Anno XVIII - n. 82 - Dicembre 2019
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copertina > Il servizio di copertina è dedicato al racconto della serata di gala per la presentazione della nuova Guida Bibenda e la premiazione dei vini 5 Grappoli. Da pagina 2.
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Fregatevene di certe stelle / di Franco M. Ricci La grande festa del Vino / di Redazione Sono ormai molti anni che il nostro Sommelier è guida enoturistica / di Franco M. Ricci Elogio degli uccelli / di Bruno Frisini Jacopo Poli: il culto della Grappa / di Luca Grippo Il tè e altre storie / di Dario Risi Il Lupicaia di Pucci / di Roberto Greco Profumi, sapori e curiosità dell’Alto Adige / di Nicoletta Nanni e Anna Lorena Fantini Cuvée 1564 Brut / di Lorenzo Costantini Il lago dei pani e dei pesci / di Antonella Pompei Vino e rispetto sostenibile / di Carlo Attisano Appunti di degustazione / di Lorenzo Costantini Le dannate / di Elvia Gregorace A tavola con i produttori / di Cinzia Bonfà Da leggere... / di Pietro Mercogliano Consigli di scrittura / di Pietro Mercogliano Crucibenda / di Pasquale Petrullo Informazioni da Fondazione / di Paolo Lauciani
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EDITORIALE
FREGATEVENE ...di certe stelle...
La dovevano togliere a Vissani i francesi la stella per far accorgere gli italiani che si tratta di una Guida incompetente. Infatti, appena terminata la Cena per la presentazione di BIBENDA 2020, eseguita dal Maestro alla perfezione per 1.200 persone, il mormorio sulla stupidità del punteggio della guida rossa, si è alzato fino a diventare una forte voce. Una voce che ricordava che i 30 o i 70 coperti al massimo sono le cosiddette eccellenze di questa guida. Per mille si stanno attrezzando… Che Michelin prenda ordini da Parigi lo sapevo già da sempre, da coloro che l’hanno diretta in Italia. Parigi assegna le stelle forse anche con l’aiuto di qualche “uccellino” italiano. Tuttavia ho anche sempre pensato che questi impiegati della Ditta Michelin Italia erano sicuramente incompetenti e non preparati per criticare uno tra i più importanti settori del Made in Italy. Per conoscere il cibo, il vino, le pietanze è necessaria una cultura amplissima e profonda, pochi in Italia la possiedono. E questi professionisti sono ben identificabili. Allora, non vorrei parlar male, perché a parlar male si fa purtroppo buona pubblicità. Soltanto da cronista ricordo ai viaggiatori italiani che il punteggio di una Guida di Ristorazione, per essere significativo, effettivamente corrispondente alla qualità offerta, lo deve assegnare un esperto autorevole, perché solo la competenza può conferire effettivo valore alla comunicazione di un giudizio di qualità globale di un ristorante. Non può essere ovviamente quello del cliente che esce dal ristorante e lascia il suo parere su internet; non può essere quello del critico che appena si siede si presenta con nome cognome e guida che rappresenta per non pagare il conto; non può essere un impiegato delle poste a improvvisare una scheda premiante. Anche noi facciamo del nostro meglio per “servire” i nostri lettori. Sono loro a indicarci il grado di piacevolezza di un prodotto, da 5 anni on line, per oltre 700.000 persone che lo hanno acquisito insieme al vino, olio e grappa. E loro, i lettori, in questi anni ci hanno inviato non più di 3 (tre) mail per dissentire con la qualità da noi indicata su altrettanti ristoranti. Quale è allora la morale della favola? Fidatevi dei prodotti italiani, sono 3 o 4 le Guide italiane affidabili, sono italiane e rispettano la cultura del nostro Paese. Sono italiane e non soffrono di gelosia nei confronti dei ristoranti italiani. Gli stranieri facciano pure le loro scelte, non saremo noi a indicar loro la strada. Anche perché se entrano nei nostri Ristoranti saranno loro a giudicare il lavoro di chi li critica. Franco M. Ricci 1
Bibenda 82 duemiladiciannove
La Grande Festa del Vino
La GRANDE Come ogni anno, si è svolta a Roma la grande serata di gala per festeggiare l’uscita della nuova edizione della con i
5 Grappoli,
istituzioni.
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Guida Bibenda
alla presenza dei produttori premiati
della stampa specializzata, di personaggi della cultura e delle
Un evento attesissimo con la partecipazione di 1200 persone.
FESTA del
VINO 3
Presentazione Nazionale Guida Bibenda 2020
Ore 18:30 All’apertura
degli ingressi praticamente ci sono già tutti o quasi.
visitano le cantine, si dà un’occhiata alla mise en place, alla
Ci si incontra, si sala, al fondale. Qui
sopra, l’ingresso dal foyer, in alto a destra, un’istantanea di una delle cantine con l’esposizione delle etichette premiate, appena sotto il folder con l’emissione filatelica celebrativa dei vent’anni di
Bibenda, più in basso il menu con le carte dei vini suddivisi in 6 Cantine di circa 120 etichette ciascuna.
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Presentazione Nazionale Guida Bibenda 2020
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Sopra, uno scorcio del salone. Accanto,
BIBENDA 2020 realizzata nuovamente in versione cartacea, dedicata a tutte le aziende premiate con i 5 Grappoli. Formato 21 x 29,7 - 848 pagine per 4 kg di peso. 74 francobolli originali.
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L’esposizione delle copertine
di BIBENDA, Fede&Tinto, l’artista Maupal all’opera sul fondale, l’artista Debora Cetroni alle prese con il bodypaint a tema, altre due immagini del salone allestito per la cena di gala e l’ingresso del Rome Cavalieri.
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Presentazione Nazionale Guida Bibenda 2020
Ore 20:00 L’inizio della serata è stato scandito dai brani eseguiti da Banda Musicale della Marina Militare, diretta dal Capitano di Vascello Maestro Antonio Barbagallo. La Banda ha altresì accompagnato il tenore Francesco Grollo che si è esibito nell’Inno di Mameli e nella romanza Mattinata di Ruggero Leoncavallo. Sala gremita e partecipe, tutti in piedi per gli applausi. Tra i volti noti Al Bano Carrisi, Joe Bastianich accompagnato dalla mamma Lidia, Bruno Vespa, Linda D’Alema, Luca Bergamo, Renato Brunetta.
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Presentazione Nazionale Guida Bibenda 2020 Ore 20:15 Nelle immagini, Franco M. Ricci, presidente Fondazione Italiana Sommelier tra Federico Quaranta e Nicola Tinto Prudente che hanno condotto la serata. Qui sotto i Redattori della Guida BIBENDA, a destra in alto i Presidenti delle Regioni d’Italia, in basso la premiazione e la consegna dei diplomi ai produttori dei 10 migliori Vini d’Italia. La consegna del premio più ambito, l’Oscar del Vino a Floriana Bertelli, migliore Giornalista del vino. A Bruno Vernuccio, miglior Agente di Commercio del vino. Oscar a Andrea Zanfi, miglior scrittore del vino. Infine, l’Accademia degli Oscar del Vino ha deciso di assegnare l’Oscar Migliore Enologo, il più prestigioso intitolato all’indimenticato Maestro Giacomo Tachis all’enologa toscana Barbara Tamburini.
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Presentazione Nazionale Guida Bibenda 2020
Ore 20:30 La presentazione ufficiale del Francobollo celebrativo dei Venti anni della Guida BIBENDA. Sul palco, Giancarlo Pezzuto Consigliere Giuridico del Ministro dello Sviluppo Economico, Fabio Gregori Responsabile della filatelia di Poste Italiane, Domenico Tudini Presidente dell’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Angelo Di Stasi Presidente della Commissione Studio delle Carte Valori. Assieme al Presidente della Fondazione Italiana Sommelier Franco M. Ricci procedono alla cerimonia di annullamento del francobollo e alla firma congiunta sulla maxi cartolina. Viene presentata la Guida cartacea Ti Amo Italia del Vino contenente i 73 francobolli originali di tutte le Docg italiane, oltre a quello dei 20 anni di Bibenda. Al termine, Fabio Gregori viene insignito del titolo di Sommelier d’Onore.
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Degustare 708 Cinque Grappoli:
stasera tutto è possibile
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Maupal, autore di murales diventati
famosi in tutto il mondo per il messaggio contenuto e per i soggetti ritratti, da Papa Francesco a Donald Trump, durante la presentazione ha dipinto in diretta un’opera esclusiva dedicata a questa magica serata in cui “TUTTO È POSSIBILE”, come degustare 708 Cinque Grappoli.
Presentazione Nazionale Guida Bibenda 2020
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Gran finale con la sfilata dei cuochi che hanno preparato i
piatti del menu, i maitre e i camerieri che si sono occupati del servizio in sala, i sommelier che si sono occupati del servizio dei 708 Cinque Grappoli. Infine, in una nuovola di coriandoli colorati, Gianfranco Vissani, che è riuscito a soddisfare con grande successo, gli appetiti di 1200 esigenti commensali. Nessuno mai come lui: ineguagliabile. Arrivederci al 21 novembre 2020 per la prossima Serata di Gala da non dimenticare!
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Sono ormai molti anni che il nostro Sommelier è guida enoturistica
Sono ormai molti anni
che il nostro
Sommelier è guida enoturistica F
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Il desiderio di “andar per Cantine” è sempre stata una delle più
gogna o Champagne o Mosella, il discorso cambia solo per la
importanti attività della nostra Sommellerie.
ricezione alberghiera e per la quantità di tempo che regaliamo al
La voglia matta di condurre mille e mille e mille persone a vedere,
nostro Ospite, Cliente, Viandante, Passeggero...
a toccare i luoghi dove il vino nasce, risale all’inizio degli anni No-
Lo facciamo e da circa trent’anni. In tutto questo tempo, pul-
vanta, quando l’attività a latere dei nostri corsi era proprio questa.
lman, treni, automobili o aerei, ogni anno hanno fatto il giro
Un Pullman che parte dall’Hilton e 50 persone vanno in Umbria,
del pianeta vino con grande soddisfazione del nostro Turista
nel Lazio, in Toscana… In giornata si torna, dopo aver visitato
che gioisce nel conoscere e vivere un’Arte unica al mondo.
l’Azienda, dalla vigna alla cantina, imbottigliamento compreso,
Insomma, il nostro Sommelier Enoturista ha guidato almeno
wine tasting e colazione (pranzetto) interessante. Ma è ovvia-
mille pullman per una strada che ci è piaciuta indicare anche
mente il racconto edotto, vero, del Produttore e del Sommelier
quando la festa di Cantine Aperte ci guardava storto.
a rendere l’evento un’esperienza di vero e autentico Enoturismo.
Altri
Quando poi i territori del Vino sono altri, altre regioni, o Bor-
soltanto eccezionalmente nell’ultimo fine settimana di Maggio.
tempi, oggi le
Cantine
sono aperte tutti i giorni, non
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Elogio degli uccelli
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DEGLI UCCELLI B
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(la libertĂ del gusto).
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Elogio degli uccelli
Sono le cinque del mattino quando, uscendo di casa, vengo avvolto dall’oscurità. Tutt’intorno il silenzio. Comincia a farsi largo la solita emozione che sopraggiunge nel momento in cui intravedo un’importante dilatazione del mio orizzonte enofilo. L’incedere si fa cadenzato, il passo svelto nel buio della notte riecheggia sugli antichi basoli dell’Appia antica. La strada deserta mi conduce alla piccola stazione ferroviaria fuori mano. Sul fondo, in lontananza, si palesa un’immagine che suppongo essere piuttosto consueta: uno sparuto assembramento di individui, immobilizzato nella propria giornaliera routine, cinto dalle ra-denti nebbie autunnali, attende il treno diretto verso Roma. Suggestionato da un così impetuoso fascino malinconico, mi guardo attorno con gli occhi di Hedward Hopper, colui che più di ogni altro incastonò la solitudine nella propria arte. Il fischio dei freni e l’apertura delle porte interrompono solo per pochi attimi ciò che si sarebbe perpetrato lungo tutto il viaggio. Anime stanche e provate dall’innaturale ritmo vitale, si abbandonano all’abbraccio di quei mal-conci, tuttavia rassicuranti, sedili del regionale che ogni giorno, fedelmente, garantisce loro un passaggio. Trasognato e confuso arrivo a sentire i pensieri che corrono lungo i binari, più veloci del vecchio treno. Vagheggio ciò che mi attende, poi con un gran sospiro richiamo ogni fantasticheria. Socchiudo gli occhi. C’è ancora tanta strada da percorrere. Ad attendermi a Roma ci sono i miei prossimi compagni di scorribande. Un’agguerrita comitiva di professionisti dediti al commercio di qualsivoglia forma liquida idroalcolica esistente sul nostro pianeta o giù di lì. La nostra meta prefissata oltre che luoghi, sono persone, vite da conoscere e raccontare a chi mostrerà piacere di interessarsi a ciò che avremo da dire. Andremo a Sirmione sul lago di Garda, a Faedo in Trentino, ad Ome in Franciacorta per poi tra-sferirci in Alto Adige a Cortina Sulla Strada del Vino, Bolzano e Merano. Proverò ad avere nozione, a dispetto di tecniche enologiche, filosofie di cantina e gestione degli impianti vitati, di come ognuno dei produttori che visiterò intenda dare il proprio apporto al fondamentale bisogno di libertà che dovrebbe essere radicato nel senso del gusto di ognuno di noi, preservandoci da qualunque forma di estremismo. Dopo un viaggio in cui sole e pioggia scrosciante si sono rincorsi incessantemente, facciamo - appunto - tappa nella cittadina lombarda di Sirmione, piccola lingua di terra inoltrata nelle acque lacustri, celebre per la propria vocazione termale. Lo scopo della nostra presenza - tuttavia - è l’incontro con la famiglia Dal Cero, proprietaria dell’azienda Ca’ dei Frati. Un lungo portico di un antico convento si distende davanti i nostri occhi. La pesante porta di legno massiccio che segna l’ingresso, si apre con fatica, emettendo un cigolio sommesso, quasi rispettoso e rievocante ciò che un tempo rappresentava quell’imponente struttura. 20
Frastornato da visioni così iconche, vengo letteralmente colto di sorpresa, direi quasi riportato con i piedi per terra dalla calda e generosa accoglienza che ci riserva colui che fino a pochi attimi prima si celava nel vestibolo. Si tratta dell’appassionato direttore commerciale che con grande intensità ed empatia ci mette subito a nostro agio. Svolti i saluti di rito, ci accomodiamo per la degustazione lungo una tavolata posta alla fine della navata centrale appena adiacente al vecchio altare. Inutile forse descrivere il magnetismo che si prova nel sedersi sui banchi del convento e condividere impressioni gustative mitigate da un’atmosfera così mistica. Ad ogni buon conto gli assaggi risultano essere tracciati e contraddistinti da un carattere che potrebbe, in una prima analisi distratta, contrapporsi con l’amenità dello sfondo. L’idea di estrema meticolosità tecnica nella cura dei dettagli con cui questi vini vengono cesellati, rischia di portare il degustatore verso conclusioni distanti da concetti legati a territorio e famiglia. È da tale premessa che nasce la riflessione che intendo sviluppare in questo resoconto di viaggio: L’IDENTITÀ È IL PRINCIPIO O IL FINE A CUI TENDERE? 21
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Elogio degli uccelli
Si nasce “vestiti” di un terroir o è possibile che quest’ultimo possa essere “cucito” nel tempo più o meno su misura? Una questione assai annosa che da sempre mi incuriosisce e che trova terreno fertile nelle esperienze e nei ragionamenti che mi attendono. Il racconto di un terroir, in effetti, non è adesione e devozione incondizionata alla tradizione. È piuttosto risolutezza e fermezza nel tendere verso l’avvenire, rimanendo legati alla memoria con la libertà di spingersi nel presente ovunque se ne senta l’impulso, svincolati dall’omologazione della consuetudine, del fare perché così si è sempre fatto. Solo in tal modo potremo rispettare il passato, evitando inutili parodie. Credo che la percezione del terroir sia in continua ed inesorabile evoluzione. Cambia al modificarsi della nostra cultura e del nostro gusto. Nel passato tali riforme avvenivano molto lentamente, le pratiche si stratificavano una sull’altra e così venivano tramandate. Oggi questo accade con rapidità asfissiante, quasi da un giorno all’altro. Ciò che non può essere affidato all’eco della storia perché in costante trasformazione, viene fotografato dal vino: il ricordo di un’annata, lo spirito di un’epoca, il disegno di un paesaggio possono e devono essere affidati al contenuto della bottiglia e all’evoluzione del gusto. Ne consegue un’indispensabile autonomia di giudizio, senza frontiere ma con radici ben salde. Molti incontrano difficoltà nel sentirsi affrancati dai condizionamenti che l’attuale frenesia impone. Ci si affida così a percorsi esistenziali più facili, meno tortuosi di un’indipendenza etica. Si guarda - ahimè - costantemente al gusto altrui in una sorta di voyeurismo compulsivo. In quest’ottica di emancipazione da canovacci prestabiliti, la famiglia Dal Cero ha pienamente colto il segno dei tempi. È dal 1969 che partecipa attivamente alla costituzione della DOC Lugana: prima delineandone i contorni con Pietro, figlio del fondatore aziendale; poi valorizzandone le grandissime potenzialità attraverso studi (che hanno visto la partecipazione di Gino Veronelli), tentativi e grandi investimenti finanziari. Ne scaturisce un territorio, conosciuto ormai nel mondo, che privo di questa vitalità imprenditoriale probabilmente sarebbe ancora in una fase embrionale. Magari sulla scia di quest’esempio virtuoso, seguiranno altre realtà a cui spetterà o meno il ruolo di riconoscere l’indole antesignana di questa famiglia. Certo è che, dinanzi a dati così oggettivi, potrebbe apparire quasi superfluo sottolineare come i vini di Ca’ dei Frati siano assolutamente moderni e quindi di conseguenza territoriali in un contesto così relativamente giovane. 22
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Elogio degli uccelli
Libero da vincoli e condizionamenti pro-
“un’elaborazione del paesaggio ad opera di
seguo sorridente il mio itinerario e mi
una prassi umana associata sempre viva ed
dirigo, assieme agli altri sodali di bevute,
attuale, e sempre portata a travolgere quei
alla volta di Faedo dove ci attende un’e-
limiti che essa stessa si è posta”.
sperienza diversa nella forma ma con alcuni, insospettabili punti di contatto.
Le parole di Emilio Sereni, tratte dal sag-
Salendo di quota, cominciano a mostrarsi
gio “Storia del Paesaggio agrario italiano”,
le Dolomiti, come fossero antiche guar-
risultano illuminanti e assolutamente cor-
diane pronte a circondarci e scortarci fino
roboranti i ragionamenti fatti finora. Il
a destinazione, attraverso vallate e saliscendi. Il clima si irrigidi-
mero dato pedoclimatico non rappresenta in esclusiva il terroir
sce e con esso anche il mio entusiasmo che ritrova nuovo slancio
né tantomeno un vino. È l’elemento umano la vera impronta,
nel momento in cui ho dirimpetto dei baffi tanto bonari, quanto
l’anima che permette a un territorio di divenire qualcosa di più
rassicuranti che si aprono come fossero un sipario, svelando un
che semplice e casuale organismo naturale.
sorriso gentile e confidenziale. Ho appena fatto la conoscenza di Mario Pojer, uno dei due proprietari della Pojer e Sandri.
Riprende Sereni: “Quel dato paesaggistico stesso diverrà insomma
Veniamo accolti con fare amichevole, familiare, affinché anche
per noi una fonte storiografica solo se riusciremo a farne non un
il più infreddolito del gruppo trovi un immediato stimolo per
semplice dato o fatto storico, ancora una volta, bensì un fare, un
scaldare l’anima e approntare i sensi in previsione di un’espe-
farsi di quelle genti vive: con le loro attività produttive, con le
rienza indimenticabile. Mario incarna curiosità e consapevolezza
loro forme di vita associata, con le loro lotte, con la lingua che
scientifica. La scelta di mostrarci immediatamente la macchina
di quelle attività produttive, di quella vita associata, di quelle
che lava le uve non è un semplice ordine sequenziale relativo al
lotte era il tramite, anch’esso vivo, produttivo e perennemente
processo produttivo. È una vera e propria presa di posizione, un
innovatore. […] di qui il pericolo, dicevamo, di ogni tendenza
volersi dichiarare apertamente ai nostri occhi come personaggio
ad una impostazione delle forme del paesaggio agrario, che ponga
fuori dagli schemi. Prevede le domande che gli avremmo posto
troppo esclusivamente l’accento sulla loro consistenza e persistenza
e ne anticipa le risposte. Girando il mondo vitivinicolo, affama-
geografica (diciamo così), piuttosto che sul processo della loro viva
to di idee e conoscenza, ha costruito un incredibile laboratorio-
e perenne elaborazione storica.”
cantina, che gli ha permesso negli anni di brevettare macchinari, sperimentare tecniche e inventare vini. La Pojer e Sandri è una piccola realtà e al tempo stesso un enorme faro guida alla cui luce in molti fanno costantemente riferimento. La produzione non è limitata al vino: distilleria interna e acetificio rappresentano un’ulteriore conferma di eccellenza. Terminata la visita, ci dirigiamo nella sala in cui è prevista la degustazione. Si alternano sotto il mio naso vini autentici perché frutto di un pensiero, di un disegno ben preciso in cui ritorna con veemenza la libertà di gusto ed espressione. 24
Se un’influenza così fondamentale è identificata nel gesto dell’uomo, come poter pensare che ogni uomo decida di avere visioni simili? Mario Pojer ci dice che “lasciare tutto al caso non è il caso” e credo proprio che nello scegliere risieda il senso dell’intelligenza umana. Il “Palai” del 1987, Müller-Thurgau in purezza è la riprova, semmai ce ne fosse ancora bisogno, che il battito pulsante di un produttore riesce a vivere negli anni nella vitalità del proprio vino. L’emozione che trasmette, vale mille racconti e rappresenta l’unico, credibile legame con il terroir che, mi preme ripetere, non è il semplice compiacimento della natura. Ci congediamo con una strepitosa degustazione orizzontale di grappe, fragranti all’olfatto e delicate al gusto. La giornata può volgere al termine. Faccio la mia conoscenza con quell’abitazione che è la rappresentazione, forse per eccellenza, della ruralità del Trentino-Alto Adige: il maso.
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Elogio degli uccelli
La notte scorre via veloce e la mattina seguente, dopo un’abbondante colazione tipica, riprendiamo il nostro viaggio, destinazione Ome, Franciacorta. In una delle aree poste più in altitudine dell’intera denominazione, a metà tra il monte Orfano e il lago d’Iseo, si impone come emblema di qualità produttiva l’azienda Majolini. Giovanni Maiolini rappresenta la terza generazione della proprietà e si occuperà di noi per tutto l’arco della nostra permanenza. La cantina è nuovissima, appena ultimata. Il progetto originario prevedeva lo scavo di gallerie sotterranee per la conservazione dei vini, ma l’importante stratificazione di roccia di tipo calcareo-marnosa (denominata “medolo”) ne ha impedito lo sviluppo. Ciò che ne resta è una grande fenditura di prova, adatta a rendere precisamente l’idea di come il territorio qui in collina sia diverso da quello della pianura da cui provengono le uve che hanno permesso la nascita della maggior parte degli spumanti Franciacorta. Proseguiamo con curiosità e cognizione grazie alle indicazioni della nostra preziosa “guida”, fino a che, usciti nel piazzale centrale, notiamo due opere artistiche: i cavalli innamorati (scultura donata alla famiglia dall’artista Aligi Sassu che sta a rappresentare l’amore dei Maiolini verso la propria terra) e il capodoglio bianco di Mattia Trotta (simbolo della continua e inesauribile ricerca dell’inafferrabile perfezione). La degustazione avviene all’interno della struttura per poi proseguire all’Hostaria Uva Rara, tempio del mangiar bene franciacortino. Risulta davvero difficile riassumere più di venti assaggi in poche righe: diversi stili, comparazioni con blasonati Champagne e Franciacorta, vecchie annate, i mitici “Electo”, “Disobbedisco” e “Valentino”, quest’ultimo ormai cosa rarissima. Ne vien fuori un profilo produttivo incredibilmente modulato, calibrato da una visione d’insieme tangibile nella strutturazione di vini legati tra loro da una sola mano tecnica e sensibile. “Ed ogni nuova generazione degli uomini, invero, non può prender le mosse, per quella sua prassi viva ed attuale, se non da una realtà, che l’opera delle generazioni passate è venuta faticosamente elaborando, imponendole forme, contorni, limiti ben definiti. Solo fondandosi saldamente in questa concreta e ben delimitata realtà storica, anzi, ogni prassi umana può sortire la sua efficacia: che resterebbe, tuttavia, priva di contenuto e di senso, là dove essa si esaurisse - entro un contorno, e al di qua di limiti prefissi - nella stanca riproduzione di forme già date, e non travalicasse e non travolgesse perennemente, invece, quel suo dato contorno e quei suoi dati limiti storici, inducendo nella realtà contenuti e forme nuove ed originali.” 26
Arriviamo a Cortina Sulla Strada del Vino nel tardo pomeriggio. Colpevoli di un discreto ritardo, imputabile tuttavia al pranzo luculliano appena consumato, faccio in tempo a stringere la mano di Peter Zemmer che già vengo catapultato nella storica cantina aziendale. Si respira aria vivace, briosa che ben si abbina alla curiosità che cresce in me non appena il confronto prende forma. Peter ci spiega come sia profondamente impegnato nel tratteggio e nella zonazione di un preciso areale con una modalità, come ho sottolineato anche durante la visita, richiamante molto quella del vigneto tedesco del sud-ovest (luogo di predilezione per i grandi riesling). C’è un continuo rievocare il territorio attraverso la lettura ben precisa, inequivocabile dell’etichetta e ovviamente mediante ciò che il vino rivela. Si tratta di un lavoro enorme, carico di responsabilità ma assolutamente necessario al fine di porre ordine alla confusione imperversante che impediva al consumatore di mettere a fuoco un territorio - bensì - piuttosto delineato. Un’elaborazione così dettagliata richiede la profonda conoscenza della terra e di tutto ciò che orbita attorno ad essa. Ritorna anche in questo caso l’identità come qualcosa da ricercare e far maturare nel tempo attraverso scienza e coscienza. La natura suggerisce degli indizi che sta all’uomo identificare, catalogare e inserire nel bagaglio dell’esperienza. Se in altre epoche tutto ciò avveniva empiricamente, con tentativi e studi espansi nel tempo, spesso fini a se stessi, oggi sono resi indispensabili ingenti investimenti affinché un territorio sia tracciato e soprattutto veicolato nel mondo. Resto decisamente affascinato da modi di operare e comunicare finalmente degni della qualità sprigionata da certe produzioni. Concretezza e percezione nitida dello spazio: finalmente si può parlare di zone e cru alto-atesini! Ragionamenti e riflessioni si propagano a circa mille metri d’altitudine, durante tutto l’arco della cena tenutasi nell’elegante ristorante del Rungghof, il 1524. Ne usciamo rafforzati nelle convinzioni, rigenerati nello spirito e compiaciuti al palato! 27
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Elogio degli uccelli
Il giorno seguente è la volta del Merano Wine Festival al quale, per
Arrivata la sera, è ormai usanza rallegrare i nostri sensi ad altitu-
motivi di sintesi, faccio menzione con l’unico scopo di osservanza
dini considerevoli. Siamo al Patscheider Hof, incredibile scrigno
cronologica degli eventi del racconto. Mi limito a sottolineare
di remote tradizioni alto-atesine, ospiti della Cantina Bolzano.
come i banchi d’assaggio siano la dinamica più barbara e crudele
L’antico maso, inerpicato sull’altopiano del Renon, è caratterizza-
a cui un degustatore professionista debba sottoporsi.
to da sale i cui interni sono interamente rivestiti in legno e curati
Bibliografia delle degustazioni | CA’ DEI FRATI Sirmione, Lombardia Brut Metodo Classico Cuvée dei Frati Brut Metodo Classico Rosé Cuvée dei Frati Lugana I Frati Lugana Brolettino Ronchedone Amarone della Valpolicella Pietro Dal Cero POJER E SANDRI Faedo, Trentino Zero Infinito Brut Metodo Classico Rosé Chardonnay 2018 Sauvignon 2018 Traminer Aromatico 2018
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Palai 2015 Rodel Pianezzi 2016 Faye 2015 Palai 1987 Pinot Nero Merlino 17 04 Grappa Pinot Nero Grappa Chardonnay Grappa Müller Thurgau Grappa Sauvignon Grappa Riesling MAJOLINI Ome, Franciacorta, Lombardia Franciacorta Brut Franciacorta Satèn 2015
tutte le etichette
Franciacorta Satèn 2005 Franciacorta Pas Dosé 2015 Franciacorta Blanc de Noir Franciacorta Rosé Franciacorta Vintage 2013 Franciacorta Electo 2011 Franciacorta Disobbedisco Franciacorta Valentino Franciacorta Valentino 1994 Champagne Blanc de Blancs - Charles Devallin Champagne Brut Orian - Faniel e Fils Champagne Blanc de Blancs Appogia Faniel e Fils Champagne Rosé Reserve - Charles Heidsieck Franciacorta Pas Dosé Diamant
nei minimi dettagli affinché l’avventore divenga un tutt’uno con
è generosità e condivisione di un bene privato, ad esempio, per il
l’ambiente che lo pervade e la tipica proposta culinaria dello chef
beneficio pubblico. Così non fosse, si parlerebbe di valori settari.
(menzione obbligatoria spetta alla paradisiaca vellutata di casta-
Utilizzare prerogative locali per includere e non per escludere
gne). Degustiamo i vini simbolo dell’azienda bolzanina per avvi-
affinché ognuno di noi possa conoscere la bellezza dell’altro.
nare le idee e prepararci all’ultimo giorno “scarrozzante“ in cui ci
Termino questo entusiasmante viaggio, da solo, in piedi, dinanzi
recheremo nella modernissima cantina di recente realizzazione,
il maestoso profilo della cantina ormai deserta. Saluto queste terre
sfavillante esempio di architettura paesaggistica.
con un sentire sereno, mai domo e, proprio come gli uccelli elogiati
La mattina seguente, peregrinando dall’alto verso il basso nei
da Giacomo Leopardi, libero da ogni limite.
locali di produzione disposti “a caduta”, mi ritrovo immerso in un’incredibile degustazione in cui il direttore Klaus Sparer mi
“… ora in queste cose, una grandissima parte di quello che noi chia-
presenta ben dodici etichette che riflettono appieno il nucleo
miamo naturale, non è; anzi è piuttosto artificiale: come a dire, i
e lo spirito di questa luminosa realtà. Intuisco un legame
campi lavorati, gli alberi e le altre piante educate e disposte in ordi-
profondo che lega la cantina sociale ai propri conferitori e alle
ne, i fiumi stretti intra certi termini e indirizzati a certo corso, e cose
genti che ogni anno contribuiscono a realizzare risultati sempre
simili, non hanno quello stato né quella sembianza che avrebbero
più importanti.
naturalmente. In modo che la vista di ogni paese abitato da qua-
Sembra che tutto ruoti intorno al cardine della buona pratica agri-
lunque generazione di uomini civili, eziandio non considerando le
cola, dell’onestà nell’esercizio del proprio ruolo affinché, a partire
città, e gli altri luoghi do-ve gli uomini si riducono a stare insieme,
dal piccolo gesto, queste terre possano essere mostrate nella loro
è cosa artificiata, e diversa molto da quella che sarebbe in natura”
integrità e condotte a spasso per il mondo come meritano. Il terroir
Leopardi, Elogio degli Uccelli
Millesimato 2013 - Villa Franciacorta Franciacorta Dosaggio Zero Cisiolo Villa Crespia Franciacorta Rosé Clarabella Annalisa Faifer Sfursat di Valtellina 5 Stelle 2001 Nino Negri Porto 20 years old Towny - Niepoort PETER ZEMMER Cortina sulla Strada del Vino, Alto Adige Pinot Grigio Müller Thurgau Caprile Gewürztraminer Frauenrigl Pinot Noir Rolhüt Lagrein Riserva Furggl
Pinot Grigio Riserva Giatl 2016 Brut Millesimato 2018 Pinot Noir Riserva Vigna Kofl MERANO WINE FESTIVAL Brut Millesimato 2007 D’Antan La Scolca CANTINA BOLZANO Bolzano, Alto Adige Alto Adige Weissburgunder 2018 Alto Adige Chardonnay 2018 Alto Adige Gewürztraminer 2018 Alto Adige Kerner 2018 Alto Adige Dellago 2018 Alto Adige Kleinstein 2018
Alto Adige Greel Ris. 2017 Alto Adige Mock 2018 Alto Adige Pinot Nero Riserva 2016 Alto Adige Siebeneich Riserva 2016 A. Adige Grieser Lagrein Prestige 2017 Alto Adige Chardonnay Riserva 2016 Alto Adige Huck am bach 2018 Alto Adige Sauvignon Riserva 2014 Alto Adige Mumelter Riserva 2015 Alto Adige Taber Riserva 2015 Alto Adige Terlano Vorberg Riserva 2016 - Terlan Vinschgau Val Venosta Riesling 2015 Falkenstein
Bibenda 82 duemiladiciannove
Jacopo Poli: il culto della grappa
JACOPO POLI:
IL CULTO DELLA GRAPPA L
u c a
G
r i pp o
Jacopo Poli è un catalizzatore nel mondo della Grappa. I suoi distillati ottenuti con dovizia ed artigianalità appartengono alle eccellenze del nostro Paese. Siamo andati a scoprire i segreti della sua qualità.
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Jacopo Poli: il culto della grappa
Nella collezione di Grappe di un rinomato caffè della Capitale ci siamo più volte soffermati ad ammirare le bottiglie prodotte da distillerie storiche, e tra queste anche quelle che oggi non esistono più e che negli anni d’oro dello spirit nostrano più amato facevano parte anch’esse della cerchia dei leoni della distillazione. Bottiglie che abbiamo ritrovato nei due poli museali creati da Jacopo Poli, dove si possono degustare le sue Grappe eccellenti. UNA STORIA TUTTA FAMILIARE GioBatta Poli si affermò come oste nel 1885 a Schiavon, dove si trasferì di fronte la fermata della “Vaca Mora”, la ferrovia a vapore che portò con sé progresso e benessere collegando Vicenza a Bassano del Grappa. All’osteria al Cappello servivano pasti caldi e vendevano cappelli prodotti dalla famiglia intrecciando paglia, e a fine pasto non mancava la Grappa fatta in casa con un alambicco mobile. La professione di grappaiolo la imparò dunque sul campo, se ne innamorò girando di fattoria in fattoria con il suo carro-distilleria fin quando per obblighi fiscali fu vietata la distillazione ambulante e da buon veneto tenace installò nella costruzione limitrofa all’osteria il primo alambicco fisso, fondando così nel 1898 le Distillerie Poli. Da ciò che si narra la sua Grappa era un distillato esclusivo frutto di una tecnica di distillazione messa a punto da sé con grande meticolosità. Alla sua scomparsa subentrò a capo dell’azienda il figlio Giovanni, un patriarca che diede grande impulso all’attività di famiglia: ricavò un impianto di distillazione dalla vaporeria di una vecchia locomotiva, fornì l’azienda di mezzi a motore con la propria pubblicità, si dedicò anche al commercio di liquori, di bozzoli per la produzione della seta e di olio da vinacce, e fu il primo in zona a dotarsi di telefono. Grazie a quell’apparecchio curioso fatto di bakelite nera suo figlio Toni conobbe Teresa, la bella figliuola della centralinista, i due scambiarono le prime chiacchiere mentre lei affiancava la mamma a lavoro. Un anno dopo i giovani convolarono a nozze ma ben presto Toni partì in Guerra come capitano dei Bersaglieri; fu fatto prigioniero e solo dopo la Liberazione potè riabbracciare la sua Teresa. Il conflitto mondiale non fece sconti a nessuno, l’attività di distillazione di famiglia ripartì in sordina e fu portata avanti con fatica da Toni che nel tempo ammodernò l’impianto di distillazione ma si trovò ad affrontare non poche difficoltà: il duro periodo degli anni Settanta in cui scomparvero il 95% delle distillerie artigianali soppiantate dalla capacità produttiva e dalla potenza comunicativa di quelle industriali – da 2.000 distillerie artigianali si è arrivati alle attuali 89 capaci di produrre solo il 20% della produzione nazionale a fronte dell’80% prodotto da 34 impianti industriali. Nel ’73 inoltre un brutto incendio distrusse una parte del fabbricato e le sciagure non finirono qui, nel 1985 la storica nevicata che mise in ginocchio mezza Italia fece crollare il tetto della distilleria, dove dopo settimane di inattività si proseguì a lavorare a cielo aperto, lo si farà per i successivi dieci anni. L’azienda ormai vicina alla bancarotta fu 32
salvata dall’intraprendenza di Teresa che gestì l’emergenza finanziaria contattando un caro amico del marito a cui chiese un prestito e procurandosi altro denaro dalla vendita di una piccola eredità immobiliare. La situazione restò comunque critica fintanto che subentrò la nuova generazione con Jacopo, Barbara ed Andrea in prima linea a dare una nuova direzione qualitativa all’azienda: lo scontro con il papà fu duro, lui seguì a distillare durante il giorno e i giovani lavorarono di notte solo vinacce freschissime prive di raspi sperimentando in distillazione tagli drastici di testa e coda. Il frutto del loro lavoro convinse il papà a farsi gradualmente da parte, lasciando che i figli migliorassero ulteriormente l’alambicco aggiungendo ulteriori quattro caldaiette. In termini produttivi la rinascita aziendale passò anzitutto per la strada della valorizzazione dei vitigni del territorio con la distillazione di singole varietà, e Jacopo ancora giovanissimo, già dotato di master e corsi di formazione in Italia e all’estero per affinare le tecniche di distillazione e di analisi sensoriale dei distillati, cominciò a girare in lungo e in largo per far conoscere l’essenza della Grappa nel mondo.
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Jacopo Poli: il culto della grappa
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Poli Museo della Grappa Via Gamba, 6 - Ponte Vecchio 36061 Bassano del GrappaVI Tel. 0424 524 426 www.poligrappa.com
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LA CULTURA
lingue, così da poter soddisfare la curiosità degli innumerevoli vi-
Nel 1993 ai piedi del Monte Grappa nella cittadina di Bassano del
sitatori che giungono da tutto il mondo. Arrivati alla grappoteca
Grappa viene aperto il primo polo museale vicino al Ponte degli
rimaniamo sbalorditi nell’ammirare una bellissima collezione di
Alpini, è qui che ci accoglie Jacopo con un garbo di altri tempi
1.500 mignon di rare grappe d’epoca provenienti da 323 distillerie,
accompagnato dall’inseparabile moglie Cristina che lo ha spinto
la maggior parte delle quali oggi non più in attività. Qui ci invitano
fortemente nel realizzare l’impresa. Varchiamo la soglia di un pa-
a giocare con gli olfattometri, degli apparecchi particolari che aiu-
lazzo finemente ristrutturato del 1400 dove all’ingresso alberga un
tano i visitatori ad identificare i profumi di venti diversi distillati.
alambicco gigantesco di antica fattura; il rame tirato a lucido è il
Lasciata la graziosa Bassano, con il Monte Grappa che fa da guar-
materiale che più caratterizza il luogo, la cura del dettaglio è mania-
diano, si costeggiano campi ben arati lungo la SP 248, attraversan-
cale e si riflette in una collezione unica
do quello che fu il contado di Vicen-
nel suo genere. Salendo pochi gradini
za dopo pochi chilometri si giunge a
si giunge ad una prima sala dove il pa-
Schiavon dove si erge l’azienda sud-
drone di casa ci mostra ricostruzioni
divisa in ulteriore polo museale, sala
di apparecchi distillatori che fanno da
congressi, zona produttiva e d’invec-
cornice ad una incredibile raccolta di
chiamento. Anche qui è “l’oro rosso”
stampe antiche attraverso cui si riper-
a contraddistinguere arredamento ed
corre lo sviluppo dell’arte distillatoria
elementi di design, e persino un bel
dal Quattrocento in poi, con gli alchi-
divano Chesterfield in pelle color
misti a muovere i primi passi intenti a
amaranto passa in secondo piano ap-
scoprire l’elisir di lunga vita, passando
pena lo sguardo volge su una parata
per i medici del Rinascimento distillatori per uso farmaceutico per
interminabile di bottiglie di Grappa, questa volta in formato classi-
giungere agli acquavitai veneziani che già nel Settecento avevano
co e prodotte dagli anni ’30 in poi; merita l’inserimento in bacheca
concepito le acqueviti per uso voluttuario. Anche nella seconda
la bottiglia regina, una Grappa datata 1880. Alla biblioteca è dedi-
sala alambicchi e strumenti per la distillazione sono protagonisti
cato grande spazio ma il pezzo forte è l’alambicco mobile, il carro
assieme ad una miriade di illustrazioni che descrivono la vinaccia
mastodontico che permetteva a fine ’800 di poter distillare presso
- la Grappa è l’unica acquavite al mondo ottenuta distillando una
le fattorie in luogo di trasportare con le difficoltà dell’epoca le vi-
materia prima solida - il tanto prezioso residuo di lavorazione della
nacce. Si chiude lo spazio dedicato al museo con la sala congressi
vinificazione che con la sua complessa composizione post fermen-
che ospita tavole rotonde di approfondimento sulla distillazione,
tativa caratterizza l’essenza del distillato. Caratteristiche della mate-
e spesso in sinergia con realtà produttive locali di altri settori si
ria prima e metodi di distillazione qui vengono descritti in diverse
organizzano meeting che hanno lo scopo di valorizzare il territorio.
L’ARTIGIANALITÀ Jacopo racconta: “si faceva tutto a mano e lo si fa ancora oggi”. Lo stoccaggio delle vinacce era effettuato con forconi e le ragazze più giovani venivano calate con una fune nelle buse, camere di stivaggio della vinaccia che veniva pestata con i piedi. Oggi la cura della stessa è estrema ma anziché essere stoccata viene lavorata appena giunge in azienda, dopo essere fermentata per non perdere aromi e profumi. Qui artigianalità e memoria vanno a braccetto: si rispetta la tradizione anche nei ritmi lavorativi – si distilla h24 6 giorni su 7 – e le tecniche adoperate non vedono che l’uomo per essere realizzate; solamente le buse hanno perso la loro funzione di stoccaggio per trasformarsi in celle d’invecchiamento. Quando si entra in distilleria il profumo intenso di vinaccia sembra polverizzato nell’aria e rimaniamo di stucco davanti all’antico Alambicco a vapore, una macchina di estrema efficienza racchiusa in uno strumento che è in funzione da quasi un secolo. Sono dodici le caldaiette a vapore fluente collegate a tre colonne di distillazione, pronte ad affrontare una “cotta” dopo l’altra. Installate in epoca diversa, le ultime 4 nel 1983 dallo stesso Jacopo appena tornato dal servizio militare svolto al 3° battaglione Bersaglieri Cernaia, lavorano ognuna a cadenze diverse di vapore, con la mano esperta del mastro distillatore che imprime il giusto ritmo. Queste a loro volta sono dotate 35
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Jacopo Poli: il culto della grappa
di 4 cestelli con fondo bucherellato che permette al vapore insufflato dalla base della caldaietta di attraversare la vinaccia ed estrarvi i preziosi contenuti, per produrre da ogni cestello (circa 100 kg di vinaccia) fino a 4 litri di Grappa a pieno grado alcolico (75/80% vol.). Il vapore si è dunque arricchito degli elementi essenziali della materia prima e della parte alcolica ed uscirà dalla caldaietta per passare in una colonna di distillazione che concentra la componente alcolica. Alla base della colonna si hanno appena 25° d’alcol, ma essendo questo più volatile dell’acqua passerà attraverso alcuni ostacoli detti piatti, concentrandosi alla sommità della colonna dove la gradazione alcolica sarà di 75°. Quindi i vapori confluiranno in una serpentina immersa in acqua fredda dove verranno condensati in liquido. n
Poli Distillerie
Per ottenere un prodotto che abbia forza ed eleganza al contempo occorre tanta maestria,
Via Marconi, 46 - 36
la bravura dell’uomo sta soprattutto nel saper tagliare la testa e la coda, selezionando
36060 Schiavon VI
solo il “cuore” dello spirit. La vinaccia è ricca di profumi e di diversi elementi ognuno
Tel. 0444 665 007
dei quali con un proprio punto di ebollizione, distinguibili in basso-bollenti ovvero che
www.poligrappa.com
bollono ad un punto inferiore all’alcol etilico (78,4°), i medio-bollenti e gli alto-bollenti. Durante la distillazione questi evaporano in successione a partire dai basso-bollenti che daranno vita alla testa caratterizzata da una nota aromatica simile all’acetone e dunque dev’essere scartata, poi è il turno del “cuore” ricco di tutti quegli elementi aromatici e gustativi che riflettono la bontà della materia prima, e infine la coda dai composti alto-bollenti che vanno tagliati perché conferirebbero alla Grappa una nota oleosa. Ora il “cuore” è pronto a passare attraverso un misuratore fiscale, lo stesso in azienda dalla fondazione, per poi confluire nel serbatoio di stoccaggio. Ottenuta la Grappa grezza la si può lasciare per un paio di anni in serbatoi di acciaio prima di essere imbottigliata, conservando così le caratteristiche della varietà d’uva da cui proviene, mentre lasciandola maturare in barrique questa assumerà tonalità ambrata e si arricchirà dei toni speziati conferiti dal legno. Ogni fase di lavorazione nei processi di maturazione è sotto stretto controllo fiscale dello Stato Italiano.Una terza possibilità è quella di lasciare in infusione delle sostanze vegetali (bacche di mirtillo, radice di liquirizia, ecc.), concedendo così ulteriore aromaticità al distillato. Indipendentemente dalla tipologia ottenuta si deve portare la Grappa alla giusta gradazione di consumo mediante aggiunta di acqua distillata e successiva filtrazione prima dell’imbottigliamento. In distilleria sono in funzione anche due alambicchi a bagnomaria, che si distinguono dal precedente per il metodo di riscaldamento più tenue e permettono di lavorare privilegiando le componenti fruttate e floreli delle vinacce; anch’essi sono discontinui, uno molto innovativo sottovuoto composto da due caldaie con colonna di distillazione senza piatti a riflusso regolabile, l’altro classico a due caldaie, ognuna collegata ad una colonna di distillazione a piatti regolabili. Quest’ultimo utilizzato per distillare uva, frutta e vino.
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IL TERRITORIO: BASSANO DEL GRAPPA
costruite sulla terra ferma, raggiungibili da Venezia attraverso il
Siamo nel cuore del Veneto, in provincia di Vicenza, ai piedi del
canale del Brenta, le famose ville costruite in stile Neoclassico dal
Monte Grappa. A poca distanza da Venezia sorge la cittadina-
genio di Andrea Palladio, oggi visitabili in crociera.
gioiello di Bassano del Grappa considerata la capitale del re dei
Bassano fa parte di una cintura prealpina che si affaccia verso
distillati nostrani, la Grappa. Benché si pensi che il nome del
il golfo di Venezia e costituisce quello che viene chiamato il
distillato derivi dal Monte, si tratta di una fortunata omonimia, il
triangolo della Grappa. Le città di Vicenza, Padova, Treviso e le
nome Grappa proviene dal termine dialettale “graspo” (grappolo)
loro province producono da sole il 40% della Grappa che si fa
e quindi non vi è stessa etimologia.
in Italia. Il comune è circondato da zone produttive vitivinicole
Bassano ha assunto storicamente un ruolo strategico essendo
di rilievo da dove poter approvvigionarsi di vinaccia. Colli
collocata all’imbocco della valle che permetteva di collegare la
Asolani e Montello hanno lunga tradizione produttiva, mentre
Pianura Padana al nord Europa attraverso la Val d’Adige, che a sua
ai piedi dell’altopiano montuoso di Asiago, famoso per il celebre
volta congiungeva la Valsugana a Trento; in altre parole Bassano
formaggio, troviamo la Doc Breganze, la più vicina alla distilleria
serviva Trento e da qui si attraversavano le Alpi. La città era collegata
Poli; segue la rinomata Valpolicella nel Veronese, e a chiudere
via fiume con Venezia, la quale essendo costruita su un gruppo di
questo teatro naturale a sud i Colli Berici e i Colli Euganei dove
isole dove non vi era produzione importava tutto dalla terra ferma.
si produce il Moscato Fior d’Arancio. Determinante è la presenza
Gli stessi legnami utilizzati per costruire il Capoluogo sono stati
del massiccio del Grappa, montagna di conformazione carsica
portati dai boschi dell’altopiano; tutto ciò ha fatto sì che l’entroterra
paragonabile ad una grande spugna il cui ruolo è quello di filtrare
veneto abbia sviluppato una manifattura di qualità stimolata dalla
acqua per nutrire una ricca falda acquifera che attraversa uno
Repubblica di Venezia dove i patrizi veneti amavano contornarsi
stato morenico che si assottiglia fino a sgorgare in delle sorgive.
nei loro grandi palazzi di oggetti raffinati. Pertanto si è sviluppata
Una di queste scorre al di sotto della distilleria di Schiavon, a
non solo una produzione ricercata del pellame, di mobili e del
70 metri di profondità e viene utilizzata per generare vapore in
settore orafo ma anche una cultura artistica importante: Tiepolo,
distillazione e per ridurre il grado alcolico delle Grappa grezza.
Giorgione, Jacopo Bassano, Antonio Canova sono i nomi degli
Nondimeno tutta l’area è ricca di acqua con i fiumi Piave, Brenta
artisti più significativi. I patrizi trascorrevano inoltre l’estate in ville
e il Bacchione che attraversa Vicenza.
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Jacopo Poli: il culto della grappa
LA PRODUZIONE La produzione della distilleria è molto articolata. La Grappa costituisce ovviamente il distillato principe con una linea monocultivar da vinacce di Vespaiola e dalle stesse appassite utilizzate per la produzione del Torcolato. La “Sarpa” che in dialetto veneto significa “vinaccia”, si ricava da vinacce di Merlot e Cabernet Sauvignon. La linea Po’ di Poli si declina in quattro tipologie: Morbida da uve Moscato Fior d’Arancio e Moscato Bianco, Aromatica da Traminer, Secca da Merlot Piave e Breganze, Elegante da Pinot Nero e Pinot Bianco. Si passa poi alla “Bassano Classica”, un omaggio alla cittadina ed ai suoi vitigni tipici, mentre la Maria è ottenuta da vinacce di uve allevate in biologico. Particolare è La Eve – Kosher i cui processi produttivi sono sotto la supervisione del rabbinato di Padova. E per finire tra le “giovani” vi è la Pura Vinaccia 40 e la 45 da cuvée di vitigni tipici del vicentino. Le barricate sono il fiore all’occhiello d’azienda: la Due Barili, Grappa premiata con i Cinque Grappoli nella Guida Bibenda 2020, è stata invecchiata in barrique di rovere francese e barili di Sherry PX. La Cleopatra Moscato Oro è un prodotto aromatico che vede un prolungato passaggio in legno piccolo, come pure la Cleopatra Amarone Oro che subisce medesimo invecchiamento. La Sarpa Oro è la versione barricata della Sarpa già citata tra le giovani, che si accompagna alla Bassano 24 Carati Oro e la Pura Vinaccia 50 che a differenza delle sorelle 40 e 45 matura in barrique. Caso a parte è la Grappa di Sassicaia, spirit aristocratico realizzato con le vinacce della famosa Tenuta San Guido di Bolgheri in Toscana e invecchiata in botti che hanno precedentemente ospitato il celebre taglio bordolese. Sulla Barrique Solera di Famiglia, la Grappa del Museo 25 Anni e La Premère rimandiamo alla relativa degustazione. Vi sono inoltre le Grappe aromatizzate Ruta, Liquirizia e Miele, seguono Mirtillo e Taiadèa a far parte dei liquori a base di Grappa. Capitolo a sé per i distillati d’uva e quelli di vino come l’Arzente da Trebbiano di Soave che invecchia per 10 anni in botti di varia provenienza e il Brandy Italiano dalle stesse uve con invecchiamento meno prolungato. Pere Williams dell’Alto Adige e lamponi dalla Carnia sono le materie prime utilizzate per realizzare i distillati di frutta. Non potevano mancare i prodotti richiesti dalla mixology più attenta come il Gin Marconi 46, distillato artigianalmente e ottenuto da un’infusione particolare e il Vermouth Gran Bassano Bianco e Rosso a base di vini di zona con infusione di una miriade di botaniche ad accompagnare pompelmo, galanga, mirto, arancia, cardo santo e molti altri elementi. Diversi sono gli Elisir ottenuti con infusione di frutta e bacche con Grappa e alcol; vi sono i gioviali aperitivi ottenuti per infusione in Grappa e Vermouth di spezie ed erbe aromatiche ed infine le Creme all’uovo, moka e al cacao. Le distillerie Poli esportano in 62 paesi nel mondo il 40% della produzione, rappresentando fieramente un significativo spaccato del mondo Grappista e liquorista nostrano. 38
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Nella foto la suggestiva
Grappoteca, dove si può ammirare la bellissima collezione di millecinquecento bottigliette migno di rare grappe d’epoca provenienti da 323 distillerie, la maggior parte delle quali oggi non piÚ in attività .
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La degustazione | D
istilleria
Grappa Barrique Solera di Famiglia Vinaccia da cuvée di vitigni rossi tipici di zona – 55% – € 60 (0,700) Nel 2001 è venuto a mancare Toni Poli, il papà sognatore appassionatissimo delle cose più belle che non mancava di trasmettere quotidianamente il proprio entusiasmo a dipendenti e famiglia. È stata conservata una delle nove barrique dell’ultima Grappa da lui distillata e da allora è nata questa acquavite per mezzo del metodo Solera con barrique su 14 livelli, che ha permesso di perpetuare quegli aromi unici e quel gusto nel tempo. È uno spirit old style ottenuto da mix di vinacce di uva rossa della zona, come era consuetudine fare un tempo quando il contadino faceva la fila in distilleria con le proprie vinacce distillandole assieme a quelle degli altri. Luccica sorprendentemente di un lucente color ambra di media intensità. Regala un panorama olfattivo di grande intensità con abbrivio di sentori di liquirizia e caramella mou per poi distendersi su toni di legni odorosi, vaniglia, spezie d’Oriente e ancora moka e cacao. Potente e dalla notevole ossatura alcolica avvolge a dovere il gusto riproponendo in fila uno ad uno gli aromi avvertiti al naso. Lunghissima la persistenza. È una Grappa della tradizione da bevuta lenta e meditativa, la consigliamo per una lettura di favole contemporanee dotte come il Marcovaldo ovvero Le stagioni in città di Italo Calvino, narrazione attualissima ricca di spunti culturali.
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Poli 1898
Grappa del Museo 25 Anni Vinaccia da cuvée di vitigni bianchi tipici di zona – 43% – € 54 (0,700) Jacopo Poli ama raccontare di quando era bambino e del tempo trascorso in distilleria a studiare mentre il papà caricava le vinacce nell’alambicco. È allora che si è innamorato della Grappa ed ha cominciato a collezionare bottiglie, libri e documenti che ha custodito amorevolmente. Assieme a sua moglie Cristina ha trascorso l’intera estate ’93 a lucidare il rame degli alambicchi antichi e catalogare il materiale raccolto, da lì l’idea di aprire un museo che fosse un omaggio alla Grappa. Questo distillato è nato per celebrare i 25 anni di apertura del Museo di Bassano, ed è frutto di una selezione speciale dei 25 migliori lotti custoditi nelle cantine sotterranee di casa. La cuvée ha veste ambra dalle nuance topazio. La sinfonia aromatica è un dolce susseguirsi di note di vaniglia e ricordi di torrefazione, noce moscata, crema al cioccolato fondente, uva passa e un incipiente profumo di marzapane. In bocca presenta grande continuità olfattiva, esordendo con un caldo abbraccio alcolico sostenuto da cremosa morbidezza glicerica. È una Grappa di grande armonia, dal finale interminabile, da godere fumando un Nostrano del Brenta Campesano, un sigaro completamente realizzato a mano nel Vicentino da tabacco da foglia mediana del Brenta miscelato ad un 25% di tabacco cubano, la cui fumata è deliziosamente suadente.
Grappa La Première Vinaccia da Cabernet Sauvignon, Merlot e Petit Verdot di Château Lafite Rothschild (Pauillac) – 46% – € 109 (0,700) Il sogno comincia nel 1995 dopo aver visitato lo Château Lafite Rothschild, uno dei cinque mitici 1er Cru Classé del Médoc. Jacopo fantastica una possibile collaborazione con la celebre Maison che dopo estenuanti trattative durate 12 anni finalmente prende vita nel 2007: si aprono le porte della cantina e la vinaccia viene trasportata in una notte con quattro camion dallo Château fino alla distilleria di Schiavon. Per la prima volta nella storia della Grappa una realtà francese di assoluto livello conferisce le proprie vinacce ad una distilleria italiana. Jacopo e suo fratello Andrea si mettono all’opera ottenendo un’acquavite che verrà posta per 6 mesi in serbatoi d’acciaio e successivamente invecchiata in 11 barrique nuove ed usate prodotte dalla tonnellerie dello Château. Dopo 8 anni d’invecchiamento l’opera è compiuta con una Grappa magnifica e prestigiosa che unisce la più alta maestria produttiva vitivinicola francese all’arte distillatoria veneta. Si tratta di un distillato imperiale dal sorprendente colore ambra stralucente, con un timbro olfattivo incredibilmente intenso e variegato dove a note di crema di nocciole fanno seguito profumi di prugna, pasta di mandorle, fiori di campo e cannella assieme a ricordi di vaniglia e una decisa impronta di liquirizia gommosa. All’assaggio diffonde incredibile ricchezza e raffinata potenza che prontamente lascia ampia scena a sontuosi ritorni olfattivi che faticano ad appagarsi fino a giungere ad un finale da applauso, soave e dolcemente vanigliato. Da degustare ad occhi socchiusi ascoltando il Nocturne op.9 No.2 di Fryderyk Chopin, per arricchire i propri sogni.
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Il tè e altre storie
IES L T AO TLR ĂˆT I RE E D
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Viaggio al centro del Giappone: la Regione di Mie.
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Il tè e altre storie
Al centro del Giappone la Penisola di Kii si protende nel Pacifico a sud di Kyoto e Osaka e offre al visitatore diversi spunti di interesse e motivi di riflessione. In questo territorio, bellissimo e suggestivo, suddiviso tra le prefetture di Osaka, Nara, Mie e Wakayama, l’atmosfera è intrisa di profonda spiritualità. Gli antichi percorsi di pellegrinaggio e i grandi Santuari shintoisti e buddisti, presenti un po’ ovunque, tra foreste vergini e limpidi ruscelli, ci ricordano che siamo in uno dei luoghi più sacri del Giappone. Anche molti dei prodotti di questa terra e del mare circostante in qualche modo sembrano rimandare ad antiche storie di devozione e di offerte agli Dei. A questo proposito, la Prefettura di Mie, in particolare, può rappresentare sicuramente un ottimo riferimento per avvicinarsi alle tradizioni gastronomiche di questa parte del Giappone. Una terra un tempo chiamata Miketsu Kuni (regione del cibo prestigioso) in quanto già fornitrice di prelibatezze e specialità per l’Imperatore. Punto di partenza per un itinerario goloso nella Prefettura di Mie, alla ricerca di curiosità gastronomiche, può essere considerata Matsusaka. Contornata dal mare a est e da vaste montagne a ovest, questa cittadina è conosciuta in tutto il mondo grazie alla particolare qualità della sua carne. Vitelli di razza pregiata di 7-8 mesi, in prevalenza provenienti dalla prefettura di Hyogo, vengono qui allevati per circa tre anni con particolare cura, alimentati anche con la birra per stimolare il loro appetito e appositamente massaggiati per favorire il flusso sanguigno e distribuire il grasso in maniera uniforme. La carne che se ne ottiene è particolarmente tenera e digeribile. Nei dintorni di questa cittadina, conosciuta anche per Una panoramica del Red
il cotone, dai caratteristici motivi a strisce color indaco (i mercanti di Matsusaka furono
bridge con la spiaggia di Ise, in
i primi a commercializzare e vendere i loro tessuti in Edo, oggi Tokyo), un susseguirsi di
Matsusaka.
verdi colline con piccoli terrazzamenti coltivati a riso e scenografici filari di piante di tè.
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La prefettura di Mie, nell’area di produzione di Isecha (il nome dato al tè verde coltivato in queste zone) è la terza come volume di produzione di questa pianta in Giappone. Montagne e mare in un lungo percorso che si snoda da Suizawa a nord, scendendo poi verso Suzuka, Kameyama e Matsusaka fino a Watarai e Odai, non lontano dai Santuari di Ise. Un’area particolarmente favorevole alla coltivazione del tè grazie alle temperature miti
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e all’abbondanza di piogge. Da oltre 1000 anni qui si coltiva questa pianta. La sensibilità
nostro Dario Risi, il titolare
e la passione dei coltivatori, grazie anche alle rinnovate tecnologie di lavorazione,
dell’Azienda Shinryoku Sabo,
permettono di ottenere oggi un prodotto di alta qualità apprezzato in tutto il mondo.
Mister Hiroshi Matsumoto.
Accompagnato dal
La visita all’Azienda Shinryoku Sabo, sulle colline intorno a Matsusaka, nella frazione Linan, consente di ammirare da vicino un mondo unico dove antiche tradizioni si perpetuano grazie alla tenacia e ai sacrifici della popolazione locale. Il titolare (Sacho, ossia Capo del tè), Mister Hiroshi Matsumoto, sorridente e disponibile, accoglie i visitatori nella sala di degustazione attigua al piccolo ma organizzato punto vendita. La superficie coltivata a tè dall’azienda è di 31 ettari (su un totale in questa frazione di circa 180 ettari). Si tratta di terreni a 120 metri di quota, caratterizzati da una dolce pendenza e da un buon drenaggio. Il clima è generalmente mite con una grande escursione termica e frequenti nebbie mattutine. 45
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Il tè e altre storie
La coltivazione si sviluppa intorno alle sponde del fiume Kushida. “Buon tè nasce dove è presente la nebbia del fiume”, ci dice il Signor Matsumoto. Tra le tipologie di tè coltivato circa l’80% è del genere Yabukita, il più diffuso in Giappone, che qui si presenta con foglie spesse e carnose per un gusto intenso, piacevolmente tannico e dal sapore umami. Vengono coltivati anche i generi più rari Sayama-midori, Sae-midori (dal gusto più dolce) e Okumidori (dal profumo più fresco e una tannicità piacevole e delicata). Il primo intervento di potatura si effettua dopo 5 anni con lo scopo di dare una forma rotondeggiante e abbassare la pianta per agevolare la raccolta a mano. Per le piante con più di 50 anni ogni 5 anni si attua invece una potatura più drastica fino al tronco per ringiovanire l’albero. Due le tecniche di coltivazione, con o senza copertura: la copertura nera sulla pianta per un certo periodo evita la luce diretta dei raggi solari e consente di ottenere una maggiore dolcezza nel tè che è proprio una delle caratteristiche peculiari di Shinryoku Sabo. Il Signor Matsumoto spiega che anche per il tè, parallelamente a quanto avviene per il vino, il metodo di allevamento, il terreno e le differenti condizioni climatiche, oltre ovviamente alle diverse varietà, possono incidere sensibilmente sulla qualità del prodotto. La grande distinzione, ci spiega, è tra tè fermentato, semifermentato e non fermentato. Il tè verde giapponese appartiene al tè non fermentato che a sua volta si può dividere in tè tostato (come avviene in Cina) e tè cotto al vapore (come in Giappone). Anche queste diverse tecniche di cottura delle foglie possono incidere sensibilmente sulle caratteristiche del prodotto finale. La degustazione al termine della visita avviene in un’accogliente saletta con l’utilizzo delle tipiche teiere (Mie è conosciuta per le Banko-Yaki pottery e le Iga-Yaty pottery) e l’accompagnamento di dolci tipici. La giusta temperatura dell’acqua insieme al giusto tempo di infusione delle foglie consentono di apprezzare appieno l’aroma e il gusto umami del tè. Un’esperienza nuova, altamente gratificante per la vista e per il palato, che affascina e conquista. Un’azienda a gestione familiare la Shinryoku Sabo, condotta da persone appassionate che cercano di vivacizzare e valorizzare adeguatamente l’economia locale attraverso l’agricoltura. Spirito di sacrificio e attenzione alle varie fasi di coltivazione per un prodotto finale di elevata qualità hanno consentito di ottenere nel 2006 il prestigioso riconoscimento del Premio Imperatore e l’inserimento tra i migliori prodotti della Prefettura di Mie. 46
A meno di un’ora di macchina da Matsusaka, nella parte sud della Prefettura di Mie, altra meraviglia da ammirare è la penisola di Shima che include le città di Ise, Shima e Toba. In un contesto naturalistico di grande bellezza (siamo nel Parco Nazionale di Ise–Shima), tra boschi lussureggianti e coste frastagliate, merita sicuramente una visita l’ampio complesso di Ise Jingu, che racchiude 125 santuari. Di particolare interesse i siti di Naiku (dove gli edifici principali, eretti per la prima volta 2000 anni fa, rappresentano l’architettura più antica del Giappone) e Geku, sicuramente i due santuari Shintoisti più visitati e venerati del Giappone. Qui le acque cristalline dell’Isuzu River scorrono nella foresta vergine rimasta in gran parte incontaminata per centinaia di anni e ricca di innumerevoli varietà di alberi, erbe e felci. Un viaggio indietro di duemila anni alle origini del Giappone. Un territorio sacro dove ogni cosa è in armonia con la natura e lo spirito. Un centro di fede indigena giapponese dello Shinto, quello di Ise Jingu, che per più di 1300 anni è stato mantenuto nella sua forma originale grazie a un particolare e unico rituale di rinnovamento. A Toba gli allevamenti di perle richiamano alla mente il lavoro di antica tradizione delle Ama (donne del mare), le donne pescatrici che da tempi remoti si immergono alla ricerche delle
n
perle ma anche dei tanti pregiati molluschi che popolano il mare di questa cittadina. Oltre
Nazionale di Ise-Shima © Nakano Haruo
Due suggestivi scorci del Parco
all’Aragosta spinata, sono proprio i molluschi, in primis l’Abalone e l’Ostrica Matoya, a impreziosire la proposta gastronomica di questo territorio. Tra i dolci, buonissimi i tipici Mochi, a base di riso, preparati in diverse varianti nelle pasticcerie di Ise. 47
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Il tè e altre storie
Circondati dalla bellezza dell’ “oceano delle perle” le due strut-
di ferro rovente), vive la cucina come un momento di gioia da
ture del Toba Hotel International e dello Shiojitei rappre-
condividere insieme ai clienti. La stessa preparazione dei piatti
sentano una ghiotta opportunità per un sano relax e una felice
sulla piastra diventa un’esibizione piacevole e coinvolgente. Per
immersione nella cucina del luogo.
iniziare, antipasto di gambero, ma-
Moderno e con un bellissimo pano-
cinato di pollo, mollusco Aoyagi,
rama sulla baia di Toba il primo, più
tuorlo in miso e lattume di Scom-
tradizionale e con stanze arredate
beromorus niphonius e poi Sashimi
con le tipiche e bellissime incisioni
misto: Aragosta con salsa di soia,
su carta (Ise Katagami) il secondo.
Sgombro con il sale di Futami e
Ci si rilassa nell’acqua di perle dei
Tonno di Ise con Wasabi. A segui-
bagni termali e si soddisfa il palato
re una gustosa grigliata di Abalone
grazie a una cucina sontuosa, affi-
nero di Ise (cotto inizialmente con
data alle sapienti mani della Chef,
le alghe Ryuhi al vapore per far as-
Signora Misato Banno. La cena,
sorbire l’umami dell’alga e quindi
nel ristorante Kiyoishi dell’Hotel
disteso su una foglia di bambù per
Shiojitei, si trasforma in un’espe-
evitare l’uscita del sale naturale in-
rienza indimenticabile. Diplomata presso la scuola di cucina
terno dell’Abalone al contatto con la piastra). Poi controfilet-
nella Prefettura di Gifu, Misato Banno, specializzata nello stile
to di Mikumano-gyu con salsa all’agrume Ponkan e Wasabi e
Teppan-Yaki (caratteristica tecnica di cottura su una piastra
riso saltato alla piastra con i bianchetti essiccati al sole, sesamo,
n
Shinryoku Sabo Ltd. 4209-2 Kayumi, Iinan-cho, Matsusaka City, Mie, Japan
porro e basilico giapponese Shiso. Per proseguire, verdure alla griglia (funghi Shiitake
Shinsabo@ma.mctv.ne.jp
e zucca provenienti dal territorio di Ise) e zuppa di Miso all’aragosta. Infine, mousse
0598-32-5588
con confettura di ciliegie e agrumi Dekopon. Proposte decisamente interessanti in cui
www.shinsabo.com
le preparazioni vengono esaltate da una cottura magistralmente eseguita sulla piastra che consente di mantenere intatte proprietà e caratteristiche originarie dei prodotti.
n
Toba hotel
A questo si aggiunga un utilizzo intelligente e mai banale delle verdure e delle erbe
International Shiojitei
aromatiche locali. Un menù in cui spiccano prepotentemente due gemme preziose:
1-23-1 Toba City, Mie, Japan
l’Abalone e la carne di Mikumano. L’Abalone nero, considerato uno degli abaloni più
0599-25-3121
pregiati, è da sempre dedicato agli Dei di Ise. Viene tradizionalmente servito al Tep-
www.tobahotel.co.jp
pan–yaki con il burro originale, chiamato burro allo scoglio, insieme alle tipiche alghe
www.shiojitei.co.jp
Aosa e Kurobara raccolte nel mare di Toba. Il Mikumano Gyu è invece un bovino dai peli neri, allevato nella fattoria Okada- Bokujo, a Kumano, 100 km a sud di Toba, su un altopiano circondato da boschi con una bellissima vista sul mare. Una carne di alta qualità, con una parte rossa di bontà assoluta, morbida e dal gusto intenso grazie all’ambiente favorevole della natura di Kumano e alle particolari caratteristiche dell’acqua surgiva della zona. Una regione ideale, la Prefettura di Mie, dove trascorrere un piacevole soggiorno all’insegna della buona cucina, passeggiando tra splendide foreste e antichi Santuari, costantemente accompagnati dal sorriso e dalla tradizionale ospitalità giapponese.
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Il Lupicaia di Pucci
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IL LUPICAIA
DI PUCCI R
o b e r t o
G
r e c o
Lupicaia e Pucci, due outsider dall’indiscussa personalità, legati dalle potenzialità di un territorio.
A poca distanza da Bolgheri e Castagneto Carducci, Castello del Terriccio è divenuto il punto di riferimento enologico di questo luogo, una vasta proprietà che abbraccia le provincie di Pisa e Livorno, una superficie di oltre 1.700 ettari tra le alture metallifere confinanti con i comuni di Castellina e Rosignano Marittimo, aree da sempre sfruttate per l’estrazione di metalli. Territori particolari, unici, perfettamente esposti al sole, su colline che beneficiano dell’influenza del mare, con clima e temperature ideali, tutti fattori da considerare nella verticale storica di dieci annate, a partire dal 2004 per concludere con l’ultima, la 2015. Un’orografia che protegge dai forti venti di Libeccio e Maestrale e, specie in estate, beneficia della brezza marina da nord-est che convogliandosi tra le isole dell’arcipelago toscano provoca il cosiddetto Tubo di Venturi, un particolare evento idrodinamico che dà origine ad un diverso microclima.
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Il Lupicaia di Pucci
La storia agricola del Castello del Terriccio, antico feudo pisano della famiglia dei conti Gaetani, inizia negli ultimi anni del Settecento, quando l’intera struttura viene acquisita da un ramo della nobile famiglia Poniatowski, di origine polacca. La tenuta, rimane di loro proprietà fino alla prima guerra mondiale. Utilizzata inizialmente come riserva di caccia, fu completamente riconvertita in azienda agricola, realizzando dei nuovi fabbricati e iniziando a produrre cereali, olio e vino. Con l’estinzione dei Poniatowski il Terriccio fu ereditato da lontanissimi cugini francesi che decisero di vendere la tenuta ai Conti Serafini Ferri, famiglia della madre di Gian Annibale. n
Nella foto il vulcanico Gian
Annibale Rossi di Medelana,
Per molti anni la proprietà è stata un latifondo con un piccolo borgo interno in cui
per gli amici Pucci, illuminato
dimoravano una sessantina di mezzadri, impiegati per la coltivazione di cereali, ancora
proprietario di Castello del
oggi in piena attività, con l’allevamento di animali da latte, oltre ad una piccola
Terriccio, venuto a mancare
produzione di olio e di vino.
prematuramente a novembre
A metà degli anni Settanta Gian Annibale ricevette in eredità una parte della tenuta dal
2019. Solo pochi giorni prima
prozio Giovanni Serafini Ferri. Di lì a poco riuscì a riscattare l’intera tenuta e sotto i
era stato nostro ospite durante
preziosi consigli di Lapo Mazzei (Castello di Fonterutoli) e dell’amico Carlo Guerrieri
una verticale storica del suo
Gonzaga (Tenuta San Leonardo), iniziò a produrre i suoi vini, il cui successo arrivò
capolavoro Lupicaia. Tante vol-
praticamente subito.
te siamo stati suoi ospiti nella magnifica tenuta scarrozzando
“Mi accorsi – ha raccontato Gian Annibale - che alcuni mezzadri avevano tirato fuori dai
a bordo delle sue jeep. Sarà
pochi ettari di vigna a disposizione dei vini ricchi di potenziale e struttura, capii allora
sempre nei nostri cuori.
che potevamo fare qualcosa di straordinario. L’incontro con il giovane tecnico Carlo Ferrini, che allora iniziava a esercitare l’attività di enologo, ha realmente determinato una svolta nella produzione vinicola del Terriccio, una collaborazione che dura ancora da venticinque anni, contrassegnata anche da frequenti punti di discordanza, affettuosi, ma che in realtà sono solo un piacevole scambio di idee”. Fondamentale è stata anche la collaborazione di monsieur Bovet, un esperto pépinières, ossia vivaista, che svolgeva anche attività di enologo. Fu Bovet, infatti, ad “azzeccare” la coppia portainnesto/vitigno, quando alla fine anni ’90 insieme a Pucci si recarono a Chambéry in Francia, individuando le tipologie più adatte ai suoli della Tenuta. Cabernet Franc, Merlot, Cabernet Sauvignon furono i primi vitigni a essere impiantati, in seguito arrivarono Petit Verdot e Syrah. L’idea di creare nei primi anni Novanta una nuova etichetta da un taglio bordolese nacque così: “Devo dire molto francamente che io ho copiato – ci ha confessato Gian Annibale - perché vicino a me c’era già qualcuno che produceva vini molto buoni, Mario Incisa
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della Rocchetta. Un signore magico perché non solo ha allevato Ribot, il miglior cavallo del secolo, ma ha fatto il Sassicaia e, cosa straordinaria, scriveva anche libri di mistica. Un personaggio a tutto tondo, irripetibile”. Un’autoconfessione, di così rara e leale franchezza, che viene subito in mente l’aforisma “i mediocri imitano, i geni copiano”, a cui bisogna però aggiungere, quasi a compensare, un’ulteriore considerazione che definisce meglio il senso del “copiare” affermato da Gian Annibale, e cioè: la capacità di intravvedere per primi le potenzialità di un territorio per aggiungere una nuova e diversa espressione al proprio prodotto. Il Lupicaia, dall’annata 1993, trae un nome così evocativo dal luogo su cui sono posti i vigneti: una collina, antico luogo di avvistamento del passaggio dei lupi che tanti danni arrecavano ai terreni. 53
I VINI Agli esordi l’assemblaggio consisteva nel classico taglio bordolese, con Cabernet Sauvignon in prevalenza, poi Cabernet Franc e Merlot. Dal blend iniziale sarebbe stato poi escluso il Cabernet Franc, mentre gli altri due verranno utilizzati insieme fino al 2003, per poi essere affiancati dal Petit Verdot. Una scelta rivelatasi in seguito vincente pur trattandosi di una varietà dalla gestione complessa, quasi mai vinificata in purezza e che in alcune zone difficilmente raggiunge una maturazione fenolica completa. Diverso il discorso per la fascia di costa toscana, dove invece si è acclimatato perfettamente grazie soprattutto alle temperature ideali e alla luce raggiungendo completezza ed equilibrio
Merlot dall’assemblaggio. Così dall’annata 2010 il Lupicaia è composto da Cabernet Sauvignon al 90% e Petit Verdot al 10%. Altre modifiche sono state fatte anche sulla scelta dei tempi di elevazione e l’uso dei legni, passando dai 18 mesi in barrique ai 22 mesi in tonneau. tali da portare alla decisione di escludere il
2015
Cabernet Sauvignon 90%, Petit Verdot 10% Tonneau per 22 mesi ➜ Ottima annata per la maturazione delle uve Naso esuberante e ancora giovane, ma già leggibile e affabile. In prima linea balsamicità e macchia mediterranea, poi un bell’aspetto minerale, gradevolmente salino, a seguire mentolo e canfora, ricchezza di frutta matura di mora e ribes, bacche rosse di grande sostanza ed eleganza, ben definito nei toni scuri finali di cacao, tabacco conciato e da pipa. Gli spetta ancora un futuro di unione e coesione. Bocca segnata dalla freschezza e dalla sapidità, in più un aspetto tannico ancora esuberante e in pieno vigore, per niente amaro e in fase di evoluzione, dalla straordinaria qualità degli elementi e che va ancora atteso.
2013
Cabernet Sauvignon 90% e Petit Verdot 10% Tonneau 22 mesi ➜ Annata quasi simile alla 2015, leggermente più calda nelle temperature medie Veste rubino luminoso che inizia a virare il granato. Naso composto e fine, con impronta iniziale di macchia boschiva, seguito da un appunto verde e vegetale che impreziosisce la parentesi aromatica, frutta più sfumata sul rosso e accenti floreali di rosa canina, violetta e fiori selvatici, sfumature olfattive in chiusura, richiami balsamici più mentolati meno verso l’eucalipto. Bocca relativamente giovane, tannino ben scolpito, elegante compattezza tannica, quasi un morso di velluto, un finale sapido, salino, grafite, matita e minerale. Retrogusto lungo e persistenza abbastanza lunga. 54
a 2012
Cabernet Sauvignon 90% e Petit Verdot 10% Tonneau 22 mesi ➜ Annata fresca, caratterizzata da temperature ideali per realizzare vini facili Colore rosso rubino luminosissimo, naso enfatizzato dalla nota balsamica e minerale, un po’ meno nella componente fruttata e speziata, più sottile nei toni, con aromi fini ed eleganti che attraggono prontamente il sorso, sul finale un accenno agrumato di chinotto più che arancia, poi mora e frutti di bosco, in fondo sottile speziatura di tabacco e gradevoli toni balsamici. La bocca è senza alcun dubbio fine e ben strutturata, bevibilità straordinaria, leggermente più sottile rispetto ai vini precedenti, più borgognone che bordolese, impostato più sulla freschezza che sulla sapidità, con ritorni dei toni agrumati e della modulata balsamicità.
2011
Cabernet Sauvignon 90% e Petit Verdot 10% Tonneau 22 mesi ➜ Annata superba per la zona lunga la costa, vini di spessore e compattezza. Vino compatto nella sua tinta rubino, luminoso. Naso segnato da profumi che si avviano nella sua prima evoluzione con toni di legno aromatico, quasi di sandalo, legno di sacrestia, impronte di cera, mirra e incenso, a fronte di una decisa nota di mora ancora vibrante mai esagerata e non oltre la maturità, chiude con accenti di liquirizia, scatola da sigaro, legno di cedro, un fumè leggero non tostato, una serie di sviluppi stimolanti speziati, chiude con note tostate e pepe in grani. Bocca strutturata, densa, con ricordo di un frutto maturo, morso tannico vellutato e coeso, grazie anche ad un’ottima la maturazione fenolica, chiusura di grande persistenza e godibilità sapida. Lungo e persistente.
2010
Cabernet Sauvignon 90% e Petit Verdot 10% Tonneau 22 mesi ➜ Annata straordinaria non solo per l’intero territorio toscano Impatto cromatico rubino pieno, luminoso. Naso articolato, con un frutto scuro maturo, tipicamente toscano con radice, cenni boschivi e terragni, poi un bel respiro balsamico, tono floreale che vira verso la viola e la rosa, una leggera idea di noce moscata e cardamomo, nessuna famiglia aromatica che prevalga sull’altra, poi inchiostro, china e rabarbaro. Sorso molto fresco, giovane che ha ancora voglia di stupire, una nota caramella alla menta che allunga il sorso, di una piacevolezza straordinaria e che ha ancora tanto da raccontare.
2009
Cabernet Sauvignon 85%, Merlot 10 %, Petit Verdot 5% Tonneau, per 22 mesi ➜ Mesi invernali e primaverili con notevole piovosità e temperature fresche, bene per le riserve idriche, l’estate calda ha portato maturazioni accelerate. Colore rosso rubino compatto e cupo, tendente al granato, luminosissimo. Naso marcato da uno spigolo olfattivo più evoluto, con toni che cominciano a ricordare la ruggine, la terra bagnata e il sottobosco, un po’ conserva di pomodoro, più prugna che mora, toni di humus, carbone e cenere arsa, chiude con soffi mentolati e tabacco scuro. Bocca in gran forma, che sorprende per freschezza, di buona vitalità, abbraccio tannico leggermente fitto, ben distribuito e fermo nell’evoluzione, chiude con ricordi olfattivi, buona persistenza e sapidità.
2007
2005
Il colore è un granato luminoso. Naso articolato, intenso ed in piena evoluzione. Le molteplici sensazioni olfattive ricordano inizialmente una frutta rossa matura di mora di rovo, mirtillo, poi erbe aromatiche di alloro, lauro e dragoncello, poi cenni dolci di cacao e toni gentili che ricordano la pasticceria da forno, biscotto alla vaniglia, una leggera nota fumé, spezie dolci come la cannella, chiodi di garofano e radice di liquirizia, chiude con un aspetto balsamico ricordano l’incenso, la canfora, scatola da sigari e legno di cedro. Bocca straordinaria, in perfetta forma e in equilibrio, con una dote elevatissima di freschezza, un tannino perfetto, vellutato, finale coerente, sorso lungo e che lascia la bocca in condizioni straordinarie.
Colore granato luminoso. Naso ricco e profondo, canfora e eucalipto, una balsamicità evoluta, poi frutta matura ancora integra, spunti vegetali, corteccia, ed ancora bacche selvatiche di more e cenni di ginepro, seguono toni di incenso, liquirizia, tabacco. La bocca è viva, un tannino ancora in evoluzione, toni di arancia sanguinella, un allungo gustativo straordinario, un vino dotato di una spina dorsale solida ed una acidità ancora esuberante. Un vino che ha tante cose da raccontare. Un grande interprete dell’annata.
Cabernet Sauvignon 85%, Merlot 10%, Petit Verdot 5% - 22 mesi in barrique. Ultima annata con la presenza della barrique. ➜ Strano andamento climatico ha portato, tra alti e bassi, qualità eterogenea. Per la zona costiera le tipologie vendemmiate dopo la metà di settembre hanno portato a dei risultati ottimi.
2006
Cabernet Sauvignon 85%, Merlot 10%, Petit Verdot 5% - 18 mesi in barrique ➜ La vendemmia sarà ricordata come una delle migliori del decennio in Italia, complessivamente bene in Toscana, poche punte di eccellenza. Colore granato luminoso e brillante. Naso complesso, dai ricordi mentolati e speziati, che pian piano cedono il posto a profumi tendenti all’ematico, toni ferrosi, poi in risalto frutta matura di ciliegie nere e more di gelso, chiude con spezie dolci e tanta balsamicità. All’assaggio risulta strutturato, piacevole, tannino poco esuberante ma ben svolto, discretamente ampio nella persistenza, chiude verve acida e sapida in buon equilibrio.
Cabernet Sauvignon 85%, Merlot 10%, Petit Verdot 5% - 18 mesi in barrique ➜ Le premesse per un ottimo millesimo c’erano tutte fino alla fine di agosto, poi le piogge e le basse temperature, che inizialmente avevano messo in discussione l’annata, non hanno impedito l’ottima riuscita del millesimo.
2004
Cabernet Sauvignon 85%, Merlot 10%, Petit Verdot 5% - Barrique per 18 mesi ➜ Sole prima della vendemmia, poi qualche pioggia e una buona escursione termica notturna, hanno segnato l’ottima annata. Colore granato acceso e luminoso. Naso maturo ed austero, in cui evidenzia netti profumi terziari evoluti con ricordi netti di lucido da scarpe ed impregnante del legno tipiche dell’evoluzione, seguono sensazioni di gelatina di ribes, frutta matura concentrata, una nota floreale di viola appassita, poi spezie scure, pepe nero, tabacco toscano, una leggera spolverata di affumicatura e cenni di eucalipto. Bocca perfettamente integra, salino e segnato dalla sapidità, sorso lineare, piacevolissimo, con la voglia di riassaggiarlo e bere un altro sorso, finale elegante ed equilibrato, tannini perfettamente integri. Finale equilibrato e lungo nella persistenza. 55
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N
i c o l e t t a
A
n n a
L
Profumi, Sapori e Curiosità dell’Alto Adige
N
o r e n a
a n n i
F
a n t i n i
Profumi, Sapori e Curiosità
DELL’ ALTO ADIGE 56
‌io penso che a questo mondo esiste ovunque una grande Italia, che passa dalla valle
Aurina
e arriva fino a
Plan De Corones,
passando da
Falzes
attraverso
Caldaro e arriva fino a Termeno e piĂš giĂš fino ad Avio.
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Bibenda 82 duemiladiciannove
Profumi, Sapori e Curiosità dell’Alto Adige
La scintilla che ha dato inizio al nostro viaggio è alimentata dalla
una contadina. Essiccate con cura dopo averle lavate e confe-
condivisione di due passioni: la prima, per l’alta montagna. La se-
zionate con lo zucchero di canna e una graziosa etichetta con
conda, addirittura smodata, per Lorenzo Cherubini, alias Jovanot-
le spiegazioni. Dopo averla degustata nell’enoteca non abbia-
ti, che ci ha spinto a partecipare al suo concerto in agosto a Plan
mo esitato un minuto nell’acquistare quel sacchetto di erbe e
De Corones, a 2.275 metri di quota.
pure un litro di grappa neutra locale.
L’Alto Adige è un territorio benedetto da
Speriamo che nell’alchimia dell’assem-
Madre Natura, culla di vigneti impor-
blaggio cittadino riusciremo davvero a
tanti che caratterizzano il paesaggio con
rievocare la valle, almeno nei profumi.
i loro filari pettinati che si snodano si-
A Lutago (Luttach in tedesco, Luchta in
nuosi accarezzando con garbo le colline.
dialetto) villaggio di montagna a 970 me-
Abbiamo anticipato la data di partenza
tri di quota, frazione del comune di Valle
per poter esplorare un po’ di territorio
Aurina ai piedi del Sasso Nero (3.368 me-
e conoscerlo anche per le curiosità che
tri) siamo arrivate nel pomeriggio del 21
ogni bel luogo riserva. Il Sud Tirol Alto
agosto nell’albergo che avevamo prenota-
Adige è un luogo incantato segnato dalla
to online. Al nostro arrivo, un piccolo di
storia dai continui revanscismi tra Italia
riccio nella bascula dell’ingresso cercava la
e Austria che hanno lasciato il segno nella doppia lingua presente
sua tana e senza spaventarsi per niente della nostra presenza, correva
ovunque e la fusione di sapori interessanti. Sui sentieri di confine si
libero sulla moquette. Davvero un bell’inizio. L’albergo, a gestione
staglia la Vetta d’Italia a 2.911 metri, è il punto più a nord d’Italia,
familiare, l’abbiamo trovato confortevole e ben arredato, con un’ot-
come a rivendicarne l’appartenenza.
tima cucina, stile e accuratezza nel servizio, doti comuni a molte altre
Procedendo per la Valle Aurina abbiamo scoperto profumi in-
strutture ricettive della zona. Sono luoghi dove si ritorna con piacere.
soliti per noi che arriviamo dalla città, come quello sprigionato dal cuscino di pino cembro – cirmolo. Uno studio dell’istituto di ricerca Joanneum Research (Austria) ha scientificamente confermato che il cirmolo esercita degli effetti positivi sul benessere psicofisico e sulla salute dell’uomo. Gli effetti che vengono attribuiti al legno di cirmolo sono la riduzione della frequenza cardiaca, una migliore qualità del sonno, un effetto calmante in situazione di stress e di iperattività con conseguente aumento della vitalità. Ha anche effetti antibatterici e favorisce il recupero fisico in situazioni di affaticamento. Che un cuscino pieno di questi trucioli potesse avere effetti benefici proprio non ce l’aspettavamo. Ma, nel dubbio, l’abbiamo acquistato, giusto per ricordarci questo indimenticabile profumo. E poi abbiamo scoperto la Grappa di Fieno, dal profumo e l’aroma che ricorda i meravigliosi prati della Valle Aurina. Una serie di erbe di montagna dai vividi colori, raccolte nei prati da 58
Passando poi in val Pusteria abbiamo scoperto a Falzes i suoi giardini di odori e la distilleria
Hotel Alpenblick
di Pino Mugo nell’azienda Bergila, dove viene lavorata la natura con tanto rispetto e subli-
Via Weißenbach, 9, 39030 Lutago BZ
mata in prodotti eccellenti come gli oli essenziali al 100 %. Un giardino di fiori e piante con
Bergila - Essenze di vita
mille colori che salvaguarda anche l’attività cosi preziosa e per noi vitale delle api. Abbiamo
Piazza Weiher, 13, 39030
scoperto che qui c’è l’hotel per gli insetti e visto il luogo incantevole sarà sicuramente un 5
Lago di Issengo BZ
Stelle Superior. All’interno del ricco e colorato giardino, si snoda il percorso delle essenze, con
Kleinstahlhof
possibilità di misurarsi con il proprio olfatto e noi sommelier non ci tiriamo indietro a queste
Helmut Großgasteiger Brunnberg 20
sfide a riconoscere gli aromi celati. Qui si distilla il pino mugo, altra pianta autoctona, con
I-39030 St. Johann im Ahrntal
l’alambicco in corrente di vapore e la complicità di purissima acqua di sorgente. Il residuo della lavorazione viene poi riutilizzato come compost e l’acqua calda per dare energia termica a due strutture limitrofe. L‘olio essenziale di pino mugo, ha importanti proprietà antisettiche, antinfiammatorie e mucolitiche, allevia dalle affezioni delle vie respiratorie e arreca sollievo in caso di influenza, naso chiuso e bronchite, mitiga inoltre anche i dolori muscolari. Continuando la nostra frenetica esplorazione, abbiamo scoperto i formaggi fatti con il cuore e l’amore per le caprette dell’azienda biologica Kleinstahlhof il Maso dI Helmut Grobgasteiger a Kleinstahl. Il latte di capra si sa contiene poco lattosio e quindi più digeribile da chiunque. Ci aspettavamo di incontrare Heidi, visto che un delizioso formaggio porta il suo nome, ma forse era impegnata nei pascoli.
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Bibenda 82 duemiladiciannove
Profumi, Sapori e Curiosità dell’Alto Adige
Ma le sorprese in questo incredibile pomeriggio estivo non sono finite, percorrendo la Valle Aurina, verso la vetta d’Italia abbiamo scoperto che più di un centinaio di anni fa era vissuta la gigantessa del Tirolo, Maria Fassnauer, detta Mariedl, nata il 28 febbraio del 1879 e morta il 4 dicembre 1917, considerata da alcuni la donna più alta della sua epoca. Verso l’anno 1900, quando Maria aveva 21 anni fu notata da una villeggiante e presa a servizio, come cameriera e come attrazione da esibire durante i ricevimenti. Nacque da una famiglia molto povera accettò di unirsi ad uno spettacolo itinerante di fenomeni da baraccone per aiutare economicamente la famiglia. Tra il 1906 ed il 1913 girò nelle fiere tra Austria, Germania ed Inghilterra, vestita col costume tradizionale sudtitolese sul quale le facevano indossare un alto cappello maschile per accentuare la sua altezza. Qui venne presentata come la donna più alta d’Europa o la gigantessa del Tirolo. Sull’ altezza effettiva di Mariedl e il suo peso vi sono molte stime oscillanti dai 218 ai 240 cm e tra i 170 e i 200Kg. Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale tornò al suo paese dove trascorse gli ultimi anni, morì nel 1917, per insufficienza cardiaca, con certezza si stima che la sua reale altezza era di 2,27. Veramente inusuale per una donna di quell’epoca. Noi l’abbiamo incontrata sottoforma di scultura in legno di un negozio di artigianato locale veramente di qualità. E poi Speikboden, situato sopra Lutago tra Campo Tures e Selva dei Molini, dove pascolano le mucche felici e dove abbiamo assaggiato un’ottima polenta con i finferli appena raccolti, nella baita Sonnklar premiata come la più bella baita del 2014, un’esperienza da consigliare! E finalmente è arrivato il giorno tanto atteso, il concerto di Jovanotti a Plan De Corones, un’emozione ad alta quota con tutte le dolomiti a fargli da cornice, abbiamo visto gente che si abbracciava felice, gente di tutta l’età ballare il sirtaki a circa 2.300 mt evocando il film
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Zorba il greco. Non sono mancati i momenti emozionanti, mentre
in compagnia di un nutrito ed eterogeneo gruppo di tedeschi.
Lorenzo cantava, il palco è stato avvolto da una fitta nebbia dando
La nostra prima visita in cantina è stata alla Tenuta di Hofstatter.
al contesto qualcosa di irreale e di magico.
Un’interessante passeggiata tra i vigneti di gewürztraminer dove sui
E per non farci mancare nulla, abbiamo dato seguito alla nostra
cartelli che si trovano in vari punti del percorso, vengono dispensate
terza, non celata, grande passione per il vino. Ci siamo spostati
dettagliate spiegazioni sui principi ed i segreti dell’arte vitivinicola.
a Tramin, nel cuore della produzione dei grandi vini che carat-
Sempre nel centro di Tramin, sorge la cantina Elena Walch con un’i-
terizzano l’Alto Adige.
dea che volge al futuro con la sua super tecnologica cantina rosa. Pre-
Abbiamo alloggiato al Gasthof Goldene Traube,
servando la storia con le meravigliose botti scolpite che finito il loro
delizioso albergo in posizione centrale, dotato di
compito rimangono ad ornare la cantina conservando i fasti passati.
un ristorante di ottimo livello con una buona
E poi, la cantina Franz Haas che è una fusione interessante tra arte
carta dei vini. Il soggiorno è stato piacevole an-
ed alta tecnologia ipogea, con vini eccellenti e ben abbigliati dell’arte
che per la simpatia ed accoglienza dei proprie-
di Riccardo Schweizer, un’artista purtroppo scomparso ma che ha
tari e del personale. Una simpatica iniziativa
collaborato con i grandi della pittura come Picasso ed architettura
è stata una passeggiata di notte nei vigneti di
come Le Corbusier. L’arte ed il gusto segna tutta la produzione di
proprietà dell’albergo, situati in forte penden-
Franz Hass, cantina che ha un’anima molto antica. Nasce nel 1880 e
za, conclusa con la degustazione dei loro vini
viene tramandata da sette generazioni con la curiosità che il primoge-
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Profumi, Sapori e Curiosità dell’Alto Adige
nito e sempre un Franz. Tutta la sua produzione merita una menzio-
è figlio di una cura estrema del vigneto che si snoda a semicerchio
ne speciale, in particolare, ci ha colpito il Moscato Rosa. Vitigno di
intorno al rudere del castello di Linticlar. Il terreno è prevalente-
antichissime origini, pochi ettari coltivati e poca resa. Il vitigno ha già
mente sabbioso con presenza di ciottoli calcarei e questo confe-
nel suo nome uno dei sentori principali che ritroviamo nell’olfattiva,
risce alle viti un apporto ottimale delle sostanze nutritive. Vino
insieme ad un vortice di sensazioni speziate di cannella e chiodi di
equilibrato di grande struttura con equilibrio dei tannini, ha un
garofano con un trionfo di frutti di bosco dolci. In bocca netta corri-
grande potenziale di invecchiamento. Abbiamo avuto anche l’oc-
spondenza gustolfattiva, lunga persistenza su una spina dorsale acida
casione di degustare il Gewürztraminer Vendemmia Tardiva Alto
che bilancia elegantemente la sua dolcezza. Il Moscato Rosa è un ca-
Adige DOC della selection Turmhof novità della produzione.
polavoro, impreziosito dal fatto che ne esistono pochi ettari coltivati.
Seducente sia al calice con la sua veste oro, sia al naso con note
E poi la tenuta Tiefenbrunner Schlosskellerei Turmhof a Ni-
di rose, agrumi e nel finale frutta secca. Succoso e strutturato al
clara, luogo incantato delle fiabe e immerso in una natura che
palato con un finale equilibrato tra dolcezza e sapidità.
toglie il fiato impreziosita da filari ben curati che caratterizzano il
E poi la cantina Tramin dall’architettura interessante e moderna che
paesaggio. Ottima l’accoglienza dei proprietari Christof e Sabine
ci ha offerto viste suggestive dei vigneti incorniciati dalla struttura in
Tiefenbrunner e di Andreas Zelger che ci ha guidato sia nella de-
acciaio verde che evoca la stilizzazione dei tralci e la loro irregolare
gustazione che nella visita nella storica cantina raccontandoci de-
composizione. ..e poi Abtei di Muri e Gries con l’incantevole chio-
gli aneddoti davvero curiosi. Ma la sorpresa è stata la degustazio-
stro. L’abbazia è situata nel pieno centro dello storico quartiere bol-
ne dei più importanti vini della loro produzione. Come fra i tanti
zanino di Gries sull’omonima piazza, appartiene ai monaci benedet-
il Toren Cabernet Sauvignon Riserva della selection Vigna. Toren
tini dell’abbazia di Muri in Argovia (Svizzera), in tedesco è chiamata
Abtei Muri-Gries. Nonostante si trovi in Italia, appartiene per ragioni storiche, alla Congregazione benedettina di Svizzera. L’antico complesso del XII-XIII secolo era inizialmente il castello principesco di Gries, territorio che, al contrario del nucleo storico di Bolzano, era sotto il controllo diretto dei conti di Tirolo e non quello del principe vescovo di Trento. Oggi, nel 21° secolo, la cantina Muri-Gries vanta prodotti d’eccellenza come i vini della linea “Abtei Muri”, vinificati esclusivamente dalle uve dei vigneti più pregiati della tenuta dal 1989. Giunte a Mezzo Lombardo, incuriosite dalla cantina Foradori, siamo andate a visitarla, integrata nella natura e bellissima nella sobria eleganza. Elisabetta Foradori con la sua dinamica, anzi biodinamica gentilezza, classe ed originalità ci ha accolto con entusiasmo. I suoi vini sono frutto di un’attenzione alla tradizione nella gestione della vinificazione in anfore di terracotta. Abbiamo consumato un fugace ma saporito pasto (gli gnocchi alle ortiche erano veramente buoni) nella locanda del castello di Avio a Sabbionara (Tn). Il prezioso e suggestivo castello proprietà del FAI è uno dei più antichi monumenti fortificati del trentino Alto Adige, incastonato in un uno sperone di roccia. Siamo arrivate poi all’appuntamento per la visita alla tenuta San Leonardo. Più di due ore immerse nella natura incontaminata ed ingentilita dalla mano premurosa dell’uomo, che qui non la sovrasta mai ma la protegge e la conserva. La gentilezza della nostra guida, il direttore Luigino Tinelli, ci ha raccontato e fatto visitare in lungo ed in largo questo angolo di paradiso a bordo di un piccolo fuoristrada: storia e natura si sono fusi in racconti affascinanti incorniciati da angoli di natura meravigliosa. Quanto amore, quanto rispetto ed integrazione dei vigneti di montagna, rallegrati dalla vista di animali selvatici come cinghiali, cerbiatti e caprioli che fanno capolino dal bosco incontaminato che avvolge i vigneti. Ci ha incuriosito un prato fiorito di tante specie, un puntinato alla Seraut sterminato, come ci ha raccontato Tinelli, un luogo vicino alle arnie dove le api possono, senza faticare troppo, raccogliere quel polline prezioso e ricco che si trasforma in un delizioso miele millefiori, Il loro supermercato a km 0! Qui le api vivono serene e felici e sembrano di non risentire dei problemi che questa specie per noi cosi preziosa ha in alcune parti del mondo. Asinelli, colombe, cani pastore, galline e ninfee, come i quadri di Monet incastonati perfettamente in un microcosmo simile al paradiso. Oltre agli sterminati vigneti, il paesaggio della piana rotaliana è caratterizzato da ettari ed ettari di meleti che colorano con il loro vivace puntinato rosso e giallo l’intera pianura. Ovunque ti offrono mele gala appena raccolte succose e fresche. La Royal Gala figlia delle Alpi è una delle 13 varietà di mele Marlene che si coltivano in queste zone e fine agosto è il tempo della loro raccolta. IGP, aria fresca e pulita, terreni fertili e clima ideale, con l’aiuto dell’uomo che qui ha gran rispetto per l’ambiente. La nostra vacanza è giunta al termine, guidando verso Roma, oltre alle emozioni vissute abbiamo le tasche piene di tappi, le scarpe piene di passi e gli occhi pieni di natura! 63
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Cuvée 1564 Brut
CUVÉE 1564 BRUT L
o r e n z o
C
o s t a n t i n i
Verticale Esclusiva del Franciacorta di Castello Bonomi
La famiglia Paladin, alla guida di questo storico chateau franciacortino, è da qualche tempo promotrice di un programma di sviluppo aziendale che ha visto, anno dopo anno, incessanti lavori che hanno riguardato tutti i rami produttivi. Nell’ultima decade, in particolar modo, si è assistito ad un lavoro di grande maturità, sia dal punto di vista della gestione commerciale sia da quello della solidità e della costanza produttiva, sintetizzato da una gamma che è diventata un punto di riferimento della Franciacorta. Da circa un decennio l’azienda è coinvolta nella sperimentazione del vitigno Erbamat; un progetto voluto dal Consorzio Tutela Franciacorta per valorizzare questo antico vitigno autoctono del Bresciano, presente soprattutto nell’area del Lago di Garda. Una varietà a bacca bianca e a maturazione tardiva (citata per la prima volta nel 1565 dall’agronomo italiano Agostino Gallo nell’opera “le Venti giornate dell’agricoltura e dei piaceri della villa”), che si sta rivelando una soluzione per quei drastici innalzamenti delle temperature estive, con conseguenze importanti sulla maturazione delle uve, in particolar modo dello Chardonnay. Già da qualche tempo infatti le aziende franciacortine stanno anticipando le vendemmie, per evitare che l’eccessivo calore possa danneggiare i preziosi grappoli di Chardonnay, privandoli dell’acidità necessaria alla spumantizzazione. L’Erbamat, che in questo areale matura un mese in ritardo rispetto allo Chardonnay, supplisce a queste problematiche grazie al suo importante corredo acido (malico in particolare), che gli consente di superare “indenne” le fasi più calde dell’estate e contribuire alla freschezza degli spumanti senza stravolgerne il profilo; grazie alla sua sostanziale neutralità aromatica. Così, dopo anni di sperimentazione, l’Erbamat è stato inserito nel disciplinare del Franciacorta Docg, nella misura massima del 10%. La Cuvée 1564 è il nuovo Metodo Classico di Castello Bonomi, composto da Erbamat, Chardonnay e Pinot Nero in parti pressappoco uguali, ed è il risultato dell’importante lavoro svolto dal team di Ricerca & Sviluppo guidato da Leonardo Valenti e dagli enologi Luigi Bersini e Alessandro Perletti. Nelle righe sottostanti una verticale di 4 annate di questa nuova etichetta, che ha riservato delle interessanti sorprese. 64
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La Verticale | C
astello
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Bonomi - Casa Paladin
2011
2012
Vendemmia eccezionale. La primavera è stata più calda rispetto alla media storica del periodo, mentre l’estate è stata fresca e piovosa e ha garantito una buona escursione termica giorno-notte. L’invaiatura dei grappoli e l’inizio della maturazione sono iniziati precocemente ma il loro decorso è poi proceduto con gradualità. Una maturazione lenta, accompagnata da temperature miti e buone escursioni termiche giornaliere, favorevoli alla sintesi e all’accumulo dei precursori dei composti aromatici, si sono rivelate un ottimo presupposto per l’ottenimento di basi spumante di eccellente qualità. La piovosità regolare e mai eccessiva ha consentito di ottenere contemporaneamente un peso della produzione importate e una sanità impeccabile. Un’annata straordinaria che ha conferito ai vini grande equilibrio e profumi intensi. Per la prima volta in Italia, in Franciacorta viene concessa la riserva vendemmiale: una stagione quantitativamente e qualitativamente eccellente che ha permesso di accantonare vino di riserva.
Vendemmia ottima. Annata caratterizzata da bruschi cambiamenti climatici che hanno reso mediamente più impegnativa la gestione del vigneto e la programmazione degli interventi e della vendemmia. Il germogliamento è progredito in modo piuttosto dilatato nel tempo evidenziando, più che in altre annate, le differenze microclimatiche all’interno della Franciacorta. Da un’analisi dei dati meteo si evince come le temperature medie siano state, dall’ultima decade di aprile fino alla fine di luglio, inferiori alla media decennale 2002-2011 e le piogge abbondanti. Ciò ha portato a un rallentamento della crescita vegetativa, allungando il periodo ricompreso tra germogliamento e fioritura. A fine luglio si è verificata una netta inversione di tendenza, con un deciso rialzo delle temperature, questa volta superiori alla media decennale, che ha determinato un forte recupero del ritardo precedentemente accumulato. Una vendemmia ricordata per la sua bassa produttività ma ottima sul piano qualitativo.
Paglierino dai riverberi oro. Un eterogeneo défilé di avocado, kiwi, pasta di mandorle, sali minerali, cedro candito, lime e mollica di pane. Decisamente il più bilanciato e ricco della batteria; ha corpo senza rinunciare a snellezza e finezza, la spuma è cremosa e l’eco, salina, richiama a lungo i descrittori olfattivi. Un vino equilibrato e complesso che consentirà un abbinamento con un piatto agrodolce, come dei gamberoni al curry con salsa di mele.
Paglierino con i primi riflessi oro. Sfumature di pistacchio, nocciola e crusca fanno da sfondo a pennellate di frutta nostrana e marmellata di limoni. Sorso di notevole consistenza agrumata, quasi a ricordare le zeste di limone, perlage di finissima caratura e finale sintonizzato al naso. Sfuma sapido, ammaliante, pur se non particolarmente duraturo. Viste la sua spigliatezza aromatica e la sua mite persistenza, è da suggerire su flan di patate e timo.
2013 Vendemmia ottima. Un anno complicato sotto il profilo meteorologico e la difesa fitosanitaria. Il germogliamento è avvenuto con un po’ di ritardo, intorno alla metà di aprile, a causa di una andamento particolarmente piovoso e freddo. Ciò ha implicato un prolungamento della dormienza in tutta la Franciacorta, determinando, con i primi caldi, un germogliamento pressoché contemporaneo in tutta l’area. Un’altra difficoltà incontrata è stata l’attacco, fortunatamente localizzato, della Tignoletta, che ha costretto ad una cernita severa delle uve. Tra tutte le difficoltà, la 2013 sarà ricordata per essere stata l’anno della vendemmia settembrina, come da ormai molti anni non accadeva più. Una maturazione molto lenta, protrattasi in un periodo con escursioni termiche accentuate, è stata preludio di uve di notevole livello, sia in termini analitici sia di corredo aromatico. Le acidità, elevate, i pH, bassi, hanno contribuito a conferire particolare mineralità ai vini. Tonalità paglierino con sottili sfumature smeraldo. Profumi di mela golden, bergamotto, cedro candito e mandorla incorniciano un chiaroscuro salmastro e fragrante di crosta di pane. In bocca vanta un perlage fine e compatto, freschezza agrumata e sapidità contenuta; persistenza di media durata, leggermente a favore dei registri “duri”. Freschezza e grinta gli consentiranno di controbilanciare la tendenza dolce e la grassezza di tonnarelli con gamberi e guanciale, pareggiandone l’impeto aromatico.
n
Castello Bonomi Via San Pietro, 46 25030 Coccaglio BS
2014
Tel. 030 7721015 www.castellobonomi.it info@castellobonomi.it
Vendemmia buona. A seguito di un inverno mite, con un mese di marzo decisamente al di fuori della norma (temperature medie massime di 20°C a fronte del 2013 con una media delle massime di 10°C), la ripresa vegetativa è avvenuta con deciso anticipo rispetto all’anno precedente. L’inizio della fioritura è stato osservato intorno all’8-10 maggio con infiorescenze grosse e numerose, preludio di un buon carico produttivo. L’anticipo fenologico primaverile è stato interrotto, dal mese di giugno, a causa delle piogge frequenti e di bruschi abbassamenti della temperatura, condizioni che si sono protratte per tutta l’estate. La maturazione lenta e regolare ha d’altro canto consentito delle raccolte scalari. Le rese di uva, in partenza generose, sono state riportate ben al di sotto del limite previsto dal disciplinare a seguito delle severe cernite in vigna. Le particolari condizioni meteorologiche dell’annata hanno condizionato le caratteristiche dei vini base che mostrano acidità piuttosto elevate a vantaggio di una maggiori freschezza e finezza aromatica. Tenue nuance paglierino, sottili catenelle di bollicine risalgono il calice. Approccio olfattivo giocato su fresche note di frutta a polpa bianca, lime, scorza di limone, kiwi, glicine e lieviti in lisi. Al palato è lo specchio di un’estate fresca e piovosa: corpo sottile, freschezza dirompente, sapidità minerale contenuta e assenza di fronzoli. La chiusura è pulita e lineare ma paga un tantino dazio alla lunghezza e all’equilibrio. Dei flan di ricotta e patate ne smusseranno il carattere agrumato senza sovrastarne la pacatezza aromatica.
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A
n t o n e l l a
Il lago dei pani e dei pesci
P
o m p e i
IL LAGO DEI PANI E DEI PESCI 68
Piatti, ricette e vini di territori che gravitano attorno ai bacini di acqua dolce.
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Bibenda 82 duemiladiciannove
Il lago dei pani e dei pesci
La penisola italica è ricca di bacini lacustri di varia origine: vulcanica, carsica, alluvionale, morenica, di sbarramento, artificiale. Il Lazio, a sua volta, ne è ricchissimo, una regione costellata di laghi che qui occupano oltre l’1,3% del territorio. I laghi più importanti sono tutti di origine vulcanica, come quello di Bolsena, nella parte nord della regione, il più grande del Lazio ed il quinto in Italia. È anche il lago di origine vulcanica più grande d’Europa, formatosi oltre 300.000 anni fa a seguito del collasso della caldera di alcuni vulcani nel complesso dei Monti Volsinii. Sempre nel Lazio settentrionale troviamo Bracciano, a nord nei monti Sabatini, il secondo della regione per grandezza, e Vico, entrambi laghi di origine vulcanica. A sud della capitale altri due importanti bacini, il lago di Albano e quello di Nemi, nel territorio dei Castelli Romani fanno parte dell’antico complesso del Vulcano Laziale. Nel reatino si trovano due grandi bacini artificiali, il lago del Turano e il lago del Salto, realizzati nel 1939 e nel 1940 per mezzo dello sbarramento degli omonimi fiumi. Insieme alimentano la centrale idroelettrica di Cotilia, costruita nel 1942 per servire le acciaierie di Terni.
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A est della capitale ecco i “lagustelli” di Percile, di origine carsica,
variegata cucina di lago, con molti piatti che sono entrati nella
immersi nel Parco Regionale Naturale dei Monti Lucretili,
tradizione locale. Si tratta per lo più di ricette semplici, nate
a nord troviamo il lago di Nazzano, classificato come “area
necessariamente da una sapienza popolare e che, proprio per la
umida di interesse internazionale” ed il lago (temporaneo) di
loro semplicità, rispondono oggi anche alla tendenza di mettere
Leprignano. I laghi della provincia di Latina, sulla zona costiera
in risalto la qualità della materia prima, ossia il pesce fresco.
meridionale della regione, sono tutti salmastri e costieri, originati
I pesci di lago generalmente non sono considerati di altissimo
dalla bonifica dell’Agro Pontino degli anni Trenta, quindi poco
pregio, spesso hanno molte spine, nuotano in acque ferme o poco
profondi. Non superano infatti i 3 metri di profondità i laghi
correnti, ma hanno carni grasse e se ne possono ricavare polposi
di Fogliano, Capraluce, Monaci e Paola, che fanno parte del
filetti che si prestano bene nelle varie preparazioni al forno, alla
Parco Nazionale del Circeo, classificati come “zona umida” di
griglia, lessi o al vapore conditi con salse a base extravergine,
importanza internazionale.
limone, prezzemolo e altre erbe aromatiche.
In provincia di Frosinone si trovano il lago di Canterno, di origine carsica, situato tra i Monti Ernici, ed il lago di Posta Fibreno.
Alcuni, più pregiati, come il coregone, il persico e l’anguilla
Una regione ricca di acque interne, dunque, e di una variegata
sono protagonisti di ricette particolari come il risotto al persico
fauna ittica lacustre che nel tempo ha dato vita ad una altrettanto
e l’anguilla alla cacciatora. Il coregone, molto apprezzato, viene
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Bibenda 82 duemiladiciannove
Il lago dei pani e dei pesci
cucinato in diversi modi, speciali i ravioli di coregone al pomodoro e basilico. I filetti di persico sono delicatissimi e vengono proposti impanati e fritti oppure conditi con salse, la tinca viene utilizzata anche come ingrediente di una delicata minestra con i tagliolini all’uovo. Molto diffuso è anche il luccio, presentato al cartoccio oppure nel risotto. Prelibati i latterini e i sugherelli, per lo più fritti, e i gamberi di lago, spesso serviti crudi, mentre meno presente è la trota, da assaggiare affumicata su crostini di pane. A seconda della taglia, molti di questi pesci, quando sono piccoli, vanno a comporre gustose zuppe di lago, con aggiunta di pomodoro e talvolta di patate o olive, oppure in fritture miste. Un antipasto tipico si prepara con piccoli pesci fritti marinati poi in aceto, spezie e odori come mentuccia e menta romana, due erbe aromatiche molto utilizzate in questi casi. La cucina di lago, da quella tradizionale a quella più innovativa, può contare su un ampio corredo enologico in tutto il territorio nazionale. Qui abbiamo parlato di cucina di lago laziale, che comunque non si discosta molto da quella di altre regioni: molti piatti, infatti, così come accade per i pesci, cambiano solo nome da località a località, ma nella sostanza sono spesso molto simili tra loro. Che vini scegliere? Fermo restando che gli abbinamenti del territorio sono sempre vincenti e che gli abbinamenti sentimentali hanno sempre un loro perché, ragionando, dobbiamo tener presente che il pesce di lago, rispetto a quello di mare, è meno sapido, più tendente al dolce e, a volte, grasso. Abbiamo dunque bisogno di vini bianchi freschi, dotati della giusta acidità, per accompagnare fritture o pesci al forno contornati di oliate patate arrosto. Ma occorrono anche vini delicatamente profumati, che sostengano le erbe aromatiche usate nelle preparazioni, e di discreta morbidezza, per contrastare la tenera sapidità dei piatti. Nelle ricette più “robuste” e succulente, come le ricche zuppe di pesce, specie se servite con crostini di pane fritto, avremo bisogno di un buon sostegno alcolico e anche di un po’ di tannino, quindi via libera, in questo caso, ai vini rossi, che possono regalare belle sorprese. Dovranno essere leggeri, giovani, profumati e, in ogni caso, andranno serviti rigorosamente freschi. 72
Porta la tua tessera di Fondazione Italiana Sommelier 2020 sempre con te, sul tuo smartphone. È facile! Apri la mail ricevuta da bibenda@bibenda.it, clicca sul banner blu con la scritta “per visualizzarla e stamparla” e apparirà in primo piano l’immagine della tua tessera. A questo punto puoi decidere di visualizzarla come ti è più comodo: salvarla come pdf sullo schermo
del tuo smartphone; salvarla nella galleria immagini; oppure in una delle diverse App disponibili per le Fidelity Card. La tua tessera resterà comunque a disposizione per sempre nella tua area personale sul sito www.bibenda.it Se per caso non la visualizzi ancora, inserisci i tuoi dati mancanti nella tua area personale e avvisaci, provvederemo subito ad eseguire l’aggiornamento per te.
Bibenda 81 duemiladiciannove
Vino e rispetto sostenibile
VINO E RISPETTO
SOSTENIBILE C
a r l o
Riflessione
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A
t t i s a n o
sull’importanza del rispetto della sostenibilità
le sue caratteristiche organolettiche, la salubrità e l’impatto
ambientale in qualunque processo produttivo.
ambientale durante la sua produzione.
Pensando al vino, possiamo tenere in considerazione molti aspet-
Al giorno d’oggi qualsiasi attività economica non può eticamente
ti: una componente materiale, è succo d’uva fermentato, una fi-
non prestare grande attenzione alla sostenibilità ambientale
losofica, è il risultato di attività umane che orientano il compor-
durante i suoi processi produttivi.
tamento della Natura verso uno scopo specifico ma anche, una
Anche in agricoltura, e nel settore agroalimentare, è necessario
bellissima componente sociale, riunisce gli esseri umani...
curare attentamente la gestione delle risorse utilizzate nella pro-
Ma il vino è anche un alimento, e come tale, richiede un senso
duzione, a partire dalle materie prime necessarie per raggiungere
di responsabilità da parte del produttore per quanto riguarda
il consumo energetico. Nella viticoltura, coltivazione intensiva
per eccellenza, è necessario “ringiovanire” le pratiche di produzione obsolete, rinnovando i processi sul campo e in cantina per ridurre al minimo l’impatto sull’ecosistema. Da questo punto di vista, alla Fondazione Italiana Sommelier mettiamo in atto le nostre conoscenze da diversi anni cercando di “sostenere” anche la coltivazione biologica come punto di partenza ottimale sia per la qualità dei prodotti che per la riduzione dei fattori extra produttivi normalmente impiegati. È accanto al biologico che si forma la strada in cui la sostenibilità entra in gioco nella gestione delle risorse in termini di acqua ed efficienza energetica sia in vigna che in cantina: la sostenibilità crescerà d’importanza nella mente delle persone man mano che il cambiamento climatico continuerà a diventare sempre più realtà. Stiamo cercando di trasmettere da molti anni un messaggio sull’importanza dell’ accrescere il senso del rispetto per la Natura e per il suo equilibrio: chiamiamoli vini naturali, artigianali, veri o etici, ma questi vini rimangono il risultato di un impegno verso l’Agricoltura Sostenibile e questo significa non combattere la Natura, ma lavorare insieme a Lei per ottenere uve e vini migliori che esprimano al meglio le caratteristiche di una Regione, di un “terroir”. La Fondazione Italiana Sommelier, insieme alla Worldwide Sommelier Association, i Produttori, la grande ristorazione, le catene alberghiere, l’industria aerea ecc... tutti abbiamo una grande opportunità oggi di inviare un messaggio al Mondo, sperando di dare ai nostri figli e ai figli dei nostri figli un futuro diverso in termini di qualità della vita. L’utilizzo e la selezione di Vini Sostenibili significa offrire prodotti che sono il risultato di un nobile concetto in cui nei vigneti è stata evitata qualsiasi interferenza con l’equilibrio della Natura riducendo il più possibile gli interventi meccanici, applicando tecniche di produzione integrate utilizzando solo prodotti di origine naturale, senza pesticidi sintetici o insetticidi, ma anche combattendo gli insetti nocivi e aiutando invece quelli che sono considerati “amici”. Saremo tutti giudicati e selezionati sempre di più in futuro dai Clienti anche per le decisioni che stiamo prendendo oggi. Basti pensare, ad esempio, che durante un anno, 2 miliardi e mezzo di bicchieri di vino vengono serviti a bordo di aerei in tutto il mondo. Pensando a questo grande impatto ed essendo un passeggero, sarei personalmente molto orgoglioso di scegliere una compagnia aerea, ad esempio, che si preoccupa di dare un messaggio importante sulla Vita, anche a partire da ciò che viene servito a bordo: non c’è niente di meglio che brindare con una bottiglia che incarna un totale rispetto per la Natura e per la Vita. Cerchiamo tutti di volerci più bene, beviamo Sostenibile! 75
Appunti di degustazione ••• Lorenzo Costantini •••
Castagne e marroni, emblemi d’autunno, un tempo considerati “il pane dei poveri”, sono oggi i protagonisti di golose pietanze che spaziano degli antipasti ai dolci.
Nelle
righe sottostanti alcune proposte per affrontare un menù e abbinare al
vino questi preziosi frutti.
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CAVABIANCA 2018 Terrecarsiche / Via Maestri del Lavoro, 6/8 70013 Castellana Grotte (BA) - 080 4962309 Bianco Igt - Bianco d’Alessano 70%, Fiano 30% - 13% - € 17 Tenue veste paglierino. Un deciso incipit di doga di rovere, vaniglia e cioccolata bianca incornicia agrumi canditi, frutta nostrana a polpa gialla ed erbe aromatiche. In bocca propone moderata struttura, viva freschezza e una persistenza che riconduce alle note boisé. Sosta tre mesi in acciaio, poi viene elevato in barrique per cinque mesi. Ravioli del plin al caprino con miele e castagne.
83 1 CERASUOLO D’ABRUZZO SUPERIORE FERZO 2018
Codice Citra / Contrada Cucullo 66026 Ortona (CH) - 085 9031342 Rosato Dop - Montepulciano 100% - 13% - € 15 Compatta nuance cerasuolo. Il profilo aromatico è giocato su sensazioni fruttate di lamponi, corbezzoli e fragoline di bosco e floreali di ciclamino. Sorso sapido ed equilibrato, giocato su fresche sensazioni fruttato-floreali e su una spensieratezza che non rinuncia a personalità. Breve sosta in acciaio. Lasagne con radicchio, crema di castagne e speck.
ROSSO FONTECOLO 2016 83 1 ICURTEFRANCA M / Via Barboglio, 14 l
osnel
25040 Camignone di Passirano (BS) - 030 653117 Rosso Doc - Merlot 54%, Cabernet Franc 34%, Cabernet Sauvignon 12% - 13% - € 11 Colore rubino che si fa granato sui margini. Evoca un bouquet di frutti di rovo croccanti, gelatina alla ciliegia, garofano e liquirizia. In bocca ha una struttura contenuta e piacevolmente disimpegnata; l’equilibrio e la piacevolezza sono centrati. Chiude sapido e in linea con il naso. Un anno tra acciaio e barrique. Vellutata di castagne e patate con pancetta croccante. D’ABRUZZO S. MICHELE 2017 84 1 CMONTEPULCIANO / Via delle Fornaci, 15 entorame
64032 Casoli di Atri (TE) - 085 8709115 Rosso Doc - Montepulciano 100% - 13,5% - € 12 Rubino impenetrabile che sfuma sul porpora. Evoca mirtilli in confettura, prugne disidratate, cioccolato fondente, humus e una nota floreale di geranio. Al gusto, a dispetto di una voce alcolica importante e di tannini vigorosi, propone schiettezza fruttata e una persistenza di media intensità. Lunga sosta in acciaio. Coniglio ripieno alle castagne.
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CHIANTI CLASSICO BELLINCIONE 2016
Il Borgo di Vescine / Loc. Vèscine 53017 Radda in Chianti (SI) - 0577 735612 Rosso Docg - Sangiovese 100% - 13,5% - € 16 Rubino di non comune concentrazione cromatica. Dischiude fragranze di gelatine di ciliegie, lamponi in confettura, rosa essiccata, chiodi di garofano, tabacco e sottobosco. Assaggio di buon corpo, con tannini in rilievo e freschezza tonificante. Finale non lunghissimo ma sintonizzato al naso. Sosta in acciaio e legno per circa un anno. Faraona ripiena di castagne con salsa alla melagrana. 77
Appunti di degustazione 86 1 ROSSO DI MONTALCINO 2016
Tenuta di Sesta / Loc. Sesta Castelnuovo dell’Abate 53024 Montalcino (SI) - 0577 835612 Rosso Doc - Sangiovese Grosso 100% - 14,5% - € 18 Rubino compatto, senza eccessi cromatici. Profumi marcati e inebrianti di marasche, arance rosse, sottobosco, pepe nero, tabacco e toni balsamici. Gusto succoso, ben sostenuto da freschezza, sapidità e calibrata tannicità. Persiste equilibrato e appagante. 8 mesi in rovere di Slavonia. Bocconcini di castagne in camicia di bacon.
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2016 87 1 SMOSSIB PASSITO / Borgo Mazzini, 35 anta
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MONTEFALCO SAGRANTINO PASSITO 2015 Arnaldo Caprai / Loc. Torre 06036 Montefalco (PG) - 0742 378802 Rosso Dolce Docg - Sagrantino 100% - 14,5% - € 35 (0,375 l) Uno sciroppo purpureo di bella luminosità. Sciorina profumi di mirtilli e fragole in confettura, cioccolatino boero, pot-pourri, spezie dolci, eucalipto e liquirizia. Al palato è dolcissimo e di carnosa consistenza, la freschezza puntuale, i tannini maschi e protagonisti nel controbilanciare la dolcezza. Appassimento delle uve su graticci. 15 mesi in barrique e 12 di affinamento. Castagnaccio.
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Le Dannate
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LE DANNATE Riflessioni sulle sorelle Napoli dopo la lettura del primo libro di Massimo Giletti 80
Chi sono i dannati? I destinati all’inferno, i maledetti, gli insopportabili, i terribili. Così sono state apostrofate Marianna, Ina e Irene, più note come le sorelle Napoli dai prepotenti siciliani nelle intercettazioni telefoniche e col medesimo epiteto è intitolato il primo libro di Massimo Giletti, Le dannate, edito da Mondadori, ancora oggi il testo più letto della settimana. Massimo svolge un lavoro capillare, meticoloso, su una notizia di cronaca portata in auge dal giornalista Salvo Palazzolo su Repubblica incuriosendo, così, il mattatore di Non è L’Arena. Tre sorelle assieme alla madre vivono nel delizioso paesino di Mezzojuso e ricevono in eredità dal padre, ormai deceduto, una quantità di ettari a Guddemi sui quali si svolge la loro esistenza. Da generazioni è noto il fatto che, in alcuni luoghi del Belpaese, si svolga l’ancestrale mafia dei pascoli attraverso la quale sono raccolti milioni di euro grazie ai contributi dell’Unione Europea. Gentucola, la definirebbe Dante, che ha il potere di terrorizzare pastori e proprietari terrieri spingendo questi a svendere le proprie terre e a cambiare vita. Da un’intuizione, da un desiderio di aiutare quattro donne lasciate sole da un’intera comunità, Massimo Giletti scoperchia una realtà che lui stesso non immagina. Malavita che ha come sfondo personaggi quali Totò Riina e Bernardo Provenzano. Donne nel 1998 prese a sassate perché riottose nei confronti di una cultura disgraziata. Per anni si sono recate dalle forze dell’ordine prima di essere ascoltate seriamente, femmine dedite al lavoro, alla campagna, all’amore verso il padre il cui nome ingiustamente infangato, accusato anche di essere nel mirino del generale Alberto Dalla Chiesa. Sorelle quotidianamente offese dai social per aver chiesto aiuto ai carabinieri, che hanno voluto seguire l’iter della legge e soprattutto unte della colpa di aver commesso l’affronto di coinvolgere il piccolo schermo attraverso Massimo Giletti. La fermezza, la caparbietà, la capacità e principalmente il desiderio di verità del giornalista piemontese porta in auge una realtà che sembra ben lontana dai tempi moderni ma che non lo è. Massimo che da piccolo, per un breve periodo, avverte l’abbandono della madre perché impegnata con i due figli più grandi nella città di Torino, che ha vissuto quel distacco, per lui isolamento, decide con fermezza di seguire il caso delle sorelle Napoli con una grinta che contraddistingue solo i giornalisti di razza. Ignaro di ciò che sarebbe andato a scoperchiare, ma guidato da un fiuto tipico dei cani da tartufo della sua regione di origine. Rammentate Libero Grassi, imprenditore, figura nobile della Trinacria, che rifiutò di pagare il pizzo? Più volte l’uomo si reca in trasmissioni televisive per denunciare una realtà barbara, di abusi che, quotidianamente, rendono a lui e alla sua famiglia l’esistenza impossibile. Spente le luci sul palco Libero, il cui nome rappresenta, davvero, la sua natura, viene lasciato solo. La mattina del 29 agosto 1991 ucciso con quattro colpi di pistola, mentre si reca a lavoro. Lo Stato dove era? Lo Stato siamo noi. Forse è anche un episodio di cronaca del genere a spingere Massimo Giletti ad affrontare la piazza di Mezzojuso a viso aperto, in una diretta televisiva. Si confronta col sindaco Salvatore Giardina, inca81
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I vini dei vulcani, la sottile linea rossa
pace di chiarire la sua posizione, dal comportamento palesemente ambiguo, appoggiato da un’intera comunità. È questo che non comprende Giletti, come ancora oggi le nuove generazioni non riescano a scardinarsi da una realtà immobile. La lettura del libro è scorrevole, coinvolgente, acchiappa il lettore proprio come i testi di Italo Calvino. Ci si sente non spettatore ma protagonista, poiché si tifa sempre per le sorelle Napoli, vittime di una società primitiva, a tratti macabra. Il medesimo autore cita Il giorno della civetta di Leonardo Sciascia paragonando il comandante della stazione dei carabinieri Pietro Saviano a uno dei protagonisti del romanzo siciliano. Giovane, integerrimo e motivato. In realtà è il medesimo Massimo a ricordare Sciascia nel modus scribendi. L’abilità dell’autore è l’aver saputo narrare un fatto siciliano così lontano da lui, dalla sua terra, dalla sua formazione e renderlo proprio. Marianna, Ina e Irene rammentano le figure femminili di Guido Gozzano, in apparenza fragili e demodé, nella realtà guerriere e volitive. Le vicende, invece, un perfetto equilibrio tra il concetto di destino descritto da Giovanni Verga ne I Malavoglia. Sebbene il narratore qui non adotti la tecnica dell’impersonalità, anzi si immedesima nel vivere gli episodi narrati. Il desiderio della famiglia dei pescatori Toscano che vorrebbero uscire dal loro status quo ma, la società non permette loro di farlo per quella maledetta teoria dell’ostrica, secondo la quale chi è debole deve rimanere tale, abbarbicato solo alle tradizioni perché rischia di essere ingurgitato da una società più grande, questo non va più bene. Ancora l’uso siciliano dei soprannomi, il seguire determinate regole, il dualismo tra bene e male. Auspichiamo che la vicenda si concluda nel migliore dei modi. Sfaccettata, molto simile alle opere pirandelliane. Le sorelle Napoli, più volte diffamate, tacciate di follia proprio come i protagonisti delle novelle del famoso autore girgentino, talvolta citato ne Le Maledette, forse perché lo stesso Giletti, a tratti, si sente fagocitato in situazioni paradossali, dallo sfondo noir che sembra essere la trama di un thriller, ma che giallo non è. Così è (se vi pare).
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Le Dannate Autore: Massimo Giletti Editore: Mondadori Collana: Strade blu Copertina flessibile: 180 pagine Prezzo: €15,30
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o n f Ă
Siamo
entrati nelle cucine di alcuni produttori di vino chiedendo loro di
raccontarci una propria ricetta alla quale sono particolarmente legati.
IL PRODUTTORE Castellania è il minuscolo paese nel cuore dei Colli Tortonesi che nel 1919 ha dato i natali al leggendario Fausto Coppi. Nell’anno del centenario della sua nascita il comune di Castellania per celebrare il suo Campione ha cambiato nome diventando Castellania Coppi. Francesco Bellocchio, nipote del Campionissimo, ha ereditato da lui la forza e la determinazione tanto da fondare un’azienda vinicola nel 2003 dedicandone il nome a sua mamma Marina, figlia di Fausto Coppi. Pochi anni prima Bellocchio si era riavvicinato a Castellania con la passione per la bici rimanendo affascinato da quei luoghi, così acquista pochissimi ettari di terreno e inizia il viaggio da vigneron. Ad affiancarlo in questa splendida avventura c’è sua moglie Anna, mamma delle loro tre figlie che condivide con lui la gestione dell’azienda. Anna propone i corzetti con burro e maggiorana, un piatto della tradizione del Levante Ligure ripreso anche dalla cucina piemontese. I corzetti sono dei medaglioni di pasta acqua e farina, intagliati con stampini speciali che riportano solitamente all’interno lo stemma di famiglia, nati nel Medioevo per richiesta ai cuochi da parte di alcune casate nobili. Questi stampini sono di legno, generalmente di pero, melo, faggio o acero.
CORZETTI BURRO E MAGGIORANA Ingredienti per 4 persone Per la pasta: 400 gr di farina tipo 0 3 uova 30 cl di vino bianco un pizzico di sale Per la salsa: 100 gr di burro 50 gr di pinoli 1 spicchio di aglio maggiorana parmigiano Preparazione Impastare farina, uova e sale, aggiungendo poco vino bianco, fino a ottenere una pasta ben soda e omogenea. Stendere la pasta in foglie sottili. Con l’apposito stampo ritagliare i corzetti e lasciarli asciugare. In una padella sciogliere il burro con l’aglio, la maggiorana e i pinoli schiacciati, lasciandone qualcuno intero. Cuocere i corzetti in acqua salata, non troppi alla volta, scolarli e passarli in padella nella salsa precedentemente preparata, dopo aver tolto l’aglio. Grazie alla goffratura la salsa bene impregnerà la pasta. Servire caldi con una spolverata di parmigiano.
L’ABBINAMENTO Suggeriamo di abbinare i corzetti alla Favorita Marine, Denominazione Colli Tortonesi Vendemmia 2017, vino estroverso e gioioso, dedicato alle due Marine di famiglia: Marina Coppi, figlia di Fausto e a Marina Bellocchio, sua nipote, nata alla vigilia della prima vendemmia delle uve destinate a questo vino, nel 2006. Il Marine proviene da due vigne vicine alla cantina, una delle quali, “la Madonnina”, circondata da un bosco quasi magico, vanta ceppi risalenti al 1947. I vitigni di Favorita allignano su terreni composti da marne argilloso-calcaree sedimentarie, intercalate da arenarie di colore grigio-azzurro chiamate Marne di Sant’Agata Fossili che regalano al vino grande finezza nei profumi e una particolare vena minerale che rende unico il sorso. Si presenta in abito paglierino brillante con bagliori dorati. Carica aromatica cangiante ed estemporanea dove si palesano in primis tonalità minerali e fumé. A seguire, note di rosmarino, scorzetta di cedro, ortica, fiore di mandorlo, albicocca e ginestra. Il gusto ricalca il soffio minerale dell’olfatto, reso ancora più vivace da una sinuosa freschezza ma rimanendo al contempo ampio, ricco, quasi sontuoso. Equilibrato e lunghissimo, sfuma su accenti sapido-agrumati. Matura 9 mesi in acciaio, poi resta altri 18 mesi in bottiglia per l’affinamento.
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Da Leggere
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i e t r o
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e r c o g l i a n o
Sono i nostri consigli di lettura. NovitĂ , nuove edizioni, dizionari, testi legislativi, romanzi, saggi, pubblicazioni tecniche: letture intorno al vino.
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Da Leggere
Esprit de Champagne Autori: Daniel Rey e Graziano Villa Editore: Guido Veneziani editore Pagine: 228 Euro: 80 info@grazianovilla.com Vai alla gallery del sito >> UNO CHAMPAGNE È PER SEMPRE Uno degli slogan piú celebri della storia della pubblicità, quel folgorante «A diamond is forever» coniato da Mary Frances Garety, si potrebbe benissimo applicare allo Champagne come ai diamanti. Come il diamante lo Champagne brilla di una luce viva e mobile; come quella del diamante, la luce dello Champagne non è una luce compatta come può esser quella di un astro: è piuttosto la luce di un firmamento, una costellazione di bagliori che sorridono e scompaiono, scintillano, fioriscono, vagano, danzano. Ma, mentre il firmamento racchiuso nel diamante è per sempre per davvero (almeno rispetto ai tempi della memoria e delle aspettative umane), quello del calice di
Champagne non dura piú del tempo di qualche sorso; lo Champagne è sí per sempre, ma non perché per sempre duri la sua viva luce nel bicchiere: ché anzi essa è straordinariamente effimera. È l’immagine che di quella luce rimane a essere eterna: il ricordo, l’impressione, la gioia, l’emozione di averla vista brillare e l’attesa di vederne un’altra. Nella biblioteca di un amante dello Champagne come vino e della Champagne come regione non può mancare il libro fotografico di Graziano Villa intitolato “Esprit de Champagne”. È una pubblicazione completamente diversa rispetto ai molti atlanti e alle molte guide che esistono in materia; è piuttosto una collezione di tour du propriétaire, un viaggio attraverso molte delle piú celebri e prestigiose Maison di Champagne: “Maison” proprio nel senso di ‘casa’, perché le fotografie accompagnano il lettore effettivamente nei poderi e nelle dimore storiche dello Champagne. A chi sfoglia questo volume viene restituito tutto intero un modo di vivere, un saper vivere fatto di bellezza e di elegante lusso e di ospitalità. Audoin de Dampierre, BillecartSalmon, Boizer, Bollinger, Bruno Paillard, Charles Heidsieck, Château de Mareuil, Château de Pierry, Château des Aulnos, De Castellane, Deutz, Entre Cour et Jardin, Krug, Le Palais, Les Crayères, Louis Roederer, Moët & Chandon, Perrier-Jouët, Pol Roger, Royal Champagne, Taittinger, Veuve Clicquot Ponsardin, Vranken-Villa Demoiselle: sono le case di Champagne che aprono al lettore le porte del loro raffinato mondo.
Graziano Villa è un fotografo specializzato in ritratti di persone e cose e in documentazione di viaggio; Daniel Rey, che con lui ha collaborato a questa pubblicazione, è originario di Parigi e ha studiato architettura prima di trasferirsi in Italia nel 1985 per iniziare una carriera come reporter e giornalista. Il volume esiste sia in versione italiana che in versione francese, ma il suo principale linguaggio è quello delle immagini: che immortalano un modo di vivere amante del bello e della vita stessa, conferendo nella stampa al fratello effimero del diamante l’eternità della figura.
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Consigli di scrittura a cura di
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Consigli di scrittura
Piccoli
consigli, suggerimenti, percorsi suggeriti per sfuggire alle banalità e a
qualche errore dovuto alla fretta e alla superficialità dei nostri tempi.
DI CHE SA IL COSMOS ATROSANGUINEUS? Risposta alla domanda nel titolo, per chi non lo sapesse: vaniglia, e un ricordo quasi di tostatura che gli è valso in Italiano il nome di “fiore di cioccolato”. Insomma: floreale, spezie dolci, tostatura; sembrerebbe il descrittore olfattivo perfetto per un buon 90% di rossi giovani elevati in barrique. Perché dunque, ci si chiede, nessuno lo usa? Perché, ci si risponde, nessuno lo conosce. Ma allora, ci si torna a domandare, qual è il piú bravo degustatore: quello tanto raffinato da conoscere un cosí raro descrittore o quello tanto sobrio da evitare di usarlo? La risposta non è semplice: son bravi tutti e due, ciascuno a suo modo. Il punto è che un degustatore di professione dovrebbe capire a che scopo sta usando un descrittore o un riconoscimento e non dovrebbe perder mai di vista tale scopo. Proponiamo una distinzione: tre tipi di riconoscimenti olfattivi. Il primo tipo è quello piú obiettivo, il piú semplice ma anche il piú difficile in quanto piú nitido e preciso: è quello che fa riconoscere il limone in un vino che contenga acido citrico, la cannella in uno che contenga acido cinnamico, il geranio in uno che contenga geraniolo; è insomma nulla piú che la descrizione verbale di ciò che materialmente si trova nel vino. Il secondo tipo è già piú complicato, e funziona per associazioni: è quello che di un vino che sappia di cacao e frutti rossi fa dire che sappia di cioccolatino Boero, e di uno che sappia di arancia e pepe fa dire che sappia del mitico cardamomo; in questo giuoco di associazioni entra molto
la sensibilità soggettiva, perché magari lo stesso vino sa sia di cioccolato e ciliegia sia di agrumi e pepe ed è il degustatore a fare le coppie in base alla sua esperienza. Ora, il cosmos atrosanguineus può benissimo far parte di questo secondo gruppo per un degustatore che scriva per sé i proprî appunti e per il quale il raro fiore rientri nell’esperienza olfattiva personale. Ma se quello stesso degustatore vuol pubblicare i proprî appunti dovrà porsi il ragionevole dubbio dell’esperienza olfattiva dei suoi lettori: conosceranno essi il fiore di cioccolato, od il suo nome sonerà alle loro orecchie come un esotico anatema? Tocchiamo cosí il terzo gruppo di descrittori: quelli che non rientrano affatto nella memoria aromatica di chi li ascolta, e che hanno invece lo scopo di agire sull’immaginario in virtú del potere culturale ed evocativo delle parole. È per esempio quel che forse è successo ai lettori del presente articoletto che non avessero mai sentito nominare il cosmos atrosanguineus, ed è quel che succede spesso quando si evocano riconoscimenti complessi o appartenenti al mondo del non-edulo. Questo tipo di descrittori può esser molto utile per definire al di là della materialità sensoriale dei profumi il carattere di un vino; ma va usato con molta parsimonia, onde non disturbare il lettore col suo esotismo e il suo baroccheggiare. Nulla è vietato, ma tutto va usato con discernimento. È un equilibrio complesso, ed è ciò che stabilisce il difficile confine fra un professionista e un dilettante.
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Cruc i BENDA P
a s q u a l e
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e t r u l l o
in arte Petrus
Prosegue
la serie dei giochi di
Bibenda
tutti ispirati al mondo del vino scaturiti
dalla penna del nostro enigmista preferito.
3 lettere COE ECO EVO LOB OCA POI
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4 lettere ELBA FOCA GRES 5 lettere AMIET BOLAS
CHECK GRIMM LACAN NIZZA ROERO RUCHÉ SHOAH
6 lettere BAROLO GHEMME 7 lettere ERITREO FETTINA FORFAIT
Cruc i BENDA
Partendo dalle parole stampate, inserire i vocaboli elencati.
© Petrus
G R C I N Q U E
A P P O L I
Soluzione
GREGGIA GREPPIA KETCHUP PORTHOS RECIOTO TANNINI TROPICI UMBERTO
8 lettere COMITIVE FRENESIA GRAGNANO HERMIONE RHEINGAU TORCETTO
9 lettere BOOKMAKER CHAMPAGNE GROPPELLO GUTTURNIO ISCARIOTA LONG DRINK
10 lettere CILIEGIOLO ETNA BIANCO LOCANDIERA VERMENTINO 11 lettere ROSSO RUBINO 91
Informazioni da Fondazione
Questa
rubrica riassume tutte le novitĂ , gli eventi, le attivitĂ , le notizie, i
momenti che hanno vista impegnata la in largo nel
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Paese.
Fondazione Italiana Sommelier in lungo e
LA MUSICA DEL VINO Che il vino sia una straordinaria forma d’arte è ampiamente assodato. Che spesso la degustazione di grandi etichette sia stata abbinata a manifestazioni artistiche estrapolate da altri contesti è un fatto. Raramente, però, era stato affidato alla musica il compito di “interpretare” l’anima di un vino. Per questo è stata particolarmente coinvolgente l’esperienza con la quale la Fondazione Italiana Sommelier ha inaugurato a Roma il suo anno accademico lo scorso mese di settembre. Protagonisti l’Umbria, il cuore verde d’Italia, il suo vitigno più rappresentativo, il Sagrantino, coadiuvato da altre nobili uve capaci di raccontare con tonalità diverse questa terra straordinaria, e il viticoltore che
più di ogni altro ha nobilitato negli ultimi trent’anni le espressioni enologiche umbre: Marco Caprai. Imprenditore lungimirante e coraggioso, Marco ha letteralmente aperto la strada alla valorizzazione dei vini di Montefalco, paese noto come la “ringhiera dell’Umbria” per la sua posizione deliziosamente privilegiata, presidio di un paesaggio ammaliante, intrecciato di colline dai dolci e assolati pendii. I meriti di Caprai sono indiscutibili: un vino relegato a rango di costume locale, sopravvissuto quasi esclusivamente nella versione passita e indirizzato al palato distratto dei turisti piuttosto che a quello attento di esperti e consumatori evoluti, è diventato un emblema 93
Informazioni da Fondazione
dell’eccellenza enologica italiana, grazie anche alla preziosa collaborazione con l’Università di Milano e con tanti affermati professionisti del settore. Così lo straordinario patrimonio polifenolico del Sagrantino è stato domato ed è divenuto la ricchezza strutturale di uno dei più grandi vini del mondo. L’ultima idea di Marco Caprai si chiama Michel Rolland. “Nella vita non bisogna mai fermarsi, è fondamentale guardare sempre avanti, crescere, progredire”. Con questa convinzione, Marco ha inaugurato una collaborazione con il celebre enologo bordolese che – per l’occasione – ha voluto anche indirizzare un apprezzatissimo video di saluto a tutti gli amici della Fondazione Italiana Sommelier. Presente in sala, invece, il suo braccio destro, Julien Viaud, che ci ha raccontato nei dettagli il progetto umbro di Rolland: dare un fascino e un’eleganza ancora più definiti al Sagrantino e a tutti i vini di Montefalco, senza snaturarne in alcun modo il carattere e l’identità, ma rendendoli ancora più attraenti
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per i palati dei degustatori di ogni parte del mondo. Insieme a un emozionato e soddisfatto Marco Caprai, abbiamo degustato le etichette dell’annata 2015 - vendemmia di per sé spettacolare e prima annata firmata dalla nuova squadra - ricevendone, senza alcun dubbio, un’impressione altamente positiva. Una serie di grandi vini in “giacca e cravatta”, una veste colta e raffinata che tuttavia non nasconde affatto, anzi lo esalta, il carattere forte dei nettari di questa terra ricca di cultura e di tradizione. Ciliegina sulla torta, l’abbinamento finale: ognuna delle etichette proposte alla folta platea di appassionati è stata accompagnata da un brano musicale, scelto con cura da Claudio Coccoluto, musicista, dj e musicologo di grande fama, che ha saputo coinvolgere tutti i presenti, interpretando con brani classici e moderni “l’anima” di ogni vino degustato. Un’anima capace di sedurre e conquistare il cuore e la mente di tutti, coinvolgendo i presenti in un’esperienza multisensoriale davvero emozionante.
La degustazione | B
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Montefalco Rosso Riserva 2015 Sangiovese 70%, Sagrantino 15%, Merlot 15% Rosso rubino, intenso bouquet con sentori di ciliegia, cioccolato. Al palato si presenta pieno e morbido, perfettamente bilanciato, tannino vellutato. Eleganza e potenza. 20 mesi in barrique.
Pinot Nero Malcompare 2015 Pinot Nero 100% Intensi profumi di humus, muschio, terriccio, funghi. Sorso importante, vivo, basato sulla freschezza e sulla sapiditĂ . Tannino gentile, comme il faut.
Sagrantino di Montefalco Collepiano 2015 Sagrantino 100% Naso fruttato di ciliegia mora e amarena, nota di inchiostro, tostatura e cacao amaro. Sorso vellutato, rispondenza gusto olfattiva nelle note di frutti rossi. 22 mesi in barrique.
Merlot Belcompare 2015 Merlot 100% Intenso, profumato di rose e cioccolato, in bocca mostra equilibrio, dolcezza fruttata, tannino di velluto. Vibrante freschezza agrumata.
Sagrantino di Montefalco Valdimaggio 2015 Sagrantino 100% Profumi di ciliegie e prugne, anche in confettura. Richiami speziati di cannella, toni minerali, grande freschezza ed equilibrio, tannino morbido. 24 mesi in barrique.
Sagrantino di Montefalco 25 Anni 2015 Sagrantino 100% Intensi profumi di prugne e melograno, profonditĂ minerale, note balsamiche e nobili di alloro. Sorso di decisa freschezza, tannino incisivo, di piacevolissima caratterialitĂ , finale agrumato. Intera lavorazione in barrique, dove sosta per 24 mesi. 95
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direttore
Franco M. RICCI
Caporedattore centrale Paola SIMONETTI
Hanno collaborato a questo numero
Foto
Carlo ATTISANO, Cinzia BONFÀ,
© shutterstock.com
Lorenzo COSTANTINI, Anna Lorena FANTINI,
© Vito Gallo (pag 2, 3, 4, 5, 8, 14, 15)
Bruno FRISINI, Roberto GRECO,
© Isabella Perugini
Elvia GREGORACE, Luca GRIPPO,
© Stefania Somma
Paolo LAUCIANI, Pietro MERCOGLIANO,
© Luca Busca
Nicoletta NANNI, Pasquale PETRULLO, Antonella POMPEI, Dario RISI.
Consulenti dell’Editore Ruggero PARROTTO Progetti Sociali
Grafica e Impaginazione
Michele FEDERICO Medicina
Fabiana DEL CURATOLO
Stefano MILIONI Edizioni Franco PATINI Internet Carlotta PIRRO Avvocatura Attilio SCIENZA Viticoltura Gianfranco VISSANI Cucina
BIBENDA per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino
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Anno XVIII
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n. 82
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Dicembre 2019
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> Iscrizione al Registro Operatori della Comunicazione al n° 9.631 L’analisi sensoriale, che evidenzia la qualità dei vini di tutte le nostre recensioni, viene effettuata con metodo e scuola di Fondazione Italiana Sommelier. Bibenda, la rivista nata nel 2002 su progetto grafico originale di Bets Design S.r.l., Roma. Altre Pubblicazioni di Bibenda Editore | BIBENDA il Libro Guida ai Migliori Vini, Grappe e Oli | L’Arte del Bere Giusto / Il Gusto del Vino / Il Vino in Italia e nel Mondo / Abbinare il Vino al Cibo / Il Dizionario dei Termini del Vino (sono i testi del Corso di qualificazione professionale per Sommelier riconosciuto in tutto il mondo) | Ti Amo Italia (la pubblicazione in inglese su Vino e Cibo italiani) | Il Quaderno di Degustazione del Vino.
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