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FOCUS ON: ACCESSORI MODA IL PERSONAGGIO: Renato Borghi, FederModaItalia TLJ Shooting on Accessories
N° 11 | Gennaio 2012 | MILAN COOL DIARY
07 7 IL PERSONAGGIO “Su la cler!”: intervista a Renato Borghi, Presidente Provinciale di FederModaMilano. 13 DOSSIER ACCESSORI Dalle scarpe alle borse, dalle cravatte ai cappelli, ecco il mercato che tiene. 23 DOSSIER ACCESSORI L’auto come accessorio: Land Rover rilancia il mito Defender. 24 STORIE DI FAMIGLIA Valigeria Beretta: un passo dopo l’altro. 38 moda Gli accessori in passerella. Outfit: il piacere dell’accessorio.
è registrato presso il Tribunale di Milano autorizzazione numero 672 del 21 dicembre 2010
ANNO I - NUMERO 11 - Gennaio 2012 Edito da: BIBLIOTECA DELLA MODA Corso Colombo, 9 20144 Milano THE LIFESTYLE JOURNAL Via Alessandria, 8 20144 Milano +39.02.83311202 redazione@thelifestylejournal.it www.thelifestylejournal.it
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43 DOSSIER ACCESSORI Shooting on Accessories.
60 BOOKS I libri consigliati da Biblioteca della Moda.
52 milano inside/out Intervista doppia: i signori dell’abito e dell’accessorio
62 WEEKEND FUORI PORTA Livigno: la settimana “rosa”.
55 shopping Occhiali e guanti, cinture e cappelli: i migliori artigiani dell’accessorio di lusso a Milano. 58 arte L’uomo che fece Vogue. Steichen a Milano Marylin, la Transavanguardia italiana: appuntamenti con l’arte a Milano.
DIRETTORE RESPONSABILE Giovanna Caprioglio COLLABORATORI DI REDAZIONE Alessia Giorgia Pagano, Diana Barbetta, Giulia De Giorgis sviluppo grafico e impaginazione Silvia Del Vesco Progetto creativo Spazio Younique In copertina immagine tratta dall’archivio di Biblioteca della Moda Novità - n° 97 - Novembre 1958.
63 IMMOBILI DI PRESTIGIO La rubrica degli immobili di pregio di “The Lifestyle Journal”. 64 INDIRIZZI LIFESTYLE Ristoranti, locali, arte, Milano Shopping Club, hotel. 66 TLJ SHOPPING CLUB
PUBBLICITÀ Milano Fashion Media +39.02.58153201 www.milanofashionmedia.it info@milanofashionmedia.it PUBLISHER Marco Poli STAMPA Grafiche Antiga Via delle Industrie, 1 31035 - Crocetta del Montello (TV)
www.st-santandrea.it
www.studiomarcotricomi.com
IL PERSONAGGIO
Su la cler! di Giovanna Caprioglio e Alessia Giorgia Pagano
Su la testa e su la cler: quella dei negozi, che, specialmente a Milano, specialmente adesso, hanno molto da dire alle Istituzioni, dal Comune in su...
un grido quello che si leva da parte degli esercenti moda. Un “cahier de doleance”, fatto di orgoglio e di rabbia: contro la crisi, ma non solo… “The Lifestyle Journal” ne parla con chi dei negozi plurimarca è il rappresentante: Renato Borghi, appena riconfermato Presidente Provinciale di FederModaMilano, nonché, da alcuni anni, Presidente di Federazione Moda Italia e Vicepresidente Delegato di Confcommercio. Over 60, milanesissimo, commerciante, Borghi incarna alla perfezione le passioni della categoria, che va dal dettaglio all’ingrosso, da Prada a H&M. È uno che non le manda troppo a dire, lui, e che anzi, ora più che mai, si sforza instancabilmente di gridarle a gran voce, soprattutto chiamando in causa le Istituzioni e prendendo parte a innumerevoli tavole rotonde sul tema. Lo incontriamo proprio dopo il convegno “Moda: la distribuzione multimarca tra vecchie crisi e nuove opportunità”, in svolgimento il 21 novembre scorso a Milano. Per l’occasione, dopo il saluto di Carlo Sangalli, Presidente di Confcommercio Imprese per l’Italia e un’introduzione dello stesso Borghi, la parola è passata al sociologo prof. Enrico Finzi, Presidente di AstraRicerche, che ha presentato i risultati di uno studio sul “sentiment” degli Italiani e le tendenze di acquisto per il 2012. Una cartina al tornasole sulle previsioni di consumo dai risultati per nulla incoraggianti, soprattutto per quanto riguarda il fashion… La maggioranza dei consumatori risulta preoccupata, depressa, pessimista riguardo al futuro, e disposta a comprare solo prodotti che, a pari qualità, presentino prezzi più contenuti. Le griffe pesano sempre meno sulla scelta e, tra le spese da ridurre nell’immediato, svettano abbigliamento e calzature. Tutto ciò in un momento in cui le vendite al dettaglio del comparto, che pure detengono il 38% della quota di mercato, versano in una crisi conclamata. È ora di tirare su la cler!
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IL PERSONAGGIO
Signor Borghi, partiamo dai dati di fatto: come la crisi si riflette sui consumi? Il discorso è lineare: se la gente ha fiducia nel proprio futuro e pensa che da un punto di vista economico non avrà grossi problemi, perché comunque avrà garantito il proprio posto di lavoro e avrà un futuro per i figli che si affacciano sul mondo del lavoro… Ecco, in un contesto di questo tipo, la gente è propensa a consumare. In un contesto di incertezza, invece, quando le persone vedono che i mercati finanziari internazionali ci mettono sotto attacco, che i governi non hanno stabilità e non riescono a chiudere con le riforme che annunciano e così via, allora il clima di fiducia crolla, e con esso anche i consumi. Lei è appena stato riconfermato Presidente Provinciale di FederModaMilano: quali interventi ritiene auspicabili? A livello provinciale non si può domandare molto alle Istituzioni. A seguito della modifica del Titolo V della Costituzione nel 2001, le politiche del Commercio sono di competenza esclusiva delle Regioni ma, in questa fase, le politiche stanno sempre più dipendendo dal centro, e quindi dal Governo. Tuttavia, possiamo chiedere al Governo di avere attenzione a non gravare ulteriormente sulle aziende, con nuove imposte, tributi o tasse locali e, soprattutto, di non assumere iniziative che in qualche modo possano danneggiare ulteriormente il commercio, minando i già esausti margini delle attività. Il che significa – lo ribadisco – evitare di gravare con le imposte e liberalizzare più del dovuto, senza tra l’altro guardare a cosa avviene in Europa. Il tema è più che mai “caldo”. Restando a Milano, quali sono le criticità maggiori della città? FederModaMilano in questo momento, pur riconoscendo i problemi legati all’inquinamento, al traffico e quant’altro, ritiene che l’introduzione dell’Ecopass, come pure di questa cosiddetta “congestion charge” (o Area C, ndr), andrà a gravare ulteriormente sulle aziende. Allo stesso modo, sosteniamo che tutte le volte in cui, in una città terziaria come Milano, si impedisce o comunque si limita in qualche modo la mobilità, si creano problemi e danni. Altra grossa questione è quella delle “finestre” della viabilità, ovvero degli orari in cui è possibile effettuare consegne. Si tratta di limitazioni molto ristrette, che creano problemi di rifornimento ai negozi, obbligandoli a subire costi maggiori e carenze di servizio ai clienti, anche per quanto riguarda le consegne a domicilio. Si pensi solo al mio settore, in cui spesso devono essere fatte consegne negli alberghi ai turisti. Turisti che vengono a comprare a
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IL PERSONAGGIO
il vademecum del retailer secondo astraricerche
RICAMBIO GENERAZIONALE per Stimolare il
innovare le imprese familiari
3 “M”
Accettare la regola delle : il consumatore vuole comprare
MENO, MA MEGLIO Accettare la fine dell’equazione “prezzo alto”=”alta qualità”
QUALITÀ, a PREZZI ABBORDABILI
Puntare sulla
Accogliere la crescente domanda di
GARANZIA
da parte dei consumatori: certificazioni di origine, naturalità, purezza, esperienza, credibilità, sicurezza, controlli, costanza, orgoglio, passione
SEMPLICITÀ
: Perseguire la accessibilità, reperibilità, trasportabilità, usabilità, informalità
NUOVE TECNOLOGIE per Avvalersi
delle
comunicare
Abbandonare la comunicazione monodirezionale top/down a favore della
COMUNICAZIONE A DUE VIE, paritetica e colloquiale Ristabilire un rapporto umano
“ONE
TO ONE”, con i propri clienti Puntare sull’abbigliamento
CASUAL, non troppo formale o classico sportivo
MADE IN ITALY
Puntare sul
PRIVATE LABELS o marchi privati ovvero Puntare sulle
scegliere produttori di capi di qualità da etichettare con il proprio marchio d’azienda
GRUPPI DI ACQUISTO e FARE RETI DI IMPRESE Creare
Milano e hanno fretta perché devono ripartire. Il discorso naturalmente riguarda anche l’Amministrazione di adesso, quando si mette a discutere delle piazzole di carico e scarico… Per non parlare del blocco del traffico nel ponte di Sant’Ambrogio: quello proprio non l’abbiamo digerito. I nostri negozi di abbigliamento hanno registrato un calo medio del 37% venerdì 9 dicembre e una vera e propria giornata nera sabato 10 dicembre, con un - 48% e cali record dell’80% in alcuni negozi periferici. Per non parlare della strada scelta dal Comune di Milano di comminare sanzioni agli operatori commerciali che non tenevano le porte dei negozi chiuse: un’azione ancora una volta fortemente persecutoria e a danno degli operatori del commercio. Anche in quell’occasione, abbiamo chiesto di attivare un tavolo di confronto per verificare a 360° le ricadute dei provvedimenti sull’intera città, dai cittadini alle imprese. Quali potrebbero essere le soluzioni alternative al traffico? Siamo tutti d’accordo sul fatto che si debbano trovare delle soluzioni, ma le soluzioni devono anche tener conto del fatto che una città metropolitana come Milano si deve poter muovere. La soluzione ai problemi del traffico, quindi, non può essere quella di impedire il traffico… I provvedimenti dovrebbero essere altri… Tanto per dire, sono 15 anni che nel cassetto c’è un progetto elaborato da Metropolitana Milanese, per fare un tunnel che attraversi la città di Milano e a cui siano collegati tutti i negozi, con magazzini sotterranei, un po’ come quello che c’è a Oslo… 15 anni di un progetto su cui ovviamente si sono spesi dei soldi e che ora è lettera morta… Rivolgendosi al Comune di Milano, quali sono le istanze di FederModa? Cosa chiedo io per il settore? Che la città sia più efficiente e più attenta nello sviluppare strategie di marketing territoriale, una caratteristica in cui di certo non eccelliamo. Eppure Milano è la seconda meta turistica d’Italia dopo Roma, anche se molti si aspetterebbero che non fosse così… Si tratta di un turismo prevalentemente di affari, certo, ma sta crescendo sempre di più la quota di quello leisure. Il punto è questo: garantire alla città, attraverso un’operazione di marketing territoriale, un afflusso sempre maggiore di turisti e convincere la gente a fermarsi qui una notte in più. Questa è una responsabilità delle Istituzioni: del Comune, principalmente, ma anche della Provincia. E su questo noi chiediamo che si investa, per portare sempre più turisti stranieri, sempre più persone che poi vengono a comprare qui il prestigioso “made in Italy”, una parte rilevante
del volume d’affari dei negozi del centro. La Camera di Commercio ha il compito di monitorare i dati sui consumi delle famiglie milanesi: in che modo la città si differenzia dal resto d’Italia? Anche se non eccessivamente, i consumi milanesi si differenziano sempre e comunque da quelli nazionali. Ciò accade perché le famiglie milanesi hanno un reddito più alto della media nazionale o lombarda e, di conseguenze, una maggiore spesa media mensile. Per ciò che riguarda i consumi “interni”, direi che le situazioni non sono assimilabili; quanto a quelli prodotti da turisti e stranieri, è difficile fare una media: probabilmente la percentuale si stacca molto dal resto d’Italia nelle vie del centro, in Montenapoleone e nel Quadrilatero. A dimostrazione di quanto la crisi si rifletta sulle attività commerciali, poi, va notato anche come le percentuali dei saldi negativi siano più basse a Milano rispetto al resto d’Italia. Questo perché le aziende qui sono un po’ più strutturate e se anche la crisi morde, morde un pochino meno: tutto sommato, ci troviamo in una zona di vantaggio, di protezione. Proprio perché Milano è la città della moda e la gente viene qui ad acquistare… Sì, e viene qui anche più che a Roma… Un tempo, per fare polemica, si diceva che via dei Condotti era più cheap e che lì l’abbigliamento costava meno… In realtà, a Roma c’è una varietà maggiore, con un’offerta nel settore medio-basso più rilevante che a Milano. Tuttavia resto convinto del fatto che se uno viene da fuori e vuole
In apertura: interno di Sun68 Flag Store Nella pagina accanto, dall’alto: La Perla uomo; Sun68 Flag Store In questa pagina: Bottega Veneta in Montenapoleone
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IL PERSONAGGIO
andare nella città che gli garantisce più soddisfazione a livello moda, viene a Milano, non va a Roma. Lì ci si va perché è la città più bella del mondo… Più bella anche di Parigi! C’è qualche categoria di prodotti che ha risentito meno della crisi? Il “made in Italy” ha tenuto? È un discorso delicato… Chiaramente credo che il lusso e le griffe abbiamo tenuto meglio: i dati recentemente diffusi da Altagamma parlano addirittura di trionfi straordinari, dovuti anche, e soprattutto, all’export… Ma, appunto, si tratta di dati che riguardano solo un determinato settore. Il resto, invece, ha sofferto, inclusi i negozi plurimarca più prestigiosi, che trattano anche le griffe, con un calo dei ricavi altamente significativo nell’autunno/inverno. Ad eccezione del lusso, insomma, tutti hanno sofferto: dall’abbigliamento alla pelletteria, passando per le calzature. Un’eccezione può essere costituita dall’accessorio: l’occhiale o la borsa restano comunque uno status symbol. Insomma, laddove non ci si può permettere il cappotto, si comprano la cintura e il portafoglio. Visto che è appena terminato Pitti Uomo, cosa ci può dire dei consumi maschili? Il settore, in particolar modo per il classico e il medio, probabilmente soffre in misura leggermente maggiore, perché la donna tendenzialmente compra di più e compra prima: è sempre stato così e lo è a maggior ragione in questo momento. Inoltre, c’è un maggior impulso al consumo di informale e sportswear. Come si sviluppa la comunicazione di FederModa? FederModaMilano associa sia tutti i grandi brand del centro, sia la merceria in fondo a via Pacini… Perciò non interveniamo direttamente sui media e non facciamo campagne di marketing merceologico a favore dei nostri soci, primo perché sono loro stessi a non volerlo, e poi per difendere la pluralità dei soggetti che rappresentiamo. I nostri interventi mediatici riguardano per lo più commenti a provvedimenti istituzionali assunti o stimoli ad assumere certi provvedimenti… Abbiamo, per esempio, preso posizione contro l’aumento dell’IVA: è un fatto che interessa tutti i nostri soci perché, aumentando l’IVA, diminuiscono i consumi. Abbiamo poi espresso soddisfazione sulla recente approvazione da parte della Regione Toscana di una legge regionale sugli outlet, sulla falsariga di quanto richiesto dalla nostra Federazione a livello nazionale. Così come, a livello confederale, abbiamo promosso
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su tutto il sistema organizzativo una forte campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione, per manifestare la ferma contrarietà a provvedimenti come le liberalizzazioni nel solo settore commerciale, che incideranno fortemente sulla gestione delle imprese già significativamente provate dal perdurare della crisi in rapida trasformazione verso la recessione. Nella giornata di domenica 18 dicembre e, per alcune testate, di lunedì 19 dicembre abbiamo acquistato un’intera pagina per argomentare le nostre ragioni, puntando soprattutto sul diverso atteggiamento che il Governo ha riservato ai vari settori produttivi. Parlando dei commercianti indipendenti, come dovrebbero comunicare al consumer finale in questo particolare momento? Noi commercianti indipendenti scontiamo la posizione più esposta all’interno della filiera. Banalmente, un negozio monomarca ha una logica comunicativa molto semplice: ad esempio, sono XXX, sono il meglio, sono la firma più imitata e più ricercata del mondo, punto, finito lì… I negozi plurimarca, invece, inclusi quelli più prestigiosi, sono caduti in una trappola: l’avere utilizzato per tanti anni la leva del marchio che si vende da sé. La classica dinamica per cui il cliente entra e dice: «voglio quel capo lì»… Oggi questo non può più funzionare. Il che è, appunto, il tema del convegno “Moda: la distribuzione multimarca tra vecchie crisi e nuove opportunità”… Esatto. Io credo che mai come ora le modalità di comunicazione debbano essere distinte. I plurimarca, in particolare, devono cominciare a lavorare su un messaggio del tipo «vieni da me, perché io sono in grado di farti da consulente e darti delle garanzie, al di là del prestigio dei marchi che ho in vetrina. Vieni da me perché sono io a saperti consigliare e suggerire il meglio». Un’altra soluzione alla crisi, che va sempre in questa direzione, è quella di introdurre all’interno dei negozi delle private label, che affianchino le griffe prestigiose… È un’operazione che i più accorti stanno già facendo da tempo, col risultato che la cliente, oltre a comprarsi il tailleur da 1.500 euro, è contenta perché si porta a casa un altro paio di prodotti di alta qualità e garantiti “made in Italy,” senza il marchio della griffe, ma anonimi o con l’etichetta del negozio (la cosiddetta private label, ndr). Il senso è riappropriarsi un po’ della funzione professionale che i plurimarca svolgevano un tempo e del rapporto “one to one” con la propria clientela. È un processo difficile e non rapido, ma fattibile.
Sempre parlando di comunicazione, l’invito è quello di aprirsi sempre di più alle nuove tecnologie… Sì, la comunicazione sulla sola carta stampata non basta più. Bisogna integrare diversi media, incluse le radio private, locali e nazionali, sempre molto ascoltate e, soprattutto, internet. Mi viene in mente proprio “The Lifestyle Journal” che, oltre al cartaceo, ha un’importante mailing list, data dai contatti di Biblioteca della Moda e da quelli acquisiti nel tempo, come pure Milano Shopping Club, una rete di prestigiosi retailer… Ma secondo lei i negozianti hanno capito l’importanza di internet? Sono ancora indietro, ma la quota di utilizzo cresce: ci sono buone speranze.
In questa pagina: Hugo Boss Special Concept Store a New York
IL PERSONAGGIO
GLI ITALIANI E I CONSUMI •
la maggioranza dei consumatori è preoccupata, depressa, pessimista riguardo al futuro
•
c’è una tendenza generale a voler comprare, ma a prezzi più ragionevoli
•
i “pessimisti” sono per lo più cinquantenni (da 45 a 54 anni), costituiti dal 68% dei salariati e dal 68% dei pensionati, residenti soprattutto nelle regioni “basse” del Centro Italia
•
i più positivi sono giovani tra i 18 ed i 34 anni di ceto medioalto, costituiti dal 54% dei lavoratori autonomi e dal 45% delle casalinghe.
•
l’Italiano preferisce comprare meno, ma senza rinunciare alla qualità
•
la maggior parte di coloro che intendono ridurre le proprie spese ha dai 45 anni in su
•
si indebolisce il peso delle “griffe” a favore di un graduale processo di “debrandizzazione” dei prodotti
•
secondo gli italiani, ci sono troppe firme e troppo simili tra loro
•
il consumatore è indifferente a prodotti di pari qualità
•
il consumatore percepisce l’offerta griffata come esorbitante, inessenziale e spesso confusiva
IL “SENTIMENT” DEGLI ITALIANI* i salariati totalmente insoddisfatti
74% gli studenti e i non occupati totalmente insoddisfatti
74% 66,1%:
gli italiani totalmente insoddisfatti
47%
37%
gli Italiani soddisfatti residenti nel nord d’Italia
gli Italiani soddisfatti residenti nel centro Italia
48,4%
40%
gli Italiani che acquisteranno a prezzi invariati
gli Italiani che vedono un futuro stabile
le casalinghe e i salariati del nord d’Italia che ridurranno le spese per l’abbigliamento gli Italiani che diminuiranno gli acquisti
33%
acquisti a una qualità inferiore
29,5%
aumento degli acquisti nel 2012
15,9%
FAN DELLE FIRME
28%
NEMICI DELLE FIRME
calo del sentiment da luglio a settembre 2011
-10%
calo del sentiment
- 44,4%
-22%
spesa abbigliamento
51%
28%
8,30%:
- 38,5%
acquisti a
una qualità
spesa per calzature , borse e altri accessori
- 36,9%
45annieoltre
spesa per il tessile casa
62%: gli Italiani che acquisteranno alla stessa qualità
60%: gli Italiani pessimisti riguardo al futuro
superiore
gli Italiani che ridurranno le spese
52%
51%
gli Italiani che acquisteranno a prezzi più bassi
gli Italiani che manter ranno stabili gli acquisti
il posto di: calzature, borse accessori nella classifica delle minori spese
In questa pagina, dall’alto: la Zara boutique Chanel di In questa pagina, dall’alto: Uomo; una vetrina Milano. della scorsa Men’s Fashion Week; store Vilebrequin
*Uno studio AstraRicerche, commissionato da FederModaItalia ed effettuato per via telematica su un campione di intervistati, con un indice di rappresentatività di circa 51 milioni di italiani, dai 15 ai 64 anni. I dati sono riferiti all’inizio di novembre 2011.
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grafica: Silvia Del Vesco
DOSSIER accessori
Accessori: storia, moda, mito. di Giulia De Giorgis
L’Osservatorio Mondiale di Altagamma sui mercati del lusso 2011 ha analizzato nel dettaglio il settore dei beni di lusso personali, con risultati sorprendenti per l’anno appena concluso e previsioni ottimistiche per il futuro, in particolare per l’abbigliamento di alta fascia, la moda Uomo, i brand new formal” e upper casual e gli accessori. Questi ultimi, in particolare, presentano una crescita a doppia cifra nel 2010 (+17%) e una crescita stimata al +13% nel 2011. Quelli in pelle sono stati i campioni del 2010 con un +22% e una perfomance del +16% attesa per il 2011. I risultati sono stati significativi in tutte le aree geografiche, con una maggiore propensione dei consumatori maschili, soprattutto nei paesi asiatici. Anche le calzature hanno prodotto ottimi risultati, sia nel 2010 (+16%) che nel 2011, per cui si prevede un +11%. Ottima, infine, la performance di gioielli e orologi, con una forte ripresa (+23%), trascinata dai paesi emergenti e dal complessivo processo di re-stocking dei canali di vendita. Per il 2012 sono confermate tutte le percentuali di crescita sia nei mercati nuovi che in quelli tradizionali, ancora una volta grazie ai prodotti in pelle e alle calzature, oltre che al comparto gioielli e orologi. Anche alla luce di questi
risultati, “The Lifestyle Journal” ha voluto avventurarsi in un viaggio nel mondo dell’accessorio e, soprattutto, di quello maschile…
LIBRI&CRAVATTE “La cravatta. In 51 modi l’arte di annodarla” R. Villarosa, D. Mosconi
“La cravatta. Storia, mito, moda” Francois Chaille
“Elogio della cravatta” Giovanni Nuvoletti
“Ottantacinque modi di annodare la cravatta” Thomas Fink e Yong Mao
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DOSSIER accessori
LA CRAVATTA Irrinunciabile sigillo dell’abito elegante, ha un antenato molto antico nella sciarpa di lana, o “focale”, che i legionari di Roma imperiale portavano al collo per ripararsi dal freddo. Non lontana da scenari bellici è anche l’origine del termine francese “cravate”, che deriverebbe dal croato “hrvat” il nome del girocollo di lino o mussola che compare sull’uniforme dei mercenari assoldati da Luigi XIII durante la Guerra dei Trent’anni (1618-1648). Sono i soldati francesi ad apprezzare per primi l’idea di questo fazzoletto che conquista subito anche a Carlo II d’Inghilterra e i nobili d’oltremanica. All’inizio, però, a indossarlo sono soprattutto medici e notabili; a corte si preferiscono ancora le rigide gorgiere barocche e, negli ambienti borghesi, i collettoni “alla Van Dyck”. Dalla seconda metà del 1600, invece, una sorta di sciarpa, in mussola o merletto, va ad abbellire le camicie maschili a mo’ di plastron, rivendicando le sue origini cavalleresche per assurgere a simbolo dell’eleganza e della cultura borghesi. Il processo di raffinazione passa inevitabilmente per la corte di Versailles, dove Luigi XIV istituisce addirittura la carica di cravattaio reale: colui che sa annodare ad arte il jabot. La cravatta entra di diritto nel costume della Rivoluzione Francese: i nobili indossano bianchi foulard, i giacobini fazzoletti neri, così come, nel secolo successivo, i rivoluzionari sceglieranno il rosso, i clericali il giallo e gli anarchici il nero. Nell’Ottocento i gentiluomini fanno a gara per essere eleganti e il nodo alla cravatta, sempre più spesso un fazzoletto di seta, diventa una discriminante fondamentale, protagonista di dispute letterarie ed estetiche. Honoré de Balzac scrive nel 1828 il trattato “L’arte di annodare la cravatta”; Lord Brummel impiega intere mattinate per farsi fare nodi di sua invenzione, mentre Oscar Wilde preferisce il Lavallière, Gioacchino Rossini quello “alla gastronoma” e Lord Byron il gran fiocco che poi prenderà il suo nome. La cravatta assume la forma “alla marinara”, lunga e stretta come quella moderna, intorno alla seconda metà dell’800. Fa la sua comparsa il nodo classico, che viene chiamato “four-in-hand” (letteralmente “tiro a quattro”) perché ricorda quello usato per guidare le quadriglie di cavalli. La cravatta a farfalla, il cosiddetto papillon, esordisce verso la fine del secolo. La data di nascita ufficiale della cravatta tagliata in diagonale, confezionata con tre parti di tessuto è, però, il 1926, anno del brevetto del newyorchese Jesse Langsdorf. Oggi la cravatta è un accessorio d’uso comune dell’eleganza quotidiana e viene realizzata in tutte le fogge e i colori possibili: tinta unita, regimental, a pois, a righe, fantasia, tren-
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dy. Ma esistono ancora delle regole di base da rispettare, se si vuole mantenere un certo buon gusto. La cravatta, per esempio, non deve essere più lunga di 150cm, a meno che chi la indossa non superi il metro e 90 e, in ogni caso, non deve mai arrivare a toccare la cintura. Il nodo non deve superare i 3cm di grandezza e non deve lasciare intravedere il bottone della camicia. E non dimentichiamoci: mai coordinare la cravatta al taschino!
ipse dixit... «Della cravatta ho una cura perfetta: è il vero canone dell’eleganza. Mi adopero per ore con costanza perché appaia annodata in tutta fretta», Anonimo francese (1820) «Con un abito da sera e una cravatta bianca, chiunque, anche un agente di cambio, può far credere di essere una persona civile», Oscar Wilde (“Il Ritratto di Dorian Gray”, 1891)
«Confesso: l’ho ripudiata. (…) Avevo voglia di mollarla, di togliermela dal collo. E alla fine l’ho fatto» Carlo Rossella (dall’articolo “Cravatta, ti ho tradito” – “La Stampa”, 20/06/2008)
In questa pagina, dall’alto in senso orario: pubblicita del 1944 di “Wembley Inc Tie”; Botany Tie; opera fotografica di David Hart & Co
DOSSIER accessori
LA SCARPA Corteccia, foglie o pelle di animali: ecco i materiali delle prime calzature dell’umanità, realizzate principalmente per proteggere i piedi dell’uomo primitivo dal freddo. Furono gli Antichi Egizi, che vivevano in un’area molto calda, a conferire alle scarpe un valore anche estetico, confezionando i primi sandali in fibre vegetali o pelli anche colorate e ricamate, rimasti pressoché identici fino a oggi. Le scarpe chiuse in pelle, ideali per riparare dalla pioggia, devono, invece, la loro origine ai Sumeri, e il loro perfezionamento ad Assiri, Babilonesi e Persiani, sublimi maestri nell’arte conciaria. Due sono le versioni principali di calzatura in queste epoche storiche: quella bassa, che resta sotto il malleolo, e lo stivale, che arriva fino alla coscia. Con i Greci la gamma dei modelli si completa: oltre ai sandali, in legno o sughero, ci sono crepide chiuse sul tallone, stivali e stivaletti di ogni dimensione e coturni a suola alta. I Romani, grandi artigiani e conciatori, prediligono i sandali anche in guerra. Tempo dopo, nel Medioevo, i frati francescani indossano gli zoccoli, mentre le donne più fortunate calzano scarpe appuntite o pianelle, spesso portate molto alte per proteggere le vesti da polvere e terra. Si diffondono nella società civile anche gli stivaletti in cuoio, tradizionalmente riservati ai militari, che vivranno il loro boom nel periodo barocco, accanto ai primissimi tacchi della storia e alle scomodissime calzature piatte a becco d’anatra. In effetti per molti secoli non si è prestata la dovuta attenzione alla scarpa e alla sua comodità, tanto che, dopo i Romani e fino ai primi anni dell’800, non è stata fatta alcuna distinzione tra il piede destro e quello sinistro, come pure tra quello maschile e quello femminile. Bisognerà attendere il XIX secolo, perché un accorto calzolaio di Philadelphia cominci a commercializzare scarpe con un modello per ciascuno dei due piedi. Spingendosi oltre lo stereotipo dello stivaletto abbottonato, dagli anni 40 le calzature femminili iniziano a vivere finalmente di vita propria, grazie anche ai nuovi materiali e alle tecnologie innovative che permettono di sviluppare infinite forme e tacchi di ogni tipo. Ma anche grazie all’emancipazione sociale, che fa scoprire sempre di più le gambe, mettendo in mostra décolleté e Charleston. Tra gli anni 50 e 60, le scarpe vedono la loro consacrazione, trasformandosi in icone della moda, gioielli capricciosi, simboli del lusso e sogni hollywoodiani. Dalle zeppe in sughero ai tacchi a spillo, gli stilisti si specializzano in accessori che diventano opere d’arte, come i sandali Ferragamo, i tacchi a virgola di roger Vivier, le Yves
Saint Laurent indossate da Catherine Deneuve in “Bella di giorno”, gli stivale collant di Dior... Con le contestazioni degli anni 70, poi, si riscoprono gli zoccoli e le zeppe e si apre la strada a etnico e folk: tutte tendenze che saranno poi riprese dalle correnti revival degli anni 90. Oggi che la creatività si esprime per lo più nelle decorazioni (denim, cristalli, strass, pizzi) per molti, donne ma anche uomini, la scarpa fa un po’ l’effetto del Prozac. Zeppe Vivienne Westwood, suole rosse Louboutin, stiletti Jimmy Choo o Manolo Blahnik? “Sex and the City” insegna…
LE SCARPE DI LUI... OXFORD Chiamata francesina in Italia e Balmoral in America, rappresenta il modello di scarpa da uomo più classico e antico (1830), con sei coppie di occhielli e l’allacciatura chiusa. Non prevede decorazioni forate, se non a delineare in modo netto la punta. Perfetta per gli appuntamenti formali diurni o serali, può essere abbinata a un gessato o all’abito scuro, se nera, a tweed o giacche più sportive, se marrone. DUILIO In nero o marrone, è la più elegante scarpa maschile da città e prende la forma dalle Oxford e le decorazioni fiorate dalle Brogue. Ha la punta ovale o a mandorla separata da una punzonatura lineare e gli occhielli cuciti alla tomaia. In pelle corposa e rigida, solitamente lucida, è una calzatura di carattere, un po’ meno formale
In questa pagina, dall’alto in senso orario: calzature Grenson; Chukkaboot; Monkstrap
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DOSSIER accessori
della Oxford, perfetta per abiti di tessuto morbido tipo Principe di Galles, completi di lana o tweed. Sono esclusi il cotone e i jeans! BROGUE È caratterizzata dal tipico decoro forato a coda di rondine sulla punta, secondo l’evoluzione moderna di un modello scozzese popolare. Con la suola spessa, in cuoio o gomma, e i lembi degli occhielli non completamente cuciti alla scarpa, è più casual e, specialmente se marrone, ideale per velluti, fustagni, flanella, abiti sportivi o tweed. Non andrebbe comunque mai indossata dopo le 18, come insegnò il Principe di Galles. DERBY Detta “blucher” in inglese, al contrario della Oxford ha la pianta più larga e l’allacciatura
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aperta, con le alette dell’occhiello libere e un aspetto più casual. Non ci sono forellini, decorazioni o fronzoli. Può essere in cuoio trattato o colorato oppure in daino (molto più disinvolto) e avere la suola in gomma o para. Attenzione ai modelli con 4 o 6 occhielli, che possono allungare di molto il piede, visto che la mascherina è più visibile. MONKSTRAP È una Derby che non ha i lacci, bensì una chiusura a fibbia singola o multipla. Si chiama così presumibilmente perché ricorda i classici sandali dei monaci (dall’inglese “monk”). È classica, pratica, versatile e adatta anche per i pantaloni più stretti. MOCASSINO È detta anche loafer o sleep-on ed è la scarpa upper
casual per eccellenza. Ideale per la barca a vela come per l’aperitivo estivo in città, trae direttamente origine dalle calzature degli indiani d’America: un solo pezzo di pelle cucito con corde, comodo, leggero e flessibile. Fu l’azienda della famiglia statunitense Spaulding che, innamorata del modello, ne incominciò la produzione a partire dal 1832. Grazie anche a Fred Aistaire, che lo indossa col frac, il mocassino diventa un classico dello chic disinvolto, in tutte le sue varianti: lucido, scamosciato o colorato, con le nappine, l’elastico, o il “penny loafer”… CHUKKABOOT Lo stivaletto da uomo è nato per preservare il piede dalle intemperie, quindi va indossato con l’abito elegante solo in queste circostanze, oppure portato sotto spezzati, giacche sportive, jeans.
DOSSIER accessori
... LE SCARPE DI LEI DÉCOLLETÉ Prende il nome dalla scollatura femminile ed è la scarpa da donna per eccellenza: affusolata, chiusa e, appunto, “scollata” alla caviglia. Con punta tonda o quadrata, avvolge completamente il piede, ma presenta alcune varianti con diverse “aperture”. La “d’Orsay” ha tagli a “V” sul dorso ed è aperta sul lato; la “décolleté aperta” ha la punta aperta e fa intravedere le dita in maniera più o meno ampia piccola (open toe o peep toe); la cap-toe o Chanel, invece, è chiusa in punta e presenta un’apertura tipo sandalo sulle caviglie; il sandalo chiuso, infine, è una d’Orsay con cinturino alla caviglia. SANDALI Scarpe aperte sia sulla punta che sul tallone, con o senza tacco (flat). SABOT Zoccoli di legno o cuoio chiusi davanti e completamente aperti a partire dalla metà del piede. STIVALI Quelli classici arrivano poco sotto il ginocchio, ma ci sono anche quelli fino alla coscia (cuissard) e quelli fino alla caviglia (ankle boot o tronchetti). Sono detti “hunter” gli stivali da pioggia. BALLERINE Ispirate alle calzature delle ballerine di danza classica e rese famose da Audrey Hepburn e Brigitte Bardot, sono il modello di scarpa più basso in assoluto, chiusa su tutto il piede tranne che sulla parte superiore, fino all’attaccatura delle dita. Come per le décolleté, esistono le varianti peep toe, open toe (o spuntate) e cap toe. E, in effetti, la ballerina altro non è se non una décolleté senza tacco. FRANCESINE Classiche scarpe chiuse accollate con lacci e cucitura a nido di rondine, con o senza tacco.
Nella pagina accanto: laboratorio Ferragamo In questa pagina, dall’alto in senso orario: forma Ferragamo per le scarpe di Audrey Hepburn; alcune calzature Ferragamo ispirate alla natura, inserite all’interno di una selezione di uccelli rarissimi provenienti dal Museo di Scienze Naturali ”La Specola”
LA BORSA Per la loro funzione, la borsa e i borselli hanno una storia vecchia quanto l’uomo, ma non sempre hanno avuto vita facile. Gli uomini primitivi, prima ancora di imparare a cucire, usavano pelli di animali scuoiate e accartocciate come sacche “portaoggetti” (sassi, armi, cibarie e quant’altro). Ai tempi dei Romani esistevano già diversi modelli di borse: la “crumena” a tracolla, la “zona” da appendere alla cintola e la “manticula” da portare a mano, mentre le matrone cantate dai poeti si vezzeggiavano con le borsette, simbolo di eleganza tanto quanto gioielli e fermacapelli. Nel periodo medievale, invece, la borsa fu pressoché bandita dall’abbigliamento femminile, in quanto emblema di vanità pagana; le fiorenti botteghe artigiane rinascimentali realizzavano per lo più borselli da uomo e piccoli porta-spiccioli, detti “elemosiniere”, destinati alle dame. Ma allora come si portava in giro il necessaire femminile? Per molti secoli le donne più agiate si sono fatte “reggere”
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DOSSIER accessori
la borsetta e tutto l’occorrente dalla cameriera o dal cavalier servente. È solo con l’affermarsi della borghesia, tra ’700 e ‘800, che le signore hanno cominciato a indossare la borsetta regolarmente e sempre più spesso degli uomini, ben contenti dei nuovi modelli di pantaloni dotati di tasche. Oggi nessuno mette più in discussione il valore estetico, oltre che funzionale, della borsa, tornata a più riprese anche nel guardaroba maschile. Anzi, si può dire che la borsa sia l’accessorio per eccellenza, tanto da aver raggiunto nei casi migliori lo status di “icona”. Più volte gli stilisti hanno omaggiato le figure femminili di spicco della società e dello spettacolo, e continuano a farlo, dedicando loro una borsa, spesso divenuta una celebrità a se stante. È il caso delle cosiddette “It-bags”, espressione inglese traducibile come “La” borsa, quella per eccellenza: quella della stagione, che però poi supera ogni stagione e diventa un oggetto di culto senza tempo. Ecco le borse più famose della storia… 2.55 Risale al febbraio del 1955 – da qui il nome – ed è stata creata da Coco Chanel in persona. Ridisegnata da Karl Lagerfield, la borsetta matelassé per eccellenza è oggi reinterpretata in ogni modo possibile. BIRKIN Classe 1984, è forse la It-bag più famosa in assoluto e deve nome e fama alla splendida Jane Birkin, che parlò di borse proprio con il futuro presidente di Hermès, Jean-Louis Dumas, conosciuto per caso in aereo. KELLY Altro gioiello della maison francese Hermès, deve il suo nome alla principessa di Monaco, che cercò di celare la sua prima gravidanza con questa borsa “da sella”, in una memorabile foto di “Life”. SPEEDY Amatissimo da Sofia Loren e Audrey Hepburn, icona del marchio, il bauletto di Vuitton è una delle borse più usate (e imitate) di sempre. Con il leggendario monogramma “LV”, lo Speedy era originariamente dedicato ai viaggiatori. PEEK-A-BOO Pratica ed essenziale, è la borsa VIP lanciata sul mercato da Fendi in tempi relativamente recenti, dopo il successo delle storiche “Spy” e “B”. Pare sia tra i modelli preferiti di Monica Bellucci e Sharon Stone.
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LIBRI & BORSE “Le sac. Un petit monde d’amour”, Jean-Claude Kaufmann
“Il cacciatore di Birkin”, Michael Tonello
“Fifty bags that changed the world”, Design Museum
“La borsa racconta. Storia e protagonisti di mezzo secolo di pelletterie”, A. Guolo
“Storia della borsa”, A. Doratti (www.artericerca.com)
CABAT Costosa e raffinata, è realizzata interamente a mano con strisce di cuoio intrecciato a mo’ di paglia, e necessita di due giorni di lavorazione. In un anno Bottega Veneta ne produce solo 500 esemplari. LADY DIOR È la It-bag più famosa della maison Dior, che la realizzò su commissione della first lady francese dell’epoca, Bernadette Chirac, in occasione di una visita ufficiale di Lady Diana e del principe Carlo nel 1995. BAMBOO Rilanciata di recente da Frida Giannini, è il cavallo di battaglia di Gucci: un must con il manico in bamboo, consacrato sin dagli anni 60, insieme alla “Jackie O”, altro mito della casa fiorentina. MISS SICILY Tipicamente dolce-gabbianiana, compare per la prima volta nel 2008 e fa subito impazzire Madonna, Eva Mendes e Victoria Beckham con la sua anima mediterranea fatta di pizzi e pelle di pitone...
In questa pagina, dall’alto in senso orario: Miss Sicily; Louis Vuitton; Kelly Nella pagina accanto, dall’alto: foto d’epoca Borsalino; panama Kariban
DOSSIER accessori
MOTORCYCLE Usatissima dalle modelle, è capiente, pratica, “aggressiva” e deve il suo nome alle motociclette dei centauri. Un’icona biker-chic firmata da Balenciaga e per le Kate Moss e le Paris Hilton dell’universo mondo. SOFIA BAG Classicissima ed elegante, è stata lanciata nel 2009 dalla casa Salvatore Ferragamo in omaggio alla Loren nazionale. Ma è diventata un cult dopo essere stata immortalata al braccio di Jennifer Aniston.
IL CAPPELLO Oggi chi porta il cappello è considerato dai più un eccentrico, un esibizionista o un fashion addicted. Ma non oltre 50 anni fa il costume andava esattamente nella direzione opposta. Al di là della sua funzione primaria, ovvero riparare dal caldo e dal freddo, il copricapo ha sempre avuto una valenza sociale, come dimostra l’usanza di toglierselo solo in presenza di persone importanti e in circostanze sacre o istituzionali. Sin dalla notte dei tempi, l’uomo ha cercato di coprirsi la testa in ogni modo possibile: con la paglia o il cuoio, le bende di lana o di cotone, e con tiare, turbanti, mitre, zucchetti, usati specialmente durante le cerimonie religiose. Eppure il cappello civile come noi lo concepiamo ha una storia relativamente breve, che risale al 1400 e ai primi di berretti in feltro, il cui uso si diffonde inizialmente a corte, come testimoniano il ritratto di Carlo VII firmato da Jean Fouquet, i feltri a falda larga indossati dai cortigiani di Francesco I nel 1500 e, qualche tempo dopo, le elaborate mise di Versailles, dove, parrucche permettendo, Luigi XIV lancia la moda del tricorno. Tra cappelli a cupola, alla moschettiera e copricapi con nastro e fibbia, il cappello comincia a diventare un elemento fondamentale del guardaroba maschile, che accomuna e allo stesso tempo differenzia tutti, dal nobile al servo. Durante la Rivoluzione francese, il berretto frigio diverrà il simbolo dei giacobini, il bicorno quello del popolo (Napoleone poi ne rigirerà le punte ai lati). Ma bisognerà aspettare ancora qualche decennio perché un artigiano londinese, Mr. Herrigton, dia vita a un nuovo cappello alto, rigido, elegantissimo: il primo cilindro, destinato a diventare il simbolo della capitale britannica e della City negli anni 60. Nell’Ottocento, comunque, l’accessorio è indispensabile: un irrinunciabile simbolo estetico
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DOSSIER accessori
e sociale, senza il quale non ci può presentare in pubblico. Grazie alla Rivoluzione industriale, le produzioni si moltiplicano e, con esse, i modelli: ben presto il cilindro lascia il sposto alla bombetta (detta anche “bowler”, dal nome del cappellaio inglese che la creò), per essere destinato solo agli eventi più galanti e formali, in abbinamento al frac. Ma si può indossare anche l’Homburg, una variante della bombetta con le ali arricciate e – perché no – una paglietta toscana per le gite primaverili; i copricapi femminili, nel frattempo, si sbizzarriscono tra le piume, i fiori e i colori della Belle Èpoque. Nel Novecento il cappello si connota spesso di valenze politiche e culturali: affianco ai modelli classici e a quelli più moderni (Derby, Borsalino, berretti alla Windsor), ci sono il copricapo dei socialisti e quello dei fascisti, quello futurista, quello alla d’Annunzio e quello alla Carducci. Ogni signore ha il proprio cappellaio di fiducia, che conosce i suoi gusti e le sue proporzioni, e sa prestare la giusta attenzione ai materiali, alla fodera, ai dettagli e alla lucidatura. Il nuovo colonialismo e le guerre diffondono anche mode più esotiche, dal fez al colbacco, passando per il basco e il casco coloniale, mentre alcuni cappelli passano alla notorietà grazie a eventi storici, come il Panama, realizzato in Ecuador da una finissima paglia di palma nana e indossato da Rooslvelt nel 1906 per l’inaugurazione del Canale di Panama. Dopo la Seconda guerra mondiale, la bombetta lascia lentamente il posto a cappelli in feltro morbidi, prima usati prevalentemente da cacciatori, uomini di campagna e artisti in vena di eccentricità. Ma il cappello comincia lentamente a perdere il suo ruolo di oggetto d’uso quotidiano, per diventare un vezzo estetico che si permettono gli status symbol: il feltro grigio di Gregory Peck, quello nero di Cary Grent, il Borsalino di Humphrey Bogart. E poi quello dei cowboy (lo Stetson, di origine texana), quello a falda rialzata di James Dean, quello di Marlon Brando... Oggi, persa completamente ogni valenza sociale, il cappello è un accessorio di moda, usato per lo più nelle sue varianti più casual (Fedora, Trilby, fisherman’s hat, coppole, berretti di lana o con visiera) o nelle stravaganti versioni di ricchi estrosi, come si può notare ogni anno al celebre derby di Epsom.
L’ABC DELLA
In questa pagina: foto d’epoca Borsalino
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CINTURA • La cintura va sempre indossata sui pantaloni con passanti. • La sua altezza non dovrebbe superare i 3/4cm circa. • Una volta allacciata, deve potere essere re-infilata dentro il primo passante, quindi superare la fibbia di 5/6cm. • La grandezza della fibbia è inversamente proporzionale alla sua eleganza. • Le fibbie rotonde sono più adatte allo stile casual, quelle piatte (e piccole) alle mise eleganti. • La fibbia di metallo va coordinata ai gioielli o agli accessori di metallo eventualmente indossati. • Nello stile classico, la cintura deve essere abbinata alle scarpe e, di conseguenza, alla borsa: pelle nera con pelle nera, casual con casual, lucido con lucido... • La cintura marrone, più versatile, concede qualche eccezione nell’abbinamento con le scarpe. • La cintura in tessuto non va mai abbinata all’abito elegante. • Con gli abiti formali quali frac e smoking, è sempre meglio indossare le bretelle.
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DOSSIER accessori
L’auto come accessorio: Land Rover rilancia il mito Defender. Può un’auto essere interpretata come un accessorio? Noi di “The Lifestyle Journal” crediamo di sì, in quanto definisce in modo inequivocabile il gusto e il carattere di chi la sceglie. Lo sa bene Gerry McGovern, Design Director di Land Rover e grande sostenitore dell’importanza del design nell’identità di un brand. In proposito, McGovern ha affermato «Land Rover mi affascina più di ogni altro produttore di auto, perché ha le sue radici nel design puro, come elemento opposto allo styling». Dopo il suo arrivo in azienda nel 2004, il primo progetto da lui presentato è il concept LRX, la seconda concept car dell’azienda dopo il Range Stormer, che è stata lanciata sul mercato nel 2011 con il modello Evoque. La Range Rover Evoque rispecchia fedelmente lo stile dell’emozionante LRX, replicandone le linee quasi al millimetro e utilizzando nuove tecnologie e soluzioni ingegneristiche proprio per assicurare la più fedele rispondenza. Nonostante il design innovativo e lo spirito sportivo, la Evoque assicura comfort e spaziosità ai passeggeri e ai loro bagagli. Gli interni interpretano la classica pulizia delle linee Range Rover tradizionali e i materiali di altissima qualità da sempre utilizzati, rielaborandoli in una maniera più sportiva e attuale.Tutto richiama all’innovazione e al design: la consolle centrale studiata con un’angolazione portata all’estremo si contrappone alle linee pure ed eleganti del cruscotto, che ha un alloggiamento compatto e curvilineo; i quadranti gemelli creano una forma tridimensionale, con corone e lancette illuminate. Si tratta di un modello davvero rivoluzionario, che ha già avuto un enorme successo di pubblico, anche per le sue infinite personalizzazioni: 12 colori di carrozzeria, 3 colori a contrasto del tetto, 8 stili di cerchi in lega, 16 tipologie di interni, 4 finiture metalliche e 2 in legno, tetto panoramico in cristallo. Per non parlare degli accessori, dai sistemi audio-video alle borchie dei cerchi colorate. Forte di questo successo, Land Rover ha deciso di proporre all’ultimo Salone di Ginevra due progetti di rivisitazione del mitico Defender, che segnano la strada per il nuovo modello che andrà a sostituire l’icona sinonimo di fuoristrada in tutto il mondo da oltre 60 anni. Le concept DC100 e DC100 Sport, come i loro stessi nomi suggeriscono, traggono ispirazione dagli iconici modelli Land Rover e sono destinate a generare un dibattito sul futuro di quello che probabilmente diventerà il progetto automobilistico più conosciuto nel mondo. Si sono mantenute le linee squadrate e aperte, quasi a voler sottolineare il senso di affidabilità che Defender ha da
di Giovanna Caprioglio
sempre espresso, così come molti altri elementi, tra cui i tre sedili davanti, applicando però ai nuovi formati soluzioni motoristiche, ingegneristiche e stilistiche assolutamente all’avanguardia. Un compito stimolante, ma anche davvero delicato, quello di portare il pubblico al nuovo modello di Defender. Gerry McGovern, che “The Lifestyle Journal” ha incontrato al Motor Show di Bologna, ci ha confermato che «questi progetti non potevano essere di un’altra azienda. Il Defender è diventata un’icona mondiale grazie alla sua integrità, sia sotto il profilo stilistico che sotto quello ingegneristico. Nella creazione di queste concept abbiamo ripreso i tratti stilistici funzionali del passato e li abbiamo reinterpretati per il XXI secolo. Questi studi rappresentano le nostre idee e su di esse plasmeremo i nuovi modelli del Defender. sarà la dimostrazione che il design può lavorare in armonia con la funzione». Avendo avuto il piacere di conoscere personalmente Gerry McGovern, e scoprendo che è un grande appassionato di design e di architettura, vive in una casa da lui stesso disegnata e costruita nel Warwickshire (Regno Unito), in collaborazione con un architetto inglese, è un grande collezionista di mobili di design, arte moderna e vetri di Murano, ci siamo convinti che abbia decisamente il physique du rôle per questo ambizioso progetto.
In questa pagina, dall’alto: il modello DC 100; Gerry McGovern, Design Director di Land Rover; la Range Rover Evoque
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STORIE DI FAMIGLIA
Valigeria Beretta: un passo dopo l’altro di Giovanna Caprioglio
«Dove c’è una grande volontà non possono esserci grandi difficoltà».
uesta citazione di Machiavelli chiude la bellissima brochure di presentazione del marchio, a sottolineare passione e impegno per un mestiere che ancora in pochi fanno così. In questa Milano delle grandi multinazionali, infatti, sembra quasi impossibile pensare che ci siano ancora piccole aziende artigiane con una grandissima storia, conosciute e apprezzate in Giappone e negli Emirati Arabi molto più di quanto lo siano in Italia. Per questo “The Lifestyle Journal”, nel numero focalizzato sugli accessori, ha deciso di dedicare la sua rubrica “Storie di famiglia” proprio a una realtà assolutamente milanese, che ancora lavora come un tempo e dove gli operai sono maestri artigiani e “il padrone” è uno di loro. Così ama presentarsi la Valigeria Beretta. In questi giorni di campagna vendite per la moda Uomo non c’è molto tempo per le interviste, così raggiungiamo telefonicamente la signora Giuliana, moglie di Alfredo Beretta, il figlio di quel Natale che nel 1947 fonda la “Lavorazione Artigiana del Cuoio”. La signora è una concreta, di poche parole, e tra un appuntamento con i clienti russi e un altro con quelli inglesi, risponde in modo gentile alle nostre domande. «Sa, noi qui facciamo tutti tutto, io mi occupo della parte amministrativa, ma anche, come vede, delle relazioni con i clienti stranieri!». Sì , perché, come dicevamo, le creazioni della Valigeria Beretta sono apprezzate e vendute in tutto il mon-
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Alfredo beretta Via Arbe, 77 20125 - Milano +39.02.6880784 www.alfredoberetta.it
STORIE DI FAMIGLIA
do. dalla Russia alla Cina, dal Giappone alla Corea, passando ovviamente pr l’Europa. Il più delle volte, soprattutto nei paesi europei, i rivenditori preferiscono personalizzare i prodotti con il loro marchio, ma la Valigeria Beretta è venduta, per esempio, ai magazzini Harrod’s. E non potrebbe essere altrimenti, visto che la collezione ufficiale di bauli e valigie della Casa Reale inglese porta proprio la firma del marchio italiano! Valigie, ma anche borse , cinture e sacche da golf, prodotte artigianalmente in due laboratori, il primo dei quali ancora in centro a Milano, dove 20 maestri artigiani lavorano a oggetti unici, su una gamma ricchissima e selezionatissima di pellami pregiati, con finiture altamente personalizzabili, persino nelle minuterie metalliche. Ogni prodotto è seguito da una persona, che ne cura con competenza e passione la realizzazione, impiegando anche tre giorni di lavoro, dal taglio su cartone alle cuciture, passando per le finiture i metallo. Tutto è fatto rigorosamente a mano. Una scelta ben precisa, quella di non passare ai macchinari, a dimostrazione del fatto che un prodotto, se fatto con qualità e senza scorciatoie, rispecchia l’etica e l’amore dell’imprenditore per la sua professione e la volontà di voler lasciare un segno. Di sicuro la famiglia Beretta questo segno lo ha lasciato sin da subito, quando nemmeno 10 anni dopo la fondazione vince il Compasso d’oro con la valigia “Arcata”, ancora oggi richiestissima, prodotta nei più bei pellami ed esposta persino al MoMa di New York. Negli anni 80 il figlio Alfredo prende il testimone del padre, consolidando ulteriormente
le caratteristiche di unicità dell’azienda e trasmettendole poi a suo figlio Massimo, oggi Presidente dell’azienda. Nemmeno lui, da giovane imprenditore qual è, ha intenzione di cambiare una virgola di quanto costruito dal nonno e dal papà. «Le uniche innovazioni su cui mio figlio continua a lavorare sono la selezione dei pellami più pregiati (coccodrillo, struzzo, lucertola, elefante) e le infinite personalizzazioni da offrire ai clienti: dalle fodere interne di varie tipologie e tinte ai migliori colori di cucitura da abbinare alle coste e, infine, alle finiture personalizzate delle parti metalliche», conferma la signora Giuliana. Allargandosi i mercati, si differenziano molto anche le richieste: i “nuovi ricchi” della Russia e della Cina hanno gusti e desideri molto diversi e chiedono prodotti particolari come, per esempio, sacche da golf e bauli in coccodrillo dei più svariati colori. L’azienda continua a crescere, a riprova che il vero lusso non conosce crisi, ma tiene a rimanere una realtà artigiana completamente “made in Italy”, pur con un fatturato di circa 2 milioni di euro l’anno. Non esistono né una vera e propria strategia di marketing né una rete vendita, ma la costante partecipazione alle più importanti fiere di settore (nel 1991 Mipel premia la Beretta con una medaglia d’oro per la “costanza partecipativa”) e la qualità del prodotto che da oltre 50 anni parla da sé, sono sufficienti per garantirne il successo. Ancora oggi le collezioni originali sono suggellate dall’omino volante con la valigia, il marchio ideato da Natale Beretta e ispirato al primo lancio nello spazio del satellite Sputnik (1957), che in russo significa, guarda caso, “compagno di viaggio”.
In apertura: alcune pelli Beretta Sullo sfondo: parte del laboratorio Beretta In questa pagina, dall’alto: Natale Beretta; Alfredo Beretta e il figlio Massimo; la valigia Arcata
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Violavinca, eleganza funzionale al sogno Femminilità sensuale e un appeal che sfugge alle convenzioni per un outfit da red carpet: così lo stile Violavinca trasforma il paesaggio urbano in eterna passerella e si riflette in ogni istante della vita quotidiana, proiettando la dimensione di sogno nella realtà in movimento. Violavinca nel footwear è sinonimo di Stile Italiano, eleganza esclusiva, design moderno e raffinata artigianalità toscana: un mix vincente fra tradizione creativa, scelta di pellami pregiati, ingegneria della calzatura e cura del dettaglio. L’alchimia di una sensibilità tipicamente italiana e l’amore per l’arte calzaturiera rendono speciali le scarpe Violavinca, trasformandole in veri oggetti di culto. Violavinca è un progetto inedito, plasmato da maestri artigiani e professionisti creativi di grande esperienza, abili nell’unire genio, manualità, gusto italiano, tecnologie produttive e capacità imprenditoriale. Violavinca introduce un nuovo modo di pensare e vivere l’alto di gamma, che sovverte i paradigmi della moda, la percezione del value for money e il rapporto tradizionale tra eleganza e qualità della calzata. Linee seducenti, dettagli accurati e materiali pregiati sono l’elemento chiave di collezioni preziose totalmente made in Tuscany. Come gioielli le creazioni vengono proposte in scatole preziose pensate per arricchire di un’esperienza multisensoriale, tattile e visiva, il momento della scelta e dell’acquisto del modello preferito. A questo si aggiunge il piacere di indossare calzature stilish e perfettamente portabili, adatte a donne consapevoli ed esigenti, dive e protagoniste della loro giornata; donne che fanno dell’eleganza e della libertà di muoversi la loro arma principale di seduzione, che amano i tacchi di qualsiasi altezza senza rinunciare alla praticità. In collezione sono presenti anche diversi modelli a tacco basso adattissimi a serate raffinate e particolari. Violavinca nasce dalla volontà di creare una scarpa elegante funzionale al sogno.
Violavinca srl Viale Europa, 77 - 56022 Castelfranco di Sotto - Pisa www.violavinca.com
Violavinca produce calzature rigorosamente “Made in Tuscany” selezionando all’origine materiali realizzati in tutte le fasi della produzione unicamente in Italia.
L’alchimia di una sensibilità tipicamente italiana e l’amore per l’arte calzaturiera rendono speciali le scarpe Violavinca, trasformandole in veri oggetti di culto.
Consapevole ed esigente, diva e protagonista della sua giornata; la donna Violavinca fa dell’eleganza e della libertà di muoversi la sua arma principale di seduzione e ama i tacchi alti senza rinunciare alla praticità .
Un mix vincente fra tradizione creativa, scelta di pellami pregiati, ingegneria della calzatura e cura del dettaglio.
Un tocco di charme per le décolleté di altezza media con l’allure e l’eleganza di un tacco 15.
Fiori come metafora della femminilitĂ : cosĂŹ il marchio Violavinca abbina in perfetta musicalitĂ e simmetria due nomi di fiori, la viola e la vinca, mentre la stilizzazione geometrica del fiore diventa partner riconoscibile su nuovi materiali e forme e ne completa il logo.
In collezione sono presenti diversi modelli a tacco basso, per serate raffinate e occasioni speciali. Come gioielli le creazioni Violavinca vengono proposte in scatole preziose pensate per arricchire di un’esperienza multisensoriale, tattile e visiva, il momento della scelta e dell’acquisto del modello preferito.
Violavinca vuole vivere nell’universo femminile più stagioni, compagna inseparabile, affine come una seconda pelle alla personalità di chi l’ha scelta.
In una creazione Violavinca l’altezza del tacco non è più un limite ma diventa puro piacere.
Stile sofisticato bon-ton rivisitato in chiave contemporanea, che predilige forme scolpite ed effetti ton-sur-ton esaltati dall’utilizzo di materiali pregiati e rifiniture accuratissime, intarsi geometrici, contrasti vividi.
Violavinca srl Viale Europa, 77 - 56022 Castelfranco di Sotto - Pisa www.violavinca.com
Fotografie Matteo Macchiavello
MODA
Gli accessori in passerella
Il punto vita è in primo piano anche per la moda Uomo, che per la P/E 2012 punta sul colore e su nuove forme: non solo le cinture, tra cui spopolano quelle in gomma, ma anche le fasce in seta e i cotoni stampati. Per i tipi più originali sono proposte anche cravatte coloratissime allacciate in modo informale: l’importante è stupire e valorizzare il punto vita… Perciò, fate attenzione alla linea!
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La scarpa parte dai modelli classici per trasformarsi in accessorio originale dai colori sgargianti: suole colorate, francesine bicolore nei toni del pastello oppure la classica inglese portata senza lacci. In ogni caso le calzature, più di ogni altro accessorio, diventano un vezzo di chi le indossa. Lo stile dandy è interpretato da elegantissime ciabatte che “si vestono” da sera con velluti e strass o da modelli daily con tessuti stampati.
Moshino - Prada - Frankie Morello
Jil Sander - Prada - Frankie Morello
Tutto per la vita
Scarpe a colori
Cavalera - Agnès B. - Moschino
La borsa diventa sempre più un accessorio fondamentale anche nel guardaroba maschile. Non più solo borselli, ma anche travel bag e cartelle documenti. Di stoffa, di morbidissimo cuoio, persino di foulard stampato. Sono molti i tessuti stampati e abbinati al morbido cuoio e tante le soluzioni bicolore, sia in dimensione maxi, da portare sottobraccio, sia in forma di piccole pochette a mano, per soddisfare le necessità dell’uomo dinamico in ogni momento della giornata.
Yohji Yamamoto - Alexandre Plokhov - Alexandre Herchcovitch - Yohji Yamamoto
Borse unisex
Il Papillon Il papillon rinasce e torna a “svolazzare”, posandosi sulle camicie delle sfilate, sui colli dei giovani rampolli americani, sulle mise degli attori, e raggiungendo persino le donne, che osano indossarlo su tailleur e camicie bianche. C’è anche chi, come l’attrice Diane Kruger, non rinuncia al suo farfallino Chanel nemmeno sul red carpet. In scena vanno i papillon classici o quelli più assurdi, persino in ceramica, ma anche lacci annodati, per proposte più informali.
MODA
Ganci
Carlo Pignatelli - Cornelani - Uomo Drink
Prada - Maison Martin Margiela - Kenzo
Yohji Yamamoto
Alexandre Plokhov
Tanto di cappello
Foulard
Accessorio tra gli accessori, il cappello da uomo per la Primavera/Estate 2012 è proposto in tutti i gusti e per tutte le esigenze: a falda larga, stretta, a cono o a cilindro, in raffia, con tessuti o stampe foulard, ispirato a modelli religiosi come quelli ebraico-ortodossi oppure islamici. I colori sono quelli classici del nero e del beige in tutte le sue declinazioni, ma vanno molto anche le stampe e qualche tocco di rosso qua e là.
Anche per la Primavera/Estate 2012, il foulard è un accessorio, oltre che un vezzo, molto apprezzato sulle passerelle maschili, che lo propongono annodato al collo o lasciato lungo sul petto, a sostituire la sciarpa e persino la cravatta. Ma ci sono anche foulard aperti, che si intravedono dalla giacca, e un po’ sciancrati, anche su abiti dallo stile più serioso. I tessuti sono impalpabili, con la seta che la fa da padrona, e caratterizzati da fantasie classiche, ma anche molto colorate, sullo stile delle stampe Versace anni 80.
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In questa stagione, giacche e pantaloni sono “corredati” di accessori che li sdrammatizzano e li colorano: ganci, portachiavi spiritosi e sgargianti, coccarde, catene e lacci. I designer danno libero sfogo alla fantasia e pensano ad accessori che , seppure inutili in sé, diventano fondamentali per dare personalità all’abito a cui vengono abbinati.
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08 Dsquared2 09 Dior 10 Hentsch Indossare / shoes 11 Alberto Guardiani 12 Moreschi 13 Etro 14 Fratelli Rossetti 15 D&G 16 Date
17 18 19 20
Arrotolare / laces 17 orologio Versace 18 foulard Etro 19 orologio Tateossian 20 bracciali Etro
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Coprire / hats
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21 Prada 22 D&G 23 Etro 24 Borsalino
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Uno stile di vita
Un meraviglioso palazzo del XVIII secolo, nel centro storico di Firenze, ospita l’hotel Relais Santa Croce. Rilassatevi tra affreschi originali, design raffinato e suggestivi panorami della città sul Duomo e sull’omonima Basilica di Santa Croce. Spazi senza tempo e atmosfere suggestive vi accolgono in perfetto equilibrio tra il lusso di un’epoca passata e i comfort più moderni, rendendo l’hotel la meta ideale per i viaggiatori in cerca dell’intimità di una residenza privata. Un soggiorno al Relais Santa Croce è la promessa di autentica ospitalità italiana, personalizzata per raggiungere le aspettative di ognuno... e superarle.
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grafica Silvia Del Vesco
DOSSIER accessori fotografia di Elena Lattanzi
Borsalino
Perfetto
Il cappello “Perfetto” raccoglie le qualità salienti per essere un nuovo classico Borsalino: morbidezza, con una nuova miscela di feltro e un marocchino interno che “calza” come un guanto, perfezione delle linee anche nella cinta sottile e morbida, in perfetta nuance di colore con il feltro che gioca con tutte le nuove tonalità del nero.
DOSSIER accessori fotografia di Elena Lattanzi
al pascià
Al Pascià è la pipa realizzata in Danimarca. Per la prima volta in oltre un secolo di attivita’, una pipa Al Pascià è stata disegnata in Italia ed eseguita in Danimarca. Radica selezionata, attenzione ai dettagli ed alle proporzioni, flock di argento e bocchini di ebanite realizzati a mano caratterizzano la nuova pipa Al Pascia’.
DOSSIER accessori
pomellato
M’ama non m’ama
E’ l’anello più romantico per San Valentino: un cuore rosso di tormalina circondato di diamanti brown. Rosso è il colore dell’amore, ma a questo meraviglioso anello se ne possono aggiungere altri con pietre dai vari colori, a simboleggiare altri sentimenti in codice di una storia d’amore unica.
DOSSIER accessori fotografia di Dan Holmqvist
Eton
Il popeline supremo e impreziosito da strisce satin, si accende di colori con un frizzante savoir-faire; il colletto alla francese con cuciture al bordo, il button-down ed il colletto Mao ammorbidiscono la vivacità dei colori guardando all’eleganza contemporanea. Un gentleman sa che gli accessori sono il marchio del suo stile personale e possono impreziosire qualsiasi mise, anche la più basic. Eton offre un’ampia gamma di cravatte, che riprendono le tavolozze accese delle collezioni di camicie dando vita ad un look elegante ed armonioso.
DOSSIER accessori fotografia di Elena Lattanzi
quinto ego
Cuore Edera
Pendente in argento ossidato interamente lavorato a mano. La collezione Quinto Ego 2011/2012 nasce da una continua ricerca di design e da una lunga esperienza orafa artigianale Made in Italy. Una collezione destinata a chiunque sia capace di sognarla.
DOSSIER accessori fotografia di Alberto Lagomaggiore
franco bassi e francesca bassi
Franco Bassi maxi stola Francesca Bassi maxi
con stampa medaglioni vintage su modal e lana. square geometrico su mussola di lana e seta.
WHERE to Buy AL PASCIÀ Via Torino, 61 + 39.02.86450597 www.alpascia.com
BORSALINO Galleria Vittorio Emanuele II ,92 +39.02.89015436 Boutique.milano.galleria@borsalino.com Corso Venezia, 21/A +39.02.76017072 Boutique.milano.corsovenezia@borsalino.com www.borsalino.com
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Milano INSIDE-OUT
Intervista doppia:
Stessa passione, stessa professione, stessa città, ma uno viene dal lecchese e l’altro un milanese doc.
Quanto si sente milanese da 1 a 10? AMM: 11! PC: 10, perché vivo la città da quando sono nato e me la sento dentro. Tre aggettivi su Milano: AMM: Chic. Dinamica. Internazionale. PC: Produttiva, generosa, concreta. Ci tratteggi la caricatura del milanese tipico. AMM: La vera caricatura del milanese era la figura del Commendator Zampetti nel film “Yuppies”, interpretato – se ricordo bene – da Guido Nicheli. PC: Penso a mio nonno: un uomo per bene, libero nel pensiero, pragmatico ed educato. Un luogo comune da sfatare: AMM: Che il Milanese sia una persona poco aperta e poco disponibile verso il prossimo... PC: Che non sia bella! Qual è il personaggio più milanese di tutti? AMM: Alessandro Manzoni. PC: Angelo Rizzoli, che dal nulla ha costruito un impero. E l’accessorio più “milanese”? AMM: Il gilet, lo “smanicato” portato dai milanesi sopra l’abito, mentre si spostano per la città in scouter. PC: La cravatta.
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Andrea Maria Mandelli Nasce a Merate il 28 ottobre 1970. Laureato in Economia e Commercio a Bergamo, frequenta la CBS (Copenhagen Business School) e partecipa a un corso di Master MBA al Politecnico di Milano. All’età di 33 anni, è nominato CEO della Enrico Mandelli Spa, l’azienda di famiglia, fondata nel 1954 ed espressione milanese dell’outerwear di lusso. Walter Albini, Luciano Soprani, Basile, Franco Moschino, Domenico Dolce e Stefano Gabbana sono solo alcuni dei nomi più prestigiosi con cui l’azienda ha collaborato nel corso degli anni. Oggi Andrea M. Mandelli segue direttamente la presenza del proprio marchio in tutto il mondo, con show-room a Milano, New York, Barcellona, Bruxelles, Düsseldorf e Shanghai. Grande sportivo e amante del golf, si diletta nel proprio tempo libero a giocare nel suo circolo di appartenenza, respirando il profumo della natura, mescolato… all’aroma della tradizione.
www.mandelli-luxury.com
Qual è l’accessorio che lei ama di più? AMM: La cintura: ne ho una collezione di tutti i tipi. PC: Tutti gli accessori in pelle. E, secondo lei, in cosa deve differenziarsi un accessorio? AMM: Nella ricercatezza: deve rappresentare un’espressione intrinseca del proprio Ego. PC: Nella sobria eleganza. Ci dica un simbolo di Milano nel mondo. AMM: L’Alfa Romeo. Ha rappresentato un marchio all’avanguardia, pilotato nella corse anche da Enzo Ferrari. PC: Il Duomo. Un luogo da visitare che non esiste sulle guide turistiche? AMM: Un gioiello del Rinascimento lombardo che si trova nella chiesetta di San Satiro in via Torino: il dipinto con la finta prospettiva del Bramante. PC: Peck, dove trovare un bello spaccato della città. Ci può svelare il suo angolo segreto? AMM: I cortili interni delle case della Vecchia Milano: sono unici. PC: Via Bagutta 8, dove si trova il mio atelier/ showroom.
Milano INSIDE-OUT
i signori dell’abito e dell’accessorio
che scorrono. PC: Eliminerei tutte le spese inutili... Se le dico “Milano da bere”, cosa le viene in mente? AMM: Un momento magico per Milano e per l’economia italiana negli anni 80. PC: L’età rampante prima di Tangentopoli. Bicicletta o tram? AMM: Bicicletta. PC: Bicicletta, anche se mancano le piste ciclabili. Panettone o pandoro? AMM: Panettone, ovviamente. PC: Panettone. La passeggiata della domenica mattina: lei dove la fa? AMM: Corso Vittorio Emanuele, la Galleria, Piazza Mercanti. PC: Ai Giardini di via Palestro con Jack, il mio cane. Qual è il luogo più poetico per fare l’amore a Milano? AMM: Ovunque, purché fatto con la persona che si Ama. PC: Qualunque luogo, purchè sia con la persona giusta! E il luogo migliore per sfogliare “The Lifestyle Journal”? AMM: Al mattino presto, mentre faccio colazione al mio solito bar in centro città. PC: Alla Biblioteca della Moda! La prima cosa che farebbe se fosse eletto sindaco? AMM: Gratificherei economicamente tutte quelle persone che a Milano svolgono mansioni socialmente utili, dal poliziotto all’operatore ecologico. Penserei di più ad aziani e bambini; farei di Milano una città con la “cultura” a portata di tutti. E cercherei di sviluppare Milano quale “metropoli-con molte facce”, che non dorme mai e cambia ogni giorno, evolvendosi al passo con i tempi o, meg.lio, con le ore
Pierluigi Canevelli Nato a Milano nel 1960, ha lavorato per molti anni nel settore della finanza, presso Merger&Acquisition. Dopo aver seguito l’acquisizione della Santandrews da parte della famiglia Trabaldo Togna, già conosciuta nel mondo per la produzione di finissimi tessuti in lana, viene nominato nel 2006 Amministratore Delegato dell’azienda, ruolo che ricopre tuttora con successo. Fondata negli anni 60, infatti, la storica Sartoria Santandrews di Milano è ancora oggi il simbolo di un prodotto di eccellenza, completamente artigianale, realizzato a mano a Fano, nelle Marche. Qui 160 sarti specializzati seguono la produzione di abiti e accessori di grande pregio, venduti poi in tutto il mondo, oltre che nell’atelier di Milano, dove è attivo il servizio “su misura”.
www.st-santandrea.it
Milan o Inter? AMM: Internazionale di Milano da generazioni. PC: Inter! Birreria artigianale o happy hour? AMM: Aperitivo, sorseggiando un grande vino italiano. PC: Happy hour. Opera alla Scala o concerto a San Siro? AMM: Opera alla Scala. PC: U2 a San Siro e Bohème alla Scala. Ci dica un’espressione in dialetto. AMM: «Fa bala l’oeucc!». PC: «Te si stupid ‘me la luna». Il ricordo milanese più bello? AMM: Le passeggiate del sabato mattina, con i miei genitori, a vedere i negozi del centro. Era la fine degli anni 70. PC: Quando sono nati i miei figli. Per concludere, Milano è una città “in cui” o “da cui” scappare? AMM: Una persona che rinnega le proprie origini è come un albero senza radici, perché la tradizione fa parte del proprio essere. Milano è una città che ha molto da insegnare. PC: In cui scappare.
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shopping
Occhiali e guanti, cinture e cappelli: i migliori artigiani dell’accessorio di lusso a Milano.
«Daltonici, presbiti, mendicanti di vista/il mercante di luce, il vostro oculista, ora vuole soltanto clienti speciali/che non sanno che farne di occhi normali», F. De André New Optical House La frase, tratta da “Un ottico” di Fabrizio De André, accoglie il cliente sulla serranda e invoglia subito a visitare questo particolarissimo negozio… New Optical House è un’ottica sui generis, rivoluzionaria in un certo senso, che dal 1992 fa vivere gli occhiali in maniera alternativa. Passione, ricerca, distinzione: questi gli elementi chiave che, sin dagli esordi, l’hanno condotta a proporre una selezione di modelli vintage di altissima qualità, ma anche a scoprire numerosi nuovi designer selezionati tanto per l’attenzione alla manifattura quanto per l’originalità. Alcuni nomi oggi molto conosciuti, come, per esempio, Alain Mickly, Oliver People e Theo, sono stati portati per la prima volta a Milano proprio da questo negozio, che vuole proporre alla sua clientela montature da vista e da sole che «superino la banalità del semplice bello estetico e mirino a smuovere una miscela di emozioni che prendono forma in montature originali e autentici oggetti di culto». Ce lo racconta Max Brunello, l’appassionato proprietario che ancora oggi ama “scovare” nuovi marchi di ricerca. Uno su tutti? Feb31st, un brand italiano che produce originalissimi occhiali in legno colorato e che sta per lanciare una novità esclusiva: “My Eyewear”, montature disegnate su misura “sulla persona” direttamente da Max Brunello e realizzate artigianalmente in Italia, per interpretare al meglio la particolarità di ogni carattere, stile e filosofia di vita. Via Vigevano, 41 - +39.02.58111722 - www.maxbrunello.it
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shopping
Spalding&Bros Fondata sul finire dell‘800 da Albert Goodwill con la produzione della prima palla da baseball ufficiale della National League, nei suoi oltre 135 anni di successi la Spalding Company ha portato avanti evoluzioni e aggiornamenti per poter essere sempre al passo con i tempi. Così, accanto al settore sportivo, è stata sviluppata una linea di accessori e pelletteria di classe, che ha mantenuto comunque intatto lo spirito del fondatore. Dalle borse alla cartoleria, dagli orologi ai portafogli, la pelle è rifinita con cura, il dettaglio si fa inconfondibile e il sapore vintage dell’America degli anni d’oro si offre in termini squisitamente attuali. Via Solferino, 2 - +39.02.72000049 - www.spaldingbros.com
Cappelleria Melegari La Cappelleria Melegari non è solo un negozio, ma un vero e proprio “laboratorio artigianale”. Un paradiso per chi ama i cappelli, perché la scelta qui è davvero infinita, con moltissimi articoli della migliore produzione italiana (Borsalino, Marzi), inglese (Christys, Lock, Olney) e francese. Ci sono i modelli da cerimonia più raffinati, i cappelli tirolesi di Bittner e Tegischer, gli australiani Akubra e Jacaru, i country americani Stetson e Filson, gli originali berretti irlandesi. E poi bombette, cilindri e tantissimi altri modelli di produzione esclusiva. Dal 1914 la Cappelleria Melegari si trova in via Paolo Sarpi e appare ancora come un tempo, con vecchi strumenti e nuvole di vapore che escono dal laboratorio. Per eleganti nostalgici. Via Paolo Sarpi, 19 - +39.02.312094; Via Meravigli, 16 - +39.02.72000088 - www.cappelleriamelegari.com
Pellux Nato nel 1945 e da sempre tempio del lusso e della qualità per una clientela esigente e cosmopolita, Pellux rappresenta il marchio simbolo della valigeria a Milano, a due passi dal Duomo. Guidato dal 1984 da Maurizio di Rienzo, che per la sua attività è stato insignito di molti premi da Comune e Regione, ha vissuto numerosi restyling nel corso degli anni, affiancando forme ultramoderne e colori fashion al profumo di cuoio e all’atmosfera elegante di sempre. Tra i modelli spicca la nuova concezione di valigia, resistente, compatta e leggerissima, firmata da Rimowa, azienda tedesca fondata nel 1898, leader nella produzione di valigie in alluminio e policarbonato e partner d’eccellenza di Pellux.
Via Agnello - +39.02.864104 - www.pellux.it
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Al Pascià Da più di un secolo Al Pascià è il punto di riferimento per gli appassionati della pipa e del lento fumo. Da alcuni anni, però, un po’ per l’insistenza dei clienti più affezionati un po’ per la naturale vocazione alla ricerca di qualità, ha ampliato la tipologia dei prodotti, realizzando una linea di accessori creata per chi ama l’eleganza in tutte le sue declinazioni e il “made in Italy” realizzato a mano con materiali pregiati. Dal piccolo accessorio alla borsa da viaggio, il fil rouge resta l’attenzione posta nella selezione dei pellami e nelle rifiniture, a garanzia di oggetti destinati a durare nel tempo.
Via Torino, 61 + 39.02.86450597 - www.alpascia.com
shopping
Guanti Piumelli La storia di Piumelli nasce nel 1958 in un piccolo laboratorio artigiano di Napoli, la cui fama cresce così in fretta da far diventare il marchio un nome riconosciuto a livello internazionale e corteggiato dai grandi stilisti che, sin dagli anni 80, si affidano alla sua competenza. Nel 2003 coronano questo successo i due elegantissimi punti vendita nati nel cuore di Milano, uno in Galleria Vittorio Emanuele, l’altro in Montenapoleone. Tappa obbligata per chiunque voglia acquistare un paio di guanti di alta qualità, Piumelli lavora ancora artigianalmente, proponendo modelli classici, ma sempre attenti alle preferenze della moda e spesso abbinati a sciarpe pregiate. Galleria Vittorio Emanuele, 11; Via Montenapoleone - +39.02.8692318
Henry Beguelin Nato per gioco tra un gruppo di amici nei primi anni Ottanta, Henry Beguelin diventa in breve tempo un brand di successo, che ancora oggi fa di artigianalità e creatività la sua bandiera. Il marchio, che ama definirsi “del lusso” più che del fashion, crea i suoi prodotti partendo dalla selezione dei migliori pellami e procedendo manualmente con il taglio e con tutte le altre lavorazioni. Dagli inizi, quando Henry Beguelin produceva solo cinture e qualche borsa, sino a oggi, l’azienda ha acquisito un respiro internazionale, ampliando la propria gamma a scarpe e capispalla e arrivando all’arredamento, grazie anche ai numerosi monomarca distribuiti nel mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, passando per prestigioso negozio di Milano. Via Caminadella, 7 - +39.0272000969 – www.henrybeguelin.it
Tavecchi Il marchio Tavecchi nasce nel 1906 a Bergamo con una piccola produzione di agende, rubriche e oggetti in pelle. Una realtà familiare subito apprezzata per la maestria nella stampa e nella confezione di volumi d’arte, messali e copertine in pelle pregiata. Nel tempo l’azienda si è messa sempre più in luce come produttore di articoli di alta qualità che, al passo con il mondo del lavoro, si sono espansi anche ad altre tipologie di prodotti quali cartelle professionali, porta-computer, set per scrittoi, piccola pelletteria e articoli da viaggio. Punto di riferimento nel mondo della pelletteria business di classe, Tavecchi non poteva non aprire una sua boutique monomarca nel cuore del Quadrilatero e, per l’esattezza, in via Borgospesso, dove dallo scorso settembre presenta le proprie collezioni in un ambiente pulito ed essenziale. Via Borgospesso, 25 www.tavecchi.it
Claudio Calestani La tradizione di famiglia nell’oreficeria e la grande passione per moto, musica rock e arti marziali hanno portato Claudio Calestani a disegnare la sua prima collezione di gioielli e cinture con fibbie in argento. Il successo è arrivato subito, con estimatori giunti da ogni parte del mondo, tanto che Castelani ha aperto ben presto lo store di Tokio. Cuori, serpenti e simboli si intrecciano come in una danza e fuoriescono dall’argento forgiato dei modelli realizzati rigorosamente a mano. Le proposte della collezione sono 600, ma se non vi bastassero potete sempre possibile ordinare un accessorio “su misura”, presso lo storico negozio di corso Venezia oppure, dal novembre scorso, anche in via Thaon de Revel, nel cuore del quartiere Isola.
Corso Venezia, 5; Via Thaon de Revel, 3 - +39.02.76003228
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arte
L’uomo che fece Vogue. Steichen a Milano by
È di quelle mostre “storiche” che non vanno mancate. Perché chiunque può e deve imparare da Edward Steichen. Se poi sono visibili scatti che hanno fatto la storia della fotografia, non si discute. a una certa impressione rivedere una copia di Vogue del 1934. Il bel volto femminile in copertina è illustrato con un acquerello dai toni morbidi e un poco eccentrici. Sono gli anni dell’avvento del sonoro nel cinema e di una ridefinizione dello star system. Edward Steichen (Bivange, 1879 – West Redding, 1973) ne è al centro, ben saldo al timone del settore fotografia di Condé Nast, l’impero editoriale che pubblica Vogue e Vanity Fair. Lo chiamano nel 1923 e lui accetta come se fosse una sfida. Con Alfred Steigliz si è battuto per la fotografia d’arte, ma a Vogue deve applicarla a un mondo più frivolo, almeno in apparenza. Steichen lavorerà quindici anni e cambierà le cose per sempre. Il suo tocco diventerà il riferimento per molti altri fotografi a venire, come Mapplethorpe o Bruce Weber. Steichen introduce una ventata di modernità che si alimenta delle ricerche in campo artistico e cinematografico, come dimostra questa mostra, che raccoglie oltre 50 ritratti dei più importanti personaggi dell’epoca. Sono scatti vintage, presi dall’archivio così come sono, con i segni della lavorazione addosso. La loro eleganza formale mette al centro il magnetismo spontaneo dei personaggi, che hanno il garbo di un giovane Gary Cooper, il mistero della Garbo, il cipiglio di Churchill o la simpatica spocchia di Gershwin.
fino al 12 febbraio Galleria Carla Sozzai - Corso Como, 10 20154 Milano - +39.02.653531 - www.galleriacarlasozzani.org
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arte
La Transavanguardia Italiana a Palazzo Reale Dal 24 novembre scorso e fino al 4 marzo, Palazzo Reale ospita la mostra “La Transavanguardia Italiana” a cura di Achille Bonito Oliva, con una rassegna di tutti i protagonisti del movimento: Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria e Mimmo Paladino. Il progetto si inserisce nelle celebrazioni dei Centocinquant’anni dell’Unità d’Italia e comprende un ciclo progressivo di sei mostre dedicate al movimento artistico e culturale che sin dal suo nascere ha saputo puntare sull’identità della cultura italiana, inserendola a pieno titolo, e con una sua peculiare originalità, nel dibattito culturale internazionale degli ultimi quarant’anni. Ma non solo, perché la Transavangiardia è riuscita a portare l’arte contemporanea nostrana a un livello del tutto nuovo di attenzione, da parte di collezionisti e musei stranieri. La mostra ruota intorno ad alcune tematiche comuni, che attraversano le diverse poetiche dei 5 artisti esposti: il ritorno alla manualità della pittura; il narcisismo; il doppio e l’altro; la violenza; la natura; l’incertezza della ricerca; l’inconscio; l’immagine tra disegno e astrazione, bi- e tridimensionalità. Fino al 4 marzo @Palazzo Reale - Piazza Duomo, 12 www.mostratransavanguardia.it
Arte alla Brand New Gallery Lunga è la lista dei protagonisti della collettiva “Into the surface” ospitata dalla Brand New Gallery: Aaron Bobrow, Heather Cook, N. Dash, Alex Dordoy, Leo Gabin, Andrew Gbur, David Hominal, Erik Lindman, Nazafarin Lotfi, Joseph Montgomery, Oscar Murillo, Hugh Scott-Douglas, Dan Shaw-Town, Ben Schumacher, Nick Van Woert, Ned Vena, Phil Wagner e Lisa Williamson. Cos’hanno in comune? Fortemente interessati a trasporre in maniera tradizionale interessi pittorici su supporti e media anticonvenzionali, questi artisti focalizzano l’attenzione sul processo creativo in sé, piuttosto che sulla rappresentazione della realtà, relazionando il proprio atteggiamento al concetto di “materia astratta”. Ibridi tra pittura e scultura oppure tra pittura e fotografia, queste opere sono concepite con intensità, delicatezza e un sottile senso di equilibrio. La galleria ospita anche “Conciousness and Portraits of Sacrifice”, prima personale italiana dell’artista anglo-americano Anthony James. Si tratta di due installazioni in forma di light box trasparenti, che custodiscono intricate foreste vergini di betulle, moltiplicate all’infinito grazie agli specchi sapientemente posizionati a disorientare lo sguardo, che viene assorbito in un’immagine suggestiva, capace di ricollocare lo spettatore in uno spazio innaturalmente distante e riflettente. Fino al 23 febbraio @Brand New Gallery - Via Farini, 32 - +39.02.89053083 - www.brandnew-gallery.com
“Tribute To Marilyn” - Three Hundred Sixty-Six Special Days Castello Pozzi torna a vivere con l’esposizione “Tribute To Marilyn” - Three Hundred Sixty-Six Special Days. Il progetto è legato alla figura-icona di Marilyn Monroe, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua morte e prevede l’incontro tra le opere di Giuliano Grittini e Mimmo Rotella, in un percorso che si snoda nelle accoglienti sale del castello. Questa prestigiosa location, importante per la sua storia e oggi sede di un albergo di lusso, lancia il progetto artistico nell’ottica di una ripresa dell’attività culturale. La mostra è legata al confronto tra le due personalità accomunate dalla stessa attenzione per l’immagine-icona Marilyn, oltre che da una profonda e reciproca stima professionale. In mostra 10 tra le più interessanti “Marilyn” di Mimmo Rotella, che dialogano con le opere dedicate da Giuliano Grittini alla diva americana, di cui sono esposti 15 ritratti realizzati nel corso degli anni passati, e 12 Marilyn Tributo, il primo multiplo “d’après” autorizzato dalla Fondazione Rotella. La novità è costituita da 366 esemplari, uno per ogni giorno dell’anno, dal titolo “Marilyn Life”: si tratta del primo multiplo al mondo trattato come un‘opera unica. Fino al 5 agosto @Castello Pozzi - Viale Berengario, 8 - +39.02.36706899 – www.castellopozzi.com
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books
I libri consigliati da Biblioteca della Moda
Giulia Mafai Storia del Costume dall’età romana al Settecento Skira, pp.352, euro 30,00 Giulia Mafai, nota costumista per il cinema e per il teatro, racconta in questo volume le progressive trasformazioni dei costumi nella cultura europea a partire dall’antichità romana fino al secolo dei Lumi. È un racconto che si dipana attraverso un continuo confronto con le testimonianze contemporanee, in particolar modo con dipinti, sculture, incisioni, testi letterari, in modo da riannodare le relazioni tra il modificarsi degli abiti, delle acconciature, del modo di abbigliarsi, i cambiamenti sociali e l’influsso di culture diverse. L’articolata narrazione di Giulia Mafai non vuole essere un saggio accademico o una ricostruzione filologica della storia del costume in Occidente, bensì un fascinoso racconto di come la cultura europea ha elaborato attraverso il tempo il proprio modo di apparire, di distinguere i diversi livelli sociali e di affermare l’immagine di sé. Il volume, corredato da un ricco apparato iconografico, presenta anche una serie di schede di approfondimento e un utilissimo glossario tecnico nel quale termini specifici e diverse tipologie di costume sono analizzati in modo sintetico e chiaro. Giulia Mafai, figlia del pittore Mario e dell’artista lituana Antonietta
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Raphaël, è attiva da molti anni nell’ambito dello spettacolo. Nota costumista per il cinema e per il teatro, ha affiancato all’instancabile impegno nel lavoro un’importante attività di insegnamento dedicata alla storia del costume come testimonianza della storia sociale e politica del mondo europeo.
A cura di Mario Lupano e Alessandra Vaccari Una giornata Moderna Damiani, pp.400, euro 45,00 l primo saggio visuale della moda e del modernismo italiani negli anni del fascismo: uno strumento innovativo per comprendere il ruolo attivo della moda nell’affermazione dell’estetica moderna, tra processi di diffusione della cultura internazionale e visioni indotte dal Regime. Frutto di un capillare lavoro di ricerca, questa pubblicazione permette di esplorare e, per la prima volta, mettere a confronto un’ampia varietà di fonti italiane, tra cui riviste femminili, di moda, cinema e mondanità; archivi fotografici, cataloghi di mostre e commerciali; libri e riviste di tecnica sartoriale, design e architettura; riviste aziendali e di organi governativi. Tutto il materiale è organizzato in un montaggio serrato di immagini e testi che insegue i ritmi e i rituali degli stili di vita della giornata moderna italiana attraverso quattro concetti chiave: Misure, Modello, Marca e Sfilata. Per ogni sequenza iconografica il libro restituisce una pluralità di testi che esplorano le figure chiave e i passaggi fondamen-
tali della moda italiana dagli anni ’20 ai primi ’40, unitamente ai temi cruciali del modernismo e alle relazioni tra glamour e coreografie del Regime. Una giornata moderna si avvale dei preziosi contributi critici di esperti di moda, modernismo e cultura visuale. La struttura flessibile di questo libro permette una lettura a più livelli, grazie anche alle mappe tematiche che creano una rete di riferimenti incrociati tra le varie sezioni dell’opera, facilitandone l’approccio multidisciplinare. Il volume è corredato anche da un atlante delle fonti iconografiche e apparati bibliografici.
illustrate da foto di moda di sua figlia, nonché da istantanee e buffi disegni della stessa Ines. Il volume comprende una guida ai segreti parigini dell’autrice: alberghi, ristoranti, luoghi insoliti da visitare e una guida su misura per divertirsi con i bambini. Scritto con brio da Ines, in collaborazione con Sophie Gachet, giornalista di moda di «Elle», ecco la guida fondamentale allo chic parigino.
Ines de la Fressange La parigina. Agenda 2012 L’Ippocampo, pp.144, euro 15,00 “La Parigina”, ovvero il caso editoriale dell’anno… Non solo in Francia, non solo in Italia, ma ormai in tutto il mondo: ben 12 edizioni estere! Quali sono i segreti dello chic parigino? Ines de Frenssange – icona dell’eleganza francese – ci offre i suoi personali consigli di stile e bellezza raccolti in anni e anni trascorsi nel mondo della moda. Insegna a vestirsi come una parigina, costruendo un guardaroba basato soltanto su sette abbordabili capi basici, da movimentare con accessori di grido. Le sue preferenze in fatto di abiti, prodotti di bellezza e invenzioni decorative – on line e a Parigi sono
“The Lifestyle Journal” dal numero di dicembre 2011 offre ai suoi lettori un’anteprima del panorama editoriale incentrato sul fashion system italiano ed internazionale. Un’interessante pagina dedicata alle news editoriali a cura di Biblioteca della Moda, il grande archivio nel cuore di Milano, nel quale gli appassionati possono consultare magazine, libri e quaderni di tendenza dal 1860 ad oggi. Per essere recensiti all’interno della nostra rubrica “Books” scrivete a Diana Barbetta d.barbetta@bibliotecadellamoda.it www.bibliotecadellamoda.it Via Alessandria 8 20144 Milano tel 02 83311200
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weekend fuori porta
Livigno: la settimana “rosa”.
Dal 4 all’11 febbraio Livigno si tinge di rosa e dedica un’intera settimana alle donne. Una vera e propria Woman’s Week, durante la quale tutti gli operatori della località proporranno iniziative dedicate all’universo femminile e alle sue esigenze. In famiglia, da single o con le amiche, le ospiti dello storico Piccolo Tibet usufruiranno di un trattamento loro dedicato, con una “welcome bag” all’arrivo , contenente, tra l’atro, una guida allo shopping e il programma completo della settimana, più un women’s corner allestito nelle sale comuni, dove poter sfogliare i migliori magazine al femminile, e un menu speciale studiato per recuperare la linea dopo le festività. Sulle piste, per tutta la durata della settimana, ogni attività sportiva sarà rivisitata in chiave femminile con proposte ad hoc. Presso la scuola di Snowboard Madness, per esempio, si terranno lezioni con un approccio soft al freestyle. La scuola Centrale Sci e Snowboard di Livigno, invece, ha un programma specifico per tutta la durata della Woman’s Week: lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì pomeriggio, dalle 14 alle 16, i maestri della scuola accompagneranno gratuitamente le sciatrici per un tour in rosa sulle piste di Livigno, mentre per giovedì sera, sempre in compagnia dei maestri, è prevista una discesa notturna presso la ski-area 23, con un biglietto omaggio per tutte le presenti. Le piste offriranno anche momenti ludici e magici, come fiaccolate sulla neve e cene in rifugio, oppure après-ski con aperitivi e serate a tema. Le amanti della meditazione potranno partecipare alle sedute di yoga in quota presso il Rifugio Costaccia. E poi, ovviamente, c’è lo shopping! Da lunedì a venerdì, si prolungherà fino alle 19.30 l’orario del Kinder Club Lupigno, proprio per dare a tutte le mamme la possibilità di girare liberamente per negozi. Le prestigiose boutique Lungolivigno Fashion, appartenenti al circuito Best Shops, sostengono e firmano la prima edizione della Livigno Woman’s Week, offrendo un’accoglienza particolare a tutte le donne che sceglieranno questa meravigliosa località dal 4 all’11 febbraio, stupendole e coccolandole... Che si tratti di una mamma super impegnata o di una manager in carriera, di una sportiva o di qualcuno in cerca di coccole e relax, ogni donna ha sicuramente qualcosa di speciale e si merita una volta tanto una vacanza tutta “sua”.
Per informazioni: www.livigno.eu www.lungolivignofashion.com
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immobili di prestigio
La rubrica degli immobili di pregio di “The Lifestyle Journal” Milano Sud Disponibilità di appartamenti e uffici all’interno di un edificio moderno di nuova costruzione, autentico investimento per il futuro in una zona che sta diventando una vera e propria location di fulcro di Milano, a 500 metri dalla MM Abbiategrasso, a 3,3 km dal Duomo. Materiali di alto pregio, finestre che garantiscono un totale isolamento termico e acustico grazie al vetrocamera a tre strati. Mutui e finanziamenti all’80%, grazie ad accordi con primarie Banche. Disponibilità di diverse metrature Trattative Riservate. Classe Energetica “B” - fabbisogno di energia primaria per il riscaldamento 38,91 kWh/mq per anno (valori di progetto ) Availability of apartments and offices in a modern and new building, considered a real investment for the future in an area becoming a real good one in Milan, 500 meters from the MM Abbiategrasso, 3.3 km from Duomo. High-quality materials, windows providing a total thermal and acoustic insolation thanks to the three-layer glazing. Mortgages to 80%, thanks to agreements with banks. Availability of different sizes of apartment and offices. Confidential Negotiations Largo La Foppa, Milano In prestigioso stabile d’epoca, appartamento trilocale posto al terzo piano e composto da: ingresso, soggiorno, due camere, cucina abitabile, due bagni, ripostiglio. Box nello stabile e cantina. Categoria energetica G. Indice energetico 289,72 Kwh/mqa. Canone euro 26.000 Spese condominiali annue: euro 4.000,00 In a prestigious epoque building, trilocal on the third floor, composed by: entrance, living-room, big kitchen, two bed-rooms, two bath-rooms, walk-in closet. Garage and cellar in the building Annual rent fee: euro 26.000 Annual service charges: euro 4.000
Visconti di Modrone, Milano Nel centro storico della città, in zona ottimamente servita dai mezzi di trasporto pubblico, numerosi bar, ristoranti, alberghi e parco della guastalla. Attico di mq 250, posto al sesto piano di prestigioso stabile, composto da ingresso, ampio soggiorno con cucina semi a vista arredata, tre camere, tre bagni, ampia cabina armadio, terrazzo al piano e terrazzo sovrastante Possibilità due posti auto nello stabile Categoria energetica D. indice energetico 112,17 Kwh/mqa Trattative Riservate In the historical center of the city, in an area well served by public transport, bars, restaurants, hotels and guastalla park Penthouse of 250 sqm, located on the sixth floor of a prestigious building. Composed by an entrance hall, large living room with kitchen semi furnished, three bedrooms, three bathrooms, large walk-in closet, balcony and terraces Possibility of two parking spaces in the building Confidential negotiations
La rubrica sugli immobili di pregio è curata da Valentina Testa Studio Immobiliare Testa Real Estate & House Consulting info@immobiliaretesta.it tel + 39.0331 791752
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GLI INDIRIZZI LIFESTYLE
Milano
Pane e Acqua
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LOCALI
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GLI INDIRIZZI LIFESTYLE
TLJ shopping club
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