Anno XIX - n. 83 - Giugno 2020
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copertina > Come è cambiata la comunicazione in generale e la comunicazione sensoriale del vino in particolare, durante questo periodo di allontanamento forzato dalla vita sociale. Da pagina 2.
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Crisi e opportunità / di Franco M. Ricci La comunicazione del vino ai tempi del covid-19 / di Paolo Lauciani Dalla Puglia con il Cuore / di Silvano Alicino Si chiama Coronavirus / di Floriana Bertelli Fiore di NO / di Luca Grippo Olio 2020 / di Redazione Vino e nobiltà: i Conti Zecca / di Emiliano Locuratolo Il vino che è Terra, Uomo e Cielo / di Bruno Frisini Fiorano Rosso Verticale storica 1987-2014 / di Flaminia Sonnino Silvani L’Alba del Vino / di Daniela Scrobogna Una giornata particolare / di Carlotta Pirro Il fantasma della vigna / di Raffaele Fischetti Montenegro / di Antonella Pompei Il Lusso del Tempo / di Carlo Attisano L’armonia nel calice / di Barbara Palombo Il pomodoro e l’ombra della vite / di Veronica Iannone La Doc Grave / di Maria Teresa Gasparet Le fantastiche avventure di Selador oltre la porta della cantina / di Pietro Mercogliano Made in Italy? / di Alessia Agarico A tavola con i produttori / di Cinzia Bonfà Informazioni da Fondazione / di Arianna Brocchetti, Dora Formato
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EDITORIALE
CRISI E OPPORTUNITÀ Peggio di così, per chi si occupa di Scuola del Vino, non poteva andare! Due elementi formativi che hanno necessità primarie e che sono collocate alla fine, proprio alla fine, del percorso di ripresa delle attività nel nostro Paese. Scuola, quella dei banchi, della parola con il compagno accanto, senza distanziometro. Vino, quello della gioia, della felicità, dell’abbraccio uno con l’altro per il saluto ma soprattutto per l’orgoglio di aver conosciuto un Produttore importante e ascoltato una lezione da un Docente per congratularsi! Mentre scrivo, alcune attività vanno ad aprirsi, per questo penso di essere in piena crisi, perché troppi sono gli accorgimenti che debbono essere messi in campo per operare. Quindi, col parlare del vino siamo in piena crisi. L’uragano virus ha spazzato via centinaia di Corsi in Italia che debbono avere la loro ripresa appena il tempo lo permetterà! Ricominciare, dopo una simile scatenata pandemia, non vuol dire soltanto riaprire corsi sullo Champagne, sul Brunello o Bordeaux oppure Birra, Borgogna, Olio e tanti altri che accompagnano i numerosi Corsi di Sommelier. Non può essere che la macchina che ha decretato il nostro successo da anni, si metta in moto e come per magia tutto torni come prima. Non può esserlo, perché dopo tanta sosta dobbiamo far uscire dal cilindro la magia di nuove e più importanti opportunità! Dobbiamo proporre al nostro Popolo del Vino elementi di forza che abbiano il compito di eccitare con proposte nuove i nostri amici Sommelier che non ci hanno lasciato neppure per un minuto con il loro entusiasmo e la loro attesa viva e vibrante! E così sarà. Novità con i grandi Produttori del mondo, grandi prodotti editoriali, proposte nuove e interessanti che ci vedranno impegnati ad aprire in tutto il Paese e a Roma specialmente nuovi spazi destinati al vino, al vino e al vino! Per questo, ogni crisi deve accompagnare grandi opportunità, per essere debellata, per diventare in ciascuno di noi solo un brutto ricordo. Crisi e opportunità, per tornare a vivere felici nel grande gioco del Vino. Franco M. Ricci 1
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La comunicazione del vino ai tempi del covid-19
LA COMUNICAZIONE DEL VINO AI TEMPI DEL COVID-19 P
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riflessione su come sia cambiata la comunicazione del vino, specialmente in
quei contesti mediatici in cui è divenuto ormai protagonista indiscusso.
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La comunicazione del vino ai tempi del covid-19
Il vino si è rivelato indubbiamente uno straordinario compagno di vita anche in questo difficile periodo di quarantena; e certo non solo come piacevole bevanda e tantomeno come viatico verso l’oblio dei dispiaceri. In particolar modo, credo valga la pena riflettere su come sia cambiata in questa circostanza la comunicazione del vino, specialmente in quei contesti mediatici in cui – forzatamente ora, ma già ampiamente prima – è divenuto uno dei protagonisti indiscussi. All’inizio di questa crisi e dell’obbligata reclusione domestica che ne è scaturita, gli appassionati hanno cominciato a scambiarsi idee su come riordinare la propria cantina, a esaltare la riscoperta di tesori preziosi dimenticati in un angolo nascosto della stessa. Con il passare dei giorni, il vino si è trasformato sempre più in un mezzo affascinante per rimanere in contatto con i nostri amici o coinvolgere le persone che fanno parte del nostro mondo o che in qualche modo ne sono attratti. E questo vale tanto per i comunicatori di lungo corso quanto per chi si è improvvisato tale proprio in queste settimane: il postare una bottiglia di vino su Facebook o Instagram, diversamente da quello che succedeva in passato, non è stato semplicemente assolvere a un dovere professionale o sfoggiare orgogliosamente i pezzi forti della nostra collezione. Nella quasi totalità dei casi, invece, si è dimostrato un modo incredibilmente efficace per confrontarsi con gli altri, oserei dire per “sedere a tavola” con le persone per noi importanti o che comunque condividono la nostra passione. Il vino è diventato un elemento fondamentale per incontrarci, identificarci e unirci, sia pure a distanza: il resoconto della bottiglia che ha accompagnato il nostro pasto si è trasformato nel racconto di un territorio, di una cantina, di persone, di storie e di tradizioni. Cioè di tutto quello che dona unicità e carattere a ogni vino. Al di là di ogni svolazzo più o meno poetico e sensato cesellato per raccontarne i caratteri organolettici, è emersa in molti autori la voglia di raccontare l’ “anima del vino”, trasformata in una sorta di emanazione della nostra, carica di angosce e preoccupazioni, ma anche di tanta voglia di liberarsene. Tutti questi messaggi hanno contribuito a dare alla nostra vita reclusa una solida continuità con il passato e – cosa ancora più significativa – una forte prospettiva e una concreta speranza per il futuro. Il vino si è spogliato di ogni connotazione negativa che a volte qualcuno ha voluto attribuirgli, a torto o a ragione. Non lo si è mai additato come pericolo e causa di sballo, ma è stato costantemente esaltato come corroborante del nostro spirito, compagno dell’anomalia delle nostre giornate, amico che ci ha aiutato a credere che presto saremmo tornati alla normalità. Senza parlare della flessibilità dimostrata in questo periodo da chi il vino lo comunica da sempre. Si è fatto un gran parlare di “smart working”: bene, siamo riusciti a declinare il vino anche in questa particolare modalità di lavoro, finora entrata appena in punta 4
di piedi nel nostro ambiente. Grazie alle nuove tecnologie, non abbiamo mai smesso di parlare di cultura, di storia, di tradizioni. Non abbiamo mai smesso di raccontare territori, donne e uomini, idee geniali e scoperte rivoluzionarie. Anzi, lo abbiamo fatto per un pubblico ancora più folto ed eterogeneo di quello che incontravamo prima, fatto di esperti e di neofiti, di puri appassionati e semplici curiosi. Ogni crisi porta inevitabilmente a ripensare e a ripensarsi, a capire quali cose della nostra esistenza sono davvero importanti e se a tali cose abbiamo finora dedicato le giuste attenzioni. Certamente una delle rivelazioni più belle e poetiche di questi giorni è la definitiva conferma che il vino occupa un posto davvero speciale nella nostra vita. Insieme al pane e a tutti quei cibi che abbiamo riscoperto quanto sia bello fare in casa.
“Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore trova il suo mattino e si rinfresca” (Khalil Gibran).
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Dalla Puglia con il Cuore
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DALLA PUGLIA
con il Cuore
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Il Pane, il Vino, l’Olio in un evento che ha coniugato la cultura alla solidarietà .
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Dalla Puglia con il Cuore
Immagini ©Vito Gallo
Domenica 3 maggio 2020. Non una data qualsiasi, non una domenica qualsiasi. Un preciso spazio di tempo, invece, da dedicare ad un evento in cui alcune piacevolissime attività, che da sempre accompagnano l’incedere della vita e dell’esperienza umana, vengono condivise con tanti appassionati di quella che è stata definita la Trinità Mediterranea: il Pane, il Vino e l’Olio. Evento pensato, voluto, realizzato così. In questo strano tempo dominato da una triste contingenza in cui tutto sembra scorrere più lentamente, gesti, azioni, finanche pensieri, ecco materializzarsi un paniere di prodotti di eccellenza nelle case dei tantissimi amici ed appassionati che hanno accolto con entusiasmo l’idea di comprenderne l’essenza e di gratificare i propri sensi tutti insieme attraverso il loro assaggio. Eccellenze preziose di una terra pugliese che racconta il proprio passato fatto di tradizione, cultura, arte, di caparbia volontà di bandire ogni forma di mediocrità dal suo operato quotidiano. Eccellenze che narrano della fatica dell’Uomo e del proprio rapporto meraviglioso con quella terra che ama, coltiva, coccola e protegge. E che vengono a loro volta narrate dalla preziosa voce di Paolo Lauciani e dalla testimonianza di Luigi Rubino in un collegamento in diretta streaming dalla pagina facebook di Fondazione Italiana 8
Sommelier Puglia, impreziosita dalla video ricetta realizzata, sempre in diretta, dallo Chef Stella Michelin Domingo Schingaro con i prodotti del paniere. Una vera degustazione “fatta in casa”, quindi, accompagnata dalla gradevolezza della conversazione e dal fascino seducente della cultura. Perché il grano, i pomodorini, il formaggio, il vino e l’olio extravergine di oliva sono veri e propri elementi identitari di un popolo. Ne riassumono i tratti, ne esprimono i caratteri vitali e racchiudono in sé fortissimi significati antropologici e simbolici. Perché quella Trinità Mediterranea a cui si faceva riferimento è costituita da stelle fisse cariche di sacralità. E così il piacere che nasce dal conversare intorno al Susumaniello e all’Olio extravergine di Oliva si trasforma sempre più in emozione man mano che si comprendono il loro valore storico e presente, quest’ultimo interpretato dalla visione aziendale di Luigi Rubino e valorizzato dalla unicità del territorio. La degustazione finale quindi non può fare altro che imprimere nei sensi tutta la ricchezza di una Storia. Ma il 3 maggio 2020 è stato anche di più. Molto di più: la testimonianza che è possibile coniugare la cultura alla solidarietà. La bellezza dei temi narrati e dei prodotti degustati diventa la grande bellezza di aver orgogliosamente contribuito al sostenimento di quelle famiglie italiane che stanno vivendo le difficoltà di questo tempo e a mantener desta l’attenzione sulle imprese, anch’esse in forte preoccupazione. Il ricavato dell’evento sarà infatti devoluto alla Croce Rossa Italiana per l’acquisto di beni di prima necessità da destinare a tali famiglie e per questo il fortissimo ringraziamento va a tutti i numerosi partecipanti che hanno sposato il progetto, anche fuori dei confini regionali pugliesi.
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Tenute Rubino
“Non abbiamo poco tempo, ma molto ne abbiamo perduto”, affermava Seneca in una sua
Via Enrico Fermi, 50
celebre opera. Un tempo visto come banco di prova della saggezza, come una specie di
72100 – Brindisi – Italia
linea che divide chi non sa da chi sa vivere. Quel tempo che ci è piaciuto dedicarci e
Tel. +39 0831.571955
dedicare il 3 maggio 2020.
info@tenuterubino.it Enoturismo visite@tenuterubino.it
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ZIONE
LA DEGUSTA
TENUTE RUBINO Bellissima realtà salentina che negli ultimi anni ha vissuto una grande crescita con un connubio perfetto tra tradizione e innovazione. Fortemente legata al territorio e alla storia vitivinicola coltiva nelle quattro tenute di proprietà i più rinomati vitigni autoctoni quali Primitivo, Negroamaro, Ottavianello, Malvasia e soprattutto Susumaniello. Nell’enoteca della famiglia Rubino, la Vinoteca Numero Primo posta nella splendida cornice del lungomare di Brindisi, è possibile pranzare dopo aver visitato le cantine. Suggestiva è la vendemmia delle donne con pranzo vendemmiale, musica e balli tra i filari della splendida Tenuta di Jaddico. L’azienda è conosciuta non soltanto nel panorama vinicolo italiano ma anche a livello mondiale, infatti il 70% della produzione annuale viene venduta in più di 20 nazioni europee ed extraeuropee. Grande visione imprenditoriale, ottima strategia di marketing unita a professionalità e tradizione consolidano le radici aziendali verso nuovi mercati.
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SALENTO SUMARÉ METODO CLASSICO BRUT NATURE 2014
SALENTO SUSUMANIELLO ROSATO TORRE TESTA 2018
Colore: Rosato Tipologia: Spumante Uve: Susumaniello 100% Gradazione: 11,5% Bottiglie: 3.000 Tipo bottiglia: 0,750 L Denominazione: Igt Longevità: Godibile sin da ora e per altri 2 anni Grappoli Bibenda 2020: 4
Colore: Rosato Tipologia: Secco Uve: Susumaniello 100% Gradazione: 13,0% Bottiglie: 5.000 Tipo bottiglia: 0,750 L Denominazione: Igt Longevità: Godibile sin da ora e per altri 2 anni Grappoli Bibenda 2020: 4
Rosa ramato brillante. Bollicine numerose e persistenti. Percezioni di melagrana, fragola e bignonia. Seguono note fragranti, crosta di pane e lieviti; sbuffi di mandorla e iodio. Bella effervescenza al palato con acidità in evidenza e scia finale sapida. Acciaio. Affinamento sui lieviti per 42 mesi. Vino non filtrato. Abbinamento: Sushi, Carpaccio di aragosta con zucchine e agrumi.
Rosa cerasuolo con riflessi ramati. Sentori di melagrana, fragoline di bosco, giuggiole e lamponi si fondono a note di peonia rosa e sottobosco. Delicati soffi iodati. Al palato si evidenziano piacevoli sensazioni minerali e saline accompagnate da una decisa freschezza. Buona persistenza. Vinificazione in acciaio. Filtrato. Abbinamento: Pollo e gamberi al curry con riso basmati, Tartare di salmone
SALENTO SUSUMANIELLO OLTREMÉ 2018
OLIO EXTRA VERGINE DI OLIVA FRUTTATO INTENSO
Colore: Rosso Tipologia: Secco Uve: Susumaniello 100% Gradazione: 13,5% Bottiglie: 40.000 Tipo bottiglia: 0,750 L Denominazione: Igt Longevità: Godibile sin da ora e per altri 2 anni Grappoli Bibenda 2020: 3
Caratteristiche Tenuta Tenuta di provenienza: Salento, agro di Brindisi Varietà di Olive: Coratina Zona di produzione: Salento, agro di Brindisi Zona di produzione: Piante ubicate nell’altopiano salentino a pochi chilometri dal mare Adriatico Periodo di raccolta: Dalla seconda alla terza decade di ottobre Modalità di raccolta: Raccolta a mano e con scuotitore meccanico e molite entro poche ore Metodo di estrazione: Estratto a freddo e conservato a temperatura controllata
Veste rosso rubino con bordo violaceo. Al naso si affacciano sensazioni di pepe verde affiancate da note fruttate di ciliegie e more, floreali di rose rosse. Impatto gustativo fresco e nuovamente fruttato, con tannino levigato. Intera lavorazione in acciaio. Vino sottoposto a filtrazione. Ottimo in abbinamento al Chili con carne, e anche con le Lasagne al ragù.
La Coratina, in questa versione monovarietale, spicca per la sua tendenza amaro-piccante ma anche per la ricchezza di polifenoli e acido oleico, ottimi antiossidanti, nemici del “colesterolo cattivo”.
CHEF DOMENICO SCHINGARO Domenico Schingaro, da tutti chiamato Domingo, nasce a Bari nel 1980 dove frequenta la scuola alberghiera. Nel 1999 approda a Londra e, dopo alcune esperienze in Europa, torna in Italia nello storico ristorante Antico Buoi Rossi ad Alessandria. Nella nuova gestione con Andrea Ribaldone il ristorante diventa I Due Buoi e conquista la stella Michelin nel 2015. L’anno successivo assume il ruolo di Executive Chef di Borgo Egnazia, dove coordina tutta l’offerta ristorativa sotto la direzione di Andrea Ribaldone. Domingo propone una cucina essenziale, di terra e di mare, profondamente legata alla cultura mediterranea. Partendo dai suoi ricordi d’infanzia, lo Chef porta in ogni piatto i gusti forti e decisi della tradizione pugliese interpretati in chiave contemporanea, utilizzando i prodotti del territorio, esaltando il patrimonio naturale e culturale che lo circonda. I menu vengono pensati all’insegna della genuinità del prodotto.
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Si chiama Coronavirus
SI CHIAMA Coronavirus
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calo delle vendite e dei consumi nel settore del vino, quali ripercussioni, le
previsioni di ripresa.
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Si chiama Coronavirus
Si riapre. No, si richiude. Contrordine, si apre a macchia di leopardo. Insomma, nella confusione che regna sovrana nella Fase 2, l’incertezza è l’unica... certezza. Cosi come è sicuro il KO per tutta la filiera dell’agroalimentare con ricadute pesantissime, in particolare per il comparto vitivinicolo. Ma siccome in fondo al tunnel c’è sempre una luce, cerchiamo subito le note positive e guardiamo a quelle che potranno esserere le tendenze dopo la fine della pandemia. Si sa che è il canale HoReCa, con i suoi oltre 335 mila punti di consumo in Italia, ad alimentare la maggior percentuale del nostro mercato quotidiano come ambito n
Il virus ha di fatto bloccato
di riferimento per le dinamiche sociali. La chiusura per mesi di hotel, ristoranti, bar,
un ottimo avvio di anno che
enoteche, wine bar, agriturismi e tutto quanto vi ruota attorno, ha rappresentato un
andava registrando un fortissi-
danno enorme e una crisi senza precedenti per il mondo vitivinicolo che sta vivendo
mo incremento delle esportazio-
forse il peggior incubo dai tempi della fillossera.
ni verso il mercato Usa.
Secondo uno studio di Nomisma, saranno i Millennials a trainare una ripresa veloce e consistente dei consumi alla ricerca di un rapido ritorno alla normalità che non può prescindere dagli aspetti aggreganti e socializzanti insiti nel consumo del vino. Per l’80% dei consumatori tutto tornerà come nel perido preCovid, durante il quale 3 consumatori su 10 hanno affermato di aver bevuto meno vino. Gdo, E-commerce e negozi di alimentari hanno rappresentato i canali a cui si sono rivolti produttori e consumatori in questi primi mesi di lockdown. E i numeri ci dicono che la diminuzione dei consumi è dovuta principalmente all’isolamento fisico, mentre la quarantena sembra aver appiattito gli stimoli alla conoscenza: in calo dal 73% al 59% la ricerca di novità di prodotto, dal 65% al 58% le preferenze per i piccoli produttori, dal 65% al 61% l’interesse per i vini sostenibili e dall’81% al 76% quello per gli autoctoni. (Fonte Federvini) Cosi come la diminuzione della spensieratezza ha influito sul calo delle vendite di bollicine, stimato a marzo 2020, a meno 5,4% mentre l’aumento del consumo casalingo ha spinto all’insù i numeri di bag in box con rubinetto (+36,8%) e di quello in brik (+8,8%). (Fonte Federvini) Note dolentissime arrivano intanto dai produttori che, per la chiusura del canale HoReCa e per il blocco all’ingresso dei braccianti stagionali, si ritrovano in ginocchio, con le cantine piene e pochissime prospettive. Con 356 mila aziende, 650 mila ettari vitati per un valore complessivo di 13 miliardi di euro, di cui 6,4 in export, e 1,3 milioni di occupati in tutto il settore, la filiera vitivinicola rappresenta una voce importantissima della nostra economia, fiore all’occhiello del made in Italy. Dal Piemonte, Gianni Gagliardo, tra i più blasonati produttori di Barolo spiega: ”I produttori usciranno provati da questo storico trimestre. Ci troviamo oggi a sostenere i costi di una prossima vendemmia, mentre le cantine custodiscono ancora il frutto della
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vendemmia del 2019. Ristoratori e produttori di vino invocano
che il 35% del vino consumato viene assorbito da HoreCa e il
dunque aiuti a fondo perduto dallo Stato, così come hanno
lockdown fino a giugno di queste attività, sommato ai mancati
avuto altri colleghi in altri paesi del mondo”.
recuperi degli ultimi mesi di vendite, peserà per il 40% in meno
Il coronavirus ha di fatto bloccato un ottimo avvio di 2020,
sul fatturato delle aziende. (dati Confagricoltura)
supportato da un fortissimo incremento verso il mercato Usa, dove
E-commerce e distribuzione moderna non bastano ad assorbire
il vino italiano non era stato penalizzato dagli aumenti dei dazi decisi
il colpo. “Nella Gdo non è facile entrare per quelle aziende che
da Trump e dove nei primi dieci mesi del 2019 aveva già messo a
ne sono sempre state lontane e il cui placement è nella fascia del
segno una crescita in fatturato del 3,6% arrivando a superare 5.3
lusso. – spiega l’enologo Giuseppe Pizzolante Leuzzi, wine maker
miliardi di euro. (dati Istat)
per Conti Guarini, Cantine Coppola ,Tenuta Corallo e Cantina
Le esportazoni di gennaio crescevano di quasi 550 milioni di
Cupertinum – Con quest’ultima, per esempio, stiamo reggendo
euro, il 13%, portando il dato sui 12 mesi a circa 6 miliardi e 500
bene, ma eravamo già presenti nella Gdo. Per altre realtà , invece,
milioni (dati Istat). Non solo l’export, naturalmente, sul mercato
è molto difficile recuperare spazio sullo scaffale”.
interno le aziende vitivinicole hanno già perso irreversibilmente
Urgentissimi dunque gli interventi del Governo e della
almeno il 30% delle vendite con danni permanenti. Basti pensare
Comunità europea.
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Si chiama Coronavirus
“Distillazione e vendemmia verde - dice Domenico Bosco, responsabile vini di Coldiretti - sono gli interventi che possono aiutare nell’immediato le aziende. Naturalmente la distillazione per produrre alcol disinfettante o per alimentazione riguarderà vini bianchi e rosati, che ormai non possono essere più venduti, mentre la vendemmia verde riguarderà i grappoli non maturi. Abbiamo presentato al governo questo piano salvavigneti che, sommando le due opzioni, ridimensionerebbe il mercato di circa 6 milioni di ettolitri, così da evitare un eccesso di offerta di vini di qualità. A queste due proposte, si aggiungono anche le richieste di finanziamenti per lo stoccaggio, per aiutare le aziende a mantenere in cantina il vino da invecchiamento, consentendo loro di ammortizzare le mancate vendite. È necessario inoltre che la Comunità Europea metta a disposizione risorse, che valutiamo intorno al miliardo di euro, per incentivare la comunicazione e la promozione oltre che nei paesi extra europei, anche nel mercato interno e in quello comunitario.” 16
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Storia del colpo di fulmine tra una star di Hollyhood e un vigneto di Montalcino.
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Fiore di NO
La campagna di Montalcino è poesia nella vigna, dove la voce delle piante si fa sentire nel vento della sera e poco più in là, addentrandosi nel paese, ci si perde nel bellissimo borgo medievale, dove non è raro fermarsi con chiunque a discorrere tra il chiacchiericcio allegro della gente che viene qui da tutto il mondo. L’areale ilcinese regala un paesaggio unico e sensazionale, un vero incanto di dolci colline che danno forza ad uno dei Sangiovese più ricchi, con una storia affascinante e piena di ricordi e un florido presente vinicolo costellato di produttori eccellenti. È nel 1999 che Natalie Oliveros, attrice statunitense originaria dello stato di New York, approda per la prima volta a Montalcino; un viaggio che la segnerà fortemente e che la indurrà a distanza di poco più di un decennio ad acquisire la proprietà dell’azienda La Fiorita, fondata a Castelnuovo dell’Abate dal noto enologo veneto Roberto Cipresso che è riuscito nel corso degli anni a farle guadagnare importanti premi dalla critica di settore. Tra Natalie e questa rigogliosa campagna è scoccato subito il colpo di fulmine, al punto da farle mettere in discussione tutta la sua vita, oltrepassando i confini nazionali e d’Oltreoceano per gettarsi con determinazione nel progetto. Il suo è un itinerario umano
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affascinante che si riscopre senza filtri nei vini de La Fiorita, che appaiono di portentosa forza come le migliori espressioni del quadrante sud della denominazione, nondimeno eleganti e ben misurati nella precisa quota tannica. Nella graziosa proprietà, dove una nuova cantina sta prendendo forma tra le colline che ospitano una parte delle vigne, l’attrice si sente a proprio agio tra i filari dove risuonano le cesoie nelle mani degli esperti contadini mentre si accingono a completare la potatura verde, e dove ama ripassare lo sguardo sui vigneti che hanno fatto sbocciare i suoi desideri, maturare i suoi sogni e sorgere anche quelle preoccupazioni che fanno parte del quotidiano di ogni artigiano del vino. Natalie con un figlio impegnato al College a New York, si divide tra gli Stati Uniti e
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La Fiorita
Montalcino, immaginando che questa possa diventare definitivamente casa sua in futuro;
Loc. Podere Bellavista
un modo romantico di evadere per tornare alle proprie origini italiane, percorrendo a
53024 Montalcino (SI)
ritroso il cammino della sua famiglia che ha vissuto le antiche difficoltà della miseria del
Tel. 0577 835657
sud Italia, ha fatto fortuna in America del Nord, ed ora è rientrata nel Belpaese perché la
www.lafiorita.com
cultura della terra con il suo richiamo non si perde mai.
LE VIGNE La superficie vitata aziendale si estende per 9 ettari dislocati su
va, soprattutto grazie all’elevata quota di acidità. L’impianto più
quattro vigne, poste a sud-est della denominazione nel caldo areale
vecchio è Poggio al Sole, orientato a sud: è decisamente più basso
di Castelnuovo dell’Abate: le prime due piantate tra il 1999 e il 2001,
(220 m slm), le condizioni climatiche sono molto più calde, il ter-
una terza che risale al 2014, ed infine un piccolo appezzamento che
reno è argilloso e coeso, da cui traggono nutrimento uve ricche di
circonda la cantina. Sono tutti impianti ad alta
polpa che regalano vini concentrati, meno forni-
densità di ceppi per ettaro (7.000 ceppi/HA), dal
ti di dote acida, se vogliamo un tantino più se-
2009 certificati in biologico.
duti e quindi più pronti al consumo. Il Brunello
La vigna Pian Bossolino, da dove proviene la
d’annata è la risultante di un ponderato blend
Riserva di casa, è posizionata a 360 metri slm
di uve di entrambi gli appezzamenti. Il Rosso di
ed esposta a sud-est, su quella parte di denomi-
Montalcino si produce dalle bacche provenien-
nazione che corre sul lato est della Val d’Orcia,
ti dal Podere Giardinello, che insiste nella zona
dove si forma una sorta di precipizio che favori-
ovest del comune di Montalcino, a 380 m slm,
sce la formazione di correnti fresche ed escursio-
con esposizione sud-sud-ovest; una vigna ancora
ni termiche tra giorno e notte, soprattutto nel periodo estivo. Qui,
giovane, ben ventilata, da cui si ottengono vini di giusta struttura
da suoli di medio impasto ricchi di scheletro, galestrosi, drenanti
e fresche note fruttate. Un’ulteriore possibilità per la cantina di
e decisamente minerali, si raccolgono uve che forniscono vini di
poter arricchire le masse da fermentare arriverà dalla piccola vigna
straordinaria complessità, eleganti e dalla grande capacità evoluti-
La Fiorita, ancora in stadio embrionale. 21
La degustazione | F
iore di
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L’enologo Maurizio Castelli, tra i consulenti più stimati, ha raccolto il testimone del suo predecessore Roberto Cipresso, focalizzandosi su quello che è stato l’imperativo produttivo dettato dalla proprietà: riflettere nei vini la personalità combattiva di Natalie, la sua tenacia e il non scendere mai a compromessi. A tal scopo, sebbene si sia da sempre vinificato separando le uve di ciascun appezzamento, ci si è spinti ancor più in profondità, ricercando quella che è l’essenza delle due vigne più vecchie (Poggio al Sole e Pian Bossolino), lavorando dunque porzioni di vigneto caratterizzate da composizione del suolo e microclimi differenti. Il blend ottenuto dalla vinificazione delle migliori uve di questa selezione è stato battezzato
Fiore di NO, un Brunello che prende in prestito le iniziali dell’attrice americana e che vuole interpretare la sua filosofia del “no compromise”.
Brunello di Montalcino Fiore di NO 2015 Rosso Docg – Sangiovese 100% – Gr. 15% – € 135 Dalla vinificazione delle parcelle precedentemente menzionate si sono ottenute 3.500 bottiglie, un numero da collezionisti se paragonate alle circa 22.000 del Brunello “base”. Abbigliato di un manto granato didascalico, il rosso ha magnifico bouquet, che appare ricco ed esaudiente nei profumi di viola e peonia, pepe di Sichuan, garbato mix di frutti neri e giuggiole; con voce elegante dona nel finale un afflato balsamico che fa da connettore ad un sorso altrettanto suggestivo. Qui l’ottima annata caratterizzata da un’estate calda alternata a salvifiche piogge che hanno consentito perfetta maturazione delle uve, emerge senza filtri. Il tannino, adeguatamente dolce e disciolto, duetta assieme a sapida mineralità e misurata freschezza, rendendo apparentemente docile la forza alcolica. Precisi rimandi aromatici, di carattere florale e speziato, si completano nel finale di una raffinata nota di tabacco biondo, interprete di una persistenza estesissima. Maturato per 24 mesi in botti di rovere di Slavonia da 25 e 37 hl per 24 mesi.
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l’Oliol’Olio è l’Olio è
❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO 2017 ❖ ❖ A PARTIRE DAL MAGGIODAL 2017 ❖ 12 A PARTIRE 12 ❖ MAGGIO
ALL’HOTEL ROME CAVALIERI ALL’HOTEL ROMEAC LLAVALIERI ’HOTEL ROME CAVAL IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO IL 17° CORSO PER OMMELIER ’O LIO IL S17° CORSO DELL PER S OMMELIER D ◆❖◆ ◆❖◆
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❖ A PARTIRE DAL 12 MAGGIO ❖ Fondazione Italiana2017 Sommelier
Fondazione ItalianaFondazione Sommelier Italiana Somm
CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO E DELL’OLIO con il INTERNAZIONALE Riconoscimento Giuridico della Repubblica CENTRO PER LA CULTURA DEL VINO EItaliana DELL’OLIO CENTRO INTERNAZIONALE PER LA CULTURA DEL VINO
ALL’HOTEL ROME CAVALIERI IL 17° CORSO PER SOMMELIER DELL’OLIO
con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica Italiana con il Riconoscimento Giuridico della Repubblica
Bibenda 83 duemilaventi
Olio 2020
OLIO 2020 Regione per regione, tutti gli Oli premiati da Bibenda con le 5 Gocce, la valutazione dell’Eccellenza, da 91 centesimi in su. Tutte le degustazioni si riferiscono agli oli prodotti con l’ultimo raccolto 2019 e sono consultabili sulla Guida online Sezione Olio.
LE CINQUE GOCCE DI BIBENDA 2020 GLI OLI DELL’ECCELLENZA ABRUZZO
5 {5 }
| Olio EVO Monocultivar Intosso | Olio EVO Monocultivar Dritta L’Uomo di Ferro | Olio EVO Unico | Olio EVO Crognale | Olio EVO Monovarietale Intosso
CALABRIA
6 {5 }
| Olio EVO Monocultivar di Coratina | Olio EVO Tonda di Strongoli Biologico | Olio EVO Biologico | Olio EVO Dolciterre Rosì | Olio EVO Biologico Monocultivar Carolea | Olio EVO Biologico Monocultivar Nocellara del Belice
CAMPANIA
| AGRIBIO - LA GOCCIA PURA | CERAUDO | DIANA | SORELLE GARZO | TENUTE PASQUALE LIBRANDI | TENUTE PASQUALE LIBRANDI
9 {5 }
| Olio EVO Monocultivar Leccio del Corno Osco | Olio EVO Monocultivar Tonda del Matese Il Corridore | Olio EVO Monocultivar Ravece Coevo | Olio EVO Monovarietale Ortice Riserva | Olio EVO Ortice Biologico | Olio EVO Monovarietale Ravece | Olio EVO Grand Cru | Olio EVO Monocultivar Frantoio Ofrà | Olio EVO Cuore di Ortice 24
| GARRA | PALUSCI | TENUTA ZUPPINI | TRAPPETO DI CAPRAFICO | TRAPPETO DI CAPRAFICO
| ANTICO PODERE MATESINO | ANTICO PODERE MATESINO | CASE D’ALTO | FRANTOIO ROMANO | LE MARSICANE | OLEIFICIO FAM | SAN COMAIO | TENUTA TORTORELLA | TORRE A ORIENTE
EMILIA ROMAGNA
2 {5 }
| Olio EVO Evo | Olio EVO Uliveto del Fattore Selezione Rodolfo
LAZIO
15 {5 }
| Olio EVO Biodinamico Solaria | Olio EVO Bio Frantoio Antica Tuscia | Olio EVO Tuscia Evo | Olio EVO Colline Pontine Monocultivar Don Pasquale | Olio EVO Eximus | Olio EVO Il Molino Limited Edition | Olio EVO I&P Cru Piscine Mau | Olio EVO La Cesa Bio | Olio EVO Colline Pontine | Olio EVO Biologico MÒ MÒ | Olio EVO Monocultivar Moraiolo | Olio EVO Biologico Olivastro | Olio EVO Biologico Superbo | Olio EVO Monocultivar Caninese Biologico | Olio EVO Monocultivar Itrana
LIGURIA
| BUCCI | CONVENTINO MONTECICCARDO | SALADINI PILASTRI
1 {5 }
| Olio EVO Rumignana Selezione Colle d’Angiò
PUGLIA
| PAOLO CASSINI
3 {5 }
| Olio EVO Monocultivar Carbonella Biologico | Olio EVO Monocultivar Ascolana Frà Bernardo | Olio EVO Monocultivar Tenera Ascolana
MOLISE
| AGRICOLA BOCCEA | BATTAGLINI | COLLI ETRUSCHI | COSMO DI RUSSO | FRANCESCA BONI - TRALDI | IL MOLINO | IONE ZOBBI | LA TENUTA DEI RICORDI | LUCIA IANNOTTA | MARCO CARPINETI | POGGIO LE VOLPI | QUATTROCIOCCHI | QUATTROCIOCCHI | TAMIA | TERRE DEL SOVESCIO
1 {5 }
| Olio EVO Extremum
MARCHE
| SAN PATRIGNANO | ULIVETO DEL FATTORE - FRATERNALI GRILLI
| TAMARO
31 {5 }
| Olio EVO Monocultivar Peranzana Olio Piano | Olio EVO Terra di Bari Bitonto Cagnara | Olio EVO Terra di Bari Castel del Monte | Olio EVO Peranzana | Olio EVO Verde Oro | Olio EVO Sei Cinque Zero | Olio EVO Terra di Bari Bitonto Tenuta Torre di Mossa | Olio EVO Giove | Olio EVO Monovarietale Posta Locone | Olio EVO Monocultivar Ogliarola | Olio EVO Gran Cru Coratina | Olio EVO Cima di Mola
| AGRICOLA PIANO | CICCOLELLA | CONTE SPAGNOLETTI ZEULI | CORLETO | COSTANTINO | CRUDO | DE CARLO | DEPALO | FRATELLI FERRARA | FRATELLI SANTORO | GALANTINO | INTINI 25
Bibenda 83 duemilaventi
Olio 2020
| Olio EVO Monocultivar Coratina | Olio EVO Selezione | Olio EVO Denocciolato Evolution | Olio EVO Biologico Monovarietale Coratina Gran Pregio | Olio EVO Coratina | Olio EVO Intrepido | Olio EVO Mimì Coratina | Olio EVO Biologico | Olio EVO Ricerca | Olio EVO Coratina Denocciolato | Olio EVO Coratina Fruttato Intenso | Olio EVO Grand Cru Macchia di Rose | Olio EVO Coratina Vergilium | Olio EVO Picholine Karpene | Olio EVO Terra di Bari Castel del Monte Don Gioacchino | Olio EVO Monocultivar Coratina | Olio EVO Cru #112 | Olio Extravergine di Oliva | Olio EVO Monocultivar Coratina Limited Edition
SARDEGNA
5 {5 }
| Olio EVO Gran Riserva Giuseppe Fois | Olio EVO Monocultivar Bosana | Olio EVO Camp del Rey | Olio EVO Monocultivar Semidana TresLizos | Olio EVO Igante
SICILIA
| INTINI | LE FERRE | LE TRE COLONNE | MARIA CAPUTO | MASSERIA SAN DOMENICO | MAZZARRINO | MIMÌ - DONATO CONSERVA | MONTERISI | MONTERISI | MURAGLIA | MURAGLIA | MURAGLIA | OLIVETI PILERI | PIETRASANTA | SABINO LEONE | SPACCAVENTO | TENUTA VENTERRA | ULIVETI BARBERA | VALENZIANO
| ACCADEMIA OLEARIA | ACCADEMIA OLEARIA | ANTICA COMPAGNIA OLEARIA SARDA | IL GIGLIO - AGRICOLA ORRÙ | TENUTE DELL’OLIVASTRO
14 {5 }
| Olio EVO Valle del Belice Case di Latomie | CENTONZE | Olio EVO Tonda Iblea | CINQUE COLLI | Olio EVO Monocultivar Tonda Iblea | CUNZATILLU | Olio EVO Biancolilla | DONNAFUGATA | Olio EVO Monti Iblei Primo | FRANTOI CUTRERA | Olio EVO Sicilia Nocellara del Belice | FRANTOI CUTRERA | Olio EVO Monocultivar Moresca | FRANTOIO GALIOTO | Olio EVO Monocultivar Nocellara | GERACI | Olio EVO Monocultivar Nocellara | MANDRANOVA | Olio EVO Sicilia Tradizionale | PLANETA | Olio EVO Ogghiu | SANACORE | Olio EVO Sicilia Contrada Difesa Antica Proprietà Tomaselli | SIGNORELLI | Olio EVO Sicilia Don Peppino | SIKULUS | Olio EVO Firrisa | TENUTA CAVASECCA | Olio EVO Sicilia Tonda Iblea Cherubino Bio | TERRALIVA
TOSCANA
27 {5 }
| Olio EVO Biologico | Olio EVO Grifo | Olio Extravergine di Oliva | Olio EVO Chianti Classico Castello di Fonterutoli | Olio EVO Colline di Firenze Biologico 26
| ARGIANO | BELVEDERE | CASTELLO COLLEMASSARI | CASTELLO DI FONTERUTOLI | CESARE E CESARA BUONAMICI
| Olio EVO Maiuscolo | Olio EVO Frantoio | Olio Extravergine di Oliva | Olio EVO Biologico Plenum | Olio EVO Laudemio | Olio EVO Cultivar Frantoio | Olio EVO Cultivar Moraiolo | Olio EVO Berardenga Biologico | Olio EVO Grand Cru | Olio EVO Chianti Classico Biologico | Olio EVO Villa Magra Grand Cru | Olio EVO Monocultivar Frantoio Biologico | Olio EVO Monocultivar Moraiolo Biologico | Olio EVO Chianti Classico Frantoio L’Olinto | Olio Extravergine di Oliva | Olio EVO Per Me | Olio Extravergine di Oliva | Olio EVO Biologico | Olio Extravergine di Oliva | Olio EVO Terre di Siena | Olio EVO Lucca | Olio EVO Lucca
TRENTINO
2 {5 }
| Olio EVO Garda Trentino Uliva | Olio EVO Garda Trentino
UMBRIA
| FRANTOIO DI RIVA | MADONNA DELLE VITTORIE
19 {5 }
| Olio EVO Biologico | Olio Extravergine di Oliva | Olio EVO Harvest by Night | Olio EVO Tremila Olive Secolari | Olio EVO Vubia | Olio EVO Umbria Colli del Trasimeno | Olio EVO Emozione | Olio EVO Monocultivar Moraiolo | Olio EVO Manacco | Olio EVO Oblio | Olio EVO Monocultivar Moraiolo | Olio EVO Monocultivar Moraiolo Talìa | Olio EVO Bio Selection | Olio EVO Olio del Cardinale | Olio EVO Monocultivar Moraiolo L’Affiorante | Olio EVO Moraiolo | Olio EVO Monovarietale Frantoio Biologico | Olio EVO Colli Assisi Spoleto Colleruita | Olio EVO Il Sincero
VENETO
| FATTORIA ALTOMENA | FATTORIA CASTELLINA | FATTORIA DI FUBBIANO | FATTORIA DI POGGIOPIANO | FATTORIA LE SORGENTI | FATTORIA RAMERINO | FATTORIA RAMERINO | FÈLSINA | FONTE DI FOIANO | FONTODI | FRANTOIO FRANCI | FRANTOIO PRUNETI | FRANTOIO PRUNETI | GIACOMO GRASSI | IL BORRO | MANNI | MAURIZIO MENICHETTI | PETRA | PODERE PAGLIAIOLO | PODERE RICAVO | RENZO BALDACCINI | TENUTA LENZINI
| ANTONELLI SAN MARCO | ARNALDO CAPRAI | CASTELLO MONTE VIBIANO | CASTELLO MONTE VIBIANO | CASTELLO MONTE VIBIANO | CENTUMBRIE | DECIMI | DECIMI | EREDI MARIO SALMAREGGI | FRANTOIO LORETI | GIULIO MANNELLI | GLI OLIVETI DEL POGGIO | LUIGI TEGA | LUIGI TEGA | MARFUGA | PASSO DELLA PALOMBA | RONCI | VIOLA | VIOLA
1 {5 }
| Olio EVO Green Selection
| FRANTOIO DI CORNOLEDA 27
Bibenda 83 duemilaventi
Vino e nobiltà: i Conti Zecca
VINO E NOBILTÀ: i Conti Zecca E
m i l i a n o
L
o c u r a t o l o
Territorio, Legame, Equilibrio. Tre cardini a sostegno di un’azienda interessante e ambiziosa, diretta dai fratelli Alcibiade, Francesco, Luciano e Mario, e sostenuta dalla visione enologica di
Giorgio Marone - la scuola è quella di Giacomo Tachis
- e Antonio Romano, anche direttore aziendale. 28
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Bibenda 83 duemilaventi
Vino e nobiltà: i Conti Zecca
TERRITORIO Un lembo di terra in bilico tra le acque del Mare nostrum e le porte d’Oriente, ove si susseguono ambienti pedoclimatici e suoli di grande diversità. Clima caldo, luce accecante, un “Sole Belva”. Cielo, terra e mare del Salento, in un vortice di grande carattere espressivo, costituiscono da cinque secoli la cornice entro cui i Conti Zecca divengono ambasciatori del territorio attraverso il vino, in un percorso che guarda indietro di cinque secoli. LEGAME In una soltanto apparente contraddizione di fondo, il titolo nobiliare che nel 1884 viene riconosciuto alla famiglia Zecca da Papa Leone XIII sembrerebbe contrapporsi alla più tipica idea del lavoro in vigna che appartiene all’immaginario comune: faticoso, fisico, contadino. Eppure il profondo legame con il territorio, la persistente volontà di “sporcarsi le mani nei vigneti”, l’affezione alle loro proprietà e ai fattori che qui lavoravano, hanno permesso alla famiglia Conti Zecca di mantenere, anzi espandere, i confini delle proprietà familiari nonostante i frazionamenti seguiti alla riforma fondiaria del 1950, sino a detenere - ad oggi - 320 ettari di terra tra Leverano e Salice Salentino, nelle tenute di Cantalupi, Donna Marzia, Saraceno e Santo Stefano. EQUILIBRIO Se è vero che la viticoltura non è causa, bensì vittima del cambiamento climatico, i viticoltori possono comunque rilevare i timori dell’impatto di lungo termine delle attività umane inquinanti sul pianeta Terra, in accordo con un movimento ambientalista n
Conti Zecca
che oggi pare assumere più la forma di un tentativo di dialogo generazionale, dai
Via Cesarea, 73045
toni talvolta accesi, e che sembrerebbe aver risvegliato la mobilitazione di piazza nei
Leverano LE
cuori dei più giovani. Clemente Zecca, ventiquattro anni, eleganza nell’aspetto e
Tel 0832.925613
nella parola, rappresenta l’ultima generazione della famiglia Conti Zecca. Eredita la
info@contizecca.it
passione della viticoltura dal padre, accoglie la richiesta d’aiuto della terra - da cui
www.contizecca.it
l’uomo è abituato a prendere più che a dare, sin dagli albori della sedentarietà - e prosegue nell’azione di scambio tra uomo e terreno, al fine di garantire e mantenere l’equilibrio delle piante. Territorio, Legame, Equilibrio. Tre cardini a sostegno di un’azienda interessante e ambiziosa, diretta dai fratelli Alcibiade, Francesco, Luciano e Mario, e sostenuta dalla visione enologica di Giorgio Marone - la scuola è quella di Giacomo Tachis - e Antonio Romano, anche direttore aziendale.
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Salento, de finibus terrae, terra di estremità e di termine, che dalla soglia messapica si estende tra l’Adriatico e lo Ionio, dai caratteri agricoli e vitivinicoli le cui connotazioni sono frutto dell’alternanza nei secoli tra culture e popoli diversi. Territorio prevalentemente argillosocalcareo, dal giallo-grigiastro del calcare al rosso dell’argilla ricca di ossidi di ferro, fino alle tonalità più scure del tufo. Suolo ricco di fossili marini e concrezioni calcaree, con argilla che subisce la dissoluzione dei calcari superficiali e la conseguente formazione di uno strato di calcare impermeabile: il “carnaio” o “cappellaccio”. L’idrografia superficiale quasi non esiste: grotte e inghiottitoi spingono l’acqua verso il basso, rendendo complessa la coltivazione della vite e fornendole al contempo una scappatoia nei momenti di maggiore siccità. In questo contesto, vario e promettente, trova collocazione la cantina dei Conti Zecca, costruita nel 1935, quando ancora l’economia regionale era incline alla vendita di vino sfuso in Toscana, Veneto, Francia. Giuseppe Zecca inizia a imbottigliare vino – è precursore tra le aziende pugliesi – e focalizza la produzione su vitigni autoctoni a bacca rossa. Con il tempo, viene introdotto l’utilizzo del legno, anche per raggiungere l’obiettivo di produrre vino di alta fascia, e inizia un puntuale lavoro di zonazione: vengono individuati tre cru, lotti di pochi ettari in cui si massimizzano gli investimenti a livello agricolo. Tra questi, il Primitivo in purezza trova la sua ideale espressione sul terreno leggero e sabbioso di Rifugio; nella Masseria Cantalupi, invece, nasce Nero, dal felice matrimonio tra Negroamaro e Cabernet Sauvignon. 31
Bibenda 83 duemilaventi
Vino e nobiltà: i Conti Zecca
La tradizione della coltivazione di vitigni a bacca bianca rimane nondimeno ben radicata e trova elegante espressione in “Luna”, Malvasia Bianca e Chardonnay in pari quantità, con fiori di acacia, prugna e note di cedro nelle annate più giovani. Le straordinarie capacità di invecchiamento di questo vino emergono, tuttavia, andando qualche anno indietro nel tempo, magari scoprendo gli ottimi risultati dell’annata 2016, fresca e asciutta, ove una tostatura ben presente si arricchisce di un corredo olfattivo di grande ampiezza: erbe officinali, sedano, buccia d’agrume, avocado. Al gusto, una salinità pungente, che talvolta tocca il carattere dell’aromaticità. Freschezza trascinante e lunghezza estrema, in un elegante finale di uvaspina. n
Nelle immagini alcuni
momenti dell’evento di
Le sfumature opulente e succose che il Primitivo assume nelle calde zone di Manduria,
degustazione svolto nella sede
lasciano spazio in Salento a un’espressione del vitigno più tagliente e aguzza, pur
della Fondazione al Rome
mantenendo marcati profumi di mora e ciliegia sotto spirito, caratteristiche primarie
Cavalieri, prima del virus.
del vitigno principe della Puglia. Il “Rifugio”, tra botti grandi e cemento, assume una colorazione rosso rubino e sorprende per la sua verticalità olfattiva. La macchia mediterranea lo segna in maniera netta, tra note di mirto, alloro e borragine. La nota alcolica importante si accompagna, nelle migliori annate, a una grande freschezza e a una buona sapidità di supporto, con un finale deciso di inchiostro e china.
2016 2016 2017 2018
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2017
Vitigno difficile, introverso, il Negroamaro. Se non trova l’ambiente pedoclimatico adatto, si spegne. Quello dei Conti Zecca è un Rosso Riserva che prende il nome dialettale del paese d’origine dei produttori: “Liranu”, Leverano, vigneto Traglia. Scuro, profondo, regala le note territoriali delle erbe aromatiche e del sottobosco, una ciliegia succosa e una prugna nera nel finale. All’assaggio è esemplare, il tannino è agile e setoso, con una nota ammandorlata che traccia chiaramente il vino a livello gustativo. Il Negramaro dei Conti Zecca ben si declina anche in combinazione con altri vitigni, come accade nel “Nero”. Il Cabernet Sauvignon, minoritario, ne accresce la longevità e conferisce al vino note vegetali, lasciando tuttavia subito spazio a frutti di bosco maturi e succosi, con reminiscenze ferrose ed ematiche. Di particolare rilevanza l’annata 2003: opulenta e setosa, regala note iodate importanti, accompagnate da spezie e carruba, catrame, liquirizia. L’inchiostro segna il finale di bocca, lasciando un ricordo di liquirizia nera e una ventata di freschezza che lascia presagire nuove, interessanti evoluzioni nel corso del tempo. Il tempo marca, dunque, profondamente la storia della famiglia Zecca. L’avvicendarsi delle generazioni alla guida di un’azienda radicata nel territorio e, al contempo, proiettata verso l’innovazione e la sperimentazione produttiva, traccia un percorso di crescita qualitativa importante, sulla scia della forte ascesa dell’immagine di una regione italiana – la Puglia – nell’Olimpo delle maggiori mete turistiche ed enogastronomiche mondiali.
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2003 2007 2016
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Bibenda 83 duemilaventi
Il vino che è Terra, Uomo e Cielo
Il vino che è TERRA, UOMO E CIELO B
r u n o
F
r i s i n i
Verticale storica di Montepulciano d’Abruzzo “Villa Gemma”
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Bibenda 83 duemilaventi
Il vino che è Terra, Uomo e Cielo
n
Nelle immegini alcuni momenti
dell’evento che si è svolto a Roma e ha visto la presenza di Marina Cvetic e di sua figlia Miriam Lee Masciarelli.
La forma della degustazione, nell’immaginario comune, a ben
A distanza di anni mi piace poter immaginare un ipotetico filo
pensarci potrebbe essere assimilata a quella della mostra d’arte
invisibile che mi lega a quel momento, riprendendo il discorso
o ancor meglio al teatro della Grecia antica: luogo in cui la
con Miriam Lee proprio dove l’avevamo interrotto. Esattamente
comunità si riunisce per discutere di temi.
come l’evoluzione - dettata dal tempo - all’interno della bottiglia
Tuttavia nell’attuale società “liquida” dei consumi rapidi, l’i-
permette al vino una maturità di espressione, lo stesso spero val-
dentità personale si liquefà sotto i colpi incessanti dell’omolo-
ga per le mie considerazioni.
gazione. L’indipendenza critica e la visione etica di ciascuno è
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messa appunto a repentaglio dalla sagoma di un presente sem-
Sono al Cavalieri Waldorf Astoria, ospite della Fondazione Ita-
pre più sfocato, incerto, dai contorni indefiniti, in cui l’appros-
liana Sommelier. Accomodatomi nella sala gremita per l’occa-
simazione domina sul dettaglio: un bailamme da cui districarsi
sione, nell’attesa che la serata prenda inizio, con la scusa di scat-
necessariamente. È a tal proposito che il ruolo dell’incontro,
tare qualche fotografia, mi avvicino con fare interessato verso le
della condivisione, celato sotto le vesti di degustazione, si im-
bottiglie già predisposte in ordine per la degustazione. Scorte le
pone come punto di snodo imprescindibile.
annate e appagata la curiosità, torno al mio posto.
Il volto di Miriam Lee Masciarelli sembra uscire dalle bru-
Un susseguirsi di immagini e parole, sotto forma di video-inter-
me di questo nebbioso disegno, un fulgore, ispirato dall’alto,
vista a Gianni Masciarelli, si dipana davanti i miei occhi: è l’e-
che con disarmante spontaneità si mostra alla platea, pronto
mozionante benvenuto che l’azienda ha riservato per i presenti.
a raccontare la storia di una famiglia e di un vino-simbolo
In pochi minuti appare nitida la figura di un grande visionario,
come il Montepulciano d’Abruzzo “Villa Gemma”.
capace di interpretare un territorio ancor prima di un vino.
Conobbi Miriam Lee diversi anni addietro in occasione di
L’intuizione di valorizzare un vitigno come il Montepulciano
una visita al Castello di Semivicoli: tenuta familiare che il suo
d’Abruzzo, fino ad allora bistrattato; l’idea di allevarlo fino a
compianto padre - Gianni - scelse come simbolo del grande amore
420 metri sul livello del mare e di vinificarlo con metodi per
che lo legava a Marina Cvetic.
quei tempi innovativi; l’utilizzo della barrique, identificando
Eravamo, per essere più precisi, al ristorante la Neviera a
quella da 225 litri come ideale per una perfetta maturazione; il
Bucchianico, quando improvvisamente mi sentii domandare:
rispetto del ritmo che la natura impone; il coinvolgimento della
“…Che ne pensi? Sarei curiosa di sapere il tuo parere sul Villa Gemma”
stampa con approccio spesso provocatorio e stimolante; sono
Avevamo appena degustato diverse annate e la mia risposta, forse
punti imprescindibili che compongono il disegno di una storia
complice un filo di imbarazzo, non fu sicuramente esaustiva.
di successo e riscatto.
Tuttavia ciò che traspare con più spontaneità è il saldo legame con la famiglia e la forza che quest’ultima gli ha trasmesso. “… E sono felice di mia figlia” Risponde con orgoglio al giornalista che lo intervistava. Quasi a suggellare il momento in cui prima o poi sarebbe avvenuto il passaggio di testimone. L’intervento di Miriam Lee che segue la proiezione, pare in effetti - magari non nel contenuto ma certamente nello stile e nella forma - la naturale prosecuzione di quel modo di pensare, quasi profetico, che ha reso grande questa azienda. 37
Bibenda 83 duemilaventi
Il vino che è Terra, Uomo e Cielo
Tra un aneddoto e l’altro, sembra che i vigneti, sparsi in diverse zone della regione, vengano “calpestati” dalla nostra immaginazione: da Teramo a Pescara, fino a Chieti e nello specifico “Vigna Cave”: fazzoletto di terra fragile, delicato e bisognoso di attenzioni continue, genitore con la complicità della famiglia Masciarelli di un vino non riproducibile, unico al mondo. Sorseggiare il Montepulciano d’Abruzzo Villa Gemma equivale ad “assaggiare la bellezza della vita”. L’idea di un uomo di fare un grande vino, “il vino più buono” si n
Masciarelli
materializza nel calice sotto forma liquida con eleganza, finezza e al tempo stesso tutta la
Tennute Agricole s.r.l.
potenza e l’ardore dell’anima di cui si fa portavoce.
Via Gamberale, 2 66010 San Martino sulla
“Noi produciamo emozioni”
Marrucina CH Tel +39 0871 85241
Era solito affermare Gianni Masciarelli.
info@masciarelli.it
Bisogna ammettere che di emozione si tratta quando, ascoltando il gorgoglìo del vino
www.masciarelli.it
che fuoriesce dalla bottiglia, si viene avvolti da profumi e nuance che toccano profondità difficilmente scandagliabili. La prima annata del Villa Gemma Rosso risale al 1984. Le uve non provenivano dal vigneto attuale bensì da Colle Crudele e la maturazione avveniva in vasche di cemento. Confermando lo spirito di continua ricerca che da sempre contraddistingue l’esperienza di questa ormai grande realtà, nel 1989 venne piantata Vigna Cave e il cemento sostituito dal legno della barrique. Da qui un continuo perfezionamento che andrà dall’attenta pratica sul campo fino alla meticolosa gestione in cantina. Il terreno su cui affonda le radici questo vigneto è caratterizzato dalla presenza di argille e scheletro, ciottoli in particolare ed è estremamente ricco di risorse idriche, elemento quest’ultimo - che gioca un ruolo fondamentale nell’espressività del vino specialmente nelle annate calde. Le contrade di San Martino della Marrucina prendono - appunto - il nome di “Fonte”, proprio per la capacità della terra di trattenere acqua con la presenza diffusa di rigagnoli e ruscelli. Sembra assai corretto e per nulla scontato affermare che la storia di questa famiglia corrisponda alla narrazione di un territorio. “Bisogna avere la fiducia in ciò che si fa e la capacità di farlo” Ciò che era un proposito di Gianni Masciarelli, ora è realtà.
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La degustazione | M
asciarelli
2014 Annata disponibile in commercio in anticipo rispetto alla 2013. Evidentemente più pronta e non bisognosa di ulteriore affinamento. Vendemmia difficile in cui l’uomo è dovuto intervenire abbassando le rese, limitando la produzione, facendo grandi selezioni e lavori di diradamento. Vino dal colore molto concentrato, impenetrabile, una generosità cromatica che si esprime su tonalità rubino tendenti al viola. Caratteristica tipica del Montepulciano d’Abruzzo e pertanto comune a tutti i bicchieri in cui sosta il Villa Gemma Rosso. Più esile rispetto agli altri assaggi nell’impatto olfattivo, si esprime abbondantemente sulla parte fruttata: amarena, piccoli frutti di rovo croccanti, freschi, ingentiliti da una nota floreale. Non c’è speziatura ma un rinvigorente soffio balsamico. Si è abituati fin troppo spesso a pensare il Montepulciano d’Abruzzo quasi “masticabile”, con forme sinuose, arrotondate, morbide, voluttuose. In quest’assaggio è preponderante la freschezza. L’acidità massaggia i lati della lingua, sostenendo la tipica rotondità, la parte alcolica e riportando il tutto su un piano di equilibrio notevole. In bocca torna quell’idea di amarena, quasi di ciliegia. Un’impressione viva e vitale di piacevolezza. Anche il tannino appare misurato e meno sferico di ciò che solitamente si è portati a immaginare. La parte alcolica passa in secondo piano e ciò che emerge con più eleganza è proprio il bilanciamento tra le componenti. Un destino magari non lunghissimo ma certamente un sorso che non passa inosservato.
2013 Non solo un vino, ma un vigneto. Quel vigneto pensato e sognato da Gianni Masciarelli. Andare oltre il vitigno, raccontando un territorio e gli uomini che lo abitano. Annata, come detto precedentemente, che per andamento si è prestata ad un’affinamento più importante. “Si è dormito la notte” spiega Miriam Lee. Con primavera ed estate equilibrate e una raccolta asciutta, le piante hanno avuto modo di produrre serenamente. Ne vien fuori un vino di spessore, in grado di “viaggiare nel tempo”. Mettendo il naso nel bicchiere si percepisce da subito un “colore” dei profumi più scuro. Non c’è quasi traccia di frutta, un profilo più cupo, leggermente chiuso di primo acchito. Mostra un floreale in appassimento e una nota netta di grafite. Questo è il motivo per cui si è deciso di attendere una maturazione più prolungata. Meno decifrabile rispetto alla 2014, richiede più tempo per esprimersi e slanciarsi. Ritornandoci dopo poco, si percepisce un soffio di rosa selvatica e un pizzico di speziatura. Potenzialmente si intuisce molta più complessità, tuttavia al momento ancora inespressa. L’attacco gustativo è completamente diverso dal primo assaggio. Più morbidezza immediata, un’accoglienza diversa. Entra largo, distendendosi in modo affusolato per poi ritirare tutto improvvisamente e mostrare i muscoli con tannino e acidità, il cui rapporto è più sbilanciato a favore del primo. Calore, generosità iniziale soppiantata da una verve più verticale che arriva in seconda battuta con l’intento di smorzare e “diluire”. Si intuisce una compenetrazione, un’amalgama tra le parti che sviluppa dinamicità. La scia sapida sul finale ripulisce il palato e richiama il sorso. Villa Gemma conferma d’essere un Montepulciano d’Abruzzo più articolato e complesso del solito, da leggere attraverso il proprio carattere “diverso” e distintivo al tempo stesso. 39
La degustazione | M
asciarelli
2012 Vino che segna un cambiamento. Miriam Lee prende in mano le redini dell’interpretazione del Villa Gemma e afferma: “La cosa meno saggia da fare per i figli è quella di copiare i genitori” C’è voglia di mettere del proprio in questo vino, simbolo dell’azienda, di un territorio e della persona di Gianni Masciarelli. Un compito arduo, dove la possibilità di sbagliare si trasforma in libertà di agire. Miriam Lee è la depositaria della memoria storica del Villa Gemma Rosso, più di chiunque altro. Per questo motivo sente la responsabilità di farsi carico del progetto, provando a reinterpretarlo con i propri occhi e la propria anima. Quest’ultima la spinge verso un cambio di rotta che riconduce questo vino alle origini e cioè al periodo che va dal 1991 al 1996, in cui la fermentazione avveniva in acciaio e la maturazione in barrique per due anni. I tini di legno vengono quindi sostituiti dall’acciaio per una scelta stilistica ben precisa. Cambia anche la gestione dei legni delle barrique. Gianni Masciarelli aveva come punto di riferimento la tonnellerie Vicard e sceglieva personalmente tipologie e tostature. Ad oggi - invece - sono tre le tonnellerie coinvolte, le tostature sono meno importanti e una piccola percentuale di barrique è di secondo passaggio. Giusto percorrere il solco tracciato dai propri genitori ma è fondamentale farlo con personalità, determinazione e curiosità. Nel bicchiere si avverte chiaramente una filosofia d’interpretazione, una stoffa e una bellezza luminosa. Prospettive perfettamente leggibili. Si esprime inizialmente con note fruttate, agrumate, prive di dolcezza, incentrate sulla vivacità. Segue nell’immediato un’impronta speziata delicata. Una summa di sensazioni molto eleganti. Sembrano delinearsi suggestioni di macchia mediterranea: mirto, ginepro, rosmarino. Un quadro decisamente complesso che indica il potenziale di questo vino se atteso nella propria evoluzione. In bocca è preciso, compatto. Non si avverte uno sviluppo di acidità e tannino perché il tutto è già ben intrecciato. Si ha la percezione di ogni singola componente che tuttavia non può essere scissa dalle altre. Solamente nel finale si allunga una straordinaria salinità che dona al sorso bevibilità e progressione gustativa. Il senso della verticale storica è racchiuso in assaggi come questo, in cui la liquidità del tempo si fonde con quella del vino affinché quest’ultimo possa raccontare ciò che conserva nelle proprie pieghe.
2007 Siamo nella fase delle fermentazioni in tini di legno, delle alte tostature per i legni delle barrique, il tutto calibrato e azzeccato per lo sviluppo dell’annata. Vendemmia estremamente calda, la più calda degli ultimi trent’anni. Ne deriva grande concentrazione, tannini “muscolosi” con vini ricchi di estratto da gestire meticolosamente in cantina mediante anche affinamenti più lunghi ed elaborati. Si scorge subito, venendo dalla 2012 fatta di leggerezza, fragranza, caratterizzata da una fluente balsamicità, come quest’assaggio sia scuro e ombroso. Emergono sentori di china, tostatura, cuoio. Profumi carnosi, materici. Meno disteso al naso come in bocca. Sensazioni di calore e voluttuosità avvolgono il palato. Manca l’acidità a sorreggere e relazionarsi con l’impianto gustativo. Sul finale torna la china e l’immancabile sapidità.
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2003 Un inverno nevoso che ha posto ottime basi per la riuscita dell’annata che dall’azienda viene considerata memorabile. La neve funge - appunto - da riserva idrica per le stagioni più calde. Nell’ottica del cambiamento climatico, l’Abruzzo è una delle aree vitivinicole che soffre meno al mondo: la vicinanza con le montagne appenniniche e al tempo stesso con la costa adriatica, consente lo sviluppo di un clima peculiare, particolarmente mite. Si mostra all’olfatto con accattivanti rimandi alla cioccolata e al cacao amaro su fondo decisamente balsamico. Di terziarizzazione nemmeno a parlarne. Vino preciso e senza sbavature. All’assaggio è quasi dolce, avvolgente, con il tannino che progredisce da dietro le quinte. La freschezza è ben integrata e nel finale è sovrana l’ormai tipica scia sapida, piena, generosa e mediterranea. Sembra essere un orologio che scandisce i tempi in modo più preciso rispetto al precedente assaggio.
2001 Si è gridato in lungo e in largo al miracolo perché considerata un’annata storica. Nonostante il germogliamento precoce che avrebbe potuto dare più di qualche problema in fase di fioritura, l’ottimo andamento naturale ne è uscito fortunatamente incolume e pertanto si è raggiunta una perfetta maturità fenolica nelle uve. In quegli anni, oltre ai tini di legno, utilizzati per la fermentazione, erano previste anche lunghe macerazioni di quaranta o cinquanta giorni. Tutto nell’ottica di estrarre quanta più materia possibile. Le percezioni si staccano in modo netto dalla 2003 e lo fanno apparendo più snelle e verticali. Tornano sentori come la grafite, la liquirizia, l’inchiostro, il rabarbaro. Si fa strada anche un’impronta agrumata: bergamotto e arancia rossa nel dettaglio. Al sorso è puntuale la freschezza dirompente, la sensazione d’agrume ne è l’evidenza. Si è come rapiti da una spirale temporale che sposta la dimensione in un’altra epoca. Un vino che richiama atmosfere conviviali, gioviali. Viene alla mente il pennello di Pieter Brueghel, la sua arte fiamminga e i suoi dipinti che raffigurano incantevoli scenari a metà tra freddi paesaggi e il calore della condivisione di momenti di quotidianità contadina. Un’anima in chiaro scuro che caratterizza solo i più grandi.
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La degustazione | M
asciarelli
2000 Annata estremamente calda con poche precipitazioni. Esattamente come la 2001, è stata osannata come straordinaria. In virtù di ciò si è cercato di portare le uve al massimo della maturità. Il vigneto Cave aveva un’età di circa quindici anni, considerata giusta da Gianni Masciarelli per la genesi di grandi vini. Mostra sul bordo una leggera sfumatura sul mattonato, quasi amaranto. Profilo olfattivo denso, vibrante. Si avertono sentori che riconducono al bosco, prima bacche di rovo a suggerire una certa freschezza, poi profondità di fungo, muschio, carrube, foglie bagnate, corteccia e grafite. Poi ancora tabacco, torba, cioccolato, un accenno di cardamomo e salamoia. Il sorso è pieno, cremoso e al tempo stesso raffinato, coerente con l’olfatto. Si delinea chiaro e nitido un volto autunnale perfettamente integrato ad un’anima mediterranea e solare. Vino che probabilmente ha raggiunto il proprio apice di equilibrio, sviluppo e quindi godibilità.
1999 Millesimo in cui è stato davvero complicato produrre vino. Forti umidità, numerose precipitazioni anche in fase di vendemmia. Fulgido esempio del “manico” del produttore che, in situazioni come queste, esprime al meglio la personalità e il carattere che lo contraddistinguono; nonostante il prezzo da pagare in termini di sacrifici e sudore sia piuttosto importante. Una sfida intrapresa da Gianni Masciarelli che ad oggi, dopo vent’anni, avrebbe potuto affermare di averla vinta. Ritappato in seguito a problemi strutturali di diverse partite di tappi, il vino si presenta nel calice con vitalità inaspettata considerate le premesse. Impatto al naso meno ampio della 2000 ma comunque palpitante. Le percezioni sono più immediate: amarena, mora, prugna, un tocco fumé di legna in combustione. Presente una scia floreale in deciso appassimento e la speziatura dolce di cannella. Meno disteso in bocca, serrato in una morsa di acidità e tannino. Il palato, tenuto a bada, si limita a compiacersi di sensazioni più istantanee. Finale che riesce ad allungarsi, suggerendo l’idea di un vino che potrebbe avere ancora molto da dire.
“LA PRESUNZIONE DI SAPER TUTTO DENOTA UNA CERTA IGNORANZA” Scriveva Roger Marijnissen, ponendoci dinnanzi alla domanda: è possibile conoscere veramente l’arte? Si tratta di un’espressione fondamentale dello spirito umano che riflette il nostro essere. La coscienza della bellezza è nella natura dell’osservatore, in questo caso degustatore. Ma il senso da ricercare è nel gesto dell’artista. La creazione di un’opera d’arte non rappresenta altro che una fuga dinanzi all’oblio. L’atto creativo è la proiezione della vanità nel futuro e il capolavoro parla del proprio ideatore molto più di quanto voglia farci intendere. L’esperienza di chi lo osserva si impone sulla coscienza e il piacere della percezione aumenta al crescere del grado di conoscenza. Per questo motivo presumo di non conoscere ancora il Villa Gemma Rosso ma di aver avuto, seppur per un tempo brevissimo, l’idea di chi sia stato, tra terra e cielo, Gianni Masciarelli. 42
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Bibenda 83 duemilaventi
Fiorano Rosso. Verticale storica. 1987-2014
FIORANO ROSSO Verticale storica
1987-2014 F
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l a m i n i a
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o n n i n o
S
i l v a n i
Non una semplice degustazione di diverse annate ma un viaggio a ritroso nel tempo, raccontato con emozione dal della storia del vino:
Principe, segnato dall’incontro di due protagonisti
Alberico Boncompagni Ludovisi e Luigi Veronelli.
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Bibenda 83 duemilaventi
Fiorano Rosso. Verticale storica. 1987-2014
Una verticale veramente storica di Fiorano Rosso quella che si è tenuta sotto la guida di Daniela Scrobogna, impreziosita dalla presenza del Principe Alessandrojacopo Boncompagni Ludovisi affiancato da Lorenzo Costantini, enologo della cantina. Non una semplice degustazione di diverse annate ma un viaggio a ritroso nel tempo raccontato con passione ed emozione dal Principe, segnato dall’incontro di due protagonisti della storia del vino: il Principe Alberico Boncompagni Ludovisi e Luigi Veronelli. Alberico, cugino dell’attuale proprietario Alessandrojacopo, fu un personaggio singolare della viticoltura laziale che ha segnato fortemente questo territorio, e non solo di Roma Un bel primo piano del
e del Lazio. Già dagli anni ’40 con un’intuizione particolare e una grande lungimiranza
Principe Alessandrojacopo
decise di piantare a Roma i vitigni internazionali, cosa inusuale e nuova per l’epoca. Luigi
Boncompagni Ludovisi.
Veronelli un giorno passò davanti alla tenuta; sapeva che c’erano dei vigneti, si fermò ed
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entrò nella tenuta dove incontrò Alberico. In un primo momento ci fu un certo distacco per poi sfociare in un rapporto di profondo rispetto e stima reciproca che continuò per moltissimi anni, tanto che probabilmente fu uno dei pochi o forse l’unico a entrare nella Cantina Storica di Fiorano, luogo che Alberico ha sempre tenuto “nascosto” e ancora oggi tiene riservato anche il Principe Alessandrojacopo. “Di
quelli,
Fiorano Rosso
e
Fiorano Bianco,
che al primo assaggio ti incantano,
entrano nella tua memoria e ti fanno per sempre migliore”.
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(Luigi Veronelli)
Veronelli fu importantissimo per Fiorano perché parlò di questi vini sempre in maniera meravigliosa, scrisse tantissimi articoli indicando Fiorano Rosso tra i vini migliori d’Italia e diede un bell’impulso per far conoscere questo vino sia in Italia che all’estero. Il Principe Alessandrojacopo si occupa di Fiorano da più di vent’anni, quando il cugino Alberico gli cedette i diritti di reimpianto delle vigne dopo che poco tempo prima aveva estirpato tutti i suoi vigneti. “Potrai tu, Alessandro, proseguire a Fiorano con la stessa filosofia?”. Queste le parole di Alberico in una lettera indirizzata ad Alessandrojacopo, che ha sempre voluto portare avanti Fiorano con questo pensiero, cercando continuamente di imparare, seguendo la stessa filosofia di Alberico: pochi ettari di vigneto erano all’epoca, circa 3, ora sono 12. “Mi raccomando mettine poca di vigna, però quella poca curala sempre con grandissima attenzione alla qualità… grappolo per grappolo”. E infatti Fiorano Rosso si fa ancora come allora, con le stesse percentuali dell’epoca di Alberico: Cabernet Sauvignon 65% e Merlot 35%. Il metodo, le procedure sono gli stessi e anche la cantina è la stessa dove si faceva Fiorano una volta. Il vino arriva dalla cantina alla grotta storica di tufo per caduta, senza l’utilizzo di mezzi meccanici o di pompe, sosta per circa 30 mesi in botti da 10 hl di rovere di Slavonia, poi si imbottiglia e rimane nella grotta per più di due anni. Alberico fu anche un antesignano del “biologico” a testimonianza già allora di un rispetto per la terra che ha cercato di comunicare a tutti in azienda.
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Tenuta di Fiorano Via di Fioranello, 19 00134 Roma Tel +39.06.79340093 info@tenutadifiorano.it www.tenutadifiorano.it
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La Verticale storica | F
iorano
1987
2003
2013
Gradazione alcolica 13%. Non è stata un’annata strepitosa, ma i vigneti di Fiorano si trovano in una posizione per cui riescono a mitigare gli effetti di annate poco favorevoli. Colore che tende al granatoarancio, compatto. Naso elegante, sensazioni balsamiche, di sottobosco, arancia rossa, bergamotto, chinotto. Al sorso, in perfetta sintonia con l’olfatto ritornano le note mentolate, balsamiche e agrumate, emerge la sapidità, persistente.
Gradazione alcolica 13%. Annata caldissima. Colore rubino molto concentrato. Al naso, rispetto alle annate degustate in precedenza manca completamente la parte balsamica e mentolata, emergono invece la grafite e la frutta a bacca rossa. Si differenzia anche in bocca, dove manca la parte sapida, il vino rimane ancorato verso il tannino e risulta quasi più materico.
Gradazione alcolica 13%. Annata fresca. Colore rubino trasparente al bordo. Al naso, sensazioni mentolate e vegetali, grafite, tabacco; spicca una netta mineralità. In bocca torna evidente il tabacco, il legno di cedro, la scatola di sigari e un grande equilibrio. È l’annata attualmente in commercio.
1990 Gradazione alcolica 11,5%. Un’annata importante caratterizzata da un’estate calda. Colore granato con sfumature arancio sul bordo. Profilo olfattivo con prevalenza di frutta matura, grafite, goudron, oliva nera, salamoia. Anche in bocca si differenzia dal precedente, caratterizzato da maggiore acidità a coprire leggermente la salinità, note eteree, cardamomo, di maggior struttura, ben equilibrato.
1993 Gradazione alcolica 12,5%. Un’ottima annata, mite ed equilibrata. Colore rubino con leggere sfumature arancio. Al naso la nota balsamica e mentolata si unisce a note dolci di frutta, arancia, erbe aromatiche, macchia mediterranea, grafite, china. In bocca si percepiscono la freschezza, l’acidità, la sapidità e la presenza dei tannini.
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Rosso
2009 Gradazione alcolica 13%. Colore granato trasparente al bordo. Ricco profilo olfattivo simile alle prime annate in cui emergono le note balsamiche e mentolate, il tabacco, la cera per mobili, sensazioni agrumate, grafite, china e si sentono meno le note fruttate. Al sorso ritroviamo il carattere del Cabernet, la freschezza e la sapidità, appena presente il tannino.
2011 Gradazione alcolica 13,5%. Annata mite. Colore rubino molto concentrato con appena un accenno di granato sul bordo. Naso elegante ma “giovane”, si distinguono le note fruttate e leggermente floreali, la grafite, con le sensazioni balsamiche ancora in secondo piano. In bocca, inizia con note fruttate per proseguire balsamico, sapido, pieno emergono i tannini vellutati, di grande eleganza e una lunghissima chiusura di bocca.
2014 Gradazione alcolica 13,5%. Annata molto piovosa. In degustazione in anteprima, il vino è ancora in affinamento. Colore compatto rubino tendente al granato. Naso dinamico, nettissime le speziature, il tabacco, la grafite, le note scure. In bocca i tannini sono perfettamente integrati, si percepisce che è un vino che necessita ancora di affinamento e si differenzia dagli altri per il finale ammandorlato.
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L’Alba del Vino
Bibenda 83 duemilaventi
L’ALBA DEL VINO L’area che può essere considerata la culla del vino, che conta ben cinquemila anni di storia e che ha dato probabilmente i natali ai vitigni di tutto il mondo, solo in tempi recenti ha risvegliato un certo interesse al di là dei suoi confini.
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a n i e l a
S
c r o b o g n a
Oggi vogliamo parlare dell’origine del vino e della terra da cui tutto è partito, la Georgia. Regione apertasi da poco tempo all’Occidente per far conoscere la propria tecnica enologica ancestrale. Interessante è comprendere come, al di là del suo preciso ruolo nella storia del vino, sia oggi al centro di un notevole interesse da parte di molti produttori nel mondo. Geograficamente va collocata nella parte orientale d’Europa, a mo’ di cerniera con l’Asia. Il territorio si caratterizza per la presenza del Grande Caucaso, con montagne tra le più alte d’Europa, 5430 metri, e il Piccolo Caucaso (dove si trova l’Armenia). Entrambi i gruppi montuosi derivano dallo spostamento dei continenti, causati dalla collisione della piattaforma africana con quella europea. La Georgia, culturalmente, ampelograficamente e geograficamente si divide in due parti, quella occidentale, rivolta al Mar Nero, la Colchide, con clima subtropicale/umido permette di coltivare anche banane, agrumi, caffè, tè; la parte orientale, verso il Mar Caspio, clima subtropicale/temperato con minore quantità di pioggia risulta essere quella più vocata alla viticoltura. Va sottolineato che i vitigni presenti nella parte orientale non sono minimamente simili a quelli della parte occidentale. Il patrimonio genetico di questa regione è tra i più ampi al Mondo, circa 5000 varietà, che purtroppo dagli anni Trenta ad oggi è andato affievolendosi a causa dello stalinismo. In produzione oggi ne troviamo solo 400, tra i più diffusi evidenziamo Rkatsiteli (b), Tsolikouri (b), Saperavi (r), Tsitska (b), Mtsvane Kakhuri (b). A proposito di vitigni, andrebbe sfatata la teoria che i nostri provengano da quelli georgiani, la nostra molteplicità deriva dall’addomesticazione delle viti selvatiche e solo in parte da quelle provenienti direttamente da queste aree, e selezionate dai Greci. La regione orientale, il Kakheti, è la più importante con il 60% della produzione. Inquadriamo ora la vinificazione e il suo modus operandi, fra i più antichi al Mondo (risale all’ottavo millennio a.C. ), infatti nella cantina del Monastero di Alaveni, in Kakhetia, sono presenti antichissime anfore dove sono stati rinvenuti dei vinaccioli datati 5000 anni a.C. Nella cantina, detta Marani, tradizionalmente coperta solo da una tettoia, le anfore sottili di terracotta sono interrate (il motivo è da ricercare nel fatto che venivano occultate agli invasori, per nascondere vino e cibo) e poi ricoperte di terra. L’uva raccolta viene disposta sulla paglia, si pressa nello Satsnakheli, e il liquido va direttamente nel Qvevri (vaso tradizionale conico di 4,5 quintali, usato per la vinificazione e la conservazione del vino. Interrato, consente di fermentare il mosto a temperatura quasi costante intorno ai 14-150C). Inizia il periodo di fermentazione, con lievito indigeno. Il chacha (buccia e raspo) viene aggiunto e mescolato con il mosto e la macerazione prosegue per 6 mesi. Il qvevri viene chiuso e coperto con terra o sabbia fino alla primavera. Nella prima decade di aprile lo si apre, si assaggia il vino e lo si travasa in una nuova anfora pulita. Per rimarcare la sacralità di questi passaggi, la vinificazione è tradizionalmente accompagnata da canti gregoriani. Al di là della cronaca, quello che racconta al meglio questo poliedrico mondo ancestrale è l’assaggio del vino. Vino ambrato dai profumi che ricordano agrumi, miele, luppolo, albicocca, dragoncello. Bocca senza pareti, avvolgente e con leggero tannino, tridimensionale. Emozione pura! 51
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Una giornata particolare
Una giornata C
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particolare
Il racconto di un Primo Maggio insolito, ricordi che si snodano sul sottofondo nostalgico di una canzone di
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Fabrizio De AndrĂŠ.
Il primo maggio, da sempre, è la festa dei lavoratori, è la festa che concede una scampagnata fuori porta con fave e pecorino in compagnia degli amici di sempre, con sottofondo il concertone di San Giovanni. Oggi, invece, siamo in quarantena, c’è l’hashtag #iorestoacasa e quindi? Non si festeggia? Coraggio, il primo maggio è il primo maggio! Allora chiudo gli occhi e metto un cd del grande Fabrizio De André. Sono le 11 e in tutta la casa si diffondono le note morbide di questa musica soffice, musica che sa di casa, di libri, del sigaro del nonno che la domenica a pranzo permeava tutta la tavola, con le sue parole che prendono forma con gli effluvi del fumo. Le canzoni si susseguono in questa tiepida mattinata romana, e la mia attenzione viene catturata da una in particolare, che racconta più di ogni altra il mondo di Faber, parla la sua lingua, il dialetto ligure, raccontando di mari lontani, di piatti di casa sua ma soprattutto di vino… di quel vino di Portofino. “Creuza de mä” è una canzone dal sapore mediorientale, mediterraneo, lo si capisce dall’uso dei numerosi strumenti musicali di cui si avvale, tipici della tradizione popolare nordafricana e balcanica. La canzone è caratterizzata da una cadenza che sembra scandire il ritmo di una battuta di pesca, quasi fosse un rito antico, una mattanza, come una vendemmia ancora fatta pestando gli acini con i piedi, le note vanno e vengono come le onde del mare che si infrangono sulla battigia e si ritirano. Il vino bianco di Portofino cantato da De André potrebbe corrispondere ai vini originari del Golfo del Tigullio, sulle colline genovesi, dove i vigneti si sviluppano su rilievi collinari caratterizzati da una pendenza elevatissima. Qui, dove i suoli hanno una tessitura ricca di scheletro e sostanza organica, si vinificano, eroicamente, le uve Vermentino e Bianchetta Genovese, che godono del respiro del mare e racchiudono tutte le essenze della macchia mediterranea. Un vino, quello evocato dal poeta De André, delicato, che porta in dote profumi di rosmarino, salvia, anice, timo e quel finale ammandorlato che solo il Vermentino sa regalare. I vini liguri che questa canzone richiama sono vini frutto di eroismo, di chi ha il coraggio di perpetrare nel tempo le tradizioni, di tramandare storie come un messaggio nella bottiglia. Ed oggi ho presentato De André ed il suo vino a mio figlio.
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Il fantasma della vigna
IL FANTASMA DELLA VIGNA R
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a ff a e l e
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i s c h e t t i
Quella
sostenibile leggerezza dell’essere un
Pinot Nero.
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Il fantasma della vigna
“Il Pinot Nero illustra il terroir d’origine meglio di qualunque
agraria del Tirolo) che iniziò ad acquistare vitigni dalla Chambre
altra varietà, e per una ragione precisa: perché non sa di niente.
Royale d’Agricolture et commerce de Chambery tra le altre
È una sorta di fantasma. È ovunque, e da nessuna parte. Il Pinot
barbatelle appunto quelle di “Bourgoigne noir”. Iniziarono così
Nero non esiste.”
anche tramite l’Arciduca stesso degli
Questo pensiero di Aubert de Villaine rac-
approfondimenti stessi su dove quest’uva
chiude l’essere stesso di questo vitigno tanto
avesse in seguito avuto il miglior modo
amato dagli appassionati di tutto il mondo.
di esprimersi in tutto il suo splendore.
Ho deciso di parlarvi della zona, a detta
Furono anni importanti anche per capire
di molti, punto di riferimento per il Pi-
dove sistemare e piantare le altre specie
not Nero in Italia: Mazzon in Alto Adige.
prodotte in questa zona, le ricerche e gli
Il presente e il futuro si capiscono meglio
studi proiettati al futuro sono sempre
solo se si affondano le radici nella storia.
importantissimi per gli sviluppi di
Il Pinot Nero vanta circa due secoli
un’economia di un territorio specifico.
di storia in Alto Adige, se ne iniziò a
Dopo varie prove e sperimentazioni
parlare grazie all’Arciduca Giovanni d’Asburgo subito dopo il
si decise di piantare circa due ettari a Castel Rametz (Merano)
primo ventennio del 1800, nei primi documenti storici, infatti,
di cui abbiamo anche testimonianza scritta dall’ampelografo
si parlava di un’associazione nata in quegli anni (associazione
Hermann Gothe che scrive di suo pugno questo: “i risultati
erano particolarmente buoni, le uve venivano diraspate e fermentate in tini con doppio fondo e il vino raggiungeva il suo apice al terzo, quarto anno”. Altro volano si deve di certo alla Mostra del Vino di Bolzano (prima storica edizione datata 1896) presso la Casa del Torchio. L’idea di istituire tale manifestazione (ispirata da una fiera dell’anno prima a Trento) anche a Bolzano, che strategicamente è sempre stata una terra di scambi di merci per il nord Europa, è stata davvero fondamentale. Di lì a poco furono presentati anche i primi vini imbottigliati e non sfusi come fino a quel momento si vendevano, riscuotendo i primi successi. Il Pinot Nero è un vitigno molto difficile da coltivare e vinificare (odio, amore e sfida per ogni vignaiolo del mondo), il vigore della pianta, che richiede un’attenta e oculata gestione della chioma visto la sua sensibilità alla botrite e all’oidio. Ha inoltre difficoltà ad avere una maturazione omogenea nelle bucce e nei semi che se non gestita bene ne consegue tannini poco eleganti oltre a colore molto instabile (a causa di antociani esterificati) che si unisce al fatto che tende ad accumulare molti zuccheri nell’uva che comportano ridotti contenuti di acidi nel mosto e nono per ultimo in vinificazione può succedere di avere problemi in fermentazione. Vitigno star per eccellenza e capriccioso per natura che necessita di cure maniacali e quasi ossessive, per questo a mio parere è molto sensibile e accostabile alla sensibilità del produttore che lo cura.
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La zona collinare di Mazzon
ricorda le condizioni climatiche della Borgogna, esposizione a ovest, altitudini dai 300 a 400 metri, brezze derivanti da venti che arrivano dal Garda, buone escursioni termiche. 57
Bibenda 83 duemilaventi
Il fantasma della vigna
La zona collinare di Mazzon ricorda per certi versi le condizioni climatiche della Borgogna (esposizione ad ovest che si uniscono ad altitudini dai 300 a 400 metri, presenze di brezze derivanti da venti che arrivano fino dal Garda che consentono di avere buoni sbalzi termici dal giorno alla notte. Manca l’elevata densità di argilla (al cospetto dei cugini d’oltralpe) invece che rende misteriosi e cupi i vini Francesi rendendoli irraggiungibili e unici. Le prime citazioni di Pinot Nero a Mazzon si ritrovano nel diario della famiglia Gaistenger (1829-1890) dove veniva citato il fatto che a Egna gli fu servito un vino, annata 1868, di pinot nero proveniente proprio da Mazzon. Nel 1870 anche Ludwig Bart von Barthenau acquistò e mise a dimora presso Mazzon barbatelle di Pinot Nero considerandola vocata per questo vitigno. I primi vini etichettati Mazzon risalgono a fine 1800 dall’attuale azienda Gottardi conquistando addirittura un attestato d’onore a Vienna nel 1898. Di li man mano con il passare degli anni molte cantine credettero nelle potenzialità immense di questa zona tanto da impiantare nuove barbatelle di questo vitigno unico ed affascinante. Il balzo produttivo quantificato in ettari ci fu negli ultimi quarant’anni (1975-2015), periodo in cui la superficie vitata in ettari passo dai 20 del 1975 agli oltre 50 del 2015. Altra considerazione importante è quella che divide le aziende che producono e vinificano in loco e quelle che producono e vinificano a poca distanza da Mazzon. Le prime sono: Gottardi, Brunnerhof, Kollerhof e Kuckuchshof. Le seconde invece sono: Girlan a Cornaiano, Haas a Montagna, Hofstatter a Termeno, Carlotto a Ora, Tramin, Cortaccia, Lageder e Cantina produttori di Bolzano a Bolzano. Mazzon storicamente è formato da dodici masi di origine medievali arrivate fino ad oggi che sono: Astmayrhof, Barthenauhof, Brunnerhof, Fernheimhof, Kohlerhof, Fritzenhof, Kollerhof, Kuckuckhof, Oberrer und Unterer Ingramhof, Trattmannhof, Schlosshof. Presente, inoltre, in questa zona un castello, Castel Cardiff (risalente al XII secolo) ed una meravigliosa Chiesa, dedicata all’Arcangelo San Michele non appartenente ad una famiglia (non privata quindi) ma eretta per volere dei paesani. Ma di certo non ci si è fermati a questo. Innovazione e ricerca sono continuate in maniera esemplare e parsimoniosa. Da anni ormai si è sviluppato il concetto di vigna in maniera approfondita, apice superiore di ogni disciplinare in vigore. Avere infatti una riconducibilità di una determinata bottiglia fino ad un determinato vitigno rende preciso e netto il confine che il degustatore può desiderare nel calice finale. Un lavoro lungo e certosino che ha portato da poco una “mappazione” precisa e delineata di tutta la zona di Mazzon che consentirà di portate la dicitura “Vigna” a quei vini che almeno per cinque anni consecutivi vengono prodotti interamente da uve da qui provenienti. Quello che succederà in seguito si sta scrivendo in questo periodo e quindi molto presto aggiungeremo di certo un capitolo importante a questa storia fantastica. Intanto al momento possiamo goderci nel calice un sorso di Alto Adige unico ed affascinante, “tipico” proprio di questa zona. 58
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Montenegro
MONTENEGRO A
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Breve
viaggio alla scoperta di un territorio vitato poco conosciuto, forse tra i
piÚ articolati d’Europa.
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Montenegro
Il Montenegro è un piccolo paese balcanico che si affaccia sull’Adriatico e la sua capitale, Podgorica, è situata giusto di fronte alla nostra Bari. È il Paese che diede i natali alla Regina Elena, moglie di Vittorio Emanuele III e, in ossequio a questo particolare, i montenegrini percepiscono l’Italia come un Paese fortemente amico, considerando gli italiani un po’ alla stregua di “cugini”. Per noi, invece, il Montenegro è un Paese poco noto e ancor meno nota, probabilmente anche al popolo dei winelovers, è la produzione vitivinicola montenegrina e l’importanza che essa riveste sia nella tradizione popolare che nell’intera economia nazionale. Basti pensare che attualmente in Montenegro il vino rappresenta la voce più importante dell’export dell’intero comparto agro-alimentare. Un censimento del 2014 evidenziò che il Paese, molto piccolo, contava 4.500 ettari di vigna di cui oltre 2.300 di proprietà di una sola azienda, la cantina Plantaže, mentre il resto apparteneva a 496 piccole aziende. Si calcola che il numero odierno di produttori di uva e di vino sia intorno a mille, molti dei quali producono per consorzi e per il consumo familiare e locale. Nei territori intorno a Podgorica, lungo le rive del fiume Cijevna, oggi si trova quello che viene definito il più grande vigneto d’Europa in un unico complesso, appartenente alla citata cantina Plantaže; non siamo sicurissimi che sia davvero il più grande d’Europa, ma il dato è significativo per rendere un’idea dell’importanza dell’attività vitivinicola in Montenegro. Il patrimonio ampelografico registra oggi circa 30 vitigni, tra varietà internazionali come lo Chardonnay, il Cabernet Sauvignon e il Merlot, e varietà autoctone tra cui spiccano, per qualità, il Krstač e il Vranac. Il Krstač è un vitigno a bacca bianca dal quale si ottiene un vino molto raro e Plantaže, considerata oggi l’azienda più rappresentativa del Paese, è probabilmente l’unica cantina al mondo che lo produce. Ha un colore giallo verdolino brillante, con profumi eleganti, essenzialmente fruttati e floreali. L’assaggio è secco, dotato di buona acidità e di adeguata sapidità, che offre nel complesso un sorso gradevole e fluido ed è perfetto in abbinamento ai piatti di pesce che vengono serviti sulla costa. Qui, la città di Budva con la sua suggestiva e minuscola Isola di Sveti Svetan (Santo Stefano) rappresentano una meta turistica di sicura attrazione, che sta accogliendo, negli ultimi anni, anche un turismo italiano in aumento. A Budva si trova la bellissima “spiaggia della Regina”, una piccola baia così denominata perché qui era solita prendere il sole la futura Regina Elena, con Re Vittorio Emanuele III che veniva a trovarla direttamente via mare. Passeggiando lungo la banchina di Budva, tra il bel borgo antico e le barche ormeggiate, è tutto un susseguirsi di ristoranti e ristorantini, 62
semplici ma anche eleganti, confortevoli, che invogliano ad
L’altro autoctono, il Vranac, a bacca nera, è il vitigno nazionale,
accomodarsi ad un tavolo con vista sul porticciolo. I piatti
che da solo occupa il 70% della superficie viticola della cantina
della cucina di mare di questa piccola frazione di costa adriatica
Plantaže. Il nome significa “cavallo nero” e per spiegarne un po’
comprendono una buonissima minestra di pesce al pomodoro,
il valore, osserviamo che un vino Vranac vinse il primo premio
confortante e perfetta da gustare in una giornata invernale in
alla London Exhibition del 1907.
uno di questi ristoranti, dove si viene accolti, come è capitato a
Il Vranac è un’antica varietà presente, oltre che in Montenegro,
chi scrive, con un calice di spumante e paté di tonno al limone
anche in Macedonia e in Serbia. I grappoli sono di dimensioni
accompagnato da una fragrante focaccia. Il menu comprende
medio-grandi, cilindrici e talvolta spargoli, con acini blu scuro
i classici spaghetti ai frutti di mare, la citata minestra di pesce,
dalla buccia sottile. L’uva cresce su viti moderatamente vigorose
pesci dell’Adriatico cucinati al forno, arrosto o in guazzetto,
e molto produttive, viene raccolta a mano e la vendemmia può
zuppe di polpo e grigliate di mare.
iniziare da metà settembre e proseguire fino a ottobre, a seconda 63
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Montenegro
delle zone. La varietà è utilizzata per la produzione di vini di alta qualità e di vini speciali. Il Vranac in purezza - anche in questo caso abbiamo assaggiato quello della cantina Plantaže - è di solito un vino giovane dal colore rosso violaceo brillante, con un ricco profumo di bacche rosse mature e talvolta di confetture di frutta. Ha una buona freschezza e una trama tannica fine, ricchezza e struttura, con livelli di estrazione e di acidità medio-alti. Regge bene qualche anno di invecchiamento in botti di quercia, quando il colore quasi viola diventa rosso rubino profondo e compatto, mentre il bouquet si fa più complesso, con sentori di frutti e fiori scuri, cioccolato, liquirizia e qualche nota erbacea di bosco. Il gusto è pieno e n
Cantina Plantaže
rotondo, morbido, con una buona rispondenza gusto-olfattiva, che può acquisire persistenza
Put Radomira Ivanovića 2,
e voluttà con un buon affinamento. Viene prodotto anche in blend con Merlot e Cabernet
Podgorica
Sauvignon e lo si può degustare con l’altra parte di cucina montenegrina, quella di terra.
Tel +382 20 444 125
La gastronomia del Montenegro si basa, infatti, su carne, pesce e verdure preparati secondo lo
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stile della cucina mediterranea tradizionale, quindi con l’uso di olio d’oliva, comprendendo
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anche richiami della cucina dei Paesi dell’Europa orientale con i quali confina. I piatti di carne giocano un ruolo fondamentale nella gastronomia montenegrina, soprattutto nel nord del Paese, dove vengono preparati utilizzando erbe aromatiche, verdure e funghi spontanei, con il metodo tradizionale dell’ispod, che consiste nel cuocere la preparazione in un recipiente posto sotto la brace del camino, più conosciuto con il nome di peka, che assume nella vicina e confinante Croazia. Nelle regioni centrali, nel sud e sulla costa predomina il pesce, con le specie ittiche tipiche dell’Adriatico preparate secondo i metodi che abbiamo già illustrato, cui si aggiungono ricercate delizie come carpe e trote affumicate assieme al granchio dello Skadar
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ossia del Lago di Scutari, enorme lago paludoso condiviso con
vitigni autoctoni che internazionali; dopo il Krstač e il Vranac
l’Albania che, arrivando in aereo, offre un panorama quasi lunare
scelti nei ristoranti montenegrini, ci siamo portati a casa uno
e assolutamente unico. Tra i piatti tipici della cucina montenegrina
Chardonnay che andiamo a degustare.
segnaliamo anche l’agnello bollito, la projanica, una torta salata
Chardonnay Plantaže 2018, 100% Chardonnay, vol. 13%,
che si presenta come una lasagna, preparata con formaggio fresco,
vinificazione in acciaio. Giallo paglierino brillante. Naso intenso di
uova e farina, la kajmak, una crema di latte lasciata bollire e salata,
lime, mela verde, pera coscia e ananas, seguite da sbuffi floreali di
successivamente trasformata in formaggio, preparazioni di pesce
camomilla, mimosa e di erbe aromatiche che ricordano la salvia, il
marinato con cavolo bianco, olio d’oliva e limone, le onnipresenti e
timo e la menta fresca. In bocca l’impatto è di grande acidità, con un
gustose salsicce, fatte in casa e arrostite.
gusto ricco, molto orientato sulla freschezza, che riporta al lime, alla
Ad accompagnare questi piatti troviamo i morbidi rossi Vranac,
menta, con sensazioni eleganti e molto sapide, non mancanti di una
i raffinati Merlot, il bianco Krstač, la birra locale di Nikšić e, per
piacevole nota morbida a riportare in equilibro la scattante acidità. Il
concludere, la Rakija, una grappa ottenuta dalla distillazione di
finale è di adeguata persistenza, che incornicia un sorso piacevolissimo
un fermentato di prugne.
e invogliante. Bottiglia numero 217383, 6 euro in Montenegro. Da
La cantina Plantaže produce un’ampia gamma di vini sia da
provare con tagliolini cacio e pepe o con una frittura di paranza. 65
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Il Lusso del Tempo
IL LUSSO DEL TEMPO C
a r l o
A
t t i s a n o
La meravigliosa riscoperta del Tempo e della Tavola
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Il Lusso del Tempo
Paradossale può sembrare lo spirito positivo che mi sostiene nell’affrontare il tema di cui sto lasciando traccia. Paradossale, per il momento che stiamo tutti vivendo a livello mondiale, per l’incredibile disagio psicologico e fisico che siamo costretti a fronteggiare da tempo e che neanche la migliore trama “horror” avrebbe saputo rappresentare in maniera così intensa, così fisica, così vera. Il timore più grande è, che l’innata capacità dell’uomo di adattarsi a qualsivoglia situazione, possa, in qualche modo, renderci più acquiescenti nel sopportare una minore libertà. Ciò a causa dei disagi e della paura con cui siamo costretti a convivere in questa triste fase della nostra vita. Ma, al di là di un corretto senso civico e del dovere, per tutelare la nostra salute e quella dei nostri cari, questa non è una di quelle situazioni alle quali ci si deve o ci si può adattare! No! L’assenza di libertà, nel senso più ampio del termine, è una di quelle rinunce di fronte alle quali non ci si può arrendere: la libertà di muoverci, di abbracciarci, di baciarci, di ritrovarci in un ristorante per festeggiare qualcosa o solo per il puro, sanissimo, impulso di convivialità in cui noi italiani siamo maestri assoluti, la possibilità di visitare altri Paesi e incontrare nuove culture che possono anche accrescere le nostre esperienze, ma che poi, puntualmente, ci fanno riflettere su quanto siamo alla fine fortunati a vivere nel nostro Paese; tutto ciò, non è negoziabile perché snaturerebbe l’essenza stessa dell’italiano, più in generale dell’Uomo. Ed è qui che nasce il paradosso. La pandemia (non voglio nemmeno chiamarla con il suo freddo nome in codice) ci ha però regalato (ed è stato un vero regalo, questo sì!) una cosa immateriale e preziosa che per la maggior parte di noi era divenuta quasi un lusso: il Tempo. “Tempus fugit” ci hanno sempre saggiamente ricordato i Latini, ecco dunque il paradosso cui facevo cenno più sopra: il maggior Tempo che ci “regala” questo triste periodo è, per usare un’espressione in voga, “tanta roba”. Ci aiuta a riconsiderare il nostro approccio con gli altri, a far riemergere quel sentimento di umanità insito nella nostra natura, un’umanità in fondo semplice, fatta di tanti piccoli gesti quotidiani e il cui significato si stava perdendo nell’affannoso trascorrere di ogni giorno, ma soprattutto, mi piace pensare, ci sta aiutando a rivalorizzare “l’ovvio” e lo “scontato”. Tutto questo è stato un paradossale regalo ed io ne sto facendo tesoro attraverso un crescendo di riscoperte soprattutto in un ambito a noi italiani così caro, ma spesso anch’esso vissuto non con la dovuta e meritata attenzione: la Tavola. Ho riscoperto il piacere incommensurabile che ti dà il Tempo, quando ti concede se stesso, nel fare ad esempio, l’opposto di quello che si fa normalmente: mettere al centro della Tavola un grande vino italiano e preparare intorno ad esso una cena atta a valorizzarlo attraverso l’eccellenza, e allo stesso tempo l’accattivante semplicità, delle Nostre materie prime. 68
Ecco dunque che il silenzio, la calma, l’assenza di fretta, mi hanno concesso ad esempio di scoprire nuove sensazioni agrumate che prima non avevo colto appieno nei miei bianchi preferiti, soffermandomi su analisi un tempo frettolosamente archiviate in quanto facenti parte dell’ “ovvio” ma senza mai apprezzare fino in fondo l‘importanza di tutti gli elementi che compongono un grande vino. E allora sì, che quelle sensazioni citrine assumono un significato più consapevole ora, rivelando a fondo la loro inconsapevole funzione di controllo e di argine dei livelli zuccherini che si sublimano nella bellissima e netta sensazione di pulizia che si bilancia perfettamente al palato. Ho valorizzato l’importanza delle varie componenti del vino che già ovviamente conoscevo, ma che non avevo mai attenzionato nelle loro funzioni d’insieme così a fondo: gli elementi del vino come giocatori di una squadra, ognuno con il suo ruolo, ognuno che completa l’altro. Nuovi dettagli di spezie che rendono ancora più incredibili i grandi rossi dei miei territori italiani prediletti e che mi hanno portato ad “isolare” in maniera ben distinta, 69
Bibenda 83 duemilaventi
Il Lusso del Tempo
ad esempio, sfumature “non” di pepe nero e basta, ma di “pepe nero indiano in grani” di cui ho ancora una buona scorta riportata da un mio recente viaggio di lavoro in quella terra di profumi, colori e sensazioni uniche che è l’India. Prendere consapevolezza che il pepe nero è una cosa, e che il pepe nero indiano è un’altra, è semplicemente poesia, e lo è ancora di più il poterlo condividere a Tavola. La possibilità di andare così a fondo nei dettagli, ha reso ancora più eccitante la meravigliosa arte dell’abbinamento, sublimato nell’accostare un passito di Sagrantino per esempio, con cosa? con l’agnello pasquale... Tante piccole emozioni, un grande regalo, questo prezioso Tempo. I colori del vino e del cibo, i loro profumi, la loro persistenza supportata dalle spezie percepite da un lato, e da quelle assaporate, da un altro, mi sono sembrati diversi in questo periodo, mi sono sembrati più veri anch’essi e mi hanno regalato emozioni che rimarranno ricordi forti perché legati ad un momento che ci scorderemo difficilmente, ma che allo stesso tempo, mi hanno ricordato che la felicità si può rinvenire anche in 70
momenti non facili (Ad astra per aspera…) e se proprio durante
attività stanno iniziando piano piano a rinascere, seppur con
questi momenti riusciamo a ritrovare la gioia della riscoperta
le mille difficoltà che si troveranno ad affrontare e a gestire
dei piccoli-grandi piaceri, beh cogliamola e teniamocela stretta!
nei prossimi tempi.
Anche attraverso queste piccole-grandi cose potremo rinascere
A loro anche, va tributato un grande applauso.
migliori, perché il riappropriarci di ciò che ci gratifica,
Se tutti avremo capito la lezione, se tutti avremo saputo
darà il suo contributo a riaffrontare la vita in maniera più
rivalorizzare il bello che semplicemente non riuscivamo più
consapevole e serena.
a vedere nitidamente, né a godere appieno e se, soprattutto,
La grande spinta a scrivere queste mie righe me l’hanno data
avremo capito che per la prima volta siamo tutti tifosi della stessa
la tempra e il sorriso dei miei amici ristoratori, i miei amici
Squadra, beh tutto allora, ricomincerà come prima.
vignaioli, che pur in un momento così critico per le loro
Anzi meglio, molto meglio di prima…
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L’armonia nel calice
Bibenda 83 duemilaventi
L’armonia nel calice B
72
a r b a r a
P
a l o mb o
L’Armonia è un concetto profondo: in musica si ha ogni
è il produttore, che balla impiegando i movimenti, che sono i
qualvolta vengono usate due o più note con tonalità diverse allo
vitigni, nell’intimo del suo corpo, ossia nel suo territorio.
stesso tempo; importante è la presenza di tonalità che riescano
Sta a lui capire quali sono gli esercizi giusti, le scale musicali
a ordinare relazioni ed equilibri perché, per esempio, battere le
da suonare per raggiungere questa perfezione, ed è lui che deve
mani e i piedi allo stesso tempo non crea armonia se non c’è
fare in modo che ogni singolo fattore si accordi con gli altri: e
quell’ordine delle note e degli accordi.
allora, oltre al territorio, al clima e al vitigno, anche altri elementi
Nel vino l’armonia è la chiave di lettura del terroir, è la “impeccabile
del coro e del corpo di ballo sono essenziali, come il lavoro in
sinergia dei suoni di una orchestra, dove il territorio, con il suo
cantina, i sistemi di vinificazione e, molto importante per alcuni
clima, è lo spartito; il vitigno è lo strumento, e il produttore è il
vini, sia bianchi che rossi, l’uso corretto del legno. Si tratta di
maestro dell’orchestra”.
uno strumento da usare con grande zelo e competenza perché
L’armonia nella danza si ha quando esiste la perfetta coordinazione
può migliorare il vino o distruggerlo, e da cui può dipendere la
tra le diverse parti del corpo del ballerino, tra la sinuosità delle
sua struttura, la bontà dei suoi aromi e la qualità dei suoi tannini.
sue forme e l’ispirazione della sua mente.
Quindi il produttore è l’artefice dell’armonia del vino, che emerge
E allora, nella nostra similitudine, possiamo dire che il ballerino
già nella degustazione visiva, quando il colore, la limpidezza e la
Una qualità del vino estremamente importante, spiegata attraverso la similitudine tra il vino e alcune forme d’arte.
consistenza rendono il nettare fascinoso, suggeritore dell’idea di
sensazioni eccellenti espresse durante le varie fasi di degustazione;
evoluzione, di salute e di bontà del vino stesso. Deve essere concorde
equilibrato, seducente e memorabile. Diceva Oscar Wilde che
con l’esame olfattivo, seducente e portatore di piacere intenso; e
l’armonia di anima e corpo è “cosa grande”, e che quando si
ambedue devono definirsi con l’esame gustativo, strumento di
raggiunge dona un senso di benessere e di profonda emozione.
soddisfazione del palato che dona espressioni ed emozioni.
Anche l’armonia in un calice di vino è “cosa grande”, e quando
Lo stato evolutivo di un vino armonico è quello di un vino
si raggiunge dona intensa piacevolezza e infinita commozione.
maturo, ossia che presenta in quel momento il massimo equilibrio
Attraverso l’uso adeguato dei nostri sensi noi possiamo
e le migliori caratteristiche possibili. Un vino armonico è un vino
comprendere il linguaggio del vino e cogliere quella “cosa grande”
benfatto, oggetto di ammirazione e compiacimento, dove nessun
di cui Oscar Wilde parlava.
elemento che lo costituisce può essere modificato.
Quando le caratteristiche del vino, valutate appunto dai nostri
Un vino armonico è un vino appagante e soddisfacente, sia sotto
sensi, si combinano in modo ottimale, e quando le stesse danno
l’aspetto tecnico che emozionale… nel calice è felice connubio
vita ad un vino che raggiunge il massimo grado di apprezzamento,
tra la natura e l’uomo, tra l’ambiente e l’arte. Un vino armonico
l’opera è compiuta, è suadente… suona e balla una armoniosa
è un vino perfetto: maturo nel suo stato evolutivo; coerente nelle
melodia: è un vino magnifico. 73
Bibenda 83 duemilaventi
V
e r o n i c a
Il pomodoro e l’ombra della vite
I
a n n o n e
IL POMODORO E
l’ombra della vite 74
La Costa Amalfitana, regno del Sole, del Pomodoro e della Vite.
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Il pomodoro e l’ombra della vite
L’estate si avvicina e qui in Campania. lungo gli assolati pendii
i piccoli e saporiti pomodorini, avendo cura di conservarli
del versante amalfitano dei Monti Lattari, dove il verde della
attaccati ai rametti per poterli poi raggruppare in spunzilli o
collina va ad imbattersi con l’azzurro del mare, è gradevolmente
‘nzerte mediante l’aiuto di un pezzo di spago o di un filo di ferro.
calda e piacevole. I raggi del sole sembrano avvolgere le colline
I pomodori, del peso di circa 25-30 grammi ciascuno, sono rotondi
con il loro calore sin dalle prime ore del mattino.
e presentano un piccolo pizzo all’estremità inferiore, la buccia è
Qui il vento non è mai troppo freddo e il profumo del mare,
coriacea e la polpa, soda e compatta, ha un caratteristico sapore
misto a quello dei fiori di zagare, dei
dolce dal finale acidulo, dovuto
fiori di carrubo, della ginestra, delle
alla particolare concentrazione di
erbe aromatiche e del melograno, sale
zuccheri e sali minerali.
benefico fino ad inebriare con la sua salsedine che tanto giova alla salute.
La tecnica di conservazione tradizio-
Su questa dorsale a picco sul Mar
nale vuole che si formino dei “Pien-
Tirreno, tra Conca dei Marini e
noli”, cioè pendoli: grappoli interi,
Furore, quasi arrampicata sulle rocce,
raccolti tra luglio e agosto, sistemati
ad una quota variabile dai duecento
su un filo di canapa legato a cerchio,
ai quattrocento metri sul livello del
per comporre un unico grande grap-
mare, trova la sua ideale coltivazione
polo, conservato sospeso in luoghi
il famoso e rinomato Pomodorino
asciutti e ventilati. Questo sistema
Costa d’Amalfi.
favorisce una lenta maturazione e consente di avere “oro rosso
Il clima mite della collina, infatti, permette la produzione di un
fresco” fino alla primavera seguente all’anno della coltivazione.
prodotto di qualità eccellente.
Vengono di solito appesi tramite chiodi e tenuti in bellavista in
Un paesaggio dalla elevata “biodiversità”.
cucina, nelle cantine o in cortili coperti o sottotetti. Sono molto
Qui i terreni sono fazzoletti di terra incastonati tra la roccia, di
belli da vedere. In tutte le case coloniche e in qualsiasi cucina che
origini vulcanico-marine particolarmente ricchi di sali minerali.
si rispetti non possono mancare questi grappoli di pomodorini
Per accedere in Costiera Amalfitana, gli 855 metri del Monte di
per avere sempre a disposizione il sapore e l’odore dell’estate,
Chiunzi rappresentano la via più agevole di comunicazione tra la
essendo indispensabili ai molti piatti tipici della gastronomia
costa e l’agro nocerino, i rilievi sono costituiti da rocce calcaree -
locale della costiera.
dolomitiche, ma i suoli sono solo raramente in rapporto diretto
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con tale basamento.
Non posso fare a meno di ricordare la mia infanzia quando
In alcuni casi, soprattutto nella sezione occidentale della dorsale,
insieme a mio nonno mi recavo nell’areale di Tramonti, una
essi poggiano su substrati di arenarie; in altri, e in particolare nella
delle più importanti aree vitivinicole della regione Campania,
zona del Monte Chiunzi, sui detriti piroclastici di genesi eolica
denominazione Costa d’Amalfi Doc - zottozona Tramonti, a
provenienti dal complesso vulcanico Monte Somma -Vesuvio.
prenotare le uve per la produzione familiare di vino. Prima la
“La storia del Piennolo Costa d’Amalfi comincia in tempi assai
raccolta e poi subito la vinificazione nella campagna di Angri,
lontani; ogni anno si segue lo stesso caratteristico metodo di
conosciuto come Paese appartenente all’agro nocerino - sarnese
raccolta; di buon mattino, con una tecnica rituale e faticosa,
patria di un altro famoso pomodoro, il San Marzano Dop.
mani sapienti di contadini esperti, staccano delicatamente
Il ricordo della costiera è vivo, soprattutto quando si gustava la
“merenda dell’accoglienza”, un pane biscottato integrale con “vera acqua di mare” fatto dalle donne del posto insieme allo spunzillo e all’olio extravergine. E per i più piccoli non poteva mancare l’aggiunta di zucchero sul pane! Che emozione! Il saper apprezzare e gustare le piccole cose. Chissà quante persone, in questo periodo di quarantena obbligatorio, han rispolverato le proprie foto d’infanzia e dell’adolescenza. Reminiscenze del passato e antiche e semplici ricette che il palato sembra ancora gustare. Pertanto, appena avrete la possibilità di passare in Costiera Amalfitana vi consiglio una sosta ad Amalfi, fare un giretto a piedi in piazza, per ammirare la bellezza del Duomo. Subito dopo, prenotare un passaggio in gozzo per raggiungere la spiaggetta di Conca de’ Marini, tanto amata da Jacqueline Kennedy, per il bagno più fresco d’estate. Per finire un buon piatto della tradizione alla vecchia Tonnara Lauritano. Immancabili i Paccheri di Gragnano all’aragosta con pomodorini del Piennolo Costa d’Amalfi oppure con ricciola e spunzilli, il tutto accompagnato da un buon calice locale di Furore Costa d’Amalfi.
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La Doc Grave
LA DOC GRAVE M
Il
a r i a
T
e r e s a
a sp a r e t
territorio, le caratteristiche principali, le tipologie della
quest’anno compie mezzo secolo.
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G
Doc
friulana che
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La Doc Grave
La doc Grave del Friuli nata il 20 luglio 1970 rappresenta circa la metà della produzione viticola friulana. Il territorio della DOC si estende a nord tra le province di Udine e Pordenone e la si può suddividere in due grandi aree climatiche la cui linea di demarcazione è rappresentata dal fiume Tagliamento: quella della pianura udinese e quella della pianura pordenonese. L’area settentrionale presenta un clima fresco, quella più a sud, vicino alla costa, è invece caratterizzata da un clima più caldo e secco. La vicinanza al mare Adriatico mitiga il calore della pianura, mentre le Alpi Giulie svolgono un’azione di protezione dalle correnti d’aria fredda provenienti da nord. Nella sua notevole estensione, la doc Grave del Friuli è interessata da una serie abbondante e variegata di terreni attraversati da numerosi corsi d’acqua (i più importanti da ovest a est: Livenza, Noncello, Cellina, Meduna, Tagliamento, Torre, Natisone fino allo Judrio) che negli anni hanno trascinato i depositi erosivi più grossolani nelle parti alte a nord dando origine all’Alta pianura e quelli più sottili nelle zone più vicine al mare creando la Bassa pianura. Schematizzando possiamo suddividere l’area delle Grave del Friuli in diverse zone viticole.
A sinistra del fiume Tagliamento fino alle soglie della Doc Colli Orientali del Friuli, si estende una zona il cui carattere pedologico dominante è l’alta componente ghiaiosa. Si tratta di substrati ghiaiosi ricoperti o misti a uno strato di materiale terroso rossastro di spessore che può variare dai 30 ai 60 cm. In questa zona si producono in generale vini bianchi con una buona acidità fissa, mediamente alcolici, corpo snello e armonico, profumi ben sviluppati, netti e fragranti. Domina incontrastato il Friulano insieme a Pinot Bianco, Sauvignon, Pinot Grigio, Verduzzo secco, Riesling renano. I vini rossi presentano una buona struttura, colore vivace, freschezza, sapidità e corposità raffinata. Il Refosco dal Peduncolo Rosso trova in questa terra una delle sue massime espressioni.
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A destra del fiume Tagliamento (dal fiume Tagliamento al Livenza ) la viticoltura è caratterizzata da 4 tipologie di terreni. • A nord si estendono i terreni più poveri della pianura friulana: i magredi. Il loro substrato terroso è irrisorio (solitamente non supera i 10 cm) e sono costituiti da alluvioni grossolane calcareo-dolomitiche che smaltiscono le acque piovane rapidamente rendendo la zona estremamente arida. Nonostante ciò la vite vegeta molto bene. Si ottengono vini di grande personalità: bianchi di equilibrata alcolicità, piuttosto magri ma di forte carattere, sapidi, freschi di pronta beva; rossi di buon corpo, bel colore vivace, acidità contenuta, ricchi di sensazioni fruttate. n
Nell’area della Doc Grave
• Un’altra zona interessante è quella che ha per centro Valeriano, ai margini delle Grave
del Friuli si trova il paese di
del Friuli, a nord di Spilimbergo. Terreni di buon scheletro, ghiaiosi, ricoperti di uno
Rauscedo, fiore all’occhiello
strato di materiale terroso non molto profondo, spesso con substrato roccioso.
nazionale, famoso in tutto
I vini bianchi sono caratterizzati da un’elevata acidità e un equilibrato valore in alcol.
il mondo per la produzione
Profumi netti, fragranti ed evidenti sensazioni sapide. In una limitata area di questa
di barbatelle (70 milioni di
zona, negli ultimi anni sono stati recuperati degli antichi vitigni friulani che oggi
innesti-talea l’anno).
sono prodotti in quantità limitate: Ucelut, Sciaglin, Forgiarin, e Piculit Neri. • Nell’area che rasenta il fiume Tagliamento si alternano in modo eterogeneo terreni a carattere sabbioso a terreni sabbioso-limosi in cui si ottengono vini di pronta beva, buona alcolicità dal profumo varietale ben netto e spiccato. • Infine una zona di ottimo interesse soprattutto per i vini rossi è quella al confine con il vicino Veneto e che s’incunea tra i fiumi Meduna e Livenza. I terreni sono prevalentemente argillosi. Di notevole interesse il Cabernet Sauvignon di ampia struttura, colore intenso, pieno, di grande personalità e capace di buon invecchiamento.
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Bibenda 83 duemilaventi
Le fantastiche avventure di Selador oltre la porta della cantina
Le fantastiche avventure
DI SELADOR
oltre la porta della cantina
P
i e t r o
M
e r c o g l i a n o
riflessioni indotte da questa nuova situazione, su
che lo contiene, Tolkien faceva in quella sede discendere tutta
quanto e come nulla sia come sembra perché oltre il buio
una serie di ragionamenti sul potere evocativo del suono delle pa-
c’è sempre la luce.
role anche slegato dal loro significato: arrivando a fantasticare su
Alcune
un ipotetico personaggio immaginario dal nome Seladòr (pres-
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In una sua frase contenuta in una lezione magistrale data alle
soché cosí infatti un inglese pronuncerebbe cellar door) e sulle
stampe col titolo di “English and Welsh”, lo studioso e scrittore
avventure esotiche che il suo solo nome è in grado di suggerire; e
inglese John Ronald Reuel Tolkien affermò che la sequenza di
chissà quante delle vicende del suo capolavoro, “Il Signore degli
parole cellar door (letteralmente ‘porta di cantina’) in Inglese
Anelli”, sono nate cosí.
è uno dei piú bei suoni di quella Lingua: piú bello, sostiene
Non è però possibile non immaginare che, proprio nel fare un
Tolkien, di quello di parole che esprimono concetti piú belli
discorso sul suono delle parole slegato dal loro significato, il
come la parola sky (‘cielo’) o la stessa beautiful (‘bello’).
professor Tolkien sia stato suggestionato anzi dal significato di
Da questo assunto, divenuto presto ben piú famoso del saggio
quelle parole stesse.
Che cosa c’è infatti di piú suggestivo di una porta chiusa, e per-
ro non si fa vino, e la porta della cantina resta chiusa.
dipiú di quella di una cantina? L’ambiente buio entro cui ribolle
BIBENDA e la Fondazione Italiana Sommelier, con la loro
la vita del vino somiglia all’humus in cui i fiori attendono di ger-
piccola Televisione, sono entrate nelle cantine dei loro amici soci
minare, somiglia all’utero in cui la vita attende la vita, somiglia ai
e han provato a portarvi il loro lievito: le dirette dei nostri docenti
sepolcri che attendono di essere scoperchiati dalla potenza della
non sono le lezioni dei corsi, ma sono la memoria e soprattutto il
risurrezione. E la porta che nasconde e protegge tutto questo è la
desiderio dei corsi; vedersi di lontano non sostituisce il vedersi da
porta piú bella che si possa immaginare, ed esiste nello spirito da
vicino, ma pianta anzi il seme della percezione della lontananza
ben prima che l’uomo ideasse le pareti e le porte stesse.
e della necessità di colmarla. Invitiamo tutti a lasciarsi toccare
In questi mesi tutti noi siamo chiusi fra pareti e dietro porte, in
dalla primavera di questa necessità, a condividere il desiderio
attesa della fioritura. La porta della cantina ci ricorda che però non
che tutti abbiamo di tornare tutti insieme. La mestizia nasce
tutto ciò che è sottoterra fiorisce: fiorisce ciò che è vivo, mentre ciò
dall’abbandono, l’allegria dal desiderio.
che è morto rimane sottoterra. Se non c’è lievito e non c’è zucche-
A presto vederci tutti, oltre i muri di Selador! 83
Made in Italy
Bibenda 83 duemilaventi
MADE IN ITALY? A 84
l e ss i a
A
g a r i c o
Per Made
in Italy si intendono le uniche e pregiate manifatture nate dalle sapienti
mani degli artigiani italiani, l’innovativo design frutto di ingegno e perspicacia artistica, ma anche i variegati sapori ed i profumi legati ad una terra unica.
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Bibenda 83 duemilaventi
Made in Italy?
Quando si parla di Made in Italy non ci si riferisce semplicemente
direzione di fornire una sempre maggiore tutela dei propri
alla provenienza di un prodotto ma si intende qualcosa di più,
prodotti prevedendo il sistema delle denominazioni di origine,
qualcosa di rappresentativo della Nazione, del sistema nazionale
sistema ampiamente recepito in ambito europeo ma che non
nel suo più ampio contesto, qualcosa che, quando si ritrova
trova piana aderenza in altri mercati, al netto di eventuali accordi
nelle grandi distribuzioni mondiali o sui grandi palcoscenici
bilaterali, cui l’export italiano si rivolge, come ad esempio quello
internazionali, rende ognuno di noi orgoglioso di essere italiano.
del Nord America.
Per Made in Italy si intendono le uniche e pregiate manifatture
Emblematica è la questione connessa al cosiddetto “Wine Kit”,
nate dalle sapienti mani degli artigiani italiani, l’innovativo design
un puzzle di prodotti che se combinati tra loro danno vita ad una
frutto di ingegno e perspicacia artistica, ma anche i variegati sapori
bevanda, venduto evocando nomi di grandi vitigni e doc italiane
ed i profumi legati ad una terra unica che, non per nulla, è la
e utilizzando le più comuni simbologie del Made in Italy.
Nazione con maggior numero di siti riconosciuti dall’UNESCO. Per noi italiani il Made in Italy è un vero e proprio vanto
Un prodotto che, fino ad oggi, ha permesso a diverse aziende
ma come tutte le cose belle ed invidiate è spesso oggetto di
straniere di agire in danno dei consumatori e del settore vinicolo
falsificazione da parte di produzioni estere ed è per questo che
ma che, finalmente è stato definito illegale da una recente
deve essere costantemente tutelato.
pronuncia della Suprema Corte.
Il mercato della contraffazione non risparmia nessuno dei
Per comprendere appieno la citata pronuncia occorre, in primis,
prodotti d’eccellenza del Made in Italy compreso il vino, di fatti,
considerare che il nostro ordinamento giuridico punisce, all’art.
tra tutti i settori, il comparto agroalimentare, è sicuramente tra i
517 del codice penale, la vendita o anche la mera messa in
più esposti a fenomeni di frode di varia natura.
circolazione di prodotti industriali a scopo ingannatorio.
Sono numerosi, infatti, i fenomeni di alterazione, adulterazione
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o sofisticazione di prodotti alimentari che, incidendo sulle
La condotta incriminata consiste nel porre in vendita o altrimenti
caratteristiche qualitative ed organolettiche dei prodotti
in circolazione beni in modo da generare nel consumatore
immessi sul mercato, recano un rilevante pregiudizio non solo
una potenziale insidia nel meccanismo di scelta, provocando
all’immagine del Made in Italy ma soprattutto ai consumatori
un’artificiosa equivocità dei segni distintivi circa l’origine la
finali di quei prodotti.
provenienza e la qualità del prodotto.
Nell’imitazione di alimenti e bevande entrano, poi in gioco anche
Costituisce, altresì, fattispecie di reato ex art. 517 c.p., in forza
valenze simboliche, di prestigio, di accreditamento e di fiducia che
della legge n.350 del 2003, art.4, comma 49, “l’importazione
i consumatori ripongono per i prodotti della tradizione italiana.
e l’esportazione ai fini di commercializzazione ovvero la
Proprio tali peculiarità sono spesso alla base dei fenomeni di
commercializzazione di prodotti recanti false o fallaci indicazioni
contraffazione, imitazione e concorrenza sleale, che risultano
di provenienza” precisando che “costituisce fallace indicazione,
in continuo aumento sui mercati internazionali e, anche sul
anche qualora sia indicata l’origine e la provenienza estera dei
mercato interno, causando considerevoli penalizzazioni, in
prodotti o delle merci, l’uso di segni, figure o quant’altro possa
termini di mancati redditi per le imprese agricole.
indurre il consumatore a ritenere che il prodotto o la merce dia
In tal senso il sistema normativo italiano si è mosso nella
di origine italiana”.
Orbene, essendo di tutta evidenza che il consumatore, nell’acquistare il “Wine Kit”, sia tratto in inganno sull’origine italiana del mosto, utilizzato per preparare la bevanda al gusto di vino, secondo la Suprema Corte, integra il reato previsto dall’art.517 c.p., in relazione alla Legge 350/2003, la messa in circolazione di una bevanda, da comporre ad opera del consumatore, evocativa del gusto vino “doc” italiano, nel caso in cui il mosto, fornito dal venditore, non provenga, diversamente da quanto desumibile dalla confezione da vitigni italiani (Cass.Pen., Sez.III, n.9357, 9 marzo 2020). Con tale principio di diritto si è così finalmente chiusa una querelle giudiziaria responsabile di un danno di almeno 200 milioni di euro al settore vinicolo nazionale, realizzando un eccellente risultato per tutto il settore vitivinicolo italiano ad oggi già particolarmente provato dall’emergenza epidemiologica che non ha permesso neanche la realizzazione del più grande contesto espositivo nazionale del Vinitaly.
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i r o t t u d o r p i n o c A tavola C
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i n z i a
B
o n f Ă
Siamo
entrati nelle cucine di alcuni produttori di vino chiedendo loro di
raccontarci una propria ricetta alla quale sono particolarmente legati.
IL PRODUTTORE Entrare in un’azienda le cui radici affondano nel Medioevo fa sempre un certo effetto, specie se questa si lega alle sorti dei conti Falletti di La Morra. È qui, in frazione Annunziata, che trova dimora l’azienda Cordero di Montezemolo con la cascina storica e la cantina di recente costruzione, sapientemente integrata nel paesaggio circostante. Sulla sommità del colle Monfalletto, limitrofo al nucleo aziendale, si innalza il monumentale cedro del Libano, piantato nel 1856 in occasione delle nozze tra Costanzo Falletti di Rodello ed Eulalia Della Chiesa di Cervignasco, simbolo del loro amore e dell’amore verso la loro terra. Oggi la proprietà è della famiglia Cordero di Montezemolo attraverso una gestione interamente familiare con alla guida Giovanni e i figli Elena e Alberto. Elena, che si occupa della parte amministrativa e commerciale dell’azienda, ci accoglie con savoir-faire e ci mostra il meticoloso lavoro in vigna e in cantina raccontandoci anche della sua grande passione per la cucina. Elena adora il riso in tutte le sue forme e colori e propone, per questo mese, un piatto che ama particolarmente, che cucina tutto l’anno e non solo nella stagione dei porcini: risotto ai funghi porcini.
RISOTTO AI FUNGHI PORCINI Ingredienti per 4 persone 280 gr. di riso Carnaroli 3-4 porcini freschi 1 scalogno ½ bicchiere di vino bianco 150 cl di brodo di carne o vegetale 50 gr. di burro 100 gr. di Parmigiano Reggiano prezzemolo olio, sale e pepe q.b.
Preparazione 1. Tritare lo scalogno e metterlo a soffriggere in poco olio. 2. Quando lo scalogno sarà diventato trasparente aggiungere il riso e fare tostare per qualche minuto. 3. Sfumare con il vino bianco tenendo la fiamma alta. 4. Iniziare a bagnare il riso con il brodo aggiungendo i gambi dei funghi tagliati a dadini e continuando a bagnare. 5. Tagliare i cappelli dei porcini a lamelle e aggiungerli al riso quando è quasi pronto. Conservare sempre alcune lamelle per guarnire il piatto alla fine. 6. Spegnere il fuoco e mantecare con burro, parmigiano e prezzemolo tritato.
L’ABBINAMENTO A questo piatto Elena suggerisce di abbinare il Barolo Monfalletto 2015, i cui tannini fitti e maturi insieme a una bella spalla acido-sapida contrastano, in modo corretto, la consistenza e la grassezza degli ingredienti. Le uve del Barolo Monfalletto hanno un’età che varia dai 15 ai 50 anni; non provengono da un singolo vigneto e nemmeno da un cru ma da diverse parcelle di vigneti siti sul colle omonimo, dove si trova il nucleo aziendale e dove si erige il famoso cedro del Libano che svetta su tutte le Langhe quando il cielo è terso. Il vino prodotto viene maturato separatamente per 18-20 mesi tra barrique e botte grande per poi essere assemblato poco prima dell’imbottigliamento. Il Monfalletto è un Barolo che per errore qualcuno potrebbe scambiare per un “base” ma in realtà, con la sua classe da vendere, rappresenta la contemporaneità del mondo langarolo. La sontuosa livrea granato intenso brillante anticipa un corredo olfattivo aristocratico dove si percepiscono piccole bacche di rovo, ciliegia, pacciamatura di foglie e tratti boschivi che si alternano a soffi speziati di anice stellato. Assaggio fiero, dinamico, fresco e armonioso con tannini fruscianti e lunghissima eco sapida. Può gratificare nell’immediato o si può attendere almeno un lustro per apprezzarne le sue qualità evolutive.
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Informazioni da Fondazione
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Questa
rubrica riassume tutte le novità, gli eventi, le attività, le notizie, i
momenti che hanno vista impegnata la in largo nel
Fondazione Italiana Sommelier in lungo e
Paese.
UN BRUNELLO COLTO E AMBIZIOSO IO DAL LAZ
Il resoconto di un’interessante verticale svolta presso la Fondazione Lazio Sud ai tempi del no-virus. di Arianna Brocchetti Casanova di Neri venne fondata nel 1971 grazie alla straordinaria lungimiranza di Giovanni Neri che, alla fine degli anni sessanta, intuendo lo straordinario potenziale di Montalcino, all’epoca zona poverissima dedita alla mezzadria, acquistò il podere Casanova e vi si trasferì da Firenze. Alla base del progetto di Giovanni Neri c’era un’idea molto innovativa di Brunello, con una bevibilità immediata ma al tempo stesso con un grande potenziale di invecchiamento. La sua sfida risiedeva nella ricerca delle migliori zone di Montalcino in cui piantare Sangiovese Grosso e concretizzò il suo obiettivo della lettura poliedrica del territorio attraverso etichette che hanno ottenuto riconoscimenti importanti al livello mondiale, soprattutto grazie al lavoro meticoloso e alle capacità del figlio Giacomo, uomo di straordinario carisma, subentrato alla guida della cantina nel 1991. A lui si deve l’acquisto di un terreno di matrice rocciosa e con clima mediterraneo nella zona sud di Montalcino, il Tenuta Nuova: un’altra idea rivoluzionaria di Brunello. Tenuta Nuova, oltre che nuovo appezzamento, significa nuova concezione di Brunello: un Brunello capace di coniugare eleganza e potenza. Le uve, sebbene provengano da una zona calda, hanno maggiore acidità rispetto a quelle che provengono dai vigneti piantati nella zona più settentrionale. Non a caso Giacomo Neri ha vinto una bellissima scommessa con la celebrazione dei venti anni di Tenuta Nuova a gennaio del 2018.
La grande attenzione riservata all’individuazione dei terreni migliori per esaltare la qualità dei vini si traduce nei 70 ettari vitati, suddivisi in sette vigneti sparsi in varie località (Fiesole, Poderuccio, Podernovo, Le Cetine, Pietradonice, Cerretalto e Spereta), patrimonio e cuore pulsante della tenuta. Casanova di Neri è una sintesi perfetta della lettura di un territorio: rappresenta la sinergia tra una realtà straordinaria come Montalcino e il progetto di un vino che nasce dall’idea di valorizzare al massimo questi suoli, con grande rispetto. Oggi Giacomo è affiancato dai figli Giovanni, Gianlorenzo e Marianna e dalla moglie Enrichetta. Il successo per questa famiglia ha significato solo reinvestire in cantina, senza intaccare minimamente la loro semplicità, la schiettezza, il senso di ospitalità e accoglienza. La cantina è interrata, perfettamente integrata nell’ambiente circostante, e divisa per gravità: sul tetto viene effettuata una meticolosa selezione manuale (sebbene la prima vera selezione venga realizzata in vigna) con diraspatura e attraverso un selettore ottico che valuta chicco per chicco; sul primo livello si svolge la fermentazione, scendendo la maturazione in legno e l’ultimo livello è dedicato all’imbottigliamento e all’etichettatura. Nel corso degli anni il vino si è modernizzato, non seguendo le mode, ma aumentando il tasso di eleganza e armonia, attraverso cambiamenti nell’uso del legno, nelle fermentazioni e nelle maturazioni. Per ciascun Brunello viene impiegato un tipo di legno differente: la botte grande per l’Etichetta Bianca, il tonneau da 500 l per il Tenuta Nuova e la barrique per il Cerretalto. Meno del 10% del legno è nuovo, per il resto di secondo, terzo fino a sesto passaggio.
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Informazioni da Fondazione
La degustazione | C
asanova di
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Neri
Brunello di Montalcino 2014 Blend dei 3 vigneti. Annata molto difficile, poco sole e molta pioggia in estate: per questo è stato deciso di unire le uve migliori solitamente destinate ai tre vini (Etichetta Bianca, Tenuta Nuova e Cerretalto). Rappresenta un Brunello di sintesi delle tre referenze. Sfoggia una trasparente luminosità, un colore acceso, vivo ma non impenetrabile. In questo 2014 ritroviamo la grande larghezza mediterranea all’olfatto e verticalità gustativa del Tenuta Nuova, l’inconfondibile mineralità ferrosa del Cerretalto e l’austerità iniziale dell’Etichetta Bianca. Il profilo aromatico evoca macchia mediterranea, lentisco, lavanda, alloro, una frutta mai esagerata nella maturità ma molto godibile, fragolina, lampone, ribes, accenni di sensazioni più aspre e in sottofondo una mineralità che ricorda la mina della matita. È un naso di una gentilezza estrema. Il palato è avvolto da un tannino vellutato, accompagnato da sensazioni di arancia rossa e sale nel finale. Un vino di una godibilità assoluta, con una chiusura leggermente mentolata.
Brunello di Montalcino Tenuta Nuova 2010 Mostra maggiore integrità e concentrazione cromatica, con sfumature che virano verso il granato. Spettro olfattivo serissimo e affascinante. È il profumo del Tenuta Nuova delle grandi annate, in cui è difficile scandire i singoli aromi ma si apprezza l’insieme. È una bellissima sintesi di lavanda, rosmarino, alloro, frutto maturo, mora, ciliegia, fiori freschi, con un leggero timbro di liquirizia e tabacco fresco, completato in sottofondo da un profilo minerale che evoca la grafite, delicati soffi balsamici e un’idea di gianduia, tostatura di cacao, agrume, tamarindo. All’assaggio non rinnega la fisicità del Brunell: ha corpo e presenza gustativa importanti. È un sorso impegnativo, dinamico, esigente dal punto di vista della fisicità, ma si muove con grande agilità. Impressionante per la precisione cromatica, olfattiva e gustativa. In fase retrolfattiva ritornano tutte le sensazioni percepite al naso: frutta rossa, fiori, macchia mediterranea, leggerissima idea di tabacco, liquirizia e cacao.
Brunello di Montalcino Tenuta Nuova 2015 All’olfatto si presenta leggermente più esuberante e meno armonioso del Brunello 2014. Svela una delicata speziatura non del tutto omogeneizzata, un’idea di vaniglia e torrefazione, una sensazione di marasca matura, sentori di viola, un’elegante accento mediterraneo. È un vino scalpitante, caratterizzato da una meravigliosa acidità, con una sferzata di agrume e un tannino magistrale; chiude con un ritorno balsamico di eccellente qualità. La bocca rimane impressionata dal sorso per decine di secondi. La leggera caratterizzazione dell’annata un po’ calda si percepisce nella rotondità nel frutto e in una presenza alcolica importante, segno di un’annata costante, in cui la mediterraneità si riconduce ai profumi di macchia, frutto e fiori.
Brunello di Montalcino Tenuta Nuova 2004 Scuro sia sotto il profilo cromatico, per la maggiore compattezza, sia all’olfatto: sa di inchiostro, corteccia di china, idea di assenzio, radice. Al primo impatto ricorda il Cerretalto per l’evidente sensazione ferrosa. Aprendosi nel bicchiere evoca canfora, eucalipto, oli essenziali, mora e mirtillo in gelatina. L’aspetto ferroso rimane dominante. Il profilo aromatico denuncia maggiore evoluzione: richiama ruggine, legno di sacrestia, sandalo, incenso, mirra, crema di liquirizia, moka. Il tannino ha una grinta e una fisicità vellutata ma importante, bilanciato da una scudisciata di freschezza a bordo lingua. Sono i due binari su cui corre un sorso di grande pienezza e rotondità. È un vino sferico e molto appagante, grazie al bilanciamento tra parte alcolica, glicerica, tannica, acida; chiude con una nota salina e una persistenza infinita.
Il Cerretalto è un universo a parte, per questo è stata fatto uno studio sul suolo su cui sorge il vigneto. Sono stati presi 6 campioni diversi in 6 punti diversi del terreno, studiandone i profili pedologici. Nella maggior parte della superficie del vigneto (4 ettari) del Cerretalto si trovano plintiti: agglomerati di argilla e quarzo con altissima concentrazione di ossidi di ferro, alluminio e silice. In Italia questo tipo di terreno adatto alla coltivazione delle uve si trova solo a Cerretalto. Questa collina, oltre a una grande uva, produce tartufi bianchi.
Brunello di Montalcino Cerretalto 2013 Esce dopo sei anni. La fermentazione si svolge in acciaio; l’affinamento avviene per metà in barrique di rovere francese e per metà in bottiglia. È un vino scuro ma al tempo stesso è un vino di luce. Scuro per i sentori che richiamano frutta bruna, mora, mirtillo, limatura di ferro, impronta di ciottolo di fiume, toni di mineralità gessosa, di pietra di fiume, impreziosito da un bagaglio vegetale elegantissimo di timo fresco, erba limoncella, dragoncello, con accenni di rosa selvatica, condito da pepe nero e bacca di ginepro. Un naso composto ma amplissimo, ricco di tante sfumature, nessuna prevaricante sulle altre. La magia del Cerretalto è di avere tutti i numeri collocati al posto giusto: freschezza, spina dorsale, dinamicità del vino vibrante e mai scomposta. Un tannino carezzevole, una persistenza infinita, un’eleganza che non snatura la potenza, la fisicità e l’austerità del Sangiovese. In sintesi un fuoriclasse.
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Informazioni da Fondazione
SE
I DAL MOL
BIBENDA GALLERIA DEL VINO È l’enoteca che poco meno di due anni fa è nata a Campobasso, una nuova bella realtà in Molise. Dora Formato Più o meno 12 anni fa, il corso per sommelier “che ti cambia la vita, in meglio!!” mi ha cambiato la vita e senza capire quando esattamente inizia ad aumentare la passione per il mondo del vino a tuttotondo. Forse è stata la passione innata per le Tecnologie Alimentari che mi ha avvicinato a questo mondo o semplicemente la mia indole. Più andava avanti il frequentare corsi e ambienti intrisi di vino, più cambiavo il mio modo di vivere e viceversa. Nel giro di poco eccomi diventare Sommelier. Ma, nel frattempo, la mia vita era cambiata in tante direzioni, e da persona sola siamo diventati in due, Gabriele ed io, a condividere i viaggi, i corsi e tutto il mondo del bello. Iniziamo, così, ad avere un sogno comune: vogliamo un luogo, delle mura che racchiudano uno spazio elegante come il vino di cui vogliamo parlare, tutto nostro dove organizzare corsi per Sommelier, ospitare gli amici del mondo del vino per chiacchierare e degustare
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insieme, raccontare noi stessi i territori visti e quelli ancora da vedere. Inizia così un’altra fase perché, in virtù della nostra enoteca, ci dedichiamo al sogno di tanti Sommelier: frequentare il Bibenda Extecutive Wine Master! Intanto, insieme all‘amore per il vino è cresciuta anche la consapevolezza di quanta cultura è racchiusa nel vino, con le sue tradizioni, con i suoi territori e la loro storia, con gli uomini e le donne che hanno contribuito ad esse. Gabriele ed io frequentiamo il Bem viaggiando ogni lunedì, di ogni settimana, tra Campobasso e Roma arrampicandoci sugli specchi per incastrare i nostri lavori con gli impegni del master ma senza nemmeno trascurare gli affetti, e, nel frattempo, prende forma la nostra enoteca tra cantiere, scelta dei prodotti e mille altre cose, intoppi inclusi. E, cosi, unendo ciò che piace a me e le cose che vorrebbe lui prende forma il nostro salotto del vino.
L’idea è un salotto privilegiato del vino e dell’enogastronomia di qualità, un luogo dove è possibile degustare le grandi etichette italiane e del mondo, ospitare presentazioni, conferenze, seminari o semplicemente consultare l’angolo libreria con il proprio calice di vino. Qui dedicare il nostro tempo a tutti gli appassionati, produttori, sommelier e curiosi di passaggio che si avvicinano forse per un aperitivo o, forse, per acquistare una bottiglia di vino o di olio. Ed ecco trovato finalmente il locale adatto al nostro progetto: un locale con due spazi distinti ma legati dalla voglia di fare dapprima Cultura del Vino: una sala degustazione dove poter ospitare produttori, colleghi e giornalisti e una parte enoteca dove è possibile oltre che acquistare vini anche degustare e fare aperitivi, in entrambi i casi per la convivialità. A tutto ciò si aggiunge un suggestivo angolo
giardino dove meticolosamente e con cura ho sistemato le piantine aromatiche di ogni tipo. Con Bibenda Galleria del Vino realizziamo due dei nostri sogni: il primo di raccontare le emozioni davanti ad un calice, di raccontare un territorio o entrare nell’intimo di un racconto di un produttore e trasmetterne il suo essere a chi si avvicina con umiltà e rispetto, il secondo di dare un contributo alla ricchezza sia economica che culturale ad un territorio geograficamente decentrato e poco conosciuto come la nostra città. Tanti finora gli ospiti e tanti ancora ne dovranno ancora venire nel nostro salotto e nella nostra Campobasso. Stiamo per spegnere la seconda candelina per un progetto, un sogno che finalmente si è avverato.
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Giallo, bianco, rosso, rosato. Da qualunque colore parti,
parti dal profumo, arriverai al gusto.
70° Corso
di
Qualificazione Professionale
per
Sommelier /
lunedĂŹ
9 Novembre 2020
www.bibenda.it bibenda@bibenda.it
direttore
Franco M. RICCI
Caporedattore centrale Paola SIMONETTI
Hanno collaborato a questo numero
Foto
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Carlo ATTISANO, Cinzia BONFÀ,
© Vito Gallo (pag 8, 9, 10)
Floriana BERTELLI, Arianna BROCCHETTI, Raffaele FISCHETTI, Dora FORMATO,
Consulenti dell’Editore
Bruno FRISINI, Maria Teresa GASPARET,
Ruggero PARROTTO Progetti Sociali
Luca GRIPPO, Veronica IANNONE,
Michele FEDERICO Medicina
Paolo LAUCIANI, Emiliano LOCURATOLO,
Stefano MILIONI Edizioni
Pietro MERCOGLIANO, Carlotta PIRRO,
Franco PATINI Internet
Antonella POMPEI, Daniela SCROBOGNA,
Carlotta PIRRO Avvocatura
Flaminia SONNINO SILVANI.
Attilio SCIENZA Viticoltura Gianfranco VISSANI Cucina
Grafica e Impaginazione
Fabiana DEL CURATOLO
BIBENDA per rendere più seducenti la cultura e l’immagine del vino
/
Anno XIX
/
n. 83
/
Giugno 2020
> Direzione, Redazione e Amministrazione 00136 Roma - Via A. Cadlolo, 101 - Tel. 06 8550941 - Fax 06 85305556 >
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