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venezia e il carnevale IL PERSONAGGIO: Davide Rampello, direttore artistico del Carnevale All’interno: l’arte vetraria, le maschere, il ballo della Cavalchina
N° 12 | Febbraio 2012 | venice COOL DIARY
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7 IL PERSONAGGIO Davide Rampello e l’Homo Faber.
30 NEWS Reebok vola con l’Angelo del Carnevale.
39 books I libri consigliati da Biblioteca della Moda,
13 DOSSIER CARNEVALE Il Carnevale, dalle origini a oggi. Le botteghe del Carnevale.
32 ARTE Appuntamenti con l’arte a Venezia.
40 SUL LETTINO Le maschere della mente.
34 MODA I marchi delle vetrine della P/E 2012: le scelte di Lori Abbigliamento.
42 TLJ VENICE The english version.
18 DOSSIER CARNEVALE La Cavalchina, il Carnevale e la grandeur veneziana! 24 FOCUS ON L’arte vetraria di Murano e i designer. 28 FOCUS ON I segreti di Campo San Samuele: la chiesa, Palazzo Grassi e Palazzo Malipiero.
è registrato presso il Tribunale di Milano autorizzazione numero 672 del 21 dicembre 2010
NUMERO 12 - Febbraio 2012 Edito da: BIBLIOTECA DELLA MODA Corso Colombo, 9 20144 Milano THE LIFESTYLE JOURNAL Via Alessandria, 8 20144 Milano +39.02.83311202 redazione@thelifestylejournal.it www.thelifestylejournal.it
37 SHOPPING Chicche di stile “made in Venice”. 38 FOCUS ON “Donne a Venezia”: creatività, economia, felicità.
DIRETTORE RESPONSABILE Giovanna Caprioglio COLLABORATORI DI REDAZIONE Alessia Giorgia Pagano, Chris Thomson, Diana Barbetta, Marina Crivellari Bizio, Marino Barovier, Mary Hegarty, Matteo Corvino, Roberto Bonanomi sviluppo grafico e impaginazione Silvia Del Vesco Progetto creativo Spazio Younique
46 SPY STORY “The Lifestyle Journal” al Casinò di Venezia 48 INDIRIZZI LIFESTYLE Ristoranti, locali, arte, hotel e shopping. 50 TLJ SHOPPING CLUB
PUBBLICITÀ Milano Fashion Media +39.02.58153201 www.milanofashionmedia.it info@milanofashionmedia.it PUBLISHER Marco Poli STAMPA Eurograf sas Via Magellano, 4/6 int. 3/C 20090 - Cesano Boscone (MI) In copertina immagine tratta dall’archivio di Biblioteca della Moda Novità - n° 55 - Novembre 1955.
venice COOL DIARY
“The Lifestyle Journal” torna a Venezia e lo fa per restare! Dopo il successo del numero di settembre dedicato alla mostra del Cinema, il nostro magazine ha deciso di proporre un altro speciale sulla città lagunare, in occasione del Carnevale, vista la sua attrattiva a livello internazionale e il suo fascino misterioso. Sarà proprio Davide Rampello, vulcanico Direttore Artistico del Carnevale 2012, a illustrarci il programma di quest’anno, sviluppato sul tema “La vita è teatro! Tutti in maschera!”, ovvero su un ritorno alle radici della festa, attraverso la rappresentazione teatrale e scenica. Ma è solo l’inizio di un viaggio alla scoperta delle tradizioni ormai millenarie delle maschere e delle usanze che ancora oggi rivivono in questo breve periodo dell’anno. Visiteremo, per esempio, le botteghe artigiane che lavorano a creazioni originali e preziose, indossate poi a feste sontuose come il classico Ballo della Cavalchina al Teatro La Fenice, di cui il Direttore Artistico Matteo Corvino ci racconta la magia. E, ancora, ci sarà una interessante contributo di Marino Barovier sull’evoluzione del vetro artistico veneziano nel secolo scorso, con l’approdo dei grandi designer alle fornaci muranesi. Non mancheranno, naturalmente, gli itinerari di shopping e le chicche dedicate alle realtà meno turistiche, e quindi più autentiche, della città. Come dicevamo, “The Lifestyle Journal” torna a Venezia per restare, e lo fa proprio cercando di valorizzarne le eccellenze e i gli angoli nascosti, e parlando con chi la città la ama e la vuole vivere davvero. Per questo faremo in modo che due volte l’anno il nostro magazine diventi un appuntamento fisso per veneziani e turisti d’eccellenza, anche grazie ai loro stessi spunti. A presto, allora, e... Buon divertimento!
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2012 2013
VICENZA NUMISMATICA
IL PERSONAGGIO
Davide Rampello e l’Homo Faber di Alessia Giorgia Pagano
Alla direzione artistica del Carnevale di Venezia 2012, l’instancabile Rampello dice la sua sulla laguna, ma non solo...
o raggiungiamo al telefono, mentre è sul treno Venezia-Milano, un tragitto che avrà fatto chissà quante volte, specialmente negli ultimi tempi. Già, perché il Carnevale 2012 è alle porte e Davide Rampello, per il secondo anno consecutivo, ne è Direttore Artistico. L’edizione del 2011 ha battuto molti record, per quantità e qualità, perciò le aspettative sono ancora più elevate. Ma Rampello, classe 1947, è uno che ci ha fatto il callo: allo stress, alle pressioni, alle sfide che sembrano impossibili. Anzi, dando un occhio al suo curriculum lungo 7 pagine, viene spontaneo chiedersi – e Sarah Jessica Parker poco c’entra – «ma come fa a far tutto?». Prima la curatela artistica e il cinema, seguiti dalla regia televisiva e dalla direzione della Grandi Eventi. Poi i due mandati alla Presidenza della Triennale di Milano, terminati ufficialmente lo scorso dicembre: otto anni durante i quali ha conferito un nuovo volto e una nuova identità al Palazzo dell’Arte, con interventi ormai consolidati, tra i molti apprezzamenti e le immancabili critiche, quali il restyling di Michele De Lucchi, il Museo del Design, la biblioteca, la libreria, il Coffee Design, le 125 mostre annuali... Ovvero la risposta pratica di Rampello a chi, all’inizio, lo additava come l’uomo nuovo venuto dalla tv commerciale e, pertanto, inadatto a “fare cultura”. Per altri versi, sembra ciò che sta accadendo in questo momento con l’immobiliarista Claudio De Albertis, già membro del Cda e appena nominato successore alla Presidenza della Triennale, tra le vivaci proteste di alcuni, Boeri in testa.
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IL PERSONAGGIO
Tornando a Rampello, la questione per lui riguarda non tanto “il fare cultura”, quanto la “cultura del fare”, come definisce la morale pratica e laica che lo anima da anni; quel pensiero sotteso all’agire che, almeno fino a oggi, le sue azioni non hanno smentito. Si tratta di uno spirito positivo, umanistico e progettuale non nuovo all’eccellenza italiana, ma troppo spesso dimenticato: il saper fare bene – con qualità, cuore, coraggio, volontà – che accomuna l’artigiano e il designer, il pittore e il panettiere, l’ingegnere e l’imprenditore. Il futuro di Davide Rampello nelle istituzioni cittadine (sarà l’Expo 2015?) non è ancora del tutto chiaro. Ma una cosa è certa: ritrovare tutti un po’ di quell’humus creativo tipico dell’homo faber (del Milanese, dell’Italiano) non può che “fare bene”, specialmente adesso.
Gli arrivi nel primo weekend:
150
250.000
Le ore di programmazione
Gli arrivi nel secondo weekend:
140.000
i giorni della manifestazione
I pernottamenti:
180
346.000
I finalisti del concorso “La maschera più bella”
76%:
le presenze straniere
mln di euro: l’indotto economico
Le persone che hanno assistito al Volo dell’angelo
80.000 Dottor Rampello, per il secondo anno consecutivo lei è Direttore Artistico del Carnevale di Venezia: partiamo dal bilancio della scorsa edizione, che vanta un notevole successo di pubblico e critica… Sì e, anzi, aggiungerei che è stata l’edizione di maggior successo degli ultimi 10 anni, sotto ogni punto di vista, inclusi il fatturato e il numero di presenze, di veneziani come di turisti. Quali sue scelte, in particolare, hanno determinato questo successo? Rispetto alle edizioni degli anni precedenti, ho cambiato tutti i fattori determinanti: ho alzato di molto il livello culturale e qualitativo della manifestazione, ho coinvolto le istituzioni locali con la scelta di un tema ben preciso (“L’Ottocento – da Senso a Sissi, la città delle donne”, ndr), ho rotto con tutta una serie di luoghi comuni e di “passività”. Il risultato è l’aver reso il Carnevale una grande opportunità culturale, oltre che di divertimento. Del resto, ci si può divertire anche in maniera molto intelligente, arricchendosi e, allo stesso tempo, stimolando la nostra voglia di vivere, lasciarsi andare e trasgredire. L’anno scorso, per esempio, siamo riusciti a coinvolgere nel Carnevale di Venezia istituzioni cittadine quali la Fondazione Pinault, la Casa del Cinema, il Teatro Junghans, l’Istituto di Lettere, il Conservatorio Marcello, i Musei Civici… Il che ha dato un valore aggiunto non solo alla manifestazione, ma anche all’immagine della città; un coinvolgimento che prima non c’era dal momento che, al contrario, le istituzioni culturali erano neglette dal Carnevale stesso.
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i luoghi coinvolti
350
Gli artisti che si sono esibiti in piazza San Marco
490
Gli eventi organizzati
IL PERSONAGGIO
Il che è perfettamente connesso al tema scelto per l’edizione 2012: “La vita è teatro! Tutti in maschera!”. Un argomento che si rifà direttamente alle origini “teatrali” del Carnevale veneziano… Sì, è un tema che invita a fare il teatro e il Carnevale, più che a venire a vederli. È un invito per tutti a travestirsi, a dipingersi il volto e il viso, perché ciascuno, dal turista al veneziano, possa sviluppare la propria creatività, smettendo i panni della passività tipica dello spettatore. In questo modo il Carnevale diventa un happening culturale dinamico, attivo, creativo. Una teatralizzazione della vita...
Oltre che “culturale”, il suo Carnevale è stato definito da qualcuno “tradizionale”. Lei cosa ne pensa? Innanzitutto ciò che è tradizionale vive sempre di innovazione, perché la tradizione altro non è che la memoria delle ibridazioni e, per rispettare la tradizione, bisogna recuperare la memoria e innovare allo stesso tempo. Detto questo, basta riflettere su un fatto: il Carnevale di Venezia, proprio per come nasce, per come viene generato e per la società in cui affonda le radici, è un grande appuntamento culturale. Nel 1600 e 1700, infatti, coincideva con la stagione teatrale e, di conseguenza, durava ben sei mesi. Non a caso, poi, si svolgeva in una città all’apice dell’espansione, che offriva il maggior numero di teatri, divertimenti e appuntamenti culturali dell’intera Europa. Una città in cui il tabellone degli spettacoli cambiava ogni giorno; una città ricca di giardini e palazzi, ville e feste, dove si giocava e si sperimentava la facilità all’amore, ben incarnata, per esempio, dalla figura di Casanova. Per non parlare della grande musica (Gabrieli, Monteverdi, Albinoni, Vivaldi, ndr), dell’architettura, della scultura del Canova, e dell’arte veneta: il Guardi, il Canaletto, Pietro Longhi... Venezia rappresentava uno straordinario florilegio culturale, celebrato e ammirato in tutto il mondo anche grazie al suo Carnevale, così diverso da tutti gli altri, proprio perché con un’origine di questo tipo. Insomma, Venezia non è Rio… E noi abbiamo voluto proseguire sulla strada del Carnevale più autentico, quello che da sempre valorizza la città.
Un invito alla festa in apparente contrasto con il momento critico che stiamo vivendo… Sì, e ho voluto proprio sottolineare questa crisi: un momento di difficoltà reale per tutti, in cui emerge ogni tipo di negatività e in cui i rapporti umani stessi sono viziati da una certa violenza, da gelosie, egoismi, avidità. La scelta di questo tema è anche, in qualche modo, un invito a “truccarsi il viso, per non truccarsi l’anima”. Un invito immateriale, naturalmente, rivolto alla sensibilità, intellettualità e spiritualità di ciascuno. Per questo abbiamo voluto “svolgere” il tema, coinvolgendo le persone anche attraverso i social network, da Facebook a Twitter. A questo proposito, quali sono gli eventi di punta del Carnevale 2012? Avendo ben chiara davanti agli occhi la volontà di valorizzare la città e avendo avuto più tempo a disposizione rispetto all’anno scorso, siamo riusciti a organizzare la manifestazione in maniera più efficace ed efficiente, con tutte le istituzioni cittadine coinvolte e impegnate a declinare il tema con un’offerta più che adeguata. Inoltre, abbiamo aggiunto alcuni “segni” importanti. Per esempio, all’apertura del Carnevale, sabato 4 febbraio a mezzogiorno, davanti alla Punta della Dogana è stato ormeggiato un grande toro, simbolo molto importante e presente nella storia veneziana. Il Sacrificio del Toro (o tauromachia veneziana, ndr), anticamente celebrato durante il Carnevale, affonda le sue radici nella vittoria del Doge Vitale Michiel II sul patriarca di Aquileia Ulrico di Treffen (1162, ndr), in memoria della quale i veneziani si fecero mandare per secoli dal Patriarcato di Aquileia un toro in tributo, proprio in occasione del Giovedì grasso. L’animale veniva ospitato nel Palazzo Ducale, finché non era condotto in piazza e decapitato dal capo della consorteria dei fabbri con un colpo secco di spada, a simbolo della rapidità e assenza di dubbio della città nel fronteggiare la provocazione del Patriarca di Aquileia. Da questa usanza, tra l’altro, ha origine l’espressione «tagliare la testa al toro», che significa,
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IL PERSONAGGIO
appunto, agire con decisione. Noi abbiamo recuperato questa antica tradizione popolare cittadina, con un toro di 9 metri di altezza, in legno ricoperto di erica, realizzato da un artista veneziano (Guerrino Lovato, ndr). L’animale “vigilerà” sul Carnevale fino alla fine, il martedì grasso… Il giorno della tradizionale Vogata del Silenzio… Sì, allorché nel silenzio più profondo, rotto solo da qualche squillo di tromba, le barche a remi e le gondole, illuminate solo da lumini, si muoveranno in corteo dal ponte di Rialto fino al bacino di San Marco, dove si trova, appunto, il toro, il quale verrà simbolicamente “sacrificato” ovvero bruciato in segno di saluto e commiato del Carnevale, prima di lasciare gli ormeggi in fiamme. Ma non è l’unica novità: anziché limitare il Volo della Meraviglia dal Campanile alla sola domenica (il 12 febbraio, con la “Maria” Giulia Selero, ndr), ne abbiamo aggiunto un altro, con l’idea che, proprio in quanto meraviglia, è giusto si ripeta. Così domenica 19 febbraio, a mezzogiorno è previsto “Uno spettacolare svolo”, con un ospite a sorpresa. Durante il tradizionale “Svolo del leon” del martedì grasso, invece, scenderà in volo anche una grandissima bandiera della Repubblica Veneziana, a simboleggiare il preludio alla città che si riappropria di se stessa, incarnato poi dal leone e dal falò del toro. Prima della chiusura, è previsto un grande concerto aperto a tutti. Lei conosce molto bene Venezia, anche perché non è la prima volta che dirige il Carnevale: qual è il suo rapporto con la città? Sì, io ho diretto il Carnevale per due – anzi tre – edizioni negli anni 90. Ma a Venezia abbiamo realizzato anche delle meravigliose mostre, quando ero Consigliere Delegato della società Grandi Eventi: Bacon, Pietro Longhi, Peter Greenaway, i “Ritratti” di Tintoretto… Ho fatto delle cose molto importanti a Venezia e vi sono molto legato… La mia è una visione poetica, poiché la città stessa è il frutto di una visione poetica, profondamente poetica, che in ogni caso sviluppa questo formidabile insieme. Tra l’altro, lei era tra i possibili candidati alla presidenza della Biennale, affidata poi a Giulio Malgara… Ha qualche commento da fare in proposito? No, assolutamente: il fatto che io sia stato tra i candidati non implica alcun commento da parte mia, se non la speranza che venga fatto un buon lavoro, valorizzando il più possibile la città.
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June 1-4, 2012 ITALIAN PAVILION at JCK Show Las Vegas
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DOSSIER carnevale
Il Carnevale: dalle origini a oggi di Giovanna Caprioglio
Questo secondo numero su Venezia esce in occasione del Carnevale, tra i più conosciuti al mondo e, di sicuro, il più affascinante, per il mistero e lo sfarzo che ancora esercita su ognuno di noi. he Lifestyle Journal va in esplorazione della storia e delle usanze di questa festa millenaria e tutta veneziana, ma anche degli artigiani che ancora ne portano avanti la meravigliosa tradizione. Il Carnevale Veneziano ha radici antiche, che risalgono ai tempi della Serenissima Repubblica, quando il travestimento garantiva un anonimato in grado di livellare tutte le classi sociali e persino di permettere, accanto al più sfrenato divertimento, la pubblica derisione delle autorità e dell’aristocrazia. Queste concessioni erano naturalmente “funzionali”, ovvero atte a calmare le tensioni e i malumori che inevitabilmente si venivano a creare all’interno della Repubblica, molto rigida su questioni quali la morale comune e l’ordine pubblico dei cittadini. Proclamata Festa Pubblica nel 1296 dal Senato della Repubblica, il Carnevale durava originariamente sei settimane, dal 26 dicembre al mercoledì delle Ceneri, giorno d’inizio della Quaresima. Durante questo periodo, i Veneziani tralasciavano gli affari per dedicarsi al divertimento, alle burle e agli spettacoli che nascevano spontanei in ogni parte della città, anche se il cuore di tutto era, allora come oggi, piazza San Marco. Si trattava di spettacoli di ogni tipo: saltimbanchi, giocolieri, danzatori, musicisti e, soprattutto, teatranti. E il pubblico era più che mai variegato: vi partecipavano persone di ogni età e classe sociale, anche se presto iniziarono a diffondersi rappresentazioni, dai tono anche molto trasgressivi, presso case private, teatri e caffè. Nei grandi palazzi venivano ospitati sempre più spesso sontuosi balli in maschera che duravano anche giorni. È grazie a tali rappresentazioni e alla Commedia dell’arte che nel 1500 prese le mosse il cosiddetto teatro “moderno”. Oltre alle grandi feste, infatti, le più importanti famiglie veneziane iniziarono a dare spazio, nelle sale dei propri palazzi, a spettacoli a pagamento di attori in maschera che recitavano improvvisando su un canovaccio.
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DOSSIER carnevale
Nacquero così i primi veri e propri teatri privati che, successivamente, nel 1600, aprirono le porte anche alle classi popolari, visto l’importante impulso economico che generavano. Le compagnie teatrali divennero gradualmente professionistiche, dando anche un’importante spinta alla nascita delle maschere tradizionali. Il mestiere dei cosiddetti “mascareri” era già stato ufficialmente riconosciuto come tale attraverso uno statuto del 10 aprile 1436, tuttora conservato presso l’Archivio di Stato di Venezia, ma fu solo a partire dal XVII secolo che la professione iniziò realmente a svilupparsi. LE MASCHERE Tra le maschere principali della tradizione veneziana figura certamente la Bauta, rimasta in voga anche nel Carnevale moderno. Indossata sia dagli uomini che dalle donne, è costituita da una particolare maschera bianca denominata “larva”, posta sotto un tricorno nero e completata da un avvolgente mantello scuro chiamato “tabarro”. La bauta era utilizzata diffusamente durante il periodo del Carnevale, ma anche a teatro, alle feste, negli incontri galanti e ogni qualvolta si desiderasse la libertà di corteggiare, o essere corteggiati, nel più totale e reciproco anonimato. A questo scopo, la particolare forma della maschera sul volto assicurava la possibilità di bere e mangiare senza dover svelare il viso. Un altro costume tipico di quei tempi era la Gnaga, ovvero il travestimento da donna per gli uomini, facile da realizzare e d’uso piuttosto comune. Questo era costituito da indumenti femminili quotidiani più una maschera con le sembianze da gatta, accompagnati da una cesta al braccio solitamente contenente un gattino. Il personaggio si atteggiava da donnina popolana, emettendo suoni striduli e miagolii beffardi e interpretando talvolta le vesti di una balia, accompagnata da altri uomini a loro volta vestiti da bambini. Molte donne, invece, indossavano un travestimento chiamato Moretta, costituito da una piccola maschera di velluto scuro, indossata con un delicato cappellino e indumenti con velature raffinate. La Moretta era un travestimento muto, poiché bisognava reggere la maschera sul volto, tenendo in bocca un bottone interno (per questo motivo era anche detto “della servetta muta”). Dalla Commedia dell’arte nacquero, poi, le altre maschere rese celebri dalle opere di Carlo Goldoni. Il famoso Arlecchino, per esempio, ebbe origine dallo “Zanni” bergamasco, un contadino povero e ignorante, che nel corso degli anni si distinse in due categorie: il servo furbo, o “primo Zanni”, e il servo sciocco, o “secondo Zanni”. Il costume – calzamaglia e giacca di pezze multicolori – lo conosciamo tutti. Colombina, invece, era la fidanzata di Arlec-
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chino: un tipo malizioso, furbo e civettuolo, che veste un corpetto stretto con una gonna ampia e un grembiule con molte tasche. C’era poi Pantalone, che rappresentava il tipico mercante veneziano vecchio, avaro e lussurioso e che si trasformò in seguito nel padre di famiglia buono e saggio. Il suo costume, in velluto o stoffa rossa, prevede berretto, calze rosse e l’immancabile borsa con gli “averi”. IL SUCCESSO Il Carnevale di Venezia iniziò ad acquisire una visibilità internazionale a partire dal 1700, allorché il suo splendore raggiunse i massimi livelli, diventando un’attrazione turistica che richiamava in città migliaia di visitatori festanti. È l’epoca di Giacomo Casanova. Nel 1797, con l’occupazione francese di Napoleone, seguita poi da quella austriaca, la lunghissima tradizione carnevalesca fu interrotta nel centro storico per il timore di ribellioni e disordini da parte della popolazione. Solamente nelle maggiori isole della Laguna, come Burano e Murano, i festeggiamenti del Carnevale proseguirono il loro corso, conservando, seppur in tono minore, un certo vigore e una qualche dose di allegria. Fu solo nel 1979, quasi due secoli dopo, che la secolare tradizione del Carnevale veneziano risorse ufficialmente dalle sue ceneri, grazie all’iniziativa e all’impegno di alcune associazioni di cittadini e al contributo logistico ed economico del Comune di Venezia, del Teatro La Fenice, della Biennale e degli enti turistici. Nel giro di poche edizioni, anche per la visibilità mediatica riservata all’evento e alla città, il Carnevale di Venezia è tornato a ricalcare con grande successo le orme dell’antica manifestazione, seppur con modalità e atmosfere differenti. L’edizione 2012, per il secondo anno consecutivo sotto la direzione artistica di Davide Rampello, a lungo Presidente della Triennale di Milano, riporta i festeggiamenti carnevaleschi alle origini più antiche, della commedia dell’arte e del teatro. Scopriamo dunque insieme le “botteghe” che ancora portano avanti questa tradizione con una produzione artigianale affascinante, tutta da raccontare…
In apertura: alcune maschere della bottega Ca’ Macana In questa pagina: illustrazioni delle maschere tradizionali
DOSSIER carnevale
Il Carnevale: le botteghe artigiane di Giovanna Caprioglio
Il rinnovato fervore carnevalesco ha portato anche alla rinascita delle botteghe artigiane di Venezia, che hanno ridato impulso e importanza alle più antiche tradizioni. i è tornati a studiare e riprendere le tecniche di lavorazione originali, per creare maschere e costumi sempre più sofisticati e sontuosi, all’altezza dei fasti dell’epoca d’oro del Carnevale. Oggi è importante distinguere e valorizzare queste botteghe, spesso confuse con le realtà commerciali nate a posteriori, sull’onda del successo generale. Cercheremo, quindi, di proporvi alcuni dei migliori artigiani della città, addentrandoci in un mondo profondamente affascinante... Già, perché sono luoghi che lasciano senza fiato sin dalle vetrine, zeppe di maschere
e costumi variopinti. Ma noi vogliamo scoprire anche cosa accade nei retro-bottega, nei laboratori, là dove questi capolavori artigiani vengono realizzati. L’argomento è più che mai interessante, tanto che non è inusuale, per queste realtà, proporre anche brevi corsi e work-shop per imparare a creare e decorare da sé le maschere veneziane. Tutto parte da un volto lavorato nella creta, cui viene applicato del gesso per realizzare il calco sul quale sono successivamente posti i vari strati di cartapesta che, una volta “estratti”, andranno a costituire la maschera. Da questo punto in poi, sono la fantasia e la maestria
dell’artigiano a inventare, decorare e creare le maschere più originali. Applicazioni, forme e colori sempre nuovi rendono unica ogni creazione. Le più popolari restano le classiche o quelle derivate dalla Commedia dell’arte (vedi nella pagina a lato), ma molte si ispirano anche agli animali e ai personaggi delle favole. Nella zona di Ca’ Rezzonico, un laboratorio particolarmente apprezzato per le sue creazioni è Ca’ Macana, che nasce dalla passione di Marco Belloni per Venezia e le sue tradizioni tanto da portarlo a lavorare per importanti rappresentazioni teatrali e pellicole del calibro di “Eyes Wide Shut”.
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DOSSIER carnevale
Belloni inizia l’attività nei primi anni 80, quasi per gioco, da studente di architettura che, per arrotondare, prova a creare i primi modelli, vendendoli poi la sera per strada. Presto, però, la passione diventa tale da fargli decidere di mollare tutto il resto, trasformando l’hobby nella sua professione. Belloni si dedica così ad affinare tecniche e abilità, ma anche a studiare i libri antichi, provando a realizzare concretamente ciò che è solo riportato per iscritto. Infatti, anche se fino al termine del XVIII secolo le maschere hanno avuto in questa città un’importanza incredibile nelle relazioni sociali e nello stile di vita, già negli anni Ottanta del ‘900 di questa tradizione non rimaneva più nulla, o quasi: la storia delle maschere veneziane sembrava scomparsa dalla cultura e dalla coscienza della città.
DA SAN POLO A SAN MARCO Altri artigiani degni di nota per originalità e qualità sono certamente, nella zona di San Polo, Alberto Sarria e i fratelli Sergio e Massimo Boldrin, della Bottega dei Mascareri, i primi a riportare sulle loro maschere decorazioni tratte dal Tiepolo. Sarria, invece, utilizza per le sue maschere non solo la cartapesta ma anche la pelle. Le sue coloratissime vetrine sono popolate anche da simpatiche marionette: Pantalone, Casanova, il fauno, il medico della peste, figure femminili e di nobili. Negli anni , la sua ricerca e sperimentazione di materiali e tecniche lo ha portato ad uno stile molto personale e riconoscibile, che lo ha portato a partecipare a molte manifestazioni prestigiose. Così come le creazioni dei fratelli Boldrin sono state usate in produzioni teatrali (Californian Shakespeare Festival), cinematografiche (Eyes wide shut) e per sfilate di moda. Camminando verso San Marco, invece, dopo aver attraversato il Ponte della Canonica, dove stazionano le gondole, e aver proseguito per la Fondamenta Osmarin, si incrocia un altro laboratorio artigiano nato negli anni 80: Ca’ del Sol, che, oltre alle maschere, propone anche costumi tradizionali, persino d’epoca, con preziose sete e broccati. Quanto alle maschere, loro caratteristica peculiare è l’utilizzo del pizzo inamidato, che crea un effetto di eleganza e mistero.
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DOSSIER carnevale
L’ARTE DEL COSTUME Tornando agli abiti, invece, di sicuro l’atelier più conosciuto è quello di Stefano Nicolao, che da 25 anni crea meravigliosi costumi con un’attenzione filologica per la ricerca storica, i dettagli e la scelta delle stoffe. L’atelier possiede oltre10.000 costumi di varie epoche, che riadatta, vende o noleggia per feste, rappresentazioni e moltissime produzioni cinematografiche di successo. Le creazioni di Nicolao, infatti, hanno ricevuto più volte la nomination all’Oscar, per film quali “Farinelli”, “Le ali dell’amore” ed “Elisabeth I”. Non stupisce, quindi, quanto avere la possibilità di visitare questo laboratorio, toccando con mano la passione e la competenza di Stefano Nicolao, sia un gran privilegio. Altri nomi famosi per i loro costumi sono certamente l’Atelier Tiepolo e il Venice Atelier, nato dalla maestria di Flavia Zorzo, che da decenni produce e noleggia costumi e accessori ispirati alle epoche d’oro del Carnevale, dal 1500 al 1800. Anche la signora Zorzo ha partecipato negli anni a eventi e manifestazioni illustri, tra cui la Mostra Viva Mozart, allestita presso il Salzburger Museum Carolino Augusteum in occasione dei 250 anni dalla nascita del compositore. Nei giorni clou del Carnevale, per poter soddisfare i molti clienti, l’atelier si amplia, trasferendosi anche all’interno dell’Hotel Europa e Regina e al Museo Diocesiano di Sant’Apollonia. Lo stesso fa l’Atelier Tiepolo, che durante il Carnevale si trova all’Hotel Danieli, a disposizione di chiunque voglia vivere il sogno veneziano nel migliore dei modi.
Alberto Sarria San Polo, 777 - Rughetta del Ravano (Ruga Rialto) +39.041.5207278 - www.masksvenice.com Atelier Nicolao Cannaregio, 2590 - Fondamenta della Misericordia +39.041.5207051 - www.nicolao.com Atelier Tiepolo @Hotel Danieli - Riva degli Schiavoni, 4196 +39.041.5226480 - www.meetingeurope.com Cà del Sol Castello 4965, Fondamenta Osmarin +39.041.85549 - www.cadelsolmascherevenezia.com Cà Macana Dorsoduro, 3172 +39.041.2776142 - www.camacana.com La Bottega dei Mascareri San Polo, 2720 - Calle dei Saoneri +39.041.5242887 - www.mascarer.com
In apertura: alcune maschere della bottega Ca’ Macana In questa pagina, dall’alto: una ricostruzione storica dell’abito del Doge Gritti by Venice Atelier di Flavia Zorzo; una maschera della bottega Ca’ Macana Nella pagina accanto: una realizzazione del Venice Atelier di Flavia Zorzo
Venice Atelier Santa Marina, 6010 +39.041.5287429 @Hotel Westin Europa & Regina - San Marco 2159 +39.347.1393401 @Museo Diocesano di Sant’Apollonia - Castello, 4312 +39.328.9261852 - www.veniceatelier.com
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DOSSIER carnevale
La Cavalchina, il Carnevale e la grandeur veneziana! di Matteo Corvino
Il Carnevale di Venezia continua a far sognare un po’ tutti... Ne subisce il fascino anche chi non ama particolarmente i travestimenti, le maschere, la confusione e gli assembramenti disordinati. ormai parte del mito culturale di Venezia e, malgrado i costumi per la maggior parte banali, kitsch, troppo simili gli uni agli altri e indossati da maschere spesso goffe, a disagio in mezzo alla folla eccitata, è una festa che continuerà a sopravvivere proprio grazie a Venezia e alla sua rinnovata magia, in grado di rendere nobile anche la più goliardica, scontata e forzosa allegria. Tutti desiderano parteciparvi almeno una volta. Anzi, molti “foresti” ne sono diventati adepti fedeli, anche se per troppo tempo il Carnevale è assomigliato più a una kermesse mediatica che alla bella festa popolare, fantasiosa e trasgressiva che era una volta (e che ancora dovrebbe essere). “Trasgressione”, in particolare, è una parola d’ordine del Carnevale, proprio perché si tratta di una grande festa durante la quale tutto (o quasi) è permesso, così come lo era un tempo, senza dimenticare il bagaglio storico e culturale accumulato nei secoli. Visto che nulla è definitivo e tutto cambia continuamente (per fortuna, in molti casi), possiamo dire che forse, grazie alle attuali contingenze, gli sponsor opportunisti che poco avevano a che fare con il vero spirito del Carnevale veneziano e che, anzi, per anni lo hanno vampirizzato, hanno finalmente liberato il “campo” (è proprio il caso di dirlo, perché così si chiamano gli spazi pubblici in città, mentre “piazza” si dice della sola San Marco). A ogni modo, questi sponsor, non riconfermandosi, hanno finalmente sgombrato i campi e i campielli da autovetture e altre “zavorre” che davvero nulla c’entravano con una festa popolare degna di chiamarsi “Carnevale di Venezia”. Finalmente, con la nuova gestione, pare si ritorni verso lo spirito originale del nostro Carnevale, quello legato alla tradizione
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storica, alla Commedia dell’Arte, alla teatralità più nobile. Volontà, questa, fortemente confermata anche dal tema di questa edizione 2012: “La vita è teatro! Tutti in maschera!”. Comunque sia e comunque venga gestito, il Carnevale rinato da poco più di 30 anni, si perpetuerà con il mito di Venezia, città fantasticamente unica. Grazie quindi, caro Maurizio Scaparro, a te e alla memorabile stagione della tua Biennale del Teatro, che, nella seconda metà degli anni Ottanta, ci avete restituito un Carnevale dignitoso e colto, dopo anni di vero oblio e decadenza! Ma quanti teatri c’erano allora a Venezia? Quanti te ne sei inventati? Dove sono finiti? E dov’è adesso il geniale Teatro del Mondo di Aldo Rossi, che ricordiamo galleggiare in Bacino davanti a Punta della Dogana? Fino ad allora, prima di te, il vero spirito del Carnevale era stato dimenticato anche dagli stessi veneziani. Sopravviveva malamente, distorto, quasi moribondo, in una versione “goliardica”, grazie agli studenti che il martedì grasso marinavano i corsi liceali e universitari, dandosi, come per le feste di laurea, al lancio di uova e sacchi di farina, e trasformando piazza San Marco in un vero campo di battaglia, a volte addirittura pericoloso da attraversare. Era davvero tempo di rimediare, e tu ce l’hai fatta, convincendo anche i residenti più ritrosi a ricominciare a organizzare delle belle feste. Ora, dopo lo sbando causato da quei facili, inadeguati, introiti pubblicitari, pare che finalmente ci siamo, che sia stata ritrovata la strada giusta, quella che attraverso la Cultura delle Origini e delle Tradizioni porta sempre all’Autenticità. Bella l’idea del Teatro effimero costruito in piazza San Marco. Chissà che forse, piano piano, con le prossime edizioni, non ne appaiano anche altri in città, come era un tempo… Questo primo tentativo ci riporta già a quello spirito di teatralità smarrita, da sempre canovaccio del più autentico Carnevale di Venezia, città d’arte e di cultura che può aprire nuovi infiniti orizzonti per una vera creatività nel rispetto delle tradizioni. Le origini del Carnevale sono molto antiche, si parla degli inizi dell’anno Mille, quando la Serenissima, in mancanza d’altro, volle concedere al popolo e al ceto medio, un periodo di spensieratezza, divertimento e trasgressione. Presto furono coinvolti anche i ceti alti e il patriziato. Così la fama del Carnevale si sparse velocemente in tutt’Europa e cominciarono ad arrivare anche i “foresti”… Con l’avvento
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della maschera che garantiva l’anonimato, poi, tutti questi ceti finirono per confondersi e dar vita al Carnevale che conosciamo, principalmente quello del gioco del travestimento, dello scambio dei ruoli e delle identità, che inconsciamente diventava Teatro. L’invenzione e la produzione di maschere divenne rapidamente anche un vero commercio, riconosciuto fin dalla metà del 1400 come “mestiere”. Già con un editto della fine del 1200, la Repubblica Veneta ufficializzava la Festa del Carnevale come periodo in cui quasi tutto era permesso e che per secoli durò dal 26 dicembre al Mercoledì delle Ceneri. Durante queste settimane, tutto ciò che non fosse pura trasgressione e divertimento passava in secondo piano, lasciando il passo anche gli affari. Poi, pian piano, il Carnevale cominciò ad allungarsi per arrivare, con i celebri “Ultimi Carnevali”, a durare addirittura più di sei mesi! Fu così che, nella seconda metà del Diciottesimo secolo, raggiunse il suo massimo splendore, diventando attrazione e mèta di molti visitatori ansiosi di vivere, allora come adesso, le emozioni della trasgressione e del puro divertimento. Casanova era già celebre in tutta Europa, quale migliore ambasciatore? Con la caduta della Serenissima, però, le cose cambiarono velocemente, arrivando all’interdizione definitiva dei mascheramenti pubblici, ancora tollerati solo nelle feste private. Furono forse proprio quei limiti restrittivi, imposti dalla censura della nuova repressione austroungarica, a provocare la nascita di un nuovo grande evento molto privato: “entrava in scena” il Gran Ballo della Cavalchina al Teatro La Fenice. Di questo nuovo evento scrisse da subito nelle sue missive il giovane Lord Byron, che scopriva anche Venezia, rendendo questo ballo immediatamente celebre in tutta Europa. Proprio perché si poteva svolgere discretamente all’interno di un teatro e lontano da occhi indiscreti in un periodo di grandi tensioni fra stati, l’evento venne subito “clonato” anche in altri importanti teatri d’Opera, come a Londra, Vienna o Parigi. Nel secolo scorso, sempre a Venezia, e sempre alla Fenice, ovvero nel luogo in cui era nato, il Ballo venne in seguito riproposto negli intervalli di pace lasciati dalle più orrende grandi guerre che l’umanità abbia mai conosciuto. Ma il Ballo della Cavalchina, proprio come l’Araba Fenice che dà il nome al Teatro, rinasce puntualmente dalle proprie ceneri, forse perché si ha sempre bisogno di riprendere a sognare
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e divertirsi, per affrontare con più leggerezza gli impegni della vita quotidiana. Così, nel 2007, la Cavalchina risorge per l’ennesima volta, suscitando ancora una volta sorpresa ed entusiastica partecipazione, e riscuotendo un successo tale da entrare definitivamente nel cartellone della programmazione ufficiale della stessa Fenice. Accanto al tema del ballo, sempre ispirato all’Opera lirica rappresentata in quei giorni, per la delizia degli ospiti sono abilmente intrecciati numeri spettacolari delle migliori scuole circense e parodie buffe del più grande repertorio lirico. Come alle origini, la platea viene completamente liberata dalle poltrone, per diventare, in una notte, la più spettacolare delle sale da ballo. L’ingresso a sorpresa di un cavallo d’alta scuola, ogni volta diverso,
riscuote sempre l’ovazione generale. Di recente creazione sono i prestigiosi “Cavalchina Awards”, premi destinati a celebrare le personalità straordinarie del mondo della cultura e dello spettacolo, che «per talento, creatività e stile di vita, sono internazionalmente riconosciute come simbolo unico e inimitabile», proprio come il Gran Ballo della Cavalchina, in fondo. Le personalità più prestigiose finora premiate sono state Grace Jones, Ornella Vanoni, Skin, Pierre Cardin, Jean-Michel Jarre, Claudia Cardinale… Quest’anno, invece, toccherà alla grande lirica, con Katia Ricciarelli e José Carreras; all’alta cucina internazionale, con Massimiliano Alajmo e Alain Passard; a due giovani, ma già grandissimi, attori come Giuseppe Fiorello e Giorgio Passotti, per arrivare al top della musica leggera internazionale, con un premio
speciale attribuito a James Blunt. Gran finale con Patty Pravo, che riceverà il riconoscimento dalle mani del sindaco di Venezia Giorgio Orsoni. Gli ospiti, infine, attraverseranno questa magica notte con i ritmi più contemporanei di un noto DJ, per ritrovare all’alba una Venezia deserta, letteralmente sommersa da colorati coriandoli. Qualche volta è anche accaduto che, allo scoccare della fatidica mezzanotte del martedì grasso, che conclude le festività del Carnevale, sui rintocchi della Marangona, una silenziosa nevicata coprisse tutti quei coriandoli variopinti, svuotando dalle maschere Venezia, che si risveglia, all’indomani, il mercoledì delle Ceneri, in un’atmosfera irreale e sospesa.
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Dapprima tradito nelle tue intenzioni di recuperare la cultura storica, da riscoprire e da tramandare, caro Carnevale, hai avuto una rinascita che ci è parsa effimera. E la tua stagione d’arte e magia carnascialesca è stata presto soppiantata dalla volgarizzazione di massa voluta da chi avrebbe dovuto, invece, garantirne il progredire della qualità… Ma adesso pare che ci siamo: lo spirito più vero di questa nostra bella festa, che nessuno ci potrà mai copiare, è tornato in pieno a far parte
delle nostre tradizioni. Ora basta convincere nuovamente i veneziani a rimanere in città… Quello che ancora manca, perché il successo sia pieno, è incentivare i costumi, convincere il più alto numero possibile di partecipanti a diventare protagonisti, e non solo spettatori. In fondo, basterebbe molto poco… Tipo ombra… Riduzione… Biglietto ACTV... Feste... Proprio per questo, in fondo, veri sforzi per la qualità non servirebbe farne, tanto il Carnevale funziona da solo, no? I numeri ci sono, certo…
Matteo Corvino
Architetto di interni veneziano, con alle spalle una carriera da attore teatrale e cinematografico iniziata giovanissimo, Matteo Corvino ha intessuto una fervida esperienza internazionale nell’interior design, sviluppata principalmente a Parigi, Roma e New York. Colto, spiccatamente creativo e dotato di un’immaginazione sconfinata, Corvino si è, inoltre, affermato quale regista e organizzatore di eventi - «straordinarie creazioni effimere degne di un demiurgo rinascimentale o barocco» - per istituzioni culturali e società private. Per La Fenice ha concepito e organizzato le sei serate di gala per la riapertura sinfonica del teatro nel 2003. Recentemente, nel medesimo spazio, ha dato vita a un evento internazionale per l’inaugurazione del nuovo corso di Palazzo Grassi. Sempre per la Fenice, Matteo Corvino ha poi curato le cene di gala per la riapertura della stagione lirica con “La Traviata” nel 2004 e con “La Juive”, l’anno seguente. Fra i suoi eventi più importanti, ricordiamo il private party «Millennium» per il passaggio all’anno 2000, tenutosi al Grand Trianon della Reggia di Versailles e, due anni più tardi, al Petit Trianon, una cena di caccia preceduta da un concerto nel Théâtre di Marie Antoinette. Per il Comité Français pour la Sauvegarde de Venise, nel 2003, ha messo in scena di nuovo nella Reggia di Versailles due grandi eventi di Fundraising. Durante il Carnevale di Venezia del 2007, Matteo Corvino è stato il curatore del riscoperto “Ballo della Cavalchina” al Teatro La Fenice. L’enorme successo di questa prima riedizione è stato riconfermato dalle realizzazioni che sono seguite, dal 2008 a oggi. Nel maggio 2011 Matteo Corvino ha organizzato il faraonico matrimonio di una coppia indiana a Venezia, per 1.200 ospiti, della durata di ben tre giorni.
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In queste pagine: alcune immagini del Ballo della Cavalchina 2011 al Teatro la Fenice, fotografie di Cataldo Albano
cortina d’ampezzo september 5-8 2012 www.aboutj.it
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L’arte vetraria di Murano e i designer di Marino Barovier
fig.1: Disegno di Carlo Scarpa, manifattura M. V. M. Cappellin & C., 1930
«Il vetro di Murano non ha bisogno di essere illustrato. Esso è troppo noto nel mondo, e il numero di coloro che ne amano lo splendore e la grazia, che ne apprezzano le qualità tecniche e formali […], è veramente grandissimo. Chi non conosce la sua levità, la sua trasparenza, la sua iridescenza; e quei colori e forme che sono parsi a un poeta come l’essenza della bellezza veneziana […]» Espressi come introduzione alla mostra sui vetri di Murano, tenutasi a Parigi nel 1956 presso il Museo delle Arti Decorative, questi pensieri si riconfermano ancora oggi nella loro attualità. Il vetro soffiato veneziano continua, infatti, a esercitare una notevole suggestione e un significativo interesse per chi osserva, affascinato, le creazioni dei maestri vetrai. È un mondo ancora intriso di magia, fatto di segreti e abilità, dove la ricerca tecnologica si sposa continuamente con la tradizione. Alle nostre spalle c’è un secolo ricco e denso di fermenti che, nel susseguirsi degli anni, hanno dato vita a splendidi prodotti, non solo ampiamente riconosciuti come artigianato di alta qualità, ma anche come opere d’arte e di design, tanto da destare l’interesse di molti collezionisti e musei. La nuova figura del designer, che molta parte ha avuto, e ha tutt’ora, nella riqualificazione della produzione vetraria (v. fig. 2) viene progressivamente ad affermarsi nell’ambiente delle vetrerie muranesi, a partire dagli anni Dieci e Venti. L’intervento di artisti e collaboratori esterni al mondo delle fornaci favorisce così l’apertura di Murano verso la coeva cultura figurativa, con cui è possibile un confronto più vivace e diretto, foriero di una stagione davvero eccezionale. Negli anni Venti, in particolare, si scopre un nuovo fervore nell’attività delle vetrerie. Tra esse si distingue la Cappellin-Venini, anche grazie ai leggerissimi soffiati dalle tenui colorazioni, privi di ogni decorazione superflua e dovuti al disegno di Vittorio Zecchin, ovvero di colui che, a buon titolo, può essere considerato il primo vero designer nell’ambito muranese (v. fig. 5). Dopo lo scioglimento della Cappellin Venini nel 1925, i due soci fondano rispettivamente la Maestri Vetrai Muranesi Cappellin & C. e la Vetri Soffiati Muranesi Venini & C., che si affermano come le migliori vetrerie di Murano. Negli anni Trenta sono numerose e straordinarie le colorazioni dei vetri, che si arricchiscono dei più diversi effetti cromatici grazie a nuove sperimentazioni, come nel caso del vetro “pulegoso” creato dallo scultore Napoleone Martinuzzi per la V. S.M. Venini & C. (1930 circa) (v. fig. 3).
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fig. 2: Artisti Barovier, 1920
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fig. 3: Napoleone Martinuzzi, Venini & C., 1930
All’applicazione di foglie d’oro o d’argento ricorre, invece, la M.V.M di Giacomo Cappellin per decorare i coloratissimi vetri nati dalla collaborazione con l’architetto Carlo Scarpa (v. fig. 1). In questo periodo si impone, inoltre, la Vetreria Artistica Barovier & C., specialmente con i vetri “Primavera” (1930) creati da Ercole Barovier, a cui si deve, tra l’altro, la messa a punto della tecnica della colorazione a caldo senza fusione. Ma continua in maniera straordinaria anche la produzione di Venini che, dopo aver prodotto i vezzosi quanto raffinati vetri di Tomaso Buzzi (1932-33), dal 1934 affida la direzione artistica allo stesso Carlo Scarpa, in fornace fino agli anni Quaranta. Molti sono i vetri disegnati da Scarpa: dai “sommersi” di grosso spessore ai sottili “a mezza filigrana”, dai pesanti ”corrosi” ai coloratissimi “tessuti” con esili canne policrome, per finire con le splendide coppe “a murrine” dalla superficie rifinita alla mola e con i vasi trasparenti decorati da fili, fasce o pennellate in vetro colorato. Dopo il grande successo della vetraria muranese degli anni Trenta, l’attività diminuisce progressivamente nel decennio successivo, anche a causa dell’imminente guerra. Solo dopo la fine di quest’ultima e, successivamente, per tutti gli anni Cinquanta, il vetro veneziano tornerà a vivere un periodo decisamente significativo: la nuova energia veicolata attraverso l’opera dei molti designer attivi nelle fornaci porterà alla creazione di suggestivi oggetti caratterizzati da una maggiore libertà espressiva. Così, grazie al contributo di figure centrali di designer come Fulvio Bianconi per Venini, Flavio Poli per Seguso Vetri d’Arte e Dino Martens per Aureliano Toso, i maestri vetrai titolari delle proprie aziende operano un interessante aggiornamento nelle proposte delle vetrerie. Negli anni Sessanta e Settanta, la policromia e la ricchezza del colore tipiche dei 50 vengono progressivamente sostituite da una sobria monocromia e dal vetro trasparente, che meglio rispondono alle tendenze del design contemporaneo, orientato a un’accentuata essenzialità. Murano, però, accoglie con molta difficoltà questo minimalismo, che comporta una rinuncia alle tecniche vetrarie tradizionali e all’abilità artigianale a esse connaturata. Tra le vetrerie rimane, comunque, fedele alla policromia tradizionale la Venini, guidata da Ludovico fig. 4: Cristiano Bianchin, 2008
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fig. 5: Vittorio Zecchin, M.V.M. Cappellin & C., 1925
Diaz de Santillana, genero dello scomparso Paolo Venini. Santillana, in particolare, continua ad avvalersi sempre di nuovi collaboratori, tra cui, negli anni 60, Tobia Scarpa, che dà una lettura personale dell’antica tecnica delle murrine, e Massimo Vignelli, che rinnova la sua collaborazione disegnando oggetti di un raffinato rigore formale. Sono significative anche l’attività dell’americano Thomas Stearns a cui si deve, tra l’altro, la realizzazione di oggetti eseguiti con la tecnica dell’incalmo, e quella del finlandese Tapio Wirkkala, la cui presenza continua in vetreria porterà alla creazione di eterei quanto straordinari manufatti. Dagli anni Settanta, inoltre, l’azienda può contare sulle sperimentazioni condotte da una nuova generazione di artisti che, in modo più o meno saltuario, frequentano la fornace. Tra i vari giovani americani giunti a Murano in questo periodo, figurano Moore, Carpenter e Mary Ann “Toots” Zinsky, che contribuiscono alla vitalità della Venini, insieme a Laura de Santillana, attiva dalla metà del decennio. Affianco alla produzione tradizionale, poi, da vari decenni ha trovato spazio a Murano una nuova realtà, in consonanza con lo Studio Glass americano: quella degli artisti che impiegano il vetro muranese per esprimere la propria arte. Vi è chi ha scelto questa singolare materia provenendo dal mondo della fornace, e chi è giunto al vetro attraverso esperienze diverse, come Ettore Sottsass (v. fig. 6). Operando in prima persona o con la collaborazione di abili maestri vetrai, gli artisti realizzano ancora oggi opere che poi vengono presentate alle esposizioni nazionali e internazionali d’arte. Tra i nomi merita particolare attenzione quello di Lino Tagliapietra, la cui produzione si arricchisce di raffinati cromatismi in modi e forme sempre nuovi. Interessanti sono anche le ricerche di Yoichi Ohira e quelle dei più giovani Laura Diaz de Santillana e Cristiano Bianchin (v. fig. 4). A sostegno di questi straordinari e innovativi percorsi artistici sono sorte numerose iniziative, come “Aperto Vetro”, la manifestazione veneziana che, divenendo un’occasione di confronto e scambio di idee, favorisce la diffusione di un’arte in continuo rinnovamento. Ognuna di queste opere, ancora oggi, trasuda la valente e tradizionale sapienza dei maestri muranesi e si fonde, allo stesso tempo, con le sempre nuove sperimentazioni e le ricerche personali dei vari autori che del vetro sanno cogliere qualità inaspettate, trasformandone lo spirito antico in contemporaneità. fig. 6: Ettore Sottsass, 1998
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Vicenza SePTeMBeR 8 - 12, 2012 InternatIonal exhIbItIon of gold, jewellery, sIlverware, watches and gemstones.
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I segreti di Campo San Samuele di Marina Crivellari Bizio
Per questo numero tutto dedicato a Venezia, “The Lifestyle Journal” va alla scoperta di Campo San Samuele, un luogo meno conosciuto di altri, ma molto interessante sia dal punto di vista artistico che da quello storico, grazie anche ai molti trascorsi che lo legano alla storia di Giacomo Casanova e alle grandi tradizioni del teatro e del costume veneziani. Oggi conosciuto soprattutto per il museo di Palazzo Grassi, le eleganti gallerie d’arte e i raffinati negozi, Campo San Samuele ha, in realtà, un passato tutto da scoprire: ce lo racconta Marina Crivellari Bizio, esperta di storia veneziana. Nell’urbanistica veneziana, il campo rappresenta uno spazio delimitato da edifici e così denominato perché nell’antichità era adibito a prato dove fare pascolare le bestie. Intorno ai campi e ai campielli, in realtà, iniziò a svolgersi tutta la vita sociale, commerciale e religiosa dei veneziani, incluse le innumerevoli attività quotidiane: il mercato, le botteghe artigiane, la chiesa, i giochi dei bambini e il rifornimento d’acqua. Quello di San Samuele, in particolare, è limitato da tre costruzioni: la Chiesa da cui prende il nome e, ai lati, Palazzo Grassi e Palazzo Malipiero. La particolarità del Campo è l’affaccio sul Canal Grande nel suo lato più largo, grazie al quale lo si nota anche dall’acqua. Fondata verso il Mille con il contributo della famiglia Boldù, giunta in città da Conegliano nell’800, la Chiesa dove sarebbero custodite le reliquie del biblico Samuele dovette essere completamente ricostruita dopo l’incendio del 1105. Nel periodo gotico subì varie trasformazioni, ma vide i più grandi cambiamenti nel Seicento, quando, ormai in condizioni precarie, fu ristrutturata, con l’aggiunta del campanile. L’edificio a ridosso di questo fu ampliato nel 1915 dal pittore Sezanne, che costruì una terrazza al posto dell’ultimo piano. La sua struttura architettonica, quasi sfuggente alla vista, resta a tutt’oggi tra le più particolari di Venezia. Ma la parrocchia di San Samuele è celebre anche perché fu dimora di molti celebri artisti, quali Tiziano, Tullio e Sante Lombardo, Girolamo Campagna, Il Veronese, il critico Carlo Ridolfi e Pietro Liberi. E non solo: il 17 febbraio 1724 si sposarono qui Gaetano Casanova e Giovanna Maria Farussi (detta Zanetta o, in arte, “Buranella”), ovvero i futuri genitori di Giacomo Casanova, che, sempre in questa chiesa, fu battezzato. Fu il parroco Giovanni Torsello ad avviare il giovane Casanova agli studi ecclesiastici; dopo la tonsura e gli Ordini Minori, Giacomo, appena quindicenne, tenne in San Samuele la sua
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prima predica, dopo la quale raccolse denaro e biglietti d’amore dalle signore accorse numerose! Nato nel 1725, Casanova era, in effetti, il figlio illegittimo di una relazione tra la madre e il nobile Michele Grimani. Oggi, là dove sorgeva la casa di Calle Malipiero in cui nacque Casanova, si erge una lapide commemorativa. Sulla sinistra della Chiesa di San Samuele, si trova proprio Palazzo Malipiero, chiamato anche “Cà Grande” di San Samuele. Come tutti i palazzi veneziani, presenta due piani principali sovrapposti, ma in questo caso ognuno è servito da una propria scala, una Porta d’Acqua e una Porta sulla Calle indipendenti. Al secondo piano nobile si accede attraverso il più antico portale bizantino, mentre dalla porta principale si entra nel grande atrio seicentesco, che conduce al maestoso appartamento
del primo piano nobile a cui sono annessi un grande cortile monumentale, la porta sul canale e il contiguo giardino settecentesco all’italiana, con bossi antichi e meravigliosi roseti. Lo sviluppo architettonico di tre epoche sovrapposte (la bizantina, la gotica e la sei-settecentesca) rispetta la tradizione di molti palazzi veneziani, con quella libertà e armonia progressiva di strutture che danno vita ai ritmi pittoreschi e al fascino estroso della città. Palazzo Malipiero, infatti, venne edificato dai Soranzo tra il X e l’XI secolo in stile veneto-bizantino, passò poi alla Famiglia Cappello e, infine, ai Malipiero. Si hanno poche informazioni sugli eventi che vi si svolsero, anche se sappiamo che la Parrocchia di San Samuele, grazie alla costruzione dei due attigui teatri tra il 1656 e il 1676 e al loro enorme successo, vide dilagare una vita spregiudicata e di facili costumi che non tardò a
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insinuarsi anche a Palazzo Malipiero. Grande frequentatore di queste mura era, non a caso, il Casanova, divenuto, tra l’altro, confidente del Senatore Alvise II Malipiero, detto Gasparo. In questa singolare atmosfera di frenesia, i Malipiero languirono fino a estinguersi in una passiva decadenza. Nell’800, poi, la scomparsa dei teatri finì per completare quanto iniziato con la caduta della Serenissima, avvolgendo Parrocchia e Palazzo nel silenzio. Questo angolo di Venezia recuperò parte del suo dinamismo culturale solo a partire dal 1950, anno in cui Palazzo Malipiero venne acquistato dai Barnabò, grazie alla fondazione del Centro di Palazzo Grassi. Palazzo Grassi è stato edificato alla fine del 1700 dall’omonima famiglia, di antiche origini bolognesi. I Grassi furono iscritti nel “Libro d’Argento” come cittadini veneziani nel 1646 e ottennero il patriziato nel 1718. Nel 1732, «con publico istromento (...), i patrizi Giovanni e Angelo fratelli Grassi del fu Paolo, acquistarono per 22.000 ducati dalla famiglia Tribellini le case e li stabili di loro ragione posti nelle contrada di San Samuele». E sull’area di queste case, poi abbattute, fondarono l’attuale palazzo, conferendo l’incarico all’architetto G. Massari nel 1748. I lavori, però, terminarono almeno 20 anni più tardi, in occasione del matrimonio tra Giovanni Grassi e Margherita Condulmer. Nel 1840 Palazzo Grassi fu venduto a Spiridione Papadopoli e passò per anni di mano in mano: prima la società “Accomandita Commerciale”, che lo restaurò, poi un certo Poggi, artista di canto, e, ancora, Giuseppe Augusto Schofft, pittore austriaco. Trasformato in “Grand Hotel de la Ville” e successivamente, nell’Albergo “All’Imperatore d’Austria”, fu tenuto con la medesima destinazione d’uso dai successivi proprietari, finché non fini tra le mani del barone greco Simeone Sina che, privo di qualsiasi senso artistico, ne compì lo scempio, con l’aiuto di un ingegnere tedesco. I soffitti furono demoliti e sostituiti con lacunari dal pesante gusto austroungarico; la sala centrale fu divisa per ricavarne quattro locali e l’affresco del soffitto fu relegato a una specie di sottotetto. Buoni restauri furono eseguiti agli inizi del Novecento dalla famiglia Stucky; mentre nel 1951 Palazzo Grassi divenne sede del Centro Internazionale delle Arti e del Costume, nonché sede espositiva di mostre di altissimo livello. Da qualche anno è di proprietà di Francois Pinault, mecenate dei nostri tempi, che lo ha trasformato in una galleria permanente di opere d’arte contemporanea, spesso provocatorie, ed esposte anche di fronte al Palazzo, sul Canal Grande. Al posto delle fol-
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le che accorrevano negli anni 90 per le grandi mostre sui Fenici o su Picasso, c’è un pubblico più selezionato e raffinato, che, durante la Biennale d’Arte, affolla Campo Samuele anche per i padiglioni che occupano alcuni spazi di Palazzo Malipiero (ultimamente di Cipro e Iran). Visitate il Campo arrivando in vaporetto (fermata San Samuele) o sbucando dalle calli di Campo Santo Stefano: San Samuele non mancherà di sorprendervi. Note bibliografiche: “Campi Veneziani II” di Marina Crivellari Bizio, edito da F. Filippi (Venezia, 2004). “Le vicende storiche dell’antico Palazzo Soranzo (poi Cappello, Malipiero e Barnabò) a S. Samuele” di Giovanni Dolcetti, a cura di Alvise De Michelis (Venezia, 2007).
In questa pagina: Palazzo Malipiero. Nella pagina accanto: Campo San Samuele con la chiesa e Palazzo Grassi.
Marina Crivellari Bizio Veneziana DOC, studia alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Ca’ Foscari, specializzandosi in storia dell’arte e del costume veneziani. Dopo aver collaborato con l’associazione Amici dei Musei e Monumenti Veneziani ed essere stata Presidente del Centro Turistico Giovanile di Venezia, si è occupata di formazione per diverse associazioni, tenendo corsi di storia veneziana e conferenze. Ha scritto articoli per diverse riviste veneziane, collaborato con la Di Baio Editore Milano e pubblicato, con la casa editrice F. Filippi di Venezia, i volumi: “Campi veneziani I”, “Campi veneziani II”, “Palazzo Priuli Abadessa”, “Venezia da scoprire”, “Passeggiate sull’acqua, corsi e freschi”. Ha curato l’aggiornamento al testo ottocentesco “Curiosità Veneziane” di Giuseppe Tassini. Con la casa editrice Vianello Libri, ha pubblicato “Venezia & l’Eros”, ed è stata consulente storica per il libro “Venezia: i ponti” di Daniel Resini.
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Il 12 febbraio 2012 alle ore 12 e per 12 minuti l’angelo di Venezia ha volato con scarpe Reebok ai piedi
Quest’anno è stata Giulia Selero, Maria vincitrice lo scorso anno, a lanciarsi dal Campanile di Piazza San Marco per il tradizionale “Volo dell’Angelo”, sotto una folla festante. Un curioso ricorrere del numero 12 e un’altra novità caratterizzano questa edizione: l’utilizzo da parte di Giulia delle esclusive trainers RealFlex di Reebok. Le RealFlex rappresentano proprio il simbolo della capacità di Reebok nel realizzare nuove tecnologie capaci di adattarsi alle situazioni più estreme, di superare ogni confine, sia fisico che mentale. Lanciarsi dal Campanile, immagine di tanta leggiadria, è infatti un gesto atletico di grande
impegno, a cui è importante arrivare con la giusta preparazione. È per questo che Giulia si è allenata duramente con un CrossFit Trainer in una delle palestre Reebok CrossFit. Il CrossFit di Reebok, infatti, con i suoi esercizi completi e funzionali, non solo fornisce la giusta preparazione atletica, ma anche quella psicologica, necessaria per compiere un salto nel vuoto da 70 metri. Un evento davvero unico dove la tradizione si è unita all’innovazione tecnica e con Reebok lo ha fatto in grande stile, grazie alla sua capacità di portare i propri prodotti oltre i confini dello sport per renderli ideali in ogni situazione.
REALFLEX. L’EVOLUZIONE DEL MOVIMENTO NATURALE. RealFlex è una scarpa per l’allenamento slanciata e stilosa, pensata per le donne alla ricerca di un prodotto ultraleggero in grado di offrire la perfetta combinazione di supporto e stabilità. Progettata sulla base del movimento naturale del piede, RealFlex aiuta i piedi a muoversi e flettersi in modo naturale quando corri, salti e fai stretching. Una tecnologia che si fa sentire: RealFlex offre tutta la protezione di una scarpa atletica tradizionale e allo stesso tempo favorisce il movimento naturale del piede. La suola è progettata con “sensori” indipendenti e multidirezionali, ognuno strategicamente posizionato in modo da adattarsi a qualsiasi superficie di allenamento. I “sensori” lavorano insieme a ogni falcata, favorendo il movimento naturale e la flessibilità, mentre proteggono i tuoi piedi dagli elementi esterni. RealFlex ha una struttura minimalista ed è ideata per offrire supporto laterale senza sacrificare leggerezza e un’estetica accattivante. La nuova collezione RealFlex sarà disponibile in Italia a partire da febbraio 2012 e su www.reebok.com
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Arte
Appuntamenti con l’arte a Venezia by
Si chiama “Carnevalesco Veneziano” la mostra che apre la nuova stagione artistica e culturale del Caffè Florian di Piazza San Marco. Di Capua e il Carnevalesco Veneziano Dal 9 febbraio al 9 marzo, le sale del Caffè più antico del mondo faranno da sfondo a una serie di tavole fotografiche che l’artista Massimo Di Capua ha scattato negli anni scorsi, proprio all’interno del Florian. Grazie a un raffinato processo di post-produzione, le foto sono state elaborate con una tecnica che le rende simili a quadri dipinti a olio, accentuando in questo modo l’effetto di “viaggio nel tempo” che il lavoro dell’artista vuole trasmettere. «Massimo Di Capua – sottolinea Andrea Formilli Fendi, presidente del Caffè Florian – ha fissato col suo obiettivo alcuni momenti unici, quasi senza tempo. Le sue splendide foto sembrano istantanee scattate viaggiando in una “macchina del tempo”. Foto che ci riportano al Florian dei secoli passati e, in particolare, del XVIII secolo, quando Venezia viveva il momento più difficile della sua storia politica ma, allo stesso tempo, con il Carnevale, il momento più alto di un’apoteosi del divertimento che non aveva eguali al mondo. Di Capua ha voluto rendere omaggio al Carnevale di Venezia e al Caffè Florian con opere di una raffinatezza e una sensibilità uniche: le sue foto sono sicuramente “quadri” che, attraverso il mezzo fotografico, diventando icone di quel gusto tutto “veneziano” fatto di storia e tradizioni, che il mondo ci invidia». E, in proposito, il curatore Stefano Stipitivich aggiunge: «l’artista è riuscito a creare dei “tableaux vivants” che rendono perfettamente l’atmosfera che si respira a Venezia nei giorni del Carnevale. Le foto di Massimo Di Capua sono scatti unici, anche per la particolare tecnica usata, che permette il ritocco a mano e una finitura su tela, proprio come se si trattasse di un dipinto a mano. Come le opere d’arte del passato, le immagini riescono a ricreare la magia di quei giorni incredibili». Fino al 9 marzo @Caffè Florian Piazza San Marco - +39.041.5205641 - www.caffeflorian.com
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arte
Gennaro Favai Visioni e Orizzonti 1879-1958 Un’importante retrospettiva che si propone di riscoprire, ripercorrere e documentare, attraverso oltre duecento opere - tra dipinti, disegni, acquerelli e incisioni - l’itinerario creativo di Gennaro Favai (Venezia 1879-1958), artista complesso, formatosi nell’ambiente simbolista veneziano. Amico, tra gli altri, di Mario De Maria e Mariano Fortuny, Favai seppe muoversi con uguale disinvoltura tra Venezia, il vivace milieu cosmopolita di Capri e le grandi capitali culturali dell’epoca.
Fino al’11 marzo @ Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Ca’ Pesaro Santa Croce, 2076 - +39.041.721127- www.museiciviciveneziani.it
“Notes on Camp” «The essence of camp is its love of the unnatural: of artifice and exaggeration», scriveva Susan Sontag (“Notes on Camp”, 1964). La Jarach Gallery presenta il progetto “Notes On Camp”, ciclo di tre mostre che caratterizzeranno la sua programmazione primaverile. L’idea di Andrea Bruciati, responsabile scientifico, parte dalle premesse concettuali del celebre saggio di Susan Sontag, ponendolo in relazione con la produzione artistica più aggiornata ed evidenziando sia la singolarità che la stringente attualità dei suoi assunti.
Fino al 25 settembre @JARACH GALLERY Campo San Fantin, 1997 (San Marco) - +39.041.5221938 - www.jarachgallery.com
Elogio del Dubbio Il centro di arte contemporanea di Punta della Dogana-François Pinault Foundation presenta la mostra intitolata “Elogio del Dubbio”, a cura di Caroline Bourgeois. L’esposizione raccoglie opere storiche e nuove produzioni, di cui la maggior parte appositamente progettate per la sede di Punta della Dogana, che indagano la sfera del turbamento, la messa in discussione delle certezze in tema di identità, il rapporto tra la dimensione intima e personale e quella dell’opera. Una ventina gli artisti presentati nell’ambito di “Elogio del Dubbio”, di cui quasi la metà non sono mai stati mostrati nelle precedenti esposizioni della Fondazione François Pinault. Fino al 31 dicembre @CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA PUNTA DELLA DOGANA Dorsoduro 2 - +39.041.523168 - www.palazzograssi.it
Omaggio a Lorenzo Lotto Dodici opere: una piccola ma straordinaria esposizione che vede prestiti eccezionali mai concessi prima, come due capolavori provenienti dall’Ermitage e un quadro dal Monastero delle Paludi di Spalato: il “Doppio ritratto di coniugi” e la “Madonna con Bambino e angeli”. Promossa dalla Soprintendenza Speciale per il Polo Museale Veneziano, la mostra offre un percorso ricco e composito, che pone in dialogo le due opere, rispettivamente degli anni Venti e degli anni Quaranta del ’500, con altri dipinti di Lorenzo Lotto provenienti da musei europei e dalla collezione delle Gallerie dell’Accademia. L’itinerario artistico, curato da Matteo Ceriana, comprende, inoltre, dipinti e sculture coeve derivate da opere del maestro veneziano e documenti che contribuiscono a ricrearne il contesto storico artistico.
Fino al 26 febbraio @Gallerie dell’AccademiA Campo Della Carità - +39.041.5200345 - www.gallerieaccademia.org
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MODA
I marchi delle vetrine donna della P/E 2012: Acne
Lanvin
La parola d’ordine della collezione Acne P/E 2012 è sicuramente un comfort elegante, dai colori intensi ma delicati, come mostarda, turchese, pera, e dai tessuti leggerissimi, uniti a pelle e jeans. Si mixano i volumi e i capi, quasi a unire l’innocenza di una teenager e la consapevolezza di una donna chic di New York. Il lavoro di Johnny Johanssons è un perfetto meltinpot culturale.
Una collezione delicata, dai colori soft mixati con il nero e dalle forme che evocano uno stile dark romantico. Vero protagonista è il vestito che, con le sue spalle importanti unite a linee semplici, definisce lo stile inconfondibile di Elbaz: per donne elegantissime ma misurate, sia nel lavoro che nelle grandi occasioni. Anche la giacca viene proposta sia per il giorno (lunga e senza maniche) che per la sera (in versione tuxedo).
Carven Un marchio francese recentemente rinnovato, che è già la passione di buyers e fashion editors, per le sue linee che interpretano le tendenze in uno stile molto portabile. Nato nel 1945 per volontà di Madame Carven, la prima designer a proporre l’idea del lusso accessibile, Carven cattura l’inimitabile eleganza tipica delle donne parigine, affascinando allo stesso modo ora che la direzione del marchio è affidata a Guillaume Henry. Una moda sofisticata, ultrafemminile e accessibile.
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Céline Ancora una collezione dalle forme pulite, senza eccessi, caratterizzate da uno stile sofisticato e pudico. Phoebe Philo detta legge nel mondo del prêt-à-porter: la vita è segnata da grandi cinture e maxifibbie su sahariane dal taglio maschile. Molta la pelle di abiti e top a maniche corte, portati su gonne a tubo e pantaloni flare con decollète dai macro-platform e cinturini massicci. Le borse sono ancora una volta un must: il colore, spesso miscelato ma sempre con misura, si adegua alle linee pulite e geometriche tipiche della maison.
MODA
le scelte di Lori Abbigliamento. Stella Mc Cartney Lei stessa descrive la sua collezione in una parola: “Estate!”. Essendo la stilista ufficiale del team inglese alle Olimpiadi 2012,propone una collezione indubbiamente ispirata al mondo dello sport, ma impreziosita da movimenti barocchi che profilano asimmetricamente gli orli di gonne e abiti e i revers delle giacche, tono su tono, oppure con colori a contrasto. Non mancano i classici completi “tre pezzi” che, per l’occasione, si ammorbidiscono, con sovrapposizioni della stessa fantasia.
Lori abbigliamento Dal 1986 ha costruito un’importante esperienza nel settore dell’abbigliamento e degli accessori per il mondo femminile, sviluppando, di conseguenza, un’innata capacità comunicativa che permette di soddisfare i desideri e le più svariate richieste della sua clientela. Giovane e dinamico, lo staff interpreta in chiave ecclettica i più svariati stili, proponendo, oltre ai capi delle griffe prestigiose, abbigliamento e accessori selezionati personalmente nei frequenti viaggi presso le capitali europee e internazionali della moda. Due boutique a Mestre, un unico obiettivo: proporre sempre le ultime tendenze e i designer emergenti affianco ai classici, affinché ognuno possa trovare il proprio stile. Scopriamo dai marchi selezionati per le vetrine di Lori, quale sarà il mood di questa P/E 2012. Via Mestrina, 12 +39.041.989282 Galleria Teatro Vecchio, 6/8 +39 041 950076 30172 Mestre (Venezia) www.lorifashion.com
Balenciaga
Isabel Marant Una collezione dai due volti, quella di Isabel Marant per la P/E 2012: molto casual e colorata per capi dall’aspetto vintage, che rispettano le forme a cui ci ha abituato. Pantaloni skinny dai micro-risvolti e abiti corti super aderenti, ma anche vestiti più leggeri con pizzi abbinati a elementi etnici. Bella la maglia d’argento che, lavorata a tricot, si trasforma in un mini-dress dall’accento rock.
Sicuramente la nuova collezione estiva di Nicolas Ghesquière sorprende per l’uso di colori autunnali, quali l’oro brunito e il rosso mattone, che risplendono su tessuti lucenti, come sete e rasi, e forme iper-strutturate, futuristiche, quasi sportive, che creano un riuscitissimo effetto contrasto. No alle mezze misure: le gonne sono ampie longuette o micro-shorts. I pantaloni, invece, restano più classici, con la vita alta e il ritorno delle pinces.
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shopping
Chicche di stile “made in Venice”
Nina L’elegante boutique dal sapore francese si trova storicamente in Campiello San Rocco, proprio dietro alla Scuola Grande di San Rocco. Ma da poco più di un anno ha raddoppiato, presentando collezioni altrettanto raffinate in uno spazio davvero speciale in Campo Manin. L’anima di Nina, Daniela Soreca, non smette di proporre con gusto e originalità sempre nuovi marchi, che si distinguono per sofisticatezza, oltre che per essere al di fuori della grande distribuzione.
San Polo, 3130 - Campiello San Rocco - +39.041.8221085; Campo Manin, 4231 - San Marco - +39.041.2411263
Fabio Gatto Una lunghissima esperienza come agente di moda, un negozio a Treviso e un secondo a Jesolo sono le garanzie di un successo annunciato. Fabio Gatto, infatti, ha già conquistato veneziane e turiste con il suo stile sofisticato e sempre alla moda, con marchi come Coast+Weber+AHaus, Moncler, Henry Cottons, Tonello, L’Autre Chose. Grande attenzione è riservata alla comunicazione visual, che cambia ogni due settimane, per un effetto sempre molto accogliente, che trasporta all’interno del negozio, dove lo spazio, da lungo e stretto qual è, si allarga inaspettatamente.
San Marco, 3799 - +39.041.2411611
Arnoldo & Battois Dietro il marchio Arnoldo][Battois, ci sono due stilisti veneziani: Silvano Arnoldo e Massimiliano Battois. Consapevoli dell’esperienza professionale acquisita in diversi anni di lavoro, nel 2001 i due hanno accettato la sfida di creare una collezione di abiti e accessori con il proprio marchio e di testarla in prima persona, con l’apertura di uno spazio a Venezia. Il risultato? Oggi le creazioni di Arnoldo&Battois sono apprezzate a livello internazionale e la boutique veneziana rappresenta l’essenza delle loro collezioni, che sono sempre, come Venezia, un ricordo e un’unione di culture e ispirazioni diverse, accomunate dall’artigianalità. L’ensemble è sorprendente.
Calle dei Fuseri 4271 San Marco 30124 +39.041.5285944 - www.arnoldoebattois.com
Micromega Ottica “Arte degli occhiali” dal 2000, Micromega crea le montature più leggere e resistenti al mondo. La realizzazione, interamente manuale, prevede che ogni pezzo sia costruito su misura per il cliente e personalizzato fin nel più piccolo dettaglio, dalla commistione dei materiali ai colori. L’assemblaggio essenziale, nella tensione minimalista che ne costituisce la cifra, ha dato luogo alla conquista di brevetti internazionali. La creatività non conosce limiti: alle montature in filo di titanio, arricchite da corno naturale, legno o plexiglass – e tutte prive di viti, saldature o colle – si accostano lenti di alta qualità, tagliate e lavorate a mano con speciali frese, a ulteriore dimostrazione dell’unicità di ogni singolo paio di occhiali.
San Marco - Santa Maria del Giglio, 2436 - +39.041.2960765 - www.micromegaottica.com
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Flagship Store Milano Corso Venezia 53 www.aftershockitaly.it www.aftershocklondon.com
focus on
“Donne a Venezia”: creatività, economia, felicità.
Convegni, mostre, workshop, rassegne cinematografiche: Dall’8 all’11 marzo Venezia è rosa. Giulia Lama, Felicita Bevilacqua La Masa, Eleonora Duse, Olga Levi, Peggy Guggenheim: sono le grandi donne legate a Venezia a ispirare la manifestazione. La quattro giorni vedrà il suo apice venerdì 9 marzo, con il convegno “Le donne fanno l’economia” che porterà a Palazzo Ducale, dalle 15 alle 19, relatrici come Annamaria Tarantola, vicedirettrice della Banca d’Italia, Franca Audisio Rangoni, neo presidente di Aidda, Paola Profeta, economista della Bocconi, Monica d’Ascenzo, giornalista economica del Sole 24 Ore e, in attesa di conferma, il ministro del welfare e del lavoro Elsa Fornero. Obiettivo del convegno è indicare modelli positivi per le donne, e soprattutto per le giovani, condividendo esperienze concrete. «Il mondo sta cambiando – aggiunge l’Assessore Agostini – e i ritmi di questo cambiamento sono sempre più veloci. Sono le donne a fare questo cambiamento, e la società migliora nella misura in cui donne e uomini, insieme, contribuiscono a rivitalizzarla. Anche in modo creativo. Quella creatività che passa per il pensiero, per le azioni quotidiane: la creatività come dimensione responsabile dello stare al mondo». Cuore della manifestazione è Ca’ Pesaro, casa di Felicita Bevilacqua La Masa, che diventa sede dell’info point, degli stand delle imprenditrici e dell’esposizione di alcuni gioielli storici come i documenti dell’Archivio di Stato, oggetti di inestimabile valore esposti per la prima volta: dal carteggio della figlia di Marco Polo alla prima testimonianza di consorzio al femminile nell’800. Altri appuntamenti importanti sono la tavola rotonda transgenerazionale che si svolgerà presso l’Ateneo Veneto sabato 10 marzo dalle 10 del mattino, dedicata al Premio Immagini Amiche e ispirata alla risoluzione del Parlamento europeo (3 settembre 2008) sull’impatto del marketing e della pubblicità nelle pratiche di parità fra donne e uomini, con l’obiettivo di mettere in luce gli esempi positivi e denunciare quelli negativi. Ma sono previsti anche incontri musicali, aperitivi d’autore e visite guidate. Per l’occasione, infatti, le istituzioni culturali più prestigiose di Venezia apriranno le porte alla cittadinanza a orari inconsueti. Si finirà domenica 11 all’insegna dell’acqua, con la grande Regata delle donne su caorline. Per info: www.donneavenezia.it. Nella pagina accanto, dall’alto in senso orario ritratti di: Olga Levi, Giulia Lama, Peggy Guggenheim, Felicita Bevilacqua La Masa.
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Donne a Venezia è organizzato dall’Assessorato alle Attività culturali e Cittadinanza delle donne del Comune di Venezia e Comunicazione/servizio Europe Direct, in collaborazione con Camera di Commercio, Venezia Opportunità, Comitato per l'imprenditoria femminile, Cna. Il comitato d'onore, da cui tutto parte, è composto da: Ilaria Crotti, docente di Letteratura italiana contemporanea all’Università di Venezia, Presidente del Comitato; Francesca Cappelli, presidente Imprenditoria femminile della Camera di Commercio di Venezia e presidente Comitato Idea Donna del Cna: Francesca Bortolotto, imprenditrice, presidente Hotel The Bauers; Maristella Tagliaferro, giornalista, direttora responsabile di "Città & Mobilità Venezia" di Actv: Paola Mainardi, dirigente Confindustria Venezia: Tiziana Agostini, assessora comunale alla Cittadinanza delle donne, Cultura delle differenze, Attività culturali, Comunicazione, Città metropolitana, Decentramento, Servizi demografici. Segreteria organizzativa: Barbara Borsato.
books
I libri consigliati da Biblioteca della Moda di Diana Barbetta
Pierre Bergé
Deanna Farneti Cera
Editrice Archinto, pp.112 - euro 13,50
Officina Libraria, pp.288 - euro 50,00
Breve ma pregnante e significativo epistolario, in cui è possibile intravedere un aspetto di Yves Saint Laurent più intimo e inconsueto. Attraverso frammentarie lettere, scritte a partire dal luglio 2008, anno della scomparsa dello stilista, Pierre Bergé ne documenta l’assenza, che, come dice lui stesso, è «un’assenza sempre presente». Evocando il ricordo del suo compagno, suggerito dai luoghi vissuti da entrambi – dalla casa di rue de Babylone ai giardini di Marrakech – Bergé affronta il dolore della scomparsa, soffermandosi sul vissuto di Yves Saint Laurent e sottolineandone aspetti quali la fragilità e gli eccessi ma riconoscendogli, nel contempo, talento e genialità, come afferma espressamente in una sua famosa citazione:
Da “Vogue Francia” a “Vogue America”, da “Novità” a “Harper’s Bazaar”, da “Women’s Wear Daily” al “The New York Times”, passando per l“Herald Tribune»”: soffermandosi sull’editoria della moda dagli anni 50 in poi, non è difficile imbattersi in magnifici redazionali dedicati alle creazioni di Lyda Coppola, disegnatrice e fondatrice, insieme al fratello, della “Coppola e Toppo”, attiva dal 1948 al 1986. L’azienda, infatti, ha caratterizzato la Haute Couture francese a partire dalla fine degli anni Quaranta e ha contribuito a rendere grande la storia della nascente moda italiana, dagli anni Cinquanta in poi. Il gioiello è diventato protagonista, attraverso il sodalizio con diverse case di moda, divenute col tempo affezionate committenti: Emilio Pucci, Roberto Capucci, Germana Marucelli, Carosa, Biki, le Sorelle Fontana, Pino Lancetti, Patrick de Barentzen, Federico Forquet, Enzo, Ken Scott, Valentino, Krizia. In questo volume, Deanna Farneti Cera, specialista internazionale di bijoux d’imitation, ornamenti per la moda e bijoux de couture, traccia un interessante ricostruzione del percorso creativo di Lyda Coppola. Un’attenta ricerca, resa possibile da «un’autentica passione per i bijoux e i complementi di Coppola e Toppo», come afferma la stessa autrice. Un magnifico catalogo arricchito da 250 illustrazioni che raffigurano gioielli e accessori dal 1949 al 1976 e preziosi estratti dai servizi fotografici realizzati da Gian Paolo Barbieri.
Lettere a Yves Saint Laurent
«Se Coco Chanel ha liberato la donna, Yves Saint Laurent le ha dato il potere».
Coppola e Toppo, Maestri del Bijou
DENIM Una storia di cotone
e di arte
Editore Milano Fashion System, pp.160 distribuito presso Biblioteca della Moda euro 10,00
“Denim. Una storia di cotone e di arte” sintetizza in un pratico ed elegante formato gli aspetti peculiari del tessuto che, per eccellenza, ha contribuito all’evoluzione di un capo, ovvero il jeans, divenendone in seguito sinonimo. Un coinciso e dettagliato excursus che ne narra l’evoluzione storica e tecnica e l’applicazione nel settore moda. Il volume è, inoltre, implementato da interessanti focus, come quello sull’ascesa del jeans italiano, con i pionieri del Denim “made in Italy”. Il testo fornisce, infine, un lessico dettagliato, una mappa dei paesi produttori ed esportatori di tessuti e interessanti approfondimenti tecnologici.
“The Lifestyle Journal” dal numero di dicembre 2011 offre ai suoi lettori un’anteprima del panorama editoriale incentrato sul fashion system italiano ed internazionale. Un’interessante pagina dedicata alle news editoriali a cura di Biblioteca della Moda, il grande archivio nel cuore di Milano, nel quale gli appassionati possono consultare magazine, libri e quaderni di tendenza dal 1860 ad oggi. Per essere recensiti all’interno della nostra rubrica “Books” scrivete a Diana Barbetta d.barbetta@bibliotecadellamoda.it www.bibliotecadellamoda.it tel +39.02.83311200 Via Alessandria 8 20144 Milano
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sul lettino
Le maschere della mente
grafica Silvia Del Vesco
del Dott. Roberto Bonanomi
Ci sono maschere “cieche” che ci impediscono di vedere il mondo e gli altri, e maschere che potrebbero calzarci a pennello...
Giù la maschera che portiamo sempre! Spesso, con le persone che partecipano ai miei percorsi di coaching, faccio un “gioco”, che vi ripropongo qui. Mettetevi comodi e procuratevi un foglio di carta bianco formato A4 e una penna. Pensate ad almeno 4 aggettivi (due positivi e due negativi) che vi descrivano in termini personali o professionali, e scriveteli sul foglio. Fatto? Bene... Ora tenete il foglio con entrambe le mani a una distanza di circa mezzo metro da voi, in modo da poter leggere distintamente gli aggettivi che avete dato di voi stessi. Notate che, in questa posizione, avrete comunque la possibilità di guardarvi intorno, vedere quello che sta succedendo e interagire con gli altri. Ora avvicinate il foglio al vostro viso, sempre di più, come se fosse una maschera, sino a quando è talmente vicino agli occhi che gli aggettivi appaiono sfuocati e potete addirittura sentire l’odore del foglio di carta. Notate come, in questa posizione, la possibilità di guardarvi attorno sia molto limitata, se non nulla; di conseguenza, anche la possibilità di interagire con gli altri è notevolmente ridotta. Ora prendete il foglio di carta e, senza buttarlo, riponetelo in tasca o in un altro luogo dove sia comunque a disposizione, senza intralciare la vostra vita. Adesso potete certamente osservare il panorama, sorridere a chi vi sta attorno e anche mangiare un gelato! Non è meglio rispetto a prima?
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sul lettino
Su la maschera che non portiamo mai! Ma non è finita: l’altro gioco che faccio, subito dopo, è il seguente. Supponete che nel gioco precedente, e in tutta onestà, vi siate autodefiniti “timidi e introversi”. Questo, naturalmente, va benissimo (anzi, le persone timide e introverse mi sono particolarmente simpatiche). Ora, supponete anche che io abbia il potere magico di “portarvi via i ricordi”, cioè di causare un’amnesia totale sul vostro passato personale, senza intaccare le altre funzioni cognitive (il linguaggio, il ragionamento, le conoscenze enciclopediche etc.), così come quelle motorie/ sensoriali. Ora, siccome voi non sapete nulla di voi stessi, se vi convincessi che nel vostro passato eravate presentatori eccellenti, probabilmente non avreste alcuna difficoltà a salire su un palco e tenere una speach alla presenza di centinaia di invitati! Non
credete ciò sia possibile? Fate una prova. Per questo Carnevale procuratevi una maschera che in qualche modo vi incuriosisca e attribuitele, scrivendoli con una penna, un paio di aggettivi che pensate non essere tipicamente vostri. Ad esempio, essere più estroversi o timidi, più loquaci o taciturni, più seduttivi o impacciati: qualsiasi cosa che apparentemente non sia nelle vostre “normali” corde, insomma. Mettete ora la maschera ed “entrate nei suoi panni”, cioè abbandonate per qualche tempo la vostra “vera” (o presunta tale) identità, comportandovi come si comporterebbe “quell’altro/a” (e – mi raccomando – non scegliete identità particolarmente sfidanti... né, tantomeno, illecite: ci tengo a riavervi tutti tra i miei lettori!). Probabilmente all’inizio dovrete vincere una sorta di barriera emozionale che cercherà di impedirvi di agire come non siete abituati ma, dopo un primo sforzo iniziale, potreste sorprendervi a divertirvi nei panni di un altro e magari a scoprire lati di voi che fino a quel momento erano sopiti. Giocate un po’ con queste parti e, poi, tornate voi stessi, riponendo la maschera. Tutto tornerà come prima. Bè, non proprio tutto in realtà... Perché il ricordo di aver fatto qualcosa di inusuale (per voi), vi renderà un po’ più liberi (dalle vostre convinzioni) e, quindi, capaci di sperimentarvi in ruoli diversi. Addirittura, che ci crediate o no, potrebbe esservi utile per progettare un nuovo futuro, grande o piccolo che sia, per voi stessi e le persone a cui tenete.
grafica Silvia Del Vesco
Bene, se pensate che questo gioco non sia altro che una metafora per spiegare come talvolta il nostro senso del sé – quello che noi pensiamo e crediamo di noi stessi, la nostra “identità”, insomma – sia come una specie di maschera “cieca” che ci impedisce di fare le cose che per noi sono realmente importanti... Be’... Avete ragione! Perché in un certo senso è proprio così: spesso le convinzioni che abbiamo di noi stessi, ciò che consideriamo la “nostra identità” sono, metaforicamente, come una maschera “cieca”, che non solo ci impedisce di vedere il mondo e interagire con gli altri come vorremmo, ma che ci fa anche apparire in modo differente da come potremmo.
Roberto Bonanomi Psicologo, utilizza un modello di riferimento di tipo cognitivo-comportamentale di terza generazione, basato, tra altro, sulla mindfulness e sul teatro attivo (o “psicodramma”). Svolge attività di prevenzione, diagnosi, abilitazione-riabilitazione e sostegno in ambito psicologico, rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Realizza percorsi finalizzati alla crescita, al miglioramento e all’acquisizione di nuove competenze in ambito personale e professionale. Ha, inoltre, svolto incarichi manageriali nel contesto della consulenza organizzativa per più di dieci anni, è trainer e componente del comitato scientifico della Scuola di Palo Alto di Milano, nonché membro dell’associazione internazionale Society of Psychologist in Management (SPIM), dell’Association for Contextual Behavioral Science (ACBS), della Società Italiana di Terapia Comportamentale e Cognitiva (SITCC). Riveste anche la carica di Consigliere Tesoriere dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia e ha recentemente pubblicato il volume “La Mela che non mangio, come l’inconscio guasta i nostri progetti” (Scuola di Palo Alto Ed., Milano, 2011).
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TLJ ENGLISH VERSION
a cura di Chris Thomson e Mary Hegarty
Carnival: from its beginnings to today This second special issue on Venice is published to coincide with the city’s Carnival, one of the most famous and, of course, most fascinating in the world because of the mystery and pomp that surround it and continue to exert such an allure on us all. “The Lifestyle Journal” set off in search of the history and customs of this ancient, very Venetian festival plus, of course, the amazingly skilled artisans that continue its marvellous traditions in this modern era of ours. The Venice Carnival’s roots stretch back in time to the days of the Serenissima Republic when being masked or wearing costume guaranteed the kind of anonymity that swept away class barriers and allowed citizens not only unbridled fun but to publicly mock the local authorities and aristocracy. Such concessions were deemed to be “functional”, meaning that they helped calm the tensions and unrest that inevitably developed within a Republic that imposed very rigid strictures on public morality and order. Declared a national festival by the Republic’s Senate in 1296, the Venice Carnival originally lasted six long weeks, beginning on December 26th and ending on Ash Wednesday, the first day of Lent. During this time, the Venetians neglected the business of everyday life and devoted themselves wholeheartedly to fun, farce and the spontaneous displays put on by street entertainers all over the city. However, the heart of the action was, very much as it is today, in Saint Mark’s Square. It provided a magnificent backdrop to all kinds of street entertainers: acro-
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bats, jugglers, dancers, musicians and, of course, actors. The spectators were equally many and varied. People of all ages and social classes were involved. Quickly, however, rather risqué events and performances became popular and were staged in private homes, theatres and cafés. Increasingly sumptuous masked balls were held in all the great Venetian palazzos too and would often go on for days at a time. It was thanks to these events and the Commedia dell’Arte that what we regard as “modern” theatre was born in the 1500s. Aside from extravagant balls and parties, in fact, the leading Venetian families also began hosting in their own palazzos paid performances with masked actors improvising humorous plays from a repertoire of stock characters and a rough storyline known as Canovaccio. These were the very first real private theatres which, because of the large sums of money they earned, finally opened their doors to the lower orders in the 17th century. The theatre companies gradually became more professional and this produced the traditional Venetian masks. The status of the “mascareri” or mask-makers was officially recognised in a statute issued on April 10th 1436 and still preserved in the Venice State Archive. However, it was only in the XVII century that the profession really began to develop. THE MASKS One of the most famous masks from the Venetian tradition is the Bauta, which remains very popular even today. Worn by both men and women alike, it consists of a special white mask known as the “larva” which is worn with a black tricorno or three-cornered hat and a swirling dark cape known as a “tabarro”. The Bauta was widely used not only during Carnival but also in the theatre, at parties, romantic encounters and on any occasion the wearers needed the freedom to court or be courted in complete and mutual anonymity. The unusual shape of the mask itself meant that the wearer could comfortably eat and drink without revealing his or her face. The Gnaga (man dressed as woman) was another popular costume of the day as it was easy to put together and was also quite common. The wearer dressed in ordinary everyday women’s clothes plus a cat-like mask and also carried a basket on their arm which usually contained a kitten. The wears usually pretended to be a loud, vulgar lower class woman, issuing high-pitched shrieks and mews. Sometimes they would dress up as wet-nurses and be accompanied by other men dressed as babies. Many Venetian women, on the other hand, wore a small dark velvet mask known as the Moretta with a delicate cap and sumptuous velvet clothes. The Moretta was a mute disguise because it was held to the wearer’s face by a small bit held in his or her mouth (which is why it is also known as the “dumb maid servant”). The Commedia dell’Arte produced the other masks made famous by
Carlo Goldoni’s plays. The legendary Arlecchino (Harlequin), for instance, has his origins in the “Zanni” archetype of a poor, ignorant Bergamo farmer which, over the years, split in two: the sly servant or “primo Zanni” and the idiot servant or “second Zanni”. The costume – multicoloured patchwork top and breeches – is familiar to us all. Colombina (Columbine), on the other hand, was Arlecchino’s girlfriend: a sly, malicious, flirtatious character dressed in a tight bodice with a full skirt and an apron bedecked with pockets. Pantalone (Pantaloon), on the other hand, was the archetype of the Venetian merchant - elderly, miserly and lascivious - who later turned into a good, wise pater familias. His velvet or red fabric costume included a cap, red stockings and a bag for his “fortune”. SUCCESS The Venice Carnival began to gain an international reputation in the 1700s when it reached the very height of its splendour and became a tourist attraction that attracted thousands of visitors to the city each year. These were the days of Giacomo Casanova too. In 1797, however, Venice was occupied by Napoleon and his French army, and then later the Austrians, and the Carnival was cancelled in the old city centre because of fear of an uprising by the local populace. Carnival was only kept alive on the Laguna’s larger islands such as Burano and Murano. Although these Carnivals were comparatively muted, they were still lively, fun affairs. It was only in 1979 after a break of almost two centuries, that the Venice Carnival officially arose phoenix-like from its ashes. The revival came as a result of the hard work and commitment of various citizens’ associations, and logistical and economic assistance from the Municipality of Venice, the Teatro La Fenice, the Biennale and the various tourist boards and bodies. Within a few short years and thanks in part to the event and the city’s own high media profile, the Venice Carnival was proving as successful as it ever had been, even though the atmosphere and staging are very different nowadays. The 2012 Carnival will be the second under the artistic direction of Davide Rampello, a long-time president of the Milan Triennale, and will see the celebrations return to their very deepest roots in the Commedia dell’Arte and the theatre. So let’s take a look at the “botteghe”, the artisan workshops that carry on this ancient tradition and the fascinating handcrafted masks and costumes they produce. Carnival: the artisan workshops The hugely successful revival of the Carnival has also led to the rebirth of Venice’s artisan workshops which have themselves breathed new life and vigour into the city’s oldest traditions. People have once again begun studying and adopting the original techniques used to make the Venice
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masks and costumes which are becoming more sophisticated and sumptuous each year, well up to the standard of the golden age of the Carnival. Paying tribute to these very unique and individual workshops is vitally important as they are all too often confused with much more commercial ventures that have piggybacked on the Carnival’s success. We will try therefore to introduce our readers to the city’s finest artisans and, of course, to their incredibly fascinating world… Even their windows, crammed with glorious multicoloured masks and costumes, are breathtakingly beautiful. We decided to discover what goes on behind the scenes in the workshops where these very Venetian masterpieces take shape. The subject is more interesting than ever right because many of these fascinating little companies now offer short courses and workshops on making and decorating Venetian masks. It all starts with the mask-maker sculpting a face out of clay and then applying plaster to it to make the mould into which various layers of papier-mâché are pressed. These are then extracted from the mould and form the bare mask. From this point on, the imagination and skill of the mask-maker takes over as he or she decorates and creates something truly original. New applications, shapes and colours make every single mask unique. However, the classics and those derived from the Commedia dell’Arte (see page XXX) remain the firm favourites. Many masks are also inspired by animals and fairytale characters too. The Ca’ Rezzonico quarter of the city is home to a workshop that is particularly renowned for its glorious creations. Ca’ Macana was born of Marco Belloni’s passion for Venice and its traditions. The latter has proved so successful at his art, in fact, that he has worked on major theatre and screen productions including Eyes Wide Shut. Belloni became involved in mask-making almost for the fun of it in the 1980s. At the time he was an architecture student and began making his first masks and selling them on the streets of Venice at night for pocket-money. Soon, however, he became so passionate about his art that he gave up everything else and turned his hobby into his profession. He then devoted himself to refining his techniques and skill, studying ancient texts too and trying to put flesh on the bones of the descriptions he found. In fact, although masks were an incredibly important part of Venetian life and social relations until the end of the XVIII century, by the 1980s, little or nothing remained of the tradition. The entire history of Venetian masks had disappeared from the city’s culture and consciousness.
FROM SAN POLO TO SAN MARCO Other artisans noteworthy for the originality and quality of their work in the San Polo area of the city include Alberto Sarria and brothers Sergio and Massimo Boldrin of the Bottega dei Mascareri – the latter were the first to use Tiepolo-inspired decoration on their masks, in fact. Sarria, on the other hand, uses leather as well as papiermâché to make his masks. His bright windows are crammed with cheerful puppets: Pantalone, Casanova, the Faun, the Plague Doctor, and other female and noble characters. Over the years, his research into and experimentation with materials and techniques has developed into a highly personal and instantly recognisable style that has seen him participate in myriad prestige events. The Boldrin brothers’ creations too have been used in theatre productions (Californian Shakespeare Festival), on film shoots (Eyes Wide Shut) and for catwalk shows. Cross the Ponte della Canonica, with its bobbing gondola fleet, and head back towards Saint Marks. Carry on down the Fondamenta Osmarin and you’ll come to another artisan workshop that opened its doors in the 1980s. In addition to masks, however, Ca’ del Sol also sells traditional costumes, many vintage and made from luxury silks and brocades. What makes this workshop’s masks unique, however, is that they are made using starched lace to elegant, mysterious effect. THE ART OF COSTUME-MAKING The most famous of the costume makers, however, is Stefano Nicolao, who has been creating marvellous costumes for over 25 years. His creations are renowned for their historical accuracy, detailing and fabrics. Nicolao’s studio has over 10,000 costumes from various eras which are adapted, sold and rented out for parties, events and many, many highly successful film shoots. Nicolao has been nominated for Oscars for its work in films of the likes Farinelli, the Wings of Love and Elizabeth I. It should come as no great surprise therefore that visiting this wonderful workshop and witnessing at first hand Stefano Nicolao’s passion and skill is a huge privilege. Other famous Venice costume-makers include the Atelier Tiepolo and the Venice Atelier, the latter being the creation of Flavia Zorzo, who has been making and renting costumes and accessories inspired by the golden age of the Carnival (1500-1800) for decades. Signora Zorzo has also been involved in many illustrious events over the years too, including the Viva Mozart Exhibition at the Salzburger Museum Carolino Augusteum to commemorate the 250th anniversary of the birth of the great composer. To meet the needs of its many, many clients, on key Carnival days, the studio also moves to the Hotel Europa e Regina and the Museo Diocesiano di Sant’Apollonia. Atelier Tiepolo does likewise, taking up residence in the
Hotel Danieli in Carnival, so it can be available to anyone wanting to live the Venetian Carnival dream in the most authentic way possible. Discovering a Venetian square - San Samuele In this issue of “The Lifestyle Journal, entirely dedicated to Venice, we reveal the fascination of Campo San Samuele. It may be one of the city’s less well-known corners, but it’s full of artistic and historic interest, with links to the story of Giacomo Casanova and the great traditions of Venetian theatre and costume. Although it’s now known most of all for the museum of Palazzo Grassi, elegant galleries and refined shops, Campo San Samuele, has, in fact, an eventful, intriguing past related to us by Marina Crivellari Bizio, an expert in the history of Venice. In Venice’s urban landscape, the campo, or square, is a space defined by buildings. The word also means “field”, and its use in naming the city’s squares derives from the fact in the past the campi were used as grazing areas for livestock. The social, commercial and religious life of the Venetian people developed around these urban spaces, and they were also the setting for whole range of daily activities – markets, craft workshops, churches, children’s play and drawing water. The square of San Samuele is bordered by three buildings, the Church it is named after and the Palazzo Grassi and Palazzo Malipiero to the sides. The distinctive feature of the square is that it opens out along the Grand Canal on broadest side, so it can be seen from passing canal craft. Founded around 1000 AD with contributions from the Boldù family, the Church where the relics of the biblical prophet Samuel are kept had to be totally rebuilt after the fire of 1105. In the Gothic era it underwent a series of transformations, but the biggest change came in the 17th century, by which time the church had fallen into disrepair. It underwent a thorough renovation, and a bell tower was added. The building was extended further in 1915 by the painter Sezanne, who built a terrace in place of the top storey. Although the church’s architecture sometimes goes unnoticed, San Samuele is one of the city’s most intriguing structures. The parish associated with the church is famous is its own right, as it was home to a number of famous artists, including – Titian, Tullio, Sante Lombardo, Girolamo Campagna, Veronese, the critic Carlo Ridolfi and Pietro Liberi. What’s more, on 17th February 1724 it was here that Gaetano Casanova and Giovanna Maria Farussi (known as Zanetta or by her stage name “Buranella”) exchanged marriage vows. They were to become the parents of Giacomo Casanova, who was also baptised here. It was parish priest Giovanni Torsello who encouraged the young Casanova in his early church career.
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Giacomo took minor orders, and had hardly turned fifteen when he gave his first sermon in San Samuele, after which he received money and love notes from the ladies who had flocked to hear him! Born in 1725, Casanova was the illegitimate son of the nobleman Michele Grimani. Now a memorial is being erected on the site of the house in Calle Malipiero where Casanova was born. To the left of the church of San Samuele stands the Palazzo Malipiero, also known as the “Cà Grande” of San Samuele. Like all Venetian palaces, it has two main floors, but unusually each has its own stairway, watergate and independent door onto different calle, or streets. The second piano nobile is accessed through the older Byzantine doorway, while the main door gives onto the grand 18th century atrium. This in turn leads to the majestic apartment on the lower piano nobile, with a large monumental courtyard, the door onto the canal and the neighbouring 18th century Italianate garden with ancient box hedges and wonderful rose bushes. An architectural development reflecting three superimposed eras (Byzantine, Gothic and 17th/18th century) is typical of many Venetian palaces, expressing a freedom and harmony of structure that embody the picturesque rhythms and entrancing spirit of the city. The Palazzo Malipiero, in fact, was built by the Soranzo family between the 10th and 11th century in a Venetian-Byzantine style. It then became the property of the Cappello family and then the Malipieros. There is little information about the events that occurred in the Palace, although it is known that the parish church of San Samuele, thanks to the construction of the two nearby theatres between 1656 and 1676 and their enormous success, presided over a restless, dissolute lifestyle that soon influenced events at the Palazzo Malipiero. Not surprisingly, Casanova was a frequent visitor to the palace. He had now become the confidant of Senator Alvise II Malipiero, known as Gasparo. Inebriated by this atmosphere of frenetic pleasure-seeking, the Malipieros eventually sank into a passive decadence. In the 19th century, the disappearance of the theatres completed the decline that had begun with the fall of the city, leaving church and palace wrapped in a brooding silence. It wasn’t until 1950 that this corner of Venice began to regain some of its former cultural energy, as this was the year when the Palazzo Malipiero was acquired by the Barnabò family, thanks to the foundation of the Palazzo Grassi Centre. Palazzo Grassi was built in the late 18th century by the family it is named after, whose past was rooted in Bologna. The Grassi were entered in the “Golden Book” as Venetian citizens in 1646 and joined the nobility in 1718. In 1732, “By this public instrument (...), the noblemen Giovanni and Angelo Grassi, sons of the late Paolo, purchased for 22,000 ducats from the Tribellini fa-
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mily the houses and buildings comprising their property in the district of San Samuele». These houses were then demolished and the existing palace was founded on the site. The commission was given to the architect G. Massari in 1748. However, the work only finished at least twenty years later, on the occasion of the marriage of Giovanni Grassi and Margherita Condulmer. In 1840 Palazzo Grassi was sold to Spiridione Papadopoli, and then passed from one new owner to another. First was the “Accomandita Commerciale” company, which also restored the building, then came a singer called Poggi, followed by Giuseppe Augusto Schofft, an Austrian painter. Transformed into the “Grand Hotel de la Ville” and then the “All’Imperatore d’Austria” hotel, it retained this function through a further succession of owners. Eventually it became the property of the Greek baron Simeone Sina. Sadly lacking in any artistic sensitivity or awareness, he eventually completed the palace’s decline with the help of a German engineer. The ceilings were demolished and replaced by recessed panels in the rather stolid Austro-Hungarian style. The central salon was divided up to create four rooms and the ceiling fresco was relegated to a kind of false ceiling. More sympathetic restoration work was carried out in the early 20th century by the Stucky family, and in 1951 the Palazzo Grassi became the home of the International Centre of Arts and Costume and a display space for high quality exhibitions. For several years it has been the property of Francois Pinault, a modern patron, who has transformed it into a permanent gallery for contemporary – and often provocative – art, also exhibited in front of the Palazzo, on the Grand Canal. The crowds who came in the 1990s to enjoy the large exhibitions on the Phoenicians or Picasso have given way to a more select, refined clientele that comes to Campo Samuele during Venice’s Biennale d’Arte, also to visit the pavilions occupying some of the spaces in the Palazzo Malipiero, most recently the pavilions showing work from Cyprus and Iran. Visitors can reach the Campo by taking the vaporetto to the San Samuele stop, or via the alleyways from Campo Santo Stefano - San Samuele is sure to be an exciting surprise! Bibliographic notes: “Campi Veneziani II” by Marina Crivellari Bizio, published by F. Filippi (Venice, 2004). Le vicende storiche dell’antico Palazzo Soranzo (poi Cappello, Malipiero e Barnabò) a S. Samuele” (“The history of ancient Palazzo Soranzo (then Cappello, Malipiero and Barnabò) in S. Samuele” by Giovanni Dolcetti, edited by Alvise De Michelis (Venice, 2007). Appointments with Art in Venice Di Capua and the Venice Carnival The “Venice Carnival” exhibition opens the new art and culture season at the Caffè Florian in Piazza
San Marco. From February 9 to March 9 the interiors of the oldest café in the world will provide a setting for series of recent photos taken by the artist Massimo Di Capua with the café itself as the subject. Using a sophisticated post-production technique, the photos have been processed to give them the look of oil paintings, highlighting the impression of a “journey through time” that the artist’s work is intended to create. “Massimo Di Capua,” says Andrea Formilli Fendi, president of Caffè Florian, “Has used his lens to fix a number of unique, almost timeless moments. His wonderful photos seem to be shots taken while travelling in a time machine. They evoke the Florian of bygone times, and the 18th century in particular, when Venice was experiencing the most difficult period in its political history, but at the same time the Carnival was the high point of a unique spirit of carefree entertainment. Di Capua has sought to make a homage to the Venice Carnival and the Caffè Florian through works expressing unequalled refinement and awareness. His photos are nothing less than paintings using the medium of photography become icons of a distinctively Venetian appeal, inspired by the city’s history and traditions, that is the envy of the world.” The curator, Stefano Stipitivich, adds, “the artist has succeeded in creating “tableaux vivants” that are a perfect expression of the atmosphere in Venice at Carnival time. Massimo Di Capua’s unique photos are also created by using a very special technique that enables him to retouch and finish them by hand on canvas, as if they are totally hand-painted works. Like the art of the past, his images recreate the magic of those incredible times”. Until 9 Marzo@Caffè Florian - Piazza San Marco +39.041.5205641 - www.caffeflorian.com Tribute to Lorenzo Lotto Twelve works – a small but extraordinary exhibition with pieces that have never before been allowed out on loan, like two masterpieces from the Hermitage and a painting from the Monastery of Poljud in Split, the “Double portrait of spouses” and the “Madonna with child and angels”. Promoted by the special Office of the Museums of Venice, the exhibition offers a exciting, cohesive selection of pieces, setting up a dialogue between the two works from the 1520s and 1540s and placing them alongside other examples of Lorenzo Lotto’s work from European museums and the Accademia Gallery collection. The collection of items on display, curated by Matteo Ceriana, also includes contemporary paintings and sculptures drawn from the Venetian master’s oeuvres, as well as documents that help recreate the historical artistic context of the works in the exhibition.
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Until 26 February @GALLERIE DELL’ACCADEMIa - Campo Della Carità - +39.041.5200345 - www. gallerieaccademia.org”www.gallerieaccademia. org Gennaro Favai – Visions and Horizons 1879-1958 An important retrospective that proposes to rediscover, review and document, through more than two hundred works including paintings, drawings and engravings, the creative development of Gennaro Favai (Venice 1879-1958), a complex artist influenced by Venetian Symbolism. A friend of among others Mario De Maria and Mariano Fortuny, Favai was at ease in Venice, the lively cosmopolitan society of Capri and the great cultural capitals of the period. Until 11 March @ GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA DI CA’ PESARO - Santa Croce, 2076 - +39.041.721127- www.museiciviciveneziani.it “Notes on Camp” «The essence of camp is its love of the unnatural: of artifice and exaggeration», wrote Susan Sontag in her essay “Notes on Camp”, 1964. The Jarach Gallery presents the “Notes On Camp” project, a cycle of three exhibitions that shape its summer programme. The exhibition, conceived by scientific manager Andrea Bruciati, is driven by the conceptual premise underlying Susan Sonntag’s famous piece, placing it in relation to cutting edge artistic works and highlighting the uniqueness and intense modernity of its ideas. Until 25 September @JARACH GALLERY - Campo San Fantin, 1997 (San Marco) - +39.041.5221938 www.jarachgallery.com”www.jarachgallery.com The Eulogy of Doubt at the Punta della Dogana The Punta della Dogana - François Pinault Foundation centre for contemporary art presents an exhibition entitled “Elogio del Dubbio”, (“Eulogy of Doubt”), curated by Caroline Bourgeois. The exhibition includes past works and new productions, most designed specifically for the Punta della Dogana space. They form an investigation into anxiety, challenging our certainties regarding identity, the relationship between the personal, intimate dimension and the work. The “Elogio del Dubbio” involves the presentation of around twenty artists, and almost half of these have never before been shown in previous exhibitions staged by the François Pinault Foundation. Until 31 December @CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA - PUNTA DELLA DOGANA - Dorsoduro 2 - +39.041.523168 - www.palazzograssi.it
style tips made in venice Nina The elegant boutique with a French flavour in campiello s.Rocco, just behind the Scuola Grande of S.Rocco, has doubled in a very distinctive space in Campo Manin, showcasing refined collections such as Bash, Lola Parker and WayMC. The soul of the Nina project, Daniela Soreca, continues to offer a selection of new, tasteful and original brands whose sophistication and presence outside the mass retail world give them a special appeal. s.polo 3130 - campiello s.rocco - +39.041.8221085 / Campo Manin 4231, S. Marco +39.041.2411263 Arnoldo ][ Battois The Arnoldo][Battois brand is the work of two Venetian designers - Silvano Arnoldo and Massimiliano Battois. Backed by the professional experience built up over a number of years, in 2001 they accepted the challenge to create a collection of clothes and accessories under their own brand and to test its appeal first-hand by opening a space in Venice. Now their creations have gained an international reputation and the Venetian boutique embodies the spirit of their collections, which always, like Venice, evoke a blend of cultures and sources of inspiration, bound together by craft skills and awareness – creating a surprising result! Calle dei Fuseri 4271 - San Marco 30124 +39.041.5285944 www.arnoldoebattois.com” www.arnoldoebattois.com Fabio Gatto Long experience as a fashion agent, plus one shop in Treviso and another in Jesolo, are guarantees of success! Fabio Gatto has charmed Venetians and tourists alike with his sophisticated but always fashionable style, offering brands like Coast+Weber+AHaus , Moncler, Henry Cottons, Tonello and L’Autre Chose. There’s an intense emphasis on the visual element, which changes every fortnight - the result is an effect that’s always welcoming, drawing visitors inside where the long, narrow space opens out unexpectedly. 3799, S. Marco - +39.041.2411611 Micromega Ottica Micromega “Arte degli occhiali” (“The Art of Eyewear”) has been creating the world’s lightest yet toughest eyewear since 2000. The glasses are made entirely by hand, and every piece is constructed to measure for the client and personalised right down to small details, from the combination of materials to the colours. The clean, essential construction that is the hallmark of these products has won several international patents. Creativity is given free rein, and the titanium wire frames - embellished by natural horn, wood and
plexiglass, without any screws, soldering or glue – are mounted with high quality lenses cut and hand ground with special equipment that also expresses the unique nature of every single pair. San Marco - Santa Maria del Giglio, 2436 +39.041.2960765 – www.micromegaottica.com donne a venezia Conventions, exhibitions, workshops and movie events – from 8 to 11 March the spotlight in Venice is on women. Giulia Lama, Felicita Bevilacqua La Masa, Eleonora Duse, Olga Levi and Peggy Guggenheim are just some of the great ladies with links to city who have inspired this event. The climax of the four days comes on 9 March with a conference entitled “Le donne fanno l’economia” (“Womenomics”), when between 3 and 7 pm the Palazzo Ducale will welcome a series of illustrious speakers, including Annamaria Tarantola, deputy director of the Banca d’Italia, Franca Audisio Rangoni, new president of Aidda, Paola Profeta, an economist at the Bocconi university, Monica d’Ascenzo, economics writer for the Sole 24 Ore newspaper and Elsa Fornero, minister for work and welfare, although her participation is yet to be confirmed. The aim of the conference is to identify positive role models for the gender as a whole, but especially younger women, by sharing real-world experience. “The world is changing”, says minister Agostini, “And these changes are unfolding at an increasingly rapid rhythm. Women are driving these changes, and society will improve when women and men join hands to help provide new energy – creatively, too, with the kind of creativity that informs thought and everyday actions, creativity as a context for living in the world”. The heart of the event the Ca’ Pesaro, the home of Felicita Bevilacqua La Masa, which will become the location of the info point, stands for female entrepreneurs and an exhibition of several historic treasures like documents from the State Archives. These priceless objects, on display for the first time ever, range from letters by Marco Polo’s daughter to the first documentation of a women’s consortium in the 19th century. Other important events are the trans-generational round table at the Ateneo Veneto on Saturday 10 March from 10 am, dedicated to the Immagini Amiche Prize and inspired by the resolution passed by the EU Parliament on 3 September 2008 regarding the impact of marketing and advertising on gender equality, with the aim of highlighting positive examples and exposing negative practices. There will also be musical interludes, celebrity aperitifs and guided visits. The city’s most prestigious cultural institutions will introduce some unusual opening times to welcome the citizens of Venice to their collections. Water is the theme on Sunday 11, with the grand women’s Regatta on traditional caorlina craft. For more information, visit www.donneavenezia.it.
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The Lifestyle Journal al Casinò di Venezia fotografie di Graziano Piovesan
Gli eventi del carnevale al Casinò The Lifestyle Journal ha ospitato il cocktail di anticipazione di questo numero veneziano presso le meravigliose sale di Cà Vendramin Calergi , sede del Casinò di Venezia. Una serata speciale, con molti ospiti che hanno voluto festeggiare con noi. In questi giorni le stesse sale del Casinò ospitano le serate ufficiali del Carneveale di Venezia, con le serate Casinò Burlesque. Spettacoli a tema d’ambientazione burlesque con artiste di rilevanza internazionale e curate dalla Direzione Artistica del Carnevale 2012, in un ambiente esclusivo, coerente con il fascino ed il mistero delle artiste che si esibiranno sui palchi, il tutto accompagnato da un menù appositamente studiato per l’occasione dal ristorante del Casinò di Venezia. La serata si concluderà nel salotto dei giochi classici del Casinò di Venezia, oppure nel nuovissimo “CAPSULA ”, esclusiva tensostruttura di circa 300 metri quadrati dagli arredi preziosi e sofisticati installata nel giardino del palazzo. Pareti e soffitto completamente trasparenti, per un piacevole effetto en plain air, ospiteranno tutte le sere feste glamour che culmineranno il 16 febbraio con il “Gran Galà Pineta Visionaire di Milano Marittima”, il club più famoso d’Italia, il 17 con “Masquerade”, il 18 con la festa “Chapeau, tanto di cappello”, per concludersi martedì 21 febbraio con “Carnevale. Il Gran finale”. Il tutto sulle rive del Canal Grande, sotto il cielo di Venezia. Per info e prenotazioni : booking.carnevalevenezia@gmail.com, tel. +39 .041.2412988, per Capsula: parente@relative.it
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947 CLUB - +39.041.5285686 - www.947club.com - Krouge Lounge Bar @ PALAZZINA GRASSI - Sestiere di San Marco, 3247 - +39.041.5284644 - www. palazzinagrassi.com - B BAR LOUNGE - Sestiere San Marco, 1459 - +39.041.5207022 - SKYLINE ROOFTOP BAR @ hilton molino stucky- Giudecca, 810 - +39.041.2723311 - www.molinostuckyhilton.com
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ANTICHITÀ PIETRO SCARPA - Dorsoduro 123 - +39.041.5285348 - www.scarpa1953.com - ARCHIMEDE SEGUSO - San Marco, 143 - +39.041.739234 - www. aseguso.com - ARNOLDO BATTOIS BOUTIQUE - Calle dei Fuseri, 4217 - San Marco - +39.041.5285944 - www.arnoldoebattois.com - ASTOLFO - San Marco, 738 - +39.041.5233443 - BLACK WATCH - San Marco, 4594- +39.041.2447392 - www.blackwatchtwo.com - CAMICERIA SAN MARCO - Campo Sant’Angelo, 3627 (Codognato) - San Marco, 1295 - +39.041.5221432 - www.shirtvenice.com - CRISTINA LINASSI - San Marco, 3537 - +39.041.5230578 - www.cristinalinassi. it - FABIO GATTO - San Marco , 3799 - +39 0422 911607 - www.fabiogatto.com - HIBISCUS - San Polo, 1060- +39.041.520898 - KIRIKÙ - San Polo, 1463 +39.041.2960619 - LE ZOIE VENEZIA di Michele dal Bon - Calle dei Boteri, 1566 - +39.041.2758694 - www.lezoie.com - LIBRERIA TOLETTA - Dorsoduro, 1213 - +39.041.5232034 - www.libreriatoletta.it - L’ISOLA DI MORETTI GIOVANNI - San Marco, 1468 - +39.041.5231973 - www.lisola.com - MICROMEGA OTTICA - Campo S. Maria Del Giglio , 24/36 - +39.041.2960765 - www.micromegaottica.com - NINA - San Polo, 3130 - Campiello San Rocco - +39.041.8221085; Campo Manin, 4231 - San Marco - +39.041.2411263 - OFFICINE 904 - Calle Seconda dei saoneri - San Polo, 2671 - +39.041.8223227 - www.officine904.it - OTTICA BORGHESE - San Marco, 4373 - OTTICO FABBRICATORE - San Marco, 4773 - +39.041.5225263 - www.otticofabbricatore.com - POT-POURRI - San Marco, 1810-1811 - +39.041.5221332 - www.potpourri.it - SEGALIN A VENEZIA - Via San Pio X, 30 - +39.041.984401 - www.segalin.it - SEMENZATO PELLICERIA di LUISA SEMENZATO - San Marco, 732 - +39.041.5231412 - www.luisasemenzato.com
ARTE
BAC ART STUDIO Rio Terà San Vio, 862 +39 041 5228171 - www.bacart.com - CENTRO D’ARTE CONTEMPORANEA - PUNTA DELLA DOGANA - Dorsoduro 2 - +39.041.523168 - www.palazzograssi.it - CONTINI - Via S. Marco, 2765 - +39.041.2410433 - www.continiarte.com - GALLERIA INTERNAZIONALE D’ARTE MODERNA CA’ PESARO - Santa Croce, 2076 - +39.041.721127- www.museiciviciveneziani.it - GALLERIE DELL’ACCADEMIA - Campo Della Carità - +39.041.5200345 - www.gallerieaccademia.org - JARACH GALLERY - San Marco Campo San Fantin, 1997 - +39.041 5221938 www.jarachgallery.com - FONDAZIONE BUZIOL Palazzo Mangilli-Valmarana Cannaregio 4392 +39 041 5237467 www.fondazioneclaudiobuziol.org - FONDAZIONE GUGGENHEIM Dorsoduro, 704 +39 041 2405411- www.guggenheim-venice.it - FONDAZIONE PRADA Santa Croce, calle de Ca’ Corner 2215 +39 041 81 09 161 - www.fondazioneprada. org - FONDAZIONE QUERINI STAMPALIA Sestiere Castello, 5252 +39 041 2711411 - www.querinistampalia.it - VENICE DESIGN San Marco 3146 +39 041 5207915 - www.venicedesignartgallery.com
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