Bibenda n° 55

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Anno XV - n. 55 - Mensile Dicembre 2016

55 duemilasedici

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copertina > Con questo numero il Mondo BIBENDA resta fedele a se stesso e si completa. Quindici Primavere dopo la nostra mitica rivista si realizza online: merita il primo piano, merita la posizione di servizio di copertina. Eccezionalmente, a pagina 1.

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L’olio dei bambini / di Franco M. Ricci Vino, Uomo, Natura / di Salvatore Foti Una passione di famiglia / di Cinzia Bonfà Un’antica ricetta / di Lorenzo Costantini Casa Vissani come Hollywood Mondavi, California / di Elvia Gregorace Barolo Otin Fiorin Piè Rupestris / di Claudio Bonifazi Hum, magico Moscato / di Pietro Mercogliano Normale ma non troppo / di Filippo Busato Diario di Viaggio: Maremma laziale / di Dario Risi Merano, Bolzano / di Manuele Petri Merano, Roma / di Antonella Pompei Tra i monti e il mare / di Cinzia Tafuto Malanni di stagione / di Michele Biscardi Il Salento dei miraggi / di Barbara Distratis 40 anni di “Quore” / di Raffaele Fischetti L’orange wine del Monastero / di Nila Halun Oban, Scotland / di Barbara Palombo Un assaggio di Borgogna / di Antonella Pompei Terminator / di Fabio Visca India: Top Chef Award 2016 / di Paola Simonetti Da leggere / di Claudia Chiarotti Informazioni da Fondazione

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La Primavera dei Grandi Vini I Grandi Spumanti Italiani > Presentati da Luciano Mallozzi Metodo ClassicoTerzavia 2013 | Marco De Bartoli Alta Langa Brut 2009 | Ettore Germano Extra Brut Rosé Kius 2012 | Marco Carpineti Spumante Classico Brut 2006 | Zamuner

I Grandi Rossi del Nord > Presentati da Massimo Billetto Barolo Monprivato 2012 | Giuseppe Mascarello Sforzato di Valtellina Sfursat 5 Stelle 1997 | Nino Negri Amarone della Valpolicella Class. Monte Lodoletta 2004 | Romano Dal Forno Barbaresco Asili 2011 | Bruno Giacosa

I Grandi Bianchi del Freddo > Presentati da Giuliano Lemme Soave Classico La Rocca 2007 | Pieropan Langhe Sauvignon Alteni di Brassica 2014 | Gaja A. A. Müller Thurgau Feldmarschal Von Fenner 2015 | Tiefenbrunner Vette di San Leonardo 2015 | Tenuta San Leonardo

I Grandi Rossi del Centro > Presentati da Paolo Lauciani Brunello di Montalcino 2010 | Le Potazzine Galatrona 2007 | Petrolo Romanzo 2009 | Bibenda Sagrantino di Montefalco 25 anni 2000 | Arnaldo Caprai

I Grandi Bianchi del Sole > Presentati da Daniela Scrobogna Trebbiano d’Abruzzo Riserva 2009 | Emidio Pepe Etna Bianco A’ Puddara 2014 | Tenuta di Fessina Batàr 2006 | Querciabella Cilento Fiano Pietraincatenata 2013 | Luigi Maffini

I Grandi Rossi del Sud > Presentati da Daniele Maestri Frappato 2014 | Arianna Occhipinti Turriga 2012 | Argiolas Sabbie di Sopra il Bosco 2013 | Nanni Copè Patriglione 2007 | Taurino 1


Servizio di Copertina

L’Olio dei bambini F

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r a n c o

M .

R

i c c i


Educare

i bimbi alla

Cultura

dell’Olio è una delle mille magie che

Fondazione

Sommelier mette in atto per provare a far crescere questa Italia di grandi Talenti.

Mentre passava la Legge sul Testo Unico per il Vino il 28 Novembre scorso, noi sorridevamo sommessamente di gioia. Abbiamo ringraziato i Parlamentari che hanno lavorato bene, anche perché in un paio di righe il Legislatore ha inserito che il Vino è Cultura del nostro Paese. Qualche riga che basta per permetterci di andare avanti con il nostro sogno del Vino a Scuola. Ci sono delle premesse e delle promesse e molti di questi Parlamentari che credono n

Alcuni bimbi in una im-

in un progetto più incisivo per il Vino come materia di Cultura nella Scuola Italiana

provvisata vendemmia 2016

erano presenti alla nostra Presentazione di BIBENDA 2017 lo scorso 19 Novembre.

nella scuola materna della

Li abbiamo sentiti e visti sempre più convinti di andare avanti.

Presidente della Fondazione Italiana Sommelier Campania

La nostra pressante volontà di cambiare le regole pedagogiche del Vino e dell’Olio

Veronica Iannone.

va avanti parecchio, avanti tutta! Un paio di settimane fa, al secondo evento dei Bambini a Scuola di Olio ce n’erano una sessantina, dai 5 ai tredici anni. L’atmosfera magica di colpire con l’evidenza degli assaggi i bimbi che ascoltavano con grandissima attenzione un vero Docente e gustavano alcuni veri oli extravergine ci ha riportato alle nostre precedenti considerazioni, c’è da sottolineare quanto sia interessante e soprattutto quanto sia importante creare una comunicazione con i genitori anche in questo senso, perfino con la pretesa di scegliere bene gli oli di casa. Si conferma l’utilità del libro che accompagna la lezione con tanto di colori da utilizzare per tuffarsi dentro la storia dell’Olio. Partiremo a breve con un analogo incontro di bambini per capire il vino. Non possiamo permetterci di fare troppo tardi mentre aspettiamo che questo Paese si adegui e adotti un insegnamento scolastico in cui si dimostri che il Vino è una buona cosa, un prodotto della Cultura e della Vita della nostra Italia. Che dimostri che il Vino è un Angelo non un diavolo. Era un sogno di Gino Veronelli che ho cercato ogni giorno della vita di realizzare per offrirglielo. 3


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Vino, Uomo, Natura

Vino, Uomo, Natura. S

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a l v a t o r e

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Vino, Uomo, Natura

Ancora

a proposito di vini biologici, biodinamici, naturali, riportiamo il pensiero

di uno degli enologi più illuminati al riguardo.

La vite fa l’uva non perché l’uomo ne faccia del vino, ma solo per riprodursi. L’uva può essere un prodotto naturale, nel senso che la vite se selvatica farà il suo corso producendo delle bacche che verranno mangiate dagli animali e dall’uomo, in modo che i semi vengano disseminati e la pianta si possa riprodurre. L’uomo, con il suo genio, ha inventato il vino come oggi noi lo conosciamo. Nel tempo ha approfondito la tecnica di produzione finalizzandola sia a cercare di controllare il processo produttivo sia la qualità e, in alcuni casi, anche per fare a meno dell’uva! La tecnica in sé non è una brutta cosa. È l’uso che se ne fa che può essere bene o male. Oggi si avverte, si sente la pressante esigenza di avere dei prodotti sani, cosiddetti “bio”, “naturali. Probabilmente i tanti eccessi, dovuti a motivi economici-commerciali (soprattutto al nostro egoismo e avidità), che ha permesso alla tecnologia di essere un valore quasi assoluto della nostra società, hanno fatto diventare tantissimi vini dei prodotti prettamente industriali, senza anima. Per motivi legati alla nostra cultura contadina (per chi ha la fortuna di aver vissuto o vive questi antichi valori) e anche per la visione sentimentale che abbiamo del vino, noi non accettiamo tutto questo. Ma un errore sarebbe pure quello di non riconoscere ciò che di positivo c’è nella tecnica enologica di questi ultimi decenni e di accettare senza riflessione e critica tutto quello che viene dal passato, o che si paventa tale, e dall’empirismo. Non bisogna passare da un eccesso ad un altro. È l’errore più diffuso e più stupido che l’uomo fa, spesso per ignoranza. Le nostre conoscenze attuali, più di prima, ci consentono oggi di fare delle scelte veramente ponderate e permetterci di contenere gli effetti negativi in tutto quello che facciamo. Cioè a dire, abbiamo la possibilità e dobbiamo optare per scegliere il male minore, il migliore compromesso possibile: perché in verità è di questo si tratta. È fondamentale, insostituibile, nella vitivinicoltura, la vigna e il lavoro che noi facciamo in essa, il resto è relativo. Bisogna inoltre non dimenticarsi che oggi in Italia esiste una legislazione, che tutti i produttori sono tenuti a rispettare, che come effetto, se veramente applicata, impone delle strutture produttive che niente o pochissimo hanno con quello che è il nostro immaginario “poetico” delle cantine di una volta. Tale legislazione, spesso generica e ottusa, impone degli ambienti di produzione più simili ad asettiche “sale operatorie di ospedale” che a cantine vere e proprie. Oggi, ad esempio, è assolutamente proibito poter vinificare in un palmento etneo costruito in pietra lavica. Eppure il palmento etneo è un sistema di vinificazione che è stato utilizzato per quasi duemila anni ed era in uso in tutta l’Etna sino ad alcuni decenni fa. Da un momento all’altro è stato considerato 6


illegale. E proprio questo l’errore: il fatto che si distrugga e si rinneghi completamente tutto quello che si è fatto fino o poco tempo prima, per accettare senza nessuna riserva il completamente nuovo. Io credo che il passaggio debba avvenire sempre in modo graduale, ponderato. I palmenti potevano benissimo continuare a produrre dei vini, bastava solamente attuare dei cambiamenti, necessari, dovuti ad una ovvia e naturale evoluzione enologica, igienica e di sicurezza produttiva. Il cambiare tutto e subito, spesso equivale a non cambiare niente. Che si senta fortemente la necessità di un vino (non solo il vino) sano, bio e naturale - Umano sarebbe la parola giusta- è indubbio. Il vino biologico e biodinamico avranno probabilmente sempre più diffusione. Ma bisogna fare attenzione a saper discernere tra il vero e l’illusione del vero. Tra chi veramente, quotidianamente,

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lavora e cerca di migliorare i suoi vini oltre che qualitativamente anche dal punto di

in un palmento etneo

vista dell’etica produttiva, e della eco-compatibilità, spesso senza ricorrere ad appellativi

costruito in pietra lavica.

eclatanti e slogan ad effetto, ma solo utilizzando il buon senso, e chi offre l’illusione di

Eppure il palmento etneo è un

un prodotto, di un vino tutto naturale, creato solo dalla natura, senza nessun ben che

sistema di vinificazione che

minimo intervento da parte dell’uomo, natura 100%, mi tornano in mente le parole del

è stato utilizzato per quasi

mio professore di chimica enologica: l’ingrediente migliore di un vino rimarrà sempre

duemila anni.

Oggi è proibito vinificare

l’onesta di chi lo produce! 7


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Vino, Uomo, Natura

Vini biologici e biodinamici, naturali.

della terra curandone il fattore fondamentale: l’Humus.

La nascita dell’agricoltura biologica si può fare risalire a primi del

Produrre piante ed animali che siano in armonia e “possono

‘900. L’inglese Albert Howard, elaborò delle tecniche di com-

dialogare con tutti i componenti dell’organismo aziendale

postazione per la concimazione organica in agricoltura. Qualche

e planetario in cui si trovano”, attraverso appositi strumenti

anno dopo lo svizzero Hans Muller mise a punto il protocollo

specifici quali i preparati biodinamici, l’osservanza di calendari

dell’agricoltura oraganico-biologica. I principi generali dell’agri-

lunari e planetari nelle operazioni colturali e tecniche di

coltura biologica sono: il rispetto dell’equi-

lavorazione e la coltivazione del terreno

librio naturale dell’ambiente in cui viene

con tecniche simili a quelli dell’agricoltura

svolta, il mantenimento della fertilità del

biologica. La biodinamica si basa su una

suolo, attraverso l’uso di concimi organici e

concezione “olistica” dell’azienda agricola,

tecniche colturali, lavorazioni e movimen-

cioè una azienda in relazione non solo con

tazioni del terreno non invasive, rinuncia

l’ambiente circostante, ma con la Terra e

all’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi.

con il Cosmo e soprattutto con l’Uomo

Per quanto riguarda la biodinamica, il

che ne diventa interprete e soggetto finale.

fondatore è Rudolf Steiner, filosofo,

L’agricoltura biologica è forse quella che

ricercatore e fondatore dell’Antroposofia.

più, tra le due, si può considerare un

L’anno di nascita è il 1924, quando degli agricoltori tedeschi

compromesso tra il massimo rispetto possibile dell’ambiente

organizzarono un incontro tenuto da Steiner. Gli scopi della

in cui si opera e le necessità di una produzione agricola

biodinamica sono quelli di accrescere e mantenere la fertilità

economicamente conveniente nella attuale realtà di mercato.


Nel caso della produzione con coltivazione biodinamica dovrebbe essere imprescindibile la storicità e l’adattabilità quasi naturale, del vitigno, della viticoltura, nonché dei viticoltori nell’ambiente in cui si svolge. Questo al fine di avere delle viti talmente armonizzate e adattate in quel territorio, e al viticoltore, da risultare “naturalmente forti” e non aver necessità di interventi esterni con sostanze di origine chimica. Essa deve incidere su una vasta zona produttiva. È difficile pensare un tale sistema di agricoltura svolto a macchia di leopardo sul territorio: non posso io fare biodinamica se il mio vicino tratta le sue viti con prodotti chimici. La produzione del vino dovrebbe essere sincronizzata con l’andamento stagionale. Le esigenze in temperatura, luce, escursioni termiche, di cui necessita la produzione enologica, dovranno coincidere con le stagioni relative. Cioè a dire, l’uva dovrà maturare in un periodo in cui vi è la giusta temperatura per la fermentazione, non deve esserci ne troppo caldo ne troppo freddo, o si è costretti ad intervenire con energia esterna, invasiva, con prodotti chimici, o altrimenti si ci dovrà accontentare di quello che ci dà la natura o, meglio, il caso, sia in quantità che in qualità. Inoltre il vino da produzione biodinamica, se veramente tale, è più sensibile al trasferimento nel tempo e nello spazio. Nella produzione con sistema biologico vi sono più mezzi di intervento, sia nelle vigne che

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in cantina, e quindi vi è più possibilità per l’uomo di intervenire tecnologicamente sul vino.

fondatore della biodinamica

Bisogna, in verità, considerare anche che i vini prodotti con coltivazione biologica

Rudolf Steiner, nella pagina a

e biodinamica, paradossalmente, possono essere più suscettibili, rispetto ai vini

fianco Albert Howard.

In alto un ritratto del

convenzionali, alla contaminazione di micotossine. Queste sono delle tossine, di origine naturale, molto dannose per la nostra salute, prodotti da funghi e che possono proliferare, in particolari circostanze, proprio per la mancanza di protezione chimica delle uve. Purtroppo abbiamo già distrutto tanto nel nostro mondo e se la produzione biologica o biodinamica evita la presenza di certi prodotti pericolosi per la nostra salute, non significa che essa sia esente da rischi. Oggi non possono più esistere dei prodotti biologici completamente esenti da prodotti chimici di sintesi, perché “siamo tutti sotto lo stesso tetto” e tutti siamo soggetti all’inquinamento ambientale planetario. Questa è una drammatica verità che tutti dobbiamo considerare. Va anche detto che, nella viticoltura convenzionale, gravi rischi per il viticoltore e il consumatore di vino possono provenire dall’uso spropositato di pesticidi utilizzati nel vigneto. Tali rischi sono molto più elevati per i vini provenienti da aree geografiche di nuova produzione vitivinicola. Questi paesi spesso sono molto permissivi nell’utilizzo di sostanze e tecniche estranee alla produzione enologica. In Italia e nei paesi europei a lunga tradizione e cultura enologica esiste una legislazione molto più garantista per il consumatore, ma non esente completamente da rischi. 9


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Vino, Uomo, Natura

Contiene Solfiti L’impiego dell’anidride solforosa sottoforma di fumi, cioè a dire quella che si produce dalla combustione dello zolfo, è una pratica antichissima usata per risanare i fusti e gli ambienti enologici. Il suo utilizzo diretto nel mosto e nel vino è più recente, risale agli inizi del novecento, anche se il vero impiego su larga scala si è avuto solo dopo la seconda guerra mondiale. Il suo impiego in cantina viene ritenuto ancora indispensabile. Essa ha diverse azioni complesse sul vino che si traducono effettivamente nella difesa delle caratteristiche organolettiche e quindi delle qualità del vino. Piccole quantità di solfiti si producono naturalmente durante la fermentazione alcolica ad opera degli stessi lieviti. È accertato che la solforosa può avere effetti dannosi sulla salute, come manifestazioni allergiche o intolleranza, e giustamente oggi il legislatore impone di indicare in etichetta la presenza di questa sostanza e da qui la dizione “contiene solfiti”. La solforosa è uno strumento molto importante per l’enologo. Nel suo impiego in cantina bisognerebbe stare molto attenti alle quantità da utilizzare. In genere, più se ne utilizza meno si è lavorato bene in vigna e durante la vinificazione. Oggi la tecnologia oculata e una rigorosa igiene ci permette di utilizzare dosi se non nulle, sicuramente molto contenuti di solforosa che solo in casi eccezionali sono dannosi per il nostro organismo. Bisogna ricordare che il vino non è l’unico alimento con cui è possibile ingerire solfiti. Una enologia in assenza totale di solforosa è comunque possibile e da perseguire, a patto però che si facciano delle scelte drastiche senza uso di altre sostanze chimiche e/o tecniche sostitutive, ed accettare il nostro vino con qualche piccolo difetto, sapendo delle difficoltà a cui potrà andare incontro nella sua conservazione e nel trasferimento nello spazio. Produrre in assenza di solforosa impone, se non vogliamo ottenere un vino imbevile e, in certi casi, anche poco sano, un impegno notevole ed il massimo rigore in vigna, dove bisogna produrre e selezionare uve con eccezionali caratteristiche enologiche. Da parte sua il consumatore, se vuole un vino senza solforosa, deve capire e saper accettare certe piccole imperfezioni del vino.

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Vino, Uomo, Natura

Vino (non) filtrato Che un vino non sia filtrato non significa assolutamente che sia migliore di uno filtrato. La filtrazione è uno strumento tecnologico indispensabile quando abbiamo l’esigenza commerciale di vendere alcuni vini giovani, oppure nel caso di vini soggetti a rifermentazione (in cui non si vuole usare la pastorizzazione), al fine di evitare che nella bottiglia si creino dei depositi fastidiosi sia esteticamente che dal punto di vista organolettico. La filtrazione è utile nel caso si desidera imbottigliare dei vini senza la presenza di alcuni depositi, sostanzialmente inutili, in bottiglia. È pressoché inutile, se non dannosa, nel caso di vini per lungo tempo invecchiati che si siano naturalmente spogliati di quelle sostanze che formano il deposito in bottiglia. In un vino filtrato comunque possono, a seconda delle condizioni in cui è conservato e nel tempo, verificarsi lo stesso delle precipitazioni e di conseguenza dei depositi. Quindi spesso se troviamo dei depositi in bottiglia non significa che quel vino non è stato filtrato. Solitamente un deposito in bottiglia è oggi accettato, giustamente, da parte del consumatore che non lo vede più come un problema. Solo qualche anno fa non era così: in molti confondevano un naturale deposito del vino come un indice di sofisticazione dello stesso! Questa nuova coscienza culturale da parte del consumatore di oggi e una tecnologia più qualificata, ha permesso al tecnico di cantina di optare o meno per la filtrazione del vino, e soprattutto, ed è questa la cosa più significativa, sul grado di filtrazione del vino. Cioè sulla possibilità di scegliere il materiale e la porosità a cui il vino deve essere filtrato. Vi è una differenza notevole nel filtrare un vino con materiale filtrante avente una porosità, ad esempio, di 1 o 100 micron. Nel primo caso siamo in grado di fermare anche i lieviti in esso contenuti, nel secondo praticamente solo alcuni depositi visibili ad occhio nudo, spesso dannosi per la qualità. Più la porosità di filtrazione è stretta, più filtrazioni si fanno, più sarà lo stress meccanico a cui è soggetto il nostro vino. Oggi, molto più rispetto a prima, il mercato è globale. L’esigenza di chi produce è quella di far arrivare la propria bottiglia di vino dalla sua cantina, in qualsiasi parte del mondo, in ottime condizioni. Nessun consumatore pagante accetterebbe mai un prodotto rovinato: indipendentemente da come è stato prodotto, rimane sempre un vino difettoso. Questo impone alla bottiglia di avere tra le sue qualità quella di essere in “grado di viaggiare” cosa che si ottiene applicando sistemi tecnologici al vino sia diretti che indiretti. L’alternativa potrebbe essere di produrre per il solo consumo locale, vendere e consumare sul posto di produzione (“a Km 0”), ma in questo caso entrano in gioco altri aspetti di carattere economico, logistico e organizzativo, non indifferenti.

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Vino Umano Una vite senza la cura del viticoltore è in grado di dare uva, anche se il frutto sarà ben diverso da quello che noi vogliamo per fare un buon vino. Il vino è un prodotto umano. Fatto dall’uomo, in cui egli da sempre ha messo tutto se stesso, il suo genio, la sua creatività, la sua passione, il suo estro, sacrificio e impegno nel produrlo. In certi casi anche la sua furbizia, ipocrisia, disonestà e scorrettezza. In definitiva ognuno fa il vino che è. Il vino è stato per l’uomo, oltre che alimento, bevanda, fonte di emozioni, appagamento dei sensi, in certi casi droga. È entrato sin dall’inizio dei tempi nella sfera emozionale e mentale dell’uomo. Prodotto mistico e misterioso, elevato a sangue di Cristo nella religione cattolica. Nei tempi, l’uomo ha adeguato e plasmato la pianta della vite, come meglio ha potuto e voluto, per fare vino, introducendola in quasi tutti gli ambienti da lui antropizzati. Di conseguenza ha prodotto tantissime tipologie di vino, che sono diventati tipiche espressioni di ambienti, di vitigni e di civiltà umane. Differenti climi, terreni, vitigni, civiltà, ma un unico prodotto: il vino. In verità il vino lo produce l’uomo, non la natura. Produrre un vino è un fatto umano non naturale. Il vino “100% solo natura” non esiste! È solo un’invenzione del marketing. La “naturalità” di un vino può essere intesa come l’impegno da parte dell’uomo di intervenire il meno possibile con energie e prodotti esterni nella trasformazione dell’uva in vino, ma per far questo è importante avere, come materia prima, un’uva eccellente. Il consumatore, l’appassionato di vino dovrebbe sempre pensare che dietro un vino non c’è un essere superiore, ma solo un Uomo. Un vino è solo un vino, carico di significati, storia, cultura, civiltà e umanità, ma comunque resta un prodotto “umano” cui dare solo la giusta importanza che merita. Ognuno di noi ha la sensibilità, la capacità di capire un vino, basta avere cura di utilizzare in modo attento tutti i nostri sensi, la vista, l’olfatto, il gusto. Il consumatore dovrebbe essere solo curioso e attento, fidarsi del proprio gusto e piacere, invece di bere con il gusto degli altri. Bere un vino solo perché definito “naturale”, di moda o perché il giornalista o l’esperto di turno ne parla o lo esalta è riduttivo. Alla fine il vino, come il cibo o, se volete, come la scelta del proprio partner, è qualcosa di molto personale e tale dovrebbe rimanere. Se un vino piace a una persona non significa che debba piacere a tutti quanti, allo stesso modo se non piace. Bisogna degustare, bere con la propria testa, in libertà, sapendo sempre che, così come in amore, c’è un vino per ognuno di noi, basta saperlo cercare.

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Una Passione di famiglia

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Una

Passione

di famiglia C

i n z i a

Stefano Chioccioli

B

o n f à

presenta

Altadonna:

la sua azienda di

G aiole

in

C hianti.

Spesso il lavoro di un giornalista del vino è relegato all’atto finale di degustazione di una bottiglia e allo studio di tutto il lavoro che c’è stato per crearlo. Si può essere fortunati ad avere tempo per andare a vedere la terra che ha generato quel vino, toccandone i frutti, annusando cantine, poi però ci sono mani, braccia, menti e sguardi con tanta passione dentro che non si riesce a raccontare pienamente. Con Tenimenti Chioccioli Altadonna c’è anche altro, c’è una famiglia unita e dinamica che ha tanto da dire, un intreccio e un legame che muove il loro impulso amoroso verso il vino.

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Una Passione di Famiglia

L’azienda si trova nel comune di Gaiole in Chianti. I 12 ettari di vigneti dove si coltivano Sangiovese Grosso, Merlot, Cabernet Sauvignon e Syrah, si estendono qui e anche in un’altra zona di maggior prestigio per il Chianti Classico: Quercegrossa. Tutto è stato concepito per una produzione artigianale, fatta a mano direttamente da Niccolò ed Enrico Chioccioli, giovani leve della realtà vitivinicola toscana che hanno alle spalle già una generazione di lavoro nel campo enologico. Deus ex machina è Stefano Chioccioli, illustre enologo e agronomo di fama internazionale che da oltre 25 anni lavora con prestigiose aziende di tutta Italia. Ad affiancarlo ci sono anche sua moglie Anna Altadonna e la terza figlia Ginevra. Tutte le uve sono raccolte a mano in piccole cassette da 10 kg e poi raffreddate per una sola notte a 8 gradi in frigorifero. Una tecnica che Chioccioli cura personalmente e alla quale dà molta importanza. Dopo questa notte le uve vengono selezionate acino per acino su un doppio tavolo di cernita pronte per la fermentazione. In cantina si utilizzano tecniche d’avanguardia attraverso le fermentazioni sia in acciaio che in barrique a seconda del vino, e le maturazioni in barrique nuove. L’accurata scelta della tipologia del legno a grana fine, sapientemente dosata, non compromette la spontaneità di ogni singolo vino, facendo esprimere e prevalere il territorio di appartenenza in ogni sorso. Da questo lungo lavoro nascono due linee differenti di vino, Chioccioli e Altadonna dove la prima vede vini più austeri, complessi e relegati alla tradizione, mentre nella seconda si idealizzano vini d’impronta più moderna e di gradevolissima beva. In entrambi i casi è il terroir che parla in prima persona.

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I VINI

Tenimenti Chioccioli Altadonna Piazza delle Cantine, 8 50022 Greve in Chianti (FI) www.chiocciolialtadonna.it

Chianti Classico Riserva 2011 Il Chianti Classico Riserva 2011 fa parte della linea Chioccioli ed esce in 3000 bottiglie e solo nelle grandi annate. Sangiovese 95%, Merlot 5%. Vinificato in barrique dove matura per 18 mesi sur lie. Ha un manto rubino lucido con orlo granato e il naso è intriso di toni seducenti di rosa rossa appassita, resina, tabacco dolce, radice di liquirizia e un’idea balsamica. Chiude con atmosfere orientali di spezie scure. Altrettanto suadente al palato, dove primeggia l’armonia delle componenti in un susseguirsi perfetto di morbidezza e freschezza con trama tannica vellutata su echi minerali.

AltoRe 2010 AltoRe 2010 sempre della linea Chioccioli è un blend di Sangiovese al 50% con Cabernet Sauvignon al 50%. Barrique per la vinificazione e la sosta di 24 mesi sur lie. Nomen omen, vino di alto lignaggio, dispiega subito un ventaglio vegetale di ginepro, alloro cui seguono viola di bosco, confettura di ciliegia e tabacco. Sorso equilibrato, fine e morbido, dai tannini carezzevoli ma al tempo stesso dinamico e vitale reso tale da una scia sapida-minerale che invita al riassaggio.

Assalto 2012 Assalto 2012 fa parte della linea Altadonna ed è un blend di Sangiovese al 70%, Merlot 15% e Cabernet Sauvignon 15%. Vinificazione in acciaio e maturazione in barrique per 18 mesi. Ha una veste ancora rubino-purpurea fitta e brillante. Naso sot-

tile, finemente cesellato da ciliegia, visciola, caramellina alla violetta, felce e spezie dolci su scia minerale. Bocca setosa e scorrevole, lungamente fresca e sapida. Piacevolissima la chiosa minerale. Vino che si lascia bere senza ansie da prestazione e senza inganni, schietto e vivo. Splendida l’etichetta dove è raffigurato un nodo vinciano; nodo che Leonardo da Vinci creò e disegnò alla fine del 1400 e che fu subito ripreso nei decori dei tessuti preziosi per gli abiti lussuosi della Corte di Milano. Un virtuosismo geometrico che le dame inserirono nei propri corpetti e nelle proprie scollature. Un virtuosismo geometrico che Leonardo realizzò probabilmente riferendosi ai salci purpurei, o rami di vinco, con i quali si intrecciavano i canestri o si legavano le viti, e forse è proprio così che la famiglia Chioccioli Altadonna ha voluto suggellare l’intreccio che c’è tra la passione che nutre verso il vino e il legame alla propria terra. 17


Un’antica ricetta

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Un’antica

ricetta

Una bevanda aromatizzata che gli antichi romani erano soliti consumare nei Baccanali e riportata agli antichi fasti da una piccola azienda del vercellese.

L

o r e n z o

C

o s t a n t i n i

Roberto Zanello, commerciante vercellese, studioso e appassionato di usi e costumi dell’Impero Romano, nel 2015 si imbatte nell’antica ricetta di un vino allora in voga negli ambienti altolocati imperiali e che i romani erano soliti consumare nei Baccanali in onore di Bacchus e Liber, gli Dei del Vino; una bevanda aromatizzata con cardamomo, chiodi di garofano, cannella e zenzero, e addolcita con il miele. Incitato anche dal figlio Enrico, Roberto decide di far rivivere quell’antica bevanda in onore di un popolo che fece tesoro dei segreti sulla viticoltura e sulla vinificazione appresa da Etruschi, Greci e Cartaginesi, imparando a costruire realtà agricole razionali, in grado di produrre vini di grande prestigio. Dopo lunghe e meticolose ricerche, si è proceduto così all’acquisto di alcune partite di rosato del Monferrato Casalese – scelta dettata dell’esigenza di un vino equilibrato e aromaticamente neutro - e si è iniziato a dosare vino e aromi fino al raggiungimento del risultato desiderato, suscitando subito numerosi consensi. Oggi la Ezeta è un piccolo brand familiare, finalizzato a riscoprire i sapori dell’antichità e già al lavoro su una nuova etichetta. 18


Granum Paradisi Vino Aromatizzato - Gr. 11% E 13,50 (0,500) Tonalità cerasuolo, senza sfumature in prossimità dei bordi. Profilo aromatico giocato prima su note di zenzero, cardamomo e chiodi di garofano, poi, in seconda battuta, un turbinio di cannella, confettura di fragole, eucalipto e menta piperita. All’assaggio sfoggia dolcezza misurata, leggiadria, inaspettata morbidezza e un dominio, anche al palato, delle note che più spiccano al naso (zenzero, cardamomo e chiodi di garofano). Una percezione ammandorlato-piccante finale conferisce equilibrio al sorso e compensa una spalla acida piuttosto contenuta. È consigliato, a 8-10 gradi, come aperitivo o, a temperatura “casalinga”, come vino da meditazione a fine pasto.

n

EZETA di Enrico Zanello Via G. Matteotti, 17 13030 Quinto Vercellese VC Tel. 346 7323245 antichiviniromani@mail.com

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Casa Vissani come Hollywood

Casa Vissani come

Hollywood

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n

Casa Vissani S.S. 448 Todi - Baschi km 6+600 - Terni Tel 0744 950206 Fax 0744 950186 www.casavissani.it

Casa Vissani è sinonimo di innovazione, di Bellezza, di Stile. Un ristorante unico, un’atmosfera elegante, un grande stile. Gianfranco e Luca Vissani sanno come prendersi cura dei loro ospiti, sanno come coccolarli ed emozionarli. Gustare un menu a Casa Vissani vuol dire fare un’esperienza culturale, un viaggio sensoriale, un esercizio di stile. Chi non ha mai conosciuto la cucina del Maestro, può considerarsi un analfabeta del cibo e del piacere. Secondo noi, almeno. Una tavola dove sedersi sempre, al limite una volta al mese, magari una volta l’anno, o almeno (almeno) una volta nella vita. Almeno a Capodanno! L’occasione c’è: proprio per un indimenticabile ultimo dell’anno a Casa Vissani è stata realizzata la HollyFood Walk of Fame 2016: un vero spettacolo di cibo, vino e sapori unici. Una cena-show, uno spettacolo speciale da seguire senza interruzioni. A cominciare dagli stuzzichini di benvenuto fino al cotechino e lenticchie, ai fuochi d’artificio, alle danze fino all’alba. Per gli stanchi ma felici è anche possibile riposare nelle raffinatissime camere al piano superiore. Giusto pochi gradini e splash, un tuffo nel comfort, nell’eleganza, nel relax. Il programma in breve In Sala Jazz e cantina saranno serviti gli stuzzichini di benvenuto in stile Vissani Ricciola al nocino, gelée di noci pecan, irregolari di bruschetta Foie-gras con galletta di zucca gialla e amaretto al barolo chinato Spritz di tonno, fave secche, salvia fritta, gocce di tamarillo Lasagna con uva moscato al tè agrumato, ragù di agnello Crudo di astice con polenta di mais, tartufo bianco e Parmigiano Reggiano Maialino alla pechinese, carote al burro e pere Williams, farina di mango Dopo la mezzanotte Stecco di lenticchie con cuore di cotechino Creme caramel alla cannella, farina di zenzero, cremino all’olio di oliva Piccola pasticceria, Cioccolatini, Panettone e Torrone Per informazioni e prenotazioni a Hollyfood 2016 vai su www.casavissani.it 21


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Mondavi, California

Mondavi, California Qualche particolare inedito del grande produttore di origine italiana.

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l v i a

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r e g o r a c e

Innumerevoli coloro i quali per anni si sono identificati con

a compromessi. Parecchi coloro i quali hanno lasciato la loro

le immortali note di My Way, canzone del ‘68 tradotta in

terra per mete sconosciute alla ricerca di fortuna, affermazione,

diverse lingue e interpretata da differenti artisti , recentemente

stabilità. In tanti hanno raggiunto l’immortalità. Nel regno

da Michael Bublé, sebbene la versione più amata resti quella

di Bacco resta indiscutibilmente Robert Mondavi di origine

di Frank Sinatra. Ancora oggi melodia affascinante, ha

marchigiana, simbolo ancora oggi a Napa Valley di qualità.

accompagnato per anni generazioni, specialmente di uomini,

Classe 1913, si laurea in economia capendo in maniera

che si sono identificati nelle imperiture parole di chi descrive

lungimirante, rispetto ai suoi coetanei , l’importanza della

la propria esistenza assumendosi la responsabilità delle proprie

comunicazione del vino e la necessità della sua diffusione. E’

scelte. È questo il genere di persone che piace agli americani,

tra i primi ad organizzare blind wine tasting , visite in cantina,

chi guarda sempre avanti nonostante le difficoltà della vita,

tour enogastronomici ma specialmente è colui il quale offre

chi sceglie quando si trova dinnanzi un bivio, intraprendendo

lavoro alla gente. Se si gironzola per Napa e si ha la possibilità

un percorso tortuoso piuttosto che lineare per non scendere

di conversare con qualcuno del luogo è chiaro il pensiero


n

Robert Mondavi Winery 7801 Saint Helena Highway Oakville, CA 94562 Toll Free: (888) 766-6328

universale su Robert: “ Mister Mondavi ha creato occupazione,

ci credevo. Mi fu offerta da una sua collaboratrice. Accettai non

si è dedicato alla beneficenza, ha diffuso il concetto di qualità e

tanto per la notorietà, ma per la sua filosofia. Rappresentava tutto

specialmente conosceva personalmente i suoi operai”. Non noto

ciò che avevo studiato all’università, i principi dei miei mentori.

per la sua statura, qualcuno lo definisce un gigante e come tale,

Anche se non lo avevo mai incontrato prima di mettere piede

nonostante ci abbia lasciato nel 2008 ha omaggiato del suo

in azienda era come se lo conoscessi da sempre. Sicuro di sé,

imprinting la sua ancora oggi director of winemaking Genevieve

generoso , ai suoi dipendenti concedeva la possibilità di crescere

Janssens. Self made woman nasce in Marocco e già a soli cinque

all’interno dell’azienda. Fiducioso nei confronti del prossimo, si

anni avverte una forte attrazione per il vino. Eredita la passione

fidava degli altri. La mia prima bottiglia è del 1998. Robert mi

dal padre, proprietario di vigneti sia in Marocco che in Algeria.

aveva ispirata come le sue vigne, meravigliose”. Oggi Genevieve

Si forma a Bordeaux. Sa perfettamente chi sia Robert Mondavi

produce anche in proprio. Le etichette delle sue creazioni

già in tenera età, il suo nome echeggiava in Europa da tempo e

sono realizzate dal marito artista. Curiose, accattivanti. Pochi i

dice: “Quando si paventò la possibilità di lavorare per lui non

fortunati che riescono ad accaparrarsene una… 23


Barolo Otin Fiorin Piè Rupestris

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Barolo Otin C

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o n i f a z i


Fiorin Piè Rupestris La cantina Cappellano e la storia del notaio

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Barolo Otin Fiorin Piè Rupestris

La storia della cantina Cappellano ha antiche origini con un album ricco di avvenimenti che posa le proprie fondamenta lungo tutta la storia del Barolo. Tutto iniziò con il notaio Filippo Cappellano, ricco possidente con la passione per il vino, che a quarantotto anni fondò l’azienda che, all’epoca, contava di circa sessanta ettari di terreno coltivabile. Fu il figlio Giovanni, enologo, che dopo la sua morte, proseguì nella conduzione dell’azienda, ristrutturando la cantina e realizzando due impianti alberghieri ad Alba e Serralunga, muniti dei migliori servizi per soddisfare il turismo ligure-piemontese. n

Sopra, Teobaldo Cappellano.

Sotto, suo figlio Augusto

A Serralunga ideò la famosa “cura dell’uva”, istituendo un servizio di carrozze per il collegamento con la stazione ferroviaria di Alba. Non solo, durante l’esposizione Universale di Parigi, la stessa in cui fu eretta la Tour Eiffel per commemorare il centenario della Rivoluzione Francese, la cantina Cappellano vinse la medaglia di bronzo; più avanti e parallelamente Giuseppe, fratello di Giovanni, laureato in farmacia, scelse la strada industriale vinicolo–farmaceutica dove inventò il Barolo Chinato. Purtroppo l’avventura da industriale di Giuseppe durò poco: nel 1912 suo fratello Giovanni morì, colpito da una febbre tropicale contratta in Tunisia, dove si era recato per cercare un vitigno resistente alla fillossera, e Giuseppe scelse pertanto di occuparsi di vino e dell’azienda di famiglia. Francesco Augusto Cappellano, anch’egli enologo, proseguì la strada tracciata dai suoi avi, lasciando il testimone al figlio Teobaldo, sul finire degli anni ’60. Dopo un’infanzia trascorsa in Eritrea, Teobaldo prese il timone dell’azienda modificandola completamente: dimensioni ben più ristrette e massima attenzione alla qualità, secondo direttrici chiare. Le Langhe di quegli anni, ben lungi dall’attuale riconoscimento, erano terra difficile

n

Cappellano Via Alba, 13 12050 Serralunga d’Alba (CN) www.cappellano1870.it

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Barolo Otin Fiorin Piè Rupestris

che Teobaldo s’impegnò a promuovere e difendere attraverso

un’attenzione al Barolo Chinato, che negli anni Sessanta stava

un’attiva e instancabile partecipazione al Consorzio del Barolo

conoscendo un momento sfortunato a causa del proliferare di

e Barbaresco e come presidente dell’Enoteca Regionale del Ba-

nuovi concorrenti di scarsa fattura. Teobaldo continuò punti-

rolo. Al contempo, la recente fama e le difficoltà economiche

gliosamente a credere nella ricetta scritta dallo zio Giuseppe,

di chi produceva vino rendevano troppo allettanti le incursio-

ricevuta dal padre Francesco in busta chiusa e sigillata. Con

ni di un approccio industriale

la delicatezza e la perseveranza

alla viticoltura. Teobaldo fu tra

che gli erano propri, combatté

i primi ad affermare la neces-

i pregiudizi che avevano inve-

sità di un ripensamento della

stito il Barolo Chinato.

produzione, ritrovando l’ar-

Dopo anni di lotte riuscì nel

monia con le radici del lavoro

suo intento, riportando l’eli-

contadino e assumendo la re-

sir al prestigio che gli spetta

sponsabilità di una tutela am-

di diritto e che ora vanta; cu-

bientale. D’altro canto l’orien-

stodendo gelosamente, sia nel

tamento alla qualità imponeva

periodo difficile che in quello


fortunato, la ricetta dell’avo e difendendone l’artigianalità. L’azienda non vede però elevata qualità esclusivamente nel Barolo Chinato, al contrario l’intera produzione vanta di riconoscimenti e apprezzamenti in tutto il mondo. Non è un caso che le vigne del Barolo Otin Fiorin Piè Rupestris provengano dal vigneto Gabutti di Serralunga d’Alba, considerato uno dei crus di maggiore pregio dell’intera zona del Barolo. Si trova nel cuore di un territorio straordinariamente vocato per la coltivazione del Nebbiolo. Barolo Chinato 2011 L’annata 2011 mostra un calice rubino dal bordo lievemente granato. Il naso è dapprima timido e sembra esprimere solo frutta rossa matura come ciliegia e fragola; basta meno di un minuto per iniziare ad avere rinfrescanti note balsamiche e spezie dolci, sottobosco e una continua sensazione floreale di viola. Il sorso è pieno, di buona sapidità; colpiscono l’integrità e la possanza del tannino che sono mitigate dalla concentrazione del sorso; il finale è lungo e notevolmente coerente.

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Hum, magico moscato

Hum, magico moscato P

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i e t r o

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e r c o g l i a n o


La magia contagiosa di Campo Soriano, l’oro giallo e l’oro verde di Terracina.

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Hum, magico moscato

La Magia – spiegava il grande antropologo Frazer – è “simpatica”, nel senso che agisce per via di similitudine: per esempio la “magia contagiosa” funziona su un oggetto dopo che questo sia venuto fisicamente a contatto con la fonte magica; cosí Hemingway preparava il suo cocktail lasciando che il Gin venisse investito da un raggio di sole che avesse attraversato la bottiglia di vermouth, cosí avviene che ci suggestioni ritrovare in un vino i profumi che hanno circondato i grappoli. è il caso dei Moscato di Terracina della “Cantina Sant’Andrea” (l’azienda agricola di Gabriele Pandolfo), i quali spesso – ci dice Andrea Pandolfo in aperto sorriso – magicamente sanno di quelle erbe mediterranee che circondano i vigneti. Dieci dei quattordici ettari vitati di Campo Soriano, fuori Terracina, di proprietà dell’Azienda sono coltivati a Moscato; il resto sono Cesanese ed Aleatico, e altro vigneto si trova invece in pianura. Campo Soriano è un monumento naturale, irto di puntoni

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simili a pinnacoli gotici e chiamati “hum”: concrezioni residuali calcaree sul terreno carsico della zona. Sotto l’antico occhio del più grande hum (denominato “Rava di San Domenico” e detto “la Cattedrale”) si trovano i vigneti della “Cantina S. Andrea”: attraversandoli s’incontra un vigneto fra i piú vecchi di Moscato di Terracina (circa settant’anni), anche se la coltivazione da parte dei Pandolfo di questa zona è iniziata a metà degli ultimi anni ’90. Il terreno è rosso di ferro, e garantisce ottima resa ai filari a guyot impiantati ad alta densità; in alcuni punti, la vite cresce addossata ai massi che costellano il territorio e che consentono il lento rilascio di temperatura e un’escursione termica piú graduale; l’acqua è garantita da caratteristiche cisterne artificiali che sfruttano le pareti delle rocce, mentre attorno vagano cinghiali e istrici e strisciano i saettoni. La raccolta eroica di queste uve avviene necessariamente a mano, cosí come tutte le altre operazioni in vigna all’ombra dell’hum.

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Hum, magico moscato

I Pandolfo, padre e figlio,

vigneron di lunga tradizione.

“Hum” si chiama una delle creazioni enologiche piú recenti dell’Azienda. Il Moscato, che costituisce il totale della massa, è raccolto in tre momenti diversi: il 20% prematuro garantisce spalla alla porzione intermedia e a quella lasciata surmaturare per concentrare gli aromi (Andrea Pandolfo, per darci l’idea, coglie passando qualche acino piú verde e qualcuno più oro e propone la croccante alchimia). Il vino, paglierino dorato, ha una bella consistenza nel calice; il naso è complesso: aromatico e muschiato, fruttato di albicocca e di ananas, floreale di lavanda e rosellina passa, percorso da una dolce speziatura e da memorie di miele d’acacia, attraversato da quei sentori di macchia mediterranea (in cui spicca la salvia), caratterizzato da una forte nota minerale simile alla salamoia; in bocca è tutt’altro che semplice: piú che intenso, caldo, molto fresco e sapido, di sorprendente persistenza. Vino che ben si presta all’invecchiamento, è difficile da abbinare: noi lo avevamo provato con l’ostrica “speciale Daniel Sorlut”, una straordinaria creuse dal gusto molto iodato che presenta in chiusura un commovente sapore di mandorla ben lusingato dal tipico finale ammandorlato del nostro vino; ma Andrea Pandolfo ci suggerisce anche di provare con pecorini stagionati.

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Semplice da abbinare è invece l’olio extravergine d’oliva prodotto dall’Azienda a partire dall’anno scorso con le circa trecento piante di Itrana sparse per la proprietà di Campo Soriano, dalle quali raccolgono fra novembre e dicembre per poi portare a frangere in tre frantoi continui della zona: il prodotto è oro verde nel bicchierino, e spande profumi verdi di pomodoro e carciofo, mentre in bocca il buon amaro e il piacevole piccantino sono sorretti da ricordi di mandorla e foglia di basilico. L’abbinamento, si diceva, è facile: ma proponiamo una buona insalata à la caprese, con mozzarella di bufala dell’Agro Pontino per amor di territorio.

n

Cantina Sant’Andrea Via Renibbio, 1720 Loc. Borgo Vodice 04019 Terracina LT Tel. 0773 755028 www.cantinasantandrea.it

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Naturale ma non troppo

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Normale ma non troppo

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i l i pp o

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u s a t o

Degustatori di vino o leoni da tastiera?

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Normale ma non troppo

Recentemente si sono aperti innumerevoli astiosi filoni di discussione “social” (ma tutt’altro che “sociable”, per dirla in inglese), sulla sempre aperta e di gran moda questione dei vini “naturali”. La questione che si dibatteva era in merito alla presenza di odori anomali nel vino, di puzze o sentori sgradevoli, e traeva in un caso spunto da un articolo del prof. Luigi Moio (ordinario di Scienze e tecnologie alimentari, Dipartimento di Agraria, Università Federico II di Napoli) sul fatto che le puzze e gli odori sgradevoli del vino non sono tipicità, ma omologano i vini rendendoli tutti uguali. Il ragionamento del prof. Moio è solidamente logico, le puzze proprio perchè sono sgradevoli risultano dominanti sui sentori tipici del vino, sui marcatori del territorio, rendendoli così indistinguibili, e l’effetto di questi sentori sgradevoli è tanto maggiore quanto meno aromatico è il vitigno che viene vinificato; ad esempio il sentore di Brettanomyces è esemplificativo, essendo un chiaro indicatore di sporcizia o poca igiene in cantina, quindi di poca cura, benché sia accettato in alcuni paesi come la Francia (ma all’estero anche il bidet è sconosciuto...). A questo punto gli strenui difensori del “naturale” affondano il loro colpo vincente (ma fin troppo prevedibile) affermando che anche l’eccesso di barrique omologa i vini; già, vero, peccato che la barrique non sia però un odore sgradevole, e faccia parte del corredo olfattivo che in alcuni casi è proprio (al di là degli eccessi, che non sono mai desiderati e positivi) delle tecniche di produzione che fanno parte di tradizioni territoriali da centinaia di anni. La discussione si fa quindi più accesa e si passa immediatamente alla “troppa chimica nel vino”, all’industrializzazione contro l’artigianato del vino (memorabile fu l’intervista a Edoardo Valentini, che peraltro creava semplicemente un distinguo tra due tipi di produzione diversa), e da lì il passo è breve a cimentarsi in argomentazioni su gli effetti del vino e della chimica sulla salute fino ad arrivare (non aspettavo altro) alla parolina magica “la scienza ufficiale”. 38


Da uomo che ha lavorato nella ricerca scientifica per una quindicina d’anni, questo è un campanello d’allarme; parlare di scienza “ufficiale” come se esistesse dall’altra parte una scienza “informale” o “ufficiosa”, significa una cosa sola: la disinformazione ha vinto. La voglia di risposte semplici, definitive, ci piace. Se vedendo i crateri della luna li si spiegasse a un bimbo dicendo che è fatta di formaggio, senza dubbio si catturerebbe la sua attenzione, e il bimbo ci crederebbe. La realtà è ben altra, e la scienza non da risposte facili e comprensibili a tutti, ma è indubbiamente più facile catturare l’attenzione delle folle con teorie “new age” e facili da comprendere e da divulgare, piuttosto che avere fiducia negli uomini della scienza; basti pensare a quanto ci si lascia abbindolare da teorie complottiste su scie chimiche, terremoti e altro. Fu proprio il prof. Moio a stimolare un approfondimento, con un suo brillante intervento, dopo aver tirato le orecchie al sottoscritto in diretta durante una degustazione a Vinitaly; furono sufficienti pochi suoi ragionamenti per capire che la pulizia al naso e la perfezione stilistica non omologano assolutamente i vini; semplicemente è più facile giustificare con le parole “carattere”, “personalità”, “territorio” quelli che in realtà sono difetti, piuttosto che continuare ad allenare il proprio naso e palato di degustatori a percepire sfumature di bouquet sempre più fini e delicate, perché unicamente queste possono condurre con precisione all’identificazione del territorio e dell’annata. Così da una critica nacque uno sprone, per applicarsi e studiare, per degustare e visitare, per non sentirsi mai arrivati e continuare a sfidare i propri sensi, per ascoltare il proprio naso e palato, per analizzare in profondità e con il tempo le sensazioni, per migliorarsi come degustatori in definitiva. Ma c’è chi preferisce semplificare e rimanere un leone seduto comodo dietro una tastiera. 39


Diario di viaggio, Maremma Laziale

Bibenda 55 duemilasedici

Diario di viaggio

Maremma Laziale

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i s i

Un interessante itinerario alla ricerca dei sapori (perduti?) della Maremma Laziale 40


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Diario di viaggio, Maremma Laziale

Alto Lazio, provincia di Viterbo. Il nostro itinerario parte

suo sviluppo edilizio e agricolo all’acquisto delle terre nel 1456

da Vetralla e si snoda attraverso l’Aurelia bis in direzione

da parte dell’Istituto dell’Ospedale di Santo Spirito in Sassia di

Tarquinia. Le calde tonalità del tufo ci accompagnano nel primo

Roma. Il paese si caratterizza per l’ordinato assetto urbanistico sei-

tratto di strada, in un ambiente carico di suggestioni etrusche

settecentesco con grandi piazze e vie dall’andamento regolare in

e medievali. Superato il bivio per la Necropoli di Norchia, con

cui spiccano, tra gli altri monumenti, la Chiesa Vecchia, la Torre

le sue splendide tombe rupestri, arriviamo in uno dei luoghi

dell’Orologio e la grande Fontana del Mascherone. Al centro del

più incontaminati della maremma

paese non passa inosservato l’antico

laziale, ricco di storia e tradizioni.

Granaio Agucchi costruito nel 1602

Ampi pascoli tra dolci colline

dall’Istituto di Santo Spirito per

attraversate dal fiume Mignone e

immagazzinare il grano prodotto

ricoperte di macchia mediterranea

nelle tenute circostanti.

cui fanno da contorno i Monti della

Perla gastronomica di Monte Ro-

Tolfa. Siamo nella terra dei “Butteri”

mano il “pane nero”, pane di gra-

e della vacca Maremmana, una razza

no duro a pasta gialla, frutto di una

dalle corna lunghe e sottili allevata

consolidata tradizione, celebrato, al

ancora allo stato brado.

pari della prelibata carne marem-

Lungo la statale, il piccolo borgo

mana, in rinomate manifestazioni.

di Monte Romano, al centro di un

Un pane ideale per le zuppe e le bru-

paesaggio agricolo con una lunga tradizione nella coltivazione

schette che ha la caratteristica di conservarsi per diversi giorni

dei cereali. Un paese dalle antiche origini (testimoniate dalla

da acquistare negli storici forni del paese insieme a ciambellette,

presenza di un rilevante numero di tombe etrusche) che deve il

amaretti e tozzetti.


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Bibenda 55 duemilasedici

Diario di viaggio, Maremma Laziale

Proseguendo verso Tarquinia dopo pochi chilometri un cartello sulla sinistra ci segnala la presenza dell’Azienda Agricola “La Turchina” che raggiungiamo percorrendo alcune centinaia di metri su una strada secondaria. Nata sul finire dell’ottocento come azienda armentizia sui Monti Sibillini, nell’alto maceratese, si localizza intorno agli anni ‘20, a seguito di diverse acquisizioni, nel territorio di Tarquinia. Pur conservando l’antica vocazione allevatoriale (pecore da latte e vacche da carne), l’ Azienda agricola si specializza con l’andare del tempo nella coltivazione dei cereali che in questa zona trovano il loro habitat naturale grazie alla particolare caratteristica dei terreni. L’attenzione è sin dall’inizio rivolta principalmente verso il grano duro “Senatore Cappelli” (dal nome del Senatore Raffaele Cappelli promotore della riforma agraria dei primi del novecento). Un grano duro molto proteico, facilmente digeribile e a basso indice glicemico, in via di estinzione a causa delle difficoltà di coltivazione e di raccolta (anche in ragione della sua altezza che può raggiungere i 180 cm.). Dal 2008 al timone dell’Azienda troviamo Loretta e Maria Lorenza Di Simone, studi universitari e diverse specializzazioni nel settore. Sono loro a raccontarci, nell’accogliente punto n

Azienda Agricola

vendita aziendale, la genesi e l’evoluzione dell’Azienda. Circa 300 gli ettari a seminativo

Biologica La Turchina

distribuiti tra la tenuta di Tarquinia (La Turchina) e quella di Montalto di Castro (La

S.S. 1 Bis Km 8

Viola). Una produzione improntata dal 2001 al biologico ed indirizzata al recupero

Tarquinia (VT)

degli antichi cereali del territorio: oltre al grano, legumi e farro, nelle tre famiglie

Tel. 3334821703

“Monococco”, “Dicocco” e “Spelta”. La raccolta dei cereali avviene di consueto nella

www.laturchina.com

prima quindicina di luglio mentre per la trasformazione si aspetta il mese di ottobre allorquando il grano Senatore Cappelli ed il farro raggiungono la temperatura ideale per la macinazione a pietra naturale (che si compie a bassa temperatura presso un antico mulino umbro ad acqua). Il prodotto che si ottiene (sfarinati integrali e semintegrali) viene in parte confezionato in azienda (in atmosfera protettiva) e in parte destinato all’Antico Pastificio Fabbri, a Strada in Chianti, che dal 1800 produce pasta nel rigoroso rispetto delle caratteristiche e proprietà della materia prima. Nascono così la pasta di semolato di grano duro “Senatore Cappelli” e la pasta di semolato di farro “Dicocco”: tortiglioni, penne rigate, strozzapreti lisci e soprattutto gli spaghettoni Senatore Cappelli, un formato di eccellenza, da apprezzare con un semplice pomodoro (la piana di Tarquinia ne produce di altissima qualità) e basilico. In vendita anche orzo perlato, cece “Sultano”, farina integrale di farro “Spelta” e di farro “Monococco” e farro “Spelta” semiperlato. Da provare il farro con lenticchie e funghi galletti oppure con salsicce e funghi ferlenghi (una varietà di funghi che cresce nel territorio di Tarquinia e Monte Romano). Una preparazione consigliata è il “farrotto”: qui il farro di Tarquinia incontra la cipolla rossa di Tropea ed il radicchio rosso. L’aggiunta nella cottura di formaggio fresco, zenzero, olio extravergine di oliva

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da cultivar “Caninese” e vino rosso lo rende un piatto unico. Alimenti di alta qualità e salubrità, frutto della passione e professionalità di queste due giovani e dinamiche imprenditrici, che hanno da tempo destato l’attenzione della stampa specializzata italiana ed estera. Rientrati sulla statale si raggiungono, con una suggestiva serie di saliscendi, la Necropoli dei Monterozzi e le mura di Tarquinia. Il paesaggio lungo il percorso, soprattutto durante i caldi pomeriggi estivi, sa regalare scorci di rara bellezza. In lontananza il blu del mare, con il profilo dell’ Argentario e dell’isola del Giglio, mentre sulla destra l’ampia valle tra il pianoro della Civita (la Tarquinia etrusca) e la città medioevale e moderna risplende di luce dorata: sono ancora i campi di grano inondati dai raggi del sole a ricordarci l’antica tradizione e ricchezza di questo territorio. 45


Merano, Bolzano

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Merano, Bolzano M

a n u e l e

Al Kurhaus, suoi primi

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e t r i

salotto buono della raffinatezza, il

25 anni

Wine Festival

ha festeggiato i


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Merano, Bolzano

Era il 1992 quando Helmuth Köcher si mise in testa di trasformare la città di Merano “nel salotto buono della raffinatezza”. 25 anni dopo il Merano Wine Festival è uno dei più importanti eventi internazionali dedicati all’enogastronomia. Basta guardare i numeri: dal 4 all’8 novembre circa 10 mila tra produttori, operatori del settore, giornalisti e winelovers hanno invaso la piccola cittadina in provincia di Bolzano che per cinque giorni si è trasformata nel centro dell’enomondo. Cuore pulsante dell’evento è stato come sempre il Kurhaus, bellissimo edificio in stile liberty che ha ospitato circa 600 cantine. “Se penso alla prima edizione mi sembra ieri - racconta Helmuth Köcher, presidente e fondatore del Festival - Allora avevo un impiego importante in una struttura pubblica e non pensavo che la mia passione per il vino sarebbe potuta diventare un lavoro. Invece la manifestazione è cresciuto a tal punto che mi ci sono dovuto dedicare a tempo pieno. La cosa più difficile è restare sempre aggiornati, visitando tanti produttori. È l’unico modo per anticipare le tendenze del mercato ed evitare che l’evento si logori nel tempo”. E in effetti il MWF è sempre sul pezzo. Basti pensare che da dodici edizioni apre con

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un’intera giornata dedicata ai vini biologici e biodinamici, anticipando di molto il fermento che oggi li circonda. Grande anche l’attenzione dedicata al food con la Gourmet Arena dove 200 artigiani del gusto e 15 importanti chef hanno proposto il meglio della gastronomia italiana ed estera. Tra le prelibatezze in degustazione anche la mitica Wagiu giapponese, la più costosa carne del mondo. “Questa edizione ha avuto una particolare attenzione per il panorama internazionale - conferma Köcher - Sul fronte vino abbiamo ospitato 89 cantine provenienti da 14 paesi diversi”. Da segnalare, in particolare, la presenza di nove aziende georgiane che hanno proposto i loro vini prodotti con il metodo tradizionale di vinificazione nelle anfore (Qvevri), riconosciuto come patrimonio dell’umanità dall’Unesco. L’evento principale del Festival resta come sempre la tre giorni dedicata alla Official Selection, ovvero la selezione delle cantine premiate dalle otto commissioni di degustazione chiamate The wine Hunter. Su mille produttori selezionati, 394 sono stati invitati a Merano dopo che i loro vini hanno ottenuto un punteggio di almeno 88/100 aggiudicandosi il Merano Wine Award che può essere Rosso (da 88 a 89,99 punti), Gold (da 90 a 94,99 punti) o Platinum (95 punti su 100 e oltre). Solo 25 i vini che hanno raggiunto o superato i 95 punti ottenendo il prestigioso bollino Platinum.

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Bibenda 55 duemilasedici

Merano, Bolzano

“Come sempre abbiamo fatto un grandissimo lavoro di selezione

che il Festival ha sul comparto turistico dell’Alto Adige.

e devo dire che la qualità media dei vini in 25 anni è cresciuta esponenzialmente - racconta Köcher - Oltre ad essere mediamente più

“Questa edizione ha generato un indotto di circa 8 milioni di

buoni, oggi i vini sono anche più immediati, nel senso che possono

euro - rivela Köcher con orgoglio - Quando abbiamo iniziato

essere bevuti e apprezzati anche appena immessi sul mercato, pur

l’enoturismo era agli albori e in questo periodo dell’anno si veniva

mantenendo un grande potenziale evolutivo. Questo ha permesso

a Merano solamente per il Törggelen, un’antica usanza regionale

a molte più persone di avvicinarsi al

durante la quale si beve vino novello

mondo del vino: il pubblico delle prime

in abbinamento a prodotti tipici

edizioni era formato principalmente da

autunnali come le castagne. Oggi l’Alto

over 45 uomini, oggi invece abbiamo

Adige punta tutto sull’enoturismo di

un

qualità: abbiamo i prodotti Dop, i

pubblico

molto

più

giovane

composto in maggioranza da donne”.

consorzi di tutela, le strade del vino, i ristoranti stellati e un’accoglienza

E parlando di pubblico non si può

di livello. Mi piace pensare di aver

non considerare il grande impatto

contribuito a mettere in moto un

| La degustazione | Bruno Paillard Blanc De Blancs Extra Brut 2006 Aoc Champagne - Chardonnay 100% - Gr. 12,5% Giallo Paglierino brillante con riflessi dorati. Naso ricco ed elegante caratterizzato da note di agrumi e gesso su sfondo iodato. Delicati ed evoluti i richiami di pasticceria e frutta secca. Al gusto propone una bollicina fine e cremosa. L’abbondante freschezza è ben bilanciata dal corpo del vino che chiude con un lungo finale sapido in cui ritornano le note agrumate. 9 anni sui lieviti. Mongioia Marco Bianco Canè Moscato d’Asti 1999 Bianco Docg - Moscato Bianco 100% - Gr. 5,5% Giallo dorato tendente all’ambra. Sorprende al naso con ricordi di caramella alla menta e salvia. Poi miele, fiori gialli e mandorla. L’ingresso in bocca è decisamente

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fresco. Dopo qualche secondo il sorso rivela una densità inaspettata che nel lunghissimo finale lascia il campo ad una scia sapida in cui ritorna la mandorla fresca. Uve provenienti da un vigneto con piante di 150 anni a piede franco. Fermentazione spontanea in autoclavi d’acciaio con lieviti indigeni selezionati. Cantina Terlano Pinot Bianco Rarità 2004 Bianco Doc - Pinot Bianco 100% - Gr. 14% Giallo paglierino brillante. Naso intenso ed elegante che rivela una piacevole nota floreale di ginestra abbinata a ricordi di camomilla. Poi frutta gialla molto matura, pietra focaia e lievito di birra. In bocca è denso, morbido, tridimensionale. L’equilibrio arriva grazie alla grande freschezza e alla sapidità che rivela un lunghissimo finale voluttuoso.

Acciaio, poi malolattica parziale (50%) e affinamento di 12 mesi sui lieviti fini in botti grandi. Seguono 10 anni sui lieviti fini in serbatoi d’acciaio a pressione e un anno in bottiglia. Non filtrato. Braida Barbera D’Asti Bricco della Bigotta 2014 Rosso Docg - Barbera 100% - Gr. 14,5% Rosso rubino tendente al granato. Naso ampio che apre su note ematiche e ferrose per poi offrire sentori fruttati di amarena e prugna. Sul finale arrivano note scure di terra bagnata e caffè alleggerite da una intrigante scia balsamica di bacche di bosco. Al gusto si presenta con abbondante freschezza ben bilanciata dalla nota calorica. Il tannino perfettamente integrato accompagna un lungo finale sapido e fruttato. Acciaio, poi 18 mesi in barrique e un anno in bottiglia.


circolo virtuoso che oggi valorizza la nostra cultura generando del reddito diffuso”. La manifestazione si è chiusa l’8 novembre con la seconda edizione di Catwalk Champagne, evento dedicato alle bollicine d’oltralpe che ha visto la partecipazione di 80 aziende con oltre 200 etichette in degustazione. “L’idea di dedicare l’ultimo giorno ad una “sfilata” riservata agli Champagne è nata dalla voglia di stare insieme - racconta il presidente del MWF - Fino a tre anni fa, infatti, alla fine della Official Selection ci si sentiva quasi orfani del Festival e tutti, compresi i produttori, tornavano a casa senza quasi avere la possibilità di salutarsi. Oggi invece ci si ritrova tutti, operatori del settore e produttori, degustando ottimi Champagne: è un momento di tranquillità in cui è possibile intrecciare nuovi e proficui rapporti commerciali”. Andando via da Merano si ritorna un pochino più fiduciosi riguardo alle prospettive per il nostro paese: se puntiamo su eventi di qualità che valorizzano la cultura e il territorio non siamo secondi a nessuno. La via per il successo è illuminata, basta non voltarsi dall’altra parte.

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Merano, Roma

Merano, Roma A

n t o n e l l a

Helmuth Kocher, presentato la

patron del

P

o mp e i

Merano Wine Festival,

ha

Merano Award Selection a Roma con Franco

Maria Ricci, Presidente di Fondazione Italiana Sommelier.

Dopo l’appuntamento meranese, Helmuth Kocher, patron

assunto, ed insieme sottolineano la necessità di una maggiore

del Merano Wine Festival, ha presentato la Merano Award

consapevolezza delle proprie potenzialità da parte dei produttori

Selection a Roma, il 27 e 28 novembre scorsi, nell’altrettanto

laziali, suffragate da un territorio assolutamente vocato, e di un

splendida sede dell’Acquario Romano all’Esquilino. Un evento

forte e convinto sostegno da parte dei ristoratori, prima di tutto,

per operatori del settore ma soprattutto per appassionati del

e degli altri addetti di settore.

buon vino e non solo, cui hanno partecipato una selezione di 52 aziende con i loro vini, tra cui quelli premiati con il distintivo

Anche l’appuntamento romano ha visto sul palco showcooking

Platinum, Gold e Rosso, più un banco comune con altri 13 vini

di chef stellati come Theodor Falser del ristorante Johannesstube

selezionati. Alla conferenza stampa di domenica 27, Kocher ha

dell’Hotel Engel di Nova Levante, Giovanna Marziale del

condiviso il palcoscenico con Franco Maria Ricci, Presidente

Ristorante Le Colonne di Caserta e Alfonso Caputo della Taverna

di Fondazione Italiana Sommelier ed uno dei più importanti

del Capitano di Massa Lubrense. Non manca molto al Natale, e

comunicatori del vino della storia di questo Paese. Siamo a

allora ecco “Panettone creativo”, una sfida tra cinque forni romani

Roma, nel Lazio, e Franco Ricci pone subito in primo piano la

ed i loro panettoni gourmet, abbinati a cinque vini selezionati. Una

grave carenza comunicativa che soffre il vino di questa regione,

gara golosissima che ha coinvolto tutto il pubblico, protagoniste

evidenziando una precisa realtà: in regioni come il Piemonte o il

cinque realtà romane: Gabriele Bonci, Le Grue, Nero Vaniglia,

Veneto, la Toscana o la Lombardia, nella Carta dei Vini di grandi

Pane e Tempesta, Santi Sebastiano e Valentino.

e piccoli ristoranti trovano sempre spazio i vini del territorio,

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riportati all’apertura della Carta stessa. Nel Lazio, ed anche a

Una due giorni dinamica ed interattiva, dove il pubblico ha potuto

Roma, nei ristoranti, anche in quelli più importanti, si fa fatica

degustare i vini assistendo contemporaneamente al susseguirsi

a trovare qualche vino laziale e, se c’è, è relegato nelle ultime

degli appuntamenti sul palco. Il prossimo appuntamento con

pagine. Helmuth Kocher concorda pienamente con questo

The Wine Hunter è a Siena, il 21 e 22 gennaio 2017.


L’Associazione Italiana Sommelier dell’Olio è nata a Roma il 28 Novembre 2004 con l’intento di preparare a questa grande cultura i professionisti della ristorazione, i produttori, i venditori e gli appassionati. Così come facciamo da sempre per il vino con i Corsi per Sommelier di Fondazione Italiana Sommelier, sottolineando la qualità attraverso l’insegnamento dell’analisi sensoriale e dell’abbinamento con i cibi, in qualità di Associazione Italiana Sommelier dell’Olio abbiamo messo a punto anche il Corso di Sommelier dell’Olio. Il Presidente Franco M. Ricci, come previsto e sognato fin dall’inizio, negli ultimi dodici anni è riuscito, con l’aiuto del suo staff, a dare un ottimo impulso per l’attivazione del Corso anche in altre Sedi del territorio nazionale. La coltivazione dell’olivo e la produzione dell’olio sono sempre state oggetto di grande interesse nel nostro Paese. Ne sono testimonianza oltre duemila anni di letteratura. Malgrado ciò, il concetto di qualità di questo prodotto dall’antichissima origine fino a poco tempo fa non era molto chiaro e molto povera la sua cultura. L’analisi organolettica finalizzata alla descrizione dell’olio in qualche modo passava in secondo piano. Il compito della nostra Associazione Italiana Sommelier dell’Olio è stato proprio quello di spiegare e promuovere la cultura dell’Olio attraverso la sua comunicazione e conoscenza, anche attraverso l’analisi sensoriale. 53


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Tra i monti e il mare

Tra i monti e il mare C

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i n z i a

T

a f u t o


Una passeggiata sulle terrazze di Furore, prezioso gioiello della Costiera, assolutamente da visitare. Anche d’inverno.

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Tra i monti e il mare

Viaggiando sul lungomare della Costiera Amalfitana, non troviamo solo limoneti come si può pensare…ma una successione di terrazze-vigneti, che si estendono tra Furore e Vietri, passando per Ravello, andando dai 150 ai 750m d’altezza dal mare. Delle piccole e vere terrazze scavate nella roccia, a picco sul mare, che danno un’elevata mineralità all’uva e al vino che ne verrà prodotto. E’ proprio a Furore che nel 1942 nasce una piccola cantina: “Gran Furor Divina Costiera”, che nel 1983 fu acquisita da Marisa Cuomo e il marito Andrea Ferraioli, creando la Cantina Marisa Cuomo. Alcune delle loro viti sono centenarie e tutte a piede franco: qui la Fillossera non è arrivata, sarà per il terreno sabbioso, sarà per l’isolamento delle montagne e del mare… le viti sono state salvaguardate e sono ormai centenarie. La caratteristica unica di queste viti è la coltivazione orizzontale, ovvero le viti nascono nella roccia e sono allevate con un sistema a pergola su meravigliose terrazze a picco sul mare, sostenute da muretti a secco chiamati macerine. Queste terrazze sono piccoli fazzoletti di terra, strappati alla roccia, e qui le viti non toccano mai il suolo sottostante, dove invece cresce incolta l’erba, che viene periodicamente falciata

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e lasciata macerare al suolo, rappresentando un concime naturale, secondo la tecnica del “sovescio”. Le viti sono così esposte al caldo del sole ed alla salsedine del mare, non vengono né annaffiate né concimate, crescono naturalmente. Le varietà dell’uva, tutte autoctone, hanno trovato in quest’ambiente meraviglioso, il loro habitat ottimale. Queste caratteristiche ambientali conferiscono ad esse ed al vino prodotto, una forte e gradevole mineralità, vini freschi e briosi: si assaggia uno dei loro vini e si sente il vero sapore della terra che lo produce.

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Tra i monti e il mare

Date le piccole dimensioni delle terrazze, vengono prodotte solo 50mila bottiglie l’anno, ma apprezzate e vendute in tutto il mondo, con ampi riconoscimenti. I vini prodotti sono il Furore bianco (Biancolella e Falanghina), Furore rosso e rosso Riserva (Per ‘e Palummo ed Aglianico), il Fiorduva (Fenile, Ginestra e Ripoli), Ravello rosso Riserva (Per ‘e Palummo ed Aglianico), Ravello bianco (Falanghina e biancolella), Costa D’Amalfi Rosso, Rosato e Bianco. Sono tutti vini caratterizzati da una vendemmia tardiva (da metà ottobre) e lunga (circa 3 settimane), poiché la raccolta viene effettuata tutta a mano, data la caratteristica delle terrazze che non n

Uno dei tanti aspetti della

vitivinicoltura eroica.

permette l’utilizzo di macchinari, e il clima e le diverse altitudini, fanno maturare a periodi diversi l’uva. Una volta raccolta l’uva, viene lavorata in giornata, in una piccola ma attrezzatissima cantina, sita a Furore, e poi conservata in una bottaia scavata nella roccia, dove le barrique sono ad una temperatura che varia dai 13° in inverno ai 18° in estate, le stesse rocce dove alloggiano le radici delle loro viti. Un ambiente unico e suggestivo, dove si evidenzia tutte le caratteristiche della roccia stessa, il calcare, la salsedine del mare…uno spettacolo unico!!

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n

Furore Marisa Cuomo Via G.B. Lama, 16/18 84010 Furore SA Tel. 089 830348 info@marisacuomo.com www.marisacuomo.com

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Malanni di stagione

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Malanni di stagione M

i c h e l e

B

i s c a r d i

La cura messa a punto dai potatori d’uva Simonit&Sirch è una tecnica chirurgica in continua sperimentazione che ha già dato ottimi risultati.

Le malattie che colpiscono le viti rientrano in quella casistica ormai ben codificate e debellabili mediante sostanze che la scienza moderna mette a disposizione dei viticoltori e che spesso risultano dannose, sotto altri aspetti, sia per l’ambiente sia per la salute. La vite è facilmente aggredita da diverse malattie di origini crittogame (peronospera, 60


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Malanni di stagione

oidio, muffa grigia,…mal d’esca) o fitofagi (tignoletta, ragnetto rosso…), favorite sia da situazioni climatiche umide o piovose, sia dall’intervento, involontario, del vignaiolo, che possono proliferare distruggendo in breve tempo foglie, fiori, grappoli e interi vigneti. Uno dei principali strumenti di contrasto verso tali patologie è sicuramente una corretta gestione della terra, delle concimazioni e il monitoraggio continuo, per verificare l’insorgere delle malattie e, quindi, poter intervenire tempestivamente. In breve parole “meglio prevenire che….estirpare”. Proprio l’estirpo è stato, fino a poco tempo fa, l’unico rimedio ad una delle malattie più devastanti per le viti: il mal d’esca. È una malattia del legno che può causare ingenti danni ai vigneti, con riflessi negativi sulla quantità, qualità della produzione e, cosa da non trascurare, anche economici. I diversi agenti fungini responsabili del “mal dell’esca”, penetrano attraverso ferite patite dalla pianta, quelle di potatura costituiscono una via preferenziale di infezione, aggredendo la parte legnosa del fascio linfatico che è per la pianta la via per l’acqua e per sostanze minerali. Tale malattia provoca alcuni sintomi tipici sulle foglie: arrossamenti tra le nervature e n

Il mal dell’esca sul tralcio

necrosi; mentre sui grappoli appaiono maculature necrotiche.

di una vite. La pianta dopo il trattamento Dendrochirurgico.

Il mal d’esca può avere un subdolo decorso acuto e causare un attacco apoplettico irreversibile

Sotto la pianta guarita.

e da non sottovalutare il fatto che gli agenti patogeni possono diffondersi comunque alle piante vicine e financo al resto del vigneto, con conseguenze facilmente immaginabili. Probabilmente è la più grave e diffusa malattia che colpisca i vigneti di tutto il mondo e, in particolar modo, quelli europei. Oggi questa malattia fa meno paura rispetto a prima, in soccorso ai viticoltori interviene la Dendrochirurgia. (descritta da Ravaz e Lafon come praticata fin dall’antichità e ripresa da Poussard alla fine dell’800, per risanare piante infette da Esca eliminando il legno cariato.) A riprendere e a mettere a punto una tecnica letteralmente “chirurgica” e con strumenti moderni, sono stati Simonit&Sirch Preparatori d’uva che, dopo 5 anni di lavori e sperimentazioni in vigneti italiani e francesi, sono riusciti a recuperare circa il 90-95% delle piante attaccate dal mal d’esca, con una piena produttività dopo il trattamento “dendrochirurgico”. Banalizzando, si può paragonare l’intervento a quanto fa un dentista per curare una carie. Utilizzando delle piccole motoseghe, il tronco è aperto e sono asportate le parti intaccate dal mal d’esca.

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n

SIMONIT&SIRCH PREPARATORI D’UVA Via Papa Giovanni XXIII, 62 33040 Corno di Rosazzo UD Tel. 0432 752417 preparatoriuva@preparatoriuva.it

La pianta “disintossicata” dalla malattia, riacquista nel giro di poco tempo vigore, riprende a fruttificare e torna pienamente produttiva. Occorre tener presente anche il lato economico. Se si considera, infatti, che estirpando le piante malate e sostituendole con “barbatelle” si crea una disparità della qualità delle uve, che influisce ovviamente sulla qualità e quantità del vino. Senza tener conto anche del costo del reimpianto e alla mancata produzione delle giovani piante per almeno 3 anni. È una tecnica in continua sperimentazione e le prime prove, riferiva Marco Simonit, risalgono al 2011, fatte presso Maisons d’oltralpe e in diverse aziende sul territorio nazionale. In 6 anni di lavoro e sperimentazione, sono state trattate o meglio “operate” più di 10.000 piante di 5 varietà (Sauvignon blanc, Chardonnay, Cabernet, Sauvignon, Cabernet Franc, Pinot nero). Il mal d’esca, da sempre associata a viti piuttosto vecchie, è diffuso in tutte le aree viticole del mondo e causa gravissimi danni anche in impianti giovani. L’importanza di questa malattia è legata soprattutto al fatto che, in questo momento, non esiste alcun prodotto in grado di contrastarla, da quando l’arsenito di sodio è stato ritirato dal commercio a causa della sua tossicità nei confronti dell’uomo e dell’ambiente. 63


Il Salento dei...miraggi

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Il Salento dei... B

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a r b a r a

D

i s t r a t i s


Quando

la mente viene rapita come in un tenero abbraccio filiale da una terra

esuberante di produzioni locali, tra cibo e vino, tra storia e innovazione.

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Il Salento dei...miraggi

Benvenuti nel Salento: e questa volta gioco in casa! Il tacco dello

i centri storici dei tanti paesi salentini dove, tra complessi rituali

stivale italiano, con ben 250 Km di costa, anche quest’anno ha

collettivi, che coniugano aspetti di misticismo pagano a sfrenate

accolto migliaia di turisti facendo registrare un’ ascesa di presenze

danze popolari, prendono vita veri e propri esorcismi musicali,

senza precedenti.

fusi nella dialettica del corpo. Il percuotere energico e ritmato del

Eh già: vi racconto il Salento, quello sconosciuto, quello più

tamburello, la dolcezza penetrante delle note profonde del violino e

selvaggio, dove una natura di infinita bellezza accarezza gli animi

il nostalgico pianto della fisarmonica, animano la danza scomposta

e diventa la protagonista indiscussa

della donna tarantata, scandiscono i

di paesaggi incantevoli.

momenti trascendenti, nell’incedere

Mi muovo indisturbata in questo

del tempo, delle genti messapiche, le

‘’mare di storia’’, come accompagnata

quali, da oltre tremila anni, popolano

da mano antica, in un viaggio tra

l’italico tacco fra i due Mari.

passato e presente, cammino tra

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i sentieri costeggiati dai muretti

Ma non è solo la mente ad essere

a secco, i trulli e le verdi chiome

rapita perché da sempre, come in

dei boschi secolari d’ulivi, i vigneti

un tenero abbraccio filiale, questa

fittamente puntinati, pronti a cedere

terra presenta l’esuberanza delle

il caro frutto di Bacco.

produzioni locali, tra cibo e vino,

Attraverso questo braccio di terra,

tra storia ed innovazione. Nelle mie

tra monumenti storici e chiese rupestri, per arrivare, a piedi

soste rievoco i gusti della tradizione di Corigliano d’Otranto e

nudi, su di una spiaggia finissima e madreperlata, sfiorata dalle

riscopro abbinamenti nuovi del Festival vegano di Acaya. Si,

onde di un mare smeraldo e cristallino. Mare, vento, sole, terra:

perché, quando la tradizione corteggia i nuovi gusti in una

tutto questo è il Salento!

terra cruda ed accoglie le diversità, stemperandole in vistose

Qui siamo ben lungi dal tramonto di una tradizione; percorro

analogie tra l’indole genetica delle produzioni autoctone, dalle


caratteristiche forti ma gentili e quella dei curiosi visitatori, dalle molteplici sfaccettature, allora lo stato corale di estasi è raggiunto! Con quest’animo percorro le vie della mia città: Manduria. Qui la vendemmia 2016 per la produzione di vino Doc Primitivo è iniziata con forte ottimismo, secondo i dati di Confagricoltura. Si procede con la rituale analisi sensoriale delle bacche nelle vigne, per cogliere la migliore maturazione, dal taglio ai grappoli in cassetta, bellissimi da vedere. Ora toccherà alla bravura dei vinificatori tirare fuori il meglio! Il Primitivo è un vino ad alta gradazione, ma di grande equilibrio, che ammalia tutti per corpo, struttura, tannicità, finezza ed eleganza. È questo un vino capace di conquistare, con le sue nuance terribilmente brillanti, che illuminano il calice cristallino. Aspetteremo pazienti per gustarlo al meglio e, con Neruda, dal singolare Salento dico: ’’Vino[…] morbido/ come un disordinato velluto/ […]non sei mai presente in una sola coppa,/ in un canto, in un uomo,/ sei corale, gregario,/ e, quanto meno, scambievole’’.

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40 anni di “Quore”

Bibenda 55 duemilasedici

40 anni di

“Quore” R

a ff a e l e

F

i s c h e t t i

Sono molti i caratteri distintivi dei prodotti Letrari, soprattutto territorialità e amore per la terra.

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40 anni di “Quore”

“Ci vuole Quore per amare questi prodotti”, con questa frase Lucia Letrari ha racchiuso in modo splendido e preciso il carattere dei suoi vini. La conduzione enologica di Lucia Letrari, instancabile, rigorosa e passionale produttrice affianca ai famosi spumanti Metodo Classico i vini fermi che la famiglia ha sempre prodotto. I Letrari possono considerarsi parte della storia stessa del vino in Trentino, la famiglia in quel di Borghetto d’Avio, sulle rive dell’Adige, furono dapprima zatterieri, commercianti e sin dall’inizio lungimiranti innovatori nell’agricoltura. Gli occhi non mentono mai, e quelli di Lucia mentre mi racconta la storia che c’è dietro ogni singola scelta ed ogni singola bottiglia rendono il mio viaggio unico e ricco di nuova conoscenza che non si trovano sui libri. Sono molti i caratteri distintivi che spiccano nei prodotti aziendali: territorialità e amore per la terra, basso contenuto di solforosa e pochissimi trattamenti in cantina

n

Lucia Retrari ritratta tra le

sue amate pupitre.

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dovuti al fatto che seguendo le uve giorno per giorno il superfluo viene eliminato

n

Letrari

dando alla natura la maniera di esprimersi nel modo migliore. Spicca una territorialità

Via Monte Baldo, 13/15

decisa nei 23 ettari vitati di famiglia, nota distintiva di pregio è anche nel colore intensi

38068 Rovereto TN

con riflessi dorati, preludio di evoluzioni lunghissime e mai banali, è la Lucia Letrari

Tel. 0464 480200

che li vuole così, decisi, non alla moda, con la sua impronta stilistica. Tutte la gamma

info@letrari.it

di spumanti resta maggiormente sui lieviti di quanto i disciplinari impongono, ogni

www.letrari.it

bottiglia è da reputarsi una sintesi perfetta della filosofia Letrari, le otto perle che compongono il suo Trento Metodo classico sono tutte degne di nota: dosaggio zero, Brut, Brut rosè, +4 Rosè, Quore Riserva tra i miei favoriti evocandomi la struttura della Riserva, il Dosaggio zero Riserva, Brut Riserva e l’ineguagliabile 976 Riserva del Fondatore di cui si producono circa 3000 bottiglie all’anno. In tutto la spumantistica Letrari si attesta a circa 50/60 mila bottiglie l’anno. Mi piacerebbe condividere gli assaggi di due prodotti della cantina Letrari che di seguito trascrivo.

I Vini TRENTO BRUT QUORE RISERVA 2009 Spumante metodo classico ottenuto da 100% Chardonnay. Ritrovo come detto in precedenza questa tonalità intensa con richiami al giallo dorato. I profumi spaziano dalla nocciola alla crema pasticciera, lievito ai più delicati e sottili aromi di frutta come la pera e spezie di macchia mediterrasnia come timo e una leggera salvia. 48 mesi sui lieviti con un pelage persistente fine e numeroso. Mi piace immagginarlo con un rombo al forno con cips di patate al profumo di timo e rosmarino.

TRENTO BRUT RISERVA DEL FONDATORE 976 2005 Spumante metodo classico ottenuto in parti uguali da Chardonnay e Pinot Nero. Dal primo istante capisci di trovarti davanti ad un gran prodotto. Il perlage perfetto e il colore molto tendente al dorato sono il preludio per immagginarsi quello che si troverà successivamente. Agrumi, pompelmo, lime, nota di zenzero intrigante,miele al timo, note che mi portano al balsamico dove divertendosi anche in base alla temperatura che si modifica trovo dell’eucalipto e delle erbe aromatiche, anche minerale verso il finire. Tutto il tempo passato sui lieviti, 96 mesi portano a questo splendido risultato. Una prima donna che può essere ammirata in tutto il suo splendore in buona compagnia oppure abbinata all’Astice in in bellavista.

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L’Orange Wine del Monastero

L’Orange Wine

del Monastero N

i l a

H

a l u n

Nella campagna viterbese sorge un raro monastero Trappista nel quale si produce un ottimo vino, sotto la guida di

Suor Adriana.

Suor Adriana ci viene incontro con un aria sorridente e serena. Siamo immersi nella campagna alle porte di Vitorchiano, provincia di Viterbo, in uno dei pochi monasteri Trappisti presenti nella Penisola. Qui l’atmosfera è quasi mistica, avvolti dal silenzio, passeggiando tra le vigne e gli ulivi che ci circondano. E circondano il monastero stesso, dove le monache dell’Ordine Cistercense vivono dal 1957. Con un lungo lavoro hanno fatto si che al posto di un arida pietraia sorgessero campi, frutteti, oliveti e vigneti. Inizialmente il vino prodotto veniva venduto sfuso. Questo fino al 2006 quando si iniziò ad imbottigliarlo, anche su consiglio di Paolo e Piero Bea (titolari dell’omonima e nota Cantina di Montefalco) che incoraggiarono la scelta “naturale” e disegnarono le etichette stesse. Oggi è lei, suor Adriana, che si occupa del vino. Con l’aiuto delle due sorelle coltivano la vigna (meno di un ettaro), raccolgono le uve e fanno, dal 2008, il Coenobium Ruscum, prodotto in maniera assolutamente naturale, senza ricorrere alla chimica o alla stabilizzazione forzata. Tino di resina, 15 giorni sulle bucce ed un anno in acciaio. Il risultato è un vino particolarissimo, composto da uve trebbiano, malvasia e verdicchio, presenti nel territorio già dal medioevo. 72


n

Monastero Trappiste Vitorchiano Via della Stazione Vitorchiano VT coenobiumetruscum@gmail.com

Coenobium Ruscum 2015 Di colore paglierino dorato, quasi arancio. Al naso si avvertono profumi di erba tagliata, erbe balsamiche (mentuccia e salvia) unite a note fruttate. In bocca si presenta con una grande freschezza e sapidità, note fruttate e lime, con leggeri tannini (15 giorni sulle bucce), finisce con buona persistenza gusto-olfattiva. Di grande beva. Il bassissimo contenuto di solfiti, e la sua conseguente buona digeribilità, induce a berne un po’ di più rispetto ad altri vini. Si serve fresco e si può accompagnare praticamente a tutto. Formaggi freschi, pizze e focacce rustiche, coniglio, pollo, quaglia e piccione, ma anche pesce e parmigiana di melanzane. E proprio per questa sua caratteristica di essere abbinabile ad un ampio spettro gastronomico, appare perfetto come aperitivo, unito a piccoli, vari e gustosi assaggi. 73


Oban, Scotland

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Oban, cotland

S B 74

a r b a r a

P

a l o mb o

Paesaggi incantevoli e whisky prelibati.


Un whisky prodotto in una delle più antiche distillerie di tutta la Scozia, a Oban, “piccola baia”, nella parte sud delle Highlands, dove il mare si insinua nella terra in tante ramificazioni dai differenti contorni; dove gli uccelli volano felici e canori tutto il giorno, in un cielo che in pochi attimi alterna i suoi colori dal celeste, al verde, al blu e al grigio, e il tempo si trasforma velocemente da sereno a piovoso, per ritornare soleggiato e mite senza creare sconvolgimenti; dove l’alba e il tramonto sono incantevoli, indimenticabili e unici. Una cittadina vivace, con i pescatori che continuamente approdano a riva portando pesce appena pescato che le persone acquistano dai chioschetti che sono sul molo, e lo degustano seduti sul marciapiede, gradendo l’ottimo sapore e il suggestivo scenario che si apre di fronte a loro: un mare che corre alto, per poi ritirarsi lasciando scoperto a tutti il suo popolato e ricco fondale. Ha un bel porto Oban, da cui partono ogni giorno varie 75


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Oban, Scotland

navi da crociera che conducono a visitare le numerose bellissime isole limitrofe. Ma Oban è molto più di un porto, è un luogo quasi incantato, all’interno di un paesaggio mozzafiato che si può ben vedere dalla Torre di McCaig che apre la visuale anche sulle Ebridi Interne e sulle stupefacenti riserve naturali. Il clima abbastanza freddo viene temperato dalla Corrente del Golfo, e la vicinanza del mare mitiga il vento; le piogge cadono continue ma non abbondanti, e quindi contribuiscono ad arricchire la baia di una vegetazione verde e rigogliosa. Al centro del villaggio c’è la “Distelleria Oban” che, fondata nel 1794, ha costituito il nucleo principale attorno al quale si è sviluppata nel tempo tutta la cittadina. Oggi di proprietà della Diageo, impresa mondiale sul mercato degli alcolici, produce circa 670.000 litri l’anno, di cui il 20% viene destinato al single malt, il resto è per i blends. La più importante produzione è la “14 anni” nella gamma dei suoi Classic Malts, whisky di puro malto ricavato dalla distillazione dell’orzo scozzese, barley, ricco di amido, importante per la resa alcolica del whisky, e dall’utilizzo dell’acqua del Paese ricca di nutrienti e minerali, che è l’ingrediente base in quanto ne costituisce il 50% circa.

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La visita alla distilleria è una esperienza culturale davvero interessante: una guida accompagna le persone all’interno mostrando e spiegando tuto il processo produttivo. Lo stesso ha inizio dall’orzo che viene messo nell’acqua a circa 16 gradi per 2 giorni, e poi, scolato, in sale areate dove i chicchi cominciano a germogliare; l’amido che è dentro ad ogni chicco si trasforma in maltosio, che è uno zucchero semplice e fermentabile. Dopo alcuni giorni la germinazione viene bloccata affumicando il malto con fumo caldo ottenuto dalla torba, all’interno di forni. Quindi i chicchi si seccano ed i germogli vengono eliminati, e si procede alla macerazione, creando una farina di grana giusta, a cui si aggiunge acqua che arriva ad alte temperature, creando lo “wort”, ossia un mosto non fermentato, che viene poi filtrato per eliminare i residui solidi, e posto nelle “wash backs”, grandi contenitori di fermentazione, dove vengono inoculati lieviti selezionati. La fermentazione è a temperatura controllata e tumultuosa; quando termina la gradazione alcolica è di circa 7 gradi. Dopo averlo filtrato, tale mosto viene posto negli alambicchi discontinui di rame dove avviene la distillazione: una prima, della durata di circa 7 ore, da cui si ottiene un distillato di 20 gradi alcolici, detto “low wine”, e una seconda, della durata di 12 ore, dove vengono eleminate la testa e la coda del distillato, foreshot e feints, e si ottiene solo 77


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Oban, Scotland


il cuore, di 70 gradi, l’essenza pura, riposto nel contenitore in vetro e ottone detto spirit safe. A questo punto avviene l’invecchiamento nelle botti, di almeno 5 anni per i single malt, botti che hanno precedentemente contenuto Sherry, Porto e Vini pregiati e donano note olfattive che arricchiscono le caratteristiche organolettiche del whisky. L’evaporazione dell’alcol, Angel’s share, avviene nel tempo ma è un po’ limitata dall’umidità all’interno delle cantine di affinamento. A seconda del numero di passaggi che ha subito la botte dipenderà il colore del prodotto finale, che comunque non è legato al numero di anni di invecchiamento, bensì alla qualità del legno della botte, appunto ai vari passaggi della botte, in quanto l’alcol dei primi passaggi scioglie quasi tutti i componenti presenti nelle fibre del legno donando colore, ed infine dall’aggiunta di caramello, permesso da disciplinare ma effettuata in minima quantità.

La Degustazione La degustazione del prodotto conclude la visita: si assapora in modo diverso dopo aver visto e capito il processo produttivo, e le sensazioni emozionali si amplificano donando un piacere davvero eccelso.

OBAN 14 SINGLE MALT SCOTCH WHISKY …elegant and glowing, così riporta l’etichetta della bottiglia, elegante e raggiante, perché seducente e luminoso alla vista, all’olfatto e al gusto. Di uno splendido colore oro con sprazzi ambrati, dal naso profondo, racconta di aromi molto gradevoli, orange peel, sea salt, smoky and honey, a cui si aggiungono profumi di frutta secca tostata, di biscotto, di crema, nonché amabili note speziate. In bocca un vero elisir, una pozione corroborante, un perfetto equilibrio tra dolcezza e amarezza che dona una armonia bilanciata di elevata qualità. Avvolgente e persistente dopo la deglutizione. Un grande whisky, una intensa emozione.

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Bibenda 55 duemilasedici

Un assaggio di Borgogna

Un assaggio di Borgogna A

80

n t o n e l l a

P

o mp e i


Forse

non esiste altra regione vitivinicola al mondo che comprenda così tanti

vini e così diversi tra loro.

Borgogna. Ai winelovers, la parola evoca uno dei vini più prestigiosi del mondo, già un’idea di opulenza. Ma Borgogna non significa un vino solo né un solo territorio. Forse non esiste altra regione vitivinicola al mondo che indichi vini più diversi, per le caratteristiche del terreno, enormemente eterogeneo e vera forza della Borgogna, per le annate, qui determinanti più che altrove, per lo stile del produttore e per i vitigni,

pinot nero e chardonnay più un po’ di aligoté e di gamay, ma nelle zone

meno importanti. La Borgogna è una provincia francese che comprende diverse zone vinicole, di cui il fulcro è la Cote d’Or, patria di pinot nero e chardonnay nel mondo, formata dalla Cote de Nuits a nord e dalla Cote de Beaune a sud. Le altre zone sono Chablis, dove si producono chardonnay tra i più amati ed eleganti, poi le meno note Cote Chalonnaise, con i suoi bianchi e rossi, Maconnais con i suoi vini bianchi, e Beaujolais, più a sud, molto diverso dal resto della Borgogna e con un livello qualitativo molto differenziato. Tutte queste microzone (forse meno il Beaujolais) hanno una produzione qualitativa che sarebbe di altissimo livello, se non dovesse fare i conti con la Cote d’Or, l’assoluta fuoriclasse della Borgogna. Beaune ne è il cuore, vivace e deliziosa cittadina medioevale, sede, tra l’altro, della famosa asta di vini che si tiene ogni anno a novembre all’Hospice de Beaune. Essa vanta la più ampia superficie vitata della Cote d’Or con ben 42 climat classificati premiers crus. I vini di Beaune sono per la quasi totalità rossi, che si identificano evidenziando il carattere fruttato ed elegante del pinot nero, a volte più tenue ed aggraziato, come 81


Bibenda 55 duemilasedici

Un assaggio di Borgogna

nei premiers crus Les Teurons e Aux Cras, a volte più intenso

Vinifica separatamente i climat e i lieux-dit, diraspa le uve

e con tannini più sostenuti, come a Les Grèves, a Marconnets

al 100%, esegue macerazione a freddo per 20 giorni ed

e a Les Bressandes. Questo porta a poter affermare che il

usa lieviti naturali. Esegue la fermentazione malolattica e

rosso di Beaune non si ricorda tanto

prepara la messa in bottiglia senza

per la sua potenza quanto per la

chiarificazione né filtrazione. Il

peculiarità del dettaglio aromatico

domaine produce 35.000/40.000

fruttato e della piacevolezza un po’

bottiglie all’anno ma il numero

più immediata.

è

A Beaune, che non ha grands crus,

dall’andamento della stagione che,

abbiamo visitato una maison che

lo abbiamo già sottolineato, in

possiede vigneti in diversi premiers

Borgogna è decisamente influente:

crus dell’appellation. Agli assaggi

27.000 nel 2014, 15.000 nel 2013.

che ci sono stati offerti, di volta in

In questo 2016, la tremenda gelata

volta abbiamo cercato di captare

di primavera ha distrutto circa il

nel profumo e nel gusto le varie

60% del raccolto.

fortemente

dipendente

espressioni del pinot nero nei diversi terreni, cosa non per niente scontata,

La degustazione in cantina esplo-

a dire la verità. Il domaine si chiama

ra i diversi premiers crus azienda-

Albert Morot, dal nome di colui che

li: Cent Vignes, Tous Saints, Les

avviò la maison de négoce nel 1820.

Bressandes, Teurons. Le espres-

Nel corso del tempo, all’attività di negociant si unì l’acquisto

sioni migliori sembrano quelle dei crus in cui è maggiore la

di parcelle vitate e venne costruito lo Chateau de la Creusotte,

presenza di calcare, Tous Saints e Les Bressandes, con un naso

la sede aziendale, che si staglia silenzioso nel cielo grigio della

più ricco dove, oltre al frutto croccante, emergono eleganti

giornata. Nel 1984 è entrato in azienda Geoffrey Choppin, che

note floreali di rosa rossa e glicine nel primo, fragola e decisi

la guida dal 2000, sostituendo la zia Françoise Choppin andata

sentori floreali nel secondo, entrambi già con un tannino ben

in pensione dopo averla condotta per decenni secondo una

fatto, l’annata è la 2014. Nel premier cru Teurons, in cui le

rigorosa tradizione. Siamo arrivati in leggero anticipo rispetto

radici delle viti devono andare più in profondità, il vino pre-

a Geoffrey (e non si dica che les italiens sono ritardatari) e

senta una maggior struttura, un’acidità più evidente, sembra

così abbiamo incontrato un’anziana arzilla signora, che tornava

infatti meno pronto, ancora molto giovane, annata 2014. La

in bicicletta con i sacchetti della spesa, chissà che non fosse

versione 2007 del Premier Cru Tous Saints è invece notevole:

proprio lei la zia Françoise...

rosso rubino pieno e limpido, al naso esprime ricche e dolci note di cassis e altri piccoli frutti rossi, seguite da note floreali

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Geoffrey ha introdotto alcuni cambiamenti, preferendo

e soprattutto speziate, dalla cannella ai chiodi di garofano.

macerazioni più lunghe ed estrazioni più delicate dei

Un naso elegante, completato da un sorso fresco e strutturato,

tannini. Con certificazione biologica dal 2009, usa solo

con tannini composti e levigati ed una persistenza avvolgen-

zolfo e rame nei trattamenti, pratica il sovescio e le sue vigne

te, che torna sulla dolcezza dei frutti rossi. È solo un assaggio,

prevedono un metro per pianta e 10.000 ceppi per ettaro.

della infinita Borgogna.


n

Alcune immagini dell’azienda

borgognona Albert Morot. In alto la decana Françoise Choppin, in basso suo nipote Geoffrey. n

Domaine Albert Morot

20 Avenue Charles Jaffelin, 21200 Beaune, Francia Tel.+33 3 80 22 35 39 www.albertmorot.fr

83


Bibenda 55 duemilasedici

Terminator

Terminator F

a b i o

V

i s c a

sarà un algoritmo che

Già all’epoca Robert Parker, il più influente critico di vino

consentirà di definire la qualità dei vini, e conseguentemente il

americano, definì la ricerca di Ashenfelter ‘ridicola e assurda’.

loro prezzo, a partire da due sole variabili.

Però non è possibile ignorare che il professore americano aveva

Il

futuro competitor dei

Sommelier

confrontato i risultati prodotti dal suo algoritmo con i prezzi Ricordate? Terminator/Schwarzenegger viene nel presente per

assegnati ai migliori Bordeaux nelle aste tra il 1952 e il 1980,

provocare degli accadimenti che avrebbero determinato il futuro,

dimostrando che coincidevano.

dal quale egli proveniva, in cui era in corso una guerra tra gli

84

uomini e le macchine.

Da allora l’algoritmo è stato perfezionato aggiungendo ulteriori

Bene, è esattamente ciò di cui avrebbero bisogno i sommelier, un

variabili, come l’uvaggio ad esempio, ed oggi la sua utilizzazione

Terminator che torni nel 1989 per convincere, con le buone o

potrebbe soddisfare il bisogno di stabilire il prezzo di un vino

con le cattive, il prof. Orley Ashenfelter, economista di Princeton,

senza aprire la bottiglia, cioè più celermente, nelle aste che con

ad abbandonare l’idea di un algoritmo che, se realizzato, avrebbe

sempre maggiore frequenza vengono organizzate in ogni parte

consentito di definire la qualità dei vini, e conseguentemente

del mondo.

il loro prezzo, a partire da due sole variabili: la quantità di

Siamo dunque alla guerra tra i sommelier e le macchine? Tra il

precipitazioni e la temperatura. Infatti, senza l’intervento del

naso e il computer? Se sì, siamo appena agli inizi. E non è detto

Terminator, l’algoritmo vedrà la luce – come di fatto è avvenuto

che alla fine vincano gli algoritmi. Le variabili che contribuiscono

– mettendo così in pericolo il ruolo dei sommelier che, per

alla qualità di un vino sono molto più di tre, e non c’è programma

valutare un vino, non possono fare a meno di aprire la bottiglia,

di computer che possa competere con la descrizione appassionata

degustarlo, ed esprimere un giudizio che per quanto accurato e

di un sommelier. Portatelo a una degustazione, sarà d’accordo

approfondito sarà pur sempre soggettivo.

pure Terminator.


Campagna

Iscrizioni

2017

Iscriviti alla Fondazione Italiana Sommelier! Farai parte di un

promozione fantastica della SpA del Rome Cavalieri che il Socio potrà

gruppo privilegiato, da sempre in prima linea per la comunicazione della

ottenere semplicemente esibendo la sua tessera di Fondazione Italiana

cultura del vino e dell’olio. Iscriversi alla Fondazione Italiana Sommelier

Sommelier, ogni anno di colore diverso. Giallo canarino quella del 2017.

significa appartenenza, significa far parte di un importante progetto

Oltre alla possibilità di accedere a tutti gli eventi di degustazione (solo nel

culturale, significa impegnarsi tutti insieme per la realizzazione di un

Lazio se ne contano più di trecento ogni anno), tra gratuiti e/o riservati ai

sogno, significa condividere ideali ed emozioni. Iscriviti o rinnova la tua

Soci a prezzi privilegiati, tutti descritti online su www.bibenda.it, il Socio

iscrizione: in questo modo, oltre a sostenere da vicino la Fondazione in

riceve nel mese di Novembre di ogni anno la nuova Edizione di BIBENDA,

un impegno comune, avrai la possibilità di usufruire di molti vantaggi.

la Guida che vanta più tentativi di imitazione perfino dei settimanali di

Con la quota di 100 euro l’anno, ad esempio, potrai partecipare alle tante

enigmistica, comunque una Guida arrivata con successo ormai alla

Attività di Degustazione del Vino e del Cibo organizzate dalla Fondazione

diciannovesima edizione.

Italiana Sommelier in tutta Italia, potrai prendere parte agli imperdibili viaggi a tema organizzati nelle più interessanti zone vitivinicole d’Italia

Dunque, la campagna iscrizioni 2017 è iniziata! Non restare

e nel mondo, potrai usufruire delle irripetibili convenzioni esclusive

indietro, affrettati a rinnovare la tua appartenenza al centro di cultura sul

per i Soci della Fondazione. Come l’ultima ottenuta, ad esempio, una

vino e sul cibo più importante del mondo su www.bibenda.it.

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Bibenda 55 duemilasedici

India: Top Chef Award 2016

India: Top chef Award 2016 P

a o l a

S

i m o n e t t i

Luigi Ferraro, lo chef con la valigia, ha conquistato il prestigioso riconoscimento Top Chef Awards 2016.

Luigi Ferraro, oggi chef di uno dei ristoranti più alla moda di Nuova Delhi, il Sorrento Ristorante che si trova all’interno del lussuoso Shangri-LA Hotel,frequentato da una clientela di altissimo livello, tra cui business man internazionali, politici e clienti che amano lo sfarzo e il buon cibo di qualità. Anche in questa esperienza lavorativa sono già arrivati premi e riconoscimenti, di recente infatti gli è stato consegnato il prestigioso riconoscimento “Top Chef Awards 2016”, che a New Delhi e in India è tra i più ambiti e lui così presto tra i selezionati a riceverlo, vinto come miglior chef in India nella categoria “Best Modern European Cuisine”. Il premio, giunto quest’anno alla terza edizione, riconosce ed onorare i più talentuosi chef giovani, barman e gestori di alberghi stellati e ristoranti. I giudici e la rosa dei candidati per ciascuna delle 16 categorie designate, si sono incontrati presso “The Claridges New Delhi”, un altro hotel di lusso della capitale indiana, dove la premiazione ha avuto luogo. Tra gli illustri ospiti, indiani e non solo, della serata c’era anche un italiano di grande rilievo, il Dott.re Francesco Pensabene Direttore I.C.E. (Istituto Commercio Estero). Appena arrivato a Delhi, lo chef Ferraro, si era subito messo in discussione anche prestandosi alle rigide valutazioni per ottenere la certificazione di “Ospitalità Italiana”, Ristoranti italiani nel mondo, riuscendo eccellentemente anche in questa impresa lavorativa, l’ennesima che gli elargisce qualità e professionalità. Luigi ha iniziato la sua attività professionale nel mondo della ristorazione ed il suo 86


percorso personale di ricerca esigente sulle materie prime e sulle

Taste Moscow; Salone del gusto di Torino; Tutto Food Milano e

tecniche nel 1996, a soli 16 anni.

altri ancora. Ha partecipato anche a trasmissioni televisive: “The

Lui, tra l’altro afferma sempre che “cuochi si nasce”. E lui sembra

Cooking Show”, “Uno Mattina” e “Tg5 Gusto”. Non sono mancate

proprio che sia venuto al mondo per questo lavoro...

le partecipazioni anche a gare internazionali, posizionandosi sempre

Mette sempre tutto se stesso e tutta la passione possibile nel suo

tra i primi, tra cui due medaglie d’oro vinte a Mosca all’International

lavoro, cerca sempre di migliorarsi e maturare sempre più, anche

Kremlin Culinary Cup. Per di più gli è riuscita anche l’avventura

se lui non si sente mai abbastanza.

letteraria! Infatti ha realizzato anche il suo primo libro, “Calabria in

Crescita e bravura che lo hanno portato a ricevere molti premi,

tutti i sensi. Un viaggio con Luigi Ferraro”, grazie alla collaborazione

a livello internazionale, ed ha partecipato a numerose trasmissioni

con il grande fotografo Riccardo Marcialis.

televisive, ha ricevuto anche riconoscimenti e nomine di ambascia-

Caratteristica fondamentale di questo chef è che conoscere la

tore che hanno contrassegnato ulteriormente la sua carriera.

storia e la cultura di altri Paesi lo ha sempre affascinato e ama

Molti anche i corsi tenuti sulla sua cucina creativa mediterranea, tra

modificare e proporre a proprio gusto tutto ciò che è “la cucina”,

i più noti quelli svolti a Parigi, San Pietroburgo, Mosca e quelli da

soprattutto piatti meno “conosciuti”, non resiste alla voglia di

docente della scuola di cucina Italian Culinary Istitute. Molti eventi

ritoccarli a suo gusto e piacere e lo fa con eccellenti proposte e

e cene organizzati in giro per il mondo, come il “Dinner Gala del

mostra commistioni e destrezze creative suggerite dalle varie

Festival di Sanremo” nel 2014 e la cena di Gala a Expo Milano 2015

conoscenze culinarie acquisite nelle diverse esperienze precedenti,

nel padiglione Italia, per la settimana del protagonismo calabrese.

in Italia e all’estero, soprattutto all’estero: Sharm el Sheik. Londra,

Numerosi anche gli show coking tenuti in eventi e manifestazioni:

Stoccarda, Bangkok, New York, George Town, San Pietroburgo,

Expo Milano 2015, padiglione Alitalia-Etihad; PIR Moscow;

Parigi, Mosca e ora New Delhi. 87


Da Leggere C

88

l a u d i a

C

h i a r o t t i


Da Leggere

Impasti di seduzione

Una medium, due bovary e il mistero di Bocca di Lupo Marsilio Editori 140 pagine Euro 16 Gaetano Cappelli è uno scrittore molto affermato, pluripremiato in campo nazionale e non solo, basti pensare agli ultimi riconoscimenti a lui assegnati come il Premio Internazionale John Fante per Parenti Lontani e La Vedova o il Premio Hemingway per Il Santo e il segreto del Pacchero estremo. Come Norman Rockwell e Winston Churchill è divenuto Chevalier de la Confrérie du Tastevin di Borgogna per il suo racconto sull’Aglianico e oggi è una firma autorevole dei maggiori quotidiani del nostro Paese. Una medium, due bovary e il mistero di Bocca di Lupo è la sua ultima fatica letteraria e racconta la storia del suo personaggio preferito, lo scrittore frustrato Guido Galliano, già descritto in alcuni suoi romanzi precedenti. Questa volta Guido Galliano arriva a Minervino Murge, viene ingaggiato dal barone e agronomo Ferdinando Canosa per aiutare la moglie Finizia a finire il romanzo che scrive da mesi sulla vita di Eusapia Palladino, famosa medium pugliese. Tutto deve

avvenire in gran segreto, per permettere alla moglie di ottenere quel successo letterario che le permetterebbe di offuscare la fama di scrittrice letteraria alla sua acerrima rivale Maddalena Videtti, figura di spicco del circolo culturale del paese nonché colei che le soffiò lo sposo proprio sull’altare. Tutto questo si svolgerà all’interno della tenuta vinicola di Bocca di Lupo, dove si animeranno altri personaggi eccentrici che daranno vita a una serie di intrecciate avventure surreali e comiche, rendendo questo romanzo una irresistibile commedia mozartiana che trova nei vasti orizzonti rurali pugliesi un ulteriore motivo di fascino e seduzione. Gaetano Cappelli

Dei Marangoli Editrice 68 pagine Euro 15 È stato presentato nella storica pizzeria di Gino Sorbillo a Napoli il nuovo libro di Andrea Cacciavillani e Claudia Deb “Impasti di Seduzione”. Il libro nasce dall’incontro della penna dello scrittore Andrea Cacciavillani, scrittore, poeta e paroliere musicale che trasforma le fasi della preparazione di un “dolce al cucchiaio” in rapsodie d’amore – e la sensuale magia della sweet creative Claudia Deb, nome d’arte di Claudia De Benedictis, scrittrice e giornalista, nonché allieva Sommelier, che amalgama gli elementi, golosi ed eccitanti, in un autentico manuale di intrigante amoreggiamento. Dodici ricette, dodici preparazioni condite di peccaminosa leggiadria in un sentiero che conduce verso gli amorosi sensi. Ogni poesia è un inno al desiderio, mai colpevole, di lasciarsi avvolgere e coinvolgere dal sottile gioco di seduzione, come insostituibile ingrediente, nell’invitante ciotola del piacere. All’incauto lettore non resta che lasciarsi travolgere, senza opporre resistenza. Impasti di Seduzione è in vendita presso Bibendamania, lo Showroom della Fondazione Italiana Sommelier.

89


Informazioni da Fondazione

Questa rubrica riassume tutte le novitĂ , gli eventi, le attivitĂ , le notizie, i momenti che hanno vista impegnata la in lungo e in largo nel

90

Paese.

Fondazione Italiana Sommelier


Informazioni da Fondazione

quando abbiamo il raffreddore: la salinità e le sensazioni erbacee Romanzo di nuovo a bordo

si riducono del 20-30% e si perde in percezione fino ad 1,5° di

e di nuovo Alitalia vince

tasso alcolico. Così, l’unico fattore a rimanere sostanzialmente

Dopo l’esordio di qualche anno fa, Romanzo, il vino di Bibenda,

inalterato rispetto a terra, è l’acidità. Il vino servito a bordo ha

è salito nuovamente a bordo e Alitalia vince di nuovo il premio

perciò bisogno di un’adeguata speziatura ed adeguato alcol che

2016 Best Airline Cuisine.

non coprano, ma esaltino il sapore del cibo. Romanzo, in questo particolarissimo contesto, si colloca come uno dei vini che ha maggiormente esaltato i piatti della tradizione regionale italiana proposti agli Ospiti di bordo: è stato inserito all’interno della grande tradizione gastronomica del Lazio e affiancato all’altrettanto grande tradizione Pugliese ed all’interno del calice che lo contiene, ha rappresentato il compagno ideale di viaggio per esaltare dei veri e propri miti come i “Saltimbocca alla romana” o la “Braciola di vitello alla barese” ma, molto “quotato” (per rimanere in tema di altitudini…) per le condizioni particolari

Di nuovo tra le nuvole Romanzo, in esclusiva per la Business

che si vengono a creare a bordo come dicevamo, è divenuto il suo

Class Intercontinentale della nostra Compagnia di Bandiera.

accostamento ad un piatto che da sempre travalica i confini laziali

Su tutte le rotte di lungo raggio di Alitalia, il nostro gioiello ha

e che ormai appartiene al patrimonio gastronomico mondiale, la

affiancato per mesi le pietanze preparate dai grandi Chef italiani

nostra cara, amata, pasta “all’Amatriciana”.

riscuotendo ancora una volta un grande successo non solo tra gli ospiti italiani, ma soprattutto tra la grande “platea” straniera e,

Romanzo è allo stesso tempo tradizione e modernità, qualità

le decine di lettere arrivate come ringraziamento per la rinnovata

e pulizia e, soprattutto, è ITALIANO e lo dichiara ad ogni

presenza a bordo di Romanzo , sono la testimonianza del successo

sorso, con stile e classe. Un prodotto che ha contribuito anche

di quest’operazione fortemente voluta da Alitalia.

quest’anno, come quando salì a bordo per la prima volta, al

Studi di un istituto di ricerca tedesco ai quali ho partecipato,

conferimento, per il settimo anno consecutivo, del prestigioso

hanno dimostrato che a bordo degli aerei, a causa della

premio internazionale “Best Airline Cuisine” tra tutte compagnie

pressurizzazione, delle vibrazioni, dell’umidità e delle condizioni

aeree del mondo ad Alitalia per qualità dei menu e della carta

generali in quota, le nostre papille gustative subiscono delle

vini di bordo sulle rotte Intercontinentali in Business.

alterazioni a livello percettivo. La pressione dell’aria in cabina

Anche questa è Bellezza, degustare un grande Vino in grado di

infatti, a 10mila metri di altitudine è la stessa che si percepisce

esaltare il piatto che lo accompagna. Nulla c’è di più bello.

ad esempio in montagna a 3/4.000 metri, con i medesimi risultati, ad esempio, sull’ebollizione dell’acqua: molto arduo

Di fatto, la gamma dei vini di bordo viene selezionata dal Sommelier

ottenere un piatto di pasta perfettamente al dente. In queste

Ufficiale di Alitalia ed offerti a bordo dal personale di Cabina

condizioni le papille gustative lavorano con più difficoltà, come

formato con metodo e scuola di Fondazione Italiana Sommelier. 91


Informazioni da Fondazione

Per Antonella Clerici il dono di Babbo Natale

Doppia festa in Cina per Bibenda

Siamo andati a sbirciare sotto l’albero di Natale della Prova del

Una ricorrenza e un premio, Bibenda China festeggia i due anni e

Cuoco, il programma condotto dalla Primadonna del Gusto e al

riceve il premio Stampa. Dopo soli due anni di presenza in Cina, il

quale collaborano ogni giorno da anni i nostri migliori Sommelier.

15 novembre scorso, la nostra BIBENDA ha raccolto un risultato

La nostra Antonella sotto l’albero di Natale ha trovato un

di grande importanza. In soli due anni, tra Pechino e Shanghai,

bellissimo dono: la nomina a Sommelier d’Onore della

sono state distribuite più di 500.000 copie della rivista nata in

Fondazione Italiana Sommelier. Il prestigioso titolo viene

Italia “per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino”.

conferito a personaggi di spicco del nostro secolo che hanno

È stata quindi organizzata dalla camera di Commercio in Cina,

operato in maniera incisiva per la diffusione della Cultura

una serata speciale, una cena di gala con lo scopo di celebrare

del bere bene. Antonella Clerici molto ha fatto, dedicando

questo compleanno, ma soprattutto con l’obiettivo di raccogliere

con lungimiranza un ampio spazio all’arte del bere giusto

fondi da devolvere in beneficenza e in aiuto ai cittadini di Amatrice

fin dalla prima puntata della sua trasmissione La Prova del

che tanto hanno sofferto e perso con gli ultimi eventi sismici che

Cuoco nell’Ottobre 2000. Tanti anni di successi sempre

hanno sconvolto mezza Italia. Quindi, anche dall’estremo oriente

crescenti per un programma che ogni volta prevede la

è arrivato un segno di conforto, un abbraccio generoso e concreto.

presenza di un Sommelier a presentare e spiegare un vino e il

Tra i presenti, oltre al Direttore dell’I.C.E. in Cina Amedeo

suo abbinamento con un piatto, frutto di una ricetta appena

Scarpa la serata è stata onorata dalla presenza di due padrini:

“scodellata” in diretta.

il Marchese Anselmo Guerrieri Gonzaga della Tenuta San

La Clerici va ad allungare l’autorevole schiera dei grandi

Leonardo e Antonio Capaldo per Feudi di San Gregorio, due

uomini e donne insigniti del titolo di Sommelier d’Onore:

aziende già note nel nostro mondo per qualità e nobiltà di intenti.

sarà in compagnia di Papa Francesco, Albano Carrisi,

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Gianmarco e Letizia Moratti, Bruno Vespa, Gianfranco

Il 26 novembre successivo, è stata inoltre consegnata a Fausto

Vissani, Oscar Farinetti, Dario Franceschini

e... udite

Tatarella, responsabile di BIBENDA Cina, direttamente dalle

udite, anche di Fede&Tinto, i due scanzonati di Decanter

mani dell’Ambasciatore e della rappresentante del Corriere della

che da un po’ di tempo fanno da giudici in trasmissione.

Sera, una Targa a testimonianza del Premio Stampa.

Guarda il Video su www.bibenda.it

Guarda le Foto su www.bibenda.it


Grecante Caprai, te l’avevo detto io...

Dicono di noi

Oscar miglior Vino bianco, secondo noi, già ad Aprile 2016,

Un bell’articolo de Il Tempo e quello altrettanto bello de

a dicembre di quest’anno si piazza tra i migliori 100 vini del

Il Messaggero. Come i due quotidiani più importanti della

mondo secondo Wine Spectator.

Capitale, si sono occupati di noi di recente. I due quotidiani storici di Roma sono da sempre vicini con

Risplende di luce propria il Grechetto dei Colli Martani. Si

attenzione agli eventi e al pensiero della Fondazione Italiana

tratta del Grecante di Caprai, il bianco autoctono dell’Umbria

Sommelier. Nell’articolo del 28 novembre de Il Tempo, a firma

è stato annoverato tra i migliori cento vini al mondo da Wine

Paolo Zappitelli, c’è un bel resoconto sulla serata di presentazione

Spectator, la cui classifica ogni anno è attesissima. Siamo lieti del

della Guida Bibenda 2017. Lo stesso giorno, su Il Messaggero,

risultato ottenuto da questo bianco, del quale ci sentiamo con

appare una bella intervista di Renato Pezzini a Franco M. Ricci

orgoglio un po’ “padrini” e un po’ talent scout, avendo premiato

nella quale il Presidente, alla vigilia del voto sul Testo Unico sul

il Grecante con l’Oscar del Vino lo scorso Aprile durante una

Vino, si esprime di nuovo sulla cultura, in particolare sul suo

magnifica serata condotta da Caterina Balivo e ripresa dalle

obiettivo di portare questa materia a scuola, un concetto ripetuto

telecamere di Rai2. Qualcuno era rimasto un po’ scettico alla

come un mantra. Un primo bersaglio, intanto, è stato centrato.

notizia che un’azienda famosa soprattutto per aver portato il

Infatti, il Testo Unico che semplifica il groviglio di regole sul vino

suo Sagrantino di Montefalco al successo internazionale, si fosse

è stato approvato il giorno successivo. E uno.

aggiudicata l’Oscar per il miglior vino bianco. Ma come si fa a criticarli? La nostra era una scelta fuori dagli schemi, coraggiosa e controcorrente, eppure... vincente. Bene così! Nella Top 100 di Wine Spectator è l’unico vino umbro tra i 18 vini portabandiera dell’Italia (due bianchi) premiati dalla rivista Usa. L’avevamo detto noi che era buono...

Leggi la Rassegna Stampa su www.bibenda.it 93


Informazioni da Fondazione

Illuminati dal... Faro Daniela Scrobogna e Salvatore Geraci in tandem per la presentazione a Palermo di importanti annate di Faro e Rosso del Soprano dell’azienda Palari. C’è chi lo definisce snob, chi sui generis, chi bon viveur. Certo è indubbio che Salvatore Geraci, architetto e produttore di vino insieme al fratello dell’azienda Palari, a Santo Stefano Briga, in provincia di Messina, ha fatto innamorare anche gli “astemi” dei suoi vini, “illuminando” il nostro cammino da assaggiatori.

Il Rosso del Soprano 2001, dal rosso granato, all’analisi olfattiva

Noi di Fondazione Sommelier Sicilia abbiamo avuto modo di

si distingue per l’evidente traccia ferrosa, ma anche una nota di

apprezzarlo da vicino in occasione di una degustazione guidata

selvatico persistente. La sua complessità olfattiva si traduce al

da Daniela Scrobogna, organizzata presso la nostra sede di

palato in un perfetto equilibrio e da una notevole facilità di beva.

Palermo lo scorso 26 settembre.

Si prosegue con il Faro 2001, dal medesimo colore del precedente.

Sette vini presentati dal tandem Geraci-Scrobogna che hanno

All’olfatto è quel che si definisce in gergo tecnico “ampio” con

posto l’accento sull’unicità del territorio attraverso caratteristiche

una piacevole alternanza di sentori che spaziano dalle erbe

organolettiche comuni ad ogni annata e un’evoluzione

aromatiche, al goudron e ancora alla nota ematica.

contraddistinta da una complessità aromatica ma soprattutto da

Il tannino è quantitativamente più presente ma di un’eleganza

un’eleganza fuori dal comune.

estrema, tanto da essere definito “nobile”.

E passando dalla teoria alla pratica, Geraci ha voluto accogliere

In sequenza e scardinando le regole di assaggio di una verticale,

la sfida di inserire in degustazione non solo il suo top di gamma,

abbiamo continuato con il Rosso del Soprano 2011 e 2012, per

il Faro 2001, ma anche il suo ‘per così dire’ second vin, ovvero

poi proseguire con il Faro 2009 e 2010. Nei primi due il fil rouge

il Rosso del Soprano sempre dell’annata 2001. E proprio da

è sempre la nota ematica, oltre alla nota salmastra, mentre vi è

quest’ultimo inizia il nostro assaggio “illuminato” dal Faro...

una differenza alcolica (13 gradi per il 2011 e 13,5 per il 2012) tra le due annate. L’assaggio è piacevole e di buona persistenza. Il Faro 2009, che tra l’altro ha riportato un gran successo fra i presenti, già all’olfatto ci incanta con i suoi profumi, dall’arancia rossa al rabarbaro, dal chinotto al tabacco, con qualche traccia di legno di cedro e di mentolo. Al palato è caratterizzato da una notevole freschezza, una dosata sapidità e un tannino elegante. Il Faro 2010 è un po’ penalizzato rispetto al 2009 dalla giovane età, pur mantenendo le medesime caratteristiche aromatiche e la medesima complessità olfattiva.

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Né 2008, un vino che si stacca totalmente dall’impostazione degli altri. All’olfatto si distingue immediatamente una matrice fruttata, in particolare di confettura di piccoli frutti rossi, ma anche una nota speziata e fumé; al palato è caratterizzato da un ritorno piacevole delle sensazioni olfattive e da un tannino elegante e mai aggressivo. E dopo questi sette assaggi possiamo solo dire che sicuramente siamo stati “illuminati”. PALARI E per chiudere in bellezza, un vino che Geraci definisce quasi

C.da Barna

uno “sfizio”, che si presenta per il suo carattere, con la sua

98137 S. Stefano Briga ME

identità naturalmente diversa dai vini prima assaggiati. E’ Santa.

Tel. 090 630194 - info@palari.it - www.palari.it

Una visita nello Champagne per toccare con mano quello che si è degustato, raccontato, imparato e appreso durante il corso. E poi Novità dalla Sicilia

come dicevo il territorio: una volta al mese andremo fuori dalle stanze

Paolo Di Caro, Presidente della Fondazione Italiana Sommelier

dello Sheraton Hotel e di Etna Food Accademy che ci ospitano per

Sicilia Orientale, illustra le attività e i corsi di prossimo svolgimento.

conoscere le Aziende, degustare i vini e andare sul campo, lì dove

“Siamo un centro di cultura del vino e dell’olio quindi quest’anno

il vino si fa, dove si coltica la vite, dove si produce l’uva e dove si

oltre ai tradizionali corsi da Sommelier organizzeremo anche un corso

vinifica, per capire anche poi come questo prodotto diventi un

sull’olio d’oliva che formerà dei Sommelier dell’olio. Una serie di

prodotto dedicato alla grande distribuzione, alla massa ma anche e

eventi da Gennaio fino a Maggio/Giugno con degustazioni Hofstatter

soprattutto agli appassionati, come vino di qualità”.

con Martin Foradori e Paolo Lauciani. Daniela Scrobogna che sarà

Guarda il Video su www.bibenda.it

qui sia per la grande anteprima con la verticale di Sassicaia il 20 Dicembre ma poi con una verticale di Cabernet Sauvignon di Tasca d’Almerita a Marzo. Ad Aprile torneremo nella Loira dove siamo già stati lo scorso anno, per una verticale di Baron de L di Lodoucette, un altro grandissimo vino, un’altra grandissima azienda. Poi ovviamente una presenza sul territorio con i vini siciliani e una chicca da Aprile: il primo corso sullo Champagne. Creeremo all’interno di Fondazione un piccolo club di appassionati di Champagne e di Spumanti con grandi etichette francesi e a conclusione di questo corso un viaggio. 95


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l’Oliol’Olio è l’Olio è

❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO 2017 ❖ ❖ A PARTIRE DAL MAGGIODAL 2017 ❖ 12 A PARTIRE 12 ❖ MAGGIO

ALL’HOTEL ROME CAVALIERI ALL’HOTEL ROMEAC LLAVALIERI ’HOTEL ROME CAVAL IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO IL 17° CORSO PER OMMELIER ’O LIO IL S17° CORSO DELL PER S OMMELIER D ◆❖◆ ◆❖◆

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❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO ❖ Fondazione Italiana2017 Sommelier

Fondazione ItalianaFondazione Sommelier Italiana Somm

CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO E DELL’OLIO con il INTERNAZIONALE Riconoscimento Giuridico della Repubblica CENTRO PER LA CULTURA DEL VINO EItaliana DELL’OLIO CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO

ALL’HOTEL ROME CAVALIERI IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO

con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica Italiana con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica


www.bibenda.it bibenda@bibenda.it

direttore

Franco M. Ricci

Caporedattore centrale Paola Simonetti

Hanno collaborato a questo numero

Foto

Michele Biscardi, Cinzia Bonfà,

© shutterstock.it

Claudio Bonifazi, Filippo Busato, Claudia Chiarotti, Lorenzo Costantini,

Consulenti dell’Editore

Barbara Distratis, Raffaele Fischetti,

Sergio Bianconcini Architettura

Salvatore Foti, Elvia Gregorace,

Michele Federico Medicina

Nila Halun, Pietro Mercogliano,

Stefano Milioni Edizioni

Barbara Palombo, Manuele Petri,

Franco Patini Internet

Antonella Pompei, Dario Risi, Fabio Visca

Attilio Scienza Viticoltura Gianfranco Vissani Cucina

Grafica e Impaginazione

Fabiana Del Curatolo

B ibenda p e r r e n d e r e p i ù s e d u c e n t i l a c u l t u r a e l ’ i m m a g i n e d e l v i n o

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Anno XV

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Direzione, Redazione e Amministrazione 00136 Roma - Via A. Cadlolo, 101 - Tel. 06 8550941 - Fax 06 85305556

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Dicembre 2016

2016, Bibenda Editore Srl - Roma tutti i diritti sono riservati / Registrazione del Tribunale Civile di Roma al n° 574 del 20 Dicembre 2001

L’analisi sensoriale, che evidenzia la qualità dei vini di tutte le nostre recensioni, viene effettuata con metodo e scuola di Fondazione Italiana Sommelier. In questo numero di Bibenda vi presentiamo 196 etichette. Altre Pubblicazioni di Bibenda Editore | BIBENDA il Libro Guida ai Migliori Vini, Ristoranti, Grappe, Oli e Birrifici | L’Arte del Bere Giusto / Il Gusto del Vino / Il Vino in Italia e nel Mondo / Abbinare il Vino al Cibo / Il Dizionario dei Termini del Vino (sono i testi del Corso di qualificazione professionale per Sommelier riconosciuto in tutto il mondo) | Ti Amo Italia (la pubblicazione in inglese su Vino e Cibo italiani) | Il Quaderno di Degustazione del Vino.


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