Hobby della scienza e della tecnica n 45 marzo 2017

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L’ N. 45

marzo 2017

Scienza

HOBBY SC I ENZA TECNICA DELLA

E DELLA

Modellismo

Quanta strada è stata fatta … sott’acqua

Mineralogia

Microscopia

Elettronica

Indagine sugli Insetti Parco Valle della Lura

Un giorno fra il Museo di Roncà e le bellezze naturalistiche della Val d’Alpone

Trimestrale di Scienza e Tecnica N°45 marzo 2017

0

,5 e3

il 9 Form Test Plate Meteoritica per tutti Cielo a Pecorelle, Misure a Catinelle L’Impianto Elettrico della Casa Stelle cadenti: effimeri messaggeri cosmici Curiosità nelle Scienze Matematiche Notizie ed Eventi

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L’Hobby della Scienza e della Tecnica

SOMMARIO N.45/2017

2

Meteoritica per Tutti 24

6

Cielo a Pecorelle, Misure a Catinelle

Astronomia e dintorni

L’Impianto elettrico di Casa

26 28

In ricordo di antonio costa (ivm)

8 indagine sugli insetti Parco valle della lura 12

30 Un giorno fra il Museo di Roncà e le bellezze naturalistiche della Val d’Alpone

Entomodena 2017

34

14

Stelle cadenti: Effimeri Messaggeri Cosmici

Sommergibile TURTLE

20

il 9 Form Test Plate

Curiosità nelle Scienze Matematiche

38

L’Hobby della Scienza e della Tecnica


Geologia

METEORITICA PER TUTTI 1a parte

Andiamo a cercar meteoriti Ormai chi segue questa rubrica è sicuramente un appassionato di Meteoritica e, se ha avuto la pazienza di leggere quanto ho scritto fino ad ora, impresa molto dura, si è guadagnato il diritto di avere delle dritte per poter iniziare a cercar meteoriti con qualche possibilità di aver successo. Chi mi conosce si metterà a sghignazzare pensando che, pur avendo raggiunto i 70, l’unico materiale extraterrestre che ho raccolto sono delle micro-meteoriti, rinvenute nei detriti di perforazione, quando prestavo servizio di assistenza geologica nei pozzi di ricerca di idrocarburi. Il sarcasmo è giusto però, e qui sta a voi fidarvi di quello che vi dico, sono ormai parecchi anni che mi interesso di meteoriti e, anche se non ho ancora fatto il ritrovamento della vita, ho maturato un’esperienza che mi permette di darvi dei consigli che vi eviteranno molti degli errori che ho fatto nella mia frustrante, ma irrinunciabile esperienza di cacciatore di meteoriti.

I miei consigli sono rivolti principalmente a quanti decideranno di andare a cercare meteoriti in Italia e, anche se gli esperti ufficiali bocceranno questa scelta convinti che un ritrovamento in Italia sia un’impresa quasi impossibile, vi dimostrerò che questo non è proprio vero. La zona più produttiva per ricercar meteoriti è l’Antartide però ci possono andare solo studiosi che appartengano ad istituzioni scientifiche dei Paesi che hanno sottoscritto il Trattato Antartico e che siano dotati di un fisico straordinario per poter affrontare le condizioni estreme di lavoro. Il posto è ideale per le ricerche ma, come vedete, è per pochi eletti. La seconda scelta, in fatto di zone favorevoli per ricercare meteoriti, sono le aree desertiche a noi più vicine: Africa ed Emirati. Al momento, però, molte di queste zone soffrono di un’instabilità politica che mette a serio rischio la sicurezza di chi le volesse esplorare.

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Escluse, per le ragioni suddette, le zone che fino ad ora hanno prodotto più del 90% di tutte le meteoriti catalogate, se vogliamo cercare meteoriti dobbiamo accontentarci di quanto si può trovare a casa nostra che, per fortuna, è molto di più di quello che generalmente si crede. Se consultate la tabella delle meteoriti italiane ufficiali, pubblicata nel numero scorso di questa rivista (se non l’avete, procuratevi l’arretrato perché la tabella è uno strumento prezioso per chi vuole iniziare a cercare meteoriti in Italia), potete notare che delle 40 meteoriti registrate, ben 31 sono quelle cadute (raccolte dopo che erano state viste cadere) e solo 9 sono quelle trovate (raccolte senza che nessuno abbia assistito alla loro caduta). Di queste ultime, 6 sono state trovate casualmente e solo 3 sono state trovate da “cacciatori di meteoriti”. Questo dato nazionale di solo 22% di meteoriti trovate rispetto a quelle viste cadere è in netto con-


Geologia trasto con il dato del Nord Ame­rica (USA e Canada) dove, delle 1831 meteoriti cata­logate, dati del 2013, il 90% è costituito da me­ teoriti trovate. Per assicurarvi che la differenza è sistemica e non dovuta a dati male interpretati vi prego di controllare la tabella qui a fianco → Come potete vedere in Francia, U.K., Spagna ed Italia, la percentuale di meteoriti trovate è compresa tra il 18 ed il 22%; in Germania è del 33% e, in quella che era la vecchia Cecoslovacchia, la percentuale di meteoriti trovate è del 38 %, la più elevata in Europa ma sempre molto lontana dal 90% di tutte le meteoriti catalogate in USA e Canada. Le percentuali più alte di meteoriti trovate in Germania e Cecoslovacchia sono dovute al fatto che in questi due Paesi, già dalla metà del secolo scorso, c’era stata una forte sensibilizzazione della popolazione verso le meteoriti. Chi mi segue (N° 41 di questa rivista) si ricorderà che nel 1957, nella Repubblica Ceca, grazie ad un sistema di macchine fotografiche strategicamente posizionate in varie località del paese per assicurarsi la totale copertura del cielo notturno, gli studiosi del “Ondřejov observatory” riuscirono a registrare la traiettoria di volo del bolide che originò la meteorite PRIBRAM. Con le regist-

Paese FRANCIA GERMANIA Rep. CEKA e SLOVACCHIA SPAGNA U.K. ITALIA USA e CANADA

Tot. Meteoriti 77 51

Cadute

Trovate

63 34

14 17

% Trovate 18 33

31

19

12

38

30 22 40

24 18 31

6 4 9

20 18 22

1831

razioni riuscirono a determi­ nare sia il punto di partenza, (l’afelio dell’orbita era all’interno della fascia degli asteroidi confermando che questa era la zona di provenienza della maggior parte delle meteoriti), sia il punto di atterraggio. Quest’ultima determina­zione fu così precisa che, con l’aiuto della popolazione opportunamente istruita, in pochi giorni riuscirono a raccogliere ben 4 pezzi di PRIBRAM per un peso complessivo di 5,6kg.

90 altri paesi europei molto più estesi e con PIL ben più importanti. Il successo di PRIBRAM non sfuggì agli studiosi tedeschi che subito fecero installare anche in Germania un sistema di monitoraggio del cielo notturno uguale a quello della Repubblica Ceka e, nel 1968, avevano in servizio già 15 stazioni fotografiche di controllo. Questo sistema di monitoraggio denominato “European Fireball Network” è ancora operativo e, con le attuali 34 stazioni, interessa anche Belgio, Lussemburgo, Austria, Svizzera e Slovacchia.

I primi campioni recuperati della meteorite PRIBRAM Credito foto: New Scientist Ma­ gazine, Csechoslovak Academy

Una delle conseguenze di questo straordinario successo scientifico fu che la popolazione cominciò ad interessarsi alle meteoriti. Grazie a questo interesse, l’attuale patrimonio meteo­ ritico del paese è molto più consistente di quello degli L’Hobby della Scienza e della Tecnica

Rappresentate con un cerchio sono le 34 stazioni del “Euro­ pean Fireball Network” Credito foto: Woreczko Meteo­ rites; Jan Woreczko &Wadi

Furono spiegate le ragioni di questa “spesa a scopo scientifico” e così anche la


Geologia popolazione tedesca, sensibilizzata sulle meteoriti, cominciò a darsi da fare per trovarle e adesso la Germania può vantare un numero importante di meteoriti classificate. Se in Europa non è molto evidente il fatto che maggiormente la gente è informata sulle meteoriti e più sono le meteoriti trovate, i risultati del Nord America non lasciano dubbi al fatto che, con una capillare informazione, anche da noi si potrebbero avere recuperi di meteoriti molto più importanti di quelli fino ad ora registrati. Nel prossimo numero, quando saremo bene addentro nella ricerca delle meteoriti sul campo, sarò molto più specifico su come i nord americani siano stati così ben istruiti sulla ricerca di meteoriti. Per il momento, vi basti sapere che il merito è di una sola persona, Harvey H. Nininger (1887-1986 ), l’uomo che ha reso popolare la Me­ teoritica e che, ancora oggi, è la guida di tutti quelli che vogliono cercare meteoriti.

Harvey H. Nininger (1887-1986) l’uomo che ha reso popolari le meteoriti Credito foto: The Meteorite Ex­ changeSM

Ha senso cercare meteoriti in Italia? Da rilevamenti fatti s’è vi­ sto che su una superficie grande come l’Italia, circa 300˙000Km², ogni anno dovrebbero cadere : 3 meteoriti con peso superiore a 1kg; 19 meteoriti con peso superiore a 100g e, ogni 3 anni, dovrebbe cadere una meteorite di peso superiore a 10kg. Da quando ho iniziato ad interessarmi alle meteoriti, non ho ancora trovato un dato certo sul tempo di conservazione di una me­ teorite caduta in zone a clima continentale come il nostro. Per tempo di conservazione intendo l’età terrestre della meteorite che le permetta di conservare ancora sufficienti caratteristiche per poterla distinguere da un sasso terrestre. Gli studiosi sono molto vaghi su questo dato pertanto, fino a quando non avrò qualche cosa di me­ glio, le mie supposizioni si basano sul fatto che a tutt’oggi, nella zona di PULTUSK, a Nord di Varsavia, si trovano ancora meteoriti cadute 150 anni fa in quella che fu la più grande “pioggia di meteoriti” registrata in Europa con migliaia di pezzi da un massimo di 9kg fino a pochi grammi per un totale di peso recuperato (TKW Total Know Weight) di 250kg. Le stime dicono che siano cadute più di 70˙000 meteoriti per un peso complessivo superiore a 2˙000kg.   L’Hobby della Scienza e della Tecnica

Elisse di caduta (Strewnfield) delle meteoriti di PULTUSK Foto da: Annuario Scientifico ed Industriale (annoV, 1868) E. Treves ed. Archivio Meteoriti Italia

Meteorite di PULTUSK con etichetta della collezione A. Berger Credito foto: Woreczko Meteor­ ites, foto di Tomasz Jakubowski

Ho preso questa caduta come riferimento perché PULTUSK è una meteorite del tipo H5, ad alto contenuto di ferro e pertanto facilmente aggredibile dagli agenti atmosferici. ­Inoltre, date le generali dimensioni ridotte dei campioni, conosciuti anche come “i piselli di Pultusk”, un’aggressiva azione di ossidazione avrebbe buon gioco a cancellare velocemente le tracce dell’origine extra-terrestre.


Geologia Quindi, dando per buono questo assunto molto conservativo, i dati annuali di caduta di meteoriti per l’Italia vanno moltiplicati per 150 e così, per i no­stri “cacciatori di me­ teoriti”, ci sono da trovare come minimo: 50 meteoriti >10kg; 450 >1kg e 2850 >100g. Un sacco di roba se si pensa che dal 921, quando venne registrata la caduta di NARNI ad oggi, le me­teoriti ufficiali ita­ liane sono solo 40.

Se poi consideriamo l’estensione delle zone montane, le terre alte dove per un lungo periodo dell’anno la temperatura è sotto lo zero e quindi il tempo di sopravivenza di eventuali meteoriti cadute si allunga, le possibilità di trovare meteoriti in Italia diventano ancora più interessanti. Io continuerò a cercarle qui in Italia e spero che già con questi dati molti di voi decideranno di unirsi a Me-

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teoriti Italia per aiutarci a recuperare un patrimonio scientifico che la poca informazione, molto più che la scarsità di mezzi, ci fa rischiare di perdere per sempre. Umberto Repetti


Eventi

Astronomia e dintorni Ecco un elenco, senza pretesa di essere esaustivi, dei principali eventi dedicati all’astronomia che si terranno nel 2017  maggio 2017 Congresso Società Astronomica Italiana http://www.sait.it/

 12 marzo 2017 Giornata internazionale dei planetari http://www.planetari.org/it/ http://www.dayofplanetaria.org/  aprile 2017 Settimana dell’astronomia promossa nelle scuole dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca (MIUR) e dalla Società Astronomica Italiana http://www.sait.it/

 dal 5 al 7 maggio 2017 50° Congresso dell’Unione Astrofili Italiani. L’evento è organizzato dall’Associazione Astronomica Frosinate e dall’Osservatorio Astronomico di Campo Catino (FR) http://www.uai.it/astrofilia/calendario-eventi. html

 dal 4 al 6 aprile 2017 XV Olimpiadi Italiane di Astronomia – fase finale presso il Liceo Aselli a Cremona (CR) http://www.olimpiadiastronomia.it/

 21 ottobre 2017 XXIV Giornata nazionale dell’inquinamento luminoso http://inquinamentoluminoso.uai.it/

 22 e 23 aprile 2017 XXXII Convegno dei planetari italiani presso il Planetario Alto Adige a Cornedo all’ Isarco (BZ) http://www.planetarium.bz.it/

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w w w. a m b e r f o s s i l s h o p . c o m



Entomologia

Indagine sugli insetti

del Parco della Valle Lura tra Como e Varese

L’area del parco

Il Parco Sovraccomunale del Lura, comprende la valle scavata dal Torrente Lura e si estende principalmente nelle province di Como e Varese. Si tratta di un ambiente tipico dell’alta pianura lombarda, con boschi di Farnia e Robinia, residui di pineta, boschi misti e ampie zone agricole.

Perché l’indagine entomologica

L’indagine entomologica è servita a conoscere la biodiversità della microfauna presente nel parco, soprattutto la presenza e l’identificazione degli insetti, al fine di capire l’importanza dell’entomofauna in quel contesto, ma anche le problematiche che vanno a creare; inoltre possiamo capire i cambiamenti climatici, studiando l’adattamento di nuove specie.

Immagine tratta da http://www.lucianabartolini.net/pagina_coleotteri-1.htm

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Entomologia

Brevi cenni di entomologia

Gli insetti rappresentano la più ampia classe all’interno del regno animale in termine di numero di specie. Essi popolano ogni ecosistema terrestre, compresi quelli apparentemente inospitali, esplicando una stupefacente varietà di regimi alimentari, di adattamenti, di capacità riproduttiva. Il corpo degli insetti è formato da tre regioni chiamate anche metameri, quali la regione del capo, quella toracica e quella addominale. il capo porta due occhi grossi composti, formati da migliaia di unità visive dette ommatidi, e tra i quali, in prossimità della sommità del capo, sono presenti due ocelli, cioè due occhi semplici. L’apparato boccale è costituito da appendici modificate a seconda della loro funzione, ma generalmente presenta: labbro superiore, mandibole, mascelle provviste di palpi mascellari e labbro inferiore dotato di palpi labiali. a seconda delle abitudini alimentari dell’insetto, l’apparato boccale può essere masticatore, lambente, succhiante, pungente-succhiante. Un’altra importantissima funzione è svolta dalle antenne che sono delle appendici cefaliche con funzioni sensoriali. Il torace è formato da pro-meso e metatorace, ognuno dei quali porta un paio di zampe. Le ali, quando presenti, sono in numero di due o quattro e sono situate nel secondo e terzo segmento toracico. Esse sono delle strutture membranose sostenute da venature più o meno rigide e fitte, attraversate per l’intera lunghezza in prossimità delle venature da vasi linfatici. A seconda della specie, le ali possono

rimanere distese oppure piegarsi in riposo e possono subire svariate modifiche nei vari ordini: nei coleotteri sono due elitre con funzioni protettive, mentre nei ditteri il secondo paio è trasformato in piccole appendici chiamate bilancieri che offrono maggiore stabilità nel volo. L’addome è suddiviso generalmente in undici segmenti e le appendici che porta sono spesso connesse con l’apparato riproduttore. Talvolta l’addome porta vere e proprie armi di difesa e offesa come il pungiglione degli imenotteri aculeati. Nella parte terminale dell’addome possono essere presenti anche appendici di varia forma e funzione, dette cerci, oppure particolari strutture che assolvono alla funzione di deposizione delle uova all’interno di svariati substrati vivi o morti, strutture dette ovopositore (Chinery Mi., 1997).

Metodologia dell’indagine

La ricerca è stata realizzata con l’ausilio di diverse trappole:  trappole cromotropiche con bottiglia contenente acqua distillata e alcol per il monitoraggio e la cattura degli scolitidi (insetti dell’ordine dei Coleotteri, che scavano gallerie sottocorticali);  diverse trappole interrate a livello del colletto delle piante per il monitoraggio dei Coleotteri scarabeidi e carabidi;  strisce collanti sui tronchi delle piante e rete metallica intorno ai tronchi per il monitoraggio dei Coleotteri cerambicidi;  lampade dotate di pannellino, giallo collante, per la cattura di insetti volatili e notturni;

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Entomologia  retino entomologico per le Libellule e Farfalle. Gli esemplari adulti catturati, sono stati rilasciati dopo il loro riconoscimento, solo per le larve si è proceduto a farle crescere in laboratorio per una corretta identificazione ed in seguito rilasciate.

Periodo di monitoraggio

Il monitoraggio è durato circa 8 mesi, iniziando nel mese di Aprile fino a Novembre dell’anno 2015, eseguendo due uscite settimanali nelle aree sottoposte ad indagine.

Lucanus cervus - maschio

Localizzazione dell’area sottoposta ad indagine

Il monitoraggio è stato eseguito nei seguenti comuni appartenenti al Parco: Comune di Bregnano: Laghetto Rosorè e zona umida adiacente; al confine della frazione Puginate; Comune di Cadorago: al confine della frazione Bulgorello; Comune di Lomazzo: zona Bissago e Percorso vita; Comune Cirimido: al confine con il Comune di Lomazzo; Comune di Cermenate: zona Roccolo.

Papilio machaon

Come fanno i Gerridi a scivolare sull’acqua?  I Gerridi devono la loro capacità di scivolare sull’acqua, grazie alla loro morfologia dei tarsi delle zampe, unici punti di contatto e appoggio del corpo dell'insetto con la superficie dell'acqua (non abusano della tensione superficiale dell’acqua)

Come fanno le Lucciole (Lampyris noctiluca) ad emanare una luce?  La luce emessa è dovuta all'ossidazione del substrato fotogeno luciferina ad ossiluciferina, che avviene in presenza di ossigeno grazie alla catalisi operata dall'enzima luciferasi. L’emissione luminosa è una funzione che si manifesta nella fase di corteggiamento precedente all’accoppiamento. La femmina può emettere luce Lampyris noctiluca per ore, il maschio solo per brevi istanti. Immagine tratta da 10  L’Hobby della Scienzahttp://planetvoice.wordpress.com/tag/bioluminescenza/ e della Tecnica


Entomologia

Classificazione degli insetti trovati La ricerca ha portato risultati interessanti, su diversi ordini di insetti:  Ordine Coleotteri: ritrovamento di diversi esemplari di Cervo Volante (Lucanus cervus), di Lucciole (Lampyris noctiluca) molti adulti e larve della famiglia dei Cerambicidi (Rhagium inquisitor, Prionus coriarius, Aegosoma scabricorne) noti come tarli del legno; inoltre in una pineta si è evidenziata una forte infestazione dello scolitide Tomicus minor (Blastofago distruttore dei pini);  Ordine Lepidotteri: è stata rinvenuta una larva di circa 13 cm, di Acherontia atropos insetto appartenente all’ordine dei Lepidotteri, comunemente chiamato Sfinge testa di morto, la larva è stata fatta crescere in laboratorio ricreando un habitat simile a quello naturale, fino al raggiungimento dell’adulto. Sono stati ritrovati diversi esemplari di Papilio machaon, farfalla appartenente alla famiglia dei Papilionidi noti per la loro bellezza ed eleganza.  Ordine Odonati: sott’ordine Zigotteri, Libellule (Coenagrion puella, Ceriagrion tenellum).  Ordine Rincoti: nell’aree umide soprattutto nella zona del Laghetto Rosoré sono stati ritrovati i Gerridi (Gerris sp) insetti che scivolano sull’acqua.

Si riporta una tabella di tutti gli insetti ritrovati: ORDINE

GENERE SPECIE

Blattodei

Blatta orientalis L

Coleotteri

Aegosoma scabricorne Carabus sp. Cetonia aurata Coccinella septempunctata Lampyris noctiluca Lucanus cervus Prionus coriarius Rhagium inquisitor Tomicus minor

Ditteri

Aedes albopictus Culex spp: Musca domestica Sarcophaga carnaria Tabanus bovinus

Lepidotteri

Agrius convolvuli Acherontia atropos Emmelina monodactyla Papilio machaon

Imenotteri

Apis mellifera Bombus sp. Vespa cabro Vespidae sp.

Odonati Sottordine: Zigotteri

Coenagrion puella Ceriagrion tenellum

Rincoti

Gerris sp. Halyomorpha halys Nezara viridula Palomena prasina Pyrrhocoris apterus

Perché Acherontia atropos viene comunemente chiamata Sfinge Testa di morto?  sul lato dorsale del torace spicca una macchia biancastra, con due puntini neri, che ricorda la forma di un teschio. Altra Curiosità: La sfinge testa di morto è l’unica farfalla al mondo capace di produrre un grido con la faringe, quando si sente minacciata o disturbata, L’Hobby della Scienza e della Tecnica  11 producendo una sorta di “click clack” Acherontia atropos

Fabio Meneghello


Entomologia

ENTOMODENA 2017 La manifestazione è organizzata dal Gruppo Modenese Scienze Naturali e si terrà a Modena presso il Circolo Polisportiva Saliceta S. Giuliano. L’ingresso a ENTOMODENA è gratuito con i Edizione primaverile 8 e 9 aprile 2017 seguenti orari: sabato dalle ore 9.00 alle 19.00 Edizione autunnale 23 e 24 settembre 2017 mentre domenica dalle 9.00 alle 13.00 Qui di seguito un anticipo del programma relativo all’edizione primaverile (8 e 9 aprile 2017) Ecco le prossime date di Entomodena, l’evento più conosciuto in Italia dedicato all’entomologia e agli invertebrati.

 Tavola rotonda dedicata ai cambiamenti climatici con particolare attenzione alla fauna minore.

Parteciperà il climatologo Luca Lombroso, il dipartimento scienze della vita di UNIMORE, le associazioni WBA, “Foreste per Sempre” e progetto Climbio.

 Laboratori per bambini e ragazzi condotti da: Legambiente Reggio Emilia, Museo di zoologia

UNIMORE, Museo-Insettario Esapolis di Padova, Museo dell'Insetto di San Giovanni in Persiceto, Museo della Bilancia di Campogalliano e da AnnaMaria Bellinello ex insegnante autrice di libri sulla bachicultura a scopo didattico.

 Mostra d'arte e di macrofotografia ispirate al mondo degli insetti.  Mostra di Malacologia a cura del Museo Malacologico di Cupra Marittima (AP).  Mostra di Diatomee e Radiolari a cura del microscopista e divulgatore scientifico Stefano Barone.

 Progetti e spazi di divulgazione scientifica

BOTANICA: mostra fotografica sugli alberi "Amori a Cielo aperto", di Giorgio Giliberti e Rita Ronchetti con il Patrocinio della Regione Emilia Romagna. Mostra in collaborazione con il Gruppo Naturalistico Modenese (sezione botanici e micologi).

Laboratorio condotto da Giovanna Barbieri dell'Orto Botanico di Modena. Mostra di apicoltura Mostra di formicai a cura del forum "Formicarium.it" Presenza del Laboratorio di Mirmecologia dell'Università di Parma

Info:

Entomodena C/O Circolo Polisportiva Saliceta S. Giuliano Strada Panni, 83 - Modena

gmsn@fastwebnet.it http://www.entomodena.com/

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Modellismo

Quanta strada è stata fatta …sott’acqua! sommergibile Turtle Torniamo a guardare nella collezione di Dino Dall’Asta. Questa volta troviamo il sommergibile “Turtle”. Una sorta di uovo che testimonia l’inventiva ed il coraggio di chi, con pochi mezzi, cerca di opporsi a navi molto più potenti. Per comprendere questi sforzi, che oggi ci si presentano con soluzioni che è facile ritenere un po’ ingenue, bisogna pensare a quelle che erano le conoscenze tecniche dell’epoca in cui queste strane macchine furono realizzate. Sul sito www.mitidelmare.it, nella sezione profili/sommergibili, la collezione inizia proprio con l’immagine del Turtle. Quanta strada è stata fatta … sott’acqua. Ma adesso lasciamo che Dino ci racconti il suo gioiello Duilio Curradi 14

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Modellismo Come tipologia e modalità di attacco il Turtle è stato senz’altro il primordiale capostipite dei nostri mezzi d’assalto impiegati nel ‘900, sia nella 1a GM con la torpedine Rossetti “Mignatta”, sia nella 2a GM con il Siluro a Lenta Corsa “Maiale”. Pilotata da un solo uomo era così attrezzata: ► sulla sommità uno sportello d’accesso incernierato a forma di cupola con inseriti piccoli oblò per la visione sia superiore che laterale a 360°; ► due eliche bipala a comando manuale per spostarsi in orizzontale e in verticale, ► il timone comandato manualmente mediante una leva; ► due pompe a mano per espellere l’acqua di zavorra, contenuta in un apposito Progettato dall’Ing. David Bushnell vano sotto pavimento, per emergere; nel 1776, il Turtle (Tartaruga) era una ► una valvola comandata da un pedale per incredibile piccola macchina sommergibile introdurre l’acqua nello scafo, quale zavora forma ovoidale e con sezione ellittica: una ra per immergersi; nuova arma segreta da impiegare contro ► sei blocchi rettangolari di piombo fissati le navi da guerra britanniche ancorate verticalmente a raggiera sulla parete internel porto di New York durante la guerra di na quale zavorra stabile; indipendenza americana. ► una pompa di ventilazione a soffietto per Aveva un aspetto insolito, simile introdurre aria fresca all’interno; appunto a due gusci di tartaruga di uguali ► due tubi snorkel, uno per aspirare l’aria dimensioni uniti insieme a metà altezza esterna e l’altro per espellere quella viziata e vincolati da una cerchiatura in ferro interna; battuto. ► un’asta verticale con terminale a trivella Alta 1,80 m, larga alla cintura max a comando manuale per perforare lo scafo di 1,30 m e dal dislocamento di 2 t, fu in legno della nave nemica; costruita con tavole in legno di quercia ► un barilotto esplosivo appeso all’esteropportunamente sagomate, affiancate e no; calafatate con pece a livello delle giunture ► un blocco di piombo da 90 kg a forma per assicurarne la perfetta tenuta all’acqua, cilindro-conico con la doppia funzione di galleggiando così come un tappo di ancora e di zavorra che, agganciato ad una sughero. corda lunga 15 m, l’operatore poteva rilaEra concepita per avvicinarsi sciare per ancorarsi o sganciare per emernottetempo alla flotta britannica alla fonda gere rapidamente in caso di emergenza; e in prossimità per immergersi sotto una successivamente, poteva recuperarlo menave, perforare mediante l’azione manuale diante un rullo a manovella; di una trivella sporgente sulla sommità ► un asse sagomato centralmente quale il legname dello scafo in modo da poter seduta per l’operatore; agganciare successivamente un barilotto ► una bussola; contenente 70 kg di polvere nera che doveva ► un profondimetro verticale a parete; esplodere a tempo, mediante un apposito ► una pistola appesa alla parte interna per fusibile comandato da un orologio. difesa personale. L’Hobby della Scienza e della Tecnica  15


Modellismo Certamente l’operatore, lungamente addestrato durante le prove effettuate nel fiume Connecticut, oltreché avere un coraggio e una spregiudicatezza fuori dal comune, doveva essere anche un “top gun”, sia nel fisico che nella capacità di coordinare l’uso dei vari leveraggi/manovelle/pedali, orientarsi nel contempo attraverso gli oblò e soprattutto manovrare in immersione in uno spazio così angusto, al buio completo e con una riserva d’aria di soli 30 minuti… Sembra fantascienza, ma questo incredibile mezzo è realmente esistito, compiendo storicamente una sola missione.

La missione Nella notte del 6 Settembre 1776 il sergente Ezra Lee, volontario del 10° Reggimento Continentale degli Stati Uniti, a bordo del Turtle aveva il compito di attaccare la nave HMS Eagle, ammiraglia della Royal Navy britannica armata con 64 cannoni, che era alla fonda insieme al resto della flotta nel porto di New York. Trainato silenziosamente da una lancia a remi e lasciato in prossimità dell’obiettivo, a causa della corrente marina contraria impiegò un paio d’ore di duro lavoro con la manovella che agiva sull’elica orizzontale per poter prendere contatto con lo scafo nemico, per poi immergersi e prepararsi a perforarlo con la trivella in dotazione, al fine di agganciarvi il barilotto contenente polvere nera. Purtroppo lo scafo in legno era rivestito nella parte immersa da lamiere di rame e l’operatore, già esausto, non riuscì ad agire con forza e costanza sulla trivella per poter perforare anche questo imprevisto ostacolo e quindi, anche per il progressivo esaurimento dell’aria respirabile, dovette abbandonare l’impresa ed emergere.

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Nel frattempo, al primo chiarore dell’alba fu scoperto e inseguito da una lancia di pattuglia; a quel punto sganciò il barilotto esplosivo, lo fece detonare a distanza riuscendo così a disorientare gli inseguitori, per poi disimpegnarsi e a mettersi in salvo. Anche se la missione non si concretizzò, l’impresa non fu infruttuosa perché costrinse le navi inglesi a salpare precipitosamente e per sicurezza a disporsi più al largo, dove però non avrebbero potuto effettuare con più efficacia il blocco navale al porto di New York. Quindi gli storici hanno valutato che fu una vittoria prettamente psicologica ottenuta semplicemente con l’impiego di tale arma sconosciuta, il primo sommergibile operativo della Storia navale mondiale.

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Modellismo

Il modello scala 1:32 Non potevo lasciarmi sfuggire questo originale e incredibile modellino, per cui non ho esitato ad acquistare il kit dalla statunitense Cottage Industry Models. Lo scafo, in resina di color bianco, si presenta in due pezzi tagliati in asse orizzontalmente che si uniscono perfettamente a incastro, senza bisogno di aggiustamenti o stuccature varie. Ho decisamente preferito tagliare parte della fiancata dello scafo, troppo interessante e utile visualizzare l’interno per evidenziare così quanto precedentemente descritto, anche se non è stato semplice posizionare e collegare i vari componenti nei due gusci, anche per lo spazio ristretto a disposizione. Una estremità dell’asse di seduta si appoggia… nel vuoto, mancando la controparte di parete precedentemente asportata; ho così provveduto a fissarla all’altra estremità inserendo nello spessore due corte barrette metalliche che con l’aiuto della Loctite ho inserito in altrettanti fori nella parete opposta integra. Ho eseguito la verniciatura con il solo uso del pennello usando acrilici di colori e marche diverse, realizzando così “l’effetto legno” del guscio, dando poi invecchiamento, lavaggio ed usura in forma leggera. Il solo scafo finito è alto 7 cm, largo alla cintura max 5 cm ed è sostenuto da quattro appoggi alti 3 cm che, in sostituzione di quelli forniti nel kit in resina color bianco stampati su di un basamento circolare anch’esso in resina dal notevole spessore, ho preferito realizzare ex novo, avendo in progetto una diversa rappresentazione. Ogni appoggio è formato dall’unione di due spezzoni di trave a sezione quadrata che ho ricavato da un listello di legno di pari dimensione di quelli in resina. Opportunamente tagliato e

sagomato ho unito i pezzi con del cordame, fissandoli poi su una base da 5x5 cm formata da listelli di legno di diverso spessore, al fine di rendere solidale il tutto. Ho posizionato il Turtle così completato su un tratto di pontile di legno che ho costruito con listelli piatti fissati su una struttura formata da travi incrociate, il tutto poi verniciato, unitamente alla precedente struttura, con tonalità diverse di impregnante all’acqua Syntilor. Il pontile si regge su quattro pali ricavati da spezzoni di rami secchi che, per l’aspetto della loro corteccia rugosa e invecchiata naturalmente, si prestano ottimamente in questo contesto portuale. Questi ultimi sono inseriti in una lastrina in metacrilato effetto acqua della Essebiemme, preventivamente forata e dipinta a pennello dapprima con acrilici di tonalità diverse dal di sotto e rifinita poi in alcune zone della superficie usando del gel denso trasparente della Vallejo per simulare un lento movimento ondoso, sul quale ho sparso frammenti di filamenti naturali di vegetazione marina. A completamento ho steso del gel

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Modellismo denso opaco dell’Abbiati Wargames per simulare la leggera increspatura delle onde e dato una spruzzata di liquido effetto acqua. La lastrina poggia su una base di materiale isolante edile da 19x15 cm, sul cui bordo ho incollato centralmente una piastrina in ottone da 10x2 cm con inciso il nome affiancato dall’immagine stampata della prima bandiera nazionale adottata alla proclamazione della Dichiarazione d’Indipendenza, che presenta il cantone blu con 13 stelle. Ho aggiunto un paio di anelli d’ormeggio inseriti nelle travi del pontile, altrettante cime fissate rispettivamente ad un bozzello in legno ad una estremità di una pertica di manovra e a una boa da ormeggio di forma biconica ingabbiata da una rete di corda e un moschetto Brown Bess appoggiato a quest’ultima; il tutto proveniente parte dal mio archivio e parte dal kit del figurino.

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Infatti, per maggior completezza e realismo, ho inserito un figurino in metallo della ”La Fortezza” raffigurante un marinaio americano della stessa epoca 1775/76 che, appoggiato con una mano a un palo anch’esso di legno naturale e fissato verticalmente a lato del pontile, sembra guardare con incredulità e scetticismo il Turtle. Per confortarlo, gli ho posizionato accanto un bel barilotto di rhum…

Bibliografia ed immagini: Robert Jackson “Submarines of the World” - Ed. Grange Books 2007 http://militaryhistory.x10.mx/shippictures/ warshippictures/first%20submarines.htm http://connecticuthistory.org/davidbushnell-and-his-revolutionary-submarine/ http://www.bushnellhomestead.org/ DavidBushnell.html

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Biologia

Il nuovissimo Test di risoluzione per microscopi ottici con nove diatomee micromanipolate,

ovvero il 9 Form Test Plate (versione 1.0) di Diatom Lab di Stefano Barone

Il giorno 8 marzo 2017 Diatom Lab festegper quei tempi, nonostante disponessero di gerà il suo primo anno di attività: in un setstrumenti assai modesti rispetto ai nostri. tore di nicchia quale è appunto quello della Questo prodotto rigorosamente made in microscopia occorre sempre investire in Italy (come tutti i prodotti Diatom Lab) ripornuove idee che possano suscitare un vivo ta la dicitura “versione 1.0” in quanto per i interesse. In aggiunta alla realizzazione di prossimi anni si prevedono nuove specie preparati contenenti un’infinità di specie da proporre per gli stessi utilizzi, al fine di che non siano solo belle da osservare, ma solleticare continuamente la curiosità di chi anche rare ed insolite, le frequenti richieper necessità o per diletto si applica nei ste di un test di risoluzione con diatomee test di risoluzione. hanno portato alla creazione del 9 Form Ogni vetrino viene fornito con la mia firma Test Plate, che viene distribuito a partire da autografa incisa col diamante, applicata a Gennaio 2017. una delle estremità, prima dell’etichetta: in Non è stato semplice realizzare concretaquesto modo la manualità legata alle tecmente quest’ultimo prodotto: innanzitutto niche di micromanipolazione viene ulteriorvolevo evitare di inserire specie già note in mente accentuata... Infatti pur disponendo letteratura come diatomee-test, per espridi microscopi all’avanguardia, Diatom Lab mere al meglio l’originalità di Diatom Lab è una realtà che per molti aspetti non si dinonché l’orgoglio italiano di fare le cose. scosta dai laboratori dell’Ottocento. E’ stato quindi necessario stilare un elenMa ora conosciamo meglio il 9 Form Test co delle specie più facilmente rinvenibili nei Plate... numerosissimi campioni presenti in laboratorio (in quanto il 9 Form Test Plate è prima PREMESSA IMPORTANTE: di tutto un test standardizzato, come vedreA) Il vetrino permanente in oggetto è un mo più avanti): da qui è partita la sperimentest di risoluzione per microscopia ottica tazione per identificare le specie dotate di che contiene 9 frustoli micromanipolati di strie, areole e lineole via via più difficili da risolvere. A onor del vero l’unica specie mutuata dal passato è Triceratium favus (Ehrenberg): nell’Ottocento fu talvolta utilizzata per testare gli obiettivi a medio ingrandimento ed è stata volutamente inserita nel 9 Form Test Plate per onorare gli antenati microscopisti che fecero scoperte impensabili 20  L’Hobby della Scienza e della Tecnica


Biologia Diatomee (puliti, selezionati e montati nel laboratorio di Diatom Lab) appartenenti alle specie in elenco, con strie, areole e lineole da risolvere. Ricordiamo che il potere risolutivo di un microscopio è la distanza minima tra due punti che lo strumento consente di osservare distinti. Si tratta di un TEST STANDARDIZZATO in quanto ogni preparato prodotto ha sempre le stesse caratteristiche di produzione, ovvero: - i frustoli di Diatomea sono montati direttamente su coprioggetto (e non su vetrino portaoggetto!) avente spessore 0,17 mm: questa accortezza fra l’altro ha un impatto molto significativo sulla risoluzione; - il montante utilizzato – ovvero Diatom Cubed - è ad alto indice di rifrazione, è stato prodotto da Diatom Lab ed appartiene al medesimo lotto di produzione; - ciascuna specie proviene da un preciso campione raccolto in tempi, luoghi e profondità univoci B) Le immagini allegate si riferiscono allo zoom della finestra live-view della fotocamera applicata sul raccordo fotografico del microscopio (si tratta quindi di un’immagine in tempo reale che non deriva quindi da tecniche di focus-stacking); C) I test fotografici sono stati eseguiti mediante microscopio da ricerca Zeiss Axio Imager.A2 che per gli esami in oggetto è stato accessoriato nel modo seguente: obiettivi ad infinito sia a secco che ad immersione Plan-Apocromatici ed EC PlanNeofluar, condensatori con apertura 0,9 (a secco) e 1,4 (ad immersione, anche per campo scuro), illuminazione a led con temperatura di colore 5600K (luce “bianca”). Nella fattispecie NON sono stati utilizzati eventuali booster come filtri colorati (ad esempio filtri blu), illuminazione obliqua e illuminazione UV (pericolosa per l’utente se non si prendono accortezze), tuttavia i filtri colorati e l’illuminazione obliqua per alcuni test sono altamente consigliati se non si dispone del contrasto di interferenza differenziale e dei condensatori per campo scuro ad immersione;

D) Se l’utilizzatore finale non dovesse raggiungere i medesimi risultati non significa che possiede necessariamente microscopi, obiettivi ed accessori di scarsa qualità. Oltre all’apertura numerica delle ottiche anche l’esperienza del microscopista gioca un ruolo fondamentale. Infine è utile verificare che il microscopio sia correttamente allineato e che le sue componenti non siano sporche o deteriorate (consultare il manuale della casa produttrice). ISTRUZIONI DEL TEST: Diatomea Nr.1 Specie: Cymbella mexicana (Ehrenberg) Obiettivi consigliati: 10x (eventualmente 20x) Particolari da risolvere: le areole situate all’interno delle strie devono apparire nette e ben distanziate Tecniche suggerite per migliorare la risoluzione: Illuminazione obliqua in campo chiaro o contrasto di interferenza differenziale.

Diatomea Nr. 2 Specie: Epithemia turgida (Ehrenberg) Kützing Obiettivi consigliati: 10x e 20x Particolari da risolvere: le areole devono apparire nette e ben distanziate Tecniche suggerite per migliorare la risoluzione: eventualmente illuminazione obliqua in campo chiaro o contrasto di interferenza differenziale.

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Biologia Diatomea Nr. 3 Specie: Anomoeoneis polygramma (Ehrenberg) Cleve Obiettivi consigliati: 20x Particolari da risolvere: le areole devono apparire nette e ben distanziate Tecniche suggerite per migliorare la risoluzione: eventualmente illuminazione obliqua in campo chiaro, campo scuro o contrasto di interferenza differenziale.

Diatomea Nr. 4 Specie: Triceratium favus (Ehrenberg) Obiettivi consigliati: 20x Particolari da risolvere: i pori all’interno delle camere esagonali devono essere ben visibili Tecniche suggerite per migliorare la risoluzione: illuminazione obliqua, campo scuro, contrasto di interferenza differenziale, contrasto di fase.

Diatomea Nr. 5 Specie: Eunotia pectinalis (Kützing) Rabenhorst. Micromanipolata esponendo la vista connettivale Obiettivi consigliati: 20x ad alta apertura numerica o 40x Particolari da risolvere: le areole in posizione centrale devono essere ben visibili Tecniche suggerite per migliorare la risoluzione: 20x e contrasto di interferenza differenziale, oppure 40x anche a secco in campo chiaro (senza illuminazione obliqua).

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Diatomea Nr. 6 Specie: Cocconeis placentula (Ehrenberg). Curiosità: epivalva e ipovalva sono molto diverse fra loro Obiettivi consigliati: 40x che lavora a secco oppure in immersione Particolari da risolvere: le areole devono apparire nette e ben distanziate Tecniche suggerite per migliorare la risoluzione: contrasto di interferenza differenziale e campo scuro nel caso di obiettivo 40x a secco; campo chiaro (senza illuminazione obliqua) nel caso di obiettivo 40x ad immersione.

. Diatomea Nr. 7 Specie: Diploneis smithii (Brébisson) Cleve Obiettivi consigliati: 40x per immersione Particolari da risolvere: le areole devono apparire nette e distanziate Tecniche suggerite per migliorare la risoluzione: illuminazione obliqua o contrasto di interferenza differenziale in immersione; disponendo di un obiettivo 40x che lavora a secco ma di grande apertura numerica è possibile ottenere risultati simili mediante contrasto di interferenza differenziale.

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Biologia Diatomea Nr. 8 Specie: Navicula oblonga (Kützing) Obiettivi consigliati: obiettivi 63x o 100x ad immersione con buona o ottima apertura numerica (a partire da 1,2, meglio 1,3 o 1,4) e condensatore ad immersione Particolari da risolvere: le numerose lineole presenti nelle strie Tecniche suggerite per la risoluzione: illuminazione obliqua molto spinta utilizzando un condensatore ad immersione 1,4 ; oppure campo scuro in immersione mediante condensatore dedicato 1,2/1,4.

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Diatomea Nr. 9 Specie: Surirella striatula (Turpin) Curiosità: il frustolo presenta una torsione lungo l’asse apicale Obiettivi consigliati: obiettivi 63x o 100x ad immersione con grande apertura numerica (1,3 o 1,4) e condensatore ad immersione. Particolari da risolvere: le areole presenti nelle strie devono apparire nette e ben distanziate (anche le strie sono un ulteriore elemento test in quanto possono apparire ben distinte partendo da buon obiettivo 20x con illuminazione obliqua o contrasto di interferenza differenziale) Tecniche suggerite per la risoluzione: campo scuro in immersione mediante condensatore dedicato 1,2/1,4 oppure illuminazione obliqua molto spinta utilizzando un condensatore ad immersione.

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Iniziative

CIELO A PECORELLE, MISURE A CATINELLE Alla scoperta di scienza e metrologia nella vita di tutti i giorni

la stazione meteo del Museo della Bilancia

Campogalliano, la Città della Bilancia, è un paese nel cuore dell’Emilia nel quale la precisione e la misura sono diventate quasi un’ossessione. Lì infatti si costruiscono bilance e strumenti per pesare dal 1860. Il Museo della Bilancia, nato quasi trent’anni fa, celebra questa vocazione per la precisione attraverso una raccolta di 1200 strumenti (moltissime bilance ma anche altri strumenti di misura lineare, di capacità, etc.) che racconta quasi due millenni di storia della misura. Col tempo il museo ha ampliato il proprio campo di azione diventando un vero e proprio centro di educazione e divulgazione scientifica e tecnologica… senza misura infatti non esiste scienza!

Maurizio Salvarani del Museo della Bilancia con la stazione meteo

In questo contesto si colloca l’ultimo arrivato tra i percorsi proposto alle scuole, che cerca nella quotidianità spunti per riflettere sul mondo che ci circonda e per effettuare misurazioni. Con il supporto del meteorologo Luca Lombroso e di Emilia Romagna Meteo – AS.M.ER abbiamo sviluppato CIELO A PECORELLE, MISURE A CATINELLE una proposta che rivolgiamo in particolare alle scuole secondarie di primo grado.

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Questo percorso ovviamente non insegna a fare previsioni meteo (per le quali sono state recentemente introdotte specifiche linee per la certificazione professionale). Lo scopo è diffondere i concetti base della meteorologia e delle osservazioni meteorologiche; inoltre offre validi spunti per sviluppare la discussione circa i problemi legati ai cambiamenti climatici in atto nel nostro pianeta.

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Iniziative L’obiettivo primario però è di carattere generale e consiste nel fare sperimentare ai giovani alunni il metodo scientifico attraverso momenti di osservazioni del cielo, svolgimento di semplici esperimenti e utilizzo di strumenti di misura (termometro, pluviometro, barometro, igrometro etc). Tutte le proposte del Museo infatti cercano di alimentare la curiosità dei ragazzi nei confronti del mondo che li circonda. L’idea di fondo è quella di fornire occasioni per osservare la realtà quotidiana costruendo collegamenti di senso tra elementi e di utilizzare i più vari strumenti di misura quantificando l’entità dei fenomeni presi in considerazione. L’attività inizia… col naso all’insù: la classe si sposta in esterno e solo dopo l’osservazione guidata del cielo, finalizzata ad apprendere in situazione le definizioni di nubi e situazioni atmosferiche, si sposta all’interno dell’aula dove una presentazione ricca di collegamenti a risorse esterne aiuta a sviluppare le tappe successive del percorso.

Formazione del personale con il meteorologo L. Lombroso

Al termine dell’esperienza dedicata al tempo meteorologico i ragazzi avranno conquistato una serie di competenze ed abilità di primissimo livello, che potranno essere riprese ed approfondite:

riconoscere e classifi-

conoscere le principali

conoscere

comprendere i principi

care le nubi mediante l’osservazione le componenti delle stazioni e delle capannine meteo

conoscere

gli organismi nazionali e internazionali di riferimento

conoscere Per maggiori informazioni sul percorso: http://www.museodellabilancia. it/annuncio.php?ida=273 http://www.emiliaromagnameteo. com/cielo-a-pecorelle-misure-acatinelle/

il funzionamento e le modalità di utilizzo dei principali strumenti di rilevazione meteo (termometro, barometro, anemometro, igrometro e pluviometro)

comprendere la differenza tra clima e meteo L’Hobby della Scienza e della Tecnica

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fasi di evoluzione della meteorologia della circolazione atmosferica e leggere semplici carte meteo

leggere

e realizzare tabelle e grafici con i dati delle rilevazioni Il percorso ben si presta ad accennare a tematiche come il riscaldamento globale e le sue cause, alle caratteristiche delle differenti fonti di energia ed ai limiti (anche quantitativi) dei combustibili fossili. Maurizio Salvarani


Elettronica

L'impia

nto ele

L’impianto della nostra casa è realizzato a norma di legge? Per rispondere a questa domanda vediamo di capire come è fatto un impianto elettrico in bassa tensione e quali sono i principali componenti. Prima del 1990 chiunque poteva “smanettare” sui fili e sui componenti del proprio impianto. Con la legge 46/90 vengono invece stabiliti degli obblighi precisi per il proprietario dell’impianto e per chi lo esegue o lo modifica. In particolare: gli impianti possono essere realizzati, trasformati e ampliati solo da elettricisti qualificati, ovvero da persone che dispongono di un certificato che li abilita alla professione di elettricista; il proprietario è obbligato ad avere e a conservare una dichiarazione di conformità dell’impianto, questa di­ chiarazione viene rilasciata dall’elettricista alla fine dei lavori ed è indispensabile per avere l’agibilità del re­ lativo immobile. Quindi se non siete elettricisti, non potete lavorare su impianti in cui sia presente una tensione superiore a 30 Volt, sia perché lo stabilisce la legge sia perché può essere pericoloso per la propria sicurezza e per quella dell’impianto.

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Questa legge è stata poi sostituita dal DM 37/08, per arrivare oggi alla norma CEI 64-8 che rappresenta l’attuale punto di riferimento sugli impianti elettrici. Con questa norma, e in particolare con la V3, non solo si stabiliscono i criteri per ­ realizzare un impianto sicuro ma si integrano anche informazioni sulla sua funzionalità. E’ anche possibile far redigere dall’elettricista un libretto di impianto (facoltativo) in cui vengono riportate le istruzioni d’uso e di manutenzione dei vari componenti, questo libretto oltre che utile, rappresenta un valore aggiunto per l’immobile. La norma CEI suddivide l’impianto in tre livelli fondamentali: livello 1, è il minimo accettabile e prevede i componenti base obbligatori in un impianto elettrico; livello 2, indica un impianto di qualità superiore che comprende anche componenti ausiliari come videocitofono, allarme, eccetera; il livello 3, quando l’impianto prevede anche componenti innovativi (domotica). In particolare per ottenere il livello 3 devono essere presenti al-

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i casa

meno quattro dei se­guenti componenti: allarme, controllo carichi, gestione luci, gestione temperatura, ge­ stione scenari, controllo remoto, diffusione sonora, rilevazione incendio, rilevazione acqua o gas. Poiché nel livello 3 sono previsti componenti domo­ tici, quindi circuiti elettronici complessi che possono guastarsi se ricevono tensioni elevate, deve essere presente anche uno o più dispositivi di protezione SPD, conosciuti anche come scaricatori o limitatori. Con SPD (Surge Protective Device) si indica un dispositivo in grado di eliminare le sovratensioni impulsive causate ad e­sempio da eventi atmosferici quali i fulmini. Gli altri due componenti che devono sempre essere presenti in un im­pianto, indipendentemente dal li­ vello di appartenenza, sono l’interruttore differenziale e il magnetotermico. L’interruttore differenziale si apre automaticamente quando rileva una dispersione elettrica verso terra; in pratica si basa sul fatto

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Elettonica che la corrente che circola nel conduttore di fase deve essere esattamente uguale a quella che circola nel neutro, se la corrente è diversa (differente) apre il circuito. Questo interruttore interviene, ad esempio, se tocchiamo una presa (attenzione cosa da non fare!) poiché parte della corrente attraversa il nostro corpo e raggiunge la terra creando così una differenza nei due conduttori. L’interruttore magnetotermico si apre automaticamente se la corrente che lo attraversa supera quella di targa, ognuno di questi interruttori riporta stampigliato questo valore in Ampère. Si chiama così poiché prevede internamente due diverse sezioni: una magne­tica e una termica. La prima è composta da un elettromagnete e da una molla, quando la corrente che circola nell’elettromagnete supera la corrente di targa, questo interviene e apre il circuito, l’intervento è immediato e offre una protezione contro un corto circuito. La sezione termica è rea­ lizzata con due lamine di diverso materiale e quindi caratterizzate da una differente dilatazione termica; quando il valore di corrente che le attraversa supera quella di targa la dilata­ zione causa l’apertura del circuito. La sezione termica offre una protezione da sovraccarico, ovvero in caso di malfunzionamento di uno dei dispositivi a valle

dell’interruttore. Occorre precisare che in commercio troviamo componenti che integrano entrambi gli interruttori e che si chiamano quindi interrut­ tore magnetotermico differ­ enziale. Il centralino o quadro è quella cassetta dotata di sportello apribile e guide DIN sul fondo in cui collocare questi interruttori, in ogni impianto ne deve essere presente almeno uno. Nel centralino deve essere presente un interruttore generale, funzione che può essere svolta dal magnetotermico principale. In un impianto base deve essere presente un ma­ gnetotermico e a valle due differenziali: uno per le luci e uno per la forza motrice. Se l’immobile supera i 125mq, e in ogni caso come buona regola, è consigliabile sezionare il più possibile i carichi. Un e­sempio è un magnetermico principale con a valle due differenziali: il primo con a valle due magnetotermici per luci zona giorno e luci zona notte, il secondo con tre magnetotermici (forza motrice principale, forza motrice cucina, lavatrice). Per ottenere un livello 2 dobbiamo inserire una o più gestione di controllo carichi. In pratica sono dei dispositivi che aprono il circuito automaticamente quando si supera la corrente impostata. Dispongono di un piccolo ­ display e di qualche tasto e consentono di impostare la

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soglia di intervento in KW, il tempo di preallarme (segnalatore acustico) e il tempo di disinserimento. In un im­pianto possiamo prevedere questi dispositivi a monte di carichi non prioritari (condizionatore, forno, luci terrazzo, ecc.). Al contrario, per i carichi prioritari (frigo, sistema di allarme, telecamere, controllo remoto, ecc.) è consigliabile prevedere interruttori che si auto riarmano. Questi dispositivi sono in grado di effettuare dei test periodici sull’impianto senza staccare il carico, inoltre in caso di intervento ad e­sempio a causa di un forte disturbo elettrico come un temporale, possono testare l’impianto e riarmarsi automaticamente se il risultato del test è positivo. Carlo Vignati


Un saluto speciale

In ricordo di Antonio Costa Vogliamo ricordare una persona a noi cara che è venuta a mancare lo scorso novembre, l’amico Antonio Costa. Per 25 anni è stato il presidente dell’IVM (Istituto Valtellinese di Mineralogia), appassionato di montagna e di minerali, fino all’ultimo giorno della sua vita si è impegnato per far conoscere le attività dell’associazione e le bellezze della Valtellina. Ha collaborato per molti anni con la nostra rivista, sempre disponibile a comunicarci tutte le iniziative promosse dall’IVM in collaborazione con i comuni di Sondrio e Lanzada (SO), prima fra tutti la mostra di minerali e micro­mounts da lui organizzata a fine agosto proprio a Lanzada giunta all’8a edizione che vede arrivare appassionati da varie parti d’Italia e non solo. Ci auguriamo che il suo lavoro venga proseguito dai più giovani affinchè il ricordo di Antonio Costa non si affievolisca, ma continui nelle prossime generazioni.

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Paleontologia

Un giorno fra il Museo di Roncà e le bellezze naturalistiche della Val d’Alpone Il luogo di partenza per raggiungere la Val d’Alpone è San Bonifacio, cittadina che si incontra percorrendo la Statale Verona – Vicenza (SS11 Padana superiore) o l’Autostrada A4, (uscita casello Soave/ San Bonifacio); da lì se­ guendo l’indicazione Monteforte entriamo in questa piacevole vallata dei Monti Lessini che dalle prealpi degrada dolcemente verso la pianura padana. Il torrente Alpone che nasce a Bolca dà il nome alla valle, terra

di basalti, espressione di un lungo vulcanesimo che ha imperversato per alcuni milioni di anni nel Paleogene; nei periodi di secca si possono notare nel letto del torrente,privo di acqua, innumerevoli ciottoli basaltici neri, con angoli smussati dalla forza della corrente dei periodi piovosi in cui il torrente riprende vita, talvolta anche troppa con esondazioni come avvenuto nel 2010 e 2013. Ma anche e soprattutto terra di fossili risalenti all’Epoca

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Eocene,che va da 56 a 33,9 milioni di anni orsono, età Bartoniano-Luteziano. Lasciandoci alle spalle il paese di Monteforte e risalendo verso San Giovanni Ilarione, Vestenanova e Bolca, dopo circa 12 Km si arriva ad una rotonda in cui è situato l’Albergo “Tre­ gnago”, si gira sulla destra verso Roncà piccolo ma piacevole Paese che ha il pregio di ospitare il Museo geopaleontologico da circa 40 anni. Fu nelle intenzioni dei Fondatori (e lo è tutt’ora) limitare il Museo solo all’ostenzione dei fossili del territorio di Roncà, escludendo quindi di proposito l’inserimento di tutti gli altri innumerevoli fossili reperibili nei Lessini; il Museo è aperto tutti i sabati e Domeniche dalle 9 a mezzogiorno e dalle 15 alle 18. Per eventuali

L’Hobby della Scienza e della Tecnica Museo geopaleontologico di Roncà


Paleontologia

Sulla sinistra della foto alcuni stupendi esemplari di Strombus

visite nei giorni infrasettimanali bisognerà contattare il cu­stode. Il Museo ha un piano terra che mostra alcuni aspetti di flora e fauna del luogo con diorami e­splicativi, e, per chi fosse interessato, sarà anche possibile guardare un vi­deo dedicato alla Geopaleontologia e storia del posto prima di salire al piano superiore dove sono due stanze dedicate ai fossili. Sono esposti Invertebrati (coralli ma soprattuto Foraminiferi rappresentati dai nummuliti, orga­nismi unicellulari abbondantissimi nei calcari del luogo, Lamellibranchi, forse meglio noti come Bivalvi, Gasteropodi fra cui spicca lo Strombus fortisi così famoso (e bello) che si ritrova oggi in tutti i principali musei del mondo ed è diventato un po’ il simbolo del Museo di Roncà, Vertebrati (pesci,rettili e mammiferi); Il pezzo forte è lo schele­ tro pressochè completo di Prototherium veronense il cui originale si trova oggi al Museo dell’Istituto di Geologia di Padova a cui

Il Prototherium in esposizione al Mineral Show di Verona nel 2010

fu venduto dopo il ritrovamento negli strati calcarei del Monte Duello, piccola collinetta fra Roncà e Montecchia, nel 1875. Questo animale è un mammifero marino che visse nelle tiepide acque del Mare della Tetide che una volta (circa 40 milioni di anni fa) lambiva il territorio di Roncà; ed è nel fondale marino di questo mare che per millenni si raccolsero resti di animali,piante, conchiglie, restituite, milioni di anni dopo, sotto forma di fossili. E’ uno dei pochi mammiferi erbivori marini (detto per quasto anche “mucca di mare”) che ha la peculiarità di essere stato associato alle sirene, forse perchè quando allatta risalendo in superficie usa le pinne anteriori come braccia per sostenere il piccolo; non è difficile immaginare che marinai magari un po’ offuscati da abbondanti libagioni, abbiano visto in questo gesto un corpo femminile

L’Hobby della Scienza e della Tecnica

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umano nell’atto di allattare Altro notevole ritrovamento è un cranio di coccodrillo, il Megalodontosuchus arduini, oggi scomparso, anch’esso rinvenuto sul Monte Duello, situato nel Museo vicino ad una sua ricostruzione di come era in vita. Fra gli altri fossili su cui non mi dilungo per mancanza di spazio (al Museo ve ne sono più di 300 e ,per illustrarli tutti, ci vorrebbe un libro intero) e, soprattutto, perchè convinto che i fossili vanno visti dal vero e, quando possibile, toccati anche con mano. Questo in brevissima sintesi è il Museo al chiuso, ma cè anche il proseguimento con il Museo all’aperto che vuole integrare e completare la visione del sito; il visitatore può infatti percorrere (accompagnato o da solo) alcuni sentieri naturalistici che lo porteranno a camminare fra gli strati eocenici frammisti a vistose presen-


Paleontologia

Il cranio di coccodrillo

ze di basalti espressione di iponenti attività vulcaniche provocate soprattutto dai vulcani Monte Calvarina, Duello e Crocette tutti nei dintorni di Roncà, oggi trasformati a seguito di processi erosivi, a piccole colline; le loro frequenti eru­ zioni interrompevano spesso il lento processo di sedimentazione ed è per que­ sto motivo che le stratificazioni di Roncà sono quasi sempre interrotte, alterate, mescolate a raccolte laviche imponenti che ci fanno comprendere quanti sovvertimenti geologici siano avvenuti in quell’Epoca. Con un po’ di fortuna si potranno anche osservare alcuni fossili incastonati nei rispettivi depositi sedimentari. Un bel tuffo nel mare di 40 milioni di anni fa che vale la pena di intrapren-

Ricostruzione del coccodrillo

dere. Per studiare ulteriormente tale zona ogni anno, dal 2012, vengono eseguiti scavi paleontologici sotto la direzione scientifica del prof. Roberto Zorzin, conservatore della sezione geologica e paleontologica presso il Museo Civico di Storia Naturale di Verona, il cui accesso è aperto a chiunque ne fosse interessato, previa richiesta al sindaco di Roncà o a uno dei due indirizzi segnalati alla fine. Un altro sito di interesse geologico sono i basalti colonnari presso San Giovan-

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ni Ilarione, situato a poche Km da Roncà: ritornati alla rotonda si riprende la sta­ tale dirigendosi a destra, in direzione San Giovanni Ilarione: poco prima di ­giungere al paese si incontra un’ulteriore rotonda e si gira a destra, si potrà vedere una collina simile ad un alveare, immagine data dal raffreddamento di rocce magmatiche, colate laviche, che in seguito al raffreddamento diventano per lo più esagonali, formando lunghi colonnati. Ai piedi di questa collina vi sono pannelli eplicativi che varrà la pena di leggere. Infine, risalendo per la sta­ tale, si giunge a Bolca. Non ne parlo per due motivi: il primo, più banale, è la mancanza di spazio affidatomi per questo articolo; il se­condo è il fatto che Bolca è già molto nota non solo in Italia ma nel mondo intero, con migliaia di pubblicazioni in tutte le lingue e quindi non necessita di presen-

L’Hobby della Scienza e della Tecnica Un blocco di calcare con Nummuliti


Paleontologia tazioni particolari. Se qualcuno non lo conoscesse, approfitti di questa giornata in Val d’Apone per visitare questo sito, ne vale la pena. Francesco Sforza

Una fase degli scavi eseguiti a Roncà

Per ulteriori chiarimenti Francesco Sforza Cell.3408952806 Mail famigliasforza@libero.it Per prenotare visite infrasettimanali e/o vi­ site al sentiero naturalistico Giancarlo Tessari Custode del Museo, Cell.3356074811

Basalti colonnari a San Giovanni Ilarione

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Astronomia

STELLE CADENTI: effimeri messaggeri cosmici Già da bambini, tutti noi sentiamo almeno parlare del fenomeno delle stelle cadenti e, in special modo, delle cosiddette Lacrime di San Lorenzo (le Perseidi). Tutti sanno (o dovrebbero sapere) che non si tratta di stelle ma di minuscoli detriti che vaporizzano a seguito della collisione con l’atmosfera terrestre. L’argomento è però poco trattato a livello di divulgazione scientifica. Qui intendiamo colmare una tale lacuna, seguendo la magistrale trattazione di Giovanni Virginio Schiaparelli, ancora valida dopo 150 anni.

L’APPARENZA

I primi studi scientifici sulle stelle cadenti risalgono alla fine del ‘700 (Università di Gottinga). Con il metodo della parallasse (sul quale non insistiamo in questa sede, in quanto il lettore interessato può trovarne la descrizione in diversi testi e siti) si può determinare l’altezza di una stella cadente e, di conseguenza, la lunghezza della sua traiettoria e (cronometrandola) la sua velocità. Ne risultano tipiche altezze dell’ordine dei 100 km e tipiche velocità relative dell’ordine di 10-100 km/sec. L’apparenza, e più tardi la spettroscopia, suggerirono trattarsi di corpi solidi vaporizzatisi, impressione confermata dal moto quasi regolare delle scie, l’irregolarità essendo data da un effetto simile a quello che si verifica nei proiettili. Le stelle cadenti si presentano come delle scie luminose che appaiono improvvisamente in cielo e, dopo pochi secondi, si dileguano. Talvolta è possibile vedere una sfera luminosa, con scia, che si infiamma e rapidamente si estingue. Le scie in una

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stessa nottata sembrano provenire da un punto nel cielo, detto “radiante”. Il radiante è solidale alle stelle fisse e si sposta quindi con loro durante la notte.

Una stella cadente solca il cielo notturno. Uno spettacolo di cui oggi solo pochi fortunati pos­ sono godere, a causa dell’inquinamento luminoso.

In una qualsiasi notte, avendo un cielo perfettamente chiaro, una vista perfetta e una visione a 360 gradi, si potrebbe in media scorgere una stella cadente ogni cinque minuti. Durante le cosiddette “piogge meteoriche” (ad esempio le Perseidi, 12 agosto e le Leonidi, 17 novembre) si arriva a una scia al minuto e, ogni 33 anni per le Leonidi, a 2-4 scie al secondo!

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Astronomia Giovanni Virgilio Schiaparelli in un francobollo a lui dedicato nel centanario della morte. Il grande astronomo è giustamente noto per i pionieristici studi sul pianeta Marte. Quasi nessuno, però, ricorda i suoi fonda­ mentali contributi allo studio delle stelle cadenti che, a differen­ za delle teorie marziane, mantengono a tutt’oggi il loro valore scientifico.

Le meteore di una stessa pioggia appaiono parallele per un effetto prospettico, analogo all’effetto per cui, alla guida in un rettilineo, ci sembra che le linee che delimitano la strada, parallele, convergano in un punto all’infinito (da G.V. Schiaparelli, “Le Stelle Cadenti”).

ANTICHE OSSERVAZIONI

Le stelle cadenti furono osservate in maniera “scientifica” già nella Cina antica. Lo storico romano Tito Livio (tra gli altri autori classici) menziona il fenomeno ma non risulta che né Greci nè Romani abbiano prestato loro attenzione dal punto di vista scientifico. Contrariamente al diffuso pregiudizio che vede il Medioevo come epoca “antiscientifica”, le stelle cadenti furono più sistematicamente osservate durante l’Alto Medioevo (arabo, bizantino e romano-germanico) e il Basso medioevo (specie in Italia). Il fatto che popolazioni dette “barbariche” (nello specifico i Longobardi) abbiano avuto un interesse sistematico nell’osservazione di vari fenomeni celesti (evidente anche dall’orientamento astronomico di sepolture e monumenti) smentisce, ancora una volta, diffusi pregiudizi. Va però detto che tutti i popoli sopra nominati, anche quelli “non barbarici”, osservarono le stelle cadenti convinti che esse fossero presagio di sventura. D’altra parte, un’astronomia estremamente sviluppata come quella cinese antica aveva un simile approccio ai fenomeni celesti.

IL RADIANTE

Le meteore di una stessa pioggia appaiono parallele per un effetto prospettico, analogo all’effetto per cui, in un rettilineo, ci sembra che le linee che delimitano la strada, in realtà parallele, convergano in un punto (situato all’infinito). Il convergere delle traiettorie verso un radiante che partecipa al moto giornaliero delle stelle fisse indica chiaramente che si deve trattare di corpi (minuscoli, come dimostra il tempo impiegato a disgregarsi) che la Terra incontra nel suo moto di rivoluzione. Le meteore che cadono perpendicolarmente all’atmosfera sono viste dissolversi rapidamente, dato che il loro percorso è breve. Quelle che cadono tangenzialmente avranno invece un percorso più lungo, si dissolveranno meno rapidamente e meno facilmente. Sembreranno palle di fuoco incendiate (bolidi, che talvolta segnalano la caduta di un meteorite).

Orbite degli sciami delle Leonidi e delle Perseidi, in rapporto a quelle dei maggiori pianeti e della Terra (da G.V. Schiaparelli, “Le Stelle Cadenti”). L’Hobby della Scienza e della Tecnica

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Astronomia L’ORIGINE COMETARIA

Abbiamo già menzionato la periodicità delle stelle cadenti. La prima ipotesi per spiegare la comparsa di piogge meteoriche fu che si trattasse dell’incontro fra la Terra e una nube di detriti con estensione limitata. Tuttavia, per avere una periodicità annuale dell’incontro, la nube di detriti dovrebbe avere il periodo di rivoluzione attorno al Sole pari a un anno esatto, cosa assai poco probabile. Si pensò allora ad anelli di detriti distribuiti a ciambella attorno al Sole. Newton, Chladni e altri avevano già da tempo suggerito un legame tra stelle cadenti e comete, senza però giungere a una soddisfacente teoria. Del resto, è l’aspetto stesso delle stelle cadenti a suggerire un tale legame. Kirkwood elaborò una prima spiegazione veramente scientifica del fenomeno. Nella seconda metà dell’800, Newton (jr) e successivamente Schiaparelli costruirono una teoria che diede conto dell’origine cometaria delle stelle cadenti.

IL CONTRIBUTO DI SCHIAPARELLI

Secondo le leggi di Newton, l’orbita di un corpo celeste è fissata quando siano fissate la sua posizione e velocità. Qualora, quindi, si osservi che le meteore di uno sciame (che provengono sostanzialmente tutte dalla stessa posizione nell’orbita dello stesso) abbiano una velocità media pari a quella di una certa cometa quando essa si trovi nella stessa posizione, risulta chiaro che la cometa e i detriti seguono la medesima orbita. Si può quindi supporre che i detriti si siano originati da una perdita di materia da parte della cometa. La variazione di luminosità di sciami come le Perseidi ha lo stesso periodo della cometa madre delle stesse. Evidentemente, appena dietro la cometa esiste una scia di detriti appena persi dalla cometa e dunque particolarmente densa. Schiaparelli fu il primo studioso a dimostrare in maniera indubitabile l’origine cometaria delle stelle cadenti. Tra l’altro egli dimostrò il legame della cometa Swift-Tuttle con le Perseidi e della cometa Temple-

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Tuttle con le Leonidi. Questa è la principale scoperta di Schiaparelli che rimarrà per sempre a testimoniarne il genio scientifico.

IL MECCANISMO DI FORMAZIONE

Seguendo Schiaparelli, osserviamo che, ad esempio, la cometa di Biela si divise in due parti nel 1845. Comete divisesi in più parti sono menzionate da storici greci e romani e dagli astronomi dell’antica Cina. Vi sono anche esempi moderni (si pensi alla cometa Shoemaker-Levy, divisasi in molti pezzi, poi schiantatisi su Giove). Un frammento di nucleo cometario distaccatosi avrà inevitabilmente velocità diversa da quella della cometa. Ogni differenza di traiettoria fra nucleo cometario e frammenti si amplifica di orbita in orbita. Il risultato finale è che i frammenti tendono a occupare tutte le posizioni possibili lungo l’orbita. Si crea così una “ciambella” di detriti che ogni anno la Terra incontra, generando gli sciami meteorici. Vi è poi una zona, a seguito della cometa, di particolare densità. Da ciò deriva il fatto che la luminosità dello sciame varia con il periodo della cometa. Va infine detto che una cometa non perde massa solo per espulsione di materia, conseguente a getti da evaporazione. La differenza di attrazione gravitazionale (da parte del Sole o di pianeti quali Giove e Saturno) fra le sue parti può essere sufficiente. RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI A nostro parere, la migliore introduzione all’argomento è ancora: G.V. Schiaparelli, Le Stelle Cadenti. Tre Letture, Fratelli Treves Editori, Milano, 1873 (nuova ed.: Antonio Tombolini Editore, Loreto, 2014). Per le conoscenze astronomiche nel mondo medievale, ci permettiamo di suggerire: S.Spagocci, Archeoastronomia Europea. Dal Paleolitico al Medioevo, GACB, Cinisello Balsamo, 2014 (distribuito dall’editore di questa rivista).

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Stefano Spagocci



Matematica

Curiosità nelle scienze matematiche 1a parte

alla memoria della Prof.ssa Luciana Parducci (1923-1997) “The light that failed (La luce che si spense)” opera dello scrittore britannico Joseph Rudyard Kipling (Bombay, 1865 - Londra, 1936) del 1891

La matematica non è sempre noiosa. La matematica la usiamo tutti i giorni anche inconsciamente e divertendosi la si impara anche. Sin dalle sue origini si trovano dei problemi ricreativi quale parte integrante dell’educazione matematica e contemporaneamente come passatempo ludico intellettuale. Nel Papiro di Hind, uno dei più antichi documenti matematici oggi noti risalente al 1650 a.C., si trova una raccolta di 87 problemi tra i quali il numero 79 appartiene al genere ricreativo. Così come il problema numero 8 che si trova sulla tavoletta babilonese YBC 4652 risalente alla I dinastia (circa 19001800 a.C.). Platone (428-348 a.C.) scrive: In questo paese (l’Egitto) sono stati inven­ tati giochi aritmetici per bambini, che così imparano divertendosi con piacere. [omissis] Così facendo, con questi passatempi, i bambini prendono confidenza con i numeri, il che consente loro di capire i movimenti e le spedizioni degli eserciti e li prepara bene a seguire i propri affari, rendendo più viva­ ce il loro modo di ragionare.

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Nella celebre raccolta di epigrammi denominata Antologia Palatina in quindici libri, il libro XIV, dell’autore Metrodoro, è una raccolta di problemi ricreativi. Problemi simili si trovano anche nel manuale matematico Suan Ching di Sun Tzu (Sunzi suanjing) del V sec. d.C. A cavallo dell’ottavo e nono secolo abbiamo le Propositiones ad acuendos juvenes di Alcuino di York (735-804) precettore di Carlo Magno (742-814), il primo imperatore del Sacro Romano Impero. Seguono i manoscritti De viribus quantitatis dell’aretino Luca Bartolomeo de Pacioli (1445-1517), un’opera suddivisa in tre parti nella cui prima si trova una raccolta di giochi matematici e problemi dilettevoli, e Libro dicto de giochi mathematici di Piero di Nicolao d’Antonio da Filicaia da Firenze entrambi dei primi anni del XVI secolo. L’interesse dei giochi matematici lo ritroviamo anche in Libro d’abacho (1544) e il Libro di arime­ tricha (1571) del senese Dionigi Gori (XVI sec.), nella Pratica d’arithmetica (1548) del fiorentino Francesco Galigai (1498-1573) e nel General trattato (1556) del bresciano

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Matematica Nicolò Tartaglia (1499-1557). Mentre, una prima raccolta a stampa di giochi matematici, la si deve al francese Claude Gaspard Bachet de Méziriac (1581-1638) con Pro­ blèmes plaisans et délectables, qui se font par les nombres, partie recueillis de divers autheurs, et inventez de nouveau, avec leur démonstration (1612). Molti e famosi sono i matematici (in passato come Euler, Legendre, Gauss e più recenti come Coxeter, Penrose, Conway) che trattano, diffondono, studiano i proble­ mi matematici e, talora, ricavano, basi per nuove teorie matematiche. Tra i notevoli cultori di matematica creativa ricordiamo il matematico francese François Édouard Anatole Lucas (1842-1891) con le sue opere Récréations mathématiques (quattro volumi 1882-94) e L’arithmétique amusante (1895, postumo), lo statunitense Samuel Loyd (1841-1911) il cui figlio pubblicò Cyclopedia of Puzzles (1914) una sua raccolta di 5000 problemi e rompicapi, l’inglese Henry Ernest Dudeney (1857-1930) con Amusements in Mathematics (1917) e The World’s Best Word Puzzles (1925) e lo statunitense Martin Gardner (1914-2010). Adesso, con la sola pretesa di una dilettevole ricreazione matematica, vediamone una carrellata di queste curiosità matematiche che potranno essere espanse ad libi­ tum.

[1] Logaritmi Il logaritmo in base a di b (argomento) è quel numero c tale per cui a elevato a c (esponente) è uguale a b, ossia: loga(b) = c tale che ac=b Base dei logaritmi neperiani, dal nome del matematico scozzese John Napier [Nepero] (1550-1617): e = 1 + 11 !+ 12 !+ 13 !+ 14 !+ 15 !+ 16 !+... = 2.718281828459 ...

Modulo dei logaritmi di Henry Briggs (15611631) per la trasformazione dei logaritmi neperiani loge, in base e, in logaritmi di Briggs log10, in base 10: M = 1/loge (10) 0.4342944819…

=

log10

(e)

=

[2] Radiante e pi greco Il radiante è l’unità di misura dell’ampiezza degli angoli. Esso viene definito come l’ampiezza dell’angolo al centro che sottende un arco di circonferenza la cui lunghezza rettificata è uguale al raggio della circonferenza stessa. Radiante espresso in: gradi (180/π) = 57°.29577951 = 57° 17′ 44″.806220 primi = 3437′.746770 secondi = 206264″.806220

Opere di matematica dilettevole del XVII e XIX secolo citate nel testo L’Hobby della Scienza e della Tecnica

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Matematica

Opere di matematica dilettevole dei primi anni del XX secolo citate nel testo.

[3] Teoria degli errori

Arco, espresso in radianti, di un: grado (π/180) = 0.017453293 primo = 0.000290888 secondo = 0.000004848 Il pi greco è una costante matematica. Rappresenta il rapporto tra la lunghezza della circonferenza e il suo diametro. È un numero irrazionale (non può essere scritto come quoziente di due numeri interi) e trascendente (non è un numero algebrico). La sua irrazionalità venne dimostrata da Johann Heinrich Lambert (1728-1777) nel 1761, mentre, la sua trascendenza fu dimostrata da Carl Louis Ferdinand von Lindemann (1852-1939) nel 1882. Pi greco (con le prime sue 30 cifre decimali) π = 3.141 592 653 589 793 238 462 643 383 279 …

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rapporto costante tra l’errore medio e l’errore probabile = 1.483 inverso del precedente = 0.674 valore del prodotto costante della misura di precisione: per l’errore medio = 2-0.5 = 0.707 per l’errore probabile = 0.477 probabilità che l’errore di un’osservazione non superi: metà dell’errore medio = 0.382 l’errore medio = 0.663 il doppio dell’errore medio = 0.954

[4] Prefissi per le unità di misura

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Matematica

[5] I 168 numeri primi

(ossia quei numeri divisibili solo per se stessi e per l’unità) tra 1 e 1000 2 41 97 157 227 283 367 439 509 599 661 751 829 919

3 43 101 163 229 293 373 443 521 601 673 757 839 929

5 47 103 167 233 307 379 449 523 607 677 761 853 937

7 53 107 173 239 311 383 457 541 613 683 769 857 941

11 59 109 179 241 313 389 461 547 617 691 773 859 947

13 61 113 181 251 317 397 463 557 619 701 787 863 953

17 67 127 191 257 331 401 467 563 631 709 797 877 967

19 71 131 193 263 337 409 479 569 641 719 809 881 971

23 73 137 197 269 347 419 487 571 643 727 811 883 977

29 79 139 199 271 349 421 491 577 647 733 821 887 983

31 83 149 211 277 353 431 499 587 653 739 823 907 991

Esempio, nella sequenza fino al numero dato 51: 2 3 5 7 9 11 13 15 17 19 21 23 25 27 29 31 33 35 37 39 41 43 45 47 49 51 … cancellando, come descritto in pre37 cedenza, rimangono solamente 2 3 5 7 89 - 11 13 - 17 19 - 23 - - 29 31 - - 37 - 41 151 223 43 - 47 - - … che sono i numeri primi 281 cercati. 359 433 503 593 659 743 827 911 997

[8] Fattoriale

Il fattoriale di un numero intero n è il prodotto dei numeri interi da 1 a n.

[6] Aritmogeometria pitagorica. Una sintesi fra la scienza dei soli numeri (aritmetica) e la scienza delle sole figure (geometria).

0! 1! 2! 3! 4!

= = = = =

1 1 1·2 = 2 1·2·3 = 6 1·2·3·4 = 24

Nel calcolo combinatorio il fattoriale di un numero n dà il numero delle permutazioni di n oggetti. Esempio: a,b,c (n=3) 3! = 1·2·3 = 6 [ossia abc, bca, cab, acb, cba, bac] I fattoriali dei numeri da 1 a 10 sono:

Esistono dei numeri multiformi come, ad esempio, il 36, che è quadrato, rettangolare e triangolare.

[7] Crivello di Eratostene

È un metodo ideato dall’ellenico Eratostene di Cirene (276-194 a.C.) che permette di trovare i numeri primi (numeri divisibili esattamente per se stessi e per l’unità) inferiori ad un numero dato, appartenente alla sequenza dei numeri dispari. Il metodo consiste nello scrivere i numeri dispari inferiori ad un dato numero e nel cancellare di tre in tre quelli dopo il 3, di cinque in cinque quelli dopo il 5 e così via. Quelli rimanenti sono i numeri primi cercati.

0! 1! 2! 3! 4! 5! 6! 7! 8! 9! 10!

5 40 362 3 628

1 1 2 6 24 120 720 040 320 880 800

[9] Numeri amicabili

Due numeri interi a e b, vengono detti numeri amicabili se a è la somma dei divisori di b e b è la somma dei divisori di a. I più piccoli numeri che forniscono una coppia del genere sono: 220 = 1+2+4+5+10+11+20+22+44+55+110 = 284 284 = 1+2+4+71+142 = 220 41

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Matematica altre coppie: 220 1184 2620 5020 6232 10744 12285 17296 63020 66928 67095 69615 122265 141664 142310 171856 176272 196724 308620 437456 503056 522405 609928 1175265 1280565 1358595 9363584 196421715

e e e e e e e e e e e e e e e e e e e e e e e e e e e e

284 (P. de Fermat, 1636) 1210 (N. Paganini, 1798) 2924 5564 6368 10856 14595 18416 (P. de Fermat, 1636) 76084 66992 71145 87633 139815 153176 168730 176336 180848 202444 389924 455344 514736 525915 686072 1438983 1340235 1486845 9437056 (R. Descartes) 224703405

*Robert Recorde (1510-1558) *André Jumeau (XVI-XVII secolo) *Marin Mersenne (1588-1648) * François Anatole Eduard Lucas (18421891) * Bernard Frénicle de Bessy (1605-1675) * Derrick Norman Lehmer (1867-1938)

[11] Numeri narcisisti

*Niccolò Paganini (1782-1840)

[10] Numeri multiperfetti

I numeri multiperfetti sono quelli in cui la somma dei divisori, con l’aggiunta del numero stesso, fornisce un valore multiplo intero del numero. Il multiplo diviso per il numero, definisce l’ordine che può essere di tre (o triperfetto), di quattro (o tetraperfetto), di cinque (o pentaperfetto), etc. Esempio: 120 (1+2+3+4+5+6+8+10+12+15+20+24+ 30+40+60+120= 360) (360/120 = 3 multiperfetto di ordine tre o triperfetto)

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I numeri narcisisti sono quelli in cui la somma delle loro cifre, ciascuna elevata alla terza potenza, dà lo stesso numero iniziale.

[12] Numeri perfetti

I numeri perfetti sono quelli in cui la somma dei loro divisori (prima specie) o il prodotto dei fattori (seconda specie) è uguale al numero stesso.

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Matematica

[13] Numeri socievoli

Se si sommano i divisori del primo numero si ottiene il secondo, se si sommano i divisori del secondo si ottiene il terzo e cosi via sino a che sommando i divisori dell’ennesimo numero si ottiene di nuovo il primo.

rapporto tra il lato e il diametro per ciascuno dei solidi regolari iscritti:

Esempio: 12496, 14288, 15472, 14536 e 14264 (cerchio di 5 numeri) Il cerchio più ampio di numeri socievoli include 28 numeri, il primo dei quali è 14316.

[14] Poliedri regolari

Vengono anche chiamati corpi cosmici o solidi platonici, da Platone di Atene (427347 a.C.). Essi hanno facce di poligoni regolari con gli angoli diedri uguali.

Il rapporto fra le superfici del dodecaedro e dell’icosaedro inscritti nella medesima sfera è uguale al rapporto tra i loro volumi, e tale rapporto risulta essere quello che esiste tra il lato dell’esaedro e il lato dell’icosaedro, ossia: √{(10/[3·(5-√5)]}. I poliedri semiregolari o solidi archimedei, da Archimede di Siracusa (287-212 a.C.), sono poliedri convessi le cui facce sono dei poligoni regolari ma non dello stesso tipo. Sono possibili solo tredici poliedri semiregolari. Come costruire modelli in cartone dei cinque poliedri regolari convessi:

facce (f) vertici (v) spigoli (s) lati x faccia

tetraedro 4 4 6 3

esaedro 6 8 12 4

ottaedro dodecaedroicosaedro 8 12 20 6 20 12 12 30 30 3 5 3

Relazione di Leonhard Euler [Eulero] (1707-1783) o di René du Perron Descartes [Cartesio] (1596-1650): f+v=s+2

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Matematica

[16] Problemi classici dell’antichità Questi tre problemi dovevano essere costruiti mediante il solo uso della riga e del compasso (2200 anni dopo fu dimostrato che ciò non era possibile).

[15] Politopi regolari geometriche quadrimensionali)

(figure

pentacellula: analogo al tetraedro. Il relativo diagramma di Stanislaus Ferdinand Victor Schlegel (1843-1905) (proiezione dei poliedri sul piano) è costituito da un tetraedro e da un punto interno, nonché dagli spigoli che si ottengono congiungendo questo punto con i quattro vertici del tetraedro. ipercubo o tessaratto: ci appare costituito da due cubi uno interno all’altro e dagli spigoli che si ottengono congiungendo i loro vertici limitato da otto cubi (24 facce, 16 vertici e 8 spigoli). (un pentaratto è un quadrato a cinque dimensioni formato da 8 tessaratto o 64 cubi). sedici-cellula: ci appare come un tetraedro contenuto in un secondo tetraedro. I vertici di questi due tetraedri sono collegati da segmenti. Essa sarà limitata da 16 tetraedri e 32 triangoli equilateri (24 spigoli e 8 vertici). ventiquattro-cellula: ci appare formata da un ottaedro contenente al suo interno un cubo ottaedro e, dentro questo, un secondo ottaedro. Essa sarà limitata da 104 ottaedri, 96 triangoli equilateri (96 spigoli e 24 vertici). centoventi-cellula: è limitata da 120 pentagoni dodecaedri e 720 pentagoni (1200 spigoli e 600 vertici). seicento-cellula: è limitata da 600 tetraedri, 1200 triangoli equilateri (720 spigoli e 120 vertici).

1) quadratura del cerchio (1° problema di Atene): dato un cerchio costruire un quadrato con l’area esattamente uguale a quella del cerchio. 2) trisezione dell’angolo (2° problema di Atene): dato un angolo qualsiasi, costruire un altro angolo la cui ampiezza sia un terzo dell’angolo dato. 3) duplicazione del cubo (problema di Delo): dato un lato di un cubo, costruire il lato di un secondo cubo il cui volume sia il doppio del primo.

[17] Problemi di Leonardo da Vinci (1452-1519) (1) Pensa ad un numero qualsiasi, moltiplicalo per due e aggiungi cinque. Ora moltiplicalo per cinque, aggiungi dieci e moltiplica per dieci. Dimmi il risultato. (se dal risultato si sottrae 350 e si divide per 100 si ottiene il numero pensato).

(2) Si cerchi di formare un’espressione utilizzando le nove cifre fondamentali e in ordine crescente in modo da avere come risultato il valore 100 e adoperando soltanto i segni + e -. (Una soluzione è: 12 + 3 - 4 + 5 + 67 + 8 + 9 = 100)

[18] Prova del nove

Consiste nell’effettuare la somma delle cifre di ciascun dato dell’operazione fino ad ottenere un numero di una sola cifra. Si esegue poi, sui numeri ottenuti, l’operazione relativa considerando che se nei passaggi si ottengono numeri di più di due cifre si sostituisce ad essi la somma delle cifre stesse. La prova è valida se il risultato così ottenuto è uguale alla somma delle cifre del

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Matematica risultato dell’operazione data. Se la prova del nove riesce, l’operazione può essere esatta (ma talora può essere errata), se non riesce l’operazione è senz’altro errata.

[19] I numeri tribonacci si ot-

tengono come i numeri di Fibonacci, ma sommando i 3 termini precedenti. La sequenza è la seguente: 1, 1, 2, 4, 7, 13, 24, 44, 81…

[20] Quadrati magici

Un classico quadrato magico di ordine quattro lo troviamo in alto a destra nell’incisione intitolata Melencolia (1514) di Albrecht Dürer (1471-1528) la cui somma di ogni colonna, riga, e diagonali principali è sempre 34. I numeri 15 e 14 in basso nel quadrato indicano l’anno di realizzazione dell’opera.

ordine costante magica quadrato di 3 15 Saturno 4 34 Giove 5 65 Marte 6 111 Sole 7 175 Venere 8 260 Mercurio 9 369 Luna

Ecco un gioco con un quadrato non magico: mettere in una busta chiusa un foglietto con il numero 57. Far coprire un numero della tabella, quindi cancellare gli altri numeri della stessa riga e colonna. Fare coprire uno dei numeri rimasti e ripetere l’operazione. Continuare fino alla quinta cifra coperta. Fare sommare i numeri coperti. Il risultato sarà 57. 19 12 16 21 14

08 01 05 10 03

11 04 08 13 06

25 18 22 27 20

07 00 04 09 02

[21] Semifattoriale

Il semifattoriale è il numero che si ottiene facendo il prodotto dei primi n/2 pari della sequenza dei numeri interi se n è pari, e dei primi (n+1)/2 dispari se invece n è dispari. 8!! = 2·4·6·8 = 384 11!! = 1·3·5·7·9·11 = 10395

16 05 09 04

03 10 06 15

02 11 07 14

13 08 12 01

In un quadrato magico, la somma dei numeri in ciascuna linea (orizzontale, verticale e diagonale) è sempre la stessa e corrisponde alla costante magica del quadrato la cui formula è n·(n2+1)/2·dove n è il lato del quadrato in considerazione.

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Non perdete il prossimo numero di questa rivista, continueremo alla scoperta di altre curiosità della matematica

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Associazione Mineralogica e Paleontologica Pavese Presenta

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ore 09:00 inizio attività

ore 12:30-13:30 chiusura per pranzo

 

ore 19:00 chiusura delle attività

Durante la giornata è disponibile un servizio bar nei locali della mostra. Sono disponibili parcheggi nelle zona antistante il PALABRERA.

Contatti per informazioni e prenotazioni Eliana Intruglio 3926410852 info@amppavia.it Andrea Kevin Schiavi 3408186349


L’Hobby della Scienza e della Tecnica L’Hobby della Scienza e della Tecnica Trimestrale Anno XII numero 45 - marzo ‘17 - maggio ‘17 Iscritto al Tribunale di Lecco, n° 1/06 del 3 febbraio 2006 Editore: E.D. Elettronica Didattica, via Castelbarco, 17 23898 Imbersago (LC) Direttore responsabile: Massimo Roncati Hanno collaborato a questo numero: Stefano Barone, Duilio Curradi, Laura Fratello, Michele T. Mazzucato, Fabio Meneghello Umberto Repetti, Massimo Roncati, Francesco Sforza, Stefano Spagocci, Carlo Vignati Immagini: Stefano Barone, Duilio Curradi, Laura Fratello, Michele T. Mazzucato, Fabio Meneghello Umberto Repetti, Massimo Roncati, Francesco Sforza, Stefano Spagocci, Progetto grafico: Laura Fratello Redazione: E.D. Elettronica Didattica, C.P. 87, 23898 Imbersago (LC) Tel/Fax 039/9920107 - elettronica.didattica@promo.it Stampa: Tipografia Litografia A Scotti S.r.l. - Cornate d’Adda (MI) Distribuzione per l’Italia: ME.PE LOGISTICA-MILANO Copia singola: Euro 3,50 Abbonamento annuale per l’Italia: 4 numeri e 15,00 Pagamento: c/c postale 12176228 Intestato a: E.D. Elettronica Didattica, via Castelbarco, 17 - 23898 Imbersago (LC)

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