Bibenda n° 81

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Anno XVIII - n. 81 - Luglio/Agosto 2019

81 duemiladiciannove

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copertina > Parco Valentini. È sata inaugurata a Roma il 15 luglio la targa toponomastica dedicata a Edoardo Valentini, il produttore abruzzese che ha lasciato un segno nella vitivinicoltura italiana. E non solo. Il servizio da pagina 40.

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Addio Torciolo, non ti dimenticherò mai / di Franco M. Ricci Antropologia della degustazione / di Bruno Frisini 37a Giornata del Sommelier / di Anna Lorena Fantini Il Gotha di Bordeaux / di Arianna Brocchetti Langhe, antico sapore di futuro / di Massimo Billetto Parco Edoardo Valentini / di Redazione L’EVO, il nostro medico di famiglia / di Maurizio Saggion Primavera e gioventù / di Roberto Oddo Il Molise e la Tintilia / di Mariaclara Menenti Savelli Mykonos da bere / di Carlotta Pirro Cocktail e Vino / di Salvatore Marsillo Il primo birraio Chef d’Italia parla pugliese / di Fabiana Pellegrino A tavola con i produttori / di Cinzia Bonfà Da leggere... / di Fabio Strinati Crucibenda / di Pasquale Petrullo Informazioni da Fondazione / di Gianluca Tretola / Pietro Mercogliano / Raffaele Fischetti / Paolo Di Caro

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Editoriale

Addio Torciolo Non ti dimenticherò mai!

Innanzi tutto il torciolo è quel tovagliolo che si usa per pulire la bottiglia dalla goccia di vino, mentre questo si serve nel bicchiere. Non l’ho letto sullo Zingarelli, ma l’ho visto fare in questi lunghi anni dai Sommelier. Ebbene, questo “torciolo”, presso la Fondazione Italiana Sommelier ha terminato la sua esistenza. Non solo, si consiglia (di eliminarlo) anche al Popolo del Vino per l’uso in casa. Viene egregiamente sostituito dal Versatore “Salvagocce”, un dischetto di alluminio leggero che si inserisce nel collo della bottiglia e fa miracoli. Non cade una goccia neppure a pregarla di cadere. Quindi i benefici: non provoca macchie di vino né sul torciolo, che non c’è più, né sulla tovaglia, evitando un lavaggio difficile per le tovaglie e il grande spreco dei tovaglioli che si usano da “torciolo”. Non solo, contemporaneamente consente un grande risparmio di vino, evitando che possa cadere su tovaglie e tovaglioli. E anche questi ultimi consentono un ulteriore grosso risparmio perché non vengono usati, non ce n’è bisogno. La consistente diminuzione del lavaggio, il risparmio di acqua, aiuta a salvare il Pianeta. E Greta sarà contenta. Franco M. Ricci 1


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Antropologia della degustazione

Antropologia della degustazione B

r u n o

F

r i s i n i

Coscienza e istinto di un sognatore

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Antropologia della degustazione

Non esiste coincidenza senza volerla. Ciò che apparentemente può sembrare una contraddizione, spiega come sia importante organizzare la propria vita affinché la probabilità di veder realizzato un obbiettivo sia ragguardevole. Avevo già messo al sicuro, con una prenotazione immediata, la mia presenza in Rimessa Roscioli il giorno di un evento fondamentale come “Ladri di Vino” che vede protagoniste in questa tornata: Elisabetta Foradori e Elena Pantaleoni, quando un messaggio inaspettato mi coglie di sorpresa: <<Bruno, dobbiamo anticipare la partenza per Roma. Dovrò fare una deviazione sul percorso. Ho terminato i preparati biodinamici e ho necessità di prenderne altri da Carlo Noro. Per te sarebbe un problema?>> Rispondo: <<Certo che no!>> ovviamente. Con un piacere che ambiva ad essere contenuto ma che in fin dei conti risultava, senz’altro, mal celato. Sodale di bevute, agricoltore/vignaiolo/olivicoltore attento e “attenzionato” da chi, d’olio e d’olive, ha cognizione, Alessio aveva dato ulteriore stimolo ad una giornata già di per sé ricca d’interesse. Nemmeno finisco di prendere posto in auto, nonostante il lieve ritardo, insisto affinché ogni liturgia venga compiuta: l’espresso di caffè specialty, estrxatto dalle più che fidate mani del maestro Patrick, sorseggiato tra battute leggere e pensieri sfuggenti verso ciò che ci aspettava, di certo non poteva mancare. Ci accomodiamo, come sempre, al bancone (“spazio concepito, come la musica del piano bar, per non appartenere a nessuno pur facendo posto a tutti”), consapevoli che da lì a pochi minuti il copione si sarebbe svolto. Il Bix, questo è il nome della caffetteria, rientra infatti in quella categoria, tanto cara a Marc Augé, di spazio convenzionale. Un luogo di atteggiamenti consueti, stereotipati, in cui l’essere umano può soddisfare il proprio bisogno di intrattenere rapporti superficiali con “parole spesso più importanti per il fatto di essere scambiate che non per il loro contenuto. Sono importanti per il semplice fatto di essere pronunciate e rivolte a un altro, anche quando non gli dicono nulla; nulla più di ciò che lui stesso dirà rispondendo al proprio interlocutore”. Quelle che spesso vengono sottostimate come “chiacchiere da bar”, assumono inconsapevolmente un ruolo fondamentale, rassicurante nella vita di ognuno di noi, tanto che tutte le volte che ce ne sentiamo privati, subito ne avvertiamo la mancanza. Una buona dose di acidità stringe il palato, il fondo di caffè nella tazzina ormai vuota è il segnale che il rito è stato compiuto e che il viaggio può essere intrapreso. Una curva, poi un’altra, poi un’altra ancora, chilometri di curve. La strada si snoda davanti i miei occhi irregolare, proprio come i discorsi intrapresi con Alessio. Si parla di arnie, della laboriosità organizzata delle api, di miele, di orto, di selezione massale, di stagionalità delle colture come concetto relativo, di biodinamica applicata. 4


Alessio con pazienza risponde alle mie curiosità, interrotte, buon per lui, da un cartello in bello stile moderno, inaspettato, visto il nome che ospita. Nell’immaginario di chi come me si appresta a varcare per la prima volta la soglia del suo regno, Carlo Noro si staglia come un’immagine incorruttibilmente connessa alla terra, agli elementi, alle forze. Quel cartello nero lucido, di fatto, interrompe di colpo quel filo che lega la mia, a volte troppo fervida, immaginazione alla realtà e probabilmente, a ragione, mi riporta sulla giusta dimensione, alla “Professione Biodinamica”, come precisato sull’insegna, piuttosto che alla biodinamica mistica ed esoterica. È un primo, significativo indizio di come Carlo Noro interpreti con fermezza ciò a cui ha dedicato la propria vita. Dopo una decisa stretta di mano, il mio sguardo incerto cade, con un’ovvietà disarmante, su un cumulo di corni, spagnoli ci verrà detto, di vacche che abbiano partorito almeno una volta. Disposti per essere “preparati”, sono lì in attesa dell’erba giusta, fuoriuscita dal terreno ma non ancora pronta. Intimidito da una presenza così significativa aspetto un po’, mi prendo del tempo, prima di dare il via alle mille e più domande che avrei in serbo. Alessio nel frattempo provvede ai convenevoli. L’occhio, incredulo, finisce su alcune cassette ricolme d’olive da cultivar Frantoio che, senza un apparente motivo, erano sistemate in modo ordinato sotto la sporgenza di una 5


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Antropologia della degustazione

piccola tettoia, rischiando l’insorgere di fenomeni negativi come

Questo è il resoconto di alcuni studi, svolti dall’università

il riscaldamento del frutto, spunti di fermentazione, esposizione

Federico II di Napoli, che testimoniano come sia incredibilmente

agli agenti atmosferici. Come direbbe il Lubrano dei tempi d’oro:

vitale questo preparato, ri-attivatore di terreni e stimolante la

“La domanda sorge spontanea”: <<Perché, una volta raccolte,

formazione di humus.

non sono state subito portate a frangere?>>.

Purtroppo, come ogni grande invenzione che si rispetti, porta

Quella che sembra essere una semplice domanda, apre una vera

con sé una buona dose di mistero che si tinge di giallo se, inspie-

e propria dissertazione sulla biodinamica (quella concreta) che

gabilmente, l’università che si era fatta carico di così indispensa-

durerà più di due ore.

bili studi, improvvisamente abbandona il progetto. Dietrologia,

La risposta era sotto i miei occhi ma non potevo vederla. Larve di

complottismo? Si vedrà.

mosca. Proteine animali che, se frante assieme al frutto, avrebbe-

Di sicuro la risolutezza di Carlo Noro ormai è cosa a me c(hi)ara.

ro corredato di sentori sgradevoli oltre che di una grassezza al gu-

Ricevo in dono una bottiglia di Valle Fredda bianco e alcuni

sto sicuramente ben poco elegante, l’olio che ne sarebbe derivato.

consigli su come andrebbero degustati la maggior parte dei vini.

È necessaria una sola notte affinché, staccato il peduncolo, l’ani-

Mentre ne faccio tesoro un bagliore illumina il cielo ormai scuro,

male, sentendosi spaesato, fuoriesca

quasi a ricordarmi che il buio era

naturalmente.

alle porte, che da lì a poco sarebbe

Si parla di gestione dell’uliveto, di

piovuto e che una luce assai grande

come sia dannoso anche l’utilizzo

mi aspettava in quel di Roma.

del rame. Si fanno ipotesi su quanto

Goccia dopo goccia, prima lente

sia adeguato il caolino. Tutto a fare

e pesanti, poi fitte e leggere, si

da sfondo alla suggestiva possibilità,

scatena una vera e propria tempesta,

anticipataci dal diretto interessato,

incapace tuttavia di frenare lo spirito

di formare un’associazione di menti

positivo che permeava i dialoghi

illuminate da un unico credo: la

all’interno dell’auto.

biodinamica e tutto ciò che gravita

Arriviamo nella città eterna. L’oro-

attorno ad essa. Carlo ci svela che

logio indica che siamo in perfetto

vorrebbe venisse chiamata “Sodales”

orario.

e che affilierebbe soci ad ogni livello della filiera: dal campo, al

Come un qualunque procacciatore di sogni, inizio a guardare la

frantoio, alla gestione, fino alla comunicazione, non semplice

città con occhi da flâneur.

ancora, di un messaggio troppe volte confuso e raramente pratico

Penso a Louis Aragon: “Avrò ancora per molto il sentimento del

e pragmatico.

meraviglioso quotidiano? Lo vedo smarrirsi in ogni uomo”.

Entriamo in cantina, luogo sacro e sacrilego al tempo stesso, a

Non è molta la distanza che mi separa dal punto d’arrivo, anzi

seconda di quale sia il punto di osservazione. Qui troviamo i

meglio dire d’inizio/iniziazione.

contenitori in cui viene preservato il preparato cinquecento.

Il passo rilassato mi consente di mettere a fuoco dettagli e sfu-

Ad una struttura esterna di legno che contiene come isolante

mature. Osservo una Roma straripante fascino e contraddizioni

il compostaggio, segue un interno di rame dove riposa il santo

che il lungo Tevere riflette e propaga solamente verso chi tende

graal della biodinamica.

ad un’autentica conoscenza. Incontro bar chiusi o semivuoti, con

Milleseicento colonie di batteri, quattrocento colonie fungine.

pochi sparuti clienti, immagino abitudinari, “storpi della vita”,


che vivono la propria solitaria esistenza negli occhi dei passanti. Ciò che a molti potrebbe sembrare desolazione, non è altro che il rasserenante svolgersi di una traccia ben definita che si ripete e rinnova ogni giorno. La Rimessa Roscioli non rompe questo schema. Ne fa parte, in modo diverso. Si scorgono nitidamente diverse tipologie di frequentatori. Risponde al bisogno urgente, immediato di contatto. Ci sono gli habitué (“pettirossi che fanno vita da quartiere”), infatti, che si accomodano al banco o al tavolo più in vista. Il cameriere lo sa e esibisce tutto il suo virtuosismo adeguando parole e battute, rassicurando il proprio interlocutore, dicendogli con un solo sguardo: “Si, sono qui. Ti ho riconosciuto, non temere”. Lo fa sentire a casa, sempre ammesso che lui lo desideri. “Spazio intermedio? Non soltanto. Vero è che [...] costituisce, per un verso, una sorta di prolungamento dello spazio domestico nello spazio pubblico; per altro verso, è un’anticipazione del ritorno a casa. Nondimeno, è anche un luogo a sé stante. Un frammento di vita incuneato nella vita altrui”.

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Antropologia della degustazione

Si incrociano turisti (“albatros”) che si tengono accuratamente alla larga dai locali interessati a loro solo in quanto stranieri a cui rivendicare, con insistenza sospetta, la propria impronta nazionale per cercare di sedurli. Apro la porta e tutto ciò, moltiplicato all’infinito, mi arriva dritto in faccia, con un’intensità difficilmente descrivibile. L’evento in programma aveva attratto come un magnete volti su volti. Stava a me ora interpretarne i segnali. Un fermento di segni e scambi di superficie si palesa; contraddistingue l’inizio dello “spettacolo”. “Agli uni strappano un sorriso, mentre sul volto di altri si iscrivono segni di sorpresa, stupore, protesta o persino entusiasmo, quando si fa strada la certezza di una sintonia o di una simpatia. [...] si mischiano i generi, il luogo della tragedia e della commedia, delle parole che non dicono nulla e dei silenzi che la dicono lunga, delle risate squillanti, dei sospiri soffocati e delle malinconie inspiegate”. La Rimessa Roscioli grazie a Gae Saccoccio e Fabio Rizzari oggi ha una propria scenografia, i suoi attori e tante storie da mettere in scena. Quanti vi lavorano e coloro che la frequentano hanno una propria vita, che sicuramente ignoro, ma che posso provare a immaginare, partendo proprio dal motivo che li ha spinti ad essere in quel posto quel determinato giorno a quella determinata ora. Come a teatro, anche in questo caso, assumono un ruolo fondamentale i ruoli. Capita di domandarsi se i protagonisti della serata non giochino anche loro a essere quali appaiono, “così come il cameriere che Sartre osservava al Dôme, alla Coupole, al Flore, ai Deux Magots si divertiva a recitare la parte del cameriere”. Anche noi, seduti ai vari tavoli sociali, recitiamo la parte dei clienti particolari, abituali, quelli “riconosciuti”, a cui è riservata “un’accoglienza discretamente complice”, quasi avessimo ritagliata una parte nella distribuzione dei ruoli. Utilizzando concetti di Sartre, ogni personaggio avrà la libertà e attuazione della coscienza nella continua nullificazione di sé stessa, del suo essere, dall’in sé al per sé. La Rimessa appare come spazio teatrale in cui ognuno mette in scena il proprio canovaccio con maggiore o minore estro dell’altro. Per quanto lo spettacolo coinvolga ogni presente, restano ben delineati i protagonisti/ professionisti e le comparse/dilettanti. Gae e Fabio perciò, senza dubbio alcuno, possono essere definiti dei fuoriclasse. Un momento di significativo silenzio dà a Fabio Rizzari la possibilità di entrare in scena. Lo fa con un’introduzione ormai familiare a chi dall’altra parte presta l’orecchio: “Per l’ennesima volta mi devo scusare con coloro che sono già venuti a qualche altra serata di Ladri/e di Vino. Dovranno sopportare cristianamente un’ulteriore spiegazione su come è nata questa idea”. Un approccio da vero e proprio mattatore. Gli accenni a Win Wenders, a Elia Kazan, 8


a Michelangelo Antonioni, alle quattro ore e cinquanta minuti

poca disinvoltura, una riservatezza che sembrava, in quel

(in stile Fantozziano) di “Solaris” di Tarkovskij. Testimonianza

frangente, minata dalla presenza vorace di così tanti appassionati.

di abilità, di conclamata esperienza, nel calcare suddetti

Un’emozione genuina, non scontata, che ha rafforzato quanto

palcoscenici. Le parole sono giuste, misurate, calibrate affinché

premesso in apertura.

anche il più distratto venga coinvolto all’istante.

L’attenzione dei presenti sembra cosa prestabilita. Come

Elisabetta Foradori ed Elena Pantaleoni

un’orchestra che, seguendo la partitura,

fanno il loro ingresso nel vivo della serata.

coglie pause ed accenti. Tuttavia come

Due produttrici significative a cui servono

prima accennavo, non si può rifuggire

poche presentazioni. Genitrici e interpreti

dai dilettanti e quel: “Scusate ma il mio

di vini autentici, veri. In cui il confine

panino con la porchetta dov’è?”, che

tra giusta ed eccessiva manipolazione

rompe ogni equilibrio e scompagina il

non viene mai superato. Danno voce

perfetto andamento dello spettacolo,

al proprio territorio con sensibilità e

non ne è che la conferma.

destrezza. Ognuna figlia di un percorso

Dopo un primo momento di imbarazzo e

esistenziale differente, ma accomunate

un ideale “taglia!!!” da parte del regista, il

da una visione d’insieme assai lucida e

tutto riprende senza esitazioni.

dinamica. La prima a prendere la parola è Elisabetta, dell’azienda

Riflettendoci, è altresì possibile che il dilettante sia un profes-

vitivinicola “Foradori”.

sionista e che quello fosse il suo momento (di gloria?). Ma non

Il contrasto con chi l’aveva preceduta è evidente. Lascia trasparire

posso averne conferma.

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Antropologia della degustazione

La fattezza del discorso si ispessisce quando vengono serviti i

perfettamente integrato, la succulenza del frutto, l’acidità

primi vini (Fontanasanta, Foradori 2017 - Nosiola e Ageno,

ficcante, relegano il palato ad una forma di schiavitù/dipendenza.

La Stoppa - Malvasia di Candia) ed Elisabetta introduce il

Ne voglio di più. Ma questo Gae già lo sapeva e nemmeno il

contenitore dentro cui le sue creature prendono forma: l’anfora

tempo di alzare lo sguardo, avevo il calice già ricolmato.

di argilla. Un viaggio, il suo, introspettivo, maturo, sentito, che

La serata procede a strappi. Sento il bisogno di osservare lo

passa dalle diversità all’interno del vigneto, all’unicità di un

svolgersi dall’esterno e come se fossi un fumatore incallito mi

territorio, dalla purezza dell’espressione, alla convinzione che

dirigo all’uscita. Sorrido velatamente. È incredibile come possa

la vigna nella sua dimensione migliore debba essere composta

cambiare la prospettiva quando le parole divengono gesti. Mi

da una comunità di individui, veicoli di un messaggio puro

accorgo sempre più di quanto anch’io sia ineludibilmente

attraverso un’agricoltura vivente. Un frutto carico di vitalità

un solitario: “coloro che per l’appunto hanno bisogno dello

che andrebbe portato in bottiglia, trasformato, attraverso un

spettacolo degli altri per essere certi di esistere”.

recipiente che mantenga intatta ogni informazione.

Ciò sottintende e conferma per l’ennesima volta che locali come

Un percorso non semplice, intimo, sicuramente riuscito e in

la Rimessa Roscioli spalancano le proprie porte ai più diversi

continua evoluzione.

tipi di pubblico, a spiriti romanzeschi, offrendo loro l’occasione

Fontanasanta e Ageno,

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così diversi, così

di diventare, per suo mezzo, attori o spettatori, più o meno

simili. Il primo paragonato a un bimbo ancora in fasce (aggiungerei

consapevoli. Una sorta di forma di tolleranza. Di integrazione.

enfant prodige); il secondo a una ragazza spumeggiante. Lucenti

Sensibile ai movimenti in atto, mi lascio trasportare dal ritmo

a modo loro, brillano di una purezza accecante. La nosiola si

sordo dei segni, immaginando con maggiore o minor logica e

mostra fine, esile, inganna i sensi per poi tradirli con un finale/

fantasia, quale potesse esserne il seguito. “Nell’idea di spazio ro-

infinito di mole e consistenza non immaginabili poco prima.

manzesco è insita una forma di voluta passività: sia quel che sia.

Ageno è assimilabile all’immagine di Charlie Chaplin. Vivacità

È proprio dell’avventura, infatti che essa sorprenda chi la sta vi-

rovente sempre controllata da un’eleganza mai fuori posto. È

vendo: non se lo aspetta. L’avventuriero è un tutt’uno con le sue

indiscutibilmente arduo giocare su un filo dell’equilibrio (vedasi

supposizioni, i sospesi, le induzioni”. La forza attrattiva di un

macerazione sulle bucce) così fragile. Un soffio di tannino

locale è quella di suscitare e incoraggiare suddetti stati d’animo.


Sensazioni che muovono e commuovo i clienti.

di riscaldamento, sicure che la palla torni a loro sempre dove se lo

Cosa ne sia allora della prevedibile abitudine di cui parlavo prima

aspettano. Colpo dopo colpo arrivano nei bicchieri i due rossi in

non è facile riassumerlo in rapporto a questa visione parallela.

programma per la serata: il

Certo è che l’uomo è per definizione ambivalente: vuole una cosa

Teroldego 2016 della Foradori e il Macchiona 2011, uvaggio di barbera

e il suo contrario, “il porto sicuro e il mare aperto, il focolare e il

e bonarda (in realtà croatina) de La Stoppa.

vagabondare”. Esistono i sedentari e i nomadi.

Il Teroldego è pura trasposizione del suolo sassoso, tipico delle

Il miracolo di quel momento è di ritrovarli tutti lì. Non importa

dolomiti. Ordinato e composto nel suo candore. Incontaminato,

se la Rimessa stia o meno rispondendo al vero motivo per cui sono

sussurra al palato leggerezza e garbo. Il Macchiona sembra essere

presenti. Sono lì e alimentano i propri desideri. Tanto basta.

il suo alter ego. Figlio di una terra in cui la gastronomia la fa da

“Il desiderio è vita, una vita tosta peraltro, sempre pronta, come

padrona, dona tutt’altra prospettiva alla bevuta. Una masticabilità

la Fenice a rinascere dalle proprie ceneri, per poco che la si aiuti”.

importante, sostanza, materia, spessore coniugati con talmente

Non essendo fumatore, immagino, spaiato lì fuori, di godere co-

tanta eleganza che risulta essere forse la vera e propria rivelazione

munque di un piacere ampiamente paragonabile a quello appagan-

della serata. I

te del fumo. Marc Augé addirittura descriveva la prassi dell’andiri-

di Radikon per Elena ed “El sol”, Mourvèdre di Bandol, del

vieni dei fumatori come una nuova forma di socievolezza: “Taluni

Domaine de la Tour du Bon per Elisabetta) chiudono il cerchio

commensali si scusano con un sorriso chiedendo ai vicini il permes-

dell’ennesimo, seducente show messo in scena.

so di alzarsi da tavola per andare a fumare. Fuori, incontrano gli

Una dolce carezza in abbinamento a una selezione di formaggi

esuli provvisori dei tavoli vicini, con i quali si mettono ogni tanto

stagionati è il gentile congedo che Gae e Fabio hanno riservato

a chiacchierare. Per breve tempo, il marciapiede si trasforma in una

ai propri spettatori. Sicuri della riuscita dello spettacolo chiudo-

pubblica piazza, mentre in sala, all’interno si saluta con allegria il

no il sipario e con il consueto inchino ricevono il loro, più che

ritorno dei fumatori, la cui assenza ha segnato un intervallo”.

meritato, applauso.

vini “derubati” (Ribolla Gialla

Rientro, come un fumatore immaginario, e riprendo il mio posto. La serata può volgere verso il termine.

[Le citazioni sono tratte da Marc Augé, Un Etnologo al Bistrot,

Elisabetta ed Elena scambiano come due grandi tenniste in fase

Raffaello Cortina Editore, 2015]

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Bibenda 81 duemiladiciannove

37° Giornata del Sommelier

37 GIORNATA a

del A

Il

n n a

SOMMELIER

L

o r e n a

F

a n t i n i

racconto della giornata conclusiva dell’anno sociale della

Fondazione

Italiana Sommelier. Brindisi, diplomi, saluti e arrivederci. Si svolge abitualmente durante la prima settimana del mese di

12

Luglio.


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37a Giornata del Sommelier | 1° L

uglio

Grande appuntamento a Roma il 1° luglio 2019 nel salone delle feste di Rome Cavalieri per la cerimonia di consegna dei diplomi a 192 neo Sommelier del Vino e a 32 neo Sommelier dell’Olio. Sono stati anche consegnati gli attestati d’onore per i 10,15, 20, 25, 30, 35 e 40 anni di appartenenza a quello che è oggi considerato il più importante Centro del Mondo della Cultura del Vino. La felicità era tangibile sui volti sia dei nuovi Sommelier per l’emozione dell’obiettivo raggiunto sia per l’orgoglio di far parte da tanti anni di questa straordinaria famiglia del vino. Franco Maria Ricci Presidente di Fondazione Italiana Sommelier e tutto il corpo docente hanno personalmente consegnato il Diploma a ciascun nuovo Sommelier.

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2019


>Vai< alla galleria fotografica

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40 anni

di fedeltĂ Andrea Manzin

Grande allegria e tanti applausi hanno fatto da cornice alla consegna del diploma di 40 anni di fedeltĂ ad Andrea Manzin, un veterano del nostro gruppo romano, sempre insieme a sua moglie sono due affezionati e immancabili frequentatori di tutti i nostri eventi.

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37a Giornata del Sommelier | L

a

Presente

all’evento il

Presidente

Cultura

Assoenologi Riccardo Cotarella, accolto con un Sommelier. Ha inoltre “Strategie di mercato e gestione dell’impresa vitivinicola” di

grande applauso, ha dispensato parole di amore sul vino ai nuovi presentato il suo ultimo libro

un testo tecnico, un manuale di gestione espressamente concepito per fornire un prezioso contributo al comparto vitivinicolo e a tutta la filiera produttiva destinato alle imprese vitivinicole del terzo millennio.

Il

testo affronta, in maniera completa e puntuale, i temi chiave dello sviluppo e della

continuità

del

comparto

vitivinicolo:

dalla

trasformazione

del

mercato

del

vino

all’evoluzione del consumatore e dei processi di acquisto, passando per i sistemi di gestione dei dati di mercato, le politiche di prezzo, le strategie di posizionamento del prodotto e i più ampi temi dell’organizzazione e della governance dell’azienda.

L’articolazione

degli

argomenti e l’inserimento di percorsi di lettura consentono di ricorrere al testo come a un prezioso manuale di gestione,

n

Strategia di mercato e gestione dell’impresa vitivinicola Editore: Edagricole Autori: R. Cotarella, S. Cimino, J. Tinarelli Pagine: 176 Prezzo: 23 Euro

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37a Giornata del Sommelier | I

i

festeggiamenti sono proseguiti tra i banchi d’assaggio, degustando una selezione di vini

Monferrato. Un’occasione per far conoscere ed Barbera nelle sue diverse espressioni territoriali. Numerose e importanti le cantine presenti; Tenuta Tenaglia, Tenuta Santa Caterina, Setecapità, Rovero, Marchesi Alfieri, Cascina Caponaldo, Tenuta Garetto, Roberto Ferraris, Sichei, Franco Roero, Franco Ivaldi, Banfi Piemonte, Vite Colte e Podere dei Bricchi Astigiani. del

Consorzio Barbera d’Asti

e

Vini

del

apprezzare le tante qualità del vitigno

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Banchi d’Assaggio


37a Giornata del Sommelier |IS | l

eminario

A seguire il seminario d’approfondimento guidato da Massimo Billetto, docente di Fondazione Italiana Sommelier con la presenza del Presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato Filippo Mobrici. 19


37a Giornata del Sommelier | I

l

Il Piemonte ha un grande patrimonio di biodiversità, ben 50 vitigni autoctoni su 526 censiti al livello nazionale. Su 45.000 ettari vitati complessivi della regione Piemonte, 12.000 sono coltivati a Barbera. I produttori sono circa 700, con una produzione complessiva di 20 milioni di bottiglie di cui il 25% è esportato in tutto il mondo. Produttori che stanno scommettendo su un territorio che per anni è stato silente per colpa dello scandalo del metanolo che ha macchiato la veste della Barbera ingiustamente. Ora grazie al talentuoso ed appassionato lavoro dei produttori associati nel Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, la Barbera sta cambiato veste aumentando il suo livello qualitativo. L’oculata scelta dei cloni rinvigoriti, figli di una attenta selezione, un puntuale studio del terroir, del clima, dell’esposizione e del tipo di allevamento, stanno danno degli ottimi risultati che ritroviamo nei calici. Il presidente del Consorzio Filippo Mobrici presente al seminario, ci ha raccontato la storia di questo vitigno, lui stesso è testimone della crescita negli ultimi 5 anni di questa importante realtà, da 170 associati oggi ne conta più di 350 che vedono nel consorzio una modalità di aggregazione importante, un punto d’incontro ed una comune garanzia della qualità dei vini. Grandi firme accanto a giovani imprenditori, che hanno portano una ventata energica di fresco entusiasmo. Il risultato vincente di una fusione tra la tradizione territoriale e l’alta tecnologia

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Seminario

in cantina. La Barbera che per decenni ha sofferto l’appellativo di “minore” rispetto al fratello maggiore Barolo ha dimostrato carattere e forte personalità meritandosi una gloriosa rinascita. È stato doveroso intraprendere un cammino virtuoso per dare seguito all’eccellente lavoro di Giacomo Bologna, produttore e pioniere della valorizzazione anche a livello internazionale di questo vitigno. La Barbera è un vino che ha una lunga storia alle sue spalle, un vino che è diventato più morbido come la forma dolce e sinuosa delle colline levigate del Monferrato che con Nizza sono il cuore storico della Barbera d’Asti. Luogo cosi incantevole e prezioso da meritarsi l’onore di essere il 50° sito patrimonio dell’Unesco. L’importante acidità un tempo era forse un limite, ma oggi è diventata la sua forza, favorendo oltre che la possibilità di longevità, una versatilità negli abbinamenti, sia con il pesce fresco che con quello affumicato e con i piatti della tradizione, la polenta con il baccalà e la bagna cauda. Le tante prospettive e la voglia di costruire, pongono il Consorzio Barbera D’Asti e Vini del Monferrato come un soggetto di cui sentiremo parlare negli ambiti più titolati di addetti ai lavori, esperti e winelovers. Massimo Billetto docente di Fondazione Italiana Sommelier ha sapientemente guidato la degustazione dei dodici calici regalando al seminario momenti unici ed emozionanti.


Barbera d’Asti L’altra 2017 - Banfi Piemonte Strevi AL Rosso Docg – Gr. 13% Veste rosso porpora luminoso. Naso dal profilo didattico con le note vinose in primo piano, poi affiorano la ciliegia e la prugna, in sottofondo sbuffi di grafite e spezie dolci. Il sorso è fresco, la morbidezza seduce il palato con i suoi tannini setosi. L’acidità contenuta ed equilibrata è la protagonista del finale. Barbera d’Asti La Fea 2016 – Cascina Caponaldo Montabone AT Rosso Docg – Gr. 14% Calice luminoso rosso rubino con riflessi porpora. Sentori di frutti di bosco, prugna e granatina, seguono dolcemente a sbuffi di terra bagnata e grafite. Sorso interessante, austero, fresco con lieve accenno tannico, finale vivace e fruttato. Barbera d’Asti 2016 – Tenuta Garetto Agliano AT Rosso Docg – Gr. 14,5% Rosso rubino tendente al porpora. Naso elegante, lievi sbuffi vinosi su trame di frutti rossi di bosco, pesca matura e mela rossa, avvolti da sentori speziati, erbe aromatiche e balsamiche di avvolgente piacevolezza. In bocca grande freschezza fruttata, lunga chiusura speziata e balsamica. Barbera d’Asti Superiore La Cricca 2016 – Roberto Ferraris Agliano AT Rosso Docg – Gr. 16% Veste rosso rubino luminoso. Naso intrigante con note in rilievo di frutto scuro maturo avvolte in sensazioni floreali di viola, sbuffi lievi di note erbacee e speziate di pepe, vaniglia e cannella. In bocca grande dolcezza ed avvolgenza, richiami di spezie, corpo di grande livello che metabolizza l’alcool. Tannini di maturità esemplare in assonanza con una spina dorsale acida nel lungo finale elegante.

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37a Giornata del Sommelier | I

l

Barbera d’Asti Superiore La Balzana 2016 – Franco Ivaldi Cassine AL Rosso Docg – Gr. 15,5% Veste rubino con riflessi granato. Naso elegante ed austero, note floreali avvolte da una spirale fruttata di ciliegie sotto spirito, prugne, grafite e note ematiche in sottofondo, addolcite da sbuffi di liquerizia e tabacco. In bocca sottile ed elegante, i tannini morbidi ed avvolgenti bilanciano l’importante freschezza. Barbera d’Asti Superiore Alfiera 2016 – Marchesi Alfieri San Martino Alfieri AT Rosso Docg – Gr. 14,5% Rubino intenso con sfumature granato. Naso suadente, vortice di frutti rossi con netti richiami di ciliegie, visciole, erbe aromatiche, note minerali e sensazioni di goudron. Perfetta rispondenza gusto-olfattiva, tannini setosi, lungo finale fruttato. Barbera d’Asti Superiore Bricco del Perg 2016 – Poderi dei Bricchi Astigiani Isola d’Asti AT Rosso Docg – Gr. 14,5% Veste rosso rubino intenso e luminoso. Naso elegante, accenno balsamico a sostegno delle note fruttate di ciliegia rossa, poi sentori più scuri di terra bagnata, sottobosco e fogliame. Intrigante e di grande personalità, il gusto è armonico e strutturato. Lungo finale di freschezza, tannino morbido e setoso. Barbera d’Asti Superiore La Luna e i Falò 2016 – Vite Colte Barolo CN Rosso Docg – Gr. 14,5% Rosso rubino intenso con lievi nuance granato. Profumi di geranio su trame di vinosità e frutti rossi. Ribes, granatina, sottili richiami di pepe e noce moscata. Il sorso è equilibrato e piacevole. Un mosaico perfetto tra freschezza, tannini e spezie dolci. 22

Seminario


Barbera d’Asti Superiore Sichei 2016 – Franco Roero Zucchetto AT Rosso Docg – Gr. 16% Rosso rubino con riflessi porpora. Naso di straordinaria intensità. Fragole selvatiche e ciliegie sotto spirito, accenni di pepe rosa, noce moscata, cacao e vaniglia. Affiorano eleganti note di rabarbaro avvolte da sentori più scuri di grafite e di china impreziositi poi da sentori floreali di rosa canina e viola. Sorso elegante, buona freschezza, tannini di seta, lungo finale equilibrato. Barbera d’Asti Superiore Rouvè 2015 – Rovero Asti AT Rosso Docg – Gr. 15% Rosso rubino intenso. Ventaglio olfattivo goloso di cassis e fragole. Chiaroscuri gradevoli su note di tabacco, smalto, radici, humus e sottobosco. Sorso eccellente, strutturato e complesso, tannini di esemplare maturità in perfetta armonia con la freschezza. Barbera d’Asti Superiore Setecàpita 2015 – Tenuta Santa Caterina Grazzano Badoglio AT Rosso Docg – Gr. 15% Rubino con bordo granato. Affascinante intreccio di note floreali di geranio e avvolgenti sensazioni di frutti rossi, liquirizia e spezie dolci. Sorso equilibrato, corretto bilanciamento tra la freschezza ed il tannino ben integrato nella dolce trama gustativa. Barbera d’Asti Superiore Emozioni 2013 – Tenuta Tenaglia Serralunga di Crea AL Rosso Docg – Gr. 14,5% Veste rubino. Naso sottile, elegante e suadente, aperto su sensazioni di ginepro, china, rabarbaro ed erbe di montagna. Perfetta fusione di tutti gli elementi aromatici in un assaggio fresco e di buon volume. Finale gustoso, di frutta e spezie dolci. 23


Bibenda 81 duemiladiciannove

il

Gotha di Bordeaux

Il Gotha di Bordeaux A

r i a n n a

B

r o cc h e t t i

Un itinerario speciale negli Château piÚ importanti di Francia.

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Bibenda 81 duemiladiciannove

26

il

Gotha di Bordeaux

Château Margaux, Château Mouton Rotschild, Château Lafite

con l’appellation Péssac-Leognan, nata nel 1987, con Haut

Rotschild, Château Latour e Château Haut Brion sono tra i

Brion, il primo vino a essere commercializzato con il suo nome e

vini più importanti del mondo, da prima del 1855, anno della

non come semplice “vino di Bordeaux”.

classificazione che funge da segnalibro, ma che rappresenta un

La superficie vitata si estende su gran parte del dipartimento della

punto di partenza che suggella la reputazione che questi vini

Gironde, con un’altimetria curiosa, che non supera i 120 metri slm,

avevano già conquistato fin dall’origine del vino di Bordeaux.

sui coteaux e sulle terrazze alluvionali che si affacciano sull’estuario

La produzione bordolese si estende su un territorio vastissimo di

della Gironda, sulle rive della Garonna e della Dordogna,

112.000 ettari vitati, suddivisi in due grandi macroaree: quella

arricchite dalla presenza di croupes, affioramenti ghiaiosi con la

di maggiore rilevanza è la Rive Gauche del bordolese, da cui

proprietà di drenare le acque di superficie. I vigneti bordolesi sono

provengono i protagonisti della straordinaria orizzontale che si è

caratterizzati da un sottosuolo ricco di scheletro e da due tipi di

svolta lo scorso 2 aprile presso la nostra sede di Valmontone sotto

ghiaia (graves): le più interessanti sono le graves garronnaises, più

la guida professionale e competente di Paolo Lauciani.

ricche di sostanze minerali, dotate di grande permeabilità e situate

La Rive Gauche si divide in una sezione a nord di Bordeaux, il

lungo l’estuario. Tutti i vigneti migliori sono disposti sulle graves

Médoc, da cui è nato il mito della storia dei vini di Bordeaux, e

garonnaises, nella parte orientale del Médoc; le graves pirenaiche,

nella zona delle Graves, presente in questa serata esclusivamente

più antiche, sono disposte nella parte più occidentale del territorio.


Dal punto di vista climatico l’Aquitania è in una posizione estrema per la latitudine e per la vicinanza con l’Oceano Atlantico, ma questa situazione è mitigata dalla presenza dei corsi d’acqua (che proteggono dalle gelate e creano il fenomeno della rifrazione che garantisce all’uva una perfetta maturazione) e da un elemento artificiale, una foresta di pini marittimi, voluta e piantata all’epoca di Napoleone III, per evitare l’erosione dell’oceano, ma che rappresenta un baluardo che ne mitiga l’influenza, garantendo al vigneto un clima ottimale. La

2011

, annata protagonista di questa emozionante orizzontale, è definita

“gourmand”: calda, ricca di umidità e botrite, piccola e disomogenea, con maggiore velocità di evoluzione e di conseguenza bevuta più appagante in questo momento. Si sono raccolti acini piccoli, tanta buccia, poco succo e molta sostanza da estrarre; la vendemmia si è anticipata, limitando l’apporto zuccherino. Il risultato è stato un importante apporto di acidità e tannino, ma senza quell’equilibrio che garantisce al tannino e all’acidità di essere l’impalcatura su cui costruire una bella longevità. Di conseguenza sono stati prodotti vini “costruiti”, nel senso più positivo del termine, con un’attenta gestione dell’uva in cantina.

27


La Degustazione | O

rizzontale annata

2011

il Luogo:

Margaux Il filo conduttore della degustazione è stato di natura geografica. Siamo partiti infatti da Margaux, sinonimo di eleganza, la più estesa delle appellations comunali e quella con il maggior numero di grands crus (21), che comprende 5 comuni su 1490 ettari vitati, su suoli di matrice ghiaiosa, a base di graves bianche. Margaux è l’unico Chateau di Bordeaux che prende il nome dal comune, è il vino di Margaux per eccellenza. Considerato il più classico dei Premiers Grands Crus è anche il più innovativo: la vinificazione moderna, infatti, iniziò a Château Margaux con Steward Berlo, il primo enologo a vinificare separatamente le uve rosse dalle bianche.

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Château Margaux di proprietà di Corinne Mentzelopoulos, ha un’estensione vitata di 80 ettari di uve rosse (più 11 di vitigni a bacca bianca), suddivisi in 80 parcelle su terreni ghiaiosi attorno al castello. Il vitigno che lo caratterizza maggiormente è il Cabernet Sauvignon, con un’età media delle vigne 35 anni. La vinificazione si svolge in 100 tini in legno e acciaio da 5 a 180 hl; la maturazione avviene in barrique nuove al 100% per 18-24 mesi.

Chateau Margaux 2011 (Cabernet Sauvignon 86%, Merlot 10%, Cabernet Franc 2%, Petit Verdot 2%). Impatto visivo anomalo, rubino pieno con bordo appena granato, sfoggia una compattezza inusuale. La dominante olfattiva è un po’ figlia di questa annata strana: è immediatamente vegetale, con sensazioni che vanno dal rabarbaro al timo essiccato, muschio, sottobosco, con note cineree di incenso, tè nero, caffè in grani. Solo in un secondo momento emerge la polpa più dolce di mirtillo, ribes, la sensazione di viola, di fiore di ibisco, di carcadè. Dopo qualche secondo ritroviamo il Cabernet di Margaux nella spalla balsamica, che regala soavità, profumo, eleganza, un richiamo netto di eucalipto. L’assaggio sfoggia un tannino vigoroso, vellutato, leggermente più asciugante del normale, molto ben gestito da un buon apporto di freschezza e morbidezza. Il morso tannico lascia spazio a sensazioni di arancia amara, chinotto, frutti di sottobosco e finale speziato. Un Margaux un po’ più fisico e concentrato rispetto alla sua tradizionale armoniosa eleganza, ma che interpreta bene l’annata più serrata.

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I VINI

La Degustazione | O

rizzontale annata

2011

il Luogo:

Pauillac sinonimo di potenza ed eleganza, ha una superficie più piccola rispetto a

Margaux,

produzione minore e minor numero di produttori, ma la sua eccezionale morfologia, con un elevato numero di croupes, lo rendono un unicum morfologico.

Queste

graves garonnaises, la cui povertà è l’essenza di una grande ricchezza per un vigneto, beneficiano di un drenaggio naturale estremamente efficiente.

Château Mouton Rotschild di proprietà della famiglia

Rotschild,

si estende su

75

ettari su suoli ricchi di ghiaia,

rocce, sabbia, argilla, calcare e un apporto ferroso nel castello).

Grand Plateau (vicino al Nel 2013 venne realizzata la nuova cantina in cui tutto si muove per gravità

e con tini di rovere dotati di finestre che consentono il controllo ottico durante le fasi di vinificazione. L’età media delle vigne è di 50 anni, con una prevalenza di Cabernet Sauvignon, soprattutto per quanto riguarda le etichette più blasonate. La vinificazione si svolge in 64 tini in legno da 225 hl; la maturazione avviene in barrique nuove al 100% per 19-22 mesi.

Chateau Mouton Rotschild 2011 (Cabernet Sauvignon 90%, Merlot 7%, Cabernet Franc 3%). Manto rubino compatto. Naso scuro, terragno, con sensazioni di cassis, di gelatina di ribes, carbon fossile, humus, argilla, creta, fungo, terra battuta, fino ad arrivare a note di ferro, poi spezie, noce moscata, pepe, accenni di felce, muschio, erba di sfalcio, aloe, tabacco, scatola da sigari, legno di cedro. In sottofondo emerge una parte più ariosa, balsamica. L’identità gustativa è caratterizzata dalla maestria nella gestione della macerazione: l’apporto tannico è delicatissimo, di seta, di grande soavità, che facilita ritorni più freschi, balsamici, che spiccano più dei toni scuri che avevamo percepito inizialmente. Entra quasi scontroso, austero, introverso per poi non smettere più di parlare.

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Château Lafite Rotschild Domaines Barons de Rotschild, ha una superficie di 112 ettari, con una 50%, poi sabbia argille e marne; 50 ettari si trovano vicino al castello (fino a 27 metri slm), 50 ettari a Les Carruades (alcuni dentro Mouton), 4,5 ettari a La Cailleva (a Saint-Estèphe). L’età media delle vigne è di 40 anni, con una maggiore percentuale di Cabernet Sauvignon. La vinificazione avviene attraverso una selezione dei tini in cui andranno le uve: 29 di legno, 20 di acciaio inox, 17 di cemento da 45 a 270 hl; la maturazione si svolge in barrique nuove al 100%. di proprietà dei

composizione di suoli di matrice ghiaiosa per il

Chateau Lafite Rotschild 2011 (Cabernet Sauvignon 80%, Merlot 20%). Vino completamente diverso dal precedente, molto più leggiadro soave e soprattutto floreale, evoca ibisco, viola, rosa canina, spicca un’importante sensazione di verde che richiama muschio, felce, rabarbaro, con tocco di china, spezie amare, tamarindo, granatina, fino ad arrivare al mirtillo e a frutti scuri, chiude su toni fumé, quasi cacao amaro e un’idea lattica. Al gusto è un altro esempio di armonia eccellente, con un morso tannico leggermente più vibrante rispetto al Mouton e un finale leggermente più verde; meno preciso, meno arrotondato, un verde gradevole, di una vegetalità quasi balsamica, impreziosito da ritorni delicatamente speziati, con una evidenza di vaniglia che testimonia un’evoluzione più lenta di questo vino rispetto agli altri, ma una bellissima sostanza di ritorno, appena disturbata da una sensazione di tostatura di rovere, non ancora del tutto smaltita.

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I VINI

La Degustazione | O

rizzontale annata

2011

Château Latour appartiene al

Groupe Artémis,

si estende su

provengono esclusivamente dall’Enclos,

47

78

ettari, ma le uve per il

ettari collocati a

14

Grand Vin

metri slm su terreni

di matrice ghiaiosa e argillosa e ricchi di marne. Le vigne hanno un’età media di 40 anni. La vinificazione avviene in 80 vasche in inox (da 12 a 64 hl) e la maturazione si svolge in barrique nuove per 15-18 mesi.

Chateau Latour 2011 (Cabernet Sauvignon 84,5%, Merlot 15%, Petit Verdot 0,5%). “Il signore di Pauillac”, rappresenta la fisicità elegante dei vini di questa AOC. Veste rubino compatto. Profilo aromatico di estrema eleganza. Sparisce qualsiasi sensazione legata al legno, alla tostatura. Bouquet di spezie, di foglia di tè nero, di mora, ribes, frutta secca, nocciole e cioccolato gianduia, poi si apre a un’impronta più dolce, floreale, delicata, con qualche tocco finale più scuro, affumicato, che ricorda tabacco da sigaro, legno di cedro, scatola dI sigari. Rappresenta un’interpretazione magistrale della 2011, una sintesi di polpa, eleganza e armonia. Finale strepitoso, di straordinaria coerenza: le stesse sensazioni percepite al naso le ritroviamo in bocca, arricchite da una sferzata di freschezza. Ha mantenuto le caratteristiche di eleganza armoniosa; morso tannico e freschezza gli danno un valore aggiunto.

32


il Luogo:

Graves: Pessac-Léognan La regione delle GRAVES prende il nome dai terreni che consistono in strati profondi di ghiaia e pietra. Sotto la ghiaia si alternano strati di sabbia, crostoni e argilla. È l’unica regione di Bordeaux a far nascere sia vini rossi sia vini bianchi di qualità assoluta. La zona di PESSAC-LÉOGNAN, nella parte settentrionale delle Graves, è caratterizzata da un’armoniosa miscela di quarzo e quarzite ocra, bianca, rossa e rosa, diaspro, selce, con ciottoli, pietre e superfici ghiaiose che assorbono calore diurno e lo restituiscono gradualmente durante la notte, contribuendo alla migliore maturazione delle uve. Il clima è temperato, con umidità regolare, influenzato dal vicino oceano e protetto a ovest del bosco delle Landes girondine. L’appellation Pessac-Léognan è stata creata nel settembre 1987. Sulla spinta di André Lurton, che possedeva numerosi vigneti nelle Graves settentrionali, nel 1964 un gruppo di 60 châteaux creò un proprio Syndicat. Lurton portò la proposta all’INAO nel 1980. Nel 1984, gli châteaux scrissero Pessac-Léognan e Graves sulle etichette. Tre anni dopo Pessac-Léognan fu ufficialmente riconosciuta come AOC.

Château Haut Brion Dillon dal 1935, ha come direttore il principe Robert di Lussemburgo. La produzione prosegue costantemente sin dal lontano 1521, quando era conosciuto come Aubrion. Questo lo rende il più antico “luxury brand” di Bordeaux. Fu anche la prima tenuta a operare il rabbocco delle barrique. Oggi ha un’estensione vitata di 48 ettari (più 2,9 di vitigni a bacca bianca), con un’età media delle vigne di 36 anni, su suoli a base di ghiaia su argilla e sabbia con minerali vari e quarzo, a un’altitudine di 27 metri slm. La vinificazione avviene in tini in inox a doppia parete e la maturazione si svolge in barrique nuove al 100% per 24 mesi. di proprietà della famiglia

Chateau Haut Brion 2011 (Cabernet Sauvignon 46,3%, Merlot 34,8%, Cabernet Franc 18,9%). Tenue concentrazione cromatica. Spettro olfattivo dominato da un deciso attacco speziato, pepe nero, pepe rosa, curcuma, noce moscata, accompagnato da sensazioni di fiori più scuri, come la viola, e di vegetale nobile, alloro, lentisco, vira poi su richiami di forte tostatura, cacao amaro; chiude con un elegante apporto ferroso. Il palato è avvolto da una bella impostazione fisica, un tannino importante, leggermente disidratante nella parte finale del sorso; bellissima la persistenza di frutta, di spezie, di cioccolato, ma complessivamente è meno amalgamato degli altri. Il finale porta fuori una leggerissima nota verde.

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Bibenda 81 duemiladiciannove

Langhe, antico sapore di futuro

Langhe, antico sapore di futuro M 34

a s s i m o

B

i ll e t t o


Nelle Langhe il passato è sempre presente. Le nuove generazioni non hanno alcuna intenzione di cancellare la memoria dei padri.

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Bibenda 81 duemiladiciannove

Langhe, antico sapore di futuro

Sarà colpa dell’età, del desiderio crescente di fuggire dal caos; sarà che a un certo punto di una vita vorticosa, dopo aver dato e avuto tanto nei quattro angoli del globo, ti rendi conto che il poter respirare lentamente rappresenta la più importante fonte di gioia per l’anima; sarà che è nella natura umana compiere dei percorsi circolari che inevitabilmente ti riportano a un punto di origine, ma ogni volta che torno nelle Langhe il sentimento sempre più ricorrente e pervasivo è quello di non voler più andar via. Non certo per la banale equazione Langhe=grande vino+grande cucina, ma per il crescente fremito del “richiamo della foresta”, una sorta di mal d’Africa che ti porta a realizzare che quelli, e non altri, sono i tuoi luoghi naturali. Appartengo a quella generazione di Piemontesi che è cresciuta con l’aria caliginosa delle “piole”, nella sacralità delle domeniche dei tajarin e dei brasati, dei dissacranti “gaute la nata”* proferiti all’amico che prendeva troppo sul serio il rito della bevuta tra amici. Certo le Langhe sono cambiate. Trent’anni fa a Barolo c’erano un albergo e due ristoranti, oggi è un proliferare di accoglienza enogastronomica, di eventi artistici, di fermento culturale. Le Langhe però, a differenza di altri luoghi che hanno sepolto e mortificato il passato, non suscitano la nostalgia archeologica del “bel tempo che fu”. Qui il passato è sempre 36


presente. Le nuove generazioni non hanno alcuna intenzione di screditare, mortificare, cancellare la memoria dei padri. Nei vini, nella cucina, nell’architettura, nella letteratura, nell’impegno sociale, tutto è rivolto alla valorizzazione di un patrimonio dalle radici contadine che ha pochi eguali nel nostro Paese. Una terra un tempo povera, oggi ricchissima, dove nessuno è caduto nel tranello di montarsi la testa, ma nella quale ognuno custodisce la memoria del passato per costruire un presente e un futuro migliori. Il passato qui si traduceva in povertà, miseria e sofferenza, situazioni che hanno fortificato il carattere delle genti costituendo le radici di una rivoluzione culturale, sociale, economica che sembra non arrestarsi più. È la vera interpretazione e applicazione pratica del significato più autentico del termine “tradizione”, che viene altrove erroneamente confuso con immobilismo, ottusa conservazione del passato e conseguenti, reiterati, perpetui sbagli, e che qui diviene invece trasferimento di esperienza, comprensione e correzione degli errori; è “progresso di continuità”, mai “progresso di rottura”. Oggi in langa c’è probabilmente più ricchezza di quanta non ne venga millantata nelle svariate e iconiche località mondane, mete costanti del jet-set internazionale. Essa è ricchezza vera, conquistata con il lavoro, mai ostentata. Qui i fondamentali dell’economia non sono 37


Bibenda 81 duemiladiciannove

Langhe, antico sapore di futuro

costituiti da intrecci finanziari, spostamenti di capitali, brokeraggio. C’è, al contrario, la naturale evoluzione dell’economia familiare, basata sul lavoro, sui valori umani, sul travaso di esperienza. La saggezza contadina che evolve verso il benessere, tenuta sempre con i piedi saldamente a terra perché ogni generazione possa aggiungere un mattone al castello costruito dai predecessori, con la medesima fatica e la stessa passione. Un baluardo, forse l’ultimo, di quella che può essere definita una vera e propria “economia umanistica”. Il vino è lo specchio più cristallino e palese del quadro descritto. I vini di langa non sono assurti alla gloria mondiale a seguito di specifici progetti di marketing, investimenti forestieri, desiderio di primeggiare con altre realtà. Quando negli anni Settanta e Ottanta gli opinion leader anglosassoni e americani riempivano di elogi e sciorinavano “centocentesimi” a stuoli di grandi toscani, la notorietà internazionale dei vini delle Langhe non aveva, se non per pochissime etichette, neppure varcato il confine di Ventimiglia. Altri territori vitivinicoli italiani si sono fatti conoscere nei quattro angoli del globo (con straordinario merito, beninteso) attraverso battage pubblicitari e adozione di tecniche che potessero soddisfare i gusti dei palati e dei mercati più in auge, in linea con i rigorosi canoni del “gusto internazionale”. Il Barolo e il Barbaresco, al contrario, sono stati scoperti e si sono fatti strada lentamente, cantati da poeti, da intellettuali, da turisti “bohemien”, raccontati e descritti non come prodotti di mercato ma come tasselli di un mosaico territoriale maledettamente affascinante, inguaribilmente rustico eppur così sottilmente elegante. Barolo e Barbaresco, in questa logica di tradizione intesa come “trapasso evolutivo”, sono assai più buoni oggi che in passato. Del passato mantengono il carattere e la forza, rimangono vini indissolubilmente legati alla terra forte dalla quale nascono. Il tempo e il sano progresso li hanno però resi più amichevoli. Mantengono l’austerità del padre-padrone affiancata dalla saggezza del buon padre di famiglia. Tendono la mano al neofita non per il desiderio di piacere, ma per la voglia di fargli comprendere che dietro una scorza dura può esserci un animo nobile e generoso. Sono i testimoni veri del sobrio e nobile mondo delle Langhe, che sa catturarti lentamente in un abbraccio impalpabile e dal quale non vorrai più districarti.

*= letteralmente “levati il tappo”; figura allegorica relativa a un modo di dire molto utilizzato in Piemonte, con il quale si suggerisce alle persone che si prendono troppo sul serio di togliersi il tappo (la “nata” è il tappo della damigiana o dell’otre) e far uscire l’aria di boriosità. Un proverbiale richiamo alla sobrietà. 38


Porta la tua tessera di Fondazione Italiana Sommelier 2019 sempre con te, sul tuo smartphone. È facile! Apri la mail ricevuta da bibenda@bibenda.it, clicca sul banner blu con la scritta “per visualizzarla e stamparla” e apparirà in primo piano l’immagine della tua tessera. A questo punto puoi decidere di visualizzarla come ti è più comodo: salvarla come pdf sullo schermo

del tuo smartphone; salvarla nella galleria immagini; oppure in una delle diverse App disponibili per le Fidelity Card. La tua tessera resterà comunque a disposizione per sempre nella tua area personale sul sito www.bibenda.it Se per caso non la visualizzi ancora, inserisci i tuoi dati mancanti nella tua area personale e avvisaci, provvederemo subito ad eseguire l’aggiornamento per te.


Bibenda 81 duemiladiciannove

Parco Edoardo Valentini

Parco Edoardo Valentini Vignaiuolo e cantiniere (1933 – 2006) Per

la

Prima Volta

in

Produttore di Vino.

40

Italia

è stata dedicata una targa toponomastica ad un


41


Parco Edoardo Valentini | L

a

Cerimonia

Lunedì 15 luglio alla presenza del Vice Sindaco di Roma Luca Bergamo, del Presidente della Fondazione Italiana Sommelier Franco Maria Ricci e di Francesco Paolo Valentini si è tenuta la cerimonia di inaugurazione della targa “Parco Edoardo Valentini”. Un

importante riconoscimento per il grande produttore italiano scomparso nel

uomo che con il suo lavoro ha saputo erigere nel abruzzesi Trebbiano,

“Avere

Gotha

2006,

un

della viticoltura mondiale i vini

Montepulciano e Cerasuolo.

ottenuto la targa toponomastica dedicata ad

Edoardo Valentini

rappresenta un

momento importante per il Vino Italiano. Con l’intitolazione del Parco ad uno dei più grandi vignaioli del nostro

Paese, le Istituzioni mostrano la giusta attenzione nei confronti di un

settore che sta rendendo grande l’Italia nel mondo. Abbiamo portato avanti con convinzione questa richiesta, insieme a

Francesco Paolo Valentini, e la nostra istanza ha trovato casa Roma, grazie alla sensibilità mostrata dall’Amministrazione” dichiara in una nota Franco Maria Ricci, Presidente della Fondazione Italiana Sommelier.

a

42


n

A sinistra un ritratto di

Edoardo Valentini. Nelle laltre immagini, alcuni momenti della cerimonia di inaugurazione della targa toponomastica.

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Parco Edoardo Valentini | L

a

Cerimonia

In questa occasione, il Vice Sindaco di Roma Luca Bergamo ha dichiarato la sua soddisfazione: “Le targhe stradali sono dedicate a diverse categorie, quelle dedicate agli eroi, ai politici, agli artisti, agli scrittori, ai musicisti. Questa è la prima volta in cui una targa viene dedicata ad un Produttore di vino, un settore molto importante per il nostro Paese. Abbiamo sdoganato una nuova categoria e ne siamo orgogliosi.” Al Vice Sindaco di Roma Luca Bergamo sono state consegnate le insegne di Sommelier d’Onore della Fondazione Italiana Sommelier.

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Parco Edoardo Valentini | I

l

Brindisi

Al termine della cerimonia si è svolto il brindisi con il Trebbiano d’Abruzzo 2014, vino-icona di Valentini, per onorare il ricordo di chi ha reso grandi a livello mondiale i vini abruzzesi, valorizzandone la personalitĂ e la capacitĂ di raccontare il tempo negli anni.

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Vice Sindaco di Roma Luca Bergamo Sommelier d’Onore

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L’EVO, il nostro medico di famiglia

Bibenda 81 duemiladiciannove

L’EVO,

il nostro medico di famiglia M

48

a u r i z i o

S

agg i o n


Frammenti di apprendimento dagli incontri e dalle pubblicazioni della dott.ssa Sara Farnetti.

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Bibenda 81 duemiladiciannove

L’EVO, il nostro medico di famiglia

L’olio extravergine di oliva di qualità è un vero e proprio presi-

Eppure, a dispetto del crescente bagaglio di conoscenze che ab-

dio medico. Un complesso articolato di sostanze antiossidanti,

biamo a disposizione per diventare più consapevoli sul nostro

ipoglicemizzanti, antibiotiche, anticancro e antinfiammatorie,

stato di salute, del tutto sorprendentemente, continuiamo a

oggi sempre più al centro di studi e sperimentazioni. Purtrop-

sottovalutare il rapporto causa-effetto degli alimenti di cui ci

po tanta ricchezza di contenuti porta con sé molta approssi-

nutriamo e sullo stato di salute dei nostri organi, dimostran-

mazione, a volte dettata dal racconto non informato di alcuni

do una sostanziale inerzia nella comprensione delle dinamiche

comunicatori, altre volte non dettata dalla tutela degli interessi

evolutive della nostra condizione fisica nel tempo.

esclusivi del benessere dei consumatori.

La stessa Farnetti ci ricorda che l’obiettivo della nutrizione funzionale, invece, è quello di ottimizzare il concerto funzionale

Siamo in un periodo dell’anno dove il tema della perdita di

dei vari organi, aiutandoli a realizzare la propria ragione d’es-

peso, della dieta, della giusta ricetta, della ricerca di un nutri-

sere. Un regime alimentare corretto, infatti, deve poter rige-

zionista cui affidare il proprio destino alimentare, oppure sem-

nerare, donare splendore all’incarnato, migliorare l’efficienza

plicemente nella minuziosa ricerca dei cibi da eliminare dalla

mentale e le prestazioni psicofisiche e questo è possibile, ad

nostra dieta senza un criterio scientifi-

esempio nel caso del dimagramento,

co, tra queste l’olio sembra trovare uno

solo seguendo una dieta che fornisca

spazio in cima a queste liste.

un adeguato apporto lipidico. La forma ideale, dunque, non è estetica, ma

Eppure la scienza della nutrizione non ha

funzionale, e si ottiene combattendo

nulla a che vedere con la dieta o con regi-

‘dall’interno’ l’infiammazione che bru-

mi alimentari alla moda, come ci ricorda la

cia le difese immunitarie e attiva le

dott.ssa Sara Farnetti specialista in medici-

malattie, non certo inseguendo diete

na interna, fisiopatologa della nutrizione e

last minute, prive di grassi o sconside-

del metabolismo che, insieme al sottoscrit-

rate, che non consentono di abbando-

to e a Nicola Di Noia, ha contribuito alla

nare stili di vita rischiosi per il proprio

redazione del libro “il Raccolto dei Rac-

benessere futuro!

conti” dedicato alle storie dell’EVO.

50

Da lei abbiamo appreso che nutrirsi vuol

Dunque è nella relazione sostanze

dire alimentare il nostro corpo, assicuran-

contenute nei cibi e corretti abbina-

done l’integrità e l’evoluzione, in accordo

menti che si stabilisce il corretto pro-

con l’età e la propria salute. In altri termini, nutrirsi combinando

cesso funzionale. È in questa interazione tra alimenti che si

bene gli alimenti equivale a curarsi in maniera personalizzata, as-

collocano le straordinarie caratteristiche dell’Evo di qualità

secondando le proprie esigenze biologiche e funzionali. La medi-

ed i giusti abbinamenti consentono alle sostanze contenute

cina contemporanea qualificata dal paradigma della “precisione”,

nei cibi di diventare funzionali, ovvero attivano o inibiscono

propone terapie personalizzate in funzione del tipo biologico di

determinati processi ormonali del nostro organismo e dialo-

ciascuno, come dello stile di vita e sulla base dell’interpretazione

gano con il nostro genoma, facendolo evolvere. L’olio extra-

dei test genetici, ematochimici e del più innovativo profilo lipido-

vergine di oliva di alta qualità ha una funzione epigenetica e

mico, attua una sorveglianza attiva.

quindi influisce in maniera positiva sui nostri geni. È quindi


un esempio di alimento funzionale, un cosiddetto alimento-medicamento perché dai suoi principi traggono beneficio sia i nostri organi che le loro funzioni. Un alimento dunque che sostiene una ‘salute circolare’, perché nutre e gratifica, cura e ripristina lo stato di salute in modo sostenibile, naturale e umano, questo è un altro dei mantra che abbiamo appreso dalla dott.ssa Farnetti. L’olio extravergine di qualità è un attore strategico fondamentale di questo percorso circolare della salute, eppure non è semplice per il consumatore non consapevole riconoscere il Valore di questo prodotto e non ci sono molte opportunità che aiutino a comprendere, ad esempio, la quantità “giusta” da assumere quotidianamente. Inoltre il

n

Sara Farnetti

rapporto prezzo-qualità, soprattutto nella grande distribuzione, non permette di valutare

Ritratta dopo aver ricevuto il

differenze tra prodotti e le caratteristiche qualitative non emergono dalle etichette.

diploma di Sommelier d’Onore.

51


Bibenda 81 duemiladiciannove

L’EVO, il nostro medico di famiglia

Eppure sappiamo che l’EVO è un elemento essenziale nell’alimentazione, pensiamo alla fase dell’infanzia, la sua composizione in acidi grassi è molto simile a quella del latte materno. Contiene almeno 230 sostanze diverse, che costituisco il 2-3 % del peso secco, oltre alla frazione saponificabile costituita da glicerina, acidi grassi, specie monoinsaturi e acidi grassi essenziali, delle serie Omega 3 e 6. Le informazioni sulla qualità dell’extravergine, però, sono racchiuse nella bottiglia, più che esposte in etichetta. Sono quei dati olfattivi ed organolettici, non sempre apprezzati fino in fondo dal consumatore, come amaro e piccantezza. La presenza di queste caratteristiche indica una composizione ricca di sostanze dai riconosciuti ed efficaci effetti benefici: l’acido oleico e gli esclusivi bio-fenoli, significativamente presenti ed esclusivi dell’extravergine di qualità. L’olio extravergine di oliva, inoltre, mantiene intatte tutte le sue proprietà per mesi se ben conservato, chiuso, ed al riparo da fonti di luce e di calore. Può essere usato più volte giorno e non certo con il ‘contagocce’, come ci ricorda spesso la Farnetti, per assumere una sinergia di sostanze antiossidanti, ipoglicemizzanti, antibiotiche, anticancro e antinfiammatorie, bisogna sceglierlo di qualità ma anche usarne una discreta quantità. Ovviamente per ricevere i benefici descritti, dobbiamo rivolgerci alle eccellenze territoriali e alle produzioni di qualità del nostro territorio. La garanzia di qualità si trova nel profilo gusto-olfattivo del prodotto finale ma questo testimonia la correttezza dell’intero processo: se l’oliva è di qualità, lo anche il processo di produzione, con esito eccellenza eccellente ed ovviamente un costo che tiene conto della complessità e dell’attenzione costante all’intero processo. La nostra salute merita almeno la stessa attenzione, per questo ritengo non ci sia alternativa all’eccellenza! Questa magia si realizza grazie a centinaia di sostanze, alcune, oltre ad avere una funzione straordinaria quali presidi di salute sono percettibili al gusto, uno di queste è l’oleocantale una sostanza dal sapore piccante, inconfondibile e propria degli oli di alta qualità, che svolge un’efficace azione antinfiammatoria per le mucose della bocca, dell’esofago e dello stomaco. Un cucchiaio di olio extravergine in questi casi riduce il bruciore ed è un ottimo rimedio casalingo da usare in presenza di gastrite acuta. I polifenoli contenuti nell’olio extra vergine di qualità favoriscono la liberazione di neurotropine, che migliorano la sopravvivenza e la crescita neuronale anche nelle persone adulte. Conseguentemente, l’olio extravergine fa bene alla nostra memoria ed ai nostri processi cognitivi. La Farnetti ci ricorda nelle sue pubblicazioni come l’oleocantale riduca anche l’accumulo della betamiloide nel cervello, una proteina anormale associata al morbo dell’Alzheimer e protegge le cellule nervose dai tipici attacchi e danni di questa malattia. Ha inoltre un’influenza benefica anche sulle demenze correlate alle condizioni neurodegenerative. Tra le varie azioni benefiche dell’olio extravergine di oliva di qualità c’è anche quella di migliorare l’assorbimento delle vitamine liposolubili, come la vitamina A e la vitamina 52


D. Inoltre, ha un’azione antiossidante e anti età grazie alla vitamina E che contiene in forma bioattiva l’alfa - tocoferolo, i composti fenolici, gli acidi grassi essenziali delle serie Omega 3 e 6, l’acido linoleico e linolenico e lo squalene, che contrasta l’invecchiamento cutaneo. Non a caso, durante un regime dimagrante ipolipidico, quindi con pochi grassi, il colorito è spento, la pelle perde idratazione, la memoria si indebolisce, e si diventa più facilmente irritabili, nervosi e malinconici. Un migliore assorbimento del calcio e del magnesio sono inoltre favoriti dall’olio extravergine d’oliva grazie all’aumento di biodisponibilità delle vitamine D e K2 degli alimenti conditi con esso. Questo significa che l’olio rafforza anche la salute delle nostre ossa e dei legamenti, previene i crampi, le distorsioni, l’affaticamento ed è un ottimo alleato nella prevenzione dell’osteoporosi. È argomento consolidato che l’Evo di qualità faccia aumentare il colesterolo HDL, il cosiddetto colesterolo buono, mentre riduce il colesterolo LDL, quello cattivo. Infatti, i fitosteroli che contiene, in particolare, il B-sitosterolo, riducono l’assorbimento del colesterolo, mentre gli alcoli terpenici ne migliorano l’escrezione. L’oleuropeina che contiene è vasodilante e quindi regolarizza pressione arteriosa e battito cardiaco. Meglio allora un cucchiaio di olio che una spremuta di frutta in caso di ipertensione arteriosa, perché l’olio protegge l’apparato cardiovascolare, il cuore e le arterie. 53


Bibenda 81 duemiladiciannove

L’EVO, il nostro medico di famiglia

Possiamo proprio affermare che l’Evo di qualità possa essere con-

carboidrati e ne riduce la disponibilità ad essere metabolizzati. In

siderato il nostro medico di famiglia! Tuttavia è un prodotto de-

particolare, quando si lessano cibi che contengono amidi, come la

licato che deve essere trattato con cura dalla conservazione all’uso

pasta o il riso, se ne rendono disponibili gli zuccheri. L’aggiunta di

in cucina e proprio in questa fase, legata a tradizioni alimentari

olio a crudo allora, incapsulando la pasta o il riso in un velo pro-

dell’altroevo, appare ancora azione incerta di utilizzo, non solo nel-

tettivo, rallenta l’assorbimento di questi zuccheri, perché lo svuo-

le cucine domestiche, nel rapporto utilizzo a crudo o in cottura.

tamento gastrico diventa più graduale mentre aumenta la viscosità

Comunque lo si “interpreti”, l’olio extravergine di oliva, impie-

del contenuto intestinale. Lo stesso principio benefico vale anche

gato in cottura o utilizzato a crudo regolarizza anche le funzioni

per l’uso a caldo. Tra una pasta saltata in padella con l’olio ed una

intestinali sia nella stipsi atonica che in quella spastica. Ha una

semplicemente bollita e scondita, per preservare linea e salute è

azione lubrificante e lenitiva sulle mucose, utile nella patologia

preferibile quella con l’olio. La prima ricetta inoltre avrà un indice

emorroidaria e nella sindrome del colon irritabile. Regolando

glicemico più basso perché l’olio extravergine d’oliva usato in cot-

poi il microbiota intestinale, ovvero l’insieme di tutti i micror-

tura, per mantecare, riduce l’assorbimento dei carboidrati. Siamo

ganismi che colonizzano il nostro intestino, l’olio extravergine

tutti d’accordo, allora, che rinunciare al gusto fa male all’umore e

ne migliora l’equilibrio, con effetto benefico per l’organismo, in

non fa guadagnare informa fisica!

particolare per il sistema immunitario.

54

E qui ricorro di nuovo alle parole della dott.ssa Farnetti per sfa-

Per quanto descritto sin ora non possiamo che accogliere le tesi della

tare un mito resistente: il grasso dell’olio non ingrassa. L’aggiunta

Farnetti: la sinergia dei nutrienti e combinazioni di alimenti preci-

dell’olio alle pietanze riduce il senso di fame e quindi la quantità di

se, sono funzionali per sfruttare al massimo i benefici delle sostanze

cibo che si assume perché controlla la velocità di assorbimento dei

contenute nei diversi cibi. D’altra parte le sostanze antitumorali con-


tenute nell’olio extravergine, lignani, secoiridoidi, idrossitirosolo e tirosolo, sono più efficaci

n

se assunte insieme agli alimenti ricchi di fibra. Il miglior modo per renderli efficaci è condire

Basilico: compagni ideali

con olio extravergine i nostri piatti, e si può tranquillamente affermare che alimentarsi con

dell’Olio Extravergine d’Oliva

olio extravergine d’oliva sia la prima barriera di prevenzione del cancro da poter mettere in

per un piatto decisamente estivo

atto. L’olio extravergine svolge infatti un’azione nutrigenomica con effetto diretto sui geni

e assolutamente mediterraneo.

Pomodori, Mozzarella,

della longevità e quindi sull’aspettativa di vita, per questo non è saggio toglierlo alla dieta o ridurlo al solo scopo di ingerire meno calorie: bisogna piuttosto saper combinare gli alimenti per realizzare un “progetto ormonale di lunga vita”. È inoltre un luogo comune pensare che l’olio in cottura sia tossico e faccia male alla salute, aumentando glicemia, colesterolo e rallentando la digestione. Agevola invece i processi digestivi in modo sostanziale. Pensiamo alle classiche verdure fritte: sono più digeribili di quelle lesse perché risultano disidratate ed attivano la funzione del fegato in quanto stimolano la liberazione di bile nell’intestino. A condizione è che ci si attenga però a regole precise: in cottura l’olio subisce lo stress maggiore e quindi è 55


Bibenda 81 duemiladiciannove

L’EVO, il nostro medico di famiglia

proprio per cucinare che si deve usare un olio extravergine di oliva di ottima qualità. Il punto di fumo di quest’olio infatti si raggiunge a 200°C mentre uno di bassa qualità lo raggiunge a 150°C. Il punto di fumo è la temperatura a cui l’olio fuma ed emette un odore acre, quando sviluppa l’acroleina una sostanza tossica e cancerogena. Parlare di Evo in cucina necessita di soffermarci su un punto al centro di continui dibattiti: la frittura. Per questo è senz’altro utile ragionare su alcune regole basilari per la frittura. Ad esempio utilizzare esclusivamente olio extravergine di oliva di ottima qualità e non superare mai la temperatura massima di 160°C - 180°C. Evitare di riutilizzare l’olio della frittura e ridurre i tempi di cottura per evitare che gli alimenti fritti si colorino eccessivamente: l’acrilamide è una sostanza cancerogena che si trova nelle parti di cibo bruciacchiate o scure, che dovremmo evitare. È importante ricordare che gli alimenti da friggere devono trovarsi prima della cottura a temperatura ambiente, essere asciutti e non salati. Per la frittura è da preferire la padella o la friggitrice con cestello in acciaio inox. In commercio si trovano numerosissimi prodotti preparati con grassi vegetali, camuffati in etichetta dalla dicitura “oli vegetali” che richiama automaticamente l’idea di un ingrediente naturale e salutare. Ma la vitamina E contenuta negli oli vegetali, pur se contenuta in grandi quantità, si presenta in forma molto instabile e si riduce non appena l’olio viene esposto alla luce e all’aria, anche dopo soli 2-3 mesi di permanenza in bottiglia, mentre nell’extravergine si conserva molto più a lungo. Il punto di fumo degli oli vegetali poi è naturalmente basso, così per renderli più stabili in cottura vengono sottoposti al processo chimico della raffinatura, che di certo non li rende salutari. Bisognerebbe pertanto evitare di consumare eccessive quantità di questi oli vegetali sia a crudo che in cottura. In questo articolo ho provato a condensare riflessioni personali da appassionato e comunicatore di olio, integrandole con argomenti tratti dal libro che consiglio per la lettura estiva di qualità che ho indicato a fine pagina. Continuiamo il nostro percorso verso una maggiore consapevolezza sul Valore dell’Evo, da questo articolo possiamo disporre di maggiori elementi per comprendere lo straordinario dono di questo alimento-medicamento; siamo più coscienti della relazione di reciprocità tra prodotto e consumatore e questa nuova responsabilità ci richiama a ricercare costantemente la qualità che si trova solo nelle produzioni di eccellenza, fortunatamente assai presenti nel nostro paese, è con questi produttori che n

56

Per approfondire maggiormente i temi

dobbiamo costruire un’alleanza per la salute comune e la salute delle nostra terre.

trattati: Sara Farnetti. “Mai più a dieta.

La cura della nostra salute è una responsabilità anche nei confronti della collettività.

Salute e longevità con la medicina di

Ogni scelta che compiamo si riverbera intorno a noi e nel tempo. Oggi è il momento

precisione” edito nel 2018 da BUR.

dell’assunzione di nuovi impegni e l’EVO ci indica una strada possibile.


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l’Oliol’Olio è l’Olio è

❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO 2017 ❖ ❖ A PARTIRE DAL MAGGIODAL 2017 ❖ 12 A PARTIRE 12 ❖ MAGGIO

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CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO E DELL’OLIO con il INTERNAZIONALE Riconoscimento Giuridico della Repubblica CENTRO PER LA CULTURA DEL VINO EItaliana DELL’OLIO CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO

ALL’HOTEL ROME CAVALIERI IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO

con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica Italiana con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica 57


Bibenda 81 duemiladiciannove

Primavera e gioventù

Primavera & gioventù R

o b e r t o

O

d d o

Pietracava e i suoi bianchi da Pablo’s

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59


Bibenda 81 duemiladiciannove

Primavera e gioventù

La primavera è stata quest’anno una lunghissima notte in bianco, fatta di attesa e di brividi, ma finalmente sembra essersi riversata nei calici con il calore dell’entusiasmo e la freschezza della voglia di sperimentarsi. Paolo Romano, chef neanche trentenne, offre le sue creazioni al Pablo’s, il suo ristorante e lounge bar, ai bianchi di Pietracava, un’azienda con poche vendemmie alle spalle che si stanno proponendo tutte con sempre più ampio successo. Nata dalla volontà di recuperare la tradizione e la cultura agricola nel nisseno, per la precisione a Butera, in un territorio collinare incluso nell’areale del Cerasuolo di Vittoria, Pietracava offre già un ventaglio di undici etichette (tutti con nomi intrisi di grazia n

Paolo Romano

classica e agricola). Del resto, a sentire Mariella Ortoleva che rappresenta la famiglia a capo

Patron e Chef del Pablo’s.

dell’azienda (22 ettari che includono vigneti e area di vinificazione), il meglio deve ancora arrivare. In attesa di conoscere ciò che il futuro ci riserva, ci dilettiamo con una carta di vini piuttosto solida che si concretizza, nella serata dello scorso 6 giugno, in tre bianchi.

n

Pietracava Vini Via PietraCava Butera CL Tel. 0934 1935592 www.pietracava.it

60


Si apre e si chiude all’insegna dello Chardonnay: il

Bacc’auri, vino

giovane e brillante che fa solo acciaio, si impone per la luce bellissima che emana, i

n

Pablo’s ristorante

lounge bar

profumi avvolgenti di frutta fresca, bianca, gialla, esotica con un tocco floreale carnoso.

Via IV Aprile, 9°

In bocca è fresco e di lunga sapidità e, del prezioso tris di antipastini siciliani rivisitati,

90133 Palermo

incontra con gusto la tempura di cacio all’argentiera e ancor più la muffoletta con spuma

Tel. 091 7521950

di ricotta e colatura di alici, ma sposa alla perfezione lo sfincionello a vapore, fondendosi con gentilezza alla cipolla nell’aromaticità e avvolgendo il palato nel morso. L’

Idria, Chardonnay lavorato in acciaio e legno piccolo, a ragione viene

abbinato all’eccellente sgombro alla ghiotta in quanto le note tostate e burrose della maturazione si allineano a un pesce di sapore piuttosto deciso. Rimane qualche perplessità sull’esuberanza del legno piccolo che, allo stato attuale di gioventù, offusca un po’ la freschezza delle uve, buonissime, e solo in parte deterge il palato, ma la forza dell’incontro è corretta. Attendiamo con curiosità la crescita di questo vino tra un paio d’anni in prossimi abbinamenti. Tra le due esperienze di Chardonnay si innesta

Pioggia di Luce,

una declinazione di Grillo che si fa amare in modo particolare per le sue note delicate di erbe aromatiche in primo piano, come un refolo di vento che attraversa un aiuola di piante aromatiche, in ottimo equilibrio con la nota che ricorda la frutta matura ma fragrante al tempo stesso. Sembra quasi di sedere al tavolo del cortile di una villa di campagna circondati da una natura in piena spinta primaverile. Il vino ben incontra i cavatelli allo zafferano con ragù di sarde, crema di finocchietto e pinoli tostati, la sua complessità si traduce in un sorso di buon corpo e di buona persistenza e apprezzabile per freschezza e bevibilità. L’idea convince, l’abbinamento funziona, il gusto è più che appagato. Il magnifico cannolo scomposto in versione magnum su stecco è uno dei dessert più golosi che si ricordino, un trionfo di gola che chiude la serata e apre la stagione estiva.

61


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Il Molise e la Tintilia

Il molise e la

Tintilia M

a r i acla r a

Il valore dell’appartenenza

62

M

e n e n t i

S

av e ll i


63


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Il Molise e la Tintilia

Il Molise ti accoglie con due diverse facce, mostrando come la forza della natura abbia diversamente plasmato il paesaggio e come l’uomo l’abbia assecondata, ricalcando un disegno stabilito in migliaia di anni. Se entri dalla lunga panoramica Adriatica, ti trovi bruscamente catapultato in un mondo antico, ancora apparentemente incontaminato: un territorio ricco di vegetazione e con le acque del Biferno e i suoi affluenti che rumoreggiano, correndo lungo percorsi tracciati nei secoli. La fascia costiera, caratterizzata dalla presenza della dorsale appenninica, disegna l’intero percorso, raccontando il passaggio della storia e delle tante vicende umane. La strada serpeggia fra boschi e una fitta vegetazione fino ad aprirsi su una piccola valle dominata dal borgo di S. Martino in Pensilis, arroccato su un colle ripidissimo. Tutto è verde, lussureggiante, incantevole. Eppure si avverte che un altro diverso scenario si apre oltre gli alberi e le colline: un territorio ricco di aree archeologiche, piccoli borghi, strade strette e il silenzio che diventa parte integrante del paesaggio. È proprio il fattore orografico, con le grandi barriere naturali della Maiella e del Matese (l’antico Tifernus) nonché i vari tracciati fluviali che da sempre condizionano, in modo determinante, l’antropizzazione di questa terra. Il Molise che non c’era, quello chiuso fra la Campania nord-orientale, la Puglia e il basso Abruzzo, un tempo identificato con l’antico Sannio, è il risultato di grandi cambiamenti che soltanto nel 1963, per distacco dall’Abruzzo, gli hanno permesso di nascere come regione autonoma. 64


Un Giano bifronte, come se la regione fosse divisa da un confine

pronta stessa di questo territorio, tanto che dal 2011 (con disci-

netto e preciso, tracciato dalle differenze geologiche, geografiche e

plinare di produzione modificato nel 2014) è Denominazione di

fisiche. Dislivelli, rilievi carsici montuosi, sostanziali differenze nei

Origine Controllata “Tintilia del Molise”, nelle tipologie Rosso,

suoli e nei terreni: dalle formazioni cretacee del Matese a quelle

Rosso Riserva e Rosato.

eoceniche dei bacini idrografici della regione; dai terreni argilloso-

Il nome sembra alludere a certe sue caratteristiche genetiche: da

marnosi a quelli alluvionali.

Tinta, Tintore, Tintoria, uva del gruppo viticolo delle Tintorie, popolazione a succo molto intenso e colorato, un’uva “che tinge”,

E appena si coglie tutta la bellezza di questa terra, una bellezza

ma che in realtà non è particolarmente ricca in proantocianidine

selvaggia a tratti indomabile, si sente il desiderio di scoprirla e

e antociani. Durante il processo di fermentazione rilascia

di farne parte. Il Molise è da sempre terra di confine, crocevia di

rapidamente colore che risulta tuttavia instabile, a causa di un

popoli e di culture: Osci, Piceni, Frentani, Sanniti che avevano

modesto contenuto proantocianico.

iniziato un lento ma graduale sviluppo della viticoltura nelle zone più interne, su terre disboscate e preparate all’arrivo della vite.

La sua origine appare incerta. Contesa fra Spagna e Francia, la

Oggi i vigneti costituiscono una parte essenziale del paesaggio

Tintilia fu forse introdotta in questa regione in epoca napoleonica

e, malgrado la riduzione della superficie vitata, i produttori

o, probabilmente, era già presente in una parte della regione già

molisani puntano sulla valorizzazione dei vitigni autoctoni e sul

dalla metà del 1700 durante il Regno Borbonico. La troviamo

loro indiscusso valore.

citata per la prima volta nel 1810 in una Memoria dell’agronomo Raffaele Pepe, lo stesso che, qualche anno più tardi nel rifornire

La Tintilia o Tintiglia - come anticamente veniva chiamata e ri-

l’assortimento varietale “della provincia di Molise”, richiese “le

conosciuta - è un vitigno-ambiente, capace di conservare l’im-

marze forestiere della vite Le Tenturier d’Espagne, la “Tintiglia”. 65


Bibenda 81 duemiladiciannove

Il Molise e la Tintilia

A partire dal 1812 iniziarono i primi esperimenti di impianto nell’Orto Agrario di Campobasso e le barbatelle vennero distribuite a facoltosi proprietari terrieri così che, nel giro di poco tempo, la Tintilia si diffuse nell’intera regione. Dopo gli studi genetici eseguiti sul vitigno, si può escludere la sua identificazione con il Bovale sardo o Bovale Grande, con l’Aglianico, la Tintilla de Rota e il Muristrell, il che dimostra la sua unicità, tipicità e identificazione con questo territorio. Dall’allevamento alla latina (alberello con capo più lungo) o con il sistema alla greca (con capo corto detto attestato), si è passati a forme di impianto capaci di garantire una migliore qualità complessiva del vigneto, attraverso la competizione radicale, la riduzione del rapporto buccia-polpa, e un maggiore equilibrio vegeto-produttivo. I vigneti di Tintilia insistono su terreni collinari nell’ambito della zona geografica delimitata tra i comuni delle province di Campobasso e Isernia, su suoli ben drenati, calcareo-argillosi, pietrosi, sabbiosi (verso le zone costiere) con altitudini non inferiori ai 200 metri sul livello del mare. Un vitigno ricco in tannini e capace di mantenere nel tempo una vivace acidità che gli conferisce forza di espressione e personalità sorprendenti. I profumi sono così legati a questo territorio da non lasciare dubbi sulla sua origine: suadente nei toni fruttati di mora, prugna, ciliegia; accattivante nel profilo floreale in cui memorie di violetta si uniscono a quelle della rosa; distintivo nei ricordi di iodio, carciofo, asparago selvatico, spezie piccanti e liquirizia. Succoso e saporito nell’assaggio, peculiare nei tannini ricchi ma ben fusi con il resto degli elementi e una preziosa nota di sapidità a caratterizzare il finale. “Io sono me più il mio ambiente e se non preservo quest’ultimo non preservo me stesso” (José Ortega y Gasset) 66



Mykonos da bere

Bibenda 81 duemiladiciannove

Mykonos da bere C

a r l o t t a

P

i r r o

Dall’Assyrtiko all’Ouzo, tanti prodotti da degustare nella meravigliosa isola greca.

Scogliere rocciose, chiesette bianche e blu, fichi d’India, una sconfinata distesa di mare cristallino tutto intorno: ecco come si presenta la Grecia nell’immaginario collettivo. E Mykonos non delude alcuna di queste aspettative, è proprio così come la si immagina, racchiudendo alla perfezione tutte le tradizioni greche. Perla delle Isole Cicladi, si trova a cento miglia marine dal Pireo, quel famoso e mitico porto da cui tante navi sono salpate secoli orsono tra storia e leggenda. 68


Mykonos è famosa non tanto per i suoi diciotto chilometri di costa lambiti da altrettanta sabbia dorata, quanto piuttosto per essere l’isola della “movida”, della perdizione e degli incontri amorosi che videro come protagonisti già Jackie Kennedy e Aristotele Onassis, che avevano trovato tra questi lidi rocciosi riparo per le loro fughe d’amore lontano da occhi indiscreti. Piccola curiosità: si dice che Mykonos ospiti fino a 365 chiesette, quasi una per ogni famiglia, che ne dispongono come dependance della propria abitazione, tutto rigorosamente in perfetto stile architettonico cicladico con un bianco dalla luce abbagliante, incorniciato dal blu cobalto dei tetti. Perdendosi nel dedalo di vicoli della Kora, il centro di Mykonos, si può prendere un cocktail nella Little Venice ammirando sullo sfondo i caratteristici mulini a vento che incorniciano il paesaggio marino seduti ad uno dei tanti bar sul lungomare. Per calarsi però nel pieno delle tradizioni autoctone e per trovare un po’ di refrigerio dalla calura estiva si sorseggiano aperitivi a base di Ouzo, un distillato greco di mosto d’uva aromatizzato con anice, che viene servito con ghiaccio e mezedes, piccoli spuntini salati a base di pesce, che vanno ad esaltare l’aromaticità del distillato. L’aromaticità dell’Ouzo deriva dalla presenza dell’anice, ma la tradizione consente di utilizzare anche altri ingredienti quali coriandolo, liquirizia, chiodi di garofano, nocciole, cannella, fiori di cedro e menta. In Grecia gli Ouzeri sono piuttosto diffusi, veri e propri bar dell’Ouzo dove si consuma, in amabile compagnia, questo distillato o nella versione liscia, in funzione di digestivo, o allungato con acqua e ghiaccio grazie al quale assume la nota colorazione lattiginosa per via del potere solvente dell’alcol sugli oli essenziali contenuti nella bevanda. Tanto è rappresentativo l’Ouzo della Grecia che esiste un vero e proprio Museo di questa bevanda nella sua terra elettiva di produzione: a Plomari, sull’Isola di Lesbo, ove troviamo anche la sede degli stabilimenti Varvagiannis, i maggiori produttori del distillato. Se alle notti brave si preferisce un sano relax in riva al mare, si può sorseggiare un calice ghiacciato di Assyrtiko, vitigno autoctono greco a bacca bianca coltivato a Santorini, isola vulcanica dalla sabbia nera che, grazie alla composizione del terreno, conferisce grande mineralità ai suoi vini, che regalano un sorso pieno, caratterizzato da profumi fruttati che ricordano gli agrumi, l’ananas e i fiori bianchi, come la zagara e il biancospino. L’Assyrtiko, vitigno impiantato nella Grecia continentale, soprattutto in Macedonia e nel Peloponneso, è caratterizzato da una grandissima resistenza all’aridità, alla peronospora e alle muffe, tanto che nei vigneti di Santorini permane nella forma originaria a piede franco, senza portainnesti, in quanto mai attaccato dalla fillossera, complice la composizione del suolo dell’isola di matrice vulcanica. Sorseggiare questo vino, mentre soffia il Meltemi – vento del nord che accarezza l’isola – regalando refrigerio dalla calura delle estati greche, ci svela che Mykonos non è solo l’isola della “movida”, ma un luogo unico e magico che rimane dentro come un dolcissimo ricordo. Alla salute, o, come direbbero a Mykonos: γεια μας! 69


Cocktail e vino

Bibenda 81 duemiladiciannove

Cocktail e vino S

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alva t o r e

M

a r s i ll o


La New Wave dell’Happy Hour prevede l’insolita partecipazione dei vini fermi anziché degli spumanti, già ampiamente impiegati nei cocktail più tradizionali.

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Bibenda 81 duemiladiciannove

Cocktail e vino

Che sia su una terrazza vista mare o a bordo piscina la scelta per l’aperitivo estivo si orienta quasi sempre su cocktail freschi e colorati. Accessoriati di frutta, erbe, ombrellini, mettono allegria solo a vederli e “sprizzano” estate a ogni sorso. Accanto ai cocktail tradizionali come Mojito, Alexander, Sex on the Beach e Daiquiri, tutti declinati in versione frozen nei mesi più caldi, stanno spuntando come funghi nuove ricette sulla scia di una tendenza della mixologia internazionale che propone il vino come ingrediente principale o mescolato ai superalcolici. Già prima di questa nuova moda la lista dei cocktail a base di vino era molto nutrita, comprendendo plurigettonati come Bellini, Mimosa, l’onnipresente Spritz o meno conosciuti come il Pernod Fizz, l’Hugo, il Russian Spring Punch e il Barracuda, accomunati tutti dalla base effervescente, Prosecco, Spumante o Champagne. Ma ora, la New Wave della mixologia sta coinvolgendo anche i vini fermi. Superato lo scetticismo iniziale dei puristi, convinti che mescolare il vino a soft drink, liquori e distillati equivalga a svilirlo, la nuova corrente si sta diffondendo velocemente in tutto il mondo. Per fare una carrellata dei principali cocktail rientranti in questa tipologia, dobbiamo partire innanzitutto da quelli che ne sono stati i precursori, il New York Sour e il Kir. Il New York Sour, a dispetto del nome è stato creato nel 1870 da un barista di Chicago e nel corso degli anni ha cambiato appellativo diverse volte, passando per Continental Sour e Whisky Sour del Sud, prima di arrivare al nome attuale. È un cocktail molto fresco in cui l’acidità del limone e i sentori torbati del whisky si sposano alla perfezione al vino rosso, che può essere un Cabernet Sauvignon californiano o un Tempranillo del Texas, purché giovane e fruttato. Alcuni mixologist toscani si sono ispirati al New York Sour per creare il Tuscan Sour, sostituendo il vino americano col Sangiovese. Il Kir è stato inventato in Francia, e precisamente in Borgogna, intorno alla metà del Novecento dall’abate Felix Kir di Digione, che era solito offrirlo alle delegazioni in visita, 72


e oggi gode della certificazione ufficiale dell’Associazione Internazionale Bartenders. Per la preparazione sono usati per 3/4 i classici vini bianchi della regione, quindi l’Aligotè di Borgogna, lo Chablis o un altro Chardonnay, mescolati a 1/3 di Crème de cassis (chiamata anche Cassis de Dijon), un liquore ottenuto dalla macerazione del ribes nero in alcol con l’aggiunta di sciroppo di zucchero. Esiste una variante con lo champagne, in questo caso avremo il Kir Royal. L’Italia risponde alla Francia col Reciojto, ideato dalla cantina veneta Masi Agricola e presentato qualche anno fa al Vinitaly. Come il nome suggerisce, per questo cocktail la maison è partita dal proprio Recioto della Valpolicella Angelorum con l’idea di promuoverlo oltre i confini convenzionali del vino da meditazione o da abbinare ai dessert e ai formaggi erborinati per prestarlo al mondo dell’Happy Hour. Per gustare il Reciojto occorrono 8-10 foglie menta, 3 cl di succo di lime non filtrato, 3 cl di sciroppo di zucchero, 3 cl di Rum Bianco e 3 cl di Recioto Classico Masi, soda e zucchero di canna bianco. Lo versiamo in un tumbler decorato con un rametto di menta e una fetta di lime e il gioco è fatto. Sulla scia della “nuova ondata” dall’altra parte dell’Atlantico hanno brevettato il Watermelon Pepper, un altro cocktail tipicamente estivo per tavolozza e ingredienti, molto in voga nei locali modaioli di Manhattan, che si ottiene con lime tagliato a pezzi, 3 foglie di basilico, 3 pezzetti di anguria fresca schiacciati a cui si aggiungono 5 cl di vino bianco giovane e per concludere una spolverata di pepe rosa in superficie. Di recente invenzione anche il Knight of Heart - mix di Syrah, mezcal, Puntemes e liquore alla nocciola - e tanti altri ancora ad arricchire l’offerta in un settore che come limiti ha solo la fantasia e la voglia di sperimentare dei mixologist, moderni alchimisti che calibrano sapientemente sapori già noti per crearne di nuovi. 73


Caprai day

La speciale annata 2015


Lunedì 16 Settembre 2019 Degustazione a banchi di Scuola dalle ore 20 alle 22,30 presso l’Hotel Rome Cavalieri - via Alberto Cadlolo, 101

Un grande evento per celebrare la ripresa dell’anno sociale della Fondazione Italiana Sommelier. Una degustazione dal sapore esclusivo ideata da Marco Caprai per sottolineare quanto sia stata di speciale qualità l’annata 2015 in Italia e soprattutto in Umbria. La grande novità è la nuova collaborazione tecnica con il grande enologo bordolese Michel Rolland e del suo team. In loro compagnia avremo modo di degustare i vini dell’annata 2015 firmati “Rolland”, assieme all’anteprima assoluta di due etichette inedite da Pinot Nero e Merlot.

Ecco le etichette in degustazione

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Pinot Nero Malcompare 2015

Anteprima A

Merlot Belcompare 2015

Anteprima A

ssoluta

Montefalco Rosso Riserva 2015 Sagrantino di Montefalco Collepiano2015 Sagrantino di Montefalco Valdimaggio 2015 Sagrantino di Montefalco 25 Anni 2015

Prenotazione: obbligatoria su www.bibenda.it Contributo di partecipazione: 10 Euro Tutte le attività, sia nel caso di ingresso gratuito, sia quelle per le quali viene chiesto un contributo di partecipazione, sono riservate esclusivamente agli iscritti alla Fondazione Italiana Sommelier per l’anno relativo. In via eccezionale, per questa attività è consentita la partecipazione anche ad un massimo di 2 ospiti/accompagnatori non iscritti. Contributo di partecipazione accompagnatore: 10 Euro L’eventuale impossibilità di partecipare all’evento prenotato va comunicata al massimo 2 giorni prima della data prevista.


Bibenda 81 duemiladiciannove

Il primo Birraio Chef d’Italia parla pugliese

Il primo Birraio Chef d’Italia parla pugliese 76


F

ab i a n a

P

e ll e g r i n o

Stacca la spina da cuoco dipendente per inseguire il suo sogno di unire le sue due passioni e portare il concetto di birra oltre le apparenze.

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Bibenda 81 duemiladiciannove

Il primo Birraio Chef d’Italia parla pugliese

Poco più che trentenne, lucerino Doc, Chef Birraio di professione. Pochi, essenziali elementi per comprendere l’energia, la tenacia e la passione che muovono Paolo Favilla. Praticamente un vulcano di idee e di curiosità che lo hanno spinto negli ultimi anni prima ad affinare le competenze tecniche in cucina e poi a diplomarsi come Birraio presso l’Accademia Birrai Artigiani. La necessaria gavetta sotto la guida di grandi Chef tra cui Rossano Boscolo, uno dei padri della cucina italiana contemporanea, Vito Semeraro, ex capitano della nazionale FIC, e qualche anno di sperimentazione da mastro birraio “in erba”, tra cereali, luppoli e divertimento. La curiosità è tanta da spingerlo a scavalcare la sperimentazione da autodidatta e tornare a studiare. Dopo essersi diplomato birraio, fa esperienza in uno dei più grandi birrifici d’Italia, Birrificio Almond 22 di Jurij Ferri, suo grande maestro dall’animo rock e folle appassionato di cucina. Insieme alla sua compagna Francesca, Paolo mette in piedi il progetto NacàshTM – Apulian Craft Beer, brand registrato e azienda di produzione, rigorosamente Made in Puglia, che introduce ingredienti del territorio nelle modalità meno ovvie ma più innovative. “Agli inizi è stata molto dura, fisicamente e soprattutto mentalmente, riuscire a conciliare lavoro con ciò che doveva restare un hobby – racconta il cuoco birraio con un po’ di sarcasmo – Poi, stanco di vivere all’ombra di grandi professionisti e omaggiarli quotidianamente delle mie idee, forte anche del bagaglio e della formazione da chef prima e da birraio poi, è emersa sempre di più la voglia di costruire un nostro progetto, fresco e innovativo. Restando nella nostra città. Ed eccoci qua”. Il progetto è ambizioso, oltre che in continua sperimentazione: “Voglio emancipare la

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birra dalla figura di bevanda figlia di un dio minore, da accostare soltanto alla pizza. Facciamola uscire dalla cassa (in dialetto locale, na cash). Quello delle birre è un universo. Ce l’ha insegnato Teo Musso (Baladin)”. Da qui la visione di una birra “umanistica e scientifica allo stesso tempo: ingredienti, annate dei cereali e dei luppoli, composizione chimica dell’acqua e, ancora, quello che gli altri chiamano terroir (in riferimento al vino), cambiano di anno in anno. Ci sono tante pedine in gioco. Vogliamo dire che è solo birra? Ogni birra ha il suo stile, unico e indipendente, una sua personalità che va ben oltre la tradizionale distinzione tra bionda, rossa e scura”. Il progetto del giovanissimo chef birraio è anche culturale, oltre che imprenditoriale: “C’è tanto da fare, c’è da costruire una nuova cultura, in un territorio, la Daunia, dove in mezzo a birrai che fanno cultura c’è tanta confusione. Serve passione, dedizione, sacrificio, confronto e fatti. Tanti birrai pugliesi hanno dedicato e dedicano molto tempo ai loro progetti come me, per questo sono orgoglioso di poter sostenere un movimento che sta portando ad una continua evoluzione. In Puglia si trovano realtà intelligenti ed emozionanti”. Di idee in pentola ce ne sono tante, tra le quali una Tap Room nel centro storico della sua città prossima all’apertura, nel quale saranno proposte le birre NacàshTM e in pieno spirito della condivisione culturale quelle di differenti birrifici ospiti. Per ora il giovane birraio lucerino si divide tra “interpretazioni canaglie” di stili inglesi, birre luppolate ribelli dai sentori tropicali e agrumati, birre acide alla frutta e la sua Saison, elegante e amorevole come l’abbraccio di una madre, con Zafferano coltivato a San Giovanni Rotondo. E ne promette delle belle e non banali, oltre che buone.

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i r o t t u d o r p i n o c A tavola C

i n z i a

Siamo

B

o n f Ă

entrati nelle cucine di alcuni produttori di vino chiedendo loro di

raccontarci una propria ricetta alla quale sono particolarmente legati.

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Il Produttore Paola e Gianni Doglia sono due giovani vigneron di Castagnole delle Lanze, zona dell’Astigiano molto vocata per la Barbera e il Moscato. Ci accolgono con sorrisi veri e dolcissimi nella loro cantina, vivace e colorata come loro, dove sul soffitto è inserita, su tavole coloratissime di legno, una grande bottiglia di Moscato dipinta da un famoso artista castagnolese. Anche la sala degustazione e l’annessa cucina sono un tripudio di colori come a sottolineare l’allegria e il fermento che ha endogene il vino Moscato, quello spumeggiante, quello della gioia e delle feste. Tutto rispecchia la loro filosofia che si basa sul “rispetto”, rispetto verso l’uomo, verso le viti e l’ambiente. Paola ci racconta dell’orto che il loro papà Bruno cura amorevolmente, limitrofo alla sede aziendale e dal quale provengono le zucchine del piatto di questo mese, che nel periodo estivo vedono una produzione intensissima. Uno dei modi più gustosi, secondo Paola, per assaporarle è nella versione ripiena che lei cucina per tutta la famiglia e soprattutto quando ospita i numerosi amici che spesso le fanno visita. D’altronde l’allegria è una potente calamita che genera positività, ma anche il buon vino e in questo caso anche le zucchine buone, o zucchini, come sono chiamati da queste parti.

Zucchini Ripieni Ingredienti per 4 persone 12 zucchini 400 gr di carne già arrostita 150 gr di salame cotto 3 uova intere 1 spicchio d’aglio 1 manciata di Parmigiano Reggiano grattugiato mollica di pane prezzemolo, basilico, erba San Pietro, salvia burro, latte, olio e sale q.b. Preparazione 1. Lessare a buona consistenza gli zucchini in acqua giusta di sale. Ritirarli, tagliarli in due parti nel verso della lunghezza e svuotarli formando delle barchette. 2. A parte preparare un ripieno costituito dall’interno asportato precedentemente insieme alla carne arrostita, salame cotto, salvia, prezzemolo, basilico, erba San Pietro, un po’ di mollica di pane intrisa di latte e strizzata, aglio tritato finemente, Parmigiano Reggiano grattugiato; infine amalgamare il tutto con le uova intere. 3. Farcire gli zucchini, porli su una teglia con giusto olio e mandarli in forno per 1520 minuti a 180 gradi finché non si formerà una crosticina in superficie. 4. A cottura completata mettere qualche fiocco di burro sopra il ripieno, far sciogliere e servire.

l’abbinamento A questa ricetta Paola ha abbinato la sua Barbera d’Asti Boscodonne 2017, una Barbera molto “gourmand”, gustosa e polposa, di preziosa freschezza e lunghezza tattile che bene si sposa con la morbidezza delle zucchine e la grassezza del ripieno. Questa Barbera è prodotta con uve provenienti da vigneti di 30-40 anni di età, situati in frazione Annunziata a Castagnole Lanze, poco distante dalla cantina, su terreno calcareo-argilloso, il cui nome svela una storia vera, vissuta in tempo di guerra. Quando il nonno di Paola e Gianni Doglia comprò quel terreno, negli atti risultò che la località si chiamava Bosco delle Donne perché in tempo di guerra, nelle cascine circondate dai boschi, erano rimaste poche signore a lavorare duramente la terra mentre gli uomini erano partiti per il fronte. Nel calice mostra la sua veste ancora violacea, cangiante a rubino vivido. Regala al naso valenze aromatiche stuzzicanti di lampone, ciliegia, violetta, sottobosco, terra smossa e spezie fini. Bocca appagante e succosa, morbida e armoniosa con tannini tanto fitti quanto dolci e una verve acida che si allunga in chiusura in un piacevole abbraccio fruttato. Scorrevole, invita a nuovi sorsi. Intera lavorazione in acciaio.

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Da Leggere F

ab i o

S

t r i n a t i

Una poesia di Fabio Strinati per noi.

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Da Leggere

È

un poeta, un contadino e produce anche vino.

Cinque

quintali per uso

familiare di un vino che definisce sano, buono e genuino. In più, è anche un fan di

Bibenda:

del vino.

a suo parere, il nostro spazio è uno dei migliori nel campo

Orgogliosi,

pubblichiamo la sua poesia che ha voluto dedicare in

esclusiva alla nostra rivista.

Fabio Strinati (Esanatoglia 1983).

Alla rivista Bibenda E ascolti il gusto placarsi in gola e scendere in viso quel colore di voglia stracolma d’anima di nettare d’uva e di rubino; si percepiscono sentori, gli aloni poggiati sul torace il solco di una rotta mai doma... una linea audace di stupore inamidata calice di vino sensore invogliato frutto dell’inebriamento; le voglie, il tocco del momento apicale istante lussurioso tono, ricolmo di quel fervore attonito incapsulato nell’apoteosi, fermento impulso esteso culmine in un angolo di traccia, nell’acme, l’abbandono eterno.

19/07/2019

Autore di numerose raccolte poetiche, debutta come poeta nel 2014 con il libro Pensieri nello scrigno. Nelle spighe di grano è il ritmo. Ha pubblicato anche poemetti e aforismi. Strinati è presente in diverse riviste e antologie letterarie. Da ricordare Il Segnale, rivista letteraria fondata a Milano dal poeta Lelio Scanavini. La rivista Sìlarus fondata da Italo Rocco. Osservatorio Letterario-Ferrara e L’Altrove. Il bimestrale di immagini, politica e cultura Il Grandevetro. La Gazeta Dielli. Scena Illustrata. È stato inserito da Bonifacio Vincenzi nell’opera antologica I poeti del centro Italia volume primo dedicata al poeta, scrittore e saggista Rodolfo Di Biasio. Inserito nel volume collettaneo “Ti sogno, terra” ideato e curato dalla poetessa e scrittrice Laura Margherita Volante ed inserito all’interno delle note e prestigiose pubblicazioni dei Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche. Sue poesie sono state tradotte in romeno, in bosniaco, in croato, in spagnolo, in albanese, in francese, in inglese e in turco. Mentre in lingua catalana è stato tradotto da Carles Duarte i Montserrat. Scrive regolarmente testi poetici per Etnie, rivista di culture minoritarie ed è collaboratore della rivista di letteratura della migrazione El Ghibli, diretta dallo scrittore senegalese Pap Khouma. È inoltre il direttore della collana poesia per le Edizioni Il Foglio e cura una rubrica poetica dal nome Retroscena sulla rivista trimestrale del Foglio Letterario. 83


Cruc i benda

P

a s q u al e

P

e t r u ll o

in arte Petrus Prosegue

la serie dei giochi di

Bibenda

tutti ispirati al mondo del vino scaturiti

dalla penna del nostro enigmista preferito.

Orizzontali 1. Argomento da trattare 4. Iniziali di Balotelli 6. Il vitigno rosso principe del Lazio 13. L’imposta che aumenta l’importo della fattura 14. Vitigno d’uva nera franc e sauvignon 16. Voi in latino 17. La regione di cui Marco Medori è il Presidente del Comitato Organizzativo 19. Fine dei processi 20. Sport per cavalieri 21. Lo sognano molti attori 22. I confini del Tibet 24. Nel giorno e nella notte 25. Seguono la prima dell’”Aida” 26. Coda di ramarro 27. Minerale trasparente e sfaldabile 29. Un vitigno a bacca bianca 84

32. Colore rosso rubino tenue 34. Il Lee fumettista 36. Manca al calvo 38. Signore negli indirizzi 39. Briciole... d’acqua 40. Ingrediente della cioccolata 43. Sono pari nei costi 44. Si dice di evento... fortunato 45. I denti più grossi 46. Ente con fini sociali 48. Vino... ottenuto con la tecnica della macerazione carbonica 49. L’Elkann scrittore e giornalista 50. Non frazionate 52. Fra Alessandro e... Piero 53. Vino di Pantelleria prodotto con zibibbo al 100% 54. Eroico, leggendario


Cruc i benda

© Petrus

1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33

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45. Scuro di carnagione 47. Ispezionano i ristoranti (sigla) 48. In fuso con il 49. Nel rame e nell’alluminio 50. Soggetto di assaggio 51. Sigla per notiziari Tv Soluzione F L I C C A M O N A

S A U N A C H R I S

M B A B E T C A A C C H T I U S S I T O

C E S E R N E S I T T R P E C I A R O M A L E O M N O T E R G L O

H I L T O N

C O V E R N O E A T

N E V P O O R I T T U A C L A E L D I O

A R L E S S O L I N O

F O I O L O E S O D O

23. Regno d’altri tempi 24. Fu il primo armatore 28. Piante grasse spinose 29. Gradino della scala di legno 30. Verso di corvi e cornacchie 31. Un terzo d’Italia 32. Ragioniere in breve 33. Paris ereditiera 35. Quello alcolometrico misura il contenuto di etanolo 37. Trippa di manzo ricavata dall’omaso 39. Bagno finlandese 40. Remake di una canzone 41. Indica una decisa sensazione pseudocalorica dovuta agli alcoli 42. Città della Provenza 44. Poliziotto francese

T E M I V A M A R O S C R O A R S T A S I G O T O N A L A M O S

Verticali 1. Vitigno a bacca bianca del Tortonese 2. Fuggito dalla prigione 3. Un’acquavite francese di vinaccia 4. Anna... Bullock, alias Tina Turner 5. Si ripetono nella balbuzie 6. Croce Rossa Italiana 7. Due lettere d’encomi 8. Incontro con le racchette 9. Garante... senza grane 10. Extra vergine di oliva in breve 11. Un tipo di colletto per camicie da uomo 12. Trasferimento in massa 14. Il Martin dei Coldplay 15. È a destra di chi si dirige verso nord 18. Ha scritto “Un altare per la madre” 20. Lavora sulle banchine 22. Giacomo, enologo italiano

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Informazioni da Fondazione

Questa

rubrica riassume tutte le novitĂ , gli eventi, le attivitĂ , le notizie, i

momenti che hanno vista impegnata la in largo nel

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Paese.

Fondazione Italiana Sommelier in lungo e


Due Coste da (A)mare

Un evento organizzato dalla Fondazione Italiana Sommelier presso il Savoy Beach Hotel di Paestum, una degustazione guidata da Daniela Scrobogna ha posto l’accento sulla “caparbietà” di due produttori che hanno tratto il succo da queste terre difficili accendendo una luce su due splendidi territori. di Gianluca Tretola Costiera Amalfitana e Costa Cilentana, come due belle donne distese al sole del mediterraneo, allo stesso modo si guardano reciprocamente dalle opposte sponde e, segretamente (ma non troppo), ammirano la bellezza della dirimpettaia e, un po’, ci si specchiano sperando di essere altrettanto bella. Ed è proprio così; abbiamo detto che sono due donne “belle”: da un lato la splendida ninfa Amalfi, amata perdutamente da Ercole che qui volle seppellirla, secondo la mitologia; dall’altro addirittura la regale Hera Argiva, divinità sovrana nell’Olimpo greco e ancora oggi presente a Paestum col tempio a lei dedicato.

pania!

am dalla C

Nel mezzo, un mare dalle mille sfumature di blu e dalla brezza iodata che accarezza le coste e lascia il profumo della sua benevola mano sui frutti di questa terra felix, come la Campania in cui si trova. E la bellezza di queste coste, l’antica origine della loro fama non potevano non produrre qualcosa di altrettanto bello… e buono, attraverso i figli di queste coste e del loro entroterra che non smette mai di ammirare il mare. Andrea Ferraioli, dell’azienda Marisa Cuomo e Giuseppe Pagano, dell’azienda San Salvatore 1988, infatti, non sono vignaioli improvvisati: sono cresciuti tra i filari delle vigne e tra i tini pieni di mosto delle rispettive famiglie di provenienza. Il primo, quasi quarant’anni fa, si preoccupa di non mandare perdute tutte le attrezzature per produrre vino, gli strumenti e le piante che erano state della famiglia e, raccolto il peso di questa eredità, lo battezza col nome dell’azienda agricola che di lì a poco renderà alla sua Marisa come dono di nozze. Ma non si ferma a questo. 87


Informazioni da Fondazione

Conosce bene la sua terra, sa quanto sia difficile domarla (quasi come difficile è domare il mare che la bagna) e coltivarla (tanto che la definisce “agricoltura svantaggiata”) per via delle altezze, delle pendenze, delle poche e strette vie di cammino che da solo non potrà certo affrontare. Ci vuole furore. Così, assieme a Marisa, decide di fondare anche una scuola agraria che, in onore della terra che sarà chiamata a coltivare, chiama “Vigne Spericolate”, istituita per formare personale in grado di dedicarsi con profitto e competenza proprio a quella viticoltura cosiddetta eroica: pendenze che arrivano al 50 e 60%; una salutare ventilazione presente e decisa che consente di limitare i trattamenti contro tignoletta, oidio e peronospora; le antiche viti che non sorgono dal terreno ma spuntano da pareti verticali fatte di muretti a secco per poi creare le caratteristiche pergole su pali di castagno. Inoltre realizzano un campo-catalogo all’interno del quale coltivano e studiano 14 qualità di uve rosse e ben 28 di bianche tipiche della costa d’Amalfi. Addirittura, grazie anche a numerosi ceppi prefillossera, alcuni ultracentenari, l’azienda viene deputata alla riproduzione della vite di uva Biancolella (la “Bianca tenera”) ed alla sua distribuzione ufficiale per la produzione vinicola.

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Con l’intervento di Luigi Moio prende vita il “vino appassionato che sa di roccia e di mare”, che riesce a condensare in un ogni sorso le caratteristiche territoriali del luogo in cui nasce: un terreno di natura dolomitico-calcarea insaporito ulteriormente dalle incursioni vulcaniche di epoche passate, e infine ricoperto del soffio salino e iodato del vicino mare. Da queste premesse scaturisce la punta di diamante della produzione di Marisa Cuomo: quel vino fatto solo con l’uva che cresce sul fiordo di Amalfi, il Fiorduva, che unisce le proprietà di Fenile, Ginestra e Ripoli (“elencati in rigoroso ordine di maturazione”, come spiega Andrea Ferraioli) esprimendo, nella versione più giovane (2016), un profumato calore marino fatto di sapidità salmastra, di bouquet di fiori gialli mediterranei, di crema di caffè; nella versione 2013, poi, si evolve in ulteriori spunti olfattivi di erbe aromatiche, che vanno dalla fresca menta fino al più intenso muschio, e di spezie gialle, come lo zafferano e lo zenzero candito, fino ad arrivare alle tonalità terziarie degli idrocarburi tipici dei migliori Riesling. L’assaggio conferma che siamo davanti ad un vino-scrigno, capace di riproporre tutto il sapido bagaglio della terra e del mare di cui è fatto, con un finale saporito e persistente.

Nelle immagini, alcuni

momenti della degustazione svolta presso il Savoy Beach di Paestum.

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Furore Marisa Cuomo Via G. B. Lama, 16 84010 Furore SA Tel. 089 830348 www.marisacuomo.com info@marisacuomo.com

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Informazioni da Fondazione

Ma, si diceva all’inizio, le “donne belle” adagiate al sole della costa sono due. E allora, dopo avere parlato di Amalfi, diamo uno sguardo a cosa avviene di fronte, tra i templi e la storia di Paestum-Capaccio grazie all’opera dell’altro protagonista dell’evento Giuseppe Pagano, dell’azienda San Salvatore 1988. Anche qui siamo senz’altro al cospetto di un vero e proprio simbolo del territorio ed anche, in particolare, della viticoltura locale che si è fatta ben conoscere all’esterno dei confini regionali e nazionali. Giuseppe Pagano si autodefinisce un “greco-romano” per le sue origini miste tra Boscoreale e Paestum, anche la sua presenza fisica e il suo atteggiamento lasciano trasparire la forza dinamica delle idee e la sicura stabilità dell’antica tradizione. Nel vino ci è cresciuto, girando da ragazzo tra i tini nei quali suo padre, e ancor prima il nonno, lavoravano le uve locali. Poi, a metà degli anni Settanta, entra nel mondo dell’imprenditoria

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alberghiera e dell’ospitalità e, pian piano matura in lui l’idea che l’ospitalità e la convivialità non sono complete senza il buon vino. Così, nei primi anni del 2000, nel corso di uno dei suoi viaggi in Toscana, tocca con mano l’importanza di una buona organizzazione dell’attività enoproduttiva per realizzare un prodotto di qualità che sia anche rappresentativo di un territorio, e decide di adottare nella sua terra questo stesso modo di lavorare, impiantando nuovi vigneti e creando le due cantine di produzione di Stio Cilento e di Giungano: la prima si estende per circa 15 ettari affacciati sul mare da una quota variabile tra i 450 e i 650 metri, circondata da 22 ettari di boschi a completare un habitat eccezionale; la cantina di Giungano, 14 ettari, si trova a “soli” 200 metri sul livello del mare, ma beneficia dell’aria salubre e della frescura proveniente dalla parete montuosa che si erge alle sue spalle fino a 750 metri.


“Noi di San Salvatore non coltiviamo la terra: ce ne prendiamo cura”, recita la brochure dell’azienda; infatti qui vengono applicate con scrupolo le tecniche di coltivazione biologica, sulle piante, e biodinamica, sul terreno, pur senza vantarle in etichetta. È il bufalo uno dei protagonisti di queste tecniche di coltivazione rispettose dei cicli naturali, grazie anche al suo letame viene preparato l’humus per le piante; icona dell’azienda, viene riprodotto “alla maniera degli antichi greci”, ossia stilizzato così come veniva riprodotto sugli antichi vasi vinari. Ma veniamo al vino. Per fare le cose per bene, così come si era ripromesso Giuseppe Pagano all’inizio della sua storia di produttore, chiama l’amico Riccardo Cotarella per dare forma e caratterizzazione ai propri vini. Ma il buon enologo lo fa la buona uva, così come un buon sarto

ha bisogno di ottima stoffa per confezionare i propri abiti di alta moda. E Riccardo Cotarella ha a disposizione una straordinaria base di Aglianico per realizzare la serie degli omaggi a Gillo Dorfles composta da ben sedici etichette per altrettante annate. Un Aglianico riserva che in bellezza compete con le immagini delle etichette disegnate dallo stesso Dorfles per Giuseppe Pagano. Non uno scambio di cortesie e di stima tra i due ma un connubio di due diverse arti in un unico prodotto finale di grande impatto innanzitutto visivo, e poi anche olfattivo e gustativo: quei disegni ispirati ai territori della Costa Cilentana celano nella bottiglia un vino di 15,5 gradi, sanguigno come il ferro che compone il suolo di allevamento delle viti, gustoso e carico di nutrienti e di sapori che nascono dalle formazioni calcareo-argillose del terreno, un sapore che appaga ma allo stesso tempo invita a riprovare le emozioni del primo sorso senza mai stancare.

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San Salvatore Via Dioniso 84050 Giungano SA Tel. 0828 1990900 www.sansalvatore1988.it info@sansalvatore1988.it

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Informazioni da Fondazione

I luminosi vini di Jermann

di Pietro Mercogliano “Epi oinopa ponton” (ovvero “Sul mare simile al vino”) viaggia la nave di Odisseo/Ulisse; ed approda fra l’altro “Là presso Gaeta”, come avrebbe ricordato Dante Alighieri. Presso Gaeta giace una piana che proprio da quel “ponton” (il mare dei Greci) prende il nome: la Pianura Pontina, strappata al mare dalla bonifica fra le due Guerre; i nomi dei luoghi di qui, conferiti in onore di località che furono teatri d’eventi determinanti nella Grande Guerra, accolsero come repliche dei nomi di casa i molti immigrati del nostro Nordest che qui si trasferirono man mano che la terra veniva fatta emergere dalle acque. Giungendo da quel Nordest ove la terra è altrettanto marina, il Friuli Venezia Giulia ove i recenti fossili mediterranei abbondanti fioriscono dal terreno all’ombra delle Alpi Giulie, la leggendaria Azienda Jermann è sbarcata sul lungomare di Sabaudia. Ad accoglierla, la Fondazione Italiana Sommelier impersonata dalla padrona di casa Barbara Palombo; la cornice era un’abbacinante ma calda sala bianca nel fascinoso albergo “Oasi di Kufra”, dalla quale si vede calare il sole e roteare le stelle sulla linea d’orizzonte del Tirreno. Barbara sceglie le parole del nostro grande Daniele Maestri per raccontare il Friuli Venezia Giulia ai molti appassionati convenuti in

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sala: “Luminosi vini” egli diceva, con perfetta sintesi, per definire i nettari friulani. Come in una piccola lezione del corso per Sommelier, Barbara accompagna gli ascoltatori in una breve efficace disamina dei diversi territorî di questa Regione della luce. Edi Clementin, Amministratore Delegato di Jermann, e Raffaela Bruno, Enologa, parlano dell’Azienda e delle persone che la compongono: infatti Jermann, per quanto ormai grande nelle dimensioni, è ancora un’Azienda sostanzialmente familiare; parlano di Silvio Jermann, che intuí le potenzialità di un territorio e di un certo modo di far vino e fece la prima grandezza dell’Azienda, e parlano di Angelo Jermann, morto poco piú d’un anno fa. Si è oggi alla quarta generazione. “Libiam ne’ lieti calici!” intona il baritono Massimo Di Stefano accompagnato al pianoforte dal controtenore Antonello Dorigo: con grande simpatia, i due artisti hanno offerto la loro professionalità per allietare anche l’udito dei partecipanti alla gran festa dei sensi di questa serata. Accompagnata dalle note di Giuseppe Verdi, l’efficientissima ed elegante squadra di Sommelier della Delegazione pontina serve... due vini? un vino? Difficile a dirsi. Filippo Busato, che si appresta a guidare la degustazione, non trattiene un sorriso compiaciuto.


Il primo calice si presenta di un classico giallo paglierino, brillante e consistente; i profumi ricordano fiori bianchi e gialli, ginestra, camomilla, mela, qualcosa che somiglia alla cera d’api; in bocca è avvolgente e perfettamente equilibrato. Il secondo ha un colore che tende un poco al verdolino; profuma di pompelmo giallo, cedro, agrumi, mineralità; è piú verticale del precedente, e la pur notevole morbidezza cede subito a una lunga persistenza citrina. I due vini sono lo stesso vino, la Ribolla Gialla “Vinnae” 2013: il primo campione deriva da una bottiglia turata col sughero e la seconda da una tappata a vite. Le considerazioni su questa comparazione sono molte, e di varia natura: questioni di mercato, di tradizione, di chimica e fisica del vino. Ma già i calici si svuotano pronti a quel che seguirà: la piccola verticale del mitico “Vintage Tunina” (tutta da tappo a vite), “il Pietro Mennea dei vini italiani” come dice Filippo citando la celebre definizione di Veronelli. La prima annata servita, la 2012, mostra un naso complesso e maturo: camomilla, bergamotto, pesca, ananas, litchi; la bocca

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è quasi salmastra; ciò che sorprende e che sfugge alle capacità di descrizione è lo straordinario equilibrio fra la voce del mare (che parla di sale) e quella della montagna (che parla di erbe e fiori): equilibrio perfetto nonostante la grande sapidità; e lunghissima persistenza. Piú accentuato è il profilo tropicale nella 2014, che spicca fruttato al di sopra delle sensazioni mediterranee: fiori, erbe, sale, iodio, pesca, cedro; fresco e sapido in bocca. Quasi appena pronta la 2015, ma di grandi promesse: frutta tropicale, timo, agrume; frutto morbido e polposo. Infine, la grande sorpresa della serata. Un bicchiere del rarissimo e meraviglioso “Capo Martino”, nell’annata 2016. Il racconto di questo vino viene recitato da Barbara nella penombra, al tremolio delle candele e degli arpeggi del pianoforte: una degustazione che la padrona di casa definisce “emozionale”; e cita Daniela Scrobogna:

“Il Vino ha un suo linguaggio che noi attraverso i sensi interpretiamo perché giunga allo spirito e desti le emozioni...”.

Jermann di Silvio Jermann S.r.l. Società Agricola Località Trussio, 11 frazione Ruttars 34070 Dolegna del Collio GO Tel. 0481 888080 www.jermann.it info@jermann.it

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Informazioni da Fondazione

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Ad dall’alto Winethun 2019 Degustazione tra le ceramiche della famosa azienda altoatesina per un nobile scopo. di Raffaele Fischetti Il 5 giugno 2019 presso il Thuniversum di Bolzano, sede centrale del noto marchio della Thun, l’angelo simbolo della città Bolzanina e presente in tutto il mondo per le sue ceramiche, si è tenuta per la prima volta in assoluto il WINETHUN 2019. In collaborazione con la Thun, il Bistro caffè della Thuniversum e Fondazion Italiana Sommelier del Trentino-Alto Adige si è realizzato un meraviglioso evento unico nel suo genere che cercherò di spiegare di seguito in questo piccolo racconto supportato dagli scatti della nostra fotografa ufficiale, Gaia Berni. Abbiamo sentito il bisogno di dare un contributo forte e tangibile ad una onlus che porta il nome di Fondazione Lene Thun, una onlus che si occupa di piccoli degenti sparsi in tutta Italia che lavorando con la “ceramicoterapia” cerca di alleviare i pensieri dei piccoli bimbi che per mesi se non di più vivono in ospedale. SI è pensato quindi di dare degli spazi a 15 aziende Trentine, 15 aziende Altoatesine e in una sala speciale chiamata “Panopticum” dove si è deciso di chiamare una “perla” che rappresentasse le regioni Italiane con vini autoctoni delle zone di rappresentanza, a queste inoltre è stato dedicato uno spazio dove ogni azienda a turno potesse rappresentare il vino più rappresentativo aziendale insieme a Eros Teboni nostro fiore all’occhiello regionale, miglior sommelier del mondo 2018 di WSA Worldwide Sommelier Association. Oltre 100 vini in una serata unica dove tutto era perfetto, l’intero incasso ovviamente è andato in beneficienza alla onlus e gli ospiti sono stati avvolti dal calore della meravigliosa location, dalla musica dal vivo e dalle eccellenze regionali selezionate da Fondazione Italiana Sommelier che potessero dare un’istantanea della regione e dei diversi territori in questo momento. La Regione è viva e aumenta sempre più la qualità e le eccellenze. La famiglia Thun che ci ha ospitato era ovviamente presente sia per fare gli onori di casa ma anche per presentare la loro produzione di vino ed olio sul Garda. In questo giorno abbiamo voluto festeggiare anche i nostri primi 4 anni di attività in regione ricchi di mille soddisfazioni, un gruppo unito e coeso che di anno in anno fortifica le sue radici con attività, corsi e nuovi iscritti ed appassionati. Tante nuove sfide ci attendono, nuove strade da percorrere, ma per una sera ci siamo emozionati vedendo quelli che eravamo quattro anni fa e quello che siamo riusciti ad organizzare adesso. Chiamatele se volete… emozioni, ma noi nel nostro piccolo abbiamo vissuto un sogno grandissimo, tutto in una notte.

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icilia dalla S cerimonia di consegna dei diplomi. 130 nuovi ambasciatori di cultura e territorio

di Paolo Di Caro Catania, 8 giugno 2019 – Centotrenta nuovi ambasciatori di cultura e territorio quelli che ieri hanno ricevuto dalla Fondazione Italiana Sommelier i diplomi di sommelier del vino, dell’olio, di champagne e, per la prima volta, anche di barman, con un padrino d’eccezione, la doppia stella Michelin Pino Cuttaia, presidente di Soste di Ulisse. “Un piatto racconta un territorio attraverso le sue materie prime di eccellenza, il vino e l’olio sono le parti imprescindibili di uno stesso racconto”, ha detto il patron del ristorante la Madia di Licata. “Il nostro desiderio di promuovere la cultura del Vino e dell’Olio ci porta ad esplorare nuovi orizzonti – ha esordito il presidente siciliano Fondazione Italiana Sommelier Paolo Di Caro– perché i sommelier non sono solo l’anello di congiunzione fra il mondo del vino è quello del cibo di qualità, ma veri e propri ambasciatori di cultura, territorio, identità e specificità”. La cerimonia si è svolta al Four Points by Sheraton Catania e per la prima volta ha riunito le città siciliane Palermo, Messina e Catania per la consegna delle pergamene, a conclusione dei quattro corsi che si sono svolti durante l’ultimo anno. In particolare, conclusi: Il 5°corso del Vino, con la novità quest’anno delle sezioni territoriali: oltre Catania, infatti, sono partite le prime edizioni a Linguaglossa (Etna), Graniti (Messina,) e Palermo. “L’anno prossimo – ha anticipato Paolo Di Caro– debutteremo anche ad Agrigento e Caltanissetta. Ci aspetta un nuovo anno di appuntamenti anche per il mondo degli appassionati, non solo sull’Etna”. Concluso anche il 3° corso dell’Olio, il 2° dello Champagne, mentre il 2019 è stato il lancio del corso per barman, il secondo in tutta Italia dopo Roma. “Non potevamo non cogliere la sempre crescente attenzione verso il mondo della miscelazione – commenta Di Caro –che affascina tantissimi giovani e che ci piace particolarmente perché significa consegnare al mondo della movida, nuovi ambasciatori di qualità”. Centotrenta corsisti, dunque, con una forte rappresentanza femminile, almeno il 40% di donne che si avvicinano sempre più al mondo del vino, dell’olio e dello champagne per passione e curiosità, ma anche perché quella del sommelier è diventata una professionalità sempre più spendibile nel mondo occupazionale, che apre a nuove opportunità di lavoro. Come per Giuditta Pannitteri, la più giovane corsista fra tutte, appena ventunenne, ma con le idee chiare, che ha messo insieme una bella tripletta, conseguendo ieri contestualmente sia il diploma di sommelier dell’Olio che quello di barman, in procinto di completare il corso del vino e conquistare la sua terza pergamena, “Perché – dice – il food&beverage rappresenta la nuova frontiera ed è necessario avere in mano gli strumenti giusti”. Diventare sommelier del vino è stata invece una scelta di cuore e di

famiglia, per Loredana Cipriano e Morena Benenati, accumunate dallo stesso destino di condividere la propria vita sentimentale con gli chef stellati Pino Cuttaia e Pietro D’Agostino, stella Michelin de La Capinera di Taormina, e adesso anche quella lavorativa, formando una squadra pluridecorata. Dopo la consegna dei diplomi, al via i festeggiamenti con angoli degustazioni olio, food&wine con 20 aziende del Sud, Sud Est Sicilia, e il corner-bar dedicato ai cocktail, “gestito” dai neo-barman di Fondazione. La Fondazione Italiana Sommelier, nata nel 2013 dopo 52 anni di attività come Associazione Italiana Sommelier Roma’, anche proprietaria del marchio Associazione Italiana Sommelier dell’Olio, è membro di Worldwide Sommelier Association (W.S.A.), l’Associazione dei Sommelier nel Mondo, nata con lo scopo dichiarato di contribuire a migliorare la diffusione della cultura del vino e del cibo, riunendo in questo progetto 25 tra le più prestigiose associazioni del mondo coinvolte nel settore. La Fondazione Italiana Sommelier è anche editore da oltre trent’anni e pubblica, sotto il marchio di Bibenda editore, le edizioni di maggior successo che riguardano il vino e dintorni.

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ra u lt u C Bonus & Carta del Docente

La Fondazione Italiana Sommelier aderisce alle iniziative

La Carta del Docente è una carta elettronica per l’aggiornamento

I ragazzi e i docenti possono spendere il proprio buono per i

Bonus Cultura e Carta del Docente dedicate ai diciottenni

e la formazione dei docenti del valore di euro 500 per ciascun

loro acquisti presso lo Showroom BIBENDAMANIA all’Hotel

italiani e ai docenti di ruolo delle istituzioni scolastiche.

anno scolastico. I docenti, attraverso un’applicazione web,

Rome Cavalieri, sede della Fondazione Italiana Sommelier.

Il Bonus Cultura è un contributo del Governo di euro 500 che

possono richiedere buoni spesa da spendere in pubblicazioni e

Via Alberto Cadlolo 101 - 00136 Roma

i giovani possono spendere in varie discipline culturali. Per

per l’iscrizione a corsi e/o attività di aggiornamento professionale.

Tel. 06 8550941 - Fax 06 85305556

ottenere il buono, devono registrarsi all’applicazione web a

La Fondazione Italiana Sommelier è un esercente che aderisce

Dal Lunedì al Venerdì dalle 9:45 alle 21:00 e il Sabato dalle

loro dedicata 18app e richiedere il proprio Bonus.

ad entrambe le iniziative.

10:00 alle 18:00

CARTA del DOCENTE SPENDI QUI IL TUO BUONO cartadeldocente.istruzione.it


www.bibenda.it bibenda@bibenda.it

direttore

Franco M. Ricci

Caporedattore centrale Paola Simonetti

Hanno collaborato a questo numero

Foto

Massimo Billetto, Cinzia Bonfà,

© shutterstock.com

Arianna Brocchetti, Paolo Di Caro,

© Isabella Perugini (pag 12-23)

Anna Lorena Fantini, Raffaele Fischetti,

© Stefania Somma (pag 40-47)

Mariaclara Menenti savelli, Pietro Mercogliano, Roberto Oddo,

Consulenti dell’Editore

Pasquale Petrullo, Carlotta Pirro,

Ruggero Parrotto Progetti Sociali

Maurizio Saggion, Fabio Strinati,

Michele Federico Medicina

Gianluca Tretola.

Stefano Milioni Edizioni Franco Patini Internet

Grafica e Impaginazione

Carlotta Pirro Avvocatura

Fabiana Del Curatolo

Attilio Scienza Viticoltura Gianfranco Vissani Cucina

B ibenda p e r r e n d e r e p i ù s e d u c e n t i l a c u l t u r a e l ’ i m m a g i n e d e l v i n o

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Anno XVIII

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Direzione, Redazione e Amministrazione 00136 Roma - Via A. Cadlolo, 101 - Tel. 06 8550941 - Fax 06 85305556

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Iscrizione al Registro Operatori della Comunicazione al n° 9.631

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Luglio/Agosto 2019

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L’analisi sensoriale, che evidenzia la qualità dei vini di tutte le nostre recensioni, viene effettuata con metodo e scuola di Fondazione Italiana Sommelier. Bibenda, la rivista nata nel 2002 su progetto grafico originale di Bets Design S.r.l., Roma. Altre Pubblicazioni di Bibenda Editore | BIBENDA il Libro Guida ai Migliori Vini, Grappe e Oli | L’Arte del Bere Giusto / Il Gusto del Vino / Il Vino in Italia e nel Mondo / Abbinare il Vino al Cibo / Il Dizionario dei Termini del Vino (sono i testi del Corso di qualificazione professionale per Sommelier riconosciuto in tutto il mondo) | Ti Amo Italia (la pubblicazione in inglese su Vino e Cibo italiani) | Il Quaderno di Degustazione del Vino.


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