltre ad essere un’ulteriore dimostrazione della

producono vini bianchi con affinamento biologico o ossidativo,

qualità superiore dei vini prodotti prima di quegli anni “tecnici e

sia per appassionati, perché si tratta di vini vivi e sorprendenti,

quantitativi”, in regime più tradizionale e storicamente autentico,

molto adatti alla gastronomia, proprio come il Fino, l'Amontillado

in grado di sfidare il tempo.

e l'Oloroso. L’importante è concedersi il primo contatto con questi vini, aprirsi per ascoltarli.

Non è stato facile trasformare queste idee e fatti nella realtà odierna.

E ricordare che un Jerez non dovrebbe mai essere bevuto d’un

Ci sono voluti anni, nascita di nuovi e giovani produttori, lavoro

fiato, poiché non è un vino volgare. Bisogna assaporarlo, gustarlo

dei luminari tra le massime autorità, come l’attuale presidente

con cibo, e riempire nuovamente il calice, che non deve mai

del Consejo Regulador Cesar Saldaña, il già menzionato enologo

essere vuoto. Il rito deve continuare. Sempre.

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Bibenda 87 duemilaventuno

F r a n c e s c a

LA MURGIA DEI SOGNI

R a g o n e

LA MURGIA DEI SOGNI 70


“Tutto è imperfetto, non c’è tramonto così bello da non poterlo essere di più”. Fernando Pessoa 71


LA MURGIA DEI SOGNI

Bibenda 87 duemilaventuno

Luisa Leonzi e Domenico Spinelli dal 2016 stanno realizzando un

di Primitivo, insieme ad altre tipicità gastronomiche tuttora

progetto di rinascita del Primitivo, attraverso un’azione culturale

diffuse in queste zone, come la “zampina”, unica salsiccia senza

ad ampio raggio, che mira a ripristinare la figura di Miguel Vaaz,

carne maiale. Successivamente Simone Vaaz, nipote ed erede

fondatore di Sammichele di Bari nel

di Miguel, piantò un vigneto nella

1600, del quale numerosi detrattori

Piazza di Sammichele, come segno

hanno denigrato l’immagine, e con

di unione tra le culture fondatrici

lei, l’archetipo di quel territorio,

di quella città, le stesse da cui

ancora

hanno avuto origine i vini presenti

poco

valorizzato.

Tutti

conoscono il Primitivo del Salento

in quest’occasione.

ma pochi quello della Murgia, da cui in realtà proviene anche il

Il pubblico è coinvolto in una

primo. In questo luogo la famiglia

sinestesia

Spinelli produce vino dalla metà

dalla proiezione di un video,

dell’Ottocento

di

che attraverso un oggetto: una

Miguel Vaaz si lega indissolubilmente

campanella eucaristica, racconta un

alla storia della città di Sammichele,

momento molto tenero dell’infanzia

in origine chiamata Casa Vaaz.

del proprietario, quando il nonno

L’obiettivo aziendale è di produrre

affidava a lui il compito di scacciare

e

l’esperienza

dei

sensi,

a

partire

solo vini eccellenti, longevi ed eleganti, esclusivamente da uve

i passeri correndo tra i filari, mentre in realtà, a sua insaputa,

provenienti da grappoli dei vitigni autoctoni di Gioia del Colle,

gli indicava la strada. Si abbassano le luci in sala e inizia un

per riscattare il Primitivo della Murgia, a livello mondiale.

monologo interpretato dall’attore genovese Antonio Minelli, come se a parlare fosse il fantasma di Miguel Vaaz, che esorta a

Banchiere ebreo di origine portoghese, convertito al

proseguire il suo cammino:

cristianesimo, profondo conoscitore delle teorie del buon

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governo, viene incaricato direttamente dal re di risanare le

“Ho attraversato terre straniere piene di buio e di luce. Ho

finanze della Murgia. Vaaz ci riuscì, diventando uno dei più

solcato mari in tempesta senza perdere la rotta. Ho fondato città,

grandi mercanti di grano europei, fino al 1623, anno della sua

piantato vigne e ulivi. Ho accolto migranti e sostenuto artisti.

morte. Vaaz era anche un armatore, possedeva una potente

Ho conosciuto la fama e la ricchezza. Sono stato dimenticato e

flotta di oltre cento navi, che utilizzava per commerciare grano,

diffamato, celebrato, temuto e amato. Credo nel sogno come forza

di cui quei territori erano ricchissimi. Da ebreo converso, Vaaz

propulsiva della realtà. Non ho modo di sapere il Tuo nome. Ti

decide di sdebitarsi col destino, come il grande mito laico

prego, sogna con me. Sogna la rinascita della tua Puglia, delle

della Turandot, fondando la Casa Vaaz, futura Sammichele di

terre che furono dei Vaaz. Sogna un vino di gioia che dissolva

Bari. In questa nuova comunità, il benefattore accoglieva tutti

ogni vanità delle vanità e ogni dolore. Sogna un vino che rievochi

quei profughi Balcani cacciati dai Turchi, offrendo loro vitto

la storia delle nostre terre, la pietra delle Murge e il blu notte del

e alloggio e chiedendo in cambio di pagare una tassa dal terzo

Mediterraneo. In Puglia ritrovo le atmosfere della mia Spagna e

anno di soggiorno. Furono proprio questi profughi immigrati a

del mio Portogallo. Ogni luce, ogni pietra si trasforma in splendore

portare nella Murgia, dai territori dell’antica Illiria, le barbatelle

e ricchezza di un futuro primitivo”.


Presenti in sala l’enologo Tommaso Pinto e il cantiniere Giovanni Zullo. Centrale è il concetto del sogno, da cui i nomi dei vini Rem, Ipnotico e Onirico. L’enologia è una scienza che sconfina nell’arte, l’enologo deve possedere capacità concreta e visionaria per interpretare i luoghi e andare oltre con lo sguardo, laddove vengono ripescati nel mondo dell’inconscio momenti della memoria. In questa dimensione è stato coinvolto l’artista Cristiano Pintaldi, anch’egli presente in sala, per la realizzazione dell’etichetta Rem, attraverso la tecnica di pixel “artigianali”, ottenuti con la sovrapposizione di lastre, utilizzando solo i tre colori primari, che rappresentano il passaggio a un’altra dimensione. Nel 2015, in occasione dell’anno internazionale della luce, Pintaldi è

Terre dei Vaaz

chiamato ad esporre le sue opere al Macro di Roma. L’artista si allinea a una corrente

Via Agostino De Pretis, 9

immateriale dell’arte contemporanea, evanescente, che dalla linea impressionista di

70010 Sammichele di Bari BA

Monet e Toulouse-Lautrec approda a sperimentazioni sempre più sofisticate; come

Tel. 348 8013644

quando Picasso, senza pensarci molto, prese una torcia e cominciò a tracciare nell’aria

info@terredeivaaz.it

minotauri, mentre un fotografo, nella stanza buia, lasciava aperto l’otturatore della sua

www.terredeivaaz.it

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Bibenda 87 duemilaventuno

LA MURGIA DEI SOGNI

macchina illuminando l’artista, con un flash laterale, un attimo prima di terminare lo scatto, ottenendo in questo modo sia il disegno, sia la figura di Picasso che lo concludeva, senza che l’artista avesse idea del risultato dell’opera, se non dopo la stampa delle foto. Infine viene presentato il libro Miguel Vaaz. Il Conte di Mola, di Nicola Fanizza, che narra la vera storia di questo personaggio, ricordato dagli storici oltre che per la sua intraprendenza, anche per aver salvato Napoli da una terribile carestia, importando grano dai paesi balcanici. Accusato dagli agenti del viceré duca d’Ossuna di aver frodato il Regno, per scampare alla cattura Vaaz si rifugiò nella chiesa per un lungo periodo, interrotto solo quando, al termine di un regolare processo, fu assolto. L’autore, argomentando con fatti documentati e fonti storiche riscontrabili, è riuscito a demolire la costruzione negativa attorno al Vaaz, rovesciandone addirittura l’interpretazione, fino a promuoverne la figura come vero e proprio salvatore del Regno.

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I VINI Gli elementi attori di questo formidabile territorio sono il vento, il mare e la pietra. Ma è il vento il grande patriarca di questi vini, un maestrale che irrompe sulla Murgia e mitiga la fortissima escursione termica che, da maggio, causa temperature molto elevate di giorno e repentini abbassamenti di notte. I proprietari hanno recuperato le piante madri, per la riconversione di un vigneto, dal quale da millenni i contadini ricavavano un vino, che era sia alimento, sia celebrazione. Pur essendo una giovane azienda, l’equipe lavora molto sull’invecchiamento dei vini, anche il tappo e la bottiglia sono stati scelti in base a questo criterio di ricerca di longevità, per sfatare uno dei tanti pregiudizi attorno al Primitivo, ossia: la non capacità di invecchiare. Si tratta di un vino costruito, non artefatto, bensì tecnico, in antitesi con le moderne visioni naturali, ma che si allinea a un insegnamento di G. Tachis, secondo il quale: “Più importante di avere l’oro tra le mani, è la capacità di fonderlo”.

➜ REM 2018

➜ ONIRICO 2018

Rosato Igp - Metodo Classico Brut Rosé Primitivo 100 % - Gr. 12,5 % Non ancora in commercio Un brillante ramato tendente all’arancio già colloca nell’area del mediterraneo. Naso elegante, dove predomina il frutto declinato nei sentori di mela cotta, mostarda, caramelle d’orzo. Il palato è morbido e raffinato, sostenuto da una buona dorsale acida, che conferisce freschezza e armonia ad un sorso mai stucchevole. Realizzato con metodo ancestrale.

Rosso Igp - Primitivo 90 % - Aleatico 10 % Gr. 15,5 % - € 36 Annata più importante, a causa della stagione particolarmente piovosa, è stata effettuata un’importante selezione delle uve, i cui vini saranno di certo più longevi. Rubino cupo con lampi granato. Fiori macerati, tabacco fresco, pepe, cacao. Sorso succoso e dinamico con lungo finale fresco.

➜ ONIRICO 2017 Rosso Igp - Primitivo 90 % - Aleatico 10 % Gr. 15,5 % - € 36 Frutto di un’annata molto calda si presenta di un rubino profondo. Al naso intriganti note di fiori freschi, ciliegie in confettura, tocco speziato di pepe nero, lieve tostatura, macchia mediterranea, e soffio balsamico. Vino muscoloso ma agile. Palato rotondo sostenuto da ampia spalla acida. Lunghissima persistenza.

➜ IPNOTICO 2018 ➜ ONIRICO 2019

Rosso Igp - Primitivo 90 % - Aleatico 10 % Gr. 15,5 % - € 36 Più introverso, riflessivo. Di grande pienezza olfattiva, ma meno corale. È ancora giovane e ribelle nel suo silenzio. Meglio il palato, morbido, e già con grandi potenzialità in nuce.

Rosso Igp - Primitivo 100 % - Gr. 15,5 % - € 120 Subito al naso sensazione di freschezza, rimanda a viola, lavanda, amarene, e spezie preziose. La perfezione del tannino si traduce in una cremosità vellutata, con lungo finale sapido e agrumato. ➜ IPNOTICO 2019

➜ IPNOTICO 2017

Rosso Igp - Primitivo 100 % - Gr. 15,5 % - € 120 Rubino intenso. Olfatto più compatto e scuro, di viola, prugna, legno di sandalo, polvere di cacao, tabacco e pepe. Al palato è armonico, mostra una freschezza importante, considerando che si tratta del più vecchio.

Rosso Igp - Primitivo 100 % - Gr. 15,5 % - € 120 Mostra tutta la sua irrequietezza giovanile, nelle sensazioni ancora parzialmente stratificate, di chinotto, bosso e cenni balsamici. Al palato è un po’ più nervoso, ma avrà tempo per connotarsi nelle sue espressioni migliori, considerata la rilevante freschezza. 75


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IPOTESI SULL'EVOLUZIONE DEL CESANESE

IPOTESI SULL’EVOLUZIONE DEL CESANESE A n t o n e l l a

P o m p e i

Per uscire dagli stereotipi e giudicare un vino, senza banalizzarlo, sono efficaci le esperienze sul campo. Degustare, studiare, analizzare organoletticamente, annate, aziende, tipologie diverse, per capire meglio.

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IPOTESI SULL'EVOLUZIONE DEL CESANESE

Di Cesanese abbiamo già scritto. Ma continuiamo a farlo, perché resta uno di quei vini di cui non se ne sa mai molto. Eppure da almeno un decennio il Cesanese si è liberato di quella definizione di vino rustico che aveva in passato e anche la nostra Guida Bibenda, qualche anno fa ha avuto il coraggio di inserire nella Top Ten che riguarda i Dieci Migliori Vini Italiani, un Cesanese. Senza volerci ripetere, vogliamo qui parlare delle potenzialità di evoluzione di questo vino, scoperte e valutate sulla base di esperienze di degustazione svolte nel giro di oltre cinque anni di studio del territorio e di assaggi ripetuti, di varie e vecchie ■

Consorzio Tutela

annate di diversi produttori di Olevano Romano, del Piglio e di Affile, ossia delle

Cesanese del Piglio

tre Denominazioni.

Via Adige 41 03100 Frosinone

Una rinfrescata alle idee però appare necessaria. Il Cesanese è il vitigno autoctono

Tel. 0775 881036

rosso principe del Lazio. Viene allevato soprattutto nella parte meridionale della

info@consorziotutelacesanesedelpiglio.it

regione ed ha la sua terra di elezione nell’areale a sud est di Roma, nella generosa Ciociaria, un grande lembo di terra tra le provincie di Roma e Frosinone. Tre le denominazioni, con il Piglio come Docg, mentre i vitigni sono due, il Cesanese di Affile ed il Cesanese Comune. Sorvolando sulle differenze tecniche tra i due cloni, sappiamo che il Cesanese di Affile ha acini più piccoli del Cesanese Comune, e questo basta a dare una prima visione su una possibile differenza tra i vini di una o dell’altra tipologia. Almeno sulla carta, i vini da Cesanese di Affile, grazie all’acino più piccolo, avranno un più alto rapporto buccia/succo (mosto fiore), quindi saranno più intensi nel colore e più ricchi di profumi, dal momento che colore e profumi si estraggono maggiormente dalla buccia, ricca di polifenoli e di altre magnifiche sostanze. Dal canto suo, il Cesanese Comune sembra avere una più elevata acidità, almeno così è stato constatato nei molti assaggi, acidità che è sinonimo di freschezza e di eleganza. Senza dimenticare che la tanto amata acidità, che si tramuta in freschezza, è presente laddove il produttore concentra la sua attenzione sulla perfetta maturazione tecnologica, ossia nel migliore equilibrio del rapporto acidi/zuccheri, e non a prescindere da questa scelta. Nel vino è sempre importante chi il vino lo fa. Continuando nell'illustrare le nostre considerazioni sulle potenzialità evolutive, c'è da sottolineare di nuovo che il Cesanese è un vino che oggi non ha più nulla di rustico. Chi si ostina ad usare questo aggettivo per definirlo, non sa riconoscere l’eleganza di un vino oppure fatica a farsi un’opinione propria e scevra da stereotipi. È un vitigno dalla media capacità colorante che, se vendemmiato nei tempi giusti, regala la giusta alcolicità in una struttura di tutto rispetto, sottolineate da un’acidità che è il fondamento di una buona capacità evolutiva.

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IPOTESI SULL'EVOLUZIONE DEL CESANESE

Qua e là a volte si legge che il Cesanese va bevuto giovane. Non è così. Degustando i Cesanese di varie i Cesanese di varie aziende e di varie vecchie annate, fino a quindici anni di invecchiamento (in bottiglia), abbiamo trovato alcuni buoni vini molto ben conservati. Ovviamente, ce n'era anche qualcuno un po' "piatto". Ciò può dipendere da una vendemmia un po’ troppo tardiva, o da un errato calcolo della maturazione tecnologica, che ha elevato il livello di zuccheri ed ha impoverito il corredo di acidità. Ciò che colpisce e accomuna questi vini è il bouquet sprigionato dai vari Cesanese affinati ed invecchiati, in botte o in acciaio. Molti produttori affermano che il Cesanese non ama troppo il legno, tant'è che quelli che praticano l’uso della botte, usano quasi sempre botti grandi di secondo e terzo passaggio, giusto per smussare leggermente il tannino ed arricchirlo dei tannini soffici conferiti dal legno. Nelle varie numerose degustazioni è sempre apparso evidente che il Cesanese mantiene sempre una bella struttura, il colore resta intenso e vira sempre verso il granato, quasi mai nell’aranciato o nella eccessiva trasparenza. Ossidazioni ne abbiamo riscontrate ben poche, ma è il corredo di profumi che colpisce. Da qui scaturisce l'ipotesi: il vino Cesanese, sia giovane che invecchiato in botte o semplicemente affinato in bottiglia, ha principalmente dei profumi fruttati, più o meno intensi, profumi di frutta rossa e scura, fresca o più matura, dolce o appena in confettura; poi un po’ speziati se il vino ha visto il legno, un po’ floreali, un po’ terragni, un po’ vegetali. Alcuni vitigni, primo fra tutti il Cabernet Sauvignon, con l’invecchiamento regalano netti profumi di cioccolato, tabacco dolce, peperone, olive in salamoia, eucalipto, mon cherie ed after eight, cipria, mentolo e chi più ne ha più ne metta. Il Cesanese invece si mantiene nell’alveo del suo pur intenso corredo fruttato, di frutti rossi di tutte le specie, con alcuni non frequenti sconfinamenti in altri descrittori. Siccome “il dubitare” è un filo che può indicare il giusto percorso da intraprendere, ciascuno può verificare personalmente con la propria esperienza, gli assaggi e lo studio, perché il vino è piacere e studio continuo.

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Bibenda 87 duemilaventuno

STORIE D’IRPINIA

STORIE D’IRPINIA d i

R e d a z i o n e

Il romantico nome aziendale, Passo delle Tortore, deriva esattamente dalla località. Qui, prima dell'acquisizione da parte di tre signore irpine, non esisteva altro che una piccola comunità di tortore selvatiche.

Giovane azienda neofita nata nel 2019, già esportatrice di vini in California. Una realtà emergente situata nella fertile area agricola di Pietradefusi, che fa parte del disciplinare del Taurasi, fondata da tre donne irpine, amiche e imprenditrici, con le spalle strutturate da famiglie dedite alla terra e al vino da generazioni. Le proprietarie iniziano nel 2015 con l’acquisto di terreni e l’impianto di vigneti su un terreno deserto, abitato solo da una piccola comunità di tortore. Il progetto decolla nel 2018 quando viene chiamato in vigna e in cantina Francesco de Pierro, giovane enologo di origini sannitiche e beneventane, allievo di Luigi Moio e deus ex machina di Passo delle Tortore, il quale, dopo una proficua esperienza in Francia, ritorna in Italia per seguire il progetto, dapprima come consulente e poi come socio. 82


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STORIE D’IRPINIA

Il primo insediamento umano in questo territorio risale ai Sanniti, che lo storico Erodoto delinea come un popolo “selvaggio, avvezzo a soggiornare nelle caverne e a cibarsi di cacciagione, nonché di frutta che la terra spontaneamente produceva". Pietradefusi si estende ai piedi di Montefusco, su colline situate alla sinistra della media Valle del fiume Calore, in epoca sannitica ancora navigabile, e “l’oscura” Valle di Ansanto, situata a 750 metri di altitudine, tra i fiumi Fredane e Ufita, nota fin dall'antichità per la presenza del Lacus Amsancti, un pericoloso laghetto tuttora oggetto di studio, ribollente di sorgenti solforose, formatosi in un cratere, da cui si sprigionano continue esalazioni gassose. Antico luogo di culto della dea Mefite, dove i Sabelli e i Sanniti erano soliti recarsi per venerare e interrogare l’oracolo, ripetutamente menzionata da numerose fonti classiche, nel Naturalis Historia di Plinio e nell’Eneide di Virgilio, che lo descrive come un’anticamera infernale: C'è nell'Italia centrale un luogo alle pendici di alti monti di cui molto si parla per la nobile fama, le valli d'Ansanto... Qui un orrendo speco e diversi spiragli di Dite vengono mostrati, e una grande voragine dove inizia l'Acheronte che spalanca le fauci pestifere L’attuale assetto del comune risale all’epoca medioevale, quando il paese fu possedimento di diversi feudatari, i De Souz, i Tocco e gli Acquaviva d’Aragona, di cui rimane testimonianza nella Torre Aragonese con lo stemma di un leone rampante. A causa di guerre devastanti, per difendersi dagli invasori, le contrade dei diversi domini si fusero, ■

Passo delle Tortore

dando origine alla “Pietra de li Fusi”.

Contrada Vertecchia 83030 Pietradefusi AV

Dopo la laurea presso la Facoltà di Vitivinicoltura ed Enologia della Scuola Enologica

Tel. 335 5946330

d’Irpinia, de Pierro si trasferisce a lavorare dapprima a Bordeaux, poi sulla Côte du Rhône e

info@passodelletortore.it

nella zona dell’Hermitage, dove si specializza nella coltivazione di Syrah, parente molto stretto

www.passodelletortore.it

dell’Aglianico. L’esperienza francese si rivela particolarmente significativa per l’enologo, che comprende come in quella regione si abbia una profonda conoscenza delle microzone territoriali e del Dna dei vitigni, dove già da 1500 anni, si sperimenta il terroir. A questo punto la direzione intrapresa è limpida: partendo dal presupposto che in Campania ci vorrà ancora molto tempo per arrivare a questo tipo di sperimentazione, l’enologo comincia le ricerche sulle microaree e i risultati non tardano ad arrivare. Si producono tutti vini giovani, ma già precisi, con una straordinaria coerenza gustolfattiva e un’eccezionale freschezza. Poche, ma chiare, le linee guida adottate: un’attenzione massima alla vigna, poiché il vino è innanzitutto alimento; e una “guerra” contro l’ossidazione, l’unico modo

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per preservare il bouquet aromatico dei vini. L’azienda concentra

su un terreno argilloso e limoso, in grado di preservare nelle

tutta la sua produzione di vini rossi sul vitigno Aglianico di Taurasi,

uve aromaticità e freschezza, conferendo al vino una grande

espressione dell’intero territorio. I vini prodotti si presentano

capacità di invecchiare, da questi si ottengono il bianco Piano

superbi, concentrati e morbidi. È un vino prestante, che ha visto

del Cardo, l’Aglianico Sassoserra e il Pietra Rubra. Nella

un’importante gestione dei tannini nel periodo di macerazione

contrada di Lapio, a 540 metri slm, abitata per molti anni

delle uve. Anche per questi vini, come per i bianchi, vengono

solo dalle tortore, simbolo di amore e fedeltà, nasce il Fiano

utilizzati lieviti selezionati tra i più neutri possibili, esclusivamente

di Avellino, un vino fresco connotato da sentori fruttati,

con la funzione di start. Inoltre vi è un’attenzione maniacale

originati dalla forte presenza lavica in terreni argilloso-calcarei

sulla maturazione fenolica, per raggiungere la quale è essenziale

e le forti escursioni termiche. Infine sulla collina più alta, a

un considerevole diradamento in vigna e la macerazione, in base

Sant’Egidio di Montefusco, 700 metri slm, su terreni tufacei

all’andamento climatico dell’annata.

che conferiscono ai vini grande struttura, freschezza, spiccata

I vigneti di Aglianico biotipo Taurasi e Falanghina sono

mineralità e longevità, nasce il Greco di Tufo Le Arcaie; il cui

allevati a Pietradefusi, a 400 metri sopra il livello del mare,

nome in dialetto deriva dalle donne che un tempo vendevano

in una zona dove crescevano spontaneamente cardi selvatici,

vino sotto le arcate del paese. 85


La degustazione | Passo delle Tortore

Falanghina Piano Del Cardo 2020 Bianco Doc - Falanghina 100 % - Gr. 14 % - € 18 Brillante oro verde. Mela verde, fior di limone, morbido, fresco e dinamico, sapido e cremoso. Vino giovane e di grande personalità che mostra un grandissimo potenziale.

Fiano di Avellino Bacio Delle Tortore 2020 Bianco Docg - Fiano 100 % - Gr. 13,5 % - € 18 Paglierino tempestato di riflessi verdolini. Luminoso. Naso aromatico e floreale, miele d’acacia, mandorla fresca, note piraziniche su sentori di erba falciata, foglia di pomodoro, timo, sensazione minerale fumé. Palato morbido e fluido. Lunghissimo.

Greco di Tufo Le Arcaie 2020 Bianco Docg – Greco di Tufo 100 % - Gr. 14 % - € 18 Verdolino brillante. Preziosi sentori di acacia, glicine, biancospino, pesca bianca, nespola, scia minerale, erbe aromatiche e un sorso vivace e minerale.

Irpinia Aglianico Sasso Serra 2020 Rosso Doc – Aglianico 100 % - Gr. 14,5 % - non ancora in commercio Nato con l’idea di imbottigliare un vino giovane, si presenta in una sgargiante veste violacea, il naso è profumato di ciliegie e amarene, con un tocco speziato dolce. Sorso succoso, il palato è fresco e, nonostante la giovinezza, già di lunga persistenza.

Irpinia Campi Taurasini Pietra Rubra 2019 Rosso Doc – Aglianico 100 % - Gr. 14,5 % - € 30 Naso elegante su note di frutta scura, tocco speziato di tabacco, liquirizia, note ferruginose, lieve tostatura. Palato poderoso, tannini nobili su trama fittissima. Freschezza eccezionale. 86


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Bibenda 87 duemilaventuno

PERIFERIA IODATA

PERIFERIA IODATA L u c i a n o

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M a l l o z z i


Il nome scelto per questo nuovo progetto vuole ricordare le brezze marine e salmastre che soffiano sulla costa e penetrano anche nell’entroterra, Un'associazione di ristoratori con l’intento di promuovere il patrimonio enogastronomico e la cultura agroalimentare del litorale laziale. ■

www.periferiaiodata.it

periferiaiodata@gmail.com

"Essere una Periferia è un orgoglio, un’identità che proteggiamo.

prodotti di estrema eccellenza, espressione del territorio, che nei

Lontano dal centro può nascere l’eccellenza, e noi ne siamo una prova".

piatti diventano una vera e propria esperienza dell’agroalimentare

Questo l’incipit che tiene a battesimo un nuovo progetto,

locale. Non solo aeroporto, dunque, ma anche non solo mare -

assolutamente no-profit, che vuole raccontare e promuovere un

patrimonio dalle qualità indiscusse a partire dalle straordinarie

territorio, partendo dalla valorizzazione dei prodotti della terra, del

telline. Fiumicino, ma non solo: la città del litorale romano,

mare e del lavoro degli artigiani che ricadono nell’area del comune

con le sue 14 località, Fregene e Maccarese comprese, è anche

di Fiumicino. La presentazione del Progetto “PERIFIERIA

espressione di realtà agricole “iodate”, a due passi dal mare, che

IODATA”, con un chiaro riferimento nel nome alle brezze

racchiudono storie di imprenditoria del cibo. Come non citare

marine e salmastre che soffiano sulla costa e penetrano anche

i carciofi DOP di Ladispoli, la carota di Maccarese, i pinoli di

nell’entroterra, si è svolta nella splendida cornice del Castello San

Fregene, le zucchine romanesche, il latte e le gustose carni bovine

Giorgio di Maccarese, il 12 dicembre.

degli allevamenti locali.

L’intento è quello di promuovere il patrimonio enogastronomico e la cultura agroalimentare locale. Fondatori dell’iniziativa sono

Un progetto ambizioso ma l’intraprendenza e la volontà, unite

i due chef stellati di Fiumicino Gianfranco Pascucci (Pascucci

all’amore per il proprio territorio permettono di avere le carte

al Porticciolo, Presidente dell’Associazione) e Lele Usai (Il

giuste per raggiungere il meritato successo. Altro obiettivo nel

Tino, Vice presidente), insieme a Marco Claroni (Osteria

mirino della neonata associazione è mandare un significativo

dell’Orologio) e Benny Gili (la Baia di Fregene). Alla locomotiva

segnale verso la sostenibilità ambientale: cercare una soluzione

dei quattro ideatori si sono immediatamente aggiunti: Alessandro

definitiva al problema dei rifiuti trasportati dal Tevere, eliminare

Capponi (Host), Alessandro Pietrini (La Marina), Franco

le cassette di polistirolo dal pescato di Fiumicino e da ultimo,

Di Lelio (Pizzeria Sancho), Arcangelo Patrizi (Pasticceria

ma non meno importante, l’ottenimento della certificazione del

Patrizi), Marco Fiorucci (Gina al Porto Romano) e Luca

pescato locale attraverso un marchio di ulteriore qualità.

Pezzetta (Pizzeria Clementina), Andrea Salce (Il Riviera), Fabio

Concludendo, tante idee, tanti progetti, tante iniziative,

Di Vilio (La Scialuppa, Da Salvatore) e Maria Cristina

tutte volte a dare lustro ad un’area geografica che possiede un

Sebastiani (Rosario).

potenziale straordinario e che non può non avere il successo

Un sodalizio nato in primis tra amici, ma anche tra conterranei e

che merita. La centralità della periferia può essere la giusta

ristoratori che da sempre avevano voglia di accendere i riflettori sui

chiave. In bocca al lupo! 89


i r o t t u d o r p i n o c A tavola C i n z i a

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B o n f à


Siamo entrati nelle cucine di alcuni produttori di vino chiedendo loro di raccontarci una propria ricetta alla quale sono particolarmente legati.

IL PRODUTTORE Questo mese siamo a Luni piccolo comune della provincia della Spezia, cuore di quel territorio che ha dato luce alla prestigiosa Doc dei Colli di Luni, anche ultimo lembo della Liguria, prima della vicinissima Toscana. La Pietra del Focolare è situata proprio qui, nel pianoro tra le colline di Castelnuovo Magra e Luni, fondata per volere di Laura Angelini e di suo marito Stefano Salvetti alla fine degli anni Novanta, facendo rivivere una storia antica nata nella mezzadria ottocentesca dei bisnonni Angelini. Laura, donna solare ed energica, dal sorriso contagioso, si occupa della parte commerciale aziendale ma spesso la si trova a lavorare in vigna e nella cantina, per pura passione. Stacanovista d’eccezione è una cuoca sopraffina, a detta degli amici (non sua, ha voluto sottolineare), e ci propone un piatto della tradizione ligure, tramandatole prima da sua nonna e poi da sua mamma: frittura di rossetti. I rossetti sono simili ai bianchetti, nome commerciale attribuito al novellame del pesce azzurro, mentre i rossetti sono leggermente più lunghi perché sono gli adulti della specie Aphia minuta.

FRITTELLE DI ROSSETTI Ingredienti per 4 persone: 200 gr. di rossetti 2 uova di pollaio 3 cucchiai di farina di mais qualche foglia di prezzemolo un pizzico di sale Olio Extravergine di Oliva ligure maturo, o di semi di arachide, per friggere Preparazione 1. Lavare le foglie di prezzemolo e tritarle finemente. 2. Sciacquare i rossetti in un colino a fori piccoli. Lasciarli sgocciolare. 3. In una terrina sbattere le uova con un pizzico di sale, unire la farina di mais, il prezzemolo tritato e mescolare. Lasciare riposare la pastella per qualche minuto, poi aggiungere i rossetti e amalgamarli al composto in modo molto delicato. 4. In una padella dai bordi alti mettere l’olio abbondante e portare ad alta temperatura. 5. Friggere nella padella, mettendo il composto a cucchiaiate nell’olio bollente, girare 2 o 3 volte per far dorare entrambi i lati. 6. Quando le frittelle saranno dorate e croccanti, sgocciolarle e passarle sopra un foglio di carta assorbente. Servirle subito calde ma sono buonissime anche fredde.

L’ABBINAMENTO Per l’abbinamento Laura suggerisce Il Solarancio 2020, la sua sapidità ben si sposa con la grassezza del muco gelatinoso dei rossetti e l’untuosità dell’olio di frittura. Solarancio è un vino prodotto in poche bottiglie, nato in onore del grande sole arancione, simbolo anche dell’azienda, che scende lento al tramonto sui filari di Vermentino posizionati a 250 metri s.l.m. nelle colline di Sarticola. Questa è una micro zona che gode, non solo delle brezze marine ma anche delle peculiarità date dal particolare terreno, composto da scisto e galestro rosso, che conferiscono ai vini una piacevole verticalità salina, spina dorsale di quei Vermentino da lungo invecchiamento. In questo Vermentino si fondono il giallo del sole, il rosso dei terreni e il blu del mare, già dal colore giallo paglierino con riflessi smeraldini. Al naso dona immediate sensazioni fruttate con frutta tropicale, susina goccia d’oro e lime, per poi aprirsi a toni di erbe mediterranee, erba falciata e mandorla dolce con echi minerali in chiusura. Bocca verticale, molto sapida, siglata da richiami marini iodati, ben bilanciati da struttura e calore. Lunga persistenza agrumata.

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Da Leggere

Sono i nostri consigli di lettura. Novità, nuove edizioni, dizionari, testi legislativi, romanzi, saggi, pubblicazioni tecniche: letture intorno al vino.

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Da Leggere

STORIA Ventiquattresima Edizione di BIBENDA, la guida che non c'era. Nasce nel 1999 per soddisfare un pubblico di appassionati del buon bere e del buon vivere che nella scelta di un vino cercano non un semplice orientamento ma notizie, dati, certezze. Il libro guida cresce man mano negli anni, nell'ottica di soddisfare le curiosità dei suoi lettori. Fin dall'inizio Bibenda si rivela come la guida più completa, con oltre duemila aziende, circa 27.000 vini con tutti i dati, dalla tipologia al prezzo, alla valutazione, completati dalle note tecniche di lavorazione, dalla degustazione e dall'abbinamento con i cibi. Tutto secondo Scuola e Metodo della Fondazione Italiana Sommelier. Stesso metodo applicato a Grappa, Olio Evo e ai Ristoranti, le altre tre sezioni della guida. Informazioni, contatti e siti web di cantine, distillerie, oleifici, ricerca e localizzazione geografica delle aziende. BIBENDA è la guida più completa in assoluto. Enciclopedica, con tutti i dati per una consultazione senza limiti. LA REDAZIONE

Una Redazione Centrale, concepita per gestire i lavori della Guida dall’inizio alla fine, cercando così di escludere pressioni o influenze dall’esterno. Vengono invitate circa 3.000 aziende di vino a partecipare con le loro nuove campionature. Le doppie campionature vengono smistate dal magazzino, la prima viene destinata alla

degustazione, la seconda resta nel magazzino (climatizzato) per le eventuali verifiche, sia per le finali sia per eventuali difetti. La Redazione Centrale è composta da un gruppo di redattori che si occupano di coordinare tutte le fasi necessarie per la realizzazione della guida, dall’invio degli inviti alla ricezione dei documenti, alla destinazione dei vini per le degustazioni. Completano l’opera diverse professionalità, dalla realizzazione grafica ai due team di sviluppatori del progetto online, sia dalla versione per pc sia dell’Applicazione. Circa 50 redattori per la valutazione di oltre duemila aziende. IL VINO

Regione per regione, i produttori con i loro vini, le descrizioni, gli abbinamenti, la longevità, le denominazioni di origine. Come andar per cantine per un Turismo di qualità. I vini vengono riportati con tutte le informazioni, l’analisi sensoriale, il metodo di lavorazione, notizie sulle vigne, metodo di coltivazione, per ciascun vino almeno un abbinamento o due. La valutazione, da 2 a 5 Grappoli. Tutti questi dati possono essere utilizzati come criteri di ricerca. Significa che si potrà cercare un vino partendo anche soltanto dal cibo o dal tipo di vinificazione o maturazione, dalle uve, dalla fascia di prezzo, dalla valutazione. Inoltre, novità assoluta, si possono cercare i vini “Affini”, vuol dire che se ci è piaciuto moltissimo un certo vino, attraverso questo speciale criterio di ricerca l’applicazione ci mostrerà quali altri vini potrebbero piacerci.

le recensioni di circa 400 Aziende Italiane Produttrici di Olio Extravergine, la migliore produzione del nostro Paese. Le degustazioni di tutti gli Oli prodotti, selezionati e valutati da 2 a 5 Gocce, secondo Scuola e Metodo di Associazione Italiana Sommelier dell'Olio ®. LA GRAPPA BIBENDA 2022 contiene una panoramica selezionata della migliore produzione italiana, con suggerimenti per un abbinamento non solo piacevole, ma che possa rivelarsi emozionante. I RISTORANTI Regione per regione, splendide scoperte e conferme, grandi e piccoli ristoranti italiani ai quali abbiamo dato i nostri 2, 3, 4, 5 Baci. I ristoranti selezionati da Bibenda vengono pubblicati con tutte le notizie utili per raggiungerli e ricerca geografica, oltre alla descrizione, tutti i dati del locale, giorni di apertura, chef, prezzo. Inoltre, una nota di cortesia per indicare al lettore una chicca, una produzione di nicchia, un suggerimento, una bottega da non perdere negli immediati paraggi del ristorante, per rendere la visita ancor più interessante.

Redazione BIBENDA Via Alberto Cadlolo 101 – 00136 ROMA 06 855094208 – 06 855094213 www.bibenda.it - redazione@bibenda.it

L'OLIO

Le migliori aziende italiane produttrici di Olio Extravergine di oliva di qualità. Un patrimonio italiano senza rivali al mondo. I migliori oli d’Italia provenienti dall'ultima campagna olearia. Una sezione che a tempo di record viene aggiornata nella stessa primavera dell'anno di riferimento dell'ultima campagna olearia. La prossima quindi sarà pubblicata a marzo 2022 con 93


CrUc i BENDA P a s q u a l e

P e t r u l l o

in arte Petrus

Orizzontali 1. Il panoramico agriturismo "... Nada" di Treiso (CN), immerso nel silenzio dei vigneti 4. Il "... di Montalcino" che ha collezionato a "Bibenda 2022" ben 42 “Cinque Grappoli” 11. Non... inglese 14. Forte e predominante sensazione di acidità 16. La giornalista Jebreal 17. Il Sauvignon ... per il Sauternes 18. Si paga in fattura 19. Vino rosso piemontese 20. Possono cambiare un fico in fiocco 21. Astringente all'inizio 23. Poco corposo 24. Uno Young cantante 25. Iniziali dello scrittore Poe 28. Principio di abbinamenti 30. Nel Gewürztraminer 31. Fa luce dal molo 33. Vitigno rosso di Santorini 94

38. 40. 42. 43. 44. 45. 46. 49.

Si trova al piano terra dell'Albergo Rome Cavalieri Centro benessere dell'Albergo Rome Cavalieri Agnese a Valencia Mutano pere in pietre La Martini sorella di Loredana Berté Golda che fu primo ministro d'Israele Comuni quelle discali Quello "...Extravergine Bio" da mono varietale Peranzana è stato insignito a BIBENDA 2021 delle 5 GOCCE 51. Iniziali di Carducci 52. Completo di valigie 54. Contengono... albana 55. Gruppo Sportivo 57. Vano d'appartamento 59. L'esame gusto-olfattivo li valuta dal poco fresco al molto fresco 61. Vitigno a bacca nera del Veneto 63. L'olio della Miss 64. Il vitigno siciliano a bacca nera più famoso nel mondo 65. Spirito di... vino


CrUc i BENDA

Prosegue la serie dei giochi di Bibenda tutti ispirati al mondo del vino scaturiti dalla penna del nostro enigmista preferito.

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60. Sapido in fondo 61. Iniziali della Venier 62. Violacei in mezzo

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27. Lo è tutto il mondo 29. Rumori di esplosioni 30. Viaggia con il trolley 31. Il di Bruno fra gli eroi della nostra marina 32. Federal Bureau of Investigation 34. Vino senza pari 35. Iniziano taurasi e marsala 36. Può essere verdolino, dorato e ambrato 37. Il velocista e lunghista Jacobs 39. Al contrario 41. Vino DOCG del Frusinate 45. Sigla del Mozambico 47. Lungo e ardimentoso volo 48. Il mare che circonda Santorini 50. Minestra tipica di Trieste 52. Precede Giovanni Bosco sul calendario 53. Un pesante automezzo 56. Società a Responsabilità Limitata 58. Appellation d'Origine Contrôlée

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Verticali 1. Paga meno del terno 2. Il sapore fondamentale con acido, salato e amaro 3. Gioca all'attacco 4. Vino rosso DOC del Novarese 5. Fanno del poeta un profeta 6. Il cantone di Guglielmo Tell 7. Imbianca i campi 8. European Space Agency 9. Sigla di Lecco 10. Marchio distintivo di un'azienda 11. Tante possono essere le bollicine 12. Elemento chimico con simbolo Ho 13. Antica moneta cinese 15. Comuni a Tony e Tina 16. Ernest, autore d'una "Vita di Gesù" 22. Da piccola si chiama bianchetto 23. Si dice che lo sia chi ha un grande cervello 26. Montagne etiopiche

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977 712 405 83


www.bibenda.it bibenda@bibenda.it

Foto © shutterstock.com © Matteo Berlenga

Consulenti dell’Editore DIRETTORE

Fabrizio CASADIO Internet

Franco M. RICCI

Pierluigi DEL SIGNORE Medicina Stefano MILIONI Editoria

Caporedattore centrale

Carlotta PIRRO Legislazione

Paola SIMONETTI

Barbara TAMBURINI Enologia Gianfranco VISSANI Cucina

Hanno collaborato a questo numero Carlo ATTISANO, Paolo AURELI, Cinzia BONFÀ, Raffaele FISCHETTI, Paolo LAUCIANI, Luciano MALLOZZI, Pasquale PETRULLO, Antonella POMPEI, Francesca RAGONE, Daniela SCROBOGNA, Neonila SILES, Federico SORGENTE.

Grafica e Impaginazione Fabiana DEL CURATOLO

BIBENDA per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino

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Anno XX

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n. 87

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Dicembre 2021

> Direzione, Redazione e Amministrazione 00136 Roma - Via A. Cadlolo, 101 - Tel. 06 8550941 - Fax 06 85305556 >

®

2021, Bibenda Editore Srl - Roma tutti i diritti sono riservati / Registrazione del Tribunale Civile di Roma al n° 574 del 20 Dicembre 2001

> Iscrizione al Registro Operatori della Comunicazione al n° 9.631 L’analisi sensoriale, che evidenzia la qualità dei vini di tutte le nostre recensioni, viene effettuata con metodo e scuola di Fondazione Italiana Sommelier. Bibenda, la rivista nata nel 2002 su progetto grafico originale di Bets Design S.r.l., Roma. Altre Pubblicazioni di Bibenda Editore | BIBENDA la Guida online ai Migliori Vini, Grappe, Oli e Ristoranti | L’Arte del Bere Giusto / Il Gusto del Vino / Il Vino in Italia e nel Mondo / Abbinare il Vino al Cibo / Il Dizionario dei Termini del Vino (sono i testi del Corso di qualificazione professionale per Sommelier riconosciuto in tutto il mondo) | Ti Amo Italia (la pubblicazione in inglese su Vino e Cibo italiani) | Il Quaderno di Degustazione del Vino | Bibenda 2020 Ti Amo Italia del Vino (Edizione Speciale per il francobollo dei 20 anni) | La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Pellegrino Artusi | I prodotti della terra d'Italia.


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