1.
La sedia di plastica nell’anticamera dell’ufficio di Jo Best, direttrice di «Magic in Action», era scomoda. Melita si asciugò le mani sudate sui jeans, cercando di calmare i battiti accelerati. «Vieni subito nel mio ufficio» le aveva sibilato Jo al telefono mezz’ora prima. Il tono di voce era stato gelido, per nulla amichevole come lo era di solito. Voleva licenziarla? Dopo cinque anni, si era forse stancata di lei? Aveva trovato un fotografo più bravo? Ipotesi, soltanto ipotesi, che si disfacevano l’una dopo l’altra come carta bagnata. Mentre guardava per l’ennesima volta l’orologio, la porta dell’ufficio si aprì e Melita scorse due sandali dorati tacco dieci e il volto tirato di Jo Best. Josephine Best, Jo per gli amici, era una donna di quarantacinque anni gradevole ed esuberante. Lei e Melita erano amiche da cinque anni, proprio da quando Jo aveva cominciato a lavorare come direttrice di «Magic in Action», una rivista specializzata in esoterismo. «Mel, accomodati». Melita guardò Jo appoggiarsi allo schienale e congiungere le punte delle dita davanti alla bocca. Lo sguardo vagava per l’ufficio, come se non fosse del tutto consapevole della sua presenza seduta di fronte a lei.
3
«Jo?» disse Melita, sporgendosi in avanti per incrociare il suo sguardo. Jo batté le palpebre e si concentrò su di lei. «Mel, perché non mi hai detto di possedere un Mulino nell’Isola di Malta?» la interrogò. Melita rimase a bocca aperta. «Mulino?» ripetè «Il Mulino appartiene a mia nonna, alla nostra famiglia e non pensavo fosse pertinente con la mia… la tua professione». «E allora cosa mi dici di questo?» chiese Jo, lanciandole un giornale sotto il naso. Melita lo prese, era il «Lost Treasures», il loro più tenace concorrente. Quel titolo la fece sobbalzare: IL SEGRETO DEI CAVALIERI DI MALTA, COSA CUSTODISCE IL TA’ KOLA DELL’ISOLA DI COMINO? Cominciò a leggere. Nell’articolo si diceva che il Mulino apparteneva a Velata dalle Tele, che aveva una figlia, Eliza dalle Tele e due nipoti, Sara dalle Tele, medico chirurgo all’ospedale di La Valletta di Malta e lei, Melita dalle Tele, che lavorava come fotografa per «Magic in Action». Continuava: la leggenda narra che in un lontano passato i Cavalieri di Malta avessero poteri tali per cui erano in grado di inventare, cambiare e modellare la realtà a loro piacimento. Ricchi e invincibili, il loro commercio era fiorente. L’articolo si soffermava poi sulla descrizione del Mulino e delle sue otto tele, tavole che custodirebbero il segreto millenario: viaggio nel tempo o cos’altro? «Fandonie!» esclamò Melita, ripiegando il giornale.
4
«Come puoi dirlo?» la incalzò l’altra. «Viaggio nel tempo? Ma ci credi veramente, Jo?» «Ho fatto qualche controllo anch’io e ho saputo che tua nonna, insieme a due uomini, sta organizzando il corso La Fattoria del Vento con l’intento, secondo quanto scritto in quell’articolo, di ritrovare le tele.» «Assurdo! E la fonte di questo articolo?» Melita provò una rabbia irrazionale al pensiero che qualcuno avesse potuto indagare sulla sua vita e su quella della sua famiglia. «Anonima» puntualizzò Jo. «Anonima!» saltò su Melita. «Adesso mi vieni a dire che dai credito a una fonte anonima? Non posso crederci». «Non mi interessa cosa credi, Mel» disse Jo, con tono annoiato. «E dunque?» aggiunse Melita, sorpresa. «Dunque, voglio che tu te ne torni a casa e investighi,, scatti foto sulla questione e…». «No» la interruppe Melita. «Non ho nessuna intenzione di tornare a casa e investigare, come lo chiami tu. Non sono una giornalista, sono una fotografa.» «Infatti» ribattè Jo «ho già pensato a chi ti affiancherà per redigere l’articolo, mentre tu farai le foto.» Melita accennò un sorrisetto. «Perché dovrei farlo?» Jo le lanciò un’occhiata penetrante. Gli occhi delle due donne si incontrarono. «Se fosse vero, potresti vincere l’International Photography Awards. Pensaci Mel.» Il viso di Melita si ammorbidì un attimo. «Sono passati quattro anni, undici mesi e ventotto giorni da quando me ne sono andata da casa e l’ultima cosa che ho fatto è stata tirare la mia preziosa macchina fotografica contro mia madre».
5
Jo rise. «Peccato per la macchina, e per le tue tasche». «Era assicurata. Ma non sono assicurati i miei nervi. Ti ho parlato della mia vita con le donne della mia famiglia, Jo, ti ho spiegato quanto instabile sia mia madre, quanta poca considerazione abbia di se stessa. Sono molto tentata, se non altro per il premio, ma so che impazzirò». «Stronzate. Tu sei troppo forte perché qualcosa ti scalfisca. Forza, prenota il biglietto e rendici famose». Melita si alzò, con la camicetta arancio che le faceva risaltare l’abbronzatura mentre con un tintinnio dei sottili cerchietti d’oro che aveva al polso, sfilava dalla spalliera della sedia una sacca di tela e se la metteva a tracolla. «Ti terrò informata sugli sviluppi». Jo sfoderò uno dei suoi sorrisi migliori e le augurò buona fortuna.
6
2.
Spalancò la bocca in uno sbadiglio, ricomponendosi sulla sedia. Aveva fatto uno splendido sogno. Aveva sognato di essere ritornato a casa tra le braccia della sua innamorata. Murad aveva ventotto anni ed era alto, la carnagione del viso. Un uomo curato, attento, a cui piaceva farsi notare. Guardò il cursore del mouse che lampeggiava sul computer e si rimise al lavoro. Doveva consegnare l’articolo entro quella sera, l’indomani se ne sarebbe andato. «Ciao Murad» dissero due voci passando accanto alla sua scrivania. Murad alzò gli occhi e guardò con disprezzo due giovani donne truccate alla perfezione, senza ombra di dubbio belle, e vestite con minigonna vertiginosamente corta e tshirt vertiginosamente attillata. Fece un cenno di saluto con il capo e riportò gli occhi all’articolo, per niente interessato alle belle ragazze che assomigliavano a tutte le altre belle ragazze. A lui interessava una donna “diversa”. Melita prese posto sulla sedia al lato opposto della scrivania, catturando la sua attenzione. Lei era “diversa”. E gli ricordava un’altra donna. Stessi capelli lunghi corvini, stessi occhi grigi, stesso naso delicatamente, leggermente all’insù. Melita aveva in mano il palmare, ma non lo guardava. Guardava Murad, e con un’espressione decisamente delusa.
7
«Devo annullare il nostro appuntamento di questa sera». Murad la studiò un attimo, prima di rispondere. «Già stanca di me?» disse, abbozzando un sorriso. Melita sorrise a sua volta. «Affatto» rispose «Jo mi manda a fare un servizio fotografico sull’isola di Malta». Gli occhi di Murad lampeggiarono. «Malta» ripeté. Poi la guardò dritto negli occhi e disse: «Quando parti?». «Domani, ma prima devo studiarmi tutto il materiale». «Buon viaggio, allora». Melita restò senza parole. «Ma… e noi due?». Murad si alzò in piedi e si avviò verso l’ufficio di Jo. «Abbi fede, Melita, ci rivedremo prima di quanto ti aspetti» e così dicendo scomparve al di là della porta.
8
3.
Debra-Céline Folchart entrò nella grande cucina dell’albergo di proprietà di Velata dalle Tele. Secondo una specie di sacro rito, doveva preparare il tè per la signora. Un tè speciale, che arrivava dall’Inghilterra, con un’acqua dinamizzata altrettanto speciale. Attraversò con andatura regale la cucina, consapevole del suo fascino, dove lo chef Albert stava sfornando dei biscotti. «Oh, buongiorno, Debra» la apostrofò lui. «Buongiorno a te, Albert. È tutto pronto?» rispose con la sua cadenza melodiosa. Lui le indicò il vassoio con l’acqua bollente e le foglie di tè appoggiate su un piattino. Debra ne prese un pizzico e le fece cadere lentamente, quasi una a una, nel bricco di fine porcellana bianca. Poi, reggendo il vassoio come fosse un’offerta rituale, salì le scale che portavano alla camera della signora Velata e bussò con garbo. «Avanti». Debra abbassò la maniglia ed entrò nella penombra della stanza. Appoggiò il vassoio sul tavolino di fianco al letto, fece scorrere gli anelli delle tende e aprì le imposte di legno. La luce di una bella giornata estiva invase la stanza. «Buongiorno, Velata» disse. «Oggi è il gran giorno». Con un improvviso gesto di energia, Velata dalle Tele
9
saltò giù dal letto e si affacciò alla finestra, respirando l’aria del mattino. «Oggi lo rivedrò, finalmente» disse. Debra la osservò, il viso era attraversato da un’espressione di impazienza adolescenziale, come se quel giorno la riportasse agli anni della sua giovinezza. La vecchia si sedette sulla poltroncina vicino al comodino e Debra, con gesti lenti, le versò il tè. «Bene» disse Velata «ormai siamo come due vecchie amiche e non ci sono segreti tra noi.» Un sorriso le increspò le labbra. Debra la fissò negli occhi. C’era qualcosa nella sua voce, un’inflessione seria e convinta, che non le aveva mai sentito prima. «Certo che siamo amiche» confermò. «Tra di noi c’è stata subito una gran simpatia, fin dall’inizio» disse Velata, riflessiva. «Lei è stata molto buona con me, mi ha dato fiducia fin da subito…». «E avevo ragione, no?» fece lei, levando un indice «Ma ora, veniamo al punto. Già…» concluse meditabonda. «Che cosa c’è? È successo qualcosa?» chiese Debra. Velata la guardò con aria afflitta. «Ah, se potessi…» mormorò. «Ho fatto qualcosa di male? È arrabbiata con me?». Velata si pulì la bocca con il tovagliolo in seta e borbottò: «Arrabbiata? E perché mai? Dimmi, cosa ne pensi dell’articolo del «Lost Treasures», lo hai letto, vero?». Debra annuì. «L’hotrovato originale e molto interessante» disse la ragazza con calore «lei lo sapeva? Del segreto, intendo». Velata sospirò. «Avevo sentito delle voci, ma non è questo il punto». Si alzò, accese una sigaretta e riprese, sorri-
10
dendo. «Come ben sai il corso della Fattoria del Vento inizierà dopodomani e…» fece una pausa d’effetto «…qui entri in gioco tu». «Non capisco…» fece Debra. Lei la interruppe. «Parteciperai al corso. Ti ho già iscritta». «Perché?». «Ho settant’anni, mia cara, se potessi lo farei io, ma non credo sia il caso… comunque, voglio che tu diventi i miei occhi e le mie orecchie. Dopo ogni lezione, mi raggiungerai nella mia stanza e mi informerai su quello che avete scoperto.» Debra la guardò un po’ incerta. «Su non fare quella faccia, sono sicura ti divertirai e poi hai bisogno di conoscere gente della tua età, socializzare, mia cara figliuola. Fai una vita troppo morigerata per i miei gusti» Debra la vide dirigersi verso il bagno e infilarsi sotto la doccia, lasciandola lì a sedere e riflettere.
11
Il tempo è la parola chiave di tutta la vicenda. Il tempo che sconvolge, che unisce, divide e poi riunisce. Il tempo che cambia anche gli affetti. Nel 2012 a Los Angeles Melita, una giovane fotografa, viene inviata a Malta, sua terra d'origine, per fare un reportage di un corso che si terrà nel mulino appartenente alla sua famiglia, nell'isola di Comino. La missione ha un fine tanto velato quanto allettante: pare che il vecchio mulino custodisca un segreto legato ai Cavalieri di Malta, in particolare a delle tele che avrebbero il potere di cambiare la realtà a piacimento di che le utilizza. Tra continui incursioni temporali tra passato e presente, romantiche storie d'amore e d'avventura si intrecciano in tempi lontani e si riscoprono autentici e inalterati a distanza di secoli. E misteri, enigmi, patimenti e sofferenze disumane. Come una mosca può intrappolarsi nella tela di un ragno, così, così l'uomo può rimanere schiavo della tela del tempo, di un tempo non suo, estraniante e sconvolgente, che può condurlo alla definitiva scomparsa o alla sua rigenerazione.