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BREK.ZOOM 04. Zoom I,II, III PROSPETTIVE METROPOLITANE.SOCIETÁ 08. Federalismo: una scatola vuota o un'intuizione geniale? PROSPETTIVE METROPOLITANE.POLITICA 12. Il genio italiano? É donna. PROSPETTIVE METROPOLITANE.COSTUME 14. Genio si nasce o si diventa? PROSPETTIVE METROPOLITANE.RUEWIERTZ 60 16. Puntare sulla crescita e investire sul lavoro
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ATMOSFERE.ARTE 18. Difficile essere Picasso 20. Questi non è un genio! ATMOSFERE.B-TUBE 22. Lie To Me ATMOSFERE.LIBRI 26. Ma che "centra"? 27. Canzoni, sogni e ricordi dell'ultimo romantico ATMOSFERE.VINO 28. Il genio altrove
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INCONTRI.DONATO PACE 34. Come un secchio d'acqua rovesciato in terra INCONTRI.ROSSELLA RASULO 36. L'amore ai tempi del blog INCONTRI.NAPOLEONE BONAPARTE 38. Austerlitz - 2/12/1805
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FUORICAMPO.VISIONI 42. Quel gran genio di Federico 43. Voglio vivere così... col sole in fronte... FUORICAMPO.PENSIERI 44. Il riciclo del genio 45. Il genio: la fatica del pensare FUORICAMPO.OSSERVAZIONI 46. Nel paese delle meraviglie FUORICAMPO.TECNOLOGIA 47. Semplicemente geniale
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STAMPA Grafiche Gercap / Foggia DIRETTORE RESPONSABILE Pierluca Pace HANNO COLLABORATO Giovanna Caivano Mimmo Claps Vito Colangelo Anna D’Andrea Marika Iannuzziello Antonio Lorusso Gerardina Nella Michele Nella Mimì Pace Nicola Pace
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Daniela Rosa Leonarda Sabino Fabio Salvatore Andrea Samela Simona Simone Francesco Tripaldi Riccardo Telesca WineR_ BREK garantisce la libertà di pensiero e di espressione. Per questo motivo ogni collaboratore è singolarmente responsabile delle proprie idee e di ciò che scrive. Autorizzazione Tribunale di Potenza nº 376 del 7/5/08 ∙ Iscrizione al ROC n°19633
IN COPERTINA: Lisegagne "A woman drying dog"
SEMPRE PRONTO A DARE IL MEGLIO DI SÉ CON LA SEMPLICITÀ CHE LO CONTRADDISTINGUE. RISOLVE UN PROBLEMA CON ESTREMA FACILITÀ. PROVOCANDO FRUSTRAZIONE IN NOI. E OBBLIGANDOCI ANCORA UNA VOLTA A DIRE: ”...MA PERCHÉ IO NON CI HO PENSATO?”. VEDE LA REALTÀ SEMPRE CON UNA PROSPETTIVA DIVERSA, MIGLIORATIVA. SCOPRE, INVENTA, PROGETTA, REALIZZA. SI AFFANNA A TRASFERIRE AGLI ALTRI IL PROPRIO VISSUTO. NEL BENE E NEL MALE SI ETICHETTA PER LA SUA UNICITÀ. E ORIGINALITÀ. É IL GENIO. SPESSO INCOMPRESO, VIVE UNA SOLITUDINE SOCIALE ED ANCHE MATERIALE. ALMENO FINO A QUANDO IL RICONOSCIMENTO UNIVERSALE LO RIPORTA TRA L’UMANA GENTE. ALLORA CAMBIA TUTTO E D’IMPROVVISO IL GENIO TORNA AD ESSERE UNO COME NOI. MANGIA, BEVE E RIDE. SOGNA, DESIDERA E PIANGE. UN UOMO ALLA PORTATA, INSOMMA. COL QUALE MAGARI FARCI ANCHE UNA DISCUSSIONE. E USCIRNE ANCHE VINCITORI. ALMENO NELL’ARGOMENTAZIONE. ECCO CHE ALLORA LA FRUSTRAZIONE SCOMPARE E NELLA NOSTRA MENTE BALENA UN PENSIERO: “...E QUESTO È UN GENIO”. DIFFICILE STABILIRE PER PRINCIPIO L’ESSENZA DELLA GENIALITÀ. NELLA NOSTRA PERENNE VARIABILITÀ DI OPINIONE LA RICONOSCIAMO COME LA DISCONOSCIAMO. IN FONDO NON C’È COSA PIÙ GENIALE DELLA CONVENIENZA!
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PAPA, QUANTO CI COSTI!
25 sterline il costo di uno dei due eventi di Londra Per assistere a due eventi in programma durante la recentissima visita del Papa in Gran Bretagna, i fedeli hanno dovuto pagare un biglietto. L'obiettivo era alleviare il peso di un viaggio molto dispendioso. Come anticipato dalla stampa britannica, i due eventi a pagamento sono stati la veglia di preghiera a Hyde Park a Londra il 18 settembre (10 sterline) e la beatificazione del cardinale John Henry Newman a Birmingham il 19 (25 sterline). Secondo il Vaticano il biglietto, in realtà, rappresentava soltanto un "contributo", pari al costo di un concerto rock.
GRASSA E FAMOSA
Ha 170 chili la nuova Miss Cicciona d'Italia È Angela Scognamiglio, 33 anni, Miss Cicciona d'Italia 2010: si è aggiudicata il titolo un mesetto fa a Forcoli (Pisa). Pesa ben 170 chili. Angela Scognamiglio è originaria di Napoli e abita a Montecatini Terme. Lavora nel ristorante del fidanzato. All'edizione numero 21 di Miss Cicciona hanno partecipato 31 donne provenienti da tutto il Paese, ciascuna con un peso superiore ai 100 chilogrammi. La manifestazione si è svolta davanti a circa 2500 persone, tra amanti delle taglie forti e semplici curiosi. Presentatore Pupo.
LINGUA E UMORE
I Tedeschi sono tristi perchè parlano... tedesco È colpa della lingua se i tedeschi sono tristi e poco portati all'umorismo. È questa la tesi di un gruppo di ricercatori dell'università scozzese di Saint Andrews. I ricercatori scozzesi dopo aver analizzato le modulazioni sonore della lingua germanica e le mimiche facciali dei tedeschi, sono arrivati alla conclusione che, essendo costretti a tenere le labbra costantemente inclinate verso il basso e ad esprimere i suoni gutturali, il popolo teutonico perde la voglia di ridere e non è più in grado di apprezzare gli aspetti divertenti della vita. Secondo gli scienziati tedeschi le "cavie" avrebbero mangiato dell'haggis (piatto tipico a base di interiora di pecora, vanto della cucina scozzese) prima di sottoporsi all'esperimento.
STRESS DA VIAGGIO?
Bloccati dal traffico, giocano a pallone in autostrada C'è modo e modo di affrontare i disagi del traffico. Tempo fa, a Salerno, decine di automobilisti e camionisti bloccati da un ingorgo sulla Salerno-Reggio Calabria hanno sconfitto noia e tensione in modo quanto meno originale... Quando il caldo cominciava a farsi sentire e la rabbia cresceva per una situazione che pareva non sbloccarsi più, è comparso improvvisamente un pallone... prima qualche palleggio, poi alcuni scambi, infine una vera partita! Le squadre contrapposte erano formate da automobilisti da una parte e camionisti dall'altra. Un match intenso. Arricchito pure dal tifo di chi non ha potuto prendere parte all'improvvisata partita. Il risultato finale? Un pareggio.
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FACEBOOK E IDIOZIE
Anche le amicizie sono in vendita Nell’era dei social network accade anche questo: se hai pochi contatti puoi sempre comprarli. Dopo Twitter, l’azienda australiana uSocial ha infatti lanciato la propria offerta di amici virtuali per Facebook, con l’utente che potrà allargare la propria lista di amici… A dire la verità, si tratta di una soluzione destinata alle aziende che intendono farsi pubblicità attraverso il social network. uSocial offre, infatti, la possibilità di accedere ad un ”database” di migliaia di contatti ad un prezzo contenuto. L’utente finale potrà comunque decidere se accettare o meno l’amicizia ma, data la mole di richieste inoltrate da uSocial, l’inserzionista avrà comunque un buon riscontro assicurato. A metà tra pubblicità e spam, il servizio sta facendo discutere.
DEVIANZE SESSUALI
Fa sesso con il suo cane: arrestato Un uomo di 64 anni, Armand Pacher, è stato arrestato a Miami per abuso aggravato d'animale. L'anziano è accusato di fare sesso con il proprio cane, un alano che porta il nome della modella nota negli anni '80 Christie Brinkley. L'inchiesta è partita dopo che l'uomo, parlando con l'assistente del suo veterinario, ha confidato: "Non si diverte più quando facciamo sesso". Le analisi sull'animale hanno trovato tracce di attività sessuale, confermando le frasi di Pacher. Il 64enne rischia cinque anni di carcere. Pacher ha cercato di difendersi confermando che si trattava solo di una battuta, ma davanti alle prove mediche non ha potuto dire nulla.
TROPPO GRASSO
Non entra nella bara, viene operato L'uomo più robusto di tutta la Romania, Cristian Capatanescu che pesava circa 400 chili distribuiti su 184 centimetri d’altezza, è morto a Bucarest. Era stato ricoverato per insufficienza renale e obesità grave. Capatanescu, prima della sua morte, era stato in ospedale per quasi due mesi ed era dimagrito di 40 chili ma il suo cuore e i suoi polmoni erano ormai troppo deboli. Ma la questione non è finita. Infatti la stazza dell’uomo (quasi 400 Kg), gli ha impedito di essere chiuso nella bara. Per questo i medici (d'accordo con i familiari) hanno deciso di sottoporlo a un intervento di liposuzione per poter procedere con il funerale.
MARILYN A RAGGI X
All'asta le radiografie dell'attrice americana Marilyn Monroe, versione raggi x, va all’asta: una casa d’asta californiana specializzata in cimeli di celebrità, ha messo le mani e offerto all’incanto radiografie del leggendario torace e del bacino della diva al platino, insieme ad altre curiosità come il divanetto dell’analista su cui Marilyn è stata in terapia e una boccetta di profumo Chanel n.5 appartenuta alla diva. Le radiografie erano state a lungo di proprietà della ginecologa della diva: la casa d’asta Julien’s Auctions, che in passato ha venduto le cartelle cliniche di Elvis Presley per 7.000 dollari, prevedeva di ricavare stavolta almeno 3.000 dollari.
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IL VOSTRO BIMBO DICE BUGIE?
Tranquilli... avete un figlio intelligente! Uno studio condotto alla Toronto University da Kang Lee svela che più si è piccoli alla prima bugia e più l’intelligenza cresce veloce. Sarà una magra consolazione per mamma e papà, ma le bugie dei bambini sono segno di intelligenza, indice dello sviluppo cognitivo dei piccoli. Lo studio ha inoltre stabilito che i bambini più furbi iniziano a dire bugie già a 2 anni. Il picco massimo arriva a 12 anni. In pratica dicono bugie il 90% dei bimbi molto intelligenti.
IN ONORE DI SHIVA
Cosa non si farebbe per un figlio maschio... Per seguire le indicazioni di un santone, un 63enne indiano, Kailash “Kalau” Singh, non fa un bagno da oltre 35 anni. Secondo un’antica credenza del suo popolo, non lavarsi aumenterebbe le possibilità di avere un figlio maschio. L’uomo ha sostituito la sua igiene personale con quello che lui chiama “bagno di fuoco”: se ne sta in piedi su una sola gamba a fianco di un falò, fumando marijuana e pregando il Dio Shiva. La pratica finora non ha portato buoni risultati visto che l’uomo ha solo, si fa per dire, 7 figlie femmine. I suoi vicini però non sembrano condividere le idee dell’indiano e hanno smesso di frequentare il suo negozio di alimentari, preoccupati dalla sua “insalubre personalità” e della sua abitudine di indossare per tutta l’estate le stesse due felpe.
ALTRO CHE SOGNI D’ORO!
Quando la moglie è peggio di un jet Durante un meeting organizzato dalla Helps Stop Snoring, Jenny Chapman, simpatica nonnina 60enne, è risultata essere più rumorosa, nel sonno, di un jet in fase di partenza! La differenza tra il rumore del velivolo (103 decibel) e il russare della signora (111.6 decibel), ha davvero del sorprendente. Sono ben 18 anni che il marito della donna è costretto a cambiare stanza 5 giorni su 7 e, alla domanda di come faccia a sopportare un supplizio del genere, egli risponde: “Potrebbe andarmi peggio. Potrebbe essere sonnambula”. Una cosa è certa: al signor Chapman è inutile augurare sogni d’oro!!!
WC MONSTERS
Quando la realtà supera l'immaginazione Quante volte abbiamo sentito la solita leggenda metropolitana del mostro marino che fuoriesce dal water? Quante volte abbiamo visto questa scena nei film horror? Tutto questo è accaduto a Milano. Da diversi giorni gli abitanti della zona di Quarto Oggiaro si lamentavano del fatto che gli scarichi dei bagni non funzionavano bene. Il solito ingorgo, si pensava... Invece, in uno degli appartamenti di uno stabile della zona, è spuntato fuori dal water un pitone che, per alcuni secondi, si è affacciato dal wc con la testa per poi sparire nuovamente all’interno della conduttura. Dopo attimi di terrore e spavento, gli inquilini dell’appartamento hanno prima tentato di risolvere il problema gettando all’interno del water dell’acido per cercare di uccidere l’animale, ma poi, quando è tornata un po’ di calma, hanno deciso di chiamare l’ENPA di Milano (Ente Nazionale Protezione Animali). “Per fortuna”, l’idraulico incaricato dall’ENPA è riuscito a catturare sano e salvo il pitone, che è risultato essere lungo più di un metro. Il serpente è stato consegnato ai volontari dell’associazione che tutt’ora si stanno occupando di lui, e stanno cercando di capire come l’animale sia potuto finire lì.
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Ha scritto qualche giorno fa sul Corriere della Sera Giovanni Belardelli che “molti anni fa un grande storico, Franco Venturi, definì il fascismo come il regno della parola, appunto per il peso sempre maggiore che vi aveva acquistato la dimensione oratoria fatta di proclamazioni altisonanti e retoriche. Quella stessa definizione si applica altrettanto bene all’Italia di
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oggi, alla sua vita politica, fatta sempre più di formule e di parole, di provvedimenti annunciati con grandi fanfare ma che poi si perdono nei meandri di Montecitorio o Palazzo Madama”. A leggere i titoli di diversi giornali ed a sentire i leaders di qualche partito politico, anche il federalismo farebbe parte, almeno allo stato dell’arte, delle “proclamazioni altisonanti e
retoriche”; e, anche la legge delega sul federalismo fiscale, la legge 42/2009, che secondo il parere di molti, e in particolar modo del Prof. Luca Antonini, Presidente della Commissione paritetica sul federalismo fiscale, “segna una tappa fondamentale nella vita istituzionale e politica dell’Italia, secondo altri non sarebbe che una “scatola vuota”. Sulla Stampa del 10/09/2010, Luca Ricolfi, che si è occupato a più riprese e con competenza del federalismo fiscale, ha continuato a parlare di “scatola vuota”. E di tanto è convinto “non tanto perché diversi decreti delegati devono ancora essere emanati, ma perché anche i decreti delegati sono impostati senza numeri, sono scatole vuote che indicano alcuni meccanismi e soggetti che dovranno attuare il federalismo, ma lasciano del tutto aperti i due punti centrali: quanto dovranno risparmiare le varie amministrazioni, quanta evasione fiscale andrà recuperata in ogni territorio. Detto brutalmente, i decreti delegati sono a loro volta più somiglianti a ulteriori leggi-delega che a norme dotate di un contenuto macroeconomico preciso e vincolante. E dal momento che la base tecnico-statistica per attuare il federalismo fiscale non esiste ancora (né potrebbe essere diversamente, perché una classe politica irresponsabile ha passato quindici anni a discutere di principi, e quasi nulla ha fatto per renderli concretamente attuabili), ci vorranno ancora almeno un paio di anni per far partire il federalismo e per cominciare a capire come esso verrà effettivamente attuato”. In realtà qualcosa di concreto e forse anche di serio e condivisibile nella legge delega n. 42/2009 c’è. Per capire dove vi sono segnali di inversione della rotta è necessario partire da questa conside-
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razione. Seguiamo il Prof. Luca Antonini, Presidente della Commissione paritetica sul federalismo fiscale. In Italia, se si escludono le pensioni e gli interessi passivi, la spesa pubblica “si riparte ormai a metà tra il comparto Stato e quello Regioni/Enti locali, ma quest’ultimo ha una responsabilità impositiva inferiore al 18%. Si è realizzata quindi una forte dissociazione della responsabili-
tà impositiva da quella di spesa. Si è interrotto il centralismo, ma non si è creato il federalismo”. Probabilmente proprio questa forma di deresponsabilizzazione ha creato differenze ingiustificate nei costi dei servizi. La legge delega ritiene di superare le differenze macroscopiche nei costi dei servizi abbandonando il criterio della spesa
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storica ed introducendo il criterio del finanziamento al costo standard. Infatti, all’art. 1, comma 1, così recita: “La presente legge costituisce attuazione dell'articolo 119 della Costituzione, assicurando autonomia di entrata e di spesa di comuni, province, città metropolitane e regioni e garantendo i princìpi di solidarietà e di coesione sociale, in maniera da sostituire gradualmente, per tutti i livelli di governo, il criterio della spesa storica e da garantire la loro massima responsabilizzazione e l'effettività e la trasparenza del controllo democratico nei confronti degli eletti”. All’art. 2, comma 2, lettera f), la medesima legge impegna i futuri decreti legislativi ad essere informati a princìpi, criteri e direttive generali che tengano conto, tra l’altro, della”determinazione del costo e del fabbisogno standard quale costo e fabbisogno che, valorizzando l'efficienza e l'efficacia, costituisce l'indicatore rispetto al quale comparare e valutare l'azione pubblica”. Si può parlare di scatola vuota di fronte a criteri e direttive così precise? Si potrà dire di essere in disaccordo nel superamento del criterio della spesa storica con
l’introduzione del criterio del finanziamento dei servizi essenziali al costo standard; si potrà dire che “l'istituzione ed il funzionamento del fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante” non è condivisibile; ma sarà piuttosto difficile poter difendere, a fronte di differenze gigantesche nei costi dei servizi, il criterio del finanziamento dei servizi essenziali in base alla spesa storica.
È sempre il Prof. Antonini a far rilevare che “in Italia ci sono differenze ingiustificate, basta leggere le relazioni regionali della Corte dei Conti: non è concepibile che una sacca per le trasfusioni costi in Calabria quattro volte di più di quanto costa in Emilia Romagna, o che una tac costi in un alcune parti del Paese 800 euro e in altre 500, o ancora che la spesa pro capite per bambino negli asili nido a Roma sia
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di 16000 euro e 7000 a Modena, che eppure è un modello premiato a livello internazionale”. Possono essere accettate queste differenze di costi nei servizi? È di tutta evidenza che finanziando i servizi secondo il criterio della spesa storica si finanziano anche gli sprechi e le inefficienze della pubblica amministrazione. avv. Mimì Pace
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Tempo fa ho letto su un illustre quotidiano italiano che la lombarda Maria Stella Gelmini, Ministro della Repubblica Italiana dell’Istruzione, della Ricerca e dell’Università, per superare l’esame di ammissione alla professione di Avvocato si recò nella lontanissima Reggio Calabria, dove, secondo indiscrezioni, la prova era molto facile. Non c’è che dire, un buon viatico per chi ha la grande missione di riformare integralmente il sistema scolastico italiano. La signora Gelmini, iscritta prima a Forza Italia e oggi al PDL, ha vissuto una carriera politica rapidissima, senza eguali. Da presidente del consiglio comunale di Desenzano sul Garda a Consigliere Regionale della Lombardia, passando per una delega di Assessore al territorio nella provincia di Brescia. Poi il grande salto in Parlamento nel 2006 e, dopo la caduta del governo Prodi, la riconferma, a marzo 2008, con la susseguente legislatura che ha visto la vittoria del PDL di Silvio Berlusconi. La nomina a Ministro nel Maggio 2008 era naturale, e, tutto questo, a soli 35 anni. Non male per una donna, soprattutto in Italia dove, lo spazio concesso al gentil sesso è una cosa rarissima. Appena il tempo di insediarsi e prendere confidenza con gli uffici ministeriali e il 1 Settembre 2008, dopo solo 3 mesi, appare il suo primo provvedimento, poi convertito in Legge: “disposizioni urgenti in materia di istruzione e università". L’urgenza, nella scuola pubblica italiana, era quella di abbassare gli standard, poiché, secondo un dato citato dal Ministro, la spesa procapite per alunno (dato OCSE – Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) era superiore alla media europea. Tradotto in un linguaggio concreto bisognava sottrarre 8 miliardi di euro di risorse alla scuo-
la pubblica in tre anni. Considerata questa premessa i detrattori di Maria Stella dicono che la legge non l’abbia scritta lei e che serve solo al ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, per sanare, in parte, i conti pubblici. Oggi che la riforma (termine improprio a mio avviso) inizia ad andare a regime, emerge una grandissima contraddizione. Secondo i recentissimi dati OCSE, l’autorevole istituto europeo sui cui parametri il Ministro Gelmini elabora la premessa per giustificare i suoi tagli, l’Italia è al penultimo posto per la spesa nella scuola pubblica. Un incredibile paradosso che, ovviamente, non è solo semantico. Nel frattempo (2 anni circa) il disastro è stato compiuto e quello che era considerato il miglior sistema scolastico pubblico d’Europa, praticamente distrutto. Un solo maestro per tutte le materie, classi più numerose e ovviamente senza tempo pieno. Riuscite ad immaginare che autorevole formazione avranno i nostri figli? Ora capisco perché sono bastati solo tre mesi per scrivere questo scempio legislativo. Intanto circa 200.000 tra insegnanti e personale ATA sono stati espulsi dal sistema scolastico. Sono loro a rappresentare lo spreco nella scuola. Sono loro il marcio di questo Paese. La scuola è un diritto sancito dalla nostra Costituzione che
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prevede l’obbligatorietà e la gratuità della formazione di ogni cittadino. E ne prevede anche la qualità, oggi palesemente calpestata. Calpestata con una logica diabolica che punta a squalificare la scuola pubblica rispetto all’offerta delle scuole private e paritarie. E non è un caso che lo stesso ministro Gelmini, seguendo l’esempio della regione Lombardia, abbia proposto di finanziare un bonus economico a tutte quelle famiglie che volessero mandare i loro figli nella scuola privata, dove invece non esiste il maestro unico e ci sono insegnati specifici per le lingue, l’educazione fisica, l’educazione musicale, l’informatica. Dunque questo modello validissimo, già presente nella scuola pubblica, viene smantellato poiché costoso e inefficace e viene alimentato con dei bonus nella scuola privata. Semplicemente raccapricciante. Mortificare la sfera pubblica su cui si fonda la dimensione etica di una nazione e incentivare la sfera privata su cui si fonda il profitto delle aziende. Ma la formazione dei nostri figli non può essere gestita come una partita di bilancio, poiché essa rappresenta l’asse portante di una moderna democrazia. È sulla qualità della scuola che si fonda il futuro di una nazione. Qualità, gentile Ministro, che deve essere garantita a tutti. A sua figlia come alla mia. Nicola Pace
Sfogliando le pagine delle mie riviste, mi concentro su un articolo che parla di gelati. Nulla di entusiasmante, direte voi, e invece mi sono ritrovata tutto il giorno a pensare all’ini-
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ziativa di due ragazzi e deduco che sono proprio dei geni. In sintesi: Federico Grom e Guido Martinetti, due giovani imprenditori, sono amici e fondatori della gelateria Grom.
Uno è economista, l'altro enologo. Oggi esportano e diffondono, all'interno e fuori dei confini nazionali, un prodotto che è molto più che semplicemente "buono". Il gelato è una cosa seria. Prima che il marchio Grom fosse scritto sulle insegne a New York, Malibu e in un'altra quarantina di città tra Italia e resto del mondo, i due avevano una piccola gelateria a Torino. Guido Martinetti lesse un articolo di un certo Carlo Petrini sulla degenerazione del gelato e sul fatto che non si facesse più come una volta. Guido ne parlò col suo amico Federico Grom, che allora lavorava nel ramo delle acquisizioni finanziarie, e alla fine decisero che avrebbero fatto i gelatieri. Anzi, decisero (senza ambizione queste cose non si fanno) che avrebbero creato "il gelato più buono del mondo". Si misero a studiare e partendo da un prodotto che sembrava non avere speranze, si trovarono a gestire una larghissima fetta del commercio del gelato. Questi due audaci stanno per aprire il loro quarantanovesimo punto vendita nei pressi di Tokyo; sono famosi, ricchi e imprenditori del modello dell'enogastronomia di qualità. Perché vi ho parlato di questi due imprenditori? Perché sono stati geniali. Hanno intrapreso un’attività che poco aveva a che fare con i loro studi, e con impegno e serietà, sono arrivati dove sono arrivati. E sono arrivati in alto. Sono dei geni? Non propriamente. C'è un singolare studio, inserito ne “il Manuale di Cambridge della Perizia e dell’Eccellenza”, secondo il quale le capacità straordinarie degli individui comunemente ritenuti dei geni, non sono un dono innato, ma il frutto di una sapiente combinazione di doti personali, istruzione di al-
tissimo livello e ore di studio e applicazione. Il termine “genio” deriva dal latino genius e definisce quella speciale attitudine, diciamo naturale, atta a produrre opere che interessano i più diversi ambiti, dal campo scientifico, a quello artistico, solo per citarne qualcuno. Ma una cosa è un’attitudine, una cosa è la genialità. Non a caso senza lavoro, senza sforzi e senza fortuna, nella vita si conclude poco. Certo, avere una buona idea, essere geniali, predispone già ad un minimo di successo, ma senza impegno si fa poco. Immanuel Kant sosteneva che spesso l’artista non è neppure consapevole della sua genialità e, il più delle volte, è soprattutto il caso a concorrere nella creazione dell’opera. Hegel, invece, differenziava il genio dal talento, inteso come la specifica capacità tecnica che si esprime in un particolare campo. Il genio si accompagna sempre al talento. Il talento basta a se stesso. Per essere un po' più concreti: la genialità è una predisposizione che va assecondata ma anche educata, poichè senza impegno, lavoro e fortuna (quella non deve mancare mai), nella vita si fa ben poco. Lo sanno bene i “gelatieri” di cui sopra... Vorrei concludere con una riflessione: siamo tutti provvisti di una mente che pensa. Siamo tutti dei potenziali geni. Dunque mi chiedo: cosa fanno lo Stato, il Governo o le Amministrazioni locali per valorizzare questa caratteristica dell'uomo? Cercando in rete, sono venuta a conoscenza di “Gemine Muse il genio dei giovani in città”. Un'iniziativa, rinnovata ogni anno, che offre a giovani creativi la possibilità di presentare lavori inediti, frutto del loro talento. La città che ospita questa bel-
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lissima iniziativa è Prato, ed ha, chiaramente, lo scopo di promuovere la creatività giovanile in collaborazione con le istituzioni. È certamente un progetto lodevole, ma... solo questo? Un po' pochino, no? Esiste una ricetta per diventare geni? Secondo il manuale di Cambridge sì, ed è data dalla combinazione di: 1% di ispirazione; 29% di ottima formazione; 70% di duro di lavoro. Evidentemente non resta che rimboccarsi le maniche. Volere è potere! Leonarda Sabino
Per una crisi che ha respiro mondiale è, soprattutto, ai soggetti sovranazionali che bisogna chiedere interventi strutturali per garantire il lavoro e la ripresa. E l’Unione Europea non può certo recitare un ruolo secondario. Il nostro consueto spazio dedicato all’Europa in questo numero raccoglie direttamente l’opinione del Vice Presidente del Parlamento Europeo, l’On. Gianni Pittella. “Uscire dalla crisi economica significa ridare speranza alle giovani generazioni di poter trovare un lavoro, riportare entusiasmo e soldi da investire nelle casse delle imprese e assicurare un'opera di democratizzazione dei mercati finanziari. L'accordo sulla supervisione europea rappresenta una notizia positiva ed una tappa attesa ed importante sul cammino di rafforzamento della governance economica europea e di democratizzazione dei mercati finan-
ziari. L'istituzione delle tre autorità di vigilanza europee, e del comitato per il rischio sistemico, risponde alla necessità di portare a livello europeo la supervisione di istituzioni e strumenti finanziari che palesemente sfuggivano ad un controllo concreto da parte delle autorità nazionali. Ma bisogna impegnarsi sin da subito ad una concreta "Exit Strategy" europea che per adesso continua a rimane un puzzle confuso di interventi e buoni propositi che non convince ne i mercati ne tantomeno i semplici cittadini che all'orizzonte non vedono certo rose e fiori. Stiamo pagando il prezzo del predominio dei governi di destra in Europa e l'applicazione di ricette sbagliate per affrontare seriamente un percorso di risalita della china. Una visione distorta centrata unicamente sull'austerità di bilancio e sull'introduzione di nuove sanzioni per i Paesi che gestiscono male le proprie finanze, ma priva di qualsiasi molla capace di rilanciare l'occupazione e gli
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investimenti e dare ossigeno alle imprese, visione che ha generato tassi di disoccupazione giovanile mai raggiunti prima. Assistiamo, nei principali Paesi europei, all'applicazione di riforme e tagli alla spesa che calpestano l'uguaglianza sociale e non offrono alcuna prospettiva di reale crescita. Si sbrighi, il Governo europeo, a presentare una proposta per tassare le transazioni finanziarie, e ottenere, così, maggiori risorse da destinare alle politiche di sviluppo. E si sbrighino i governi nazionali ad accordarsi sugli Eurobond, uno strumento che permetterebbe di raccogliere quelle risorse sui mercati finanziari necessarie per promuovere un piano europeo di investimenti capace di rivitalizzare settori strategici come le reti infrastrutturali e le energie rinnovabili e di conseguenza anche l'indice occupazionale. È ora che la Commissione europea ed i governi escano da questo stato confusionale puntando alle reali priorità, a cominciare dal lavoro definendo un vero patto per la crescita e l'occupazione, ponendo quest'ultima come principale indice a cui guardare al momento di prendere decisioni politiche. Non possono essere solamente deficit e debito a dettare l'agenda politica.”
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Era il 1907 quando Pablo Picasso dipingeva Les Demoiselles d’Avignon, indiscusso capolavoro che all’alba del nuovo secolo sanciva il tramonto della pittura come rappresentazione. Inutile spiegare le ragioni di un genio, senza il quale, un secolo d’avanguardia difficilmente sarebbe potuto essere. Corpi scomposti, proporzioni saltate, membra grottesche, pennellate grandi e colori inna-
turali. Buttare così nell’ombra il genio del passato! Cosa avrebbe pensato Giotto, lui che la narrazione l’aveva inventata, lui che dopo secoli di figurette bidimensionali aveva finalmente riempito gli uomini di carne ed ossa e a questi ridato dignità? Cosa avrebbero pensato Donatello e, più tardi, Michelangelo nel vedere volti e corpi scomposti nello spazio come se d’un tratto la prospettiva non fosse mai stata inventata e Policleto
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mai esistito? Cosa avrebbe infine pensato Leonardo nel veder saltar ogni calcolo, ogni numero, ogni scienza? Non dal nulla ma certamente d’un sol tratto, il genio del passato lasciò spazio a quello del presente e la modernità esplose in tutta la sua potenza creativa. Se Picasso e il cubismo non avessero posto fine al bisogno impellente di riconoscersi nel verosimile come avrebbe potuto
Pablo Picasso (Málaga, 25/10/1881 Mougins, 8/41973), maestro della pittura del XX sec.
Duchamp presentare al mondo un orinatoio come opera d’arte? Come avrebbero potuto i futuristi liberarsi dal senso della misura e dell’equilibrio per buttarsi nel moto vorticoso del nuovo vivere industrializzato? Come avrebbe potuto la pittura liberarsi dall’assillo della forma e divenire luce, movimento, materia, vibrazione? Come avrebbe potuto Piero Manzoni, morto suicida a soli trent’anni, riempire barattoli di merda d’artista tra genio e follia? Distruggendo la figura, primogenita del Rinascimento, Picasso e i cubisti chiusero l’arte alla contemplazione e la prepararono all’irriverenza e alla dissacrazione. I nostalgici del passato malediranno forse colui che ci ha indicato la strada verso la modernità, soprattutto quando questa appare sciocca o incomprensibile. Ma è il genio che è capa-
ce di interpretare lo spirito del tempo, di rendere universale un messaggio di cui egli stesso non è pienamente consapevole al momento della creazione poiché questa è atto spontaneo ed innato. Non sappiamo se Picasso dipingendo Les Deimoseles fosse pienamente cosciente di quella che sarebbe stata la frantumazione dell’integrità, del senso morale e di quello del sacro verso la sola ricerca estetica e concettuale, verso il solo esercizio stilistico. Non che la natura abbia smesso di fecondare gli uomini con il suo genio ma come non dare merito a Jean Claire quando predice l’odierna trasformazione dell’universale nella moltiplicazione. In La crisi dei musei, lo storico francese aveva parlato del passaggio dalla cultura, portatrice sola di valore, in culturali, insieme di prodotti, attività surrogate
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della cultura, sottoprodotti che proliferano sostituendosi all’unicum. Mi domando allora se anche il genio, stretto dalle rigide regole del mercato dell’arte, non si stia trasformando in un crogiuolo di sole idee geniali, pronte a destar stupore e meraviglia per poi scomparire nel tempo. Il genio kantiano, felice sintesi di immaginazione e intelletto, di spontaneità e regole non scritte, si chiude allora nell’improvvisazione artistica del primo venuto e nel manierismo intellettuale di un certa tendenza. Pregnanti risultano a tal proposito le pagine dell’ultimo scritto di Francesco Bonami, in cui il curatore spiega come distinguere il vero artista, il genio, da quello fasullo attraverso aneddoti divertentissimi e critiche feroci verso quanti si credono Picasso! Daniela Rosa
Ho visto un uomo dipingere se stesso mentre dipingeva una colomba guardando un uovo. Ho visto bare sedute al balcone, piogge di uomini, locomotive marciar fuori da un camino, e “i miei occhi hanno visto per la prima volta il mio pensiero”. Cosi parlò Renè Magritte ammirando l’opera di Bretòn (era il 1926), che di lì in poi lo avrebbe traghettato fin alle molli sponde del surrealismo, e le stesse parole avrei voluto proferire io stesso, se solo ne avessi avuto il genio, ammirandone le creazioni! Solo una piccola premessa è necessaria, prima di passare alla dissertazione del bimestre, qui
infatti, dismetto ufficialmente quei panni di presunta oggettività di cui dovrei più o meno deontologicamente ammantarmi, poiché mi sarebbe a dir poco impossibile celare la particolare predilezione che nutro verso l’estetica del traditore dei sensi. Vien da sé quindi l’assunto, oramai patente, che io consideri René Magritte un genio. Meglio anzi, me lo sono sempre fantasticamente immaginato come l’ideale anello di congiunzione tra Leonardo Da Vinci (forse IL genio) e Heinstein! Or dunque non mi resta che cercare di convincervi in merito! L’artista belga, in gioventù di-
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segnatore di carta da parati (riferimento qui apparentemente fuori luogo ma contrariamente significativo per indovinarne lo stile) dipinge con una tecnica da illusionista, a colpi di trompe l’oeli (tecnica pittorica che consiste nel dipingere uno sfondo apparentemente reale su di una parete per farla sparire alla vista), squarcia il reale creando una realtà più vera dell’originale. Guardare le sue opere è come scivolare in un onirico stato di trans che inganna i sensi impedendo di distinguere il quadro dal muro su cui è appeso, lo spettatore dal soggetto pittorico, la colomba dal cielo, il primo
dal secondo piano,lo sfondo dalla cornice. M. è diafano, semanticamente borderline, è il demiurgo dell’inconciliabile, talmente ambiguo da pensare che la vita di un artista sta nelle sue opere che contemporaneamente hanno il preciso compito di smentirla. In queste è solito incastonare sapientemente oggetti banali in scenografie impensabili, eppure stra – pensate , che sconcertano gli equilibri dello spettatore, ne stravolgono le percezioni sprofondando la loro mente in un baratro di inquietudine! Eppure ciò è tutto tranne che irrazionale, bensì stimola lo spirito alla ricerca dei suoi limiti, dei suoi confini, delle sue profondità. M. non a caso risultò scomodo al movimento surrealista, sia a causa della sua indifferenza al palcoscenico parigino, ma soprattutto perché la sua visione pittorica andava acquistando una valenza autonoma e uno spessore fondamentale sovrastante, e al di là del vero (“Le immagini vanno viste quali sono, amo le immagini il cui significato è sconosciuto poiché il significato della mente stessa è sconosciuto”).
Le sue immagini si scrollano di dosso la dimensione onirica in cui la critica le ha sempre richiuse, e al sogno fa posto la ragione, lo stra-pensiero, il calcolo, con lo scopo di mandare in corto la mente dell’osservatore, poiché la sua pittura non vuole far emergere l'inconscio dell'uomo, ma molto più ambiziosamente svelare i lati misteriosi dell'universo. “Nella vita tutto è mistero” sosteneva. Il mistero lo accompagnò dall’infanzia fin dal giorno in cui il corpo della madre fu rinvenuto avvolto nella camicia da notte a coprirle il volto e a scoprirle il resto. In qualche modo probabilmente quell’episodio segnò la frattura tra il mondo dei segni e quello della realtà, che di lì in poi sarà raffigurata zeppa di elementi (quali proprio i volti velati appunto), leit motiv nelle sue composizioni. Frattura chiarissima ad es. “Nell’impero delle luci”(1935) che Magritte stesso descrive:"Ho rappresentato due idee diverse, vale a dire un paesaggio notturno e un cielo come lo vediamo di giorno. Trovo che questa contempora-
neità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere. Chiamo questa forza poesia." La scena da consumato realista fiammingo, si rivela spiazzante per la combinazione di un luogo notturno sotto il chiarore diurno del cielo, sposta il senso, dilata il tempo e comprime lo spazio in un ipotetico non luogo della mente. In Golgonde, le solide architetture dei palazzi belga scricchiolano sotto i colpi da freddo illustratore, e la realtà è di fronte a noi, ma vi piovono uomini in bombetta, come a sospendere l’esistenza all’infinito. È però di fronte a Ceci n’est pas une pipe (Questa non è una pipa), ossia la rappresentazione iper realista di una pipa con in basso una scritta che nega coraggiosamente che lo sia, che la domanda prepotentemente esce dalla tela e si imprime a fuoco nella mente dello spettatore: “A chi credere? Ai miei occhi o a colui che li sbugiarda?”. Io credo a Magritte, per “Sentire, a mia volta, il silenzio del mondo”. Francesco Tripaldi
Il surrealismo non nega la realtà, la trasfigura, ulteriore prova della difficile riconducibilità di Magritte alla corrente surrealista.
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È un dato di fatto: negli ultimi decenni gli Stati Uniti hanno sfornato incessantemente serie televisive di gran successo. Parte del merito va attribuito certamente agli attori protagonisti, molti dei quali risultano essere ben noti agli appassionati di cinema americano. L'interesse sempre crescente del pubblico verso queste produzioni per la tv ha fatto sì che oggi, infatti, a differenza dei classici a cui, più di noi, erano abituate le nostre nonne, raramente i produttori badino a spese, scegliendo attori di bassa lega. Anche le trame, pur essendo tutte costruite in modo tale da
lasciare lo spettatore incuriosito proprio alla fine di ogni episodio, narrano comunque situazioni molto intricate e particolari, soprattutto se confrontate con i successi degli anni '90, incentrati massimamente sulle relazioni amorose tra i vari personaggi. Oggi il pubblico è esigente, e chiede di assistere a racconti ben più particolari. Fortunatamente. Ricordate Mr. Orange, uno dei personaggi di Le Iene, capolavoro di Quentin Tarantino? Beh, proprio lui, Tim Roth, viene chiamato nel 2009 ad interpretare Cal Lightman, lo strano protagonista di Lie to Me, una tra le
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migliori realizzazioni di serie televisive degli ultimi tempi. Cal è quello che oggi definiremmo senza dubbio un genio: di professione fa l'esperto di psicologia delle emozioni. Dopo innumerevoli viaggi-studio qua e là per il mondo, egli si convince che esiste una universalità delle espressioni facciali, e decide di trasformare questa sua teoria in una valida professione. Studia le microespressioni, la mimica facciale, la comunicazione non verbale e tutto ciò che possa smascherare qualsiasi tipo di menzogna. Guarda continuamente filmati, interviste tv, e, armato di telecomando, mette in pausa quando anche un solo fotogramma possa mettere in luce un aspetto interessante (uno strano movimento di un sopracciglio, un abbassamento del capo, un muscolo in tensione, un cambiamento del tono di voce, ecc...). Tutti segnali, questi, quasi del tutto impercettibili all'occhio umano. Quando le sue ricerche raggiungono livelli eccelsi, Cal fonda la sua agenzia privata, prendendo con sè alcuni brillanti collaboratori (Gillian Foster, Ria Torres ed Eli Loker, solo per citarne qualcuno). È facile immaginare quanta fortuna avrà la sua nuova attività. Il dott. Cal Lightman, d'ora in avanti, metterà la sua professionalità al servizio dell'intelligence britannica, nell'antiterrorismo, e, nella maggior parte dei casi, gli verrà affidato l'arduo incarico di interrogare sospetti assassini o truffatori e scovare chi tra loro mente e chi è sincero. Se è vero, come dicono in molti, che mentire è un'attività che richiede un ingente utilizzo di materia grigia, figurarsi quanta abilità sia necessaria per riuscire a riconoscere un bugiardo. Il professor Lightman è un acuto osservatore, e la sua genialità consiste nel saper cogliere elementi che a tutti sfuggono.
Eppure sembrerebbe che questi segnali siano così evidenti che basterebbe soltanto farci caso. L'uomo di oggi, impegnato com'è a costruire i suoi meravigliosi castelli in aria, ha perso la sua capacità di osservare attentamente il suo interlocutore. Non è necessaria nessuna genialità per rendersi conto di improvvisi tic al volto o di comportamenti involontari di chi ci sta di fronte, come ad esempio il manipolare qualcosa, il deviare lo sguardo. E dunque mi chiedo: chi è davvero il genio? Un uomo più intelligente della media? O forse un uomo con una percezione sensoriale superiore? Siamo davvero tutti incapaci di distinguere i veri sorrisi da quelli creati ad hoc? Esistono almeno cinquanta diverse tipologie di sorrisi, ma soltanto una, quella genuina ed autentica, è caratterizzata dalla contrazione spontanea di un muscolo dell'occhio (chiamato pars lateralis). Oltre a ciò, gli elementi che solitamente accompagnano una menzogna sono davvero tanti. E soprattutto evidenti. Dovrebbe essere semplice distinguere il falso dal vero. Eppure oggi come oggi non siamo per niente abituati o (peggio ancora) interessati a comprendere appieno le emozioni di chi ci parla. Le priorità sono altre. Correre, lavorare, produrre, spendere. Per dirla tutta, non siamo interessati neanche lontanamente a ciò che ci viene detto. Figurarsi se possa interessarci il come. Tutti noi, se incontrassimo il dottor Cal Lightman, gli diremmo che è un genio. Gli diremmo che le sue capacità sono incredibili ed affascinanti. Da guardare in tv. Michele Nella
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Un inventore che arriva ad una nuova scoperta, un poeta che scrive una metafora ben riuscita, un cantautore che compone in versi, lo stesso mettere insieme note e melodie, o un simpaticone che fa una bella battuta con la quale fa ridere tutti. Cos’hanno in comune queste persone? Il genio? Bravi si diventa, recitava lo slogan di un famoso diplomificio a pagamento, e a leggere le parole di David Perkins, pare che ci abbiano azzeccato in quel luogo dell’anticultura. L’autore del testo Come Leonardo, traccia le linee guida del pensiero trasformativo, ovvero la capacità di trovare un’analogia che permetta di riformulare un problema in termini nuovi, in modo da arrivare a conclusioni impreviste.
Di cosa si tratta precisamente? Facciamo un esempio di facile comprensione: la metafora. La metafora è un mettere insieme in una frase due enti che nella quotidianità non hanno un senso codificato che li accomuni. Pensiamo ad un verso famoso come quello che dà inizio al sonetto Alla sera di Ugo Foscolo: Forse perché della fatal quiete/tu sei l’imago, a me si cara vieni/oh sera. Ecco, quì dentro c’è l’accostamento tra la pace della sera e la morte, due concetti che abitualmente non si richiamano l’un l’altro nella mente di nessuno. Inoltre c’è anche il rinominare la morte come una fatal quiete, altro esempio di pensiero trasformativo. Dunque un accostamento improbabile, un azzardo, un atten-
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tato al senso delle cose, questo e null’altro compie l’uomo dotato di genio. Il genio altri non è che colui il quale riesce a dare nuove regole alle cose stabilendo nuovi rapporti tra le cose, è colui che riesce ad uscire con il suo pensiero dalla quotidianità per creare nuovi modi di pensare e di agire: già Kant lo disse chiaramente che il genio è colui che dà le regole all’arte. Il testo di Perkins propone tra le altre cose diversi giochi ed esperimenti mentali da provare su se stessi, non per verificare se si è dei geni o meno, ma per imparare ad esserlo, tramite l’esercizio. Peccato che in quel diplomificio di Perkins non ne hanno mai sentito parlare. Andrea Samela
C’è un linguaggio che racchiude in sé tutto ciò che spesso rimane invisibile alla superficialità dello sguardo umano, sempre più obbligato ai ritmi vertiginosi e schizofrenici della post modernità. È il linguaggio della poesia. Un linguaggio ai molti sconosciuto e considerato privo di un’utilità materiale e dunque, inutile. A noi invece piace sottolineare come la poesia e la sua capacità evocativa siano elementi importanti e distintivi di un approccio più complesso verso il mondo che ci circonda. Certo, i poeti nell’universo mondiale e italiano non mancano. Antichi e moderni. Ermetisti e Crepuscolari. Fautori della rima o del verso libero. Interessante, almeno secondo noi, è orientare il proprio
orecchio anche verso la poesia, cosiddetta minore. Minore solo per la sua diffusione geografica e per la fama dell’autore. Non certo per la qualità dei versi che produce. Un interessante esempio, di come la poesia possa essere qualitativa pur rannicchiata in una parte confinata di territorio, è quello di Armando Possidente. Persona normale come tutti noi, un lavoro, una famiglia, le proprie passioni. E un impeto irrefrenabile: la poesia. Spiegare il perché un poeta scrive è cosa impossibile. In questo caso, però, a noi piace immaginare che la causa scatenante sia l’amore. L’amore nella sua totalità concettuale. Amore verso il prossimo, verso
la natura, verso il mondo. È forse questo approccio di condivisione che spinge il nostro autore a raccontare con il linguaggio poetico le proprie percezioni del mondo. E lo fa in maniera elegante, onirica, immediata. L’ultimo romantico si presta ad una lettura accorata in cui l’autore racchiude i suoi ricordi, i suoi sogni. Ma li racchiude solo per un istante. Le pagine, infatti, sono pronte a liberarli con una naturalezza che sorprende e che trasporta verso un universo parallelo in cui non ci si stanca mai di scoprirsi. Ed è questa la grande sorpresa. Ogni pagina è un racconto nuovo, scritto con un linguaggio universale, che appartiene a tutti noi, basta solo lasciarsi andare e, come d’incanto, diventa familiare. È il miracolo della poesia. Che, anche in questo caso, continua a stupirci. N. P.
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L’adriatica mi piace perché la trovo una strada dolce, il mare è sempre lì ad un passo pronto a mostrare l’umore del tempo, ed è inutile nasconderselo, sarà anche il tuo non appena uscirai dai confini dell’abitacolo condizionato dall’aria e dalle attese del viaggio. Oggi è una delle giornate da bollino rosso, quando arrivo a Montescudo, tra le colline Romagnole, alle 21.30 il termometro segna 38°, nessun refrigerio, in compenso ad aspettarmi c’è Vanni con Pepe (il cane da sottotavola), gli abbracci e poi via subito in trattoria da Savino. Un luogo sospeso in un tempo diverso è una casa di amici, dove puoi trovare i big della Moto GP a mangiare le prelibatezze preparate "in casa" sgomitando con te come in una tirata sul rettifilo del Mugello.
Il Sangiovese, naturalmente, è il principe della tavola. Marco è lì in trattoria, pronto ad accoglierti e a discutere delle ultime imprese di Valentino piuttosto che di Simoncelli. Lui, Marco, s’è fidanzato e di imprese nulla più (lo scrivo per la cronaca locale e immagino che a questo punto il mio amico mi odierà). Il Sangiovese è un vitigno diffusissimo si sa, produce nobili vini e cugini di rango inferiore, ma è un vino di carattere, di sanguigna genuinità e di un contagioso nostalgico romanticismo. Al mattino seguente con Vanni e Antonio andiamo al Podere Vecciano, una bella cantina protetta dalle dolci colline Riminesi e incorniciata tra verdi filari di viti ben ordinate. C’è Davide ad ospitarci e a raccontarci i suoi vini, dopo un po’ non siamo più soli, raggiunti da clienti pronti ad acquistare, non prima, però, di un brindi-
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si collettivo. È inutile dire che i brindisi sono stati diversi e tutti ben graditi. Il Sangiovese ve lo descriveranno come un vino di colore rosso rubino con riflessi violacei, di profumo delicato che ricorda la viola, secco, armonico, giustamente tannico, con retrogusto amarognolo. Io invece ve lo racconto come il vino dell’amicizia, di un tempo migliore fatto di incontri e convivio. Pronto per qualsiasi occasione in cui non è richiesto altro che la pura e semplice felicità. Tra quelle colline allegre come il "lisssio" di Casadei, fatte del gusto autentico dei cibi e del buon cuore dei suoi abitanti, in un Amarcord di Felliniana memoria, al riparo dal luccichio del sempre fascinoso Viale Ceccarini ritrovo il mio genio... in verità il mio genius loci. Prosit e Serenità. Wine_R
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AUTO MOTOR-SHOW
Auto Motor-show è il salone dedicato al mondo dei motori ma soprattutto ai tantissimi appassionati di due e quattro ruote provenienti da tutta Italia. Durante l’evento saranno esposti non solo articoli per il settore ma gli spettatori saranno coinvolti anche in una serie di spettacoli e iniziative sportive da togliere il fiato. Infatti, mentre nell’area interna del salone saranno presentati i marchi più prestigiosi, all’esterno sarà presente una pista riservata alle gare di Supermotorad, rally ma anche prove di scooter, kart e trial. Lo spazio Lounge invece prevede musica ed intrattenimento. Info su automotorshow.it
EUROCHOCOLATE 2010
In pochi anni, l’Eurochocolate è diventata la manifestazione più amata non solo dalla città di Perugia, ma da tutti gli amanti del cioccolato d’Italia. Durante i cinque giorni del festival, per le vie e le piazze della città, artigiani dolciari danno vita ad enormi sculture di cioccolato che negli ultimi giorni vengono distrutte e i pezzi di cioccolato distribuiti tra la folla. Pasticceri e chef preparano inoltre primi e secondi piatti a base di cacao. Eurocholate è anche una manifestazione che si impegna a promuovere e valorizzare il cioccolato come un prodotto della cultura e del costume sociale, riproponendo la sua storia, dai Maya sino ad oggi, con dibatti e stage. Info su eurochocolate.com
CAPOLAVORI CALPESTATI
I capolavori dell’arte classica ed i simboli dell’era industriale sono esposti per la prima volta insieme nel Museo Archeologico Nazionale di Ferrara. Quando parliamo dei simboli dell’era industriale, ci riferiamo ai tombini di ghisa, bassorilievi decorati alla perfezione con paesaggi, animali, forme geometriche... É proprio così, l’arte è anche sotto i nostri piedi, la calpestiamo ogni giorno senza guardarla. Più di 70 pezzi provenienti da tutto il mondo potranno così essere ammirati insieme allo scenario della Loggia del Cortile d’Onore del Museo ferrarese.
STING IN CONCERTO
Dopo l’uscita del suo nuovo album in cui sono riproposti brani che l’hanno reso famoso con i Police, Sting torna in Italia con il Symphonicity Tour 2010. Il 2 Novembre presenterà, a Milano, le sue canzoni più famose in chiave sinfonica esibendosi insieme alla Royal Philharmonic Concert Orchestra, diretta dal maestro Steven Mercurio. Alla stampa Sting ha commentato così la sua decisione di esibirsi con la Royal Orchestra: “Sarà come avere una nuova tavoletta di colori musicali con cui lavorare e quindi re-inventare le canzoni che hanno rappresentato i miei concerti dal vivo per oltre trent’anni”.
SALONE DELL’HOBBISTICA CREATIVA
Saranno i moderni padiglioni della Fiera di Bologna ad ospitare l’appuntamento annuale dedicato alla creatività. Il Mondo Creativo permette ai visitatori, grandi e piccini, di conoscere meglio tecniche come il découpage, il cartonaggio, la filigrana oppure l’arte della pittura, del ricamo e del cucito grazie alle lezioni teoriche e pratiche tenute da esperti del settore. Per gli espositori invece non è altro che una vetrina per ampliare il proprio business e acquistare maggiore visibilità nei confronti degli operatori di settore e il grande pubblico. Info su ilmondocreativo.it
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AGLIANICA WINE FESTIVAL 2010
Aglianica Wine Festival, giunta ormai alla sua 12° edizione, è diventata un appuntamento per migliaia di enoturisti provenienti da tutte le regioni meridionali. La manifestazione non solo permette ai visitatori di degustare il miglior vino lucano ma “porta in scena” anche prodotti alimentari come salumi e formaggi. Aglianica, si propone come un itinerario magico e gustoso alla scoperta delle bellezze e dei sapori della Basilicata, un intreccio di esperienze e sensazioni, fra saperi e sapori. Il turista che arriva ad Aglianica non è mero spettatore ma protagonista di un’esperienza coinvolgente. Info su aglianica.it
LEONARDO, DONATELLO, RAFFAELLO
L’evento di respiro internazionale, si terrà a Vaglio di Basilicata nel “Museo delle Antiche Genti di Lucania” e si propone al pubblico per la sua straordinarietà caratterizzata dalla presentazione di tre capolavori appartenenti ai grandi maestri del Rinascimento italiano, Leonardo, Donatello e Raffaello presentati per la prima volta in assoluto in Lucania. Nello specifico saranno rispettivamente presentati: 1. La madonna col bambino seduta sul faldistorio del Donatello; 2. La predica del Battista del Raffaello; 3. L’autoritratto di Leonardo
SAGRA DELLA VAROLA
Ad oltre cinqunat’anni dal primo evento, la città di Melfi si prepara a celebrare i sapori della castagna arrostita ed i piatti che la vedono protagonista proponendone la degustazione ai numerosi turisti che, ogni anno, sempre più numerosi, si raccolgono per l’occasione nella città federiciana. Ritrovarsi per le vie del centro storico di Melfi, tra piatti tipici e manifestazioni folklorisitche è una festa per grandi e bambini. Un vero momento di gioia al quale vale la pena partecipare. Intanto, prosegue il percorso del Marroncino di Melfi verso il sugello del Marchio I.G.P.
GEZZIAMOCI PROJECT TRIO
Arrivato alla 7° edizione, il “Gezziamoci” di quest’anno analizza il periodo musicale che va dal ‘60 alla metà degli anni ’70. Le vie della città di Matera, dai vicoli più piccoli alle piazze dei Sassi e del centro storico, si trasformano in vere e proprie “Vie del Jazz”, ospitando musicisti, attori ed artisti di strada. La musica, insieme ad uno scenario mozzafiato, rende il Gezziamoci unico nel suo genere in Italia. Tra i vari artisti, il 21 novembre si esibirà il Project Trio. Tre importanti compositori di Brooklyn, che si divertono ad associare la musica classica a quella rock, jazz e hip-hop. Info su gezziamociamatera.onyxjazzclub.it
IL LAGO DEI CIGNI
Il Russian Ballet Moscow “La Corona del Balletto Russo” rappresenta uno dei migliori balletti internazionali. Il repertorio include i balletti classici del patrimonio artistico-musicale come Il Lago dei Cigni, Lo Schiaccianoci, Don Chisciotte, Carmen e tanti altri titoli. Basandosi sulle grandi tradizioni del balletto classico russo, si cerca di creare sempre le rappresentazioni più interessanti e congeniali per lo spettatore odierno esaltando il regno di Dio, la bellezza e la bontà del mondo. Lo scopo del Russian Ballet Moscow è di toccare le corde dell’anima di ogni spettatore e renderlo affezionato ai propri spettacoli. cineteatroduni.com
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CONTAMINAZIONI MULTIMEDIALI Concorso artistico - Il fulcro del progetto è la valorizzazione di alcuni linguaggi espressivi attraverso i nuovi mezzi di comunicazione e soprattutto attraverso le arti visuali moderne e contemporanee, tanto che si parla di “Contaminazioni Multimediali”, cioè di tradizione e di innovazione che si incrociano per dare vita a nuove forme espressive. Chiamati a partecipare sono tutti coloro che lavorano nel campo della scenografia, del costume, della fotografia, della coreografia, della sceneggiatura e dell’audiovisivo. Il modulo di partecipazione, il bando ed ulteriori specifiche sono disponibili sul sito kalidaitalia.com
IL BELLO FA BENE
Concorso di fotografia - Il concorso, prende spunto dall’esclamazione di Fedor Dostoevskij il quale scrisse: “La bellezza salverà il mondo!”. Il concorso è stato indetto proprio per selezionare opere da collocare, in modo permanente, negli spazi ospedalieri e nelle strutture sanitarie territoriali dell’Azienda Usl di Bologna, per renderli più gradevoli. Il tema delle foto dovrà essere perciò la bellezza in tutte le sue sfumature: delle persone, del paesaggio, delle strade e delle mille altre forme con cui si manifesta. Può partecipare chiunque. Basterà compilare il modulo d’iscrizione sul sito lacittacivile.it e spedirlo via mail all’indirizzo info@lacittacivile.it allegando le immagini.
GIOvENTù MUsICALE D’ITALIA
Sono partite le audizioni nazionali per poter entrare a far parte della fondazione “Gioventù Musicale d’Italia”. Coloro che saranno ammessi, entreranno a far parte delle tournèes nazionali della Gioventù Musicale e potranno anche vincere borse di studio per perfezionare la propria preparazione. Le categorie ammesse a partecipare sono tre: la classica, il jazz, e l’etnico; potranno partecipare tutti gli strumenti. I giovani musicisti potranno inviare il materiale richiesto per l’audizione, compreso quello musicale, via web. Info su audizioni2010.it e jeunesse.it
BINOMIO FANTAsTICO
Organizzato dalla Casa Editrice Libellula, in collaborazione con Youcanprint.it, il concorso è riservato a soli testi letterari inediti in lingua italiana. Tutte le opere dovranno avere come tema il Binomio Fantastico. Come nel gioco inventato da Gianni Rodari nel testo “La grammatica della Fantasia”, per comporre l’opera l’autore potrà scegliere una coppia fra i binomi elencati: ore/cavaliere, velluto/ sole, vela/formaggio, prete/fuoco. 10 fra i migliori racconti verranno raccolti in una nuova collana editoriale denominata appunto “Scritture Fantastiche”. Per info: info@libellulaedizioni.com - tel. 0833 77265
ILIDE - ITALIAN LIGhT DEsIGN
L’azienda ILIDE, chiama a raccolta tutti i creativi di ogni estrazione che vogliano vedere realizzate le proprie idee e diventare Designer di riferimento per il futuro dell’azienda. L’azienda mira a rivalutare il concetto di Made in Italy, inteso non solo come un semplice slogan ma come una reale garanzia di valore. Il concorso ricerca creativi, ma più nel dettaglio persone realmente consce dei valori italiani che le circondano. Persone in grado di ricercare spunti nelle tradizioni, nelle invenzioni e nei materiali. Ai vincitori sarà riconosciuto un contratto professionale e la possibilità di diventare designer di riferimento per lavori futuri. Info e bando: ilide.it
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Forma, colore, libertà, amore. Se dovessi utilizzare poche parole per raccontare Donato Pace, non esiterei a usare queste. Non è lo striminzito riassunto di una vita intera dedicata alla pittura. È, invece, la consapevolezza, acquisita durante l’incontro, che la storia di ogni uomo è percorsa costantemente da alcune di-
rettrici che significano, giorno dopo giorno, la nostra esistenza. 73 anni vissuti intensamente con un unico grande amore, la moglie Filomena. 73 anni vissuti con un‘unica grande libertà, la pittura. 73 anni in cui il colore e la forma sono stati gli strumenti per raggiungere il suo fine. Artista con la A maiuscola, po-
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liedrico nell’uso dei colori, dei materiali, delle forme e attento sempre ai temi sociali. “Tutti gli occhi hanno il diritto di osservare l’arte, a prescindere dalle condizioni sociali, culturali, economiche, di sesso, di razza”.
Questo uno dei capisaldi della filosofia di Donato Pace, ed è come se avesse reso l’articolo 3 della Costituzione Italiana parte integrante della sua passione. Ha iniziato a dipingere da bambino scoprendo giorno dopo giorno le sue enormi potenzialità. Un impeto di creatività che da solo emergeva dalle sue mani. Nessuna spiegazione è possibile. È come un secchio d’acqua rovesciato in terra, prende il suo corso e basta. Inutile cercare ragioni o motivi a qualcosa che accade. E Donato Pace è il genio dell’accadere. L’arte va, fluisce e cerca la sua strada tra il giorno e la notte, tra un’emozione e un dolore, tra l’ordinario e lo straordinario. E la sua strada la trova naturalmente sulle tele nelle quali Donato imprime le forme della realtà che lo circonda con un’attenzione particolare a quello spicchio di mondo che da sempre è subalterno al potere, quello spicchio di mondo che trasuda dignità e povertà e, allo stesso tempo, è quello spicchio di mondo genuino, vivo, margi-
nale. Quello spicchio di mondo che da sempre appartiene ai vinti. Chiunque ha osservato un suo quadro ne è rimasto colpito. Una pittura che non lascia indifferenti. Che segna per sempre perchè ricca di passione, significato, umanità. E, bella all’inverosimile. Non è un caso che il suo talento fuori dal comune, dopo i primi apprezzamenti locali, abbia trovato spazio sia a Roma che nell’intero mezzogiorno d’Italia. Oggi, dopo una lunga pausa di 6 anni senza dipingere, Donato è tornato da dove aveva iniziato. Niente più spatola e niente acrilici. Ma cartone e colori a cera. I risultai non cambiano e nemmeno le emozioni raccolte dallo sguardo. Al centro della sua ricerca pittorica rimane l’uomo. Simbolo primo di vita e di coscienza. Mezzo privilegiato per raggiungere la libertà, che per Donato è soprattutto amore. Amore verso tutto ciò che è altro e che vive in una dimensio-
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ne spesso nascosta agli sguardi frettolosi della gente, ormai abituata a trattare ogni cosa con indifferenza. I suoi ricordi più belli, durante gli anni 70 e 80 sono legati alle mostre allestite nei luoghi più lontani e disparati. In un casale di campagna o in piccoli paesini. Nei luoghi in cui uomini, donne e bambini difficilmente avevano il piacere della pittura. È in quei luoghi che bisogna andare. È a loro che bisogna parlare. Tutti hanno il diritto di godersi l’arte. Nessuno escluso. Migliaia di opere, sparse nell’Italia intera, raccontano questo straordinario percorso umano. Già perché sono migliaia i racconti pittorici dell’artista. Con una particolarità che li contraddistingue: sono sempre donati. E, l’arte di donare la propria arte, è la terra fertile su cui è cresciuta la personalità di questo sorprendente artista, dal volto umano e dal cuore generoso. E dal colore rosso unico! Nicola Pace
ROSSELLA RASULO È UNA BLOGGER NOTA SUL WEB COME NINNA (WWW.NINNA. IT), ALLA SUA PRIMA PROVA D’AUTORE CON IL ROMANZO TI VOGLIO VIVERE, EDITO DA MONDADORI. IL LIBRO PARLA DI DUE RAGAZZE, SIMONA E MEL, DELLA LORO AMICIZIA, DI UN BLOG DOVE MEL SCRIVE CON LO PSEUDONIMO DI QUEEN BEE E DI UN AMORE CONTESO. LA SCRITTRICE FANTASY LICIA TROISI LO HA DEFINITO UNA STORIA DOLCE E CRUDELE SULL’AMORE AI TEMPI DEL BLOG. La prima domanda è obbligatoria. Come sei arrivata a questo primo libro? Per caso? Per caso, per fortuna e via dicendo. É stata una bella occasione e l'ho afferrata al volo. Ma il blog è stato un luogo di sperimentazione, di esercitazione di scrittura? No, io non l'ho mai vissuto così. Per me era liberarmi dei pensieri
che avevo. Non ho mai badato allo stile. Ma scrivere tutti i giorni per anni è stato comunque un ottimo esercizio. Quasi tutte le mattine ho dovuto rispondere alla domanda "E ora che forma do a questo pensiero"? É stato un buon allenamento. Inconsapevole forse, ma pur sempre un allenamento. “Ti voglio vivere” è un romanzo che mette in scena la doppiezza e/o la dualità di diciassettenni (Mel che scrive su un blog, “Molto sedotta e sempre abbandonata”, con lo pseudonimo di Queen Bee). Quanto è vicino o diametralmente opposto alla tua esperienza personale? Io e Mel abbiamo in comune il blog ma non il resto. Io l'ho sempre scritto come me stessa. Lei ha scelto una doppia identità per evitare che i suoi racconti potessero infastidire qualcuno. Sono approcci diversi. Comunque meglio una doppia identità
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per raccontare qualcosa di divertente come fa Mel che una doppia identità per ferire qualcuno di nascosto come invece mi capita di osservare nella rete reale, quella che frequentiamo noi. Se dovessi recensire il tuo romanzo? Non ci riuscirei mai. L'unica cosa che riesco a dire a riguardo è questa: ho cercato di scriverlo nel modo più onesto possibile. Perché hai scelto di partire da un romanzo “adolescenziale”? Sono libri che tirano di più? Diciamo che la scelta non è stata mia. Ho accettato con entusiasmo una proposta a cui non avrei mai saputo dire di no. Insomma, la questione è un po' diversa. Da “vecchia” blogstar sai che la popolarità significa anche “flame” e figuriamoci per qualcosa che va al di là di un post. Ho notato che su Anobii le recensioni negative e positive sono quasi in parità. A quali
dai più retta? Non sono in parità. Quelle positive sono in netta maggioranza. Questo libro sta piacendo molto e la cosa non può farmi che piacere. Ogni volta che ricevo una mail da un lettore penso che ogni discussione in rete sia valsa la pena. Ne farei altre 1000, non importa. Le parole che ho la fortuna di leggere valgono tutto. Il fenomeno delle recensioni negative su anobii è molto interessante: tra queste ce ne sono di false poiché il libro non è stato nemmeno letto e si capisce chiaramente. Si attacca il genere o si parla di editor, ma senza mai fare un riferimento diretto a tutto quello che ho scritto. Troppo facile così. In più c'è anche la recensione scritta da un profilo falso aperto appositamente per dare contro a questa mia conquista, senza contare quella di un tizio che mi prende di mira su Twitter da anni. Di solito sono aspiranti scrittori arrabbiati. É normale. Altri giovani scrittori come me hanno lo stesso identico problema che si riassume semplicemente con il "Tu pubblichi e io no. Non vale!". C’è un autore a cui ti senti più vicina? Un romanzo che in qualche modo è stato di riferimento? No. Per scrivere questo romanzo ho fatto semplicemente un salto indietro nel tempo nella mia adolescenza cercando di focalizzarmi sulle sensazioni legate a quella particolare età. Leggo generi molto diversi che non hanno molto a che vedere con quello di "Ti voglio vivere". Cosa serve per scrivere? C’è bisogno di un bagaglio letterario o basta solo la fantasia? C'è ovviamente bisogno di un bagaglio letterario. Leggere aiuta a capire molte tecniche narrative. Ma il resto non la chiamerei solo fantasia. Inventare e basta non serve a molto se non si è capaci di rendere un'emozione la più vera possibile. Io spero sempre che il lettore leggendo pensi
"É vero, è esattamente così". Se dovessi dare un consiglio a un’aspirante scrittore/scrittrice? Non ne ho, davvero. É una giungla. In Italia ci sono più aspiranti scrittori che lettori. L'unico vero consiglio è questo: non scrivete mai un libro prendendone un altro come riferimento. Otterrete solo un libro molto simile al primo, cosa di cui probabilmente non c'è bisogno. La storia dei ragazzi del tuo romanzo avrà un seguito? Onestamente spero di no. Una volta scritta la parola FINE mi sono liberata di quei personaggi. Non sono più nelle loro teste e non ho tutta questa voglia di rientrarci. Una comune amica, sul suo blog, ha scritto che il lettore di “Ti voglio vivere” dev’essere un adolescente e non un cinquantenne, allora io ho sbagliato a comprarlo? Direi di no. L'ho scritto pensando che sarebbe finito in mano anche ai genitori degli adolescenti di oggi. E a quanto pare la cosa è stata apprezzata. L’ultima domanda, anch’essa d’obbligo, riguarda i ragionamenti che si fanno da un po’ di tempo intorno all’editoria digitale. Tu dove stai? Personalmente leggere documenti troppo lunghi su uno schermo non mi piace. Quando si superano le dieci pagine stampo e continuo su carta. Non so se riuscirei a leggere un libro solo in formato digitale. Se non avessi l'alternativa cartacea forse lo farei, ma per ora preferisco la versione classica del libro. Vito Colangelo
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Tre sagome nella nebbia. Sei stivali che affondano nella neve. Lo sfavillio delle uniformi alla luce fredda della Luna. Intorno, la placida Boemia del 1805. A mezz’aria, il dito dell’Imperatore indica l’esordio di un altopiano, quasi una leggera increspatura, che sale fino a nascondere l’altra parte della valle dove, quasi indistinte tra neve e cielo, piccole abitazioni si raggrumano in un villaggio. É Austerlitz, il luogo che Napoleone Bonaparte ha scelto per mandare in scena il più grande e geniale azzardo che la storia militare avesse mai conosciuto. Nella notte che precede lo scontro, gli sono accanto Nicolas Jean De Dieu Soult, Maresciallo dell’Impero, l’unico che possa rivolgergli la parola chiamandolo per nome, e Joachim Murat, Comandante della Riserva di Cavalleria, suo cognato e futuro Re di Napoli. I due militari sono perplessi. Oltre il crinale, l'esercito austro-russo, ultima e impo-
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nente difesa che separa Vienna da Napoleone, è ancora lontano. Troppo lontano per raggiungere l’altopiano del Pratzen, il punto che domina l'intero campo di battaglia, saldamente occupato dall’esercito francese. Contro un nemico che sovrasta i propri ranghi di quasi trentamila uomini, l’unica speranza rimane approntare le difese sulla posizione che anche un generale di quart'ordine non tarderebbe a trovare eccellente e che, tuttavia, l'Imperatore, perentorio, ordina di abbandonare. L'impetuoso Murat, scapigliato come un albero in autunno, abbozza una timida protesta. La reazione è muta, ma chiara: le Petit Caporal si volta senza degnarlo di uno sguardo, bofonchiando a proposito di una giornata a digiuno. Fosse stato a tiro di una moderna polaroid, quella sarebbe stata l'istantanea più esplicativa del Genio Napoleonico. Basso, sovrappeso, malvestito, assorto, glabro e vagamente
improbabile, quello era l’uomo che teneva in scacco l'Europa intera facendo tremare l'oro delle corone sulle teste dei vecchi sovrani. “Quel Corso, l’Usurpateur”, come bisbigliavano i realisti nelle prigioni di Parigi, che da un pugno di sbandati aveva creato la Grande Armèe, la macchina bellica più fedele e letale che il mondo avesse mai sentito marciare sul proprio suolo. Non un esercito qualsiasi, come presto apparve a inglesi, realisti, austriaci, magiari, croati, russi, prussiani e italiani. Piuttosto: una disciplinata commistione tra impeto e abilità avvinta nell'ipertrofia di un Genio superiore, indiscusso e tuttavia imperscrutabile, talvolta, come quando nega i propri disegni persino a chi si chiede se sopravvivrà al prossimo tramonto. Accade per Nicolas Jean De Dieu Soult, Joachim Murat, Louis Nicolas Davout e gli altri
settantatremila uomini che bivaccano nella neve scaldando pasti miserabili nelle bardature dei corazzieri. Dopo una nottata all’addiaccio, con le prime luci, intruppati nei ranghi come birilli sulle piste da bowling, sono tutti in piedi. Grog e acquavite circolano a fiumi, in un vago odore di gloria e polvere da sparo. Poco più tardi, intorno alle otto, le batterie austriache rovesciano nell'aria la prima tonnellata di piombo: sotto un improvviso Sole che l’Empereur, superstizioso, interpreta come un segno benevolo, inizia la battaglia di Austerlitz. Ma è solo dopo qualche ora che la schermaglia si trasforma in
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un inferno di polvere e sangue: quando, increduli, gli ufficiali austro-russi notano che il nemico ha abbandonato il Pratzen e decidono di attaccare. Divisa in due enormi tronconi, la fiumana alleata invade la piana. É la più classica delle manovre militari condotte in superiorità numerica: l'accerchiamento. Uno schema lineare, da manuale, che i generali alleati conducono a battito regolare, scaldandosi l’orgoglio all’imminenza di una sicura vittoria. Sono soldati di dottrina, più addestrati alle marce che ai campi da battaglia. Gente che porta la sciabola come l’orologio da taschino. Hanno i baffi arricciati, le uniformi laminate d’oro e magnifici cavalli di razza. Si parlano dandosi del Lei, con calma e certosina cortesia, come se il fischio dei proiettili fosse la dolce brezza di campagna che accompagna il whiskey dopo la cena. Ma sono mediocri. E la Storia, feroce, li oppone alla genialità. Fanno in tempo ad accorgersene quando è troppo tardi. Quando, precisamente, scavalcando il Pratzen, si trovano di fronte i diciassettemila shakò della Guardia di Napoleo-
ne, i migliori moschetti d’Europa che l’Usurpateur, giocando d’azzardo, ha tenuto nascosti sotto il crinale per tutta la mattinata. É il momento in cui inizia la narrazione del genio: abbandonando il Pratzen, Napoleone ha indotto il nemico a manovrare con troppa sicurezza. I due tronconi alleati devono stringersi a tenaglia sull'insondato dispositivo francese, ma è al centro, dove si trova il comando che dirige l’intera manovra, che i francesi contrattaccano brutalmente. Mentre le poderose ali imbeccano soltanto un velo di fanteria, è il cuore dello schieramento alleato, necessariamente sguarnito, che Napoleone impegna con i suoi uomini migliori. Inferiore per numeri e mezzi, solo contro due imperi, a più di mille chilometri da Parigi, nel gelo del dicembre boemo, liquida il suo
nemico in meno di due ore. I granatieri della Guardia arrivano fino alla tenda dove è accampato lo Zar Alessandro. Nella confusione, il giovane sovrano cade nella polvere. Incaricati di proteggerlo, sedici ufficiali muoiono per salvargli la vita. Privo di un comando, l'intero esercito alleato si sbanda. Come un arnese arrugginito dopo anni di inutilizzo, la tenaglia si spezza in due parti. In mezzo, uno spesso cuneo di uniformi azzurre che inneggiano la Rivoluzione. Prima di arrendersi, ventimila austriaci finiscono uccisi sotto il disciplinato fuoco dei moschetti francesi. Circa cinquemila sono sciabolati dalla cavalleria di Murat. Altrettanti perdono la vita nelle acque gelide dello Stachan, il fiume ghiacciato che Napoleone fa bombardare con l’artiglieria mentre uno sciame di fuggiaschi lo attraversa cercando la salvezza sulla riva opposta. Alla fine della giornata le perdite alleate ammontano a trentamila uomini contro le novemila francesi. Quando imbrunisce e la foschia si dirada, Austerlitz assume un volto surreale: i fuochi della festa francese illuminano a giorno le montagne di corpi che giacciono tra la polvere, il sangue e le cataste di cannoni catturate al nemico. Sulla sommità del Pratzen, che sembra la base di un altare sacrificale, il Maresciallo Soult deve turarsi le narici per non svenire.
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É una carneficina. Napoleone stesso, all'apoteosi del suo genio militare, è colto da un senso di inquietudine. Assorto, scruta i generali sconfitti inginocchiarsi nella polvere a capo basso. Le uniformi bianche macchiate di fango. Sembrano pezzi di una cristalleria fuori moda, troppo grigia persino per le credenze a vetro. Nei loro volti increduli è chiaramente documentata l’insorgenza di una sola domanda, la stessa che si porranno nel 1848 all'esito dello scoppio dei moti popolari: "Come è potuto accadere?". E la risposta, confusa tra le bocche dei cannoni, era in quell’esercito di facinorosi. Nell'uguaglianza di ceto tra la truppa e i generali e nella fede in un dittatore geniale che ammassava le riforme insieme alle vittorie. Ad Austerlitz, il 2 Dicembre 1805, c'è l'esuberanza del futuro che la storia imbarbarisce nella guerra. Il caso gli prepara una mente non convenzionale, un eroe nuovo, nel genio e nell'aspetto, col compito, brutale, di sfondare le porte e fare entrare il destino. Fabio Salvatore
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Un nome importante e impronunciabile - Hohenstaufen di Svevia - un appellativo superlativo - Stupor Mundi ovvero “meraviglia del mondo” - danno il senso della grandiosità dell’imperatore Federico II, che fu re di Sicilia, di Gerusalemme, d’Italia, di Germania, ma soprattutto Sacro Romano Imperatore. Si dice che il puer Apuliae conoscesse ben 9 lingue, che avesse amato almeno 9 donne - senza contare quelle dell’harem e le amanti occasionali - e che nel suo Regno fossero disseminati 20 figli, legittimi e non. Ma la sua grandezza e genialità non è data da questi numeri, piuttosto dalla sua personalità poliedrica ed affascinante che, fin dalla sua epoca, ha polarizzato l'attenzione degli storici e del popolo, producendo anche una lunga serie di miti e leggende popolari, nel bene e nel male. Di lui si dice che fosse un governatore molto moderno per i suoi tempi, visto che favorì la scienza e professò punti di vista piuttosto avanzati in economia. Fu convinto protettore di artisti e studiosi e la sua corte fu luogo di incontro fra le culture greca, latina, araba
ed ebraica. La sua inestinguibile curiosità e il suo eclettismo lo portarono ad approfondire la filosofia, l’astrologia, la matematica, l’algebra, la medicina e le scienze naturali. In Sicilia fondò una scuola che contribuì ad innovare la letteratura italiana e a Napoli istituì la prima Università statale e laica della storia d’Occidente. I suoi castelli - sintesi architettoniche tra le tendenze europee e quelle arabo-musulmane - evidenziano soluzioni innovative per l’epoca. Il suo regno fu pure caratterizzato da una intensa attività legislativa: fra le testimonianze più importanti, le Costituzioni che promulgò dal castello di Melfi nell’agosto del 1231, occupano sicuramente un posto rilevante, poiché rappresentano la prima legislazione ad impronta costituzionale di uno stato moderno e il più grande monumento legislativo laico del medioevo. La sua passione per la caccia, che coltivò nel significato più nobile della parola, ovvero come esercizio spirituale, lo portò a redigere un trattato di falconeria il “De arte venandi cum avibus” - che superò ed annullò tutti i precedenti scritti di ornitologia, acquistando di colpo un carattere internazionale. Son poche 2500 battute per raccontare dello svevo, governatore illuminato e precursore dei tempi che, come racconta una leggenda, tornerà a vivere. Oggi ci vorrebbe proprio un Federico II, lui saprebbe cosa fare! Marika Iannuzziello
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Daisuke Inoue, ho pensato a quest’uomo per tutta l’estate. Non conoscevo ancora il suo nome e già nelle calde sere estive io pensavo a lui. A volte mi capitava di pensarci anche di giorno. Per strada o in spiaggia. Magari avevo le cuffiette nelle orecchie e tac! Il pensiero di lui mi rapiva come un avvoltoio. Daisuke Inoue, musicista giapponese; a Kobe, città situata sull’isola di Honshu, (famosa per i suoi manzi) ha inventato il mezzo per raggiungere la celebrità
(sua e di tanti altri sconosciuti). Daisuke Inoue è l’inventore del karaoke. La parola deriva dall’unione delle parole giapponesi “vuota” e “orchestra”, un’orchestra vuota, ovvero un’orchestra senza musicisti, ovvero un’orchestra che non si ferma davanti a niente. Neanche davanti a chi canta e non dovrebbe, neanche davanti al milionesimo bis di “Bella senz’anima”. No, l’orchestra senz’anima dal cuore musicale in formato midi continua ad emettere note nonostante tutta la platea muoia dalla voglia di mettere le mani al collo del cantante improvvisato, improvviso ma soprattutto sprovvisto di senso del pudore. Pensavo che il fenomeno karaoke fosse finito insieme al taglio di codino di Fiorello, forse insieme al codino di Fiorello, perso nei meandri delle fogne italiane e invece no. Invece ad oggi, agosto 2010, gran parte della programmazione di bar, locali, lidi, dedica almeno una serata a questa quasi-gara canora. Perché in fondo c’è un pizzico di competizione tra la mora che urla “Amor mio” e il ragazzone che canta baritonale “adesso spogliati come sai fare tu…”, un certo scambio di ormoni si percepisce nella sala o
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sull’impiantito del lido tra una cosa da bere e un ghiacciolo. Ma io credo che la genialità del karaoke non risieda tanto nell’essere la valvola di sfogo di cantanti frustrati quanto, piuttosto, nell’aver aperto le porte ad un fenomeno più ampio. Io credo che il vero merito di questo sistema audio/video sia di aver donato pochi minuti di celebrità agli sconosciuti, ai ragazzi e alle ragazze della porta accanto. Ma l’indole umana, si sa, è protesa verso l’infinito e i pochi minuti di una canzone, dopo qualche anno di performance, non sono più sufficienti: ecco allora le telecamere, la televisione dentro la vita, ecco il reality, ecco a voi un karaoke in cui non devi solo cantare, puoi illuderti di essere un artista per più di qualche minuto e davanti ad una platea più ampia del bar di un paese di provincia. Chissà come vive Daisuke Inoue, chissà se riesce ad ascoltare la sua musica preferita, a passare una serata in un locale (sicuramente esclusivo) in tranquillità, se può prendere il sole, senza che qualcuno canti a squarciagola uno dei tanti successi della musica leggera giapponese! Se ci sei riuscito, Daisuke, se sei riuscito a scappare dalla tua stessa idea, sei un genio! Simona Simone
Mentre scrivo, leggo di notizie eccezionali: da un lato New York che dopo l’11 settembre riparte da una moschea sulle ceneri delle torri gemelle; dall’altro gli scoop di Wikileaks sulla guerra in Afghanistan. Ho sentito che qualcuno ha considerato i protagonisti dei veri geni: Barak Obama, autore di un gesto rivoluzionario, in grado di superare quello che all’epoca venne considerato l’apice dello scontro delle civiltà; e Julian Assange, fondatore di Wikileaks, che combatte la censura di certe realtà scomode e torbide che altrimenti rimarrebbero sconosciute. Due grandi valori di cui Obama e Assange si fanno paladini: la libertà da un lato; la verità dall’altro. Nella scelta del presidente statunitense si legge un’invidiabile senso della realtà. Quella a cui è pervenuto Obama, è una decisione di forte impatto mediatico, ma non solo: nelle aspettative è da ritenere che possa rappresentare un tentativo, di geniale pragmatismo politico, di accaparrarsi l’appoggio del "nemico ragionevole". Come a dire: “Non riesco a neutralizzare la frangia estremista dei tuoi seguaci (data la nonconvenzionalità delle armi), ma stringo le relazioni con l’Islam moderato in modo da diventare un potenziale mediatore”. Ispirandosi al biblico insegnamento “Abbraccia il tuo nemico e lui impazzirà”, verosimilmente l’America di Obama si ispira alla
realpolitik di Kissingeriana memoria, e di quanti prima di lui hanno saputo gestire situazioni politicamente conflittuali. L’etica su cui è stato fondato Wikileaks, parte dalla devozione per la verità. Da qui il controllo delle fonti. Il giornalismo – secondo Assange – dovrebbe assomigliare a una vera e propria scienza, i dati dovrebbero essere sempre verificabili. Ecco perché, una volta garantita la sicurezza delle fonti, è necessario ed è preciso dovere del giornalista, rendere pubbliche le notizie di cui viene a conoscenza, nel rispetto dei lettori. Soprattutto se si tratta di fatti circa le scelte dei nostri governanti, l’integrità morale di chi decide per noi soprattutto le guerre, gli interessi personali che giustificano la nascita di nuove leggi. L’aggancio con la nostra legge bavaglio, che invece eleva l’ignoranza dei fatti a garanzia della privacy, è fin troppo semplice. Ma il tema resta il genio, e la riflessione è: che mondo è un mondo in cui un Capo di Stato viene considerato un genio perchè usa del buon senso? Cos’ha di geniale un giornalista che racconta i fatti nel rispetto dell’accuratezza delle fonti? A cosa ci stiamo fatalmente abituando? O siamo già caduti così in basso da non accorgercene? Giovanna Caivano
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Qualcuno potrebbe credere che uno Stravinsky, un Einstein o un Picasso si sia conquistato, in forza del suo genio, il diritto all’eccentricità, all’idiosincrasia, alla caparbietà. Io sostengo al contrario che è stata la decisione di diventare padroni del proprio destino che ha dato loro il coraggio di tentare vie nuove. (Ari Kiev) Secondo il pensiero di Shophenhauer, il genio è colui che riesce a sottrarre la conoscenza alla schiavitù della volontà; egli dimentica di essere soggetto "volente" e si fa occhio del mondo. La genialità è una condizione che ci sottrae dall’arbitrio individuale, è un lampo che subiamo, ma che non possiamo né volere, né imparare. Il genio è un individuo straordinario che si differenzia dall’uo-
mo comune, il cui intelletto non è solo al servizio della volontà individuale e della soddisfazione dei propri desideri. Pensiero affascinante e interessante non meno di quello del filosofo Giovanni Gentile, secondo il quale il genio è di tutti, solo che molti, o forse troppi, lo smarriscono e lo seppelliscono sotto una cattiva cultura, convinzioni sbagliate e spreco dei propri talenti. Il vero genio non cerca il suo mondo fuori di sé, ma in se stesso e dal suo interno lo genera. I geni famosi e riconosciuti avrebbero potuto avere altri nomi, essere altri se dietro di essi non ci fosse stata la volontà di sacrificare tante cose di una vita normale e quella di una speciale fatica che si presenta dura, difficile e aspra: la fatica del pensare. La Genialità, come la natura,
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compie i miracoli senza uso di espedienti, senza regole e senza ricette; la vita che ci pullula dentro e ci riscalda, ci permette di non restare, attraverso il dono del pensare, spettatori passivi dal mondo, ma di parteciparvi attivamente, anzi di crearci il nostro mondo. Il genio non presenta mai una forma che non sia singolare e imparagonabile ed è come la natura che non imita, né ripete e non crea mai nessun essere vivente, che se pur simile, possa essere perfettamente uguale all’altro. Credo che spesso molti, per pigrizia, vorrebbero essere perfetta copia dell’altro e sognare che strofinando quel vecchio arnese tenuto in soffitta, esca il famoso genio della lampada... Sarebbe tutto meno faticoso! Anna D'Andrea
Proprio mentre cercavo l'ispirazione per poter raccontare del genio, ho avuto la fortuna di visitare la mostra di una delle persone più geniali che il cinema americano ci offra: Tim Burton. All'interno della sua Exhibition, osservando le sue opere, saltano fuori parole come muppets e props: bambole ed oggetti cinematografici che Tim Burton immortalava in uno scatto di polaroid. Bamboline dall'apparenza innocua diventano oggetti colmi di mistero, di felicità malata, bizzarra, per certi versi maledetta. Burton nasce a Burbank, nei sobborghi di Los Angeles, e già da piccolo è un'esplosione di creatività. Ne sono valida prova i disegni (anch'essi esposti all'interno della mostra), da lui realizzati tra i 5 e i 10 anni, che già lasciano intravedere il suo gusto per il macabro. Si racconta che sin da piccolo amava passare parecchio del suo tempo al cimitero della cit-
tà e sicuramente fu lì che prese spunto per creare Nigthmare Before Christmas, film di animazione che narra del rapimento e delle torture che il buon Babbo Natale è costretto a subire. La maggior parte dei personaggi, delle ambientazioni e delle creazioni che oggi possiamo gustare nei film più famosi del regista, prendono spunto da disegni realizzati quando Tim non aveva più di 15/17 anni. Già a quell'età, Burton era in grado di realizzare, tra le altre cose, un libro a fumetti di pregevole qualità, che pensò bene di presentare alla casa di produzione Walt Disney, che, notando il suo grande talento, gli permise di studiare animazione nella propria scuola (fortuna di nascere in California!). Genio e creatività, un binomio inscindibile. Di geni ne conosciamo tanti e di chiunque si tratti, l'elemento che più li accomuna è proprio quell'energia creativa che li dif-
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ferenzia dagli altri. Anche se non è possibile dare una spiegazione logica al motivo per cui la genialità appartenga a determinate persone piuttosto che ad altre, è ragionevole pensare che, prima di ogni cosa, i geni hanno avuto la possibilità di esprimersi. Il genio immaginativo di Tim Burton è stato supportato da un Paese (gli Stati Uniti) in cui a un bambino viene data la possibilità di studiare, di crescere, di approfondire e sviluppare le proprie conoscenze. Il tirocinio diventa un lavoro stabile e, di conseguenza, il genio viene ripagato con il successo di una carriera. Rifletto e mi chiedo se questa possibilità esista anche nel Bel Paese e se a un bambino particolarmente talentuoso sia data la stessa possibilità di crescere, di conoscere, di migliorarsi. A voi la risposta. Antonio Lorusso
In questo articolo vi segnalerò alcuni siti web che combinano l'uso delle moderne tecnologie a geniali idee di fondo. La cantautrice americana Lissie ha recentemente prodotto il video clip del brano "Cuckoo", visionabile sul sito www.lissie. com/weather, che ha la particolarità di essere interattivo: una volta collegati al sito, esso tenterà di geolocalizzarvi. A questo punto lo sfondo del video clip musicale si animerà in funzione delle condizioni meteo del luogo in cui vi trovate. Per promuovere il suo ultimo film The Last Exorcism, invece, la casa di produzione Lionsgate ha creato un originale campagna virale su Chatroulette. I geniali pubblicitari, seguendo alla perfezione il trend della rete, hanno prodotto un video ad hoc per gli ignari utenti del sito di videochat che, come vedrete nel video (http://www.youtube.com/
watch?v=CNSaurw6E_Q&featu re=player_embedded), a giudicare dalle reazioni, si ricorderanno al lungo del film! Skål (in norvegese “ciotola”, http://www.skaal.no/) è un rivoluzionario e interattivo media player. Per guardare, ad esempio, il cartoon degli Incredibili, basta inserire nella ciotola di legno (a mò di telecomando) il personaggio del cartone animato e godersi lo spettacolo. Questo grazie all'utilizzo della tecnologia RFID (la stessa utilizzata nei passaporti americani) che permette di taggare qualsiasi oggetto (giocattolo, figurine, etc.) collocando semplicemente un'etichetta passiva sul manufatto. Il fotografo russo Sergey Larenkov, grazie a Photoshop, ci racconta la storia della Seconda Guerra Mondiale in un modo nuovo ed emozionante, “semplicemente” sovrapponendo in
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maniera creativa le foto di quegli anni a quelle di oggi. Il sito in questione è My Modern Net (http://www.mymodernmet. com/profiles/blogs/the-ghostsof-world-war-iis). Altra trovata geniale è quella di Fits.me (http://fits.me/), che tenta di risolvere uno dei più grandi limiti dello shopping di abbigliamento online: quello relativo alle taglie. Si sa, non possiamo provare i capi ordinati via internet e perciò capita spesso che questi, una volta ricevuti, non ci vestano affatto bene! Fits.me si pone come mediatore tra i venditori di abiti online e i loro clienti mettendo disposizione di questi ultimi un camerino virtuale dove provare i vestiti prima di acquistarli. Questo è solo parte della genialità riversa nel web. Have a nice webday! Mimmo Claps
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