Bibenda n° 78

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Anno XVIII - n. 78 - Mensile - Speciale Marzo/Aprile 2019

78 duemiladiciannove

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copertina > L’affilata opinione del direttore Franco M. Ricci in un editoriale basato sulla programmazione della Tv di Stato che ignora il vino perché parlarne potrebbe essere un errore. A pagina 2.

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Al Direttore Generale della RAI / di Franco M. Ricci Doc o non Doc? / di Floriana Bertelli Oscar del Vino 2019 / di Redazione 12° Forum dell’Olio / di Redazione 32 Via dei Birrai, i colori dei sapori, la strada del gusto / di Maurizio Saggion Il padrone di tutte le botti / di Barbara Palombo La Ribolla senza confini / di Filippo Busato Il destino di una pianta / di Sandra Nevaloro Wine Maker Umberto Trombelli / di Daniele Liurni Conversazione in Calabria / di Pietro Mercogliano La grande Italia dei Vini / di Redazione A tu per tu con il Pinotage / di Nila Halun Appunti di viaggio: Alsazia / di Anna Lorena Fantini News Bibenda / di Redazione A tavola con i produttori / di Cinzia Bonfà Il Nuovo Evo / di Maurizio Saggion Da leggere... / a cura di Pietro Mercogliano Crucibenda / di Pasquale Petrullo Consigli di scrittura / a cura di Pietro Mercogliano Informazioni da Fondazione Ricordo Daniele / di Sandra Nevaloro

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EDITORIALE

AL DIRETTORE GENERALE DELLA RAI Il servizio pubblico della televisione italiana ha una sorta di regolamento che impedisce di trasmettere “pubblicità del vino nelle ore di fascia protetta” ossia quando di più i bambini stanno a guardare. Pubblicità ha un solo significato nello Zingarelli o nel nuovissimo Melzi, pubblicità è un filmato nel quale si rappresenta un prodotto con il fine di farlo conoscere per farlo acquistare. Considerare SEMPRE pubblicità il parlare di un vino è un grande errore. Il Vino, così come il Presidente della Repubblica ha condiviso in un nostro Convegno l’anno scorso, è Arte e Cultura del nostro Paese. Quindi, presentare i vini è come presentare i libri con la loro bella copertina, è come presentare un film, è come presentare un prodotto della terra di questa grande Italia. Non ha bisogno di protezione alcuna, come del resto recita il regolamento Rai. Nella Trasmissione “Frigo”, condotta da Tinto-Nicola Prudente, per esempio, che va in onda su Rai Due in fascia protetta, o anche no, quando il frigo viene aperto si vedono una bottiglia di acqua minerale, un caciocavallo, un pezzo di mortadella, due scamorze, un piede di scarola eccetera. Ma, ovviamente, del vino neppure l’ombra. Per non parlare del resto della programmazione dei tre palinsesti: il vino si oscura anche a Linea Verde. Tuttavia, sempre all’ora di pranzo, ecco che spuntano, uno dietro l’altro, gli assorbenti per le mestruazioni, la pomata per le emorroidi, le pasticche per la prostata, il pulitore per le dentiere, il deodorante per le ascelle, i prodotti per la diarrea e, non ultimi, i pannoloni per gli anziani. Questa è pubblicità. Quindi pagata, quindi può essere regolarmente trasmessa in fascia protetta. Il Vino invece no. Ma lui, il vino, che non è pubblicità, non va in onda neppure in altre fasce. Per essere sicuri sicuri di non far sbagliare qualcuno. Eppure il regolamento è chiaro. E anche il vocabolario lo è. Quindi, cari amici lettori, per stuzzicare il nostro appetito, godiamoci pure tutti quegli annunci di cui sopra, che di “attrazione” culturale ne hanno di sicuro tantissima. Franco M. Ricci 2


Non esiste alcun divieto pubblicitario di bevande alcoliche per trasmissioni tipo “Linea Verde”, in quanto la normativa vigente prevede: • divieto di pubblicità radiotelevisiva di bevande superalcoliche (> di 21 gradi) nella fascia cosiddetta protetta, dalle 16 alle 19 (art 13, comma 4 Legge n. 125/2001); • divieto di pubblicità di bevande alcoliche (> 1.2 gradi) e superalcoliche che sia trasmessa all’interno di programmi rivolti ai minori e nei 15 minuti precedenti e successivi alla trasmissione degli stessi; che rappresenti minori intenti al consumo di alcol ovvero rappresenti in modo positivo l’assunzione di bevande alcoliche o superalcoliche (art 13, comma 2 Legge n. 125/2001). Anche nel Contratto Nazionale RAI 2018/2022, il Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi ed il Codice di Autoregolametazione TV e Minori, non sono previsti ulteriori e più gravosi divieti rispetto a quelli già menzionati.

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Doc o non Doc?

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DOC O NON DOC? F

l o r i a n a

B

e r t e l l i

Doc o non Doc? Parafrasando William Shakespeare cerchiamo di fare un bilancio per il sistema di denominazione che superata la boa dei

50 anni comincia a mostrare

le prime rughe. Inevitabili le domande: sono stati raggiunti gli obiettivi, cosa è stato sbagliato, cosa si può migliorare. e cercato di capire.

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CosĂŹ abbiamo buttato il sasso nello stagno


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Bibenda 78 duemiladiciannove

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Doc o non Doc?

Il marchio Doc non indica il livello di qualità tout court, ma

ri. Da noi mi sembra sia necessario maturare

definisce regole precise rispetto alla produzione, alla commer-

ancora, soprattutto nell’imbottigliamento”.

cializzazione dei vini, con un disciplinare specifico per ogni de-

Chi non vede luci in fondo alla strada delle

nominazione. Insomma un iter complesso e molto burocratico

Doc, è invece Roberto Anselmi, produttore di

nato, nell’intenzione del legislatore, per proteggere e innalzare

Soave, detto anche l’Eretico. Il soprannome

il livello della produzione vitivinicola italiana, garantendone la

spiega da solo la sua posizione. Fuori dal

provenienza territoriale.

disciplinare dagli anni ’90, Roberto Anselmi

E allora proviamo a vedere cosa è accaduto. Le denominazioni si

si definisce ancora “un uomo arrabbiato”.

sono moltiplicate, diventando una grandissima famiglia sparsa su

Filosofia di vita e scelte aziendali con un solo

tutto il territorio nazionale: 349 le Doc, 75 le Docg (Federdoc 2018)

imperativo: qualità. Così ha portato la Garganega ad un livello

e non sempre questa crescita è stata indolore. Cosi alcuni produttori

di tutto rispetto nel panorama enologico mondiale. 70 ettari nel

hanno preferito allontanarsene e abbandonare il marchio.

cuore del Soave, a Monteforte d’Alpone, commercializza i suoi

“È stata una scelta di vita - spiega Simona Fino, produttrice con il

vini con i nomi dei suoi cru: I Capitelli, Capitel Croce, Capitel

marito Gianfranco, enologo di razza, del pluripremiato Es, Primitivo

Foscarino, San Vincenzo.

di Manduria in purezza – e di trasparenza. Noi promuoviamo un

“Sì, sono ancora arrabbiato, dal 1998 non mi è ancora passata.

territorio e un prodotto strettamente legato alla terra. Dunque

Quando capisci che la denominazione ti fa più danno che bene,

crediamo sia necessario, anzi obbligatorio, imbottigliare a casa.

e non si può cambiare, allora vai via. I diritti soggettivi bloccano

In Germania gli scaffali dei negozi sono pieni di Primitivo non

i cambiamenti e leggi così rigide non sono un vantaggio –

imbottigliato in Italia, è possibile? Cosa ci può essere dentro quelle

spiega Anselmi – perché è vero che garantiscono i controlli,

bottiglie con il nome Primitivo? È vero, i controlli si fanno, ma

ma la qualità non significa controllo. Le Doc sono gestite da

non a monte. Le bottiglie devono partire già sigillate, se si vuole

centri di potere. Nella mia denominazione è il consorzio che

vendere e fare apprezzare il territorio al 100%. Noi abbiamo

propone le modifiche e per l’85% è composto da cooperative.

chiesto che il disciplinare cambiasse in questa direzione, ma siamo

Buone aziende, ma negli anni 50. Ora sono cambiati i modelli di

rimasti inascoltati. Da qui la scelta nel 2015 di abbandonare la

sviluppo. Il vino buono si fa con la cura in cantina, ma si parte

Doc”. Una scelta dolorosa che ha avuto conseguenze sul vostro

dalla pianta. Il Soave quest’anno ha prodotto 4 volte il dovuto.

marchio? “Niente affatto – continua Simona Fino - continuiamo a

Se la resa per ettaro deve essere 100 quintali e ne fai 200, 100

raccontare la nostra storia e quella del nostro territorio. Noi siamo

finiscono nella Doc Soave, il resto diventa vino da tavola, ma la

una piccola cantina, abbiamo poco peso”.

gradazione sarà più bassa. A scapito della qualità. Ci vuole un

È una questione politica, dunque? “Nella denominazione il ruo-

disciplinare preciso anche sull’allevamento, non basta indicare

lo maggiore è giocato dalle cooperative, dalle cantine sociali: mil-

solo il modello, a pergola o altro… Nessuno vuole entrare nel

le soci, mille voti. Per quanto ci riguarda, la chiusura della filiera

merito della coltivazione, si mettono solo a posto i documenti e

in loco è una questione dirimente – chiarisce Gianfranco Fino

al contadino racconti la favoletta. Con Nino Pieropan, abbiamo

– ma capisco che non tutte le cooperative possono permettersi di

lavorato due anni alle modifiche da apportare al disciplinare,

commercializzare le bottiglie. Non posso comunque dire che il

mettendo l’accento proprio sulla coltura della vite. Ci hanno

sistema Doc non sia stato utile: dal 1974 ad oggi, il nostro vino

tenuti buoni e poi hanno cambiato tutto. Erano intervenuti

ha fatto tanta strada anche grazie alla denominazione. Alla fine

evidentemente altri interessi economici. L’ultima commissione

il sistema delle Doc può funzionare ancora, dipende dai territo-

ha bocciato un Soave perché troppo aromatico. Ma dico io,


“Come presidente della commissione di degustazione vini Doc della provincia di Lecce, penso che le denominazioni siano fondamentali per proteggere il territorio e gli agricoltori: ogni anno le cantine devono dichiarare le quantità prodotte da destinare alla Doc. La filiera è controllata anche se il vino è imbottigliato altrove, sapremo comunque quante saranno le bottiglie e non ce ne sarà nemmeno una in più. Un campione a caso sarà poi confrontato con quello sigillato depositato in commissione. Se non corrisponderà, ci saranno le sanzioni del l’aromaticità sta al Soave come la bellezza a una donna!”

caso. Per ogni Doc famosa – continua Pizzolante – ci sono mille

“Si, è vero. I disciplinari nascono 50 anni fa, ma vengono

tentativi di fare doc fasulle e i prezzi rischierebbero la caduta libera.

aggiornati periodicamente e si possono rimodulare sulle esigenze

Il Primitivo, grazie a questo sistema ha raggiunto un buon valore”.

degli agricoltori con assemblee di produttori dove vale la regole

E non manca la stoccata a chi sceglie di uscire dalla Doc in favore

di una testa, un voto”. A illuminare l’altra faccia della medaglia

della denominazione geografica: “Nella Doc, le rese per ettaro

è Giuseppe Pizzolante Leuzzi, enologo salentino alla guida della

sono inferiori. E fare mille bottiglie in più, fa molto comodo in

Cupertinum, cantina sociale di Copertino, di Cantina Coppola

certi casi. E comunque sì, il sistema è perfettibile, ma sicuramente

e Cantina Duca Carlo Guarini, per citare le più note. “Qualche

ha un gran valore per proteggere gli agricoltori”.

anno fa sono stati rimodulati su richiesta dell’Europa. In Salento,

Insomma, il dibattito rimane aperto. La qualità si fa in vigna

l’ultimo disciplinare modificato è quello del Salice Salentino,

e in cantina. E Il territorio è un valore imprescindibile che va

cambiando, tra l’altro, la percentuale dei residui zuccherini per

protetto e riconosciuto ufficialmente. Dunque: Doc o non Doc?

andare incontro al gusto del mercato”.

Resta il problema.

Le signore Doc e Docg nascono negli anni ’60. Già nel 1930 era stato emanato un provvedimento che dettava le primissime indicazioni rispetto alla tutela delle produzioni vitivinicole italiane, ma, nonostante l‘intuizione del Ministero dell’Agricoltura, si trattava ancora di indicazioni sommarie rispetto al riconoscimento e alla delimitazione delle zone di produzione. La svolta arrivò nel 1963 (D.P. 930 sulle denominazioni di origine del vino), con il primo provvedimento nazionale a disciplina delle produzioni vitivinicole di qualità stabilendo il concetto attuale di denominazione di origine e rafforzando quello di legame con il territorio. Per pura curiosità: la prima Doc venne attribuita alla

Vernaccia di San Gimignano. Nel 1992, la legge 164 introduce alcune novità: la valorizzazione delle denominazioni, l’introduzione delle igt, la possibilità di utilizzare la produzione di uno stesso vigneto per più denominazioni di origine, il riconoscimento delle sottozone, l’obbligo di analisi chimico-fisiche prima della commercializzazione. 7


Oscar del Vino 2019

OSCAR

2019

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DEL VINO Il nostro racconto per immagini dell’evento annuale piÚ mondano che riguarda il vino. 8


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La Notte degli Oscar “Un

bellissimo spreco di tempo, un’impresa impossibile, l’invenzione di un sogno, una vita

in un giorno…”

Non c’erano parole migliori di quelle della bella canzone di Jovanotti che sembrano scritte apposta per descrivere questa degustazione magica. Lo “spreco di tempo” è rappresentato da sei ore dedicate alla degustazione di 30 vini. Circa quattrocento appassionati, un pubblico di settore, palpitante e partecipe con il proprio voto in diretta. Quella che sembrava un’impresa impossibile quando è stata inventata venti anni fa, è oggi un sogno realizzato, un’esperienza che dura un giorno e vale una vita. La magia si è ripetuta anche quest’anno.

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Miglior Vino Spumante Spumante Brut Nature Marasco 2016 L’Archetipo - Castellaneta TA

Sicilia Contea di Sclafani Extra Brut Almerita Contessa Franca 2011 Tenuta Regaleali - Palermo

Franciacorta Pas Dosé Riserva 33 2011 Ferghettina - Adro BS

Il Vincitore

La degustazione per la categoria “Miglior Vino Spumante” è stata condotta da Luciano Mallozzi. Dei tre candidati al premio, si è aggiudicato l’Oscar il Franciacorta Pas Dosé Riserva 33 2011 dell’azienda Ferghettina. Ha ritirato il premio la proprietaria Laura Gatti.

Miglior Vino Bianco A.A. Müller Thurgau FeldMarshall Von Fenner 2016 Tiefenbrunner - Cortaccia BZ

Derthona Timorasso Costa del Vento 2016 Vigneti Massa - Monleale AL

A.A. Gewürztraminer Vigna Kastelaz 2017 Elena Walch - Termeno BZ

Il Vincitore

La degustazione per la categoria “Miglior Vino Bianco” è stata condotta da Giovanni Lai. Dei tre candidati al premio, si è aggiudicato l’Oscar il Derthona Timorasso Costa del Vento 2016 dell’azienda Vigneti Massa. Ha ritirato il premio il proprietario Walter Massa.

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Miglior Vino Rosato Gran Cuvée Rosé Swarovski Farnese Fantini - Ortona CH

Costa d’Amalfi Terre Saracene Rosato 2017 Ettore Sammarco - Ravello SA

Etna Rosato 2017 Pietradolce - Castiglione di Sicilia CT

Il Vincitore

La degustazione per la categoria “Miglior Vino Rosato” è stata condotta da Filippo Busato. Dei tre candidati al premio, si è aggiudicato l’Oscar l’Etna Rosato 2017 dell’azienda Pietradolce. Ha ritirato il premio il proprietario Michele Faro.

Miglior Vino Rosso Bolgheri Sassicaia Sassicaia 2016 Tenuta San Guido Castagneto Carducci LI

Barbaresco Gallina Riserva 2007 La Spinetta - Castagnole Lanze AT

Amarone della Valpolicella Vigneto di Monte Lodoletta 2012 Romano Dal Forno - Cellore d’Illasi VR

Il Vincitore

La degustazione per la categoria “Miglior Vino Rosso” è stata condotta da Paolo Lauciani. Dei tre candidati al premio, si è aggiudicato l’Oscar l’Amarone della Valpolicella Vigneto di Monte Lodoletta 2012 dell’azienda Romano Dal Forno. Ha ritirato il premio il proprietario Romano Dal Forno.

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Miglior Vino Dolce Caluso Passito Sulè 2010 Orsolani - San Giorgio Canavese TO

Moscato del Molise Apianae 2015 Di Majo Norante - Campomarino CB

Syrah Vendemmia Tardiva Kaid 2017 Alessandro di Camporeale - Camporeale PA

Il Vincitore

La degustazione per la categoria “Miglior Vino Dolce” è stata condotta da Massimo Billetto, Paolo Lauciani e Daniela Scrobogna. Dei tre candidati al premio, si è aggiudicato l’Oscar il Syrah Vendemmia Tardiva Kaid 2017 dell’azienda Alessandro di Camporeale. Ha ritirato il premio il proprietario Antonino Alessandro.

Miglior Vino del Miglior Produttore Etna Bianco Superiore Pietra Marina 2015 Benanti - Viagrande CT

Granato 2015 Foradori - Mezzolombardo TN

Kupra 2015 Oasi degli Angeli - Cupra Marittima AP

Il Vincitore

La degustazione per la categoria “Miglior Vino Del Miglior Produttore” è stata condotta da Alessia Borrelli. Dei tre candidati al premio, si è aggiudicato l’Oscar il Kupra 2015 dell’azienda Oasi degli Angeli. Ha ritirato il premio la proprietaria Eleonora Rossi.

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Vino con il Miglior Rapporto valore/convenienza Fieno di Ponza Bianco 2017 Antiche Cantine Migliaccio - Ponza LT

Cerasuolo d’Abruzzo Myosotis 2018 Zaccagnini - Bolognano PE

Barolo Essenze Riserva 2008 Vite Colte - Barolo CN

Il Vincitore

La degustazione per la categoria “Miglior Vino Con Il Miglior Rapporto Valore/ Convenienza” è stata condotta da Sara Tosti. Dei tre candidati al premio, si è aggiudicato l’Oscar il Barolo Essenze Riserva 2008 dell’azienda Vite Colte. Ha ritirato il premio il presidente Piero Quadrumolo.

Miglior Vino Emergente Pecorino Prope 2017 Velenosi - Ascoli Piceno

Curtefranca Bianco Corte del Lupo 2017 Ca’ del Bosco - Erbusco BS

Etna Rosso Contrada Santo Spirito 2015 Palmento Costanzo - Passopisciaro CT

Il Vincitore

La degustazione per la categoria “Miglior Vino Emergente” è stata condotta da Mimma Coppola. Dei tre candidati al premio, si è aggiudicato l’Oscar l’Etna Rosso Contrada Santo Spirito 2015 dell’azienda Palmento Costanzo. Ha ritirato il premio la proprietaria Valeria Agosta.

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Migliore Espressione della Tradizione Carema Etichetta Bianca 2014 Ferrando - Ivrea TO

Aglianico del Vulture Don Anselmo 2015 Paternoster - Barile PZ

Brunello di Montalcino Vigna Loreto 2013 Mastrojanni - Montalcino SI

Il Vincitore

La degustazione per la categoria “Migliore Espressione Della Tradizione” è stata condotta da Massimo Billetto. Dei tre candidati al premio, si è aggiudicato l’Oscar il Brunello di Montalcino Vigna Loreto 2013 dell’azienda Mastrojanni. Ha ritirato il premio il proprietario Riccardo Illy.

Premio Speciale della Giuria Solaia 2006 Antinori – Firenze

Barbaresco Sorì San Lorenzo 2015 Gaja - Barbaresco CN

Tenuta di Trinoro 2015 Tenuta di Trinoro - Sarteano SI

Il Vincitore

La degustazione per la Speciale della Giuria” è Daniela Scrobogna. I

categoria

“Premio

stata condotta da

premi sono stati assegnati dall’Accademia

dell’Oscar del

Vino a tutti e tre i vini: Solaia 2006, Barbaresco Sorì San Lorenzo 2015 e Tenuta di Trinoro 2015. Hanno ritirato i premi Albiera Antinori, Giovanni Gaja e Andrea Franchetti.

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n

Nelle foto il gruppo

dei relatori, dei candidati e dei premiati con l’Oscar e i Sommelier che hanno curato il servizio dei vini.

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12° Forum dell’Olio

12° FORUM DELL’OLIO La Giornata Speciale di

24 Marzo,

interamente dedicata all’Olio

Extravergine

Oliva, si è snodata in un interessante percorso di appuntamenti: il 2° Concorso

Nazionale L’incontro

per

Miglior Sommelier

con

100

presentazione della tema, una splendida

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del

dell’Olio ha visto la sfida di

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candidati.

bambini curiosi di scoprire profumi e sapori dell’EVO, la

Guida BIBENDA OLIO 2019, Cena di Gala.

un importante

Convegno

a


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2° Concorso Nazionale per Miglior Sommelier dell’Olio Ore 10:30 Una

bella competizione che ha registrato tredici candidati pronti a sfidarsi a colpi

di prove scritte e di degustazioni coperte.

Alla fine sono rimasti in tre: Giada Steyr, Franco Magliocchetti. Quest’ultimo, si era presentato al parole: “Non mi interessano le teorie decoubertiniane. Io sono

Massimiliano D’Addario mattino con queste

e

venuto per vincere!”

Di

fatto,

Magliocchetti

ha superato delle prove difficilissime.

Ha

dimostrato una

profonda competenza, ha stupito la commissione indovinando tutte le cultivar che gli sono state proposte, azzeccando varietà, territori, aziende.

Un vero portento. Infatti,

ha vinto lui. In premio, oltre al diploma e alla targa, anche l’invito alla cena di gala.

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Il Concorso Nelle immagini piccole alcuni momenti delle prove. Al centro il momento della premiazione.

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Piccoli Sommelier dell’Olio crescono...

Ore 15:30 Appuntamento con i più piccoli per la Scuola dei Bambini, un appuntamento che è diventato negli anni un evento immancabile. Tutti i bambini davanti, seduti alle loro postazioni fornite di quaderni, riconoscimenti olfattivi, erbe aromatiche, frutta, guidati da esperti docenti dell’Associazione Italiana Sommelier dell’Olio alla scoperta di questo magico mondo. Prima Al termine, diplomi per tutti questi nuovi piccoli sommelier dell’olio che da adesso in poi saranno i consumatori più esigenti del mondo. Nelle immagini alcuni momenti dell’incontro che ha previsto anche un angolo pittura-tatuaggio (temporaneo) con prodotti totalmente naturali, dell’artista Debora Cetroni. 21


Festa delle 5 Gocce di Bibenda 2019

Ore 18:30 La serata è proseguita con la Festa delle 5 Gocce, l’esclusiva Cena di Gala dedicata a tutti i produttori premiati da Bibenda 2019, l’unica Guida ad uscire in primavera già aggiornata con le degustazioni degli oli del raccolto 2018.

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Gli oli eccellenti da nord a sud (147) erano tutti in tavola. Tutti gli oli che hanno ottenuto l’eccellenza di Bibenda sono stati posti in degustazione. Per la prima volta in assoluto, sono state preparate cinque Carte degli Oli costituite da 30 etichette per ciascun tavolo. Il menu è stato studiato per consentire il maggior numero possibile di abbinamen-

ti, un gioco del gusto senza precedenti, in esclusiva per tutti i partecipanti. Un’esperienza tutta da raccontare, l’ha definita lo chef Fabio Campoili, insignito ad honorem del titolo di Sommelier dell’Olio. Ecco alcune sue parole “Stupito, sin dall’ingresso: un ambiente di grande eleganza, ma al tempo stesso, si godeva un’aria di naturalezza e semplicità. La cura


La Cena dell’Olio Extravergine d’Oliva

era intuibile sin nei più minimi dettagli, a dimostrazione della grande esperienza di questo gruppo che ha percorso la lunga e faticosa strada della qualità sin dal giorno della sua nascita. Come non soffermarsi a pensare che ogni bottiglia di vetro scuro celi in sé una storia, una cultura, ma soprattutto la viva

passione di ogni singolo produttore, che in questa serata ha avuto l’opportunità di mettere in mostra il proprio saper fare in un modo assolutamente originale e affascinante, grazie alla carta degli olii che è stata fornita agli ospiti insieme al menù. È stata un’occasione unica quella di poter degustare in bicchierini questi fiori all’occhiello dell’olivicoltura italiana: ho scelto di par-

tire dalle tipologie monovarietali, che mi hanno aperto la mente con i loro sapori e profumi distinti, così da portarmi in una sola sera e rinfrescare d’un colpo la mia personale biblioteca dei sapori, che ha conosciuto vere meraviglie l’una dopo l’altra, a tal punto da farmi chiudere subito gli occhi per iniziare a viaggiare per abbinarli alle mie migliori ricette di cucina.

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La Cena dell’Olio Extravergine d’Oliva

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Gli interventi...

Sara Farnetti

Nicola Di Noia

Maurizio Saggion

Specialista della Nutrizione

Esperto di Olio EVO

Autore del libro Il Raccolto dei Racconti

Ruggero Parrotto

Fabio Campoli

Daniela Scrobogna

Direttore Generale dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù

Chef esperto nell’utilizzo dell’extravergine in cucina

Presidente della Didattica Nazionale della Fondazione

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L’inizio A sinistra, Tinto Nicola Prudente con Franco M. Ricci sul Palco dove il grande tenore Francesco Rollo ha cantato l’Inno d’Italia

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Arrivederci al prossimo Forum! La consegna dei Diplomi Ancora le parole di Fabio Campoli: “È stata una serata da cui tutti i professionisti dell’accoglienza e dell’ospitalità, ad ogni livello, hanno avuto qualcosa da imparare. Non capita così spesso, ad esempio, di essere accompagnati al tavolo per poi essere affidati ad un sommelier dell’olio che, con un naturale savoir-faire, ci invita ad accomodarci e ci illustra l’originale bellezza che ci ritroviamo a centrotavola: un grande piatto rotante, sul quale sono posizionate 28 bottiglie che racchiudono ciascuna un prezioso olio extravergine proveniente da ogni regione italiana, un’autentica goduria per i buongustai curiosi. La cultura non ha età, le tecniche non sono moderne, e l’evoluzione dipende da un seme della cultura che ognuno di noi pianta e coltiva, giorno dopo giorno.” Nelle immagini altri momenti della serata, la consegna dei diplomi e il gruppo finale per i saluti e l’arrivederci al prossimo anno.

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32 Via dei Birrai, i colori dei sapori, la strada del gusto

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32 VIA DEI BIRRAI, i colori dei sapori, la strada del gusto M

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a u r i z i o

S

a g g i o n


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32 Via dei Birrai Via Cal Lusent, 41 31040 Pederobba (TV) Italy Tel. +39 0423 681983 info@32viadeibirrai.com

Il settore dei microbirrifici continua il trend di crescita in ragione delle agevolazioni fiscali che sostengono le produzioni inferiori ai 10mila ettolitri anno, anche se il boom degli anni passati appare terminato. La presenza dei microbirrifici è diffusa in tutta la penisola seppur con intensità diverse: la Lombardia con 272 aziende rimane la capofila del settore, segue il Veneto con 140, il Piemonte con 137 aziende, la Toscana 121, l’Emilia Romagna 119 e il Lazio 111 (dati Microbittifici.org). Il nostro focus è sul microbirrificio 32 Via dei Birrai (32 è il numero corrispondente alla classe di appartenenza della birra, secondo la classificazione internazionale di Nizza che indica e categorizza prodotti e servizi.) 32 Via dei Birrai nasce a Pederobba in provincia di Treviso nel giugno 2006, fondato da tre amici provenienti da background diversi che condividevano un’idea: creare un nuovo modo di fare la birra. Loreno Michielin, esperto commerciale, Alessandro Zilli, ingegnere appassionato di homebrewing e Fabiano Toffoli, mastro birraio, unirono insieme le loro competenze e la loro passione per dare vita ad un microbirrificio artigianale che parlasse un linguaggio diverso nel panorama della birra. Avvicinarsi al mondo “32” richiede di percorrere un viaggio degustativo, culturale ed ecosistemico all’interno di birre non pastorizzate, rifermentate in bottiglia, dall’aroma intenso, non filtrate e ad alta fermentazione. Tutti i formati sono in bottiglie da 75 cl. La filosofia produttiva è legata alla coerenza dell’insieme al fine di valorizzare la specificità delle singole proposte. È come l’emozione e la sorpresa di un arcobaleno dove l’armonia del tutto si esprime nella unicità di ciascuno dei colori, così è l’esperienza degustativa dei prodotti di 32 via dei Birrai. Per apprezzare appieno questa opportunità crediamo sia necessario disporre dell’intera gamma cromatica offerta da Loreno, Alessandro e Fabiano. Credo che sia necessario legare a ciascun prodotto più momenti gustativi sia in ragione delle singole caratteristiche organolettiche sia per l’elegante profondità che ogni sorso di questi prodotti richiede. Anche la scelta dei nomi dei prodotti richiama il gustatore ad un’attenzione intellettuale alla bevuta, il che non significa distanza dall’emozione, ma solo l’opportunità di comprendere appieno la ragione delle scelte produttive così da apprezzare al meglio il processo degustativo. 29


Oppale La prima birra proposta è l’OPPALE nome che annuncia un gioco di parole. Hop significa luppolo in Inglese. Pale indica le birre tradizionali più chiare in Gran Bretagna. Ale identifica le birre ad alta fermentazione. E con il termine “opalescente”, nel mondo della birra artigianale, si va a descrivere le birre non perfettamente limpide. La schiuma è bianca, compatta, sottile e persistente, il liquido è di colore chiaro con riflessi ramati. Al naso si nota immediatamente la generosa luppolatura, l’intensità dei profumi fruttati dolci e agrumati, con note di caramello che richiamano una leggera tostatura. All’assaggio piace l’equilibrio di questa birra corposa di impostazione Belga. Da consumare intorno agli 8 gradi in abbinamento con cibi grassi dal sapore deciso e di sostanza. Il volume alcolico è 5.5 %.

Curmi CURMI, questa birra riporta un nome richiama la tradizione egizia nella produzione e nell’arte di miscelare i cereali. Birra bianca speziata ottenuta con farro e malto d’orzo, ci regala una schiuma bianca compatta e persistente e un giallo paglierino elegante e velato dal lievito. Al naso i sentori floreali ed esotici lasciano spazio ad una leggera sensazione aggrumata di scorza di arancia, un sentore erbaceo e di panificazione fresca. All’assaggio sorprende la buona cremosità e la piacevole freschezza ed un richiamo all’agrume e al coriandolo che non invadono la delicata presenza del malto, del farro e del luppolo. Da consumare intorno ai 10-12 gradi in abbinamento a cibi delicati come pesce o carne bianca, formaggi freschi a pasta molle. Il volume alcolico è 5.8 %.

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Admiral ADMIRAL la terza birra riporta il nome di una varietà di luppolo che viene spesso utilizzata per amaricare e caratterizzare un gran numero di birre britanniche tradizionali. È una birra ambrata doppio malto con riflessi rubino, la schiuma beige, compatta, sottile e persistente. Al naso si apprezza un profilo aromatico deciso e persistente con note pronunciate di caramello e di caffè, la buona freschezza e note erbacee in lontananza. Il sorso è coerente il rapporto con un amaro pronunciato ed una lieve dolcezza ben bilanciato in una birra corposa. Il riferimento è quello delle rosse scozzesi. Da consumare intorno ai 10 gradi in abbinamento a carne dai sapori decisi tipo selvaggina o cinghiale. Il volume alcolico è di 6.3%.

Atra La quarta birra degustata si chiama ATRA termine proveniente dal latino e significa “scura”. La birra fa riferimento anche all’abito monastico. Tecnicamente il colore di Atra viene definito “tonaca di frate”. Il bicchiere lascia trasparire questo colore scuro un bruno profondo con una schiuma beige compatta, sottile e persistente, con leggero perlage. Al naso si apprezza una grande complessità, si ritrovano le note scure di caffè, caramello, carruba, cioccolato con finale di bastoncino di liquirizia. Coerente il sapore sostenuto da una base di amarognolo che rende piacevole l’intero corpo molto scorrevole con “watery” tipico Belga. Da consumare intorno ai 10 gradi in abbinamento a minestre di legumi e dolci al cioccolato. Ad una temperatura maggiore è un’ottima birra da meditazione. Il volume alcolico è di 7,3°.

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Nebra La birra NEBRA ha in suo riferimento nel Disco di Nebra una lastra in metallo con applicazioni in oro risalente all’età del Bronzo che raffigura fenomeni astronomici e simboli d’impronta religiosa. Il disco è considerato la più antica rappresentazione del cielo. La birra è ambrata doppio malto, presenta una schiuma bianca, compatta e persistente dal perlage elegante. Gli aromi richiamano i fiori di sambuco, note maltate e una leggera speziatura. Il sorso è aromatico ed elegante, con un retrogusto persistente molto gradevole. Da consumare intorno ai 8-10 gradi come ottimo fine cena o davanti ad un bel film. Il volume alcolico è di 8%.

Audace Diversa la proposta della birra AUDACE dal carattere forte doppio malto e da carattere agrumato e speziato. All’ingresso nel bicchiere si presenta una schiuma bianca, compatta, sottile e persistente ed un colore giallo paglierino con un fine perlage. Al naso le decise note agrumate sono accompagnate da lievi sentori floreali gialli e dolci presenze di mandorla, al sorso ritroviamo la forte impronta agrumata e amara che subito lasciano lo spazio ad una rotondità e piacevolezza di una tipica Belgian strong ale poco luppolata. Da consumare intorno ai 10 gradi in abbinamento con cibi senza salse grasse ma sostanziosi, affumicati o salati. Il volume alcolico è di 8.4 %.

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Porta la tua tessera di Fondazione Italiana Sommelier 2019 sempre con te, sul tuo smartphone. È facile! Apri la mail ricevuta da bibenda@bibenda.it, clicca sul banner blu con la scritta “per visualizzarla e stamparla” e apparirà in primo piano l’immagine della tua tessera. A questo punto puoi decidere di visualizzarla come ti è più comodo: salvarla come pdf sullo schermo

del tuo smartphone; salvarla nella galleria immagini; oppure in una delle diverse App disponibili per le Fidelity Card. La tua tessera resterà comunque a disposizione per sempre nella tua area personale sul sito www.bibenda.it Se per caso non la visualizzi ancora, inserisci i tuoi dati mancanti nella tua area personale e avvisaci, provvederemo subito ad eseguire l’aggiornamento per te. 33


Bibenda 78 duemiladiciannove

Il padrone di tutte le botti

IL PADRONE DI TUTTE LE BOTTI B

34

a r b a r a

P

a l o m b o


Chi non ricorda il famoso dialogo tra Onofrio/Gasperino (Alberto Sordi) e l’Amministratore dei beni del

Marchese del Grillo, nel famoso film del 1981?

35


Bibenda 78 duemiladiciannove

“… Ma

quer vinello che se semo bevuti giù a tavola… ma

Cesanese ha dato luogo a vini espressione e testimonianza di

che o famo noi?”

importanti momenti storici.

Il vinello che arrivava dalle “vigne del Mascherone” (vigna di

Affile, Olevano Romano e Piglio costituiscono territori unici

fantasia), era lo stesso di quando, in un’altra scena del divertente

che, per un fortunato idillio tra natura e uomo, sono sempre

film, il Marchese veniva colto attaccato al rubinetto di una botte,

riusciti a donare inconfondibili nettari. Certo anticamente i

e mentre il servitore tentava di staccarlo, lui faceva resistenza

vini da cesanese non avevano le stesse caratteristiche organo-

e dimenandosi strillava: “Lassame

lettiche di quelli che degustiamo

Cesanese del

oggi, (pare fossero dolci e frizzan-

perché io sono il padrone di

ti) e assolutamente non la medesi-

perde che devo finì il

91…

36

Il padrone di tutte le botti

tutte le botti.”

ma qualità, ma comunque sempre

Considerando che il film era ambien-

un prodotto importante per il la-

tato nella Roma papalina del 1809, si

voro e la sussistenza dell’uomo.

può constatare che il vino Cesanese

Il Cesanese è il vitigno autoctono a

era già presente in quel tempo.

bacca nera che meglio rappresenta la

In realtà, però, questo vitigno ha ori-

vitinicoltura del Lazio. Il Pof. Acer-

gini molto precedenti: nei territori

bi, ampelografo di Mantova (1825),

di Affile, di Olevano Romano e del

che studiava le varietà in base ai

Piglio, se ne coltivavano delle varietà

grappoli e alle bacche, e che diede

già nel 1000 a.C.

un importante contributo per la valutazione del comportamento

Nella nostra Italia, terra prediletta dal Dio Bacco, la viticoltura ha

produttivo dei vitigni, lo descrisse come “vitigno atto a produrre

radici molto antiche, e il Cesanese ha origini riconducibili al grup-

un vino generosissimo, con acini sferoidi, azzurri nerastri”.

po delle “alveole” citate da Plinio e presenti nelle zone suddette.

Con i due biotipi, Cesanese Comune e Cesanese di Affile, hanno

Lo stesso nome del paese “Piglio” riporta alla romanità, da

avuto origine, fra le province di Roma e Frosinone, due Doc,

Pileum, forse riferito ad un tipo di giavellotto che veniva usato

Affile e Olevano Romano e, dal 2008, una Docg, Cesanese del

dall’esercito romano, chiamato appunto Pilo.

Piglio, che è l’unica Docg di rossi nel Lazio.

Nella Bolla Papale di Urbano II del 1078, si evince la delimita-

Si tratta di luoghi molto vicini tra loro, in cui si produce il

zione di una parte della macchia che era stata tagliata, disbosca-

medesimo vitigno, eppure caratterizzati ognuno da situazioni

ta e ripulita (cesanese dal latino “caedere”, cioè tagliare), nelle

pedoclimatiche differenti, e dunque generatori di vini diversi.

zone su menzionate al confine tra Roma e Frosinone, e dove

Il complesso delle condizioni fisiche dei terreni, dei suoli, del clima,

il nostro vitigno si coltivava a terrazze dalle esposizioni e dai

delle esposizioni, della luminosità e di altri fattori importanti in

terreni favorevoli.

Affile, in Olevano Romano e nel Piglio, è stato oggetto di un

Nel Medioevo gli “Statuta Olibani” (1364) regolamentavano la

approfondimento della Fondazione Italiana Sommelier, a Roma

vita di questi territori, stabilendo le zone da destinare a vigneto,

e a Latina, in occasione di due interessantissime degustazioni:

l’epoca di vendemmia e le norme sul commercio del vino.

Casale Della Ioria, Marco Antonelli, Vini Raimondo e Pileum

Insomma, se è vero che il vino non è solo un composto di

sono le quattro aziende che hanno presentato alcuni dei loro

elementi fisico-chimici, ma è il risultato di una combinazione

Cesanese ai numerosi partecipanti.

di valori culturali e sociali, possiamo affermare che il vitigno

Paolo Perinelli, proprietario di Casale Della Ioria, ha voluto


mostrare le potenzialità del suo vino di punta, il Cesanese del Piglio Superiore Torre del Piano Riserva, presentando a Roma una Verticale Storica in 10 annate. Dall’annata 2016 a quella del 1999, da uve provenienti da un unico vigneto, il cru Torre del Piano, a 400 metri slm, ai piedi dei Monti Ernici: la potenza, l’eleganza e l’armonia del vitigno. È stato sorprendente constatare come la freschezza, la bella sapidità e la nobiltà dei tannini fossero ancora presenti anche nelle annate più vecchie, accompagnate da percezioni molto piacevoli. Su tutti l’annata 2008: profumi straordinari di mora e prugna, di spezie, grafite, note ferrose e balsamiche. Al gusto equilibrio, struttura, eleganza; tannini perfetti e serici, calore, morbidezza, vigore e prospettive di ulteriore crescita. L’incontro avvenuto a Latina è stato un importante e piacevole “simposio” in cui oltre 100

n

Casale della Ioria

persone hanno colto l’occasione per studiare, discutere e capire le differenze tra i vari Cesanese

S.P.Anagni-Paliano,

prodotti dalle aziende Antonelli di Olevano Romano, Raimondo di Affile e Pileum del Piglio.

km 4,200

Tyto e Kosmos 2015 sono vini prodotti con Cesanese Comune, proveniente da terreni

03012 Anagni (FR)

di composizione diversa, vigne di anni diversi e altitudini differenti, ma in cui è possibile

0775 56031

37


Bibenda 78 duemiladiciannove

Il padrone di tutte le botti

trovare la matrice di territorialità propria del Cesanese di Olevano Romano, che è diversa da quella dei vini delle altre zone e delle altre Aziende. Le uve di Tyto arrivano da vigne di 50 anni che si trovano a 300 metri slm, che si nutrono di un terreno contenente argilla ferrosa, con pomici e cineriti che danno una colorazione rossastra, derivanti da più fasi del vucano laziale. Kosmos è prodotto da vigne di 80 anni, a 450 metri slm, nella zona della Mora Rossa al confine con il Piglio, su un terreno di calcarei bianchi e avana fortemente frantumati, di argilla e di marne. Marco e sua moglie Bianca adottano pratiche agronomiche oculate, vinificazioni che vedono spesso l’uso dei lieviti indigeni, fermentazioni spontanee e riduzione di solforosa. n

38

Pileum srl

Degustare questi vini, anche se giovani, ha significato sentire nell’olfatto e nel gusto

S.P.Anagni-Paliano, km 4,200

sensazioni di energia, di struttura, di evoluzione futura, di freschezza, di persistenza.

03012 Anagni (FR)

Frutta rossa, spezie varie, incisivi spunti ferrosi, note minerali e balsamiche, carica

T. 0775 56031

tannica, humus e molta gradevolezza.


Nemora 2016 e Terrae Vulpis 2015 sono alcuni dei Cesanesi di

percorso sensoriale della degustazione. Colore rubino concentrato,

Affile Doc di Eleonora Perez dell’azienda Raimondo, nome del

naso ampio di ribes, prugna, rosa appassita, viola, spezie, humus.

nonno di Eleonora che acquistò tanti anni fa queste vigne ad Affile.

Gusto morbido, avvolgente, fresco, sapido dalla perfetta trama

Giovani entrambi, ma già pronti. In Nemora il bouquet racconta

tannica, già equilibrato anche se ancora tanto giovane. Buono

di ciliegie e pepe rosa, chiodi di garofano e di cumino. Al sorso la

anche il Massitium 2016, l’altro Cesanese aziendale.

freschezza è molto evidente, e il tannino di buona qualità, anche se

Quattro Aziende collocate in posizioni geo-fisiche spettacolari,

ancora scalpitante, diverrà perfettamente fuso tra qualche tempo.

in media sui 500 metri di altitudine, circondate da Monti

Terrae Vulpis è il vino top di gamma, prodotto solo in annate

che fungono da barriera contro i venti freddi, all’interno di

speciali: la sua intensità e complessità olfattiva non si discutono:

un paesaggio suggestivo, tra le Valli dei fiumi Sacco e Aniene.

prugna, ribes, rosa canina, humus e un sentore minerale di tufo.

Un paesaggio “dai grandi spazi”, come lo definiva il nostro

Anche al sorso stupisce per il suo calore, la morbidezza, il tannino

indimenticabile Docente Daniele Maestri, “rurale, ricco di

integrato e vellutato, la sapidità e l’acidità.

risorse e con importanti testimonianze storico-culturali”. Questa

La Bolla di Urbano 2016 di Pileum ha chiuso in modo egregio il

è la terra del Cesanese, un vino di storia e di passione.

n

Azienda Agricola

n

Vini Raimondo

Marco Antonelli

Via di Colle Fraggiano

00035 Olevano Romano (RM)

00022 Affile (RM)

T. 06 9562831

T. 348 8926448

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Bibenda 78 duemiladiciannove

40

La Ribolla senza confini


LA RIBOLLA senza confini F

i l i p p o

B

u s a t o

“Brindo ai paesi dell’est europa! Sogno un Collio-Brda nuovamente unito” (Silvio Jermann)

41


Bibenda 78 duemiladiciannove

La Ribolla senza confini

Alle scuole elementari insegnano che l’Italia è delimitata nei suoi confini naturali dal mare e dalle montagne. Con il passare del tempo si scoprono crescendo le mille sfaccettature dei territori, e il senso del “confine” cambia. Parafrasando il grande Mario Soldati, accade che il confine si presenti come un limite fisico soltanto quando è visto da lontano, perché quando su quel confine si è seduti esso n foto di

Marian Simcic

appare inesistente; è questa la sensazione di continuità che si percepisce in Piazza della Transalpina a Gorizia. Oltre quella linea oggi soltanto immaginaria che divideva l’est dall’ovest, il paesaggio di pianura e colline è indistinguibile da quello italiano. C’è una stazione ferroviaria sul confine, nella piazza, con un bar in cui si parla sloveno e si assiste allo spettacolo del sole che tramonta sulle colline. Visto da quella posizione, per note ragioni astronomiche il sole tramonta in inverno sulle colline italiane e in estate su quelle slovene; a volerla leggere in maniera poetica, è la fine del giorno su entrambi gli stati che ha sempre sussurrato un suo “cessate le ostilità”. Il Collio friulano e quello sloveno denominato Brda hanno un passato di guerra, con i noti scambi di fuoco tra il monte Sabotino e il monte Calvario che hanno a loro modo

n foto di

Edi Simcic

determinato l’origine di quella Contrada del Lenzuolo Bianco di Gravner tanto cara alla storia del vino di confine. La separazione politica tra luoghi appare debole quando si percorrono in auto le strade del Collio-Brda, ed è tanto più debole quando ci si accorge che la strada attraversa in un verso e nell’altro ripetutamente il confine quasi a voler confezionare una sutura su quella cicatrice della storia. Non c’è una catena montuosa che separi, una valle con le rive opposte di un fiume per cui sarebbe naturale pensare a una rivalità (termine che deriva dallo stare su rive opposte per l’appunto), c’è continuità di colline che richiamano il flusso indefinito delle onde del mare più che una contrapposizione netta. C’è un vitigno che rappresenta più di tutti l’unità culturale di un territorio, ed è la Ribolla Gialla; questa varietà nota fin dal XIII secolo in Friuli perse terreno ai primi del

n foto di

Klet-Brda

Novecento per l’adozione entusiastica delle varietà francesi (internazionali), ma dalla metà degli anni ’90 è cominciato un fenomeno di riscoperta del vitigno nelle zone di Oslavia e Rosazzo. I vini che ne derivano, delicati e floreali, valgono un piccolo viaggio oltre confine alla scoperta di alcuni interpreti di pregio. Il primo incontro del viaggio è quello con la cantina di Marjan Simčič che in una ricerca continua sta sviluppando le vinificazioni in contenitori a forma di uovo (sia in cemento sia in legno) a volte con macerazione, per procedere con affinamenti in rovere piccolo, dando così origine a vini profumati e freschi come la sua Ribolla Opoka, termine sloveno che definisce il terreno “ponca” del Collio. Dalla sua casa e dalle sue vigne rivolte a sud si può quasi tendere la mano al Collio goriziano, tant’è vicino.

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La collina accanto ci porta all’incontro con il suo omonimo Edi Simčič, che lavora la Ribolla in stile borgognone, con fermentazioni e batonnage in barrique per esaltare le mineralità e la morbidezza di miele millefiori che il vitigno è in grado di esprimere. Gli occhi ancora una volta parlano per primi, e la suggestione del paesaggio collinare e lieve fuori dalle vetrate a tutta altezza della sala degustazione regala una vista di unione tra Collio e Brda. Gli incontri densi di emozioni con questi piccoli produttori lasciano spazio quindi alla tradizione e alla popolarità di un territorio forte e incisivo presso la cantina KletBrda, esperienza cooperativa di circa 400 famiglie per circa 1000 ettari complessivi che la rendono il più grande produttore ed esportatore di vino sloveno. La dedizione al terroir e la capacità economica e organizzativa sono la risorsa principale per lo sviluppo della selezione e della produzione di tante sfumature di Ribolla, dall’acciaio al legno, dalla lavorazione in purezza a quella in assemblaggio con altri vitigni locali e varietà internazionali. Anche in questo caso alcune versioni vinificate in legno piccolo riescono a cogliere ed esprimere al meglio l’essenza floreale ed elegante del vitigno Ribolla, senza appesantirlo di forzati orpelli stilistici. Alla fine del viaggio restano meravigliosi ricordi impressi in alcune fotografie, e la gratitudine di due guide d’eccezione, Silvio Jermann e Edi Clementin che hanno condotto la visita oltre frontiera, raccolta in un brindisi e in un sogno. “Brindo ai paesi dell’est europa! Sogno un Collio-Brda nuovamente unito” (S. Jermann)

n foto di

Marian Simcic 43


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Il destino di una pianta

IL DESTINO DI UNA PIANTA S

a n d r a

N

e v a l o r o

Storia di un’esperienza in vigna vissuta attraverso la potatura delle piante

44


45


Bibenda 78 duemiladiciannove

Il destino di una pianta

Piove. Una pioggerellina sottile sfuma i contorni del paesaggio e mischia i colori dell’autunno, confondendo la simmetria dei filari dei vigneti, che si susseguono a perdita d’occhio sulle colline. Sfilo dalla tasca del giubbotto le forbici, nuove di zecca. Tolgo il gancio di sicurezza. Apro e chiudo più volte le lame, simulando il gesto del taglio. Mi domando se dopo alcune ore di lezione in aula riuscirò a tagliare i tralci della vite per prepararla al riposo invernale e renderla forte e vigorosa, capace di affrontare l’impeto della primavera e la calura estiva, e di portare a compimento la maturazione dei grappoli. Riposiziono il gancio di sicurezza e metto le forbici di nuovo in tasca. Tiro sulla testa il cappuccio del giubbotto e raggiungo Denis che, in ginocchio davanti alla prima vite del filare, è intento a dimostrare ai miei compagni del corso di potatura le regole fondamentali, spiegate poco prima in aula. Denis Cociancig, è un “pruining guy”, un ragazzo della potatura, così dice la scritta sul giubbotto che indossa ed insegna a potare la vite, per conto della scuola “Simonit&Sirch”, a coloro che lo fanno o vogliono imparare a farlo per mestiere o anche a semplici appassionati, come me. Guardo le mani di Denis, che, abili e veloci, eseguono la potatura e penso al progetto ambizioso, ideato da Marco Simonit e Pierpaolo Sirch, i quali alla fine degli anni ’90 hanno fondato una società con un nome carico di significato e portatore di un’attesa: “Preparatori d’uva”. E l’attesa non è stata delusa. Marco e Pierpaolo, infatti, hanno recuperato e innovato un’arte antica, quella della potatura, mettendo a punto un metodo che ha l’obiettivo di assicurare alla vite una vita lunga e sana, e diffondendolo con successo in tutto il mondo dal Friuli Venezia-Giulia, culla del metodo, alla Sicilia, dalla Francia alla California fino ad arrivare alla terra dei canguri. Il metodo parte da un fatto semplice: la vite è una liana e ha come naturale attitudine l’acrotonia, cioè la predilezione allo sviluppo delle gemme apicali per andare verso l’alto, verso la luce. Questo è il destino della vite che è stato modificato dall’intervento dell’uomo nel corso degli anni per piegarla a “geometrie fisse”, legate principalmente alla dimensione del vigneto e alla necessità di avere le piante ordinatamente predisposte per favorire il crescente utilizzo della meccanizzazione in vigna. Così con potature sconsiderate e mutilanti la vite da liana è diventata un arbusto dal volume limitato e predeterminato nelle forme e nello spazio imposti dal vigneto, ridotto a sua volta a vincolo geometrico che obbliga il viticoltore a sopprimere e/o a ridurre drasticamente le ramificazioni prodotte dalla pianta. A tale scopo l’uomo ha prediletto l’allevamento a spalliera (guyot e cordone speronato), che, di per sé, non è un male, ma, se associato a tecniche di potature invasive che bloccano il flusso vitale della linfa, danneggia fortemente la vite. 46


Lo studio sul campo, condotto da trent’anni a questa parte da Marco Simonit e da Pierpaolo Sirch e dalla loro squadra sempre più numerosa e appassionata, ha dimostrato le conseguenze di una potatura condotta senza rispettare la naturale attitudine della vite alla ramificazione. Infatti, partendo dall’analisi e dall’osservazione di centinaia di tronchi sezionati di viti “vive”, questo studio ha evidenziato che tanto più i tagli da potatura sono di grossa dimensione ed eseguiti su legno vecchio, tanto più i disseccamenti interni della pianta sono estesi e si approfondiscono nel legno, creando dei “coni di disseccamento” enormi. In altri termini, “il cono di disseccamento”, cioè l’entità del disseccamento interno in corrispondenza di un taglio, è direttamente proporzionale alle dimensioni del taglio stesso. Accade così che, se nel corso degli anni vengono eseguiti numerosi tagli di potatura senza alcun criterio, stroncando l’inclinazione della vite ad andare verso l’alto, la pianta abbandona una buona parte delle sue ramificazioni e del fusto, anche perché, con la convergenza dei coni di disseccamento, il tragitto del flusso linfatico si modifica fino ad essere del tutto compromesso.

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Bibenda 78 duemiladiciannove

Il destino di una pianta

È interessante evidenziare che lo studio è stato applicato su piante vive ed apparentemente sane, ma che, una volta sezionate, mostrano un deperimento interno dovuto all’effetto devastante di tagli da potatura disordinati e di grosse dimensioni. In alcuni casi, poi, le viti collassano all’improvviso per un fenomeno denominato “cavitazione”, paragonabile ad una specie di embolia della pianta. Si è visto, infatti, che, se una notevole parte della struttura permanente della pianta è piena di disseccamenti interni, aumenta la pressione della linfa nei vasi ancora sani e si formano delle bolle d’aria che portano alla morte della vite. Al contrario, il rispetto delle regole di potatura previste dal metodo Simonit&Sirch garantisce la crescita fisiologica e il benessere della vite, con conseguente omogeneo sviluppo della pianta e, nel tempo, di tutto il vigneto, con evidenti benefici nella sincronia di maturazione delle uve. Grazie, infatti, all’applicazione costante di questo metodo la vite con la potatura riporta piccole ferite che rimarginano velocemente e che non bloccano mai il flusso vitale interno. Sono ancora impigliata nei miei pensieri, quando mi accorgo che la dimostrazione pratica di Denis è terminata e che ora dobbiamo sparpagliarci tra i filari e provare a potare da soli. Mi allontano un po’ dal gruppo e mi fermo davanti ad una pianta di vite, allevata a guyot. Mi inginocchio e strappo qualche foglia per vedere meglio il fusto e le sue ramificazioni, sfilo le forbici dalla tasca, ma resto immobile a fissare la pianta, incapace di tagliare. “Sandra! Cosa fai lì impalata! Dai, inizia!”, urla Denis in piedi

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all’inizio del filare.

continua fino a quando non trovi il tralcio della continuità. Poi,

Torno a guardare la vite, poi alzo lo sguardo e vedo Denis

individua due gemme: il futuro sperone e il futuro capo a frutto.

venire verso di me, scuotendo la testa e borbottando qualcosa in

E poi puoi tagliare, osservando il legno di rispetto ..”

dialetto friulano. In poco tempo mi raggiunge e si inginocchia

Poso le forbici a terra. Tocco la pianta e seguo con la mano il

di fronte a me dall’altra parte della pianta. Distolgo lo guardo

profilo del fusto, iniziando dal lato sinistro. Non incontro

dalla vite e ammiro il suo giovane volto: gli occhi azzurro-verdi,

tagli e la mia mano scorre veloce fino al primo tralcio. Cerco

le ciglia lunghe, i capelli spettinati, il colorito di chi trascorre la

delicatamente con le dita la gemma della continuità, quella che

vita all’aria aperta.

l’anno prossimo consentirà alla pianta di ramificare seguendo la

“Dai, puoi farcela! Lascia perdere le forbici, adesso. Ricordi?

sua naturale predisposizione ad andare verso l’alto. La trovo. Poi,

Segui con la mano il fusto della pianta, assicurandoti che non

trovo la gemma del futuro capo a frutto. Ora posso tagliare.

ci siano deviazioni del flusso linfatico causate da tagli pregressi e

Faccio la stessa operazione, toccando il fianco destro della vite.


Non appena termino di potare la pianta, guardo Denis, che mi sorride soddisfatto; poi, si alza in piedi e si allontana, dirigendosi verso un altro improvvisato potatore che ha bisogno d’aiuto. Ora accovacciata, ora in ginocchio vado avanti così per un paio d’ore senza sosta e sotto la pioggia, potando una pianta dopo l’altra. Ad un tratto mi fermo e mi guardo intorno: ormai il pomeriggio volge alla sera, la visibilità è ridotta e la pioggia si è infittita. E’ ora di tornare a casa, anche per Denis, il quale stasera, dopo settimane trascorse in giro per l’Italia come “pruining guy’s” della Scuola Simonit&Sirch, potrà finalmente riabbracciare la sua famiglia in Friuli. Durante il viaggio in treno verso Roma, chiudo gli occhi e nella mente scorrono le immagini di quei luoghi pieni d’incanto, che ho avuto la fortuna di vedere, dove le viti 49


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Il destino di una pianta

possono crescere vigorose, seguendo la loro naturale tendenza ad andare verso l’alto. Uno di questi luoghi si trova in Irpinia, territorio aspro e antico, in quella stessa regione, la Campania, dove sole e mare attirano milioni di turisti; più precisamente nel cuore della zona del Taurasi. Si tratta della vigna chiamata “I Patriarchi” nel comune di Sorbo Serpico, in provincia di Avellino. È difficile descrivere l’emozione che genera questo luogo dell’anima e di pace: una vigna adagiata su una prato verde dove viti ultracentenarie a piede franco sembrano, sospese, toccare il cielo con i loro rami intrecciati in splendide e lunghe ghirlande che la potatura n

Simonit&Sirch

non ha violato.

Immortalati durante la

Entrando in questa vigna si resta spiazzati: pur avendo le viti davanti agli occhi, non si

cerimonia di consegna

vedono perché le ramificazioni si sono sviluppate in un punto più alto rispetto a quello

dell’Oscar del Vino 2014

che abitualmente fissano gli occhi.

nella categoria Migliore

Al primo impatto, perciò, si vedono solo tronchi enormi e soltanto dopo alcuni minuti

Innovazione nel Vino

si comprende che quelli sono i fusti delle viti i quali, intrecciati in nodi indissolubili, si arrampicano verso l’alto, dove rami e foglie formano lunghe ghirlande da cui penzolano i grappoli blu-viola dell’Aglianico. Così, con lo sguardo costantemente rivolto verso l’alto si cammina in vigna increduli che si tratti sempre della stessa pianta che si è soliti vedere in ordinati filari che pettinano le colline. Un’altra immagine potente arriva ora alla mente: le vigne sull’Etna, emblema della forza della vite, capace di sfidare la violenza distruttrice della “Muntagna”. In questo luogo di magica atmosfera gli alberelli, con i loro fusti grandi e nodosi, sono sparsi qua e là sulla terra nera, senza ordine, quasi a rappresentare un disegno misterioso, e, rivolti verso il cielo, toccano da sempre la luce. La fredda voce dell’altoparlante annuncia l’arrivo del treno alla stazione di RomaTermini. Mentre raccolgo le mie cose, non posso fare a meno di ricordare ciò che accade alla vite per effetto di potature sconsiderate: la creazione di coni di disseccamento che la pianta è costretta a creare dopo la ferita subita con il taglio per evitare che, attraverso quella ferita, agenti patogeni possano attaccarla. Il cono di disseccamento è una specie di crosta sulla ferita che duole ed è sensibile e che dunque va protetta; e se queste ferite diventano tante e profonde, la vite, lentamente, muore. Una reazione che commuove e che sicuramente accomuna tutti gli esseri viventi, ma che probabilmente non ci si aspetta di ritrovare così forte ed evidente anche nella vita di una pianta. Nel momento in cui lo si scopre, il senso di umanità ed empatia con la vite, a cui si è già così grati per il frutto che genera, porta a sperare ogni volta che si guarda un vigneto che la potatura sia condotta sempre nel rispetto del flusso vitale delle piante, affinché possano crescere ed invecchiare, seguendo il loro destino.

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Bibenda 78 duemiladiciannove

Wine Maker Umberto Trombelli

Wine Maker

Umberto Trombelli

D

52

a n i e l e

L

i u r n i


Definito

da alcuni il

“Roberto Burioni

del vino”,

Umberto Trombelli

è forse

l’enologo più attivo sui social e più pronto al confronto sui temi che tanto entusiasmano – e dividono – gli amanti del vino, non ultime le diatribe sui cosiddetti

“vini naturali” e sull’uso dei solfiti. 53


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Wine Maker Umberto Trombelli

Tanta curiosità c’era perciò di conoscerlo, di sentirlo parlare e di poter degustare i suoi vini, una possibilità che hanno avuto i partecipanti al Trombelli Day organizzato dalla Fondazione Italiana Sommelier nell’elegante cornice dell’Hotel Rome Cavalieri. Un seminario con undici vini in degustazione – dal Raboso veneto all’Aglianico del Vulture, passando per il Verdicchio dei Castelli di Jesi – e un banco d’assaggio allestito con le migliori etichette delle dieci aziende vinicole che l’enologo, allievo di Giacomo Tachis, segue personalmente, dal Piemonte alla Sicilia, hanno consentito ai numerosi appassionati accorsi all’evento di poter comprendere quanto il vino sia un prodotto delle umane arti, dell’ingegno, della tecnica e della sensibilità di chi ha il gravoso, eppur piacevolissimo, compito di far esprimere l’identità di un territorio attraverso i frutti della sua terra. Trombelli ci tiene infatti a sottolineare di non ritenersi una specie di alchimista che interviene sul vino per creare un gusto specifico o per ricercare una determinata sensazione, bensì si definisce un pilota che utilizza le conoscenze scientifiche per portare a termine il lavoro nel migliore dei modi possibile. In questo è racchiusa un po’ tutta la filosofia dell’enologo bolognese, secondo cui la razionalità è al servizio delle emozioni, lo studio al servizio del fare, la tecnica al servizio del risultato e il vino al servizio del terroir. Dal terroir e dal vitigno più adatto ad interpretarlo, Trombelli parte per immaginare il vino che farà e in quella direzione indirizza il suo operato, attingendo sia alle conoscenze consolidate, sia alle nuove tecniche e ai nuovi approcci che l’enologia contemporanea sta iniziando ad esplorare.

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La degustazione | U

mberto

Trombelli

Ecco dunque in undici assaggi come si presenta il Trombelli pensiero. Buona lettura!

Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico Rincrocca Riserva 2016 - La Staffa Paglierino intenso con nuance oro. Su una netta e decisa vena minerale gessosa, scorrono profumi freschi di camomilla, ginestra, erbe aromatiche e mandorle dolci. Il sorso è un bel connubio fra una dilagante freschezza e una fine carezza glicerica, in cui si fanno strada aromi di cedro, scorzetta di lime e salgemma, per un assaggio elegante che lascia una bocca piacevolmente pulita. Cemento.

Piave Raboso Arnasa 2015 - Castello di Roncade Rubino nel calice. Tutta la fragranza dei freschi profumi dei frutti di bosco emerge alla prima olfazione, subito seguita da note di ciliegia matura, grafite e vaniglia, con un tocco appena boisé. In bocca una vibrante acidità, che ricorda subito l’arancia rossa e le fragoline, è il fulcro di un sorso fresco e leggiadro, dai tannini ben estratti, che dimostra un buon potenziale evolutivo. Botte grande.

Vino Nobile di Montepulciano Redi 2015 - Vecchia Cantina di Montepulciano Rubino. Giovanissimo, ancora un po’ introverso esprime profumi di visciola, spezie dolci, china e humus, con sentori di legno tostato. Vivace freschezza e una tannino compatto e robusto al palato, con un finale leggermente ammandorlato. Botte grande. 55


La degustazione | U

mberto

Trombelli

Vino Nobile di Montepulciano Filai Lunghi 2015 - Fattoria della Talosa Rubino brillante. Elegante olfatto dominato da profumi di amarene candite, vaniglia, pepe e liquirizia, con essenze di lauro, tabacco e grafite, per un naso che esprime opulenza ma con grazia. Assaggio morbido e caldo, di moderata freschezza e dai tannini vigorosi, chiude speziato con un tocco ammandorlato e un’alcolicità ancor espressione di gioventù. Botte grande e tonneau. Aglianico del Vulture Labellum 2016 - Vitis in Vulture Rubino compatto con riflessi porpora. Si apre con un naso vinoso di fragole e more in confettura, quindi un tocco speziato e una nota minerale, ferrosa, sullo sfondo. Morbido e di viva freschezza, si esprime con tutta la grinta di un corredo tannico importante. Chiude sapido con ritorni di pepe e tostature. Aglianico del Vulture Piani di Camera 2017 - Vigne del Vulture Color porpora compatto che macchia il bicchiere. Naso che si apre con note di kirsch, confettura di marasche, lauro e poi un melange speziato, di curry, accompagna un tocco balsamico, con refoli che ricordano il petrolio. Sorso morbido e fresco, muscolare nella sua forza tannica, figlia di un’elevazione condotta in anfore di terracotta che da un lato aiuta la polimerizzazione dei tannini e dall’altro li lascia più puri nella loro espressione. Selezione di Sangiovese 2018 - Il Violone Porpora violaceo nel calice. Olfatto di marcata vinosità, con profumi così fragranti di piccoli frutti rossi e fiori freschi, che quasi ricorda un Beaujolais di Fleurie, per immediatezza e piacevolezza. Sorso altrettanto scattante, di viva acidità, con tannini avvolgenti e ben levigati, molto morbido e coerente, lascia una bocca pulita e fresca in cui torna un limpido sapor d’uva nel finale. Selezione vinificata e affinata in anfore di terracotta. 56


Veneto Rosso Villa Giustinian 2015 - Castello di Roncade Granato. Aplomb da grande vino, già indirizzato verso note evolute che ricordano la ceralacca, ma ancora con la giovinezza dei sentori di frutti di bosco, di prugna, di vaniglia e di menta piperita, con un tocco di grafite molto intrigante. Al palato si dimostra di viva freschezza, ben equilibrata da un corredo tannico gentile e levigato, per un sorso elegante in cui si fanno strada aromi di arancia rossa, lamponi ed erbe aromatiche. Barrique. Toscana Rosso Dòrino 2015 - Il Violone Rubino. Un’anima balsamica e minerale contraddistingue questo vino che si esprime con profumi di prugna, confettura di frutti rossi, terra bagnata, grafite e una nota ematica. Sorso dotato di grande freschezza e con una lunga scia sapida, un’alcolicità un po’ esuberante ma tannini di estrema finezza, con un leggero tocco boisé nel finale. Toscana Rosso Dòrino 2014 - Il Violone Rubino. Olfatto molto peculiare che sciorina profumi di rosa, violetta, arancia rossa, bergamotto e poi ancora vaniglia, cardamomo, anice e cannella, con una forte impronta balsamica. Assaggio di vivace freschezza, con una bella scia sapida e tannini ben levigati, molto elegante ed equilibrato. Toscana Rosso Pietrose 2013 - Fattoria della Talosa Rubino. Al naso rilascia profumi di prugna, visciole sotto spirito, tabacco da pipa e legno di cedro, con una ricca balsamicità, di eucalipto, e una nota vanigliata e speziata ben in evidenza. Sorso opulento, morbido e caldo, con una vivace sinergia fresco-sapida che conduce l’assaggio verso un finale speziato, appena pungente. Tonneau. 57


Bibenda 78 duemiladiciannove

Conversazione in Calabria

CONVERSAZIONE IN CALABRIA P

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i e t r o

M

e r c o g l i a n o


Il racconto della degustazione dei Vini dell’Azienda calabrese Tenute Mirabelli, una novità assoluta nel panorama vitivinicolo del sud Italia.

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Conversazione in Calabria

La degustazione di Tenute Mirabelli, tenutasi in febbraio al “Cavalieri”, è stata una novità per tutti. L’Azienda vitivinicola è infatti giovanissima, e in pochi hanno ancora avuto l’occasione di assaggiarne qualcosa; le Riserve dei rossi (fra i dodici e i diciotto mesi in legni grandi) addirittura sono ancora in preparazione. L’Azienda agricola, per contro, affonda ben indietro nel tempo le sue radici ed è documentata fin dall’ultimo decennio del XIII secolo. Il Comune è quello di Malvito, nell’Alta Valle dell’Esaro in Provincia di Cosenza: piú precisamente in prossimità della confluenza nel fiume del torrente Crispo; lo circondano, con la Catena Costiera, la Sila e il Pollino. Tradizionalmente, la zona ha vocazione n

Tenute Mirabelli

cerealicola, ma nell’ultimo periodo si sta in parte convertendo a diverse colture fra le

Contrada Lessieni, 87010

quali la vite e l’olivo.

Malvito, Cosenza, Italia Tel. +39 0984 15 24 284

Risale al 1996 l’impianto (in conduzione biologica) dei primi vigneti nelle Tenute

info@tenutemirabelli.it

Mirabelli. Si tratta di sessantacinque ettari continui a cordone speronato, con un terreno

www.tenutemirabelli.it

la cui composizione varia a seconda dell’altitudine: marnoso e argilloso in prevalenza. La degustazione, magistralmente condotta da Paolo Lauciani nella forma di una conversazione con questi Signori che da oltre settecento anni abitano e lavorano la loro terra, è stata l’occasione per considerazioni sul ruolo e sul destino della Calabria vitivinicola. La Calabria era anticamente uno dei centri dell’antica Enotria, la terra che comprendeva anche Lucania e Cilento e che vide la prima colonizzazione di popoli italici indoeuropei: gli Enotrî, appunto, che la leggenda volle discendenti del mitico Enotrio figlio di Licaone. In seguito il nome, nell’interpretazione di “Terra del Vino”, fu esteso all’intera penisola italiana. Il problema è che col tempo, per ragioni storiche e per scelte qualitativamente infelici, il prestigio della Calabria vitivinicola s’è affievolito di molto: e ora è assai difficile allontanare la percezione collettiva da quel preconcetto di vini troppo caldi e troppo pesanti che ancora spesso accompagna i ragionamenti sui vini di questa Regione. Una via potrebb’essere quella d’investire concordemente sul nome di “Enotria”, come qualcuno privatamente sta già facendo: un’ampia nuova Denominazione a questo nome avrebbe il fascino dell’eufonia e dell’arcaico, e sposterebbe la percezione da un nome oberato di preconcetti a uno splendido di Storia. Ma d’altra parte sarebbe un’ulteriore Denominazione-container slegata dal territorio e sarebbe un modo vile per redimere nascondendo. No. Dev’essere il nome di Calabria, altrettanto nobile ed altrettanto grande, ad assumere novamente la fama che gli compete. Ci vorrà tempo; ma già s’è iniziato: e bene.

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La degustazione | T

enute

Mirabelli

Greco di Malva 2017 Greco 50%, Malvasia 50% - 12,5% Paglierino con bagliori verdolini. Il naso è molto elegante e composto, e mostra con ordine i suoi profumi: il minerale di gesso, il fruttato fresco di pesca e susina, il floreale di acacia, il vegetale di trifoglio; il tutto sorretto da aromaticità varietale. In bocca attacca fresco e dinamico, con ritorni fragranti, per chiudere sulla sapidità. Rosato 2017 Sangiovese 100% - 13,5% Rubino tendente all’aranciato sui bordi. Naso intenso ma delicato, educatissimo: geranio, rosa canina, fiori di campo, melagrana, lampone. Fresco in bocca, con ritorni di arancia sanguinella, leggermente ammorbidito da un lieve residuo zuccherino. Calabrese 2016 Nero d’Avola 100% - 12,5% Porpora compatto. Profumi golosi e scuri al contempo: ciliegia e amarena croccanti, viola, ferro e sensazioni ematiche, carbon fossile e grafite, erbe amare di campo. Tannino di notevolissima eleganza, freschezza dinamica, retrolfatto di frutta in corpo masticabile, finale impeccabile. Sangiovese 2016 Sangiovese 100% - 13,5% Luminoso e quasi trasparente, tendente al granato. Viola, marasca, muschio, foglia secca, corteccia, felce, tabacco, liquirizia. Assaggio di pregevolissima finezza, sorretto dall’acidità e corroborato dal calore alcolico, in cui spicca la perfetta cesellatura dei tannini. Merlot 2016 Merlot 100% - 13,5% Rubino compatto. Naso tipico della varietà: mirtillo e mora, sensazioni balsamiche e lattiche. Assaggio altrettanto tipicamente da buon Merlot, con una certa gradevolissima accentuazione della freschezza che sembra invece di poter vedere come un Leitmotif dell’interpretazione del territorio: pulito ed elegante, di ottimo tannino. Cabernet 2016 Cabernet Sauvignon 100% - 13% Rubino granato. Olfatto tipico dei giovani Cabernet di livello: rabarbaro, menta, liquirizia, ribes, caffè, refoli balsamici. Assaggio elegante ed equilibrato: ottima maturazione fenolica, retroaromaticità balsamica. 61


Bibenda 78 duemiladiciannove

La grande Italia dei Vini

LA GRANDE ITALIA DEI VINI

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Uscirà a breve e sarà disponibile in formato DVD e in versione

viene proposto un contributo video della durata di circa 2 minuti

App l’ultima nata in casa Virgilio Editore: una prestigiosa collana

e 30 secondi, con una citazione dedicata all’area di produzione

di video degustazioni, presentata da Paolo Lauciani, con il soste-

e la degustazione dell’etichetta stessa chiamata a rappresentare il

gno della Fondazione Italiana Sommelier.

proprio territorio in modo esclusivo.

La Grande Italia dei Vini è un’opera multimediale inedita che ac-

Scaricando l’App de La Grande Italia dei Vini su smartphone e

compagna l’utente in un affascinante viaggio enologico emozio-

tablet (iOS e Android), attraverso una collana di video degustazio-

nale. Una pregiata selezione di vini italiani: bianchi, rossi, spu-

ni unica nel suo genere, professionisti, sommelier ed estimatori di

manti e vini da dessert raccontati dalla competenza e maestria di

vini di qualità ottengono informazioni preziose sulle etichette pre-

Paolo Lauciani, sommelier master class della Fondazione Italiana

sentate come: nome della bottiglia, certificazione, denominazione,

Sommelier di fama internazionale.

cantina, produttore, area geografica di appartenenza e descrizione

Ispirata alla tradizione enologica italiana e alla valorizzazione del

organolettica del vino proposto.

territorio, questa iniziativa guida lo spettatore in un affascinante

Gli utenti hanno inoltre la possibilità di trovare un vino attra-

percorso visivo e videosensoriale.

verso un campo di ricerca libera oppure selezionando alcuni

Dedicata agli appassionati del vino italiano di qualità e agli

parametri utili per la ricerca stessa (Tipologia, Produttore, Cer-

esperti del settore enologico, La Grande Italia dei Vini nasce per

tificazione, Denominazione, Macroarea). La ricerca effettuata

regalare immagini, profumi, colori attraverso la scoperta di nu-

mostrerà la bottiglia o le bottiglie indicate con una scheda di

merose etichette di vini posizionati per prestigio ed eccellenza al

approfondimento per ciascuna di esse.

vertice qualitativo della produzione nazionale. Uno straordinario

Per la realizzazione delle degustazioni sono state scelte ambienta-

viaggio nel ricchissimo mondo vitivinicolo del nostro Paese alla

zioni di alto valore storico, eleganti e ricchi di fascino che fanno da

scoperta di un patrimonio fondamentale della nostra penisola

palcoscenico al racconto del vino. Pura poesia della terra.

che conduce in cantina e nei differenti territori di appartenenza.

www.lagrandeitaliadeivini.it

Per ciascuna etichetta inserita all’interno della produzione visiva

info@lagrandeitaliadeivini.it

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Bibenda 78 duemiladiciannove

A tu per tu con il Pinotage

A TU PER TU CON

IL PINOTAGE N 64

i l a

H

a l u n


Per

capire un vino, per conoscerlo in modo profondo e articolato, l’unico

metodo è osservarlo da vicino, studiandone anche e soprattutto il suo terroir.

Ed eccoci a Capetown.

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A tu per tu con il Pinotage

Il Pinotage, vino più rappresentativo del Sud Africa, nasce nel 1924 a Stellenbosch, importante zona vitivinicola non molto distante da Capetown. Il suo “creatore”, Abraham Izak Perold, è un famoso professore della facoltà di enologia nella locale Università che lo ottiene incrociando Pinot Noir ed Hermitage, così come veniva chiamato allora il Cinsault. Febbraio. Qui è estate piena, le temperature si aggirano intorno ai 25 gradi, il clima è di tipo mediterraneo. Tranne quando soffia Cape Doctor, vento fortissimo che si sviluppa quando in seguito all’incontro/scontro dei due Oceani, l’Atlantico dalle acque fredde e l’Indiano dalle acque calde, allora il termometro scende bruscamente anche di di 15-20 gradi. È comunque n

Abraham Izak Perold

un vento benefico: non solo protegge il territorio dall’inquinamento, ma fornisce ai vigneti una ventilazione perfetta che elimina ogni rischio di parassiti e marciumi. Già dall’aereo si può ammirare il maestoso massiccio della Table Mountain, la famosa montagna (circa 1000 metri) piatta come un tavolo e spesso coperta anche da una bianchissima tovaglia fatta di nubi. Ai suoi piedi si distende Capetown, “The Mother City”, così chiamata perché da qui iniziò la Storia del Sud Africa con l’insediamento dei primi coloni olandesi che controllavano il commercio tra l’Europa e le Indie. I loro affari erano principalmente basati sulla fornitura di vino e cibo agli equipaggi in sosta forzata a Capetown, prima di affrontare la circumnavigazione di Capo di Buona Speranza. La compagnia Dutch East India ordinò l’impianto dei primi vigneti e nel 1655 il chirurgo olandese Jan van Riebeeck iniziò a coltivare la vite nelle vallate alle spalle di Capetown. Con molta probabilità si trattava di Chenin Blanc (localmente Steen) e Moscato, tuttora presenti nel panorama ampelografico locale. Alle porte di Capetown oggi si trova la Constantia Valley, la culla del vino sudafricano. Trenta minuti in auto e si arriva alla più antica cantina dell’emisfero australe, situata nella foresta Tokai, non distante dalla spiaggia dei pinguini di Boulders. Fondata nel 1682 dalla gentildonna Catherina Mishelse, oggi è la modernissima Steenberg Vineyards, con un hotel 5 Stelle e un ristorante dal design raffinatissimo dove si possono gustare le ostriche migliori nel mondo, ma anche gamberi, aragoste, granchi, barracuda e i tipici kingklip, resi particolarmente gustosi da fatto di vivere nelle acque d’incontro tra i due Oceani. Tutto ciò si sposa meravigliosamente con il Metodo Classico di Steenberg: elegante 1682 Brut Chardonnay e fine Lady R 2015 (70% Pinot Noir e 30% Chardonnay) e anche con il Sauvignon Blanc Black Swan 2018, eccezionalmente complesso e freschissimo. L’intera Constantia Valley ci accoglie con il verde immenso dei vigneti, giardini, campi da golf e soprattutto le bianche macchie delle elegantissime antiche strutture coloniche, che oggi ospitano le grandi Cantine. Sulla strada M41 troviamo, tutte in fila, Groot Constantia, Klein Constantia e Buitenverwachting. Una volta facenti parte del Constantia Estate, fondato nel 1685 da Simon Van der Stel, governatore della nuova colonia olandese, e da cui prende il nome anche Stellenbosch, capitale del vino sudafricano.

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n

Table Mountain

n

Constantia Valley

n

False Bay

Qui si possono degustare interessantissimi Sauvignon Blanc, Chardonnay, Viognier e ottimi rossi bordolesi, prevalentemente Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot in purezza oppure in blend, in compagnia del Syrah. Vini dalle stesse varietà vengono serviti anche nel giardino dell’accogliente e familiare Eagles’ Nest, nel lussuoso design bar di Beau Constantia con una vista mozzafiato su False Bay, oppure al tramonto sul prato del Cape Point Vineyards, dove tra noi e l’Antartide c’è solo l’oceano. Buitenverwaching ti fa innamorare con il suo Christine, taglio bordolese (55% Cabernet Sauvignon, 45% Cabernet Franc), dedicato alla madre del produttore. 24 mesi in barrique, bouquet di grande eleganza, rivela meravigliosi aromi di mora, ciliegia matura e ribes nero, poi vaniglia, tabacco e cioccolato fondente. Una perfetta armonia tra potenza e finezza. La densità di frutta vellutata e la struttura tannica fine e speziata fanno di Christine uno dei vini rossi più ricercati del Sudafrica. Da abbinare con entrecote e selvaggina, magari in uno degli elegantissimi ristoranti di Camps Bay. Un altro colpo di scena: iconico vino da meditazione “Vin de Constance” 2015, deriva da uva Moscato d’Alessandria (Zibibbo). Considerato tra i 10 migliori vini del mondo, era già apprezzato da Luigi XVI, Maria Antonietta, Federico II di Prussia, Napoleone Bonaparte, Jane Austen, Charles Dickens, George Washinton, dalla Regina Vittoria e tantissimi altri. Esordio floreale di agrumi, di miele e di drupacee. Bocca morbida, cremosa 67


A tu per tu con il Pinotage

Bibenda 78 duemiladiciannove

e di struttura, ma ben sostenuta da freschezza. 3 anni in barrique,

un investimento veramente importante nella produzione del vino.

botte di quercia e acacia ungherese, 6 mesi di inox.

Grazie a Nelson Mandela il mondo si è accorto del potenziale viti-

Ma noi siamo qui per il Pinotage! E lo troviamo solo nella ormai

vinicolo di Sud Africa. E con la fine dell’apartheid negli anni ‘90

molto turistica Groot Constantia.

sono arrivati larghissimi investimenti non solo da società tedesche e

Quindi procediamo con la nostra ricerca verso Stellenbosch, Paarle

francesi, ma anche da ricchi imprenditori sudafricani, utilizzando i

e Franschhoek, ad un’ora di macchina da Capetown.

proventi derivanti in gran parte dal commercio dei diamanti. Tutto

Per un attimo sembra di essere a Mendoza, circondata dalle

questo ha favorito lo sviluppo di tecnologie d’avanguardia posizio-

Ande. Anche le Winelands appaiono

nate ad altissimo livello nel panorama

sormontate da montagne: il Trout

internazionale. Un chiaro esempio è

Hatcherries, il Du Toits, il Groot

rappresentato dalla Delaire Graff Esta-

Drakenstein.

te, acquistata nel 2003 dal magnate dei

Cercare qui una cantina è impresa

diamanti Laurence Graff, i ricchi inve-

impossibile. Non ci sono indirizzi

stimenti hanno permesso utilizzare in

con il numero civico, esiste solo la nu-

vigna le più aggiornate tecnologie sa-

merazione delle strade e la segnaletica

tellitari, con rilevamenti geologici del

stradale molto simpatica, che avverte

terreno e una dettagliata mappatura

della possibile presenza di tartarughe,

mesoclimatica della tenuta, utilissimi

babbuini, struzzi e oche sulla carreg-

strumenti per il lavoro successivo.

giata. Ma una volta che avete trovato

Qui si può finalmente dire che ci

la Route numero 6, 7, 8, 4 e tantissime altre, sarete davvero com-

troviamo nel regno del Pinotage. Anche se alcune cantine sono più

pensati di tanta fatica!

conosciute per altre varietà: Glen Carlou per lo Chardonnay, Warwick

Qui vi aspettano modernissime cantine con le sculture di Mirò

per il Cabernet Franc, Veenwouden per il Merlot, Thelema per il

come nei giardini di Saint-Paul-de-Vence. Altre, nella zona stori-

Cabernet Sauvignon, questo è senz’altro il territorio del Pinotage.

camente francese di Franschhoek, possiedono addirittura proprie

Tokara, Neil Ellis, Spier, Grangehurst, Lanzerac, Aaldering, Clos

stazioni ferroviarie e si possono perciò visitare anche con il treni-

Malverne, Neetlingshof, Delheim, Laibach, Marianne, Simonsig,

no che passa in mezzo le vigne! Si percepisce subito la presenza di

Backsberg, Mellasat offrono dei Pinotage eccellenti.

n

Alcune aziende

sudafricane possiedono vigneti talmente estesi che per visitarli si sono dotate di trenini e stazioni ferroviarie.

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Ci affascina la leggendaria e pluripremiata Kanonkop, il cui nome deriva dalla “kopje” (collinetta) da dove, nel XVII secolo, fu sparato il colpo cannone di allerta all’arrivo delle navi a vela europee a Capetown. Kanonkop Pinotage Black Lable 2010 è una delle prime realtà enologiche ad essere riconosciuta internazionalmente. Nasce da vigne di oltre 65 anni, 18 mesi di barrique. Naso complesso, ricco di bacche rosse, petali di rosa, ciliegia al maraschino, mirtillo, gelso, tè, origano fresco, salvia, chiodi di garofano. Palato esotico, seducente e sensuale, con finale vegetale e di cioccolatini al kirsch. Persistenza impressionante, tannini maturi, eleganza mitica. Da apprezzare ora e nei prossimi 20 anni. Eccellente vino da meditazione, ma è d’obbligo degustarlo per scoprire i sapori del territorio con la tipica cucina sudafricana a base di carni di struzzo, antilope, impala, bufalo, facocero e coccodrillo. Noi lo abbiamo apprezzato in un ambiente assolutamente speciale, accompagnati dalla musica dal vivo, nelle sale colme di arte africana del ristorante “Mama Africa”, nel cuore di Capetown. Momenti di grande suggestione. A kanonkop infatti si sostiene che “Il Pinotage è un succo, estratto dalle lingue delle donne e dai cuori di leoni!”. Siamo pienamente d’accordo! 69


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Appunti di Viaggio: Alsazia

Appunti di Viaggio:

ALSAZIA A

n n a

L

o r e n a

F

a n t i n i

“Sono portato a credere che un grande insegnante sia un grande artista e che ce ne siano pochi, proprio come pochi sono i grandi artisti.

Difatti, insegnare è senza

forse la più grande delle arti perché i mediatori sono la mente e lo spirito umani.”

John Steinbeck

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Appunti di Viaggio: Alsazia

Quante volte nella vita ci siamo follemente appassionati di un argomento dopo aver seguito la lezione di un docente? Spesso è stato il motivo scatenante per farci intraprendere alcune scelte della nostra vita, un sentiero da percorrere, un indirizzo di studi o semplicemente un viaggio. Il compito del bravo docente è quello di accendere il fuoco della passione nel discente. L’arte suprema dell’insegnante, per citare Albert Einstein, è risvegliare la gioia della creatività e della conoscenza. Daniele Maestri è stato un docente che ha lasciato il segno nelle nostre anime con le sue lezioni ricche di particolari e di curiosità sui vini, sui cibi, sui territori e sulle aziende. Lui ha vagato per il mondo come un’anima errante e con lo spirito del viaggiatore per caso alla continua ricerca di gusti genuini ma al contempo eleganti. Ha viaggiato per conoscere e studiare le caratteristiche proprie delle radici di un territorio che si decodificano degustando un calice o assaporando una pietanza di quel luogo. Un pioniere alla ricerca della vena aurifera della qualità, lontano dagli stereotipi e da uno scontato gusto commerciale dettato dalla moda del momento. Daniele ha ispirato questo mio viaggio e tanti altri in progetto perché per conoscere un territorio bisogna viaggiarci attraverso e viverlo con pienezza e semplicità. Con la curiosità nel cuore e con la passione nell’anima ho visitato alcune delle cantine da lui descritte e degustate durante la sua lezione del IV BEM, tra l’altro il mio nome è Lorena e l’assonanza con l’Alsazia è sempre stata la trama della mia vita e oggetto di simpatiche battute. CENNI STORICI L’Alsazia è stata l’ultima grande regione francese ad acquisire notorietà ed affermarsi nel già famoso patrimonio vitivinicolo francese e l’ultima ad attrezzarsi in cantina con l’alta tecnologia. Prima questa regione aveva una solida connotazione rurale, pensiamo che all’indomani dell’ultima guerra mondiale l’Alsazia ne esce veramente provata da pesanti bombardamenti che hanno raso al suolo alcune cittadine come Riquewihr per esempio che fu successivamente ricostruita fedelmente. Fu contesa insieme alla Lorena dalla Germania e dalla Francia per circa 75 anni, dal 1871 fino al 1918 questi due paesi si tolsero a vicenda il dominio delle due regioni per ben quattro volte. L’Alsazia ha dovuto fare conti con questa conflittualità paragonabile alle vicende del nostro Sud Tirolo, luoghi segnati da conflitti dettati da revanscismi. Oggi è una regione bilingue, la radicata mentalità teutonica applicata alla raffinatezza francese ha donato a questa regione grandi possibilità di successo favorendo la nascita di vini ricchi di personalità e di fascino. Ci sono stati dei pionieri come Zind Humbrecht che in anni in cui l’Alsazia attraversava momenti difficili per via dei conflitti bellici e per la crisi economica ha fatto incetta di terreni vitati abbandonati scommettendo quindi in una sicura rinascita ed oggi è una delle più importanti realtà della regione. 72


La vocazione turistica più che vitivinicola ha caratterizzato questa regione per anni. Un prezioso contributo per la rivalutazione di questo lembo di terra lo dobbiamo anche all’Europa quando decise di collocare la sede del parlamento proprio a Strasburgo. Con la rinascita iniziarono a moltiplicarsi le Ruote du Vin, strade fiabesche dove è permesso sognare ad occhi aperti dove scoprire invitanti cantine e svariati luoghi dove mangiare il foie gras, i formaggi, i piatti tipici ed avere in abbinamento un’ottima selezione di vini. La cucina alsaziana di oggi è un dolce connubio tra quella francese e quella tedesca in alcune ed importanti realtà stellate, ma non è stato sempre così. Nel dopoguerra a Parigi erano rinomate le buche alsacien delle semplici trattorie dove con pochi soldi potevi mangiare un piatto che ti saziava come la choucroute, un misto di carne affumicata come salsicce, pancetta, stinco di maiale e prosciutto, servita con crauti nella variante al vino bianco e aromatizzati con bacche di ginepro. Per accompagnare la succulenta e grassa pietanza veniva servito un vino alsacien generico frutto di blend di vari vitigni e sovente non di grande qualità. In alternativa era servito un boccale di buona birra, non dimentichiamoci che questa regione è anche la patria della Fischer e della Kronenbourg, birre che abbiamo il piacere di conoscere ed apprezzare anche qui in Italia. IL TERROIR ALSAZIANO, IL CLIMA ED I VITIGNI l’Alsazia è una regione che misura 190 km di lunghezza e 50 km di larghezza, si divide in due dipartimenti: l’Alto Reno (Haut-Rhin) a sud e il Basso Reno (Bas-Rhin) a nord, lungo una parte proprio dell’omonimo fiume che centinaia di milioni di anni fa nasceva dalle alpi svizzere e sfociava nel mar mediterraneo. Nel periodo tra l’Eocene ed il Miocene circa 250 milioni di anni fa, qui si è aperta letteralmente la terra a causa dei terremoti e del conseguente corrugamento alpino himalaiano, lasciando spazio al fiume reno che ha letteralmente cambiato il suo corso ed è andato a sfociare nel mare del nord scorrendo fra due alte pareti. Questo importante sisma ha lasciato da un lato la Francia con i Vosgi e dall’altra la Germania con la foresta nera che non è solo una boscaglia estesa ma un insieme di rilievi. Gli sconvolgimenti del terreno hanno fatto emergere, come in Borgogna, gli strati più profondi ed antichi che possiamo scorgere sulle falesie che strapiombano sul fiume. La ricchezza dei suoli alsaziani fa sì che i suoi terroir sono infiniti, ogni vitigno è legato ad un suo proprio terreno. Possiamo classificare ben 13 diversi suoli: granitici, basalto, scistosi, vulcanici e di arenaria a ridosso della montagna; calcarei, marno-calcarei, marno-arenari, calcarei-arenari, argillo-marnosi sulle colline sotto i Vosgi; colluviali, alluvionali e fangosi in pianura. I suoi rilievi importanti sono molto boscosi, fra tutti spicca le Grand Ballon d’Alsace, montagna dalla cima rotonda che con i suoi 1424 metri di altezza intercetta le intemperie provenienti dal nord ovest, i temporali e la grandine, proteggendo questa zona come fosse 73


Bibenda 78 duemiladiciannove

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Appunti di Viaggio: Alsazia

una grondaia, una copertura e un formidabile riparo. Si ha in

classificare dieci varietà locali come il Riesling, Gewürztraminer,

genere una piovosità che è tra le più basse di tutta la Francia pari

Pinot Gris, Pinot Blanc, Sylvaner, Muscat, Chasselas, Auxerrois e

a 500 millimetri per anno. Questo è sicuramente benefico per la

Chardonnay. Quest’ultimo vitigno è utilizzato per la produzione

vite, tenuto conto che qui d’irrigazione c’è un bisogno relativo per

del Cremant d’Alsace che in realtà è un metodo classico autorizzato

la notevole abbondanza di acqua, di umidità, di fiumi e di piccoli

in altre regioni che non siano la champagne. Questo prodotto è

corsi locali tutti figli del fiume Reno. I vigneti sono esposti tutti ad

molto apprezzato in alternativa alle blasonate bollicine della vicina

est nella direzione in cui sorge il sole, la media annuale di insolazione

regione. La denominazione d’origine controllata è arrivata poi nel

è di 1724 ore garantendo un’illuminazione media di almeno

1975 dove sono stati riconosciuti i Cru e si è visto che l’Alsazia

5 ore al giorno. Le escursioni termiche tra il giorno e la notte e

ne possedeva a decine. I Grand Cru alsaziani per chiamarsi tali in

quelle tra l’estate e l’inverno contribuiscono a favorire nei grappoli

etichetta devono far parte di uno dei 51 territori classificati. Nel

l’elevata acidità che poi apprezziamo nel calice. Il denominatore

complesso quadro normativo regionale vengono utilizzate altre

comune dei vini bianchi alsaziani è quindi un’acidità in termini di

menzioni complementari come Vendages Tardives e Sélection

acido tartarico ma molto spesso malico, ecco perché uno stile che

de Grains Nobles per i vini da uve surmature. Una curiosità: Il

caratterizza i vini di questa regione è quello di lasciare un residuo

Gewurztraminer si scrive senza la dieresi a differenza del vicino

zuccherino per dosare la programmatica ed importante acidità. In

vitigno teutonico, quindi un’etichetta alsaziana la riconosciamo

Alsazia è generalizzata la coltivazione biologica e biodinamica con

subito se non ha i puntini sulla “u”. Mentre una nota di mistero

un’osservanza molto stretta degli enti certificatori come Ecocert

avvolge l’uso dell’appellazione Tokay Alsace Controleé, anche se in

per il biologico e Demetra per la biodinamica.

realtà il vitigno è il Pinot Gris. L’uso del nome Tokay è esclusivo

Ha la fortuna di possedere una grande varietà ampelografica a

dell’Ungheria e noi purtroppo abbiamo dovuto abbandonarlo

bacca bianca che corrisponde al 92% della produzione, il resto

nelle nostre etichette, mentre in Alsazia continuano ad utilizzarlo,

comprende in piccola parte vini rossi e qualche rosato. Possiamo

anche se non ha nulla a che vedere con l’omonimo vino ungherese.


A PROPOSITO DI COLMAR Colmar è un luogo fiabesco con i suoi scorci deliziosi, i negozi ornati da oggettini graziosi e dolciumi che evocano l’infanzia. Ti rapisce lo sguardo per le sue colorate costruzioni dai tetti aguzzi in ardesia che caratterizzano la cittadina, sembra di vivere in un acquarello. Nel cuore della cittadina scorre un piccolo fiume con tante imbarcazioni per i turisti, evoca un po’ la nostra Venezia. All’imbrunire si scorgono le cicogne appollaiate sui tetti e sembra di vivere in una fiaba. Gli abitanti ti accolgono con quel calore tipico di chi è orgoglioso della propria terra, hanno la gentilezza nel cuore e uno spirito di accoglienza ornato da una rara semplicità. Oltre Colmar, ci sono gli altri paesini che vale la pena visitare come Sélestat, Orschwiller e Riquewihr. Tutte le cittadine sono graziose e sembrano fatte apposta per l’enoturismo, piccoli centri di poche migliaia di abitanti che sembrano edificati in un’altra epoca, dai tratti romantici e situati alle pendici di colline importanti che spesso ospitano vigneti. Le travi a vista che disegnano le facciate degli edifici conservano la matrice tedesca nell’architettura. Paesini immacolati, ornati con tracce di mura medioevali, di castelli e di fiorellini colorati un po’ ovunque. Tutto è integrato, perfetto e sublime. Gli alsaziani giocano un po’ su questa doppia valenza della raffinatezza e l’accoglienza dei francesi con la loro civiltà legata alla borghesia e la precisione teutonica. La bellezza dei paesaggi, la qualità dei vini, l’accoglienza e l’ottima cucina sono buoni motivi per ritornarci. Avrei voluto visitare più cantine, più cittadine, non si è mai sazi di un luogo quando questo ti affascina ma i 4 giorni dedicati sono volati, mi aspettava Beaune in Borgogna, ma questo è un altro capitolo.

Merita una visita lo Chateau du Haut- Koenigsbourg, un castello situato sulla cima del monte Stophanberch a 755 metri di altezza nel comune di Orschwiller presso Sélestat e Saint-Hippolyte. L’attuale castello è il risultato di una minuziosa opera di recupero architettonico affidato all’architetto Bodo Ebhart un esperto di fortificazioni e studioso del medioevo. Fu incaricato dall’imperatore Guglielmo II di Hohenzollern per fare

del castello un museo del medioevo oltre che un simbolo della potenza dell’impero ed è a mio parere riuscito bene nel proposito. Dal 1871 l’Alsazia era infatti parte dell’Impero tedesco. I lavori durarono dal 1900 sino al 1908 mentre le rifiniture continuarono fino al 1918. Un anno dopo nel 1919 col trattato di Versailles i beni della corona tedesca passarono alla Francia che divenne così proprietaria di Haut-Kœnigsbourg.

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Le cantine visitate |D

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Albert Mann

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La piccola ma accogliente cantina fondata nel XVI secolo sorge a Wettolsheim paese situato a sud ovest di Colmar. La superficie vitata di 21 ha di proprietà comprende le sette tipologie di uve tipiche dell’Alsazia: Pinot Blanc, Auxerrois, Riesling, Pinot Gris, Gewurztraminer, Muscat e Pinot Noir vinificate in purezza ad eccezione del Pinot Blanc e l’Auxerrois che formano un blend. Tutti i vini della Domaine Albert Mann sono in armonia con la natura, ricordano l’uva con la quale sono stati prodotti, hanno una loro precisa identità e rispecchiano il loro terroir, per questo arrivano nel cuore delle persone che li degustano. La felicità, come un vino pregiato, deve essere assaporata sorso a sorso. Ludwig Feuerbach (1804 – 1872)

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Marcel Deiss

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Il metodo di coltivazione si ispira ai principi dell’agricoltura biodinamica Riesling, Gewurztraminer e blend di vitigni autoctoni, anno di fondazione 1946 ad oggi l’azienda è proprietaria di 27 ettari vitati con oltre 200 micro-appezzamenti, ognuno dotato di caratteristiche proprie che riguardano la composizione del suolo, il microclima, la topografia. Si è sapienti quando si beve bene: chi non sa bere, non sa nulla. Nicolas Boileau (1636-1711)

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Piccola

Engel

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Sélestat, mi avevano colpito il I suoli sono composti da gneiss, mica e quarzo. Cultura a conversione biologica, vendemmia rigorosamente manuale. Calorosa accoglienza e generosità nella degustazione. cantina scoperta per caso a

Orschwiller

a sud di

rilievo collinare prospicente ricamato da filari molto ben curati.

Gewurztraminer Vendanges Tardives 2011 Gewurztraminer 100 % vigne di 30/40 anni d’età. Il calice ha una veste giallo dorato luminoso, all’olfatto sprigiona profumi molto aromatici nelle note di frutta gialla matura, litchi e fiori. In bocca il sorso è morbido avvolgente e rotondo, perfetta corrispondenza gustolfattiva, finale fresco e persistente, il litchi predomina nella chiusura lunghissima impreziosito da richiami di frutta gialla. Riesling Grand Cru Praelatenberg 2011 Riesiling 100% vigne di 40 anni. Il calice ha una veste giallo dorato con riflessi verdolini sull’unghia preludio di una bella freschezza. All’assaggio erbe aromatiche, frutta a polpa bianca con sbuffi di liquerizia impreziositi da un sottofondo lievemente fumé. In bocca sorso pieno ben strutturato con una buona acidità. Nel complesso un vino molto equilibrato e persistente nelle note finali ed avvolgenti di minerali e frutta.

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Weinbach

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Il vino è una specie di riso interiore che per un istante rende bello il volto dei nostri pensieri. Henri de Régnier (1864-1936). Il Domain Weinbach di proprietà della Famiglia Faller si trova a Kaysersberg un borgo fortificato sul fiume Weiss a sud di Colmar, nome che tradotto significa il “Monte dell’Imperatore” caratterizzato dalle sue colline cucite da filari di vigneti. Vidi un cancello aperto ed un luogo bellissimo, un ex convento dei cappuccini della fine dell’ottocento di cui è rimasta la traccia nella sobria eleganza della struttura. Il suo nome Clos des Capucins proviene dal fatto che la maggior parte dei vigneti erano e sono a tutt’oggi protetti da un Clo che si snoda intorno a 5 ettari vitati circondato a sua volta da terrazzamenti sempre di proprietà della famiglia. Dal 1998 hanno iniziato la conversione alla biodinamica e le denominazioni dei terroir sono associate ai nomi di battesimo dei componenti della famiglia

Faller. Sono stata accolta con gentilezza in un’ambiente familiare e molto ben curato come in una sala da pranzo di un parente che ti ospita con affetto. Tante le foto di famiglia esposte e rose rosse ovunque, recise dopo aver terminato il ruolo di capofila ai filari. La loro cordialità è generosità si è svelata subito con il susseguirsi delle bottiglie offerte per la degustazione.

Un

la raffinatezza.

che si sono caratterizzati per un’eleganza sorprendente, l’approccio

Vini

tripudio di profumi e sapori, il fil rouge è stato la complessità e

tridimensionale alla degustazione qui è concetto chiaramente espresso, tutti i sensi erano coinvolti; dalla vista che si inebria della bellezza del paesaggio, all’olfatto mai sazio di una moltitudine di profumi, al gusto eccelso al primo sorso di ogni nettare offerto.

Ho avuto Theo uno dei titolari del Domain che ha guidato la degustazione in italiano. Terminata questa bell’esperienza ho conosciuto Madame Chaterine Faller che con il piacere di conoscere

squisita gentilezza ed affabilità mi ha fatto visitare la loro proprietà

Riesling Grand Cru ‘Schlossberg Cuvée Sainte Catherine - L’Inedit’ Domaine Weinbach 2017 Un capolavoro di resling, nasce da vecchie viti del Gran Cru Schlossberg a 400 mt di altitudine caratterizzato da un terreno molto minerale. La vendemmia tardiva favorisce in parte lo sviluppo muffa nobile. La veste del calice mi colpisce, giallo dorato luminoso, al naso vengo rapita da un crescendo di profumi che si aprono dapprima con un vortice di agrumi arricchiti da sentori floreali, poi si susseguono in crescendo frutti maturi a polpa gialla con evocazioni tropicali, sbuffi sottesi di pietra focaia, iodio e richiami di erbe balsamiche. All’assaggio la morbidezza e la pienezza di bocca mi sorprendono, complesso ed elegante chiude con una lunga scia di note di frutta dolce a polpa bianca, mineralità e freschezza infinita. Un’opera d’arte. Gewurztraminer Domaine Weinbach 2017 Veste luminosa giallo paglierino carico con riflessi dorati, brillante. Profumo intenso ed inebriante, aromatico ed avvolgente, si apre sulle note di zenzero, litchi e pesca bianca e sbuffi floreali di gelsomino. Al palato caldo e concentrato, animato da vivida freschezza, con richiami agrumati avvolti da una lunga scia di mineralità. Vino eccellente e bilanciato nella perfetta assonanza gusto olfattiva.

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NEWS In questo spazio diamo voce ad alcune notizie pervenute in redazione.

INTESA TRA GOVERNO E REGIONI PER DECRETO ENOTURISMO “Intesa trovata tra Governo e Regioni relativamente al Decreto sull’Enoturismo. Unione Italiana Vini si è spesa molto in questi anni affinché fossero definiti dei principi e trovate delle linee guida condivise per le attività enoturistiche a livello nazionale. Riteniamo, pertanto, molto significativo che le istituzioni abbiano riconosciuto la bontà e la valenza delle proposte provenienti da UIV e dal Movimento Turismo del Vino. Siamo certi che, attraverso questa nuova opportunità, l’intero comparto trarrà grandi benefici soprattutto in termini di valorizzazione dei territori. Ringraziamo sentitamente il Ministro Gian Marco Centinaio per aver sostenuto dall’inizio questo progetto, auspicando che firmi al più presto il Decreto, così da renderlo quanto prima operativo”. Con queste parole Ernesto Abbona, presidente di Unione Italiana Vini, ha espresso la propria soddisfazione dopo l’approvazione del Decreto relativo alle “Linee guida e gli indirizzi in merito ai requisiti e agli standard minimi di qualità per l’esercizio dell’attività enoturistica” da parte della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Nel testo del provvedimento, infatti, sono state accolte le istanze e le proposte portate avanti in sede istituzionale da UIV e dal Movimento Turismo del Vino. “Con questo provvedimento – aggiunge Nicola D’Auria, presidente nazionale Movimento Turismo del Vino – vengono completate le prime disposizioni in materia già introdotte con la Legge di Bilancio del 2018, ma rimaste ancora inapplicate in assenza dello specifico Decreto. Ora, viene data finalmente una puntuale definizione di ‘Enoturismo’, vengono completate alcune semplificazioni fiscali per le aziende agricole e vengono definiti anche degli standard minimi di qualità dei servizi offerti. Inoltre, il settore viene dotato di un quadro normativo completo e armonizzato a livello nazionale. Quest’ultimo fattore, in particolare, potrà certamente incoraggiare le imprese e le associazioni di categoria a trovare e implementare una strategia organica comune delle attività enoturistiche, con la possibilità di promuovere in futuro anche un logo unico a livello italiano”. 78


IL CONSUNTIVO 2018 DELL’ITALIAN WINE & FOOD INSTITUTE New York, marzo 2019 - I dati rilasciati dal Department of Commerce (dopo la sosta conseguente al blocco delle attività amministrative USA), confermano che il 2018 si è concluso, come era stato già anticipato nelle prospezioni effettuate dall’Italian Wine & Food Institute, senza particolari sostanziali variazioni rispetto all’anno precedente. Secondo Lucio Caputo, presidente dell’Istituto, le esportazioni vinicole italiane verso gli USA nel 2018 hanno fatto registrare un incremento del 3,4% in valore (per lo più dovuto ad un generalizzato aumento dei prezzi) e una contrazione del 2,4% in quantità. Su tale non positivo andamento del mercato non sembra aver in qualche modo influito la campagna promozionale in favore dei vini italiani condotta negli USA, con fondi pubblici di notevole consistenza. Nel rendere noti i dati, Caputo ha sottolineato come, allo stallo delle esportazioni vinicole italiane abbia fatto riscontro l’aumento di quelle francesi che hanno fatto registrare un ben più consistente incremento del 7% in quantità e del 15,8% in valore. La Francia, saldamente installata al secondo posto in valore e al terzo in quantità, fra i paesi esportatori verso il mercato USA, tallona sempre più da vicino l’Italia in valore, nonostante esporti meno della metà dell’Italia in quantità, data la notevole immagine dei propri vini. Complessivamente, nel 2018, le importazioni statunitensi sono ammontate, secondo quanto reso noto dall’Italian Wine & Food Institute, a 8.645.170 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 4.356.290.000, contro i 9.423.690 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 4.215.662.000, del 2017 con una riduzione dell’8,3% in quantità e un incremento del 3,3% in valore. Le esportazioni dall’Italia, che - ha sottolineato Caputo - rimane anche nel 2018 il primo paese fornitore del mercato statunitense sia

in valore che in quantità, sono ammontate a 2.486.730 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 1.397.521.000, contro i 2.547.270 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 1.351.114.000, del 2017. L’Italia detiene attualmente il 28,7% del mercato di importazione in quantità ed il 32%di quello in valore. La Francia, a sua volta, ha esportato 1.288.310 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 1.239.685.000, contro 1.204.140 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 1.070.202.000, del 2017. Nel corso del 2018 è continuato il trend espansionistico dei vini Rosé che ha costituito l’elemento di novità dell’anno. I quattro principali paesi esportatori verso il mercato USA (Italia, Francia, Australia e Cile) hanno fatto tutti registrare notevoli incrementi nelle esportazioni di vini Rosé, complessivamente passati da 394.790 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 236.842.000, del 2017 a 496.410 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 325.530.000, del 2018 con un aumento del 25,7% in quantità e del 37,4% in valore. Al contempo gli stessi paesi hanno fatto tutti registrare delle contrazioni nelle esportazioni dei vini bianchi e di quelli rossi come emerge dalla tabella allegata.

XYLELLA, CONFAGRICOLTURA: DA ISMEA PRIMO IMPORTANTE SEGNALE PER L’OLIVICOLTURA PUGLIESE “Un primo importante risultato che viene incontro alle nostre richieste”. Così Confagricoltura commenta la comunicazione di ISMEA con la quale si impegna a sostenere le imprese del comparto olivicolo pugliese afflitte dalla Xylella e dalla gelata del 2018. Consapevole della grave crisi che sta investendo il comparto regionale l’Istituto ha annunciato la presentazione al prossimo consiglio di amministrazione di una proposta di revisione delle attuali procedure di rinvio rate dei mutui per le aziende colpite, perché ciò possa contribuire alla ripresa del settore.

Da sottolineare anche che il 73,8% del totale delle esportazioni vinicole in quantità è fornito da quattro paesi (nell’ordine: Italia, Francia, Australia e Cile, paesi che superano tutti il milione di ettolitri) ed il 77,7% del totale delle esportazioni vinicole in valore da altri quattro paesi (nell’ordine: Italia, Francia, N. Zelanda e Australia). Quattro paesi monopolizzano quindi il mercato vinicolo statunitense, lasciando poco spazio a tutti gli altri paesi produttori di vino. Da sottolineare infine, sempre secondo la nota dall’Italian Wine & Food Institute, il continuo incremento, anche se a tassi molto più contenuti di quelli degli anni passati, delle esportazioni di spumanti italiani che, trainate dal Prosecco, nel 2018 sono ammontate a 770.760 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 443.927.000, contro i 695.040 ettolitri, per un valore di Dollari Usa 381.595.000, del 2017 con un incremento del 10,9% in quantità e del 16,3% in valore, contro il 30,8% in quantità ed il 36,4% in valore fatti registrare nel 2016. 79


i r o t t u d o r p i n o c A tavola C

i n z i a

Siamo

B

o n f Ă

entrati nelle cucine di alcuni produttori di vino

chiedendo loro di raccontarci una propria ricetta alla quale sono particolarmente legati.

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Il Produttore Monterò è il luogo dove si coltivano la terra e l’anima, dove la viticoltura diventa arte e ricerca spirituale. L’azienda, situata a Colle Lupo Magliano, in provincia di Grosseto, nel cuore della zona di produzione del Morellino di Scansano, prende vita nel 2009 grazie a Milena Cacurri e a suo marito, animati da passione verso il vino, dall’amore per la terra e per il magico ciclo della natura. Milena è una donna dinamica, solare e multitasking o meglio “multitasqueen”, se ci si permette un calembour; segue con assidua dedizione ogni fase aziendale, sostenendo anche un’agricoltura biologica unita a metodi di ispirazione biodinamica. Ci dà una ricetta veloce ma ricercata che lei stessa prepara quando il tempo scarseggia e la vite chiama a nuovi lavori: spaghettoni aglio, olio, peperoncino e menta. La menta è quella che cresce spontanea tra le vigne di Monterò mentre gli spaghettoni sono fatti con la farina di grano duro varietà Senatore Cappelli che rende il piatto molto più cremoso di altre farine. Il Senatore Cappelli è un tipo di grano antichissimo della Puglia e della Basilicata, macinato a pietra, coltivato oggi anche in Toscana. Raggiunge altezze maggiori rispetto agli altri grani e per questo motivo non sono utilizzati fertilizzanti chimici per favorirne la crescita.

SPAGHETTONI AGLIO, OLIO, PEPERONCINO E MENTA Ingredienti per 4 persone 400 gr spaghettoni con farina di grano duro varietà Senatore Cappelli 40 gr olio EVO maremmano 1 peperoncino fresco 2 spicchi di aglio nero di Voghera 30 gr pecorino romano grattugiato 6 foglie di menta selvatica 50 gr pecorino toscano riserva 20 gr di latte sale q.b. Preparazione 1. Tritare uno spicchio di aglio nero e soffriggerlo con l’extravergine di oliva e il peperoncino anch’esso tritato. 2. Preparare la crema di aglio nero con l’altro spicchio, il latte e poca acqua, far bollire tutto insieme e frullare fino ad ottenere un risultato omogeneo. 3. Cuocere la pasta al dente e mantecarla in padella con il soffritto. 4. Fuori dal fuoco unire il pecorino romano grattugiato e la menta tritata. 5. Impiattare mettendo come base la crema di aglio nero e sopra un nido di pasta. 6. Spolverare con del pecorino toscano riserva e guarnire con peperoncino intero.

l’abbinamento Il piatto proposto è di sicuro un piatto semplice anche se ricco di elementi, come la cremosità e la grassezza dovute alla varietà di farina e alle due tipologie di formaggio, ma anche di ottima spinta aromatica data dalla menta di campo, per cui Milena ha abbinato il suo Morellino di Scansano More 2017, un rosso fresco e profumatissimo dal sicuro potenziale evolutivo. Il More è molto più di un buon Morellino, oltre ad evocare un qualcosa che è difficile superare, ha endogeno la stessa vibrazione del gong disegnato in etichetta che attiva l’anima e mette i sensi in agguato. Di bel manto rubino splendente sfumato ai bordi. Naso accattivante dove si alternano insistenti note di piccoli frutti rossi e di ciliegie a sensazioni di macchia mediterranea, humus e spezie dolci. Assaggio pieno e appagante, al contempo vigoroso e caldo, stimolato da vibrante freschezza con tannini cesellati. Chiude profondo nella persistenza. Matura 6 mesi in cemento vetrificato.

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Il NuovoEvo M

a u r i z i o

S

a g g i o n

Nessun prodotto come l’Evo ha viaggiato nello spazio e nel tempo tanto a lungo prima di trovare una seconda vita o, se vogliamo, una nuova via. Un approdo ignoto su nuove sponde organolettiche che mai l’umanità aveva esplorato e conosciuto prima, tutto ciò grazie a nuovi mezzi di trasporto tecnologici che hanno permesso all’olivo, alle olive e all’olio di compiere questa traversata e trovare una nuova esistenza guidata da comandanti coraggiosi in grado di vedere l’orizzonte del cambiamento. Di questo viaggio le caratteristiche nutraceutiche sono state la scoperta pacifica e rivoluzionaria, il tesoro emerso a seguito del raggiungimento del nuovo mondo del gusto, che ha avviato di fatto l’epoca del NuovoEvo.

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Questa conquista del gusto culturale si è sviluppata all’interno di una transizione irrinunciabile che ha traghettato la tradizione nell’innovazione. Un passaggio che si è configurato come dialogo aperto tra saperi moderni e saggezze antiche, entrambe saldatesi nel comune sforzo di fare presente, dove la densità dei processi d’innovazione e le grandi passioni umane, hanno reso ogni produttore moderno un protagonista della trasformazione. Quindi l’innovazione che genera la qualità, si trova nelle caratteristiche dell’intero processo aziendale, dal campo alla bottiglia. Per questo la tradizione non può più essere esclusa dal focus produttivo moderno,


La storia di un prodotto diventato Valore

a patto che questa contribuisca a valorizzare le conoscenze della modernità, integrando così i nuovi saperi con forme di dinamica saggezza. L’evoluzione delle tecniche di frantoio ha richiesto la rivisitazione delle tecniche colturali che a loro volta hanno condizionato ogni passaggio tecnologico delle fasi estrattive, realizzando una logica circolare di sviluppo. Ciò ha imposto alle aziende di adottare modalità lavorative di natura ecosistemica in grado di produrre impatti positivi sul territorio fisico, sull’ambiente umano attraverso nuove competenze e consapevolezze della forza lavoro e conseguentemente nei consumatori. Proprio l’evoluzione qualitativa delle produzioni, sta richiedendo una maggiore attenzione delle persone nei confronti delle eccellenze italiane, condizione in grado di generare un effetto leva e spostare il peso dell’attenzione dei consumatori dal binomio “prezzo-acquisto”, indice di riferimento di tipo quantitativo, verso il riferimento “costo-valore” indice di natura qualitativa. Questo passaggio consente alle persone di costruire la propria consapevolezza, azione centrale nelle dinamiche di acquisto evoluto. Infatti se la presenza di una bottiglia d’olio sulla nostra tavola al fine alimentare è un atto agricolo, la scelta di consumare Evo italiano di qualità è un atto politico, che da privato diviene pubblico se questo comportamento è condiviso con la nostra rete relazionale. Una rete sempre più ampia di esperti, appassionati, professionisti e semplici consumatori che cresce di anno in anno, tanto da far ritenere ad alcuni che l’Evo possa rischiare di essere un fenomeno di moda. Non si può certo negare che il nuovo piacere per l’olio, possa essere considerato da alcuni una pratica effimera alla pari delle tante espressioni che pervadono la nostra società. Un atto che rientra nella continua ricerca di gesti di visibilità e godimento transitorio da abbondonare velocemente, quando l’attrazione spinge verso altri giocattoli emozionali.

Il Pensiero: La mia opinione è che la grande attenzione attuale per l’olio extravergine di qualità, testimoni la presenza di bisogni e fabbisogni inespressi dovuti alla scarsa offerta sociale e culturale del nostro tempo. La natura emozionale dell’olio non è solo l’effetto di un prodotto di qualità, è soprattutto la causa rivoluzionaria ed irreversibile generata dall’incontro con le sue virtù, che rimettere in discussione la vita di chi lo accoglie con passione. Nell’Evo la differenza è dentro il percorso degustativo ed è lì che si delinea una netta differenza tra moda e necessità di cambiamento. Se la prima è interessata prevalentemente all’oggetto di consumo (quantità), il secondo è attento al soggetto dell’esperienza (qualità). La caratteristica di attore non protagonista, che contraddistingue la funzione dell’Evo rispetto al quello del vino, se si eccettua il momento della preparazione di un piatto, pone l’olio al riparo dall’utilizzo strumentale. Degustare vino è diverso dal cercare l’alcol come degustare l’olio è diverso dal condire l’insalata. Dunque ritengo che il presunto fenomeno “modaiolo”, si possa attribuire, nella maggior parte dei casi, ad una esigenza di ricerca di nuovi comportamenti alimentari e non solo. Non credo si debba temere questa forma di attenzione all’olio, semmai incoraggiarla attraverso forti iniziative educative e formative a sostegno delle scelte del consumatore che lo accompagnino ad una maggiore consapevolezza e responsabilità verso il prodotto ed al lavoro dei produttori di eccellenze. Siamo in tanti a voler essere parte attiva di questa nuova storia ed a sentirci dentro il tempo del NuovoEvo. Siamo grati a coloro che ci hanno insegnato l’amore e la passione per questo prezioso prodotto, speriamo di essere capaci tutti insieme di percorrere nuove strade che consentano a questo Valore di essere sempre più un patrimonio collettivo, protetto e curato con la passione e l’intelligenza delle azioni. Siamo i narratori di un incanto, le emozioni accompagneranno le nostre parole, saremo testimoni dell’amore per la terra, per l’olivo, le olive e l’olio di sapienti maestri ed abili produttori che riconosceremo attraverso i loro frutti.

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Da Leggere P

i e t r o

Sono

M

e r c o g l i a n o

i nostri consigli di lettura.

NovitĂ ,

nuove edizioni, dizionari, testi

legislativi, romanzi, saggi, pubblicazioni tecniche: letture intorno al vino.

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Da Leggere MAI PIÙ A DIETA Salute e longevità con la medicina di precisione

BUR Biblioteca Univ. Rizzoli Editore Pagine 260 Euro 15

IL RACCOLTO DEI RACCONTI Storie di olivi, olive e olio extravergine d’Italia Cinquesensi Editore Pagine 414 Euro 24 Nella prima metà del XVII secolo, usciva a stampa la celebre raccolta di fiabe di Giambattista Basile: una delle piú importanti opere di trasposizione culturale di materiale popolare. Tale raccolta ha due titoli. E, se l’uno – “Pentamerone” – è un esplicito omaggio al “Decameron” di Boccaccio, l’altro – “Lo cunto de li cunti” – reca addirittura un riferimento biblico. Ma, mentre nel caso del Libro poetico attribuito a Salomone “Cantico dei Cantici” significa ‘il cantico piú bello di tutti’, qui “Racconto dei Racconti” significa piuttosto ‘il racconto che comprende tutti gli altri racconti’; la trama presenta infatti la storia-cornice di dieci novellatrici, che in cinque giornate raccontano le fiabe. Il libro è nel suo insieme un racconto che raccoglie in sé dei racconti. Un raccolto di racconti, insomma. Appunto. Questo marzo è uscito per Cinquesensi Editore “Il raccolto dei racconti. Storie di olivi, olive e olio extravergine d’Italia” di Maurizio Saggion e Nicola Di Noia. Da un lato questo libro è un racconto di raccolti, come scherzosamente notava Nicola Prudente alla presentazione durante la Giornata della Cultura dell’Olio: perché narra storie di campagne. Ma dall’altro è dav-

La dottoressa Sara Farnetti è una vera e propria celebrità. Si tratta di una di quelle rare personalità del Mondo scientifico in grado di coniugare il rigore della professionalità alla chiarezza dell’espressione. I pazienti hanno bisogno di questo: un dottore che non semplicemente prescrive un regime alimentare, ma è in grado di accompagnare l’interlocutore a comprendere ciò che sta accadendo nel suo corpo e come il cibo vi influisce. E anche il pubblico ha bisogno di questo: motivo per cui Sara Farnetti interviene spesso – oltre che in congressi specialistici – in trasmissioni televisive e radiofoniche, e in convegni piú divulgativi com’è stato nel caso della Giornata per la Cultura dell’Olio. Ha inoltre al suo attivo un libro uscito sette anni fa per Rizzoli: “Tutto quello che sai sul cibo è falso”. E ora un secondo, sempre per Rizzoli: “Mai più a dieta. Salute e longevità con la medicina di precisione”, novembre 2018. Questo nuovo libro è organizzato in capitoli che affrontano ognuno una questione o un dubbio, che potrebb’essere tranquillamente il motivo per cui ci si potrebbe recare personalmente nello studio della dottoressa Farnetti. La Dottoressa sorride, ascolta: e poi inizia a parlare col suo tono competente e rassicurante. La veste tipografica è accattivante ed agile: caratteri e colori s’intervallano, schemi descrittivi s’alternano a veri e proprî disegni. L’impressione grafica generale è quella di un libro per bambini: a mostrare come l’alimentazione

sana sia una cosa semplice, divertente anche. Il contenuto è quello che chi conosca Sara Farnetti può aspettarsi. Nulla a che vedere con le dietine dimagranti, nulla a che vedere con beceri protocolli alimentari imposti meccanicamente in risposta a problemi virtuali e tutti uguali: ogni alimento è considerato in associazione agli altri, ogni condizione fisica è considerata in associazione alle altre, ogni stile di vita è considerato in associazione agli altri; i diversi elementi trattati sono letti come funzioni piú che come cose. Attraverso la semplicità dei disegni e la chiarezza dello stile di Sara Farnetti, la dinamicità della vita stessa fa la sua comparsa in questo libro: nessuna norma alimentare può esser data per assolutamente buona nella sua rigidità ingessata che la vita e la fisiologia non contemplano, ma è considerata in rapporto a tutti gli altri elementi.

vero un raccolto di racconti, come dichiara il suo titolo: in virtú della sua struttura. Con grande umiltà e grande intelligenza, infatti, gli autori fanno quasi da parte la propria voce per lasciar esprimere quella dei produttori. Leggendo, l’illusione è quasi perfetta (come spesso accade delle illusioni che scaturiscano da realtà indissimulata): i volti dei produttori che guardano in camera nelle fotografie che affiancano ciascuna una storia danno davvero l’impressione che si stia parlando con loro, mentre accompagnano il lettore nel loro terreno e nel loro frantoio.

Brevi passaggi, ben evidenziati tipograficamente con l’uso del corsivo, integrano i racconti dei produttori con piccole descrizioni e ragguagli: e informano il lettore delle circostanze storiche ed ambientali che circondano la sua conversazione con il produttore stesso. Poi, è solo la voce delle singole storie a parlare; ognuno ha il suo stile: chi dedica piú tempo a parlare di come l’attività fu avviata, chi enuncia considerazioni di fondo sulla cultura e sull’economia dell’Olio, chi narra storie di famiglia. Ognuno col suo volto, i suoi raccolti, il suo racconto. 85


Cruc i BENDA

P

a s q u a l e

P

e t r u l l o

in arte Petrus 3 LETTERE CUI NOE QUO REL RIF TEO UIL

KEBAB PICCA RIVER RODEI SOMMO STARR TAIGA TRIBU’

4 LETTERE BOCA BRUT MAOZ OLIO

6 LETTERE MERLOT

5 LETTERE CAROL 86

7 LETTERE ADRIANA BARBERA CATERVA ELEVATA

EVERTON LIRICHE LOURDES NOVELLO ORVIETO REFOSCO SCROSCI SPIRITI 8 LETTERE AGITARSI ALEATICO BLOCCATO BORGOGNA CABERNET COMPORRE

9 LETTERE ADORATORI DIFFERITA FRIZZANTE VERNACCIA 10 LETTERE COCOCCIOLA LUSSURIOSO MARTINOTTI MOSCATELLO SAMARCANDA 11 LETTERE GRECO DI TUFO


Cruc i BENDA Prosegue la serie dei giochi di Bibenda tutti ispirati al mondo del vino scaturiti dalla penna del nostro enigmista preferito. Crucintarsio. Partendo dalle parole stampate, inserire i vocaboli elencati.

Š Petrus

B U O N A P A S Q U A

Soluzione

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Consigli di scrittura a cura di

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P

i e t r o

M

e r c o g l i a n o


Consigli di scrittura

Piccoli

consigli, suggerimenti, percorsi suggeriti per sfuggire alle banalità e a

qualche errore dovuto alla fretta e alla superficialità dei nostri tempi.

LA LINGUA DEL DOLCE ‘SÍ’ E LA PERFIDA ALBIONE, OVVERO LA STORIA DEGLI ECCESSI

Vi fu un tempo, non molti anni or sono, in cui la Lingua inglese (l’Idioma della Perfida Albione come la chiamavano) sembrava un’incarnazione del Male. Nel furore dell’autarchia fascista, la vulcanica mente di D’Annunzio e quelle di meno celebri funzionarî dovettero impegnare tempo e ingegno per inventare artificiose sostituzioni a termini anglosassoni che si usavano da anni ma d’improvviso non pareva piú opportuno adoperare; il fenomeno investí anche il nostro campo del cibo e della bevanda, per il quale – com’è notissimo – D’Annunzio coniò “tramezzino” per il bandito ‘sandwich’ e “arzente” per l’esecrato ‘brandy’. Ma, si sa, i fenomeni linguistici non si possono controllare troppo a lungo dall’alto: e infatti, rimossi i folli obblighi di legge, i termini inglesi rientrarono nell’uso (dal quale in realtà non erano mai effettivamente usciti). E anzi: il ruolo che gli Stati Uniti ebbero nella fine di quella guerra e negli anni successivi ne fece conoscere di nuovi, che ormai sono a pieno diritto parole a disposizione di qualsiasi parlante italiano. Il rischio, però, nel quale spesso s’incorre è quello di cadere nell’eccesso opposto: il grande prestigio del quale si è soliti ammantare la percezione della Lingua statunitense e l’uso internazionale che se ne fa causano sovente un’ingerenza di quella Lingua nella nostra, specie in certi campi professionali e tecnici. Il pericolo davvero grave, però, non è tanto a livello semantico. Vero è che non si può non notare un certo svilimento della percezione dell’iperonimo “spumante”, tanto che sembra inopportuno ad alcuni impiegarlo per descrivere genericamente Champagne

e Franciacorta (che invece sono spumanti a tutti gli effetti); e altrettanto è vero che c’è chi preferisce quindi estendere al ruolo di iperonimo l’inglese “sparkling wine” (che avrebbe piú senso limitare semmai all’identificazione di prodotti britannici): quasi l’espressione inglese avesse una dignità che l’italiana non potesse vantare. Ma questo, se pure può in certi casi sonare grottesco, non è certo dannoso. Il pericolo – si diceva – è a livello sintattico piú che semantico: è sul piano, cioè, della struttura della frase piú che su quello delle singole parole. Un esempio: in Italiano è sempre esistita la forma progressiva stare+gerundio (‘sto andando’, ‘sto facendo’ e simili), ma l’influenza del presente progressivo inglese ne sta espandendo l’uso ben al di là di quel che sarebbe corretto. Un altro esempio: in Italiano s’è sempre avuta un’espressione come ‘sabato prossimo’ o ‘sabato scorso’ ma a fronte di sintagmi simili si deve dire ‘la settimana prossima’ e ‘la settimana scorsa’ con l’articolo, mentre l’influenza dei corrispettivi inglesi è sicuramente fra le cause della diffusione dell’errato ‘settimana scorsa’ e simili. Questo genere di espressioni è dannoso per la ricchezza della Lingua: se infatti importare termini da altri Idiomi può essere un arricchimento (qualora il termine corrispondente non esista già nel proprio), livellare certe strutture della frase su analoghe strutture straniere non fa che minare la consapevolezza linguistica e menomare la potenzialità espressiva del parlante (o scrivente che sia). Specie in un campo come il nostro, in cui siamo chiamati a raccontare a parole storie di luoghi e uomini ed esperienze dei sensi, è invece importante avere a disposizione uno strumento che sia il piú efficace ed efficiente possibile: una Lingua ricca e consapevole della propria ricchezza.

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Informazioni da Fondazione

Questa

rubrica riassume tutte le novità, gli eventi,

le attività, le notizie, i momenti che hanno vista impegnata la Fondazione Italiana Sommelier in lungo e in largo nel

Paese.

A DUBAI In un’atmosfera da Mille e Una Notte, l’esperienza vissuta dalla Fondazione Italiana Sommelier in uno dei Ristoranti migliori degli Emirati Arabi. Ristorante e Chef italiani, naturalmente. di Carlo Attisano (Vice Presidente Fondazione Italiana Sommelier) Il ristorante stellato tra i più in vista di Dubai, in una cornice da Mille e una Notte: siamo da Roberto’s, a Dubai, una delle location più importanti degli Emirati per assaporare l’Alta Cucina: neanche a dirlo, siamo in un ristorante italiano! È il tempio dello Chef Enrico Bartolini, l’unico al mondo ad aver ottenuto nel 2017 4 stelle Michelin per 3 ristoranti. Un orgoglio per la Cucina italiana nel Mondo, che ha voluto fortemente la presenza della Fondazione Italiana Sommelier per una serata magica all’insegna della cultura, della conoscenza e dell’innovazione. E noi siamo andati. Francamente non sapevo cosa aspettarmi in un ambito dove la cultura locale spesso vede il vino 90

con diffidenza o noncuranza, ma l’approccio culturale ed il percorso legato all’esperienza dell’abbinamento hanno generato nei selezionatissimi ospiti della serata, una stupenda quanto inaspettata empatia con il vino, che francamente mi ha dato una forte emozione. Dubai è la capitale del lusso e dello sfarzo e spesso gli eccessi di questa città comunque fantastica, sono lontani da quelli che sono i principi legati alla cultura del mangiare e bere come emozione pura. Difficilmente potrò dimenticare gli occhi sbalorditi e quasi fanciulleschi di personalità molto influenti, sia dal punto di vista imprenditoriale che politico, che hanno visto come dischiudersi un nuovo inesplorato mondo: quello della Cultura a Tavola e dell’Abbinamento del vino al cibo. Nulla c’è di più bello che vedersi regalare il sorriso da un ospite che ha appena vissuto una serata che dimenticherà difficilmente. La sorpresa più grande è stata la modalità con cui abbiamo voluto presentare il vino per l’assaggio:


non una bottiglia, ma per la prima volta gli “wine tubes”. L’azienda umbra Castello Monte Vibiano, un’eccellenza italiana conosciuta per essere stata la prima al Mondo a ricevere la certificazione Zero Emissioni CO2 in tutta l’area di produzione dei suoi pregiati olii extravergine d’oliva e dei suoi eleganti vini, è stata scelta questa volta come compagna di viaggio, dandoci la possibilità di far degustare il vino degli elegantissimi tubi di vetro contenenti il “l’italico nettare”.

della nostra tavola e di uno dei nostri principi: solo la conoscenza consente di apprezzare meglio il vino e il cibo. Sentirsi dire in maniera molto diretta “Sento che questa serata cambierà molto della mia vita quotidiana…” è stato francamente il momento che più mi porto dentro dal punto di vista emozionale. Perché a me la vita, tanti fa, è cambiata veramente…

Un nuovo elegante modo di presentare il vino, per la felicità di quanti amano bere “al bicchiere” e che durante una cena vogliono provare un’esperienza unica abbinando ad ogni portata un vino diverso, senza necessariamente doverne ordinare una bottiglia: 100 ml è il contenuto del tubo a vino, ogni tubo corrisponde a un bicchiere e, soprattutto, viene aperto davanti all’ospite.

Un altro passo importante per il vino italiano in un mondo a tratti ancora non semplice. Un altro passo importante per la Fondazione Italiana Sommelier, la cui presenza è stata fortemente voluta in un contesto tanto prestigioso, come autorità riconosciuta a livello mondiale e preposta a raccontare e far conoscere il vino italiano: lo abbiamo fatto attraverso il nostro approccio culturale, mediato da un nuovo concept nel servire il vino.

Far conoscere le emozioni dello stare a tavola, attraverso quei criteri di abbinamento che da anni insegniamo ogni giorno a chi ha deciso di avvicinarsi al vino, rappresenta ogni volta una vittoria, una vittoria

Non poteva che essere Dubai, con la sua modernità estrema, a raccogliere per prima questa idea rivoluzionaria. La Fondazione ha sempre la valigia pronta! 91


Informazioni da Fondazione

A TOR VERGATA DEGUSTAZIONE LE POTAZZINE di Arianna Brocchetti Lo scorso 21 marzo nella nostra sede di Tor Vergata si è svolta la degustazione con l’azienda Le Potazzine, perla della realtà enologica ilcinese, con la preziosa presenza di Gigliola Giannetti, anima pulsante e solare della cantina, oggi coadiuvata nella gestione aziendale dalle figlie Viola e Sofia, che in questi anni hanno sempre sostenuto la mamma in tutte le sue scelte. Le Potazzine, fondata nel 1993, prende il suo nome dal nomignolo affettuoso con cui la nonna appellava le nipoti e che nel dialetto ilcinese significa “le cinciallegre” e si estende su 5 ettari con vigneti tutti iscritti a Brunello. Eleganza ed accoglienza sono i tratti distintivi di queste tre donne straordinarie, caratteri che ritroviamo nei loro vini, che sfoggiano grande

La degustazione | L

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PARUS 2016 Annata omogenea, delicata, elegante, floreale. Impatto olfattivo di rosa canina, a cui si accompagnano striature boschive, vegetali, tocchi di piccoli frutti rossi di bosco, una lieve sensazione di terra battuta, argilla, grande piacevolezza e pulizia olfattiva. L’assaggio è caratterizzato da una sferzata di vibrante freschezza, che ricorda l’arancia sanguinella e che conferisce al sorso una nota di piacevolezza, completata da tannino di grandissima setosità e da una chiusura sapida, quasi salina, minerale. Un vino elegante, dalla vista al sorso, con un finale floreale di rosa che mantiene freschezza e che ci invita a riassaggiarlo.

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luminosità e trasparenza, oltre a una capacità di sintetizzare le annate piccole, ampliandone il patrimonio di leggiadria e l’armonia gustativa. La filosofia produttiva è di stampo tradizionale, con fermentazioni naturali, raccolta manuale, grande selezione in vigna e sui grappoli, soffice pigiadiraspatura, nessun tipo di modernità e tecnologia in cantina, rimontaggi in tini aperti, in cui le uve sostano per 25/30 giorni, e affinamento in botti da 30/50 hl di rovere di Slavonia, di un anno per il Rosso e di 40 mesi per il Brunello. La vendemmia non avviene mai prima del 24/25 settembre al fine di ottenere maturità fenolica e, di conseguenza, la dolcezza nei vini giovani e la complessità nei vini più importanti. I vini chiudono dolci nel tratto, nella setosità, nel garbo, eleganti nel tannino, senza lasciare scie amare né verdi, grazie alla maturità fenolica.

Potazzine

ROSSO DI MONTALCINO 2016 Annata di sintesi. Naso bellissimo, elegante, più chiaro con maggiore polpa, ampiezza e larghezza aromatica del 2017. Ci riporta con un po’ più di larghezza a quei tratti gentili ed eleganti che avevamo percepito nel Parus, con un respiro più largo: evoca note floreali, frutti rossi, fiori di campo, rosa canina e legno di rosa, leggeri soffi balsamici che qui si esprimono come accenni di menta ed erbe aromatiche. In bocca ritorna la vibrante freschezza percepita nel Parus 2016, come se fosse sostanziata di un po’ più di spessore, così da dare al vino maggiore pienezza, rotondità, con un finale perfetto, pulito e un tannino didattico, levigato, rotondo, elegante, che dona sostanza ed equilibrio al sorso.

ROSSO DI MONTALCINO 2017 Annata difficile, leggermente più concentrata delle altre annate, calda, con scarse piogge. Bouquet aromatico giocato su sensazioni scure, prugna matura, note terragne, tocchi di argilla, grafite, tabacco, arbusti e bacche di ginepro. Al gusto emerge maggiore concentrazione che si risolve anche in un tannino più presente, una morsa esuberante che si scioglie in un finale delicato in cui ritornano gli aspetti balsamici. Un vino più impegnativo e più importante, che va atteso un po’ di più. I due rossi sono espressioni di due annate profondamente diverse tra loro. Il vantaggio di avere vigneti interamente iscritti a Brunello fa sì che i Rossi diventino perfetti anticipatori di quel che sarà il Brunello di quell’annata.


BRUNELLO DI MONTALCINO 2014 Annata molto difficile, non opulenta, ma caratterizzata dalla piacevolezza di beva. Il colore, già ampiamente virato verso il granato, denuncia l’evoluzione precoce di un vino ancora giovane. Profumo coinvolgente, più evoluto di quanto ci si aspetterebbe in un Brunello giovane, ricorda la cipria, la ceralacca, i frutti in gelatina, con un apporto boschivo di humus, corteccia, felce; sa di tabacco e liquirizia, con un sottofondo floreale in appassimento. Sorso gustosissimo che sfoggia una straordinaria sapidità. Un vino con grandissima piacevolezza e ampio spettro gustativo, perché ricorda sensazioni floreali appassite, tabacco, cipria, liquirizia e frutti rossi, in un corpo molto più fine, esile ma ben bilanciato.

BRUNELLO DI MONTALCINO 2013 Annata bella, tradizionale, classica. Aromi di fiori, frutti, sottobosco e note leggermente vegetali; l’evoluzione inizia a tirar fuori cenni di spezie, pepe nero di mulinello, sensazioni lievemente fumé, un tratto etereo e una piacevole verve balsamica. In bocca ha tannino giusto, quell’idea di grip che dà piacevolezza: un vino di straordinario equilibrio, con un finale balsamico, fruttato, leggermente speziato, con una chiusura fumé e leggermente liquiriziosa. BRUNELLO DI MONTALCINO 2012 Annata un po’ più scura nel colore, nei profumi e nei sapori. Più umbratile, con toni boschivi, idea di foglie secche, corteccia, muschio, frutta più scura, prugna, resina di pino. L’assaggio è pieno, saporitissimo, pienamente vitale, leggermente più corto della 2013, sfoggia una bellissima sapidità e un tannino vellutato.

BRUNELLO DI MONTALCINO 2010 Annata perfetta. Vino monumentale, di aristocratica eleganza, nel quale si ritrovano dei tratti floreali freschi, acqua di rose, frutta di sottobosco, fragolina, ribes, intarsiati da una speziatura elegante, di estremo garbo, con una straordinaria complessità aromatica che regala qualcosa di nuovo ogni volta che si mette il naso nel bicchiere; chiude con una calibrata vena balsamica e un tocco minerale delicatamente ferruginoso. In bocca si rivela come una sorta di sfera: perfettamente bilanciato, delizioso, dotato di un’elegante armonia in una fisicità importante. Verticalità e persistenza incredibili.

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Informazioni da Fondazione

La degustazione | L

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BRUNELLO DI MONTALCINO 2009 Annata molto piovosa, difficile, con tratti analoghi alla 2014: hanno avuto entrambe un’evoluzione precoce e condividono una piacevolezza immediata. Colore simile alla 2014, leggermente più aranciato. Naso molto bello, non particolarmente ampio ma di estrema pulizia e nitidezza olfattiva: richiama incenso, legno di sacrestia, di sandalo, resina, ceralacca, con un finale di spezie orientali. Ha un tannino ancora molto bello e un’acidità vibrante. Annata più sottile, che ha mantenuto un’ottima verve.

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Potazzine

In alcune annate considerate regolari vengono individuati dei filari da cui produrre Riserva, che verranno vinificati separatamente e invecchiate per 60 mesi in una botte da 30 hl, solitamente la 13 o la 13 bis. La Riserva delle Potazzine nasce quindi in vigna ed è dettata non solo dalla regolarità dell’annata ma anche da una scelta dettata dal cuore, che ritroviamo in tutta la filosofia di questa azienda: ha qualcosa in più dal punto di vista della personalità, una maggiore pienezza, complessità e voglia di raccontarsi. La 2011 è stata prodotta dai vigneti collocati nella parte a 507 metri slm.

BRUNELLO DI MONTALCINO RIS. 2011 Bisogna andare a scavare a ritroso nelle annate precedenti per ritrovare tutto il patrimonio aromatico percepito: l’apporto floreale, la parte più carnosa, le declinazioni ricchissime dei frutti di sottobosco, mirtillo, ribes, quelle sensazioni delicatamente fumé, l’idea di bosco… è una sintesi di tutte le sfaccettature aromatiche che abbiamo sentito finora, pennellate di alloro, erbe aromatiche, corteccia, foglia secca, un ampio respiro balsamico, un accenno di inchiostro e qualche connotazione più scura, un po’ sanguigna. Assaggio molto più complesso, ma capace di sfoggiare compattezza del tannino, solidità del sorso, tenore alcolico importante ma calibrato. Vino che ha bisogno di tempo per amalgamarsi e dare il meglio di sé. Da attendere ma niente affatto deludente se assaggiato ora.


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❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO 2017 ❖ ❖ A PARTIRE DAL MAGGIODAL 2017 ❖ 12 A PARTIRE 12 ❖ MAGGIO

ALL’HOTEL ROME CAVALIERI ALL’HOTEL ROMEAC LLAVALIERI ’HOTEL ROME CAVAL IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO IL 17° CORSO PER OMMELIER ’O LIO IL S17° CORSO DELL PER S OMMELIER D ◆❖◆ ◆❖◆

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❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO ❖ Fondazione Italiana2017 Sommelier

Fondazione ItalianaFondazione Sommelier Italiana Somm

CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO E DELL’OLIO con il INTERNAZIONALE Riconoscimento Giuridico della Repubblica CENTRO PER LA CULTURA DEL VINO EItaliana DELL’OLIO CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO

ALL’HOTEL ROME CAVALIERI IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO

con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica Italiana con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica


Ricordo Daniele Ed io ti ho visto.

Ho visto il tuo incedere incerto tentando un passo leggero.

Ho visto la tua anima densa sotto la tua spessa corazza.

Ho visto il tuo sguardo liquido puntare un luogo dove nessuno poteva seguirti.

Ho sentito le tue mille voci raccontare il vino.

Sembrava che fossi stato in tutti i luoghi

avessi visto ogni cosa avessi vissuto tante vite

ma, ora, non cercavi piĂš la felicitĂ .

(Sandra Nevaloro, 20 settembre 2018)


www.bibenda.it bibenda@bibenda.it

direttore

Franco M. RICCI

Caporedattore centrale Paola SIMONETTI

Hanno collaborato a questo numero

Foto

Floriana BERTELLI, Cinzia BONFÀ,

© shutterstock.com

Filippo BUSATO, Anna Lorena FANTINI,

© Isabella Perugini

Nila HALUN, Daniele LIURNI, Pietro MERCOGLIANO, Sandra NEVALORO,

Consulenti dell’Editore

Barbara PALOMBO, Pasquale PETRULLO,

Ruggero PARROTTO Progetti Sociali

Carlotta PIRRO, Maurizio SAGGION.

Michele FEDERICO Medicina Stefano MILIONI Edizioni

Grafica e Impaginazione

Franco PATINI Internet

Fabiana DEL CURATOLO

Carlotta PIRRO Avvocatura Attilio SCIENZA Viticoltura Gianfranco VISSANI Cucina

BIBENDA per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino

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Anno XVIII

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n. 78

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Marzo/Aprile 2019

> Direzione, Redazione e Amministrazione 00136 Roma - Via A. Cadlolo, 101 - Tel. 06 8550941 - Fax 06 85305556 >

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> Iscrizione al Registro Operatori della Comunicazione al n° 9.631 L’analisi sensoriale, che evidenzia la qualità dei vini di tutte le nostre recensioni, viene effettuata con metodo e scuola di Fondazione Italiana Sommelier. Bibenda, la rivista nata nel 2002 su progetto grafico originale di Bets Design S.r.l., Roma. Altre Pubblicazioni di Bibenda Editore | BIBENDA il Libro Guida ai Migliori Vini, Grappe e Oli | L’Arte del Bere Giusto / Il Gusto del Vino / Il Vino in Italia e nel Mondo / Abbinare il Vino al Cibo / Il Dizionario dei Termini del Vino (sono i testi del Corso di qualificazione professionale per Sommelier riconosciuto in tutto il mondo) | Ti Amo Italia (la pubblicazione in inglese su Vino e Cibo italiani) | Il Quaderno di Degustazione del Vino.


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