Brek Magazine n. 11

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BREK.ZOOM 04. Zoom I,II,III

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PROSPETTIVE METROPOLITANE.SOCIETÁ 08. Indosso, dunque sono PROSPETTIVE METROPOLITANE.POLITICA 12. Alla ricerca di un'identità perduta PROSPETTIVE METROPOLITANE.COSTUME 14. Se non ci sono nuvole in cielo allora non piove

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ATMOSFERE.CINEMA 18. L'uomo elefante ATMOSFERE.MUSICA 20. Carta d'identità musicale ATMOSFERE.LIBRI 22. Identità di genere... ... ma che genere d'identità? ATMOSFERE.VINO 23. Anima di Porto INCONTRI.VLADIMIR LUXURIA 26. Quando la donna è Lux(uria) INCONTRI.MILKY EYES 30. Milky Eyes INCONTRI.LUIGI XIV 32. L'identità carnale del potere

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FUORICAMPO.PENSIERI 38. Rivendicazione FUORICAMPO.RIFLESSIONI 39. Crisi d'identità FUORICAMPO.VISIONI 40. Tabula rasa FUORICAMPO.VISIONI 2 41. Gemelli: gioielli o flagelli? FUORICAMPO.TECNOLOGIA 42. Who am I?

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BREK.POSTA 43. La Posta di BREK Magazine

EDITORE Soc. Cop. Sociale a r.l. via Nicola Sole, 73 85100 Potenza tel. 0971 36703 fax 0971 25938 PROGETTO GRAFICO IMPAGINAZIONE PUBBLICITÁ Soc. Cop. Sociale a r.l. via Nicola Sole, 73 85100 Potenza tel. 0971 36703 fax 0971 25938

STAMPA Grafiche Gercap / Foggia DIRETTORE RESPONSABILE Pierluca Pace HANNO COLLABORATO Giovanna Caivano Mimmo Claps Vito Colangelo Anna D’Andrea Davide Galasso Marika Iannuzziello Antonio Lorusso Gerardina Nella Michele Nella Nicola Pace

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Andreina Serena Romano Leonarda Sabino Fabio Salvatore Andrea Samela Simona Simone Francesco Tripaldi Riccardo Telesca WineR. BREK garantisce la libertà di pensiero e di espressione. Per questo motivo ogni collaboratore è singolarmente responsabile delle proprie idee e di ciò che scrive. Autorizzazione Tribunale di Potenza nº 376 del 7/5/08


IN COPERTINA: Tacojim "Young Woman covers her face with flowers"

CHI SEI? A QUESTA DOMANDA, OGGI, BISOGNA AVERE SEMPRE UNA RISPOSTA PRONTA. E POSSIBILMENTE CONFORME. E POCO IMPORTA SE LA RISPOSTA È VERITIERA O MENO. UOMO, DONNA, TRANS. GIOVANE. ANCHE A 70 ANNI. VIVO, INSOMMA. E IN OGNI LUOGO. UFFICIO, STRADA E LETTO. SOPRATTUTTO A LETTO. UN PROFILATTICO CULTURALE PROTEGGE DA INSIDIOSI INQUINAMENTI. CASE, AUTOMOBILI, MOGLIE (O MARITO) E AMANTI. VACANZA PROGRAMMATA. PRESENTE AD OGNI FESTA. MAI NELLE LISTE D’ATTESA E I FIGLI NELLA SCUOLA PRIVATA. MILIONI DI AMICI SU FACEBOOK. E UN REGNO VIRTUALE ANCORA DA COMPLETARE. ALLE 19.30 C’È L’APERITIVO. POI UN PO’ DI COCA IN COMITIVA. RUM AGRICOLO VENEZUELANO PER PROTEGGERSI DAL FREDDO. COLTELLO O PISTOLA IN TASCA PER PROTEGGERSI DAGLI ALTRI. NEGRI, CINESI, RUMENI, SLAVI. CHI NON È COME TE, È CONTRO DI TE. DOMANI METTO L’ABITO BLU DI RALPH LAUREN. E LA BORSA DI LOUIS VUITTON. C’È LA MANIFESTAZIONE IN PIAZZA E BISOGNA FARSI VEDERE. ANCHE SE NON SI SA BENE DA CHI.

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QUANDO I PULCINI FANNO "MIAO!"

Il gatto che si crede un pollo

In Australia vive Bustopher, un gatto bianco e nero di quattro anni. Voi direte: “Cosa c’è di tanto curioso?!”. Il fatto è che Bustopher è assolutamente convinto di essere un pollo. Quando le galline della sua fattoria depongono le uova e non le covano, il gatto le sostituisce con molta premura. “Non sono certa che sappia di essere un gatto”, ha dichiarato la padrona della fattoria. Bustopher sta sempre nel pollaio e gioca insieme ai polli come se fosse uno di loro e non un predatore. “Mi sono accorta del suo strano comportamento quando, una volta, una gallina ha deposto alcune uova fuori dal pollaio… l’ho trovato accovacciato sulle uova! Ed era chiaro che stava cercando di covarle“. Ha poi aggiunto: “Si capisce che è dispiaciuto che nonostante passi tanto tempo a covare le uova, non succeda nulla. Infatti dopo tre giorni ci rinuncia... fino alla prossima volta”.

UN MORBIDO SALVAVITA

Da oggi un salva-vita in più su cui contare!

Lydia Carranza deve davvero ringraziare il suo seno se oggi è ancora viva. Qualche tempo fa, infatti, la donna si era sottoposta a un intervento di chirurgia plastica per aumentare le dimensioni del suo decoltè. Sembra che sia stato proprio il silicone a salvarla, lo scorso luglio, durante una sparatoria nel suo ufficio. Un uomo armato era entrato nello studio per uccidere una sua collega e la Carranza, trovatasi lì per puro caso. Ma la pallottola esplosa dall’uomo fortunatamente è stata arrestata dalle protesi. “Se non avesse avuto gli impianti, forse non sarebbe viva adesso”, dichiara il suo chirurgo plastico al Los Angeles Times. I frammenti del proiettile si sono fermati a pochi millimetri dal cuore e da altri organi vitali e, si è quasi certi, insomma, che il seno abbia decisamente attutito il colpo, rallentando la velocità della pallottola. Adesso Lydia cerca un chirurgo plastico per sostituire la protesi danneggiata. Ma conserverà con cura quel pezzo di silicone che le ha salvato la vita.

MONUMENTALE. COME HOMER!

Homer Simpson approda in un paesino inglese!

Vi chiederete: “E come?!”. Ci troviamo a Dunchurch, un piccolo paesino davvero molto caratteristico, dove sorge una statua ottocentesca che raffigura Lord John Scott. Nel periodo natalizio, da più di 30 anni, questo monumento viene travestito, con gli abiti di altri personaggi famosi. Quest’anno é stato scelto il grande Homer Simpson. Sì, proprio lui! Ad aver avuto quest’idea geniale é stato un gruppo di cittadini locali che, però, vuole mantenere rigorosamente l’anonimato.

UNA DIFFICILE SCELTA

Le api “annegano” i loro pensieri nell’alcool!

Alcuni scienziati hanno sottoposto un gruppo di api ad un singolare esperimento. Le hanno messe di fronte a due soluzioni: una ad altissima concentrazione di zucchero, l’altra ad elevata gradazione alcolica. Tutte le api si sono precipitate sull’alcool. La conseguenza è che le api ubriache una volta tornate nell’alveare vengono emarginate dalla comunità e tenute letteralmente separate dal resto dello sciame. Su queste api gli scienziati hanno già sperimentato con successo alcuni ritrovati contro l’alcolismo.

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NATA "AL VOLO"

Volerà gratis fino a 21 anni!

In questi giorni è nata, a bordo di un jet della Tam (Transportes Aereos Militares), una bambina boliviana. La mamma ha partorito nel corridoio dell’aereo diretto a La Paz da Cochabamba. Alla piccola ovviamente è stato dato il nome Tami, in onore della compagnia. Secondo i regolamenti della compagnia, Tami avrà la possibilità di viaggiare in aereo gratis fino al compimento dei suoi 21 anni. L’evento non è assolutamente frequente, anche perché molte compagnie aeree non permettono l’imbarco di una donna che abbia superato l’ottavo mese di gravidanza. In questi casi, il neonato acquisisce la nazionalità dei genitori, quanto al luogo di nascita, dipende dalla nazionalità dell’aereo su cui è avvenuto il parto o dal paese sorvolato nel momento in cui è nato. Quanto al diritto di volare gratis… non lo prevede il codice della navigazione ma tutte le compagnie prevedono dei particolari “sconti” al nuovo nato per i suoi successivi voli.

BEAUTIFULPEOPLE.COM

Utenti cancellati perchè troppo grassi!

BeautifulPeople.com è un sito internet a cui possono iscriversi solamente donne e uomini di bell’aspetto. Ma dopo le feste di Natale 2009, i gestori del portale si sono visti costretti ad annullare l’account di 5mila persone, colpevoli di aver mangiato troppo durante le ultime feste natalizie… Le fotografie pubblicate hanno mostrato i chili di troppo, frutto di un pandoro in più o di quel pranzo in famiglia, al quale nessuno avrebbe rinunciato! A fare la soffiata è stato un gruppo di altri utenti, che a quanto pare sono stati più attenti alla linea e hanno fatto la spia ai gestori. Magari con un po’ di dieta potranno riscriversi: oppure lasciar perdere, perchè magari non ne vale la pena!

S.O.S. RANE…

Il sesso di questi anfibi tramuta per colpa di un pesticida! Allarme per le rane!!! Uno dei pesticidi più usati al mondo, l’atrazina, altera il 75% dei maschi adulti e ne trasforma uno su 10 in femmina. A rivelarlo uno studio effettuato dai biologi Usa. L’analisi ha evidenziato ancora una volta come l’atrazina sia la probabile causa del declino degli anfibi. Nuovi studi hanno dimostrato che il 75% delle rane che sono chimicamente castrate sono morte per inabilità di riprodursi in natura e il 10% che si é trasformato in femmina dà alla luce solo figli maschi.

TUTTA COLPA DEL CANE!

Assassini a quattro zampe...

Un uomo di 60 anni, durante una battuta di caccia, appoggia il suo fucile (carico) ad un albero e il suo cane fa partire un colpo che colpisce al volto un altro cacciatore di 57 anni (che in seguito all’incidente perderà un occhio). L’incidente avvenuto a 30 chilometri circa da Stoccolma (Germania), è costato al proprietario dell’arma e del cane il rinvio a giudizio per tentato omicidio colposo.

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COSE DA… FILM!

Le mille utilità di un cucchiaio…

Una donna è riuscita ad evadere da una prigione olandese scavando la propria via di fuga, lunga diversi metri, con un semplice cucchiaio da cucina. E scommetto che anche voi pensavate che cose del genere accadessero solo nei film! I poliziotti sostengono che il buco era coperto da uno sportello rimovibile e non si sa da quanto tempo la donna ci lavorasse. Sta di fatto che la polizia è ancora alle prese con la ricerca, visto che la donna doveva ancora scontare 22 mesi di prigione. Si ritiene inoltre che sia stata aiutata nella fase finale della sua fuga e proprio per questo si sta contando anche tutta la posateria del carcere, per evitare che altre prigioniere decidano di imitarla!

PIOVONO… PESCI!

Colpa di un tornado?

È accaduto ad Lajamanu, un villaggio australiano di 669 abitanti nel Territorio del Nord. Il fenomeno è stato studiato da molti studiosi e secondo i meteorologi, i pesci, piccoli persici bianchi e a strisce, erano stati risucchiati verso l’alto da mini tornado che formatisi nell’oceano, per poi esser rigettati a terra più tardi. Prodotto fresco con consegna a domicilio, insomma. La tempesta potrebbe aver trascinato in alto i pesci per più di 15 chilometri. Una volta in alto, si sono praticamente congelati. E dopo un po’ di tempo, sono stati rilasciati. Ma non sarebbe la prima volta che “piovono pesci”: infatti, secondo quanto riportato dal quotidiano locale Northern Territory News, fenomeni simili sono avvenuti nel 1974 e nel 2004.

LE 16 COSE PIÙ STRANE DEL CORPO UMANO

Ti sembra di sapere quasi tutto sul tuo corpo? Ti sbagli!

Leggi questo elenco di sedici curiosità sul corpo umano. Lo sapevi che: 1. La nostra lingua ha una superficie riconoscibile per ogni individuo: oltre alle impronte digitali, abbiamo anche le impronte "linguali". 2. Perdiamo circa 600.000 frammenti di pelle all’ora, quasi 7 kg di pelle in un anno. 3. Un adulto ha meno ossa di un bambino. Partiamo con 350 ossa, e da adulti scendiamo a 206. 4. Ogni 3-4 giorni il tessuto delle pareti interne del nostro stomaco viene rinnovato completamente, altrimenti finirebbe digerito, come gli alimenti, dagli acidi presenti nello stomaco. 5. Il nostro naso può ricordare circa 50.000 diversi odori. 6. L’intestino tenue è lungo circa quattro volte più dell’altezza di un individuo adulto. 7. Ogni 2,54 cm² della nostra pelle è coperta in media da 32 milioni di batteri, la gran parte innocui. 8. I piedi hanno circa 500.000 ghiandole sudoripare e producono più di una pinta di sudore al giorno. 9. L’aria emessa con uno starnuto viaggia in media a più di 160 km orari. 10. La lunghezza di tutte le diramazioni del sistema circolatorio umano corrisponde a più di 96.560 km. 11. In una vita, in media, una persona secerne abbastanza saliva per riempire due piscine olimpioniche. 12. Il russare può raggiungere gli 80 dB, i suoni oltre gli 85 sono considerati pericolosi per la salute. 13. I capelli biondi di solito sono molto più numerosi: la media umana è 100.000 follicoli piliferi sul cranio, i biondi ne hanno 146.000. 14. Le unghie della mano usata più frequentemente crescono più in fretta. 15. La testa umana è ¼ della lunghezza totale del corpo alla nascita e 1/8 durante l’età adulta. 16. Si stima che non si possa sopravvivere a più di 11 giorni senza sonno.

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Si cerca in tutti i modi di non assomigliare a nessuno. Si cerca. Unicità in qualsiasi contesto. E non sempre si riesce. Ed ecco che arriva la frustrazione, in alcuni casi addirittura parvenze di depressione. Ci si sente troppo uguale agli altri e questo disturba la nostra personalità che invece deve emergere, deve distinguersi dalla massa informe. Allora ogni cosa, ogni atteggiamento, ogni azione può sollevare il proprio ego e metterlo al di sopra degli altri. Essere guardati, ammirati, invidiati è il segno di una particolarità, di una differenza, di un’identità precisa. Chi vuoi essere da grande? Un pilota, una ballerina, un dottore, un’infermiera, un insegnante. Tra i banchi della scuola elementare sembrava essere questo il concetto d’identità. Quasi che tutto si risolvesse magicamente nella professione o mestiere che si desiderava svolgere dopo la maggiore età. Nessuno immaginava che la forza devastante dell’immagine e il culto subdolo dell’apparire avrebbe distrutto ogni nostro piccolo desiderio. Insieme al contesto, oggi, cambia anche la domanda. I banchi, forse, sono gli stessi di 20 anni fa. Cosa vuoi fare da grande? Il calciatore, la velina, il tronista, la modella, l’opinionista. È questa l’identità desiderata. Fortemente desiderata. Nessun legame con la storia, la cultura, il territorio, le tradizioni. Identità, come direbbe Bauman, è un concetto estremamente liquido, e scivola via dalle mani anche se hai il pugno chiuso. Ci si rimodula a seconda del caso. Basta capire come presentarsi e in un batter d’occhio si è pronti a mortificare tutto ciò che fino ad un secondo prima si era osannato. Una corsa affannata sembra preoccupare ognuno di noi e in particolar modo chi ha meno di 30 anni. Una corsa verso un preciso pun-

to d’arrivo che è dettato da bisogni superflui e indotti. Bisogni creati ad hoc dai “guru” del “brand identity”. Un’equivalenza sconcertante affranca l’affannosa ricerca di un’identità precisa. Indosso, dunque sono. Con le dovute scuse a Cartesio, questo è il paradigma dell’identità attuale. Basta un paio di scarpe o un foulard comprato da… e si è chiaramente riconducibili ad un’identità precisa. Chiariamo, non è più questione di moda (anche se per fortuna in pochi casi è ancora così). La scienza esatta del "brand identity" non si limita più ad importi cosa indossare solamente per raggiungere il massimo profitto economico. Vuole di più. Pretende di più. Esige di più. Aspira alla totale sottomissione della persona che, smarrendo totalmente la sua storia ed inebriata da questa euforia edonista, si rispecchia totalmente in ciò che indossa. Si affida totalmente e con piena fiducia all’unico sistema che riconosce:

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quello dell’immagine. Il sistema, così, occupa tutti i nostri sensi, li opprime, li obbliga ad un progetto totalitario, li rende schiavi di un regime sensoriale predefinito e che non prevede vie di fuga. Il corpo si rilassa, trova rifugio dallo stress della famiglia, del condominio, dell’ufficio, del traffico, della fabbrica; il corpo si concede al mondo artificiale dei bisogni indotti, si inebria in questa estasi programmata. Brinda a questo attimo di serenità senza mai porsi una domanda, senza mai sollevare un problema, senza mai obiettare intorno a ciò che gli viene propinato. Una resa totale al mondo contemporaneo, un disagio visibile nella continua insoddisfazione, un orrore continuo in divisa d’ordinanza. Indosso, dunque sono. Un circuito sadico-virtuoso alimenta questo sistema di soggettività, di identità di facciata, in cui ognuno di noi (magari anche approfittando dei falsi in saldo) cerca il proprio momento di riscatto sociale.


L’individuo, in fondo, cerca un protagonismo, ma è solo un protagonismo di facciata, di apparenza, di presenza; un protagonismo di pensiero commerciale. È solo la visibilità a promettere la soggettività e, dunque, un’identità precisa. Ed è solo la visibilità che interessa. Eterea, inconsistente, fumosa. La visibilità è semplicemente un concetto destinato continuamente ad essere alimentato, pena la sua scomparsa e dunque lo smarrimento dell’individuo. Una vera e propria droga. E, come tutte le sostanze stupefacenti, anche la visibilità genera assuefazione. Niente paura, però. Nessuna preoccupazione coglie l’individuo. Un marchio che svanisce e muore è subito rimpiazzato da un altro. Il “brand identity” non lascia nulla al caso e non lascerebbe mai i propri adepti in preda ad una crisi di identità. Pensate che proprio qualche giorno fa, a Londra, migliaia di persone si sono radunate fin dal primo mattino davanti alle porte di un famoso grande magazzino. Molto prima dell’apertura ne è nata una rissa spaventosa che ha coinvolto moltissimi presenti ed anche le forze di polizia. Molte persone sono rimaste ferite e contuse, alcune addirittura arrestate. Tutto questo perchè il grande magazzino aveva indetto una svendita sulla collezione primavera-estate 2010. Ovviamente solo grandi marchi con il 50% di sconto. Capite bene che era un’opportunità unica per un londinese. Un’occasione irripetibile per l’intera stagione 2010. Comprare due identità al prezzo di una. Nicola Pace

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In un famosissimo commento sugli italiani Winston Churchill si pronunciò nella seguente maniera: Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni tra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultano dai censimenti. Molti decenni ci separano dal 25 luglio 1943 e dal successivo 8 settembre, eppure sembra che questo tratto distintivo dell’identità dell’italiano medio, che preferisce obbedire piuttosto che pensare, è ancora molto presente. Basta osservare quello che accade oggi nella nostra democraticissima Italia. Le riunioni di Governo si svolgono nelle tenute del premier. In Parlamento si va un paio di volte a settimana solo per votare la fiducia a qualche decreto. La Corte Costituzionale ridotta ad un manipolo di eversivi terroristi. Il Capo dello Stato un servo dei Comunisti. Mentre l’Occidente, Italia inclusa, vive una crisi economica drammatica, l’agenda politica vede presenti sempre gli stessi argomenti: riforma della giustizia, riordino della legge sulle intercettazioni telefoniche, riordino dell’assetto costituzionale in chiave presidenzialista. Intanto centinaia di migliaia di famiglie sono allo fame. Il PIL annuale è andato sotto quasi del 6%. E il debito pubblico continua a volare verso i 1800 miliardi di euro. Nel frattempo si scopre che i grandi appalti sono concessi a trattativa privata poiché sempre in somma urgenza, e guarda caso sempre allo stesso gruppo di amici. O che i fondi FAS, da destinare

alla aree sottoutilizzate, servono a rinnovare il parco dei battelli della compagnia di navigazione del lago di Como. Area palesemente sottoutilizzata. Che Alitalia resta nostra solo nella quota del suo immenso debito accumulato. Mentre i profitti passano alla CAI. Consorzio di grandissimi imprenditori italiani. Per fortuna rimane la scuola. Una grande riforma l’ha ridisegnata a misura per gli italiani. Meno ore, meno docenti, meno aule per tutti. Un’autarchia culturale capace di rinnovare lo spirito patriottico. E con i risparmi recuperati dai tagli al sistema scolastico, il monumento che salverà la nostra identità democratica. Il simbolo della nuova Italia. Il ponte sullo stretto di Messina.

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6.000.000.000 di euro per sancire anche territorialmente l’unità d’Italia e degli Italiani. Infine il grandioso progetto del Federalismo fiscale. Le regioni finalmente potranno godere quasi interamente del loro gettito fiscale. E il principio costituzionale della solidarietà, con la nuova riforma, sarà sostituito con lo slogan federale “Chi più ha, più avrà. Chi meno ha, meno avrà”. C’è materia a sufficienza per indignarsi tutta la vita. Ma per farlo servirebbe un’identità ben precisa. È l’identità che spetta ad ogni uomo democratico fatta di diritti e di doveri. È l’identità sancita nella nostra Costituzione, quella del Cittadino. Ma purtroppo, è un’identità che abbiamo smarrito. N. P.


Una persona, un soggetto, può benissimo essere romano o lucano e sentirsi perfettamente italiano. Non c'è necessariamente una

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contraddizione. Ognuno può appartenere a molte cose insieme. Siamo, citando un dialogo del film V per Vendetta, dei fratelli


Andy e Larry Wachowski, quello che Evey risponde in merito all'identità di V: “Era Edmond Dantès. Ed era mio padre e mia madre, mio fratello, un mio amico, era lei, ero io, era tutti noi”. Ritornando al noi reale, l'importante è che non ci sia una contraddizione fra queste cose. Ma l'identità nazionale è unica, ed è oggi definita da una particolare caratteristica. È un po' come qualcosa che si avverte soltanto quando manca. Ironicamente, e sono molto ironica, se arrivasse un altro popolo che occupasse l'Italia, a quel punto ci sentiremmo Italiani, tutti Italiani, e cercheremmo di difendere la nostra terra. Oppure no. Magari non ce ne accorgeremmo. Magari è così fragile la nostra identità nazionale che lasceremmo che qualcuno ci occupasse senza innalzare nessun tipo di protesta. Citando qualcuno, sarebbe un po' come lo scegliere il “male minore”. Ma se qualcuno chiedesse a qualcun altro, senza preavviso di elaborazione concettuale: "Tu che sei? Chi Sei?", dopo alcuni tentativi un “Sono Italiano” lo sentiremmo dire. Oppure no. Magari non ci passerà neppure per l'anticamera del cervello rispondere: “Sono Italiano”. Magari è così fragile la nostra identità nazionale che lasceremmo senza risposta questa domanda. Ricordate il libro Cuore? Si leggeva da piccoli, magari a scuola lo leggeva la cara, ormai anziana maestra. Lo ricordate? Cuore è un libro scritto da De Amicis alla fine dell'Ottocento. È stato un libro importantissimo. Ha insegnato a generazioni e generazioni di Italiani a sentirsi per l'appunto Italiani. Oppure no. Umberto Eco, nel Diario Minimo,

ha dato una sua interpretazione dissacrante del romanzo di De Amicis. Per il semiologo, il protagonista Enrico rappresenta l'Italia mediocre e perbenista che sfocerà di lì a poco nel regime Fascista, mentre il "malvagio" Franti, col suo sorriso sarcastico che a pensarci ancora mi fa desiderare di riporre in libreria il libro, rappresenta l'anarchico, colui che incarna la sovversione all'ordine sociale vigente. Ma forse, Eco sbaglia. Cuore sottolinea un altro aspetto molto importante. La funzione che ha la scuola, che ha la cultura nel trasmettere l'identità nazionale. Trasmettendo, alle giovani generazioni, il passato. La nostra identità è molto legata al nostro passato. È poco legata al presente. È utopia pura verso il futuro ma è, necessariamente, molto legata al passato. Pensiamo alla nostra identità nazionale. Pensiamo alla nostra Italianità. Noi, siamo italiani, ma ci sentiamo italiani? Classica domanda da mille milioni di gettoni d'oro. Noi, conosciamo la storia, la cultura italiana. Se improvvisamente scomparisse la storia, la lingua, la letteratura italiana, noi non sapremmo più chi siamo. É questo il senso. Saremmo privi delle arterie della nostra identità. Parleremmo una lingua, che nessuno capisce. Non avremmo nulla in comune con gli atri. Non saremmo una Nazione, uno Stato. Non saremmo nessuna delle cose che dice Evey per identificare V. Sarebbe tutto in contraddizione. Presumibilmente, con questi presupposti, risponderemmo che sì, siamo Italiani (sfatando una delle poesie più belle di

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Giorgio Gaber). E sappiamo bene, da Italiani, quanto il male sia correlato col bene. La realtà vede intrecciati sempre aspetti a volte anche opposti. Il mondo è fatto così. L'Italia è fatta così. Oppure no. Magari è così fragile la nostra identità nazionale che lasceremmo senza risposta anche questa domanda. È un articolo insolito questo. Tema del mese: “l'identità”. Il tutto all'indomani dell'approvazione, da parte del Presidente Napolitano, del decreto salvaliste, definito da Gianfranco Fini come il 'male minorè per garantire a tutti gli elettori il diritto al voto. Leggo la notizia mentre stavo concludendo il mio articolo da inviare alla redazione. L'ho riscritto. Di getto. Non era questa la mia idea. Mi sono adeguata al gossip, non alla politica. Oppure no... È a Madame Giustizia che dedico questo Concerto, in onore della vacanza che sembra aver preso da questi luoghi e per riconoscenza all'impostore che siede al suo posto. Dal film V per Vendetta. Leonarda Sabino


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1980: Londra, seconda metà dell’Ottocento. I circhi affollano le periferia della città. Folle di curiosi si aggirano tra i padiglioni colorati e luminosi. Stranezze di ogni genere riempiono le gabbie e i tendoni. Fenomeni da baraccone alla ribalta. Tra questi c’è John Merrick, l’uomo elefante. Merrick (John Hurt), nato completamente deforme a causa di una trauma che sua madre subì quando era incinta perché colpita da un elefante, è la mostruosità che il vecchio Bytes (Freddie Jones) mostra agli occhi degli avventori. Sua croce e delizia, suo amore ma anche sua maggior fonte di guadagno. Odiato e amato dal suo pigmalione, John è costretto ad oggetto, ad insegna luminosa per

gli allocchi, privato di ogni dignità umana, di ogni identità. È lui il protagonista del secondo lungometraggio di David Lynch, The Elephant Man. Film ispirato ad una storia vera, dopo il precedente Eraserhead. La mente che cancella (1977), opera prima, particolare e travagliata, dai dialoghi minimali e dalla forte componente surreale, trovò difficoltà ad essere prodotta fino a quando Mel Brooks, intravvedendo le potenzialità del giovane Lynch, decise di accettare la sfida scegliendo, però, di non essere accreditato nei titolo per far sì che il pubblico non associasse questo film ad una delle sue parodie. Non si sbagliava! Merrick buttato alla mercè della gente, abbandonato ad ansimare nella baracca dell’avido Bytes,

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diventa qualcosa di più basso di una bestia, una semplice cosa. Il dottor Frederick Treves (Anthony Hopkins) del London Hospital viene a conoscenza di questo strano caso di deformità, trova John e lo porta con sè, prima per studiare clinicamente il suo caso e le sue deformità, poi per cercare di ridargli un’anima, dei sentimenti, un’identità. Non a caso comincia con l’insegnargli a parlare, accorgendosi che l’uomo l’elefante sapeva farlo da sempre ma non gli era mai stato data possibiltà di esprimersi... La parola diventa così manifesto dell’interiorità, è ciò che contraddistingue l’umano dall’animale e dalle cose, è cifra del nostro umano essere. Pian piano in Merrick riaffiora la sua coscienza però, nonostante ciò, continua ad essere oggetto


di altre umiliazioni e denigrazioni ma può, allo stesso tempo, nutrirsi anche di altrettante liete soddisfazioni e riconoscimenti di reale dignità. Tutta la storia è incorniciata da un bianco e nero rarefatto e ombroso che amplifica il grigiore che circonda la figura dell’uomo elefante: è sgranata l’immagine come è sgranata la vita di John agli occhi del popolo, è deforme il protagonista come è deforme l’animo di chi lo umilia. Il velo nero viene squarciato, però, da un cielo stellato e da un bagliore bianco, bianco come l’umanità dell’uomo elefante nascosta nel buio della mostruosità. Da sottolineare la pregevole prova di regia di Lynch al solo suo secondo film. Regia che, se ancora manca di maestria e ritmo, è precisa e pulita e già presenta alcuni tratti di notevole pregio che diventeranno la cifra della poetica lynchiana e che ci mostrano quale sarà il Lynch futuro di Fuoco cammina con me! (1992), Strade perdute

(1997), Mulholland Drive (2001) e Inland Empire, L’impero della mente (2006). Tra questi: il primo piano del dottor Frederick Treves quando vede per la prima volta Merrick, uno sguardo che trafigge gli occhi dello spettatore mostrandoci senza filtri tutto lo sdegno, la paura, l’angoscia e lo sgomento di quella visione; il piano sequenza che dalla faccia dell’uomo elefante passa al foro della sua maschera sconfinando nei sotterranei di una fabbrica tra tubature e operai che lavorano sfiniti per poi essere interrotto da un susseguirsi di immagini a metà tra un flash-back e un flashforward di quello che è stato e quello che sarà, l’incidente alla mamma incinta e i continui maltrattamenti e denigrazioni. Infine la sequenza dell’orgia di sguardi della gentaglia che irrompe nell’alloggio di John per ammirare lussuriosa la sua deformità, per estirpagli la sua identità, sequenza che, grazie a un montaggio ben ritmato,

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alternando primi piani a dettagli di corpi e oggetti, ci sbatte in faccia la distorsione e la mostruosità della gente “normale” di fronte al diverso. La sceneggiatura ha, però, qualche incertezza. Seppur lineare e seguibile nella sua totalità, manca di alcuni passaggi di raccordo sostituiti con qualche dissolvenza di troppo. Nonostante ciò il racconto non perde di consequenzialità, risulta solo leggermente frammentato nella struttura ma non nel significato. John Merrick diventa, così, metafora dell’oscurità che può avvolgere la nostra mente, della paura del diverso, di chi è altro da noi, chi per noi ha una identità parziale o non ne ha affatto perché non risponde, non rientra nelle nostre categorie, di chi ci appare distorto. Ma non ci rendiamo conto che forse, a volte, distorta è la nostra vista, distorto è il nostro animo. Davide Galasso


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Che cosa è la musica? Se ponessi questa domanda a 100 persone differenti, otterrei 100 differenti risposte, ma sono sicura che un aspetto rimarrebbe comune: la musica serve, ognuno ne gode nel modo che più gli è consono ma nessuno può vivere senza sintonizzare corpo e mente su una sequenza musicale. Con gli anni le nostre propensioni cambiano e così accade spesso che il chierichetto della parrocchietta si ritrovi a suonare in una band di cattivissimi rocchettari. Perché? Qual è il movimento dell’animo che trasporta un individuo dalle estasi sacre dell’infanzia fino alle prosastiche note di un gruppo indie rock passando per i ritmi suadenti del reggae? Si chiama libertà di espressione, ed è quel meccanismo grazie al quale scegliamo le possibilità più affini al nostro carattere. Grazie alla libertà di espressione siamo liberi di cambiare idea ma, soprattutto, possiamo inventare un modo di vivere, uno stile. Poi sono arrivati i talent show.

Una sorta di juke box audiovisivo in cui suonano sempre le stesse note. Piace a tutti, è il placebo della famiglia italiana: mette d’accordo grandi e piccini perché le canzoni “dei miei tempi” vengono interpretate dai “ggiovani d’oggi”. I talent show sono igienici: non devi investire tempo e soldi per cercare un locale dove incontrare i tuoi amici, non devi spremere le meningi per creare una composizione musicale originale, non devi rischiare di essere fischiato o - peggio - ignorato dal pubblico del pub del tuo piccolo paese di provincia mentre canti o suoni i tuoi brani inediti. Il talent show è facile, diventiamo tutti artisti seguendo la striscia quotidiana di 30 minuti e lo show serale di 3 ore ogni settimana, su questi schermi. Eppure un altro mondo c’è. Esiste un movimento underground, testardo e strisciante che continua imperterrito a creare nuove proposte (ma nuove davvero non come quelle di Sanremo), musicisti in erba che continuano a cercare locali dove

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suonare, che continuano a litigare con i vicini durante le prove a causa del volume troppo alto degli strumenti, che continuano a litigare con i genitori perché tornano tardi la sera, che vivono insomma! E che continuano a credere nella libertà di espressione. I componenti di questo movimento hanno un obiettivo da raggiungere: arrivare a Livorno e partecipare all’Italia Wave Love Festival di luglio. Per salire sull’agognato palco estivo ad aprile partono in ogni regione italiana le selezioni regionali. La rassegna lucana si terrà venerdì 16 e sabato 17 aprile a Potenza, al teatro 2 Torri. Sul palco: Antonio Langone, Vocincapitolo, The Random, Celestial Shock, Locomotiva Bricante, Damash, Winter of life, Smania Ualgliuns, Gianmariavolonté, Claudio lay, Dr. Panìco, Musicamanovella. Sarà difficile tornare alle nostre poltrone. Provare per credere. Simona Simone


“Per metà vittime, per metà complici, come tutti, del resto.” cita J. P. Sartre, la madre o una delle madri del femminismo, per spiegare la situazione della donna. Non potette che suscitare scandalo il testo di Simone de Beauvoir, Il secondo sesso, quando nel 1949 apparve in Francia. Ed è di fondamentale importanza la frase citata all’inizio per comprendere il pensiero della filosofa francese, la quale parte da un’idea molto precisa e certamente non comune o lontanamente condivisibile all’epoca (e purtroppo, a volte, anche adesso): si nasce maschi e femmine, uomini e donne si diventa! (Ve la ricordate quella bella biondona di Lady Oscar?). Le pagine del testo non fanno che ripetere che l’identità di genere altro non è che il frutto dell’educazione. Non esiste l’essere donna o l’essere uomo, esiste solo l’essere educati dalla famiglia, dalla scuola, dalla società in genere,

ad essere una cosa o l’altra. La cosa che non va sottovalutata, e che tra le righe viene fuori, a volte in maniera esplicita, a volte no, è che questo testo non è stato e non è scomodo solo per gli "uomini" (doveroso a questo punto metterlo tra virgolette), ma anche e soprattutto per le "donne" (vedi sopra). L’autrice, infatti non manca mai di sottolineare il fatto che la vita della donna fino a quel momento sarà pure stata noiosa, ripetitiva, monotona, priva di soddisfazioni personali, sottomessa, ma sicuramente comoda. Come non riportare una frase di Shaw che l’autrice spesso utilizza a conclusione di molti passi in cui questa idea prende corpo, ovvero: “É più facile caricare la gente di catene che liberarla, se quelle catene le danno del prestigio”. Una forte e agguerrita critica all’atteggiamento maschile che, come l’autrice dettagliatamente spiega, non ha fatto altro che imporsi distruggendo la vita del-

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le donne fino a quel momento, relegandole in ruoli minoritari e di importanza secondaria se non terziaria nella società, ma anche una profonda indignazione verso le donne che non hanno mai fatto nulla per emanciparsi da quel ruolo. Anzi lo hanno accettato fino a farne quasi un simbolo di orgoglio e buon nome l’essere miti e servizievoli: “Il guaio più grande per una donna è essere allevata da una donna”, dice spesso De Beauvoir. Tutto ciò è stato di un’importanza fondamentale per l’evolversi degli eventi successivi, in quanto questo testo ha messo in discussione sia una supremazia maschile basata ormai sul nulla, ma soprattutto la mentalità femminile, scuotendola dal comodo torpore in cui si era adagiata, proponendo l’unica reale via per l’emancipazione. L’assunzione di responsabilità, l’unico modo di essere liberi. Andrea Samela


Mi guardo attorno avvertendo profonde, dentro me, le vibrazioni di un luogo che affonda le sue radici in culture lontanissime, raffinatissime. Mi muovo in questi spazi di Sao Bento adornati di aulejos che conservano i segni di una emigrazione e di una sofferenza. Magnetizzato, attraverso i vicoli e le stradine, mentre il tramonto mitiga i colori di un cielo blu fra i vicoli del Barredo, stretto dai mercati e dal vociare dei suoi antichi mercanti. Guardo l’Atlantico, che è confine di questa vecchia Europa con il nuovo mondo che per molti fu rifugio e speranza, e la brezza salmastra che l’oceano riconsegna alla città al termine del peregrinare delle sue acque, si mischia al fumo delle sigarette che esce dalle tascas (osterie). Mi accomodo ben accolto dall’oste, che assieme al sorriso e ai suoi baffi, mi propone bacalau. Bevo Porto, vero elisir

di questi luoghi, (ve ne sono diverse tipologie che possono accompagnare il pasto di ogni momento della giornata). Alfonso, è il nome del baffuto oste, mi racconta della sua famiglia, della storia piratesca di emigrazioni e ritorni fortunati, mi parla dei suoi nonni che a bordo delle Barcos Rabelos trasportavano lungo il Douro il vino dalle cantine ai magazzini. Mentre la notte rapisce la città, i suoni si confondono tra le vie ed entrano mescolate nell’osteria, finché tutto diventa altro, si fa musica, anzi Fado. Fado: musica e canzone dei sentimenti, delle partenze e delle lotte. Fado che si mischia a quel vino che nel suo nome porta l’anima di un luogo, l’identità, appunto. Caldo, avvolgente, elegante, appassionante e dolce. Un vino intenso di profumi complessi che ti chiedono attenzione e ti spingono al desiderio di un altro sorso, e ancora un altro perché tu possa sintonizzarti con

quei suoni e quella vita. Quel Vintage divenne il ponte di un’emozione che mi tenne sospeso tra le atmosfere antiche di un vecchio mondo e la speranza di una terra nuova, migliore. C’è chi ve lo racconterà come un vino intenso, con bouquet di frutta secca e matura come le amarene, di grande struttura, di corpo vellutato e con tannini avvolgenti, di retrogusto caldo e molto persistente. Io vi invito a bere Porto accompagnandolo, magari, ad un soufflè al cioccolato, in una serata d’estate in cui il vento potrà entrare lentamente nel vostro salone, mentre voi seduti al tavolo vi lascerete conquistare dalla storia e dalla magia di questo grande vino. Allora versate del vino al vostro compagno o alla vostra donna, e confondete il dolce e pastoso nettare col più profondo dei baci, mentre il fado canterà il vostro momento, la vostra storia. Prosit e Serenità. Wine_R

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WLADIMIRO GUADAGNO È UN RAGAZZINO FOGGIANO ATTRATTO DAI SUOI COMPAGNI CHIERICHETTI. A DIECI ANNI È GIÀ CONSAPEVOLE DI QUALE SARÀ LA STRADA CHE SEGUIRÀ. VLADIMIR LUXURIA È UNA GIOVANE DONNA CHE RINCHIUDE IN SÉ SAGACIA, IRONIA, INTELLIGENZA E SAVOIR-FAIRE. UNA DONNA CHE HA RAGGIUNTO IL SUCCESSO NELLA VITA, SPAZIANDO DALL’ARTE ALLO SPETTACOLO, DALLA POLITICA ALLA SCRITTURA. COSA HANNO IN COMUNE QUESTE DUE PERSONE? CONVIVONO INSIEME SENZA CRISI NÉ POLEMICHE ALL’INTERNO DELLO STESSO CORPO. I DUE VOLTI E LE DUE ANIME DELLA STESSA MEDAGLIA. LUXURIA È UNA DONNA UNICA NEL SUO GENERE. E NON PERCHÉ NATA UOMO E IN SEGUITO “RIBATTEZZATA” DONNA. SEMPLICEMENTE PERCHÉ LA SUA SPONTANEITÀ E LA SUA GENTILEZZA LA RENDONO TALE, UNA PERSONA SEMPLICE CHE AMA RACCONTARSI. AD UN CROZZA PARTICOLARMENTE MARZULLIANO CHE LE HA CHIESTO SE DARLE DEL LEI, DELLA LEI O DEL MA, LEI CON LA SUA INFINITA ELEGANZA HA RISPOSTO: “MI DIA DEL LEI CHE NON SIA DI CORTESIA, COSÌ È CORTESE RICONOSCENDO LA MIA FEMMINILITÀ”. ED È DI FEMMINILITÀ CHE VOGLIAMO ANCHE PARLARE IN QUESTA CONVERSAZIONE, PERCHÉ DELLA SUA STORIA GIÀ SE NE È PARLATO TANTO E DI LEI GIÀ SAPPIAMO TUTTO. NEL MESE IN CUI SI FESTEGGIA LA DONNA, VOGLIO SCOPRIRE I SEGRETI DI UNA DONNA CHE HA LOTTATO PER ARRIVARE DOV’È, APPRENDERE DA LEI I SEGRETI DELLA VERA ARTE DELLA FEMMINILITÀ, ORMAI DIMENTICATA DA MOLTE SIGNORE, E PARLARE DI AMORE, IDENTITÀ, SOGNI E CAMBIAMENTI.

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Lei si definisce transgender, in quanto non riconducibile né al sesso femminile, non avendo mai cambiato sesso, né al sesso maschile. Ha comunque, negli anni, sviluppato un’immagine di donna sempre più raffinata. Qual è la percentuale di femminilità che sente in lei? Non sarò precisa come le percentuali di grassi o proteine degli ingredienti sulle marche dei prodotti in un supermercato... direi ben oltre il 50%, un 80% ci sta tutto. Poi sa, tutto è relativo, dipende anche dalla figura femminile a cui vengo paragonata: Elisabetta Canalis è un conto, ma accanto a Margherita Hack… La femminilità, però, non è neanche una mera questione estetica quanto una condizione mentale. Si può essere formose e voluminose, ma se non hai coscienza del potere del tuo essere donna non resisti al tempo e al maschilismo. La donna è spesso vista ancora come una figura un po’ fragile, da tutelare. Secondo lei cos’è l’uomo in realtà per la donna? É ancora simbolo di potenza e potere o è diventato una figura realmente alla pari di noi? Ci sono donne che perdonano l’impotenza solo agli uomini possidenti, e quelle che preferiscono chi possiede uno yacht ai possessivi di carattere. Secondo un’indagine recente solo una donna su dieci guadagna al pari o più di lui: il gap nella retribuzione per genere inquina il rapporto e crea dipendenze. Qual è la cosa che non sopporta principalmente nell’essere una donna? Le mestruazioni. E anche l’emulazione dei difetti del maschio confusi con il riscatto sociale, per capirci: le donne manager che diventano più realisti del re maschio e trattano male le dipendenti donne. Negli ultimi mesi non si è parlato che di scandali sessuali. Protagonisti uomini di potere. Come si dice, dietro un grande

uomo c’è sempre una grande donna. E abbiamo esempi di grandi donne che in silenzio hanno protetto e supportato il proprio uomo nel momento del bisogno. Lei, se fosse stata una di queste donne come si sarebbe sentita? A volte dietro un uomo che è riuscito ad avere potere c’è una donna... sbalordita: come avrà fatto ad arrivare così in alto? Ognuno di noi ha bisogno di un’ancora, un punto di riferimento: quando conduci una vita frenetica avere un’affidabile “first-lady” (vedi Michelle Obama) dà lustro anche a te, un giorno potrà addirittura superarti e diventare tu il “first-man” (vedi Hillary Clinton). Anni fa in America ci fu il Sexygate. Clinton dovette scusarsi pubblicamente per il suo atto “improprio” avvenuto all’interno della Casa Bianca. Da questo scandalo ne uscì una Hilary più forte e più temeraria, che adesso viaggia a 100 all’ora nella politica americana. Una vera First Lady o solamente una semplice donna guerriera? Forse un giorno vedremo anche Roberta Serdoz, moglie di Marrazzo, presidente della Regione Lazio? Il matrimonio con un potente purtroppo è ancora oggi la gavetta per molte donne che mirano in alto. Parliamo di identità. Lei ha trovato la sua identità sentendosi donna. Molti uomini la trovano cambiando sesso. Molte donne, invece, per trovare la propria identità devono liberarsi di troppi pensieri e sentirsi libere da ogni turbamento. Secondo lei perché le donne tendono sempre a crearsi problemi? Nel lavoro, nella vita privata. Cosa ci rende così sensibili? É una questione di insicurezza che, però riguarda tutti: uomini, donne, trans, gay. L’uomo spesso traveste le sue insicurezze con beni di proprietà come le auto di grossa cilindrata, la donna in-

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vece è bravissima a vedersi allo specchio alla puntigliosa ricerca di difetti per rovinarsi la giornata. Dovremmo pensare più ad accontentarci e non paragonarci alle immagini delle “bonazze in photoshop” sulle riviste. La donna inoltre deve vincere anche quel test tipo “Vediamo se una donna ne è capace” che legge negli occhi di un suo datore di lavoro. Lei è stata Drag Queen all’inizio della sua carriera. Come ci si sente quando ci si traveste con abiti appariscenti, parrucche e accessori particolari? Potrebbe essere questo un modo per accentuare al massimo la femminilità o per sentirsi più donna? L’essere drag è un paradosso e iperbole che ha più a che vedere con lo spettacolo che con la femminilità. Molte donne non rispecchiano l’immagine dei transessuali o

delle Drag Queen. Sono spesso meno sensuali, meno provocatorie e più vestite. Quali sono le caratteristiche della donna che i trans vogliono impersonificare? Per fortuna le trans di nuova generazione tendono a un look più rassicurante da “ragazza della porta accanto”. Purtroppo a volte è la prostituzione a fare di sé l’immagine da bambola gonfiabile tanto cara a chi ti vede come oggetto sessuale. Il

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riscatto della propria immagine passa anche attraverso pari opportunità nel mondo del lavoro, spesso negate alle trans. È appena terminata la settimana della moda milanese. Tutte le donne amano la moda e spendono cifre folli per avere una borsa o delle scarpe uniche. Lei fa follie per la moda? Ama spendere in abiti o preferisce altro? So scegliere. Se hai un minimo di gusto puoi anche spendere poco. Se poi una cosa mi piace proprio... allora ogni tanto spendo qualcosina in più... Abbiamo tanti bravissimi stilisti in Italia, famosi ed emergenti, devono campare pure loro. L’uomo deve essere bravo a vestirti… e anche a spogliarti. Qual è il suo stile? Sensualità commestibile e consapevolezza dei propri limiti. L’apparire nella nostra società è tutto? Essere qualcuno, avere qualcosa, è questo quello che adesso importa? Le uniche apparizioni che restano nella storia sono quelle dei


Santi, nel nostro mondo, invece, chi punta solo ad apparire evapora altrettanto velocemente. I giovani e la società. Come si sentirebbe mamma di un adolescente adesso? Preoccupata ma determinata: educare è più impegnativo che punire, ma alla lunga porta risultati migliori. Parliamo dei modelli che ci offre la società di oggi. Tutti si lamentano di donne magrissime che ballano nude in tv, di tronisti lampadati, di escort, anche se alla fine dei fatti sono sempre queste le tipologie di persone ricercate. L’Italia è un paese di buonisti, si parla sempre di fare del bene di mostrarsi sempre cattolici e praticanti e poi la realtà è un’altra. Riusciremo mai a liberarci da questo alone di perbenismo? Si predica MALE e si razzola BENISSIMO. L’ipocrisia è uno sport nazionale. Che pena vedere chi ha doppie morali: fate come dico io ma non fate come faccio io! Peccato aver bisogno di

intercettazioni e paparazzi per sbugiardarli! Lei ha un modello? Una donna a cui si ispira? Qualcuno che la fa sognare? Mi piacciono Rania di Giordania, Anna Finocchiaro, Anna Magnani, Penelope Cruz... In genere donne con grinta e stile, stile che non si compra al mercato. Per un periodo lei è stata in politica nelle file di Rifondazione Comunista. Adesso ha lasciato tutto. Come mai questa decisione? Non si sente più politicamente attiva o è semplicemente la politica che non è più attiva? Ho deciso di dire basta alla politica attiva. Guardate i nostri politici: tutta gente seria, onesta, pacata... non ne sono all’altezza... Che cosa le manca di più adesso? Sente di aver fatto tanto della sua vita o ha ancora dei punti vuoti da colmare? Manca l’amore... non si può avere tutto dalla vita... “É cosa nota e universalmente

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riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido patrimonio debba essere in cerca di moglie.” Nel 1800 Jane Austen scriveva questo all’inizio del suo più celebre romanzo: “Orgoglio e Pregiudizio”. È una realtà ancora oggi? Si cerca ancora il vero amore o semplicemente non si ha più la voglia di sognare? Purtroppo troppe donne sono attratte da ciò che l’uomo ha e non da quello che é. A me andrebbe bene anche un calciatore... squattrinato di una squadra di provincia! Lei sogna l’amore? L’amore va vissuto da sveglie. L’amore spesso rende liberi. Ma cos’è per lei la libertà? Non rinunciare a rispettare se stessi. L’ultima curiosità. Cosa vorrebbe fare da grande? Vivere di fronte al mare per sintonizzare i miei umori alle sue onde. Andreina Serena Romano


DONATO SANSONE, IN ARTE MILKYEYES, È UN ARTISTA CHE SI DIVINCOLA TRA IL DISEGNO, LA PITTURA E LA VIDEO-ANIMAZIONE. É NATO A BELLA 35 ANNI FA, MA È ARTISTICAMENTE TRAPIANTATO IN PIEMONTE. DIPLOMATO PRIMA ALL'ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI NAPOLI E POI AL DIPARTIMENTO DI ANIMAZIONE DEL CENTRO SPERIMENTALE DI CINEMATOGRAFIA DI TORINO. NEL 2004 IL "BELLARIA FILM FESTIVAL" GLI HA DEDICATO UNA PERSONALE CON TUTTI I SUOI CORTI REALIZZATI FRA IL 2001 E IL 2003 (MILKYESYES, DONNALBERO, MANIGIREVOLI, MUTADINAFINA, LOVE CUBE, SNC VIDEO, MILKYEYESCAZZONE, NATALEMILKY CHE TROVATE NORMALMENTE SU YOUTUBE O SUL SUO SPAZIO IN MYSPACE (WWW. MYSPACE.COM/MILKYEYES). TRA I SUOI LAVORI PIÙ NOTI RICORDIAMO I VIDEO MUSICALI LA VEDOVA BIANCA DEGLI AFTERHOURS, RED IN MY EYE DEI LNRIPLEY E LA SIGLA DI PRESENTAZIONE DEL "TORINO TRAFFIC FESTIVAL 2009". IL SUO ULTIMO E FAMOSISSIMO LAVORO, VIDEOGIOCO - LOOP EXPERIMENT, È UN DISEGNO ANIMATO IN 2D REALIZZATO CON L’IDEA DEL "FLIP BOOK" DOVE L’ANIMAZIONE È REALIZZATA ATTRAVERSO STRISCE DI CARTA CHE SI APRONO E SI RIAVVOLGONO VELOCEMENTE SULLE MUSICHE DI ENRICO ASCOLI (POTETE GUARDARLO QUI: HTTP://VIMEO.COM/6605263). ANCHE LA RIVISTA DI CINEMA PIÙ PRESTIGIOSA AL MONDO, CAHIERS DU CINÉMA, NEL NOVEMBRE 2009 SI È INTERESSATA A LUI DEDICANDOGLI UN ARTICOLO.

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La prima domanda parte proprio da quest’ultimo lavoro che ha fatto il giro del mondo: quanto è importante il sesso per raccontare le storie o per rappresentare la realtà? Il sesso non è importante per raccontare le cose, è un qualcosa che in me c'è quasi sempre, per gioco (un po' volutamente infantile), e anche semplicemente perché mi piacciono molto le donne. A tutto il sesso che c'è nei miei lavori non do nessuna lettura di tipo simbolica o interiore... è solo un elemento, a volte volutamente grottesco e ironico, ma anche un po' ossessivo. L’ironia può essere il nostro “effetto notte”, il filtro che ci fa indagare il mondo? L'ironia non ci fa indagare il mondo, è un elemento che se abbiamo dentro è meglio perché, più che farci indagare il mondo, ce lo alleggerisce. Io non voglio indagare proprio nulla. Che rapporto c’è o può esserci tra pittura, cinema e animazione? Il rapporto che c'è oggi tra queste cose, è di uno scambio continuo. Tutte e tre le cose comunicano ovviamente con l'immagine, e si cerca sempre più di mescolare le diverse tecniche tra loro per ottenere dei nuovi stili dell'immagine. Oggi, soprattutto per il cinema, tutto sembra orientato al 3D, non ti tenta questa espe-

rienza? Mi tenta se può essere funzionale a qualcosa che voglio esprimere, alla fine ciò che conta è il risultato e se il 3D può servirmi per ottenere il risultato va benissimo. É una tecnica come le altre e le tecniche le utilizziamo all'occorrenza, quando abbiamo l’esigenza di dire qualcosa in un preciso modo. Quanto è importante la musica nel tuo lavoro? Nel mio lavoro e nella mia vita la musica è fondamentale. É ciò che genera in me idee e sensazioni e quando penso una cosa la penso molto spesso in termini musicali, di ritmo e suoni. L’uomo diventa artista o sono necessarie attitudini innate? Puoi raccontarci brevemente il tuo percorso? Entrambe le cose, ma fondamentalmente deve esserci un talento innato per fare la differenza, c'è poco da fare; il talento è una cosa che hai dentro da quando nasci, il talento è quella cosa che lavora d'istinto per farti realizzare delle cose... Col tempo si acquisisce esperienza ma alla base se non si ha un talento innato non si arriva a fare grandi cose. Perché Milkyeyes? Perché la mia prima e reale fidanzata, con cui sono stato diversi anni e che amavo moltissimo, mi ha messo questo soprannome che io trovavo simpatico e che ho poi iniziato a utilizzare per firmare le mie cose. Resterai un artista 'da corto' oppure tenterai esperimenti di tipo diverso? No, io amo fare cose brevi e in-

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tense che somigliano a dei lampi di pensiero. Io mi vedo proiettato verso la video arte. Credo che quella sia la mia vera natura, fare film non mi interessa e non è per me. Non sono bravo a raccontare storie. Sono predisposto a raccontare emozioni e sensazioni fulminanti, spesso cariche di simboli emotivi, rapide come le idee che ti vengono in testa e che in un attimo si dissolvono lasciandoti una forte sensazione. Se oggi dovessi dare un consiglio a un giovane artista lucano, cosa gli diresti? Di non stare in Basilicata. Per quanto io ami la mia terra e sono fiero di essere lucano, un ragazzo per fare determinate cose ha bisogno di stimoli, di piazze metropolitane dove c'è nell'aria creatività, di conoscere persone, di vivere nelle grosse città dove la vita gira di continuo dandoti sempre nuovi stimoli. Cosa c’è nel futuro di Donato Sansone? Non lo so, spero benessere fisico e mentale e un po' di serenità interiore che mi manca tantissimo per superare delle paure. Ma anche meno pigrizia, che è una mia malattia. Ultima domanda quasi ovvia, cosa ti porti sempre dietro della tua terra? Della mia terra mi porto dietro tutto ciò che sono e cioè sincerità, spontaneità, umiltà, semplicità, cose che ho avuto dalla mia famiglia, dal mio piccolo paese e ovviamente sopra ogni cosa la mia famiglia è ciò che ho sempre con me, è ciò che sono. Vito Colangelo


Dovette pensarlo in una limpida e dolce assolata mattina di prima estate, quando gli elementi si danno convegno per il benessere e l'ottimismo della mente umana, spargendo pace dove una tempesta seminerebbe tristezza. D'altronde, la massima luce era nel suo stesso titolo: Re Sole, Luigi Borbone, quattordicesimo sovrano di Francia. Lessicalmente fu niente più che un breve motto, come una battuta di spirito, ma l'idea di fondo aveva a che fare con l'universalità: "L'Etat, c'est moi!". Data l'esclamazione, possiamo immaginare che andò come se avesse appena trovato una risposta geniale ad un problema cruciale, lo stesso che, febbrilmente, le filosofie giuspolitiche della prima età moderna si sarebbero poste a vario titolo: dove origina il Potere dello Sta-

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to. Non deve meravigliare che il più potente sovrano dell'Europa Seicentesca si ponesse il problema di giustificare e costruire la propria sovranità: il quindicesimo secolo europeo fu un tempo dominato dall'ansia di ricostruire l'orrizonte politico e culturale andato in frantumi con la fine dell'Impero e la dimuzione del potere papale, le grandi ed esclusive coordinate universali del Medioevo. Si era disentegrato il potere che teneva unito il mondo, frantumandosi nelle esperienze che gli storici avrebbero definito "particolarismi". Schegge senza intero. In questo contesto, il regno di Luigi Quattordicesimo, lungo quasi settant'anni, fu caratterizzato da un definitivo accentramento dei poteri statali nella persona del Monarca. Facciamo fatica ad immaginarlo,


ma era effettivamente come se il monarca fosse l'incarnazione vivente della sovranità statuale e dell'identità nazionale, una specie di parlamento umanizzato, che al mattino beve caffè e prende il thè alle cinque. Non rappresentava lo Stato: era lo Stato. Teoricamente, affrontare il re in duello sarebbe stato verosimilmente la stessa cosa che dichiarare guerra all'intera nazione. Se il potere aveva una casa, un indirizzo, un numero civico, una casella di posta, o persino una faccia, dei capelli, un cane, una moglie, ogni curiosità poteva essere soddisfatta bussando alla reggia di Versailles. Conseguentemente, le Ordinanze regie non subivano alcun tipo di controllo sostanziale, filando lisce dalla penna del Re alle case dei sudditi. Il sistema era talmente ben congegnato e coerente che se anche i Giudici della Corte di Parigi si fossero rifiutati di registrare formalmente l'Ordinanza del Re, l'opposizione poteva essere sanata attraverso un singolare istituto giuridico chiamato "Lit de Justice": il Monarca, trasportato su una lettiga dorata, appariva dinanzi alla Corte pronunciando, con la collaborazione del Cancelliere, una precisa formula rituale. L'Epifania della Sovranità incarnata comportava l'eliminazione del rifiuto e la contestuale registrazione dell'atto. Praticamente, la discesa in terra di un Dio civile. Limitandosi a cambiare il soggetto, le dottrine giuridiche europee dei due secoli successivi avrebbero confermato quest'impostazione, elevando Direttori, Consoli, Imperatori e infine Dittatori. In effetti, una trovata incontestabilmente geniale e inesorabilmente tragica, destinata a perpetuarsi fino ai giorni nostri nelle sue trasformazioni moderne, meno teatrali e spudorate, ma non per questo meno inno-

centi: le dottrine della sovranità monolitica. Persino in ordinamenti dove la sovranità è un'attribuzione del popolo, le condizioni basilari della democrazia possono essere disattese da una dottrina che fonde ogni potere in un unico organo disinnescando all'origine ogni eventuale opposizione di poteri di pari forza e segno contrario. Come in una perenne schizofrenia, il soggetto della sovranità è al tempo stesso controllante e controllore, monopolista delle attribuzioni statali. Una sorta di versione secolarizzata della trinità cattolica che

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scambia Padre, Figlio e Spirito Santo con Potere esecutivo, Potere Legislativo e Potere Giurisdizionale. L'identità monolitica del potere rimane una tentazione forte. Il conflitto tra politica e magistratura, ancora attuale, ne è l'emblema. La Storia, come è stato detto, si comporta come un profeta all'inverso, dice quello che è già accaduto. Ma si può aggiungere: quello che è già accaduto è profezia di quello che potrebbe accadere di nuovo. Fabio Salvatore


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litfiba reunion

13 - 16 e 17 - 19 - 21 aprile 2010 Milano - Firenze - Roma - Acireale “La voglia di salire sul palco insieme e fare dei concerti è inarrestabile!” Così dichiarano Piero Pelù e Ghigo Renzulli. Il 2010 è l’anno della reunion della più importante rock band italiana, i Litfiba di Piero Pelù e Ghigo Renzulli. Una reunion che nasce da una forte esigenza artistica, che guarda al futuro e che rimane fortemente ancorata al proprio passato. Dopo una separazione a cui hanno fatto seguito anni di lento riavvicinamento, Piero Pelù e Ghigo Renzulli torneranno insieme con quattro potenti concerti. Info su ticketone.it

internazionali di tennis

Roma, 24 aprile - 8 maggio 2010

L’evento è tra i più prestigiosi del circuito: saranno presenti, come sempre, i migliori giocatori e le migliori giocatrici del mondo, oltre ai più forti italiani. Il torneo maschile si svolgerà nella prima settimana, quello femminile nella seconda. Per abbonamenti e biglietti rivolgersi al numero verde della Biglietteria Centrale del Foro Italico (800.622.662) o scrivere all’indirizzo email: ticketoffice@federtennis.it

concerto PriMo Maggio

Roma, 1 maggio 2010

Il Concerto del Primo Maggio è una rassegna musicale che a partire dal 1990 viene organizzata annualmente il giorno della Festa dei lavoratori in piazza di Porta San Giovanni a Roma dai tre principali sindacati italiani: CGIL, CISL e UIL. L’avvenimento richiama un gran numero di spettatori da tutta Italia e non solo, proponendo artisti sia italiani che stranieri. La rassegna si svolge nel pomeriggio e vede esibirsi un gran numero di gruppi musicali italiani, solitamente della scena musicale indipendente. Ogni anno vengono chiamati a esibirsi anche ospiti internazionali.

giobbe covatta in “trenta“

Milano, teatro Ciak - dal 6 al 16 maggio 2010

Giobbe Covatta si lascia ispirare dalla carta dei diritti dell’uomo per la sua ultima affabulazione. Trenta sono gli articoli di cui si compone la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani adottata dall’ONU il 10 dicembre 1948; trenta articoli che sanciscono i diritti individuali, civili, politici, economici, sociali, culturali di ogni persona. In chiave ironica (ma non troppo), come nel suo stile, Giobbe prosegue la sua riflessione sui diritti fondamentali dell’uomo, raccontando con sarcasmo di chi questi diritti li ha solo sulla carta...

retrosPettiva di roy lichtenstein

Triennale di Milano - fino al 30 maggio 2010

Roy Lichtenstein torna ad esporre in Europa con una grande mostra antologica che si preannuncia come uno degli eventi artistici più importanti del 2010. L’esposizione include oltre cento opere, tele per lo più di grande formato, oltre a numerosi disegni, collages e sculture provenienti da prestigiose collezioni pubbliche e private internazionali. È la prima volta che la mostra esplora in modo organico e completo questo significativo aspetto del lavoro di Lichtenstein, che mette in luce il debito che il Postmoderno ha nei confronti della sua opera. Info su triennale.it

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le CHat Noir

Melfi, ristorante La Grotta Azzurra - 16 aprile ore 20,30 Potenza, ristorante Club House - 23 aprile ore 20, 30 Per l’inaugurazione del ristorante “Le Chat Noir” le sorelle Salerno hanno preparato una cena elegante e raffinata, tutto è stato organizzato con gran cura ma qualcosa va storto…sarai in grado di scoprire chi è il misterioso assassino di quest’imperdibile Cena con Delitto? “Le Chat Noir” è la prima cena con delitto prodotta da La Scuola sull’Albero di Melfi (Pz). Info e prenotazioni per la data di Melfi 0972.238134 per la data di Potenza 0971.50164. Web lascuolasullalbero.com

italia WaVe basiliCata

Potenza, teatro Due Torri - 16 e 17 aprile 2010 Giunto ormai alla 14a edizione, anche quest’anno il concorso Italia Wave in Basilicata ha riscontrato il solito successo, con 35 band e 152 musicisti partecipanti, a conferma della vivacità e della vena creativa della scena musicale giovanile regionale. Una sola tra le band in gara si aggiudicherà la partecipazione al prestigioso festival internazionale “ITALIA WAVE” (a Livorno dal 21 al 25 luglio). Quest’anno sono stati coinvolti in giuria i rappresentanti di band che hanno già vinto il concorso Italia Wave in Basilicata. Una giuria “orizzontale”, composta da musicisti che si sono messi in gioco negli scorsi anni e che hanno vinto il contest regionale. multietnica.net

romaNo mussoliNi iN mostra

Venosa, “Galleria 25” - fino all’8 maggio 2010

Mostra retrospettiva dedicata al grande maestro Romano Mussolini (19272006). Figlio di Benito e di Rachele Guidi, nacque a Forlì nel 1927. Ottenne fama internazionale come pianista jazz, ma fu anche un eccellente pittore autore di pregevoli opere risalenti in gran parte agli anni Settanta. Una personalità così controversa, che porta dentro sé misteri ed interrogativi, appare oggi sottovalutata e meriterebbe maggiore attenzione e considerazione dal pubblico e dalla critica. È questo l’obiettivo che “Galleria 25” vuole raggiungere attraverso la personale che si appresta ad inaugurare e che rimarrà aperta per fino al prossimo 8 maggio.

6 ore dei templari

Banzi - 8 maggio 2010

La seconda edizione della ultramaratona “6 Ore dei Templari – Memorial Vito Frangione” ospiterà il Campionato Italiano IUTA 2010. L’edizione 2009 ha portato in Basilicata più di duemila presenze, tra atleti ed accompagnatori, accomunate dal più genuino spirito sportivo, ma anche dalla curiosità nei confronti di un territorio affascinante e sconosciuto, ricco di suggestioni storiche e di calore umano, di percorsi gastronomici e di bellezze naturali. È la Lucania dei cavalieri templari, il luogo di sosta e di preghiera negli anni delle Crociate, per alcuni persino il possibile punto di approdo nella lunga caccia al Santo Graal.

luCa CarboNi iN CoNCerto

Accettura - 25 maggio 2010

Tappa lucana per Luca Carboni che sarà ad Accettura con il suo tour, che lo porterà nelle maggiori città italiane, per presentare il suo nuovo album “Musiche Ribelli” (pubblicato nel gennaio 2010 per RCA/Sony Music). Raccolta in cui l’artista bolognese rilegge alcuni brani simbolo degli anni ’70 realizzando un personalissimo omaggio ai grandi cantautori di quel decennio. Il concerto si terrà nell’ambito delle celebrazioni per la “festa del Maggio”.

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It looks good!

Contest fotografico on line - scadenza 10 maggio 2010 Al via la prima edizione di “it looks good!”, il nuovo concorso di fotografia nato dalla collaborazione di Artegiovane con Toschi Vignola, azienda agroalimentare modenese. Si tratta di un contest on-line riservato a giovani fotografi, ai quali si chiede di interpretare con uno scatto, il tema “Gustosa è la vita”. Per il vincitore, inoltre, è previsto un premio in denaro pari a 1.500,00 euro. Il bando è rivolto a tutti i giovani fotografi di età compresa tra i 18 e i 40 anni. L’iscrizione è gratuita: sarà sufficiente accedere al sito www.itlooksgood.it e compilare il form di adesione seguendo le indicazioni specificate.

CoRt’o gloBo FIlM FEstIVAl

Festival di cortometraggi - scadenza 15 maggio 2010 Cort’O Globo, è un festival di cortometraggi ideato dall’Associazione ‘O Globo ONLUS. Lo scopo del concorso è incentivare una produzione “minore” come il cortometraggio, garantendo ai partecipanti una maggiore visibilità, attraverso l’inserimento in un circuito più ampio, costituito da un efficiente collegamento con altri festival. Si vuole in tal modo offrire a professionisti e non, la possibilità di confrontarsi in una categoria omogenea, che permetta inoltre alla Giuria Tecnica di fornire con maggiore semplicità una valutazione più equa alle opere in concorso. Info su cortoglobo.com

dAl QuAdRo Al RACConto

Concorso letterario - scadenza 15 maggio 2010 L’Associazione culturale “Parole & Musica” bandisce la prima edizione del concorso, rivolto alla narrativa breve. Possono partecipare tutti i cittadini, italiani e non, che abbiano compiuto il diciottesimo anno d’età al 01-01-2009. Sono ammessi racconti inediti e mai premiati ad altri concorsi letterari, scritti in italiano. I racconti devono ispirarsi al quadro “senza titolo” dell’artista G. Zanet (a lato). Info parolemusica.org // mail: narrativa@parolemusica.org

pREMIo AnACApRI BRuno lAuzI

Concorso per cantautori - scadenza 31 maggio 2010 Dopo l’enorme successo dello scorso anno parte la III edizione del Premio Anacapri Bruno Lauzi – Canzone d’Autore 2010. Il premio è dedicato ai cantautori ed alle loro canzoni inedite. La manifestazione, che vede la direzione artistica dello scrittore e giornalista Roberto Gianani, vanta la partecipazione, in qualità di giurati, di alcuni tra i più importanti nomi della musica d’autore italiana: Mariella Nava, Edoardo Vianello, Peppino di Capri, Franco Fasano e quella del maestro Gianfranco Reverberi, in qualità di presidente di giuria. Bando e info su comunedianacapri.it/it/premio-lauzi

RACContI nEllA REtE

Premio letterario - scadenza 31 maggio 2010 Giunto alla nona edizione, il progetto letterario parte e si sviluppa ogni anno sul sito raccontinellarete.it, dove gli iscritti possono pubblicare i propri racconti, oltre che leggere e commentare quelli degli altri. Quelli pervenuti al sito entro il 31 maggio 2010 saranno selezionati e pubblicati in rete. I 25 migliori, valutati da una giuria di qualità, saranno pubblicati in un’antologia edita da Nottetempo in occasione della manifestazione LuccAutori in programma a Lucca nel mese di ottobre 2010.

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C’è chi crede che, in nome del sentire “comune”, ci si possa arrogare l’indiscusso diritto di giudicare chicchessia. C’è chi crede che l’appartenenza alla collettività imponga un imbarazzante appiattimento a modelli e gusti per costruire un individuo sempre meno distinguibile e per niente capace di scegliere autonomamente. C’è chi crede di poter indirizzare le menti e colpevolizzare i dissidenti. E poi ci sono io. Ci sono io a chiedermi come mai la gente parli senza cognizione di causa. Perché piuttosto non sta zitta? Perché non prende in considerazione la variante semplice, democratica, libera del “non proferire parola alcuna”? Si chiederanno se ho voglia di ascoltarli? Un problema che non affligge nessuno. Un interrogativo che non tocca

i loro cervelli finemente levigati da luoghi comuni e sovrastrutture. Una domanda difficile da porsi. Ma la risposta è così semplice. La risposta è no. È elementare. La risposta è no. Non voglio sentire nessun suggerimento da chi non sa da dove provengo. Non voglio sentire parole inutili, proposte senza senso da chi mi tratta da ignaro utente. Voglio parlare io adesso. È chiaro? Avete capito? Ora siete voi a dovermi sentire. Aprite le orecchie e tappatevi la bocca. Ascoltate me, interessatevi alle risposte che do. Chiedetemi cosa ne penso, qual è la mia idea, la mia visione del mondo, come prospetto il mio futuro. Interrogate me sulla mia vita. Non fidatevi della verità che avete in tasca, perché resta comunque una verità acerba, di-

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storta, vista con i vostri occhi. Non alludete a esistenze già precostituite. Non inventate realtà intorno ad un singolo per renderlo confacente alla pluralità. Non illudetevi di indicare l’unica strada percorribile senza incorrere in un ragionevole e ineludibile bivio. Non fingete di aver compreso. Chiedete. Fate bella figura. Chiedete di me. Interessatevi. Questa è la mia vita. Questa è la mia scelta. È la prima. È solo la prima. Rispettate il silenzio. Come rispettate le vostre parole. Aspettate. Abbiate fede. Fidatevi della vostra pazienza. Iniziate a diffidare della mia. Ora qualcosa è davvero cambiato. E io sono qui per togliervi tutti i dubbi. Chiedete. Petite. Vista l’età. Petite… Giovanna Caivano


Stranamente, pochi giorni fa mi è capitata sotto gli occhi una poesia di Blessing Sunday Osuchukwu, poeta scrittore nato in Nigeria (Africa Occidentale), mediatore interculturale, che da diversi anni vive in Italia, dal titolo “Crisi d’identità”, che mi ha colpito molto e che credo valga la pena ripercorrere nei tratti più significativi: … Avevo un nome e voleva dire: benedizione del Signore, Avevo una patria... gli affetti non mancavano… avevo un futuro, incerto, ma co-

munque c’era. Ora mi trovo al confine di due mondi senza una patria, cerco di ragionare da una parte e mi dicono che non vale più, Quando sento urlare Straniero, Extracomunitario, Nero, ecc… ecco qualcuno che mi dice che mi stanno chiamando… Cerco di fare la danza della pioggia e da su mi arriva la neve, mentre cerco di pensare al futuro, mi scade il soggiorno… Qualcuno mi dica chi sono, dove mi trovo e cosa fare, i miei sogni nel cassetto sono di-

ventati incubi nell’armadio… La carta d’identità di ognuno di noi rivela i nostri principali tratti somatici e indicazioni di carattere anagrafico, ma dietro tali notizie c’è qualcosa di molto più significativo e profondo. L’identità non è una “fotografia” scattata in un momento della nostra vita, bensì la continua evoluzione di ogni individuo, senza prescindere da ciò che, secondo Locke, garantisce la continuità: il filo della memoria. É stato Locke, importante filosofo britannico della seconda metà del Seicento, nel Saggio dell’Intelligenza umana, a parlare per la prima volta di identità personale con l’idea che l’identità è una conquista, un lavoro di ripitturazione continua delle nostre idee e della nostra continuità; essa, quindi non poggia su niente, ma si prolunga nel tempo, legata imprescindibilmente alla memoria. Non si può dimenticare la propria origine, ma si può evitare la stessa destinazione rivendicando quell’autonomia che ci dà il coraggio di essere quello che siamo fino in fondo, di rispettare e dare il giusto valore alla nostra vita. Tutto il resto diventa consequenziale, perché se hai rispetto per te stesso non puoi non averlo per il tuo prossimo… La nostra identità, quindi, potrebbe essere una finestra sul mondo, perché se essa è forte, sarà capace di includere in sè anche le altre, viceversa, se è debole, é riduttiva perché si limiterebbe a glorificare se stessa. Domani mattina, perciò, svegliamoci tutti coscienti e consapevoli di chi siamo, attenti a non cadere dal letto, a non battere la testa perché le crisi d’identità sono sempre in agguato! Anna D'Andrea

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Mi avvicinai alla conoscenza dell'uomo con l'idea che questi venisse al mondo come un essere nudo, in ogni sua parte. Che nasce dal nulla e si crea giorno dopo giorno. Un corpo geneticamente a metà, tra il padre e la madre; ma con la mente vuota, libera, vergine alla nascita; una Tabula rasa. Oggi mi rendo conto che non è così, penso che come fisicamente, così anche mentalmente, ognuno di noi esprime qualcosa che lo caratterizza, che lo rende unico, che gli viene tramandato dall'unione dei suoi genitori. Come fisicamente può essere caratteristico di ognuno un determinato colore dei capelli, un preciso colore della pelle, una particolare forma del naso e dell'altezza. Così anche la parte psichica di ognuno è debitamente segnata a rappresentare ciò che anche psichicamente gli viene trasmesso dalle sue origini, dalla sua famiglia, dalla società a cui appartiene, dalla cultura che va a rappresentare, dalla parte del mondo dove nasce, dal modo di pensare consono "alla parte" del mondo in cui vive. È quindi molto difficile capire se l'uomo è davvero libero di essere ciò che vuole, o se forse è solo l'espressione di ciò che già è: un italiano o uno spagnolo, un europeo o un

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americano, un bianco o un nero, un cristiano o un musulmano. Non è poi così facile essere quello che si vuole. Forse siamo solo l'espressione di quello che ci troviamo ad essere perché nati in una certa famiglia o società, con dei particolari miti, costumi, modi di pensare, di vestire, di mangiare, di essere. Forse siamo in un certo modo anche perché non ci è stato concesso di scegliere tutto per noi, come ad esempio non abbiamo potuto scegliere neanche il nome, neanche quello siamo stati liberi di poter scegliere. Il nome, che più di ogni altra cosa al mondo ci segna e ci accompagna durante tutta la vita, dal momento in cui veniamo al mondo fino al momento della morte e anche oltre. Ma forse ancora prima di nascere già siamo qualcuno; da quando due amanti, dopo aver fatto l'amore, già sognano, immaginano, come potrebbe essere il proprio figlio, come potrebbe chiamarsi, cosa potrebbe diventare, cosa potrebbe rappresentare. Già da quando due amanti immaginano questo, l'essere, che ancora non c'è, già è pronto a rappresentare un individuo che sarà qualcuno perché nasce lì, da quelle persone, in quella famiglia, in quella società e che parlerà quella lingua perché i suoi genitori la parlano. Siamo unici, ma siamo anche quello che saremmo potuti essere. Antonio Lorusso


Alla vigilia del terzo millennio, il Corriere della Sera titolava “Gemelli più uguali dei cloni”, citando uno scienziato americano che, per rendere digeribile l’ipotesi della clonazione umana, ricorreva all’esempio della natura che imita se stessa mettendo al mondo “individui in carta carbone”. Dieci anni dopo, la stessa testata giornalistica rivelava che il medico nazista Mengele, tristemente noto per aver condotto test sui gemelli presenti nel campo di Auschwitz, avrebbe concluso i suoi esperimenti genetici nel piccolo borgo brasiliano di Candido Godoi. Qui avrebbe preso in cura tutte le donne in gravidanza, sottoponendole a particolari trattamenti. Risultato: una coppia di gemelli ogni 5 parti, tutti biondi e con gli occhi azzurri (il prototipo della razza ariana). Forse si tratta solo di una leggenda; tante ne esistono intorno ai gemelli la cui (presunta) identità ha sempre suscitato, in ogni tempo e in ogni dove, sentimenti contrastanti. I gemelli, infatti, possono essere considerati apportatori di benessere per la comunità, in quanto simbolo dell’armonia e dell’equilibrio, ma anche esattamente l’opposto, come sinonimo di antitesi tra bene e male: da qui il tabù e talvolta la necessità di giungere sino alla soppressione fisica di uno di essi o di entrambi. Nella tribù dei Baganda, in

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Uganda, si credeva che coloro che avevano generato dei gemelli fossero dotati di particolari poteri in grado di influenzare positivamente la crescita dei banani, la principale fonte d'alimentazione. Per contro, i Tlinghit dell'Alaska ritenevano le nascite gemellari un evento nefasto al punto che l'uomo era costretto a ripudiare la compagna e i piccoli venivano uccisi. Fortunatamente c’è anche chi crede che una coppia di gemelli abbia fondato Roma, Caput Mundi. Oggi il fenomeno della gemellanza pare rientrato nell’ambito della normalità e si concorda sul fatto che, per quanto interscambiabili nell’immaginazione popolare e nei concorsi e, sebbene per comodità si continui a riferirsi a loro come “identici”, ciascun gemello sia scindibile dalla coppia e dotato di una propria personalità unica. Ma allora perché i Paesi più 'civili' del mondo come l’Australia, la Finlandia, l’Olanda, la Svezia, la Danimarca, il Regno Unito, gli U.S.A. e persino l’Italia si sono inventati il Registro Nazionale dei Gemelli a scopo di studi nel campo biomedico? Forse perché, come diceva alla fine dell’800 l’umorista americano Josh Billings, “Ci sono due cose nella vita per cui non siamo mai davvero preparati: i gemelli”. Marika Iannuzziello


“È il mondo lo spazio in cui giochiamo la nostra identità”. Come non dare ragione a questo aforisma ai giorni nostri, dove è sempre più forte il dilagare dei social network come Facebook, Twitter, MySpace e l’ultimo di BigG… GoogleBuzz. Oserei dire che "ci" giochiamo la nostra identità in tutto il mondo, ma è comunque uno dei fenomeni del momento. Proprio per questo, voglio presentarvi un programma che farà comodo a tutti coloro che caricano foto su facebook: Bloom (http://antaki.ca/bloom/), ossia un’applicazione da installare sul nostro PC che ci permetterà di caricare (upload) le nostre foto e i nostri video in maniera efficiente e velocemente, scaricare album e vedere le foto degli amici. É disponibile per tutte le versioni di Windows, Linux e anche per Mac. Non posso mancare di citare Showzey (www.showzey.com) servizio molto cool, il cui scopo consiste essenzialmente nel permettere di riunire tutte le nostre immagini presenti sui diversi ser-

vizi web, quali Facebook, Flickr, Picasa e Gmail, in un unico luogo, andando inoltre ad integrare tutta una serie di strumenti mediante cui gestire e modificare le varie immagini. Nel nostro mondo virtuale ci è anche permesso di identificarci musicalmente! Quanti di voi infatti, ascoltando una band o una canzone, si sono identificati in un genere? Tanti credo! Scommetto che avete cercato tutti gli album di quel gruppo, o artisti similari che seguono lo stesso genere con non poche difficoltà. Vi presento perciò Tuneglue (http://audiomap.tuneglue.net/) servizio online che vi permetterà, digitando il nome di un artista, di trovare tutti gli artisti similari. Se siete felici possessori di un Mac, allora non potete fare a meno di scaricare Photobook (http://www.caffeinatedcocoa. com/photobook/index.html) questa applicazione, completamente gratuita, di colpo renderà le foto di Facebook una serie di album facilmente consultabili. Le fotografie digitali possono es-

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sere visualizzate tramite la classica formula dello slideshow, la cui interfaccia consente di passare alle immagini immediatamente precedenti o successive senza dover forzatamente tornare all’indice dell’album. Inoltre, se doveste trovare delle fotografie particolarmente interessanti, tramite il click di una semplice icona è possibile importare e salvare il tutto direttamente in iPhoto. Se invece vi risulta scomodo tentare il download manuale di ciascuna immagine uploadata, vi consiglio Photograbber (http:// code.google.com/p/photograbber/), una valida applicazione gratuita disponibile sia per Windows che per Mac, il cui scopo consiste nel permettere di scaricare in una data cartella le foto caricate sul nostro profilo di Facebook, ad esclusione di quelle rese private o protette, il tutto mediante un semplice ed unico click. Al prossimo numero! Altre curiosità dal web vi aspettano. Mimmo Claps


Ragazzi, ho apprezzato tantissimo l’idea degli abbonamenti! Da parte vostra è stata l’ennesima prova della volontà di avere sempre dei "punti d’incontro" con noi lettori. Ricevere Brek comodamente a casa è qualcosa che davvero non ha prezzo! Nonostante io viva a Potenza, molto spesso ho rischiato di perdere qualche numero… Rischio che oramai non corro più!!! Grazie ancora. Rossella Gentile Redazione di Brek, ho appena ricevuto Brek a casa, a Milano! Una trovata davvero geniale… Copertina come sempre molto originale, fuori da ogni schema ma mai volgare. Articoli sempre molto interessanti, e grafica eccellente. Complimenti a tutti!!! Margherita Gentilissimi, vi ringrazio infinitamente per aver dato la possibilità, anche a chi vive lontano dalla nostra amata terra, di poter ricevere una copia di Brek Magazine! Vi faccio i miei complimenti per la passione e l’impegno con cui

curate questo bellissimo progetto. Beatrice Amici di Brek, ci tenevo tantissimo a dirvi la mia sul vostro magazine. Sono davvero soddisfatta del lavoro che state svolgendo e soprattutto del ruolo primario che date a noi lettori. Ovviamente mi sono abbonata ed ho ricevuto comodamente a casa la mia copia di Brek che, ci tengo a precisare, colleziono sin dalla prima uscita! Sono sicura che andrà sempre meglio… Ilenia Sono “uscito” poco fa dal vostro nuovo sito!!! Non solo la nuova veste grafica, ma anche la novità degli annunci, delle news dall’Italia e dalla Basilicata. State davvero crescendo. Donato Mi sono appena abbonato al vostro (e un po' nostro) Brek Magazine. Finalmente non devo più girare tutto il capoluogo prima di potergli dare una sfogliata, oppure chiederlo ai miei amici più fortunati di me. Apprezzo molto le interessanti

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riflessioni sulla politica. Ritengo che la libertà di espressione che conservate (nonostante i tempi che viviamo) dia a Brek un valore aggiunto notevole. Fernando Sfogliando il 10° numero di Brek ho trovato un'interessante novità: due pagine dedicate ad argomenti e personaggi storici. Un tuffo nel passato, in una rivista moderna in tutto e per tutto come la vostra, mi sembra una dimostrazione di quanto siate attenti ai contenuti e di quanto siate capaci di rendere innovativo un argomento solitamente odiato dai più. Continuate a stupirmi! Gerardo Ogni vostra mail, lettera o messaggio di vario tipo che riceviamo, ci rende motivati a proseguire nel cammino, pieno di ostacoli, che abbiamo intrapreso. Per questo motivo non possiamo esimerci dal ringraziare chi, come Beatrice, ha deciso di sostenerci sottoscrivendo l'abbonamento annuale a Brek. Ricordiamo che la campagna abbonamenti è ancora aperta, per cui... affrettatevi!


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