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BREK.ZOOM 04. All-In per una laurea 04. I pizzini di Fabriano 05. Politica nuda e cruda 05. I tesori del Tamigi 05. L’eredità di Federico 06. Acque “miracolose” 06. Finchè morte non vi separi PROSPETTIVE METROPOLITANE.SOCIETÁ 08. Una dose... per sognare PROSPETTIVE METROPOLITANE.POLITICA 12. L’autenticità PROSPETTIVE METROPOLITANE.COSTUME 14. Da un pensiero di Nietzsche...
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INCONTRI.CATEPOL 17. A multitasking girl in a multitasking world INCONTRI.ARTE 20. Brek comme Le Figaro ATMOSFERE.CINEMA 26. Quei cani di Buñuel e Dalì ATMOSFERE.MUSICA 28. Where Is The Line? ATMOSFERE.MODA&LIFESTYLE 30. Sì! Lo voglio ATMOSFERE.LIBRI 32. Sogno: ne abbiamo il coraggio? ATMOSFERE.VINO 33. Solo chi fa grandi sogni saprà scoprire ATMOSFERE.VIAGGI 34. L’incanto dei luoghi dei sogni
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FUORICAMPO.VISIONI 40. Il sogno da Freud ad Harry Potter 42. Sognando il cinema totale 43. I sogni migliorano la vita! 44. Psicomagia, una terapia panica 45. Le navi che trasportano sogni e sviluppo economico
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FUORICAMPO.TECNOLOGIA 46. I sognatori immaginari del web EDITORE Soc. Cop. Sociale a r.l. via Nicola Sole, 73 85100 Potenza tel. 0971 36703 fax 0971 25938 PROGETTO GRAFICO IMPAGINAZIONE PUBBLICITÁ Soc. Cop. Sociale a r.l. via Nicola Sole, 73 85100 Potenza tel. 0971 36703 fax 0971 25938
STAMPA Grafiche Gercap / Foggia DIRETTORE RESPONSABILE Rossella Sagarese HANNO COLLABORATO Mimmo Claps Vito Colangelo Anna D’Andrea Alessandra Carlucci Davide Galasso Michele Guido Marika Iannuzziello Antonio Lorusso Geradina Nella
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Nicola Pace Andreina Serena Romano Leonarda Sabino Donato Sabia Andrea Samela Simona Simone Francesco Tripaldi WineR. BREK garantisce la libertà di pensiero e di espressione. Per questo motivo ogni collaboratore è singolarmente responsabile delle proprie idee e di ciò che scrive. Autorizzazione Tribunale di Potenza nº 376 del 7/5/08
IN COPERTINA: Konstantynov “Beautiful Angel”
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Fabriano produce i pizzini: incredibile! Dalla capitale della carta nascono “I Pizzini di Fabriano”, un articolo realizzato e distribuito da “Catramano”, una delle società legate alle Cartiere Miliani-Fedrigoni, e venduti nei negozi specializzati di carta e nei bookshop dei musei. “I Pizzini di Fabriano”, ovviamente ispirati alla tecnica che usava il boss Bernardo Provenzano per comunicare con i suoi gregari, consistono in un piccolo contenitore con piccoli fogli bianchi di carta e una piccola matita. Un’idea di marketing, come rileva il “Corriere Adriatico”, che sembra già ottenere un buon successo e che potrebbe diventare un oggetto di cult per chi non sente il peso di questo
In America ormai sembra essere una pratica piuttosto collaudata, soprattutto presso le facoltà come giurisprudenza ed economia. Pare proprio che i futuri avvocati ed economisti, debbano conoscere le strategie del poker per avere successo nello loro carriere. Ed allora, ecco che nasce una nuova e strategica materia di studio. Grande entusiasmo da parte dei docenti, ma ancor di più degli studenti, che hanno trovato il modo più semplice e produttivo per studiare ed apprendere, giocando. Pare infatti che le strategie del poker possano essere perfetta-
mente applicate a materie quali l’economia (strategie di mercato, relazione rischio-guadagno, studio delle probabilità di successo), così come la giurisprudenza (capire e risolvere i casi di conflitti giuridici). E così gli studenti si son dati da fare, ed hanno escogitato un modo fruttuoso per apprendere la nuova materia di studio: il gioco di poker online, diventato per circa il 20/30% di essi, una pratica di studio, un passatempo, oltre che un metodo pratico per poter arrotondare e affrontare le spese universitarie. Speriamo solo che, causa dipendenza da gioco, gli studenti non si facciano bocciare di proposito per poter ripetere l’esame!
termine. “I Pizzini di Fabriano” si trovano nei negozi di Cartamano di Roma, Milano, aeroporto di Monaco, in Germania, e anche
nel bookshop delle Scuderie del Quirinale, sempre a Roma.
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Posa nuda per un manifesto elettorale dal quale promette, ammiccante, 400 mila nuovi posti di lavoro. È la campagna elettorale di Tania Derveaux, candidata al
Castel del Monte è in stato di ‘’estremo degrado’’ e un erede di Federico II ne chiede la ricostruzione. La principessa Yasmin Aprile Von Hohenstaufen, che si proclama discendente di Federico II di Svevia, ne chiede in un telegramma la restituzione pero’ a due padroni ‘sbagliati’,Comune di Andria e Regione Puglia,in quanto il maniero patrimonio Unesco è di proprieta’ del
Senato in Belgio, nelle elezioni del 10/6, per una formazione (Nee) delle Fiandre che si rivolge alla popolazione di lingua fiamminga. Le foto del manifesto,
con altre, ormai molto “cliccate” su molti siti Internet, sono state pubblicate nell’ultimo numero di aprile del settimanale belga “P Magazine”.
Anthony Pilson, 76 anni, ha passato gli ultimi 33 anni a cercare reperti nel Tamigi, e ora donera’ la sua collezione al Museo di Londra. Pilson ha scandagliato le rive del fiume, in pieno centro di Londra, armato di metal-detector, secchio e rastrello.
Per i piu’ che lo guardavano dall’alto delle rive pareva un passatempo bizzarro, e niente altro. Anthony, invece, ha messo insieme in questi anni una collezione di pezzi rari del valore di centinaia di migliaia di sterline.
demanio.Il castello fu acquistato dallo Stato italiano nel 1876 al costo di 25 mila lire.
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La madre denuncia l’albergo. Questa volta, la notizia giunge dalla Polonia, dove una ragazza, in vacanza in un albergo egizio, dopo una nuotata in piscina sarebbe rimasta incinta. La madre ovviamente, ha denunciato l’accaduto. Secondo la signora Magdalena Kwiatkowska, madre della tredicenne rimasta incinta, la figlia pare non avesse
mai avuto, ancora, rapporti sessuali. La donna sostiene che nella piscina dell’albergo, in cui la figlia nuotava, ci fosse dello sperma umano, che ha “sverginato” così la sua piccola. Da qui la denuncia, a carico della piscina, la quale avrebbe “abusato” della ragazzina tredicenne.
Nonostante questo, gli esperti son pronti a smentire tutto. Pare infatti sia impossibile restare incinta per un bagno in piscina, poichè lo sperma, semmai fosse davvero presente in acqua, non sopravvive, a maggior ragione se viene usato il cloro. Che sia opera dello Spirito Santo, o di qualche essere dallo sperma super potente?
È successo in Brasile. Una donna di 67 anni, è stata ammazzata dalla bara del consorte. La donna, era su un pick up del Servizio di Pompe funebri, ed accompagnava il consorte scomparso nel suo ultimo viaggio verso il cimitero, lungo una strada di campagna. Il furgone contenente il feretro però, è stato improvvisamente tamponato da un’auto guidata da un uomo ubriaco. In seguito al forte impatto, la bara è stata scaraventata in avanti, sfondando la cabina dei passeggeri e uccidendo sul colpo la donna. Entrambi i guidadori sono finiti in ospedale con prognosi riservata. Questo è quello che succede quando si dice “che morte non vi separi!”.
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L’estate appena trascorsa ci ha regalato giornate passate all’aria aperta… magari in riva al mare senza pensieri e con la voglia di godersi la vita e le agognate ferie sempre più brevi per la maggior parte degli italiani. Questa è la vita!… con tutti gli ostacoli e i momenti meravigliosi che ne scandiscono il ritmo. Ma nel bel mezzo della stagione estiva, nel tumultuoso giorno di ferragosto, due giovani vite lucane hanno salutato questo mondo sempre più terreno, nel silenzio della morte da “sballo” di sostanze stupefacenti. Come mai sempre più giovani decidono di utilizzare droghe o alcool per vivere in maniera alterata la realtà che li circonda? Perché per sognare, bisogna calarsi una pasticca o farsi di eroina riducendosi ad uno stato di alterazione psico-fisica disarmante? Purtroppo le statistiche e i notiziari lanciano un allarme: il fenomeno della tossicodipendenza è in aumento tra le giovani generazioni! La Basilicata, terra tranquilla e legata ancora alle tradizioni, ha seppellito nell’ultimo anno ben 10 dei suoi figli morti per overdose. Bisogna, a mio parere, fermarsi un attimo per riflettere sulle cause di questo esponenziale au-
mento dell’utilizzo di droghe da parte delle giovani generazioni e capirne le cause e le dinamiche. Uno degli elementi trainanti è rappresentato dall’abbassamento del costo della droga, trasformatasi, a detta degli esperti, a livello di un “bene di consumo”, considerando che una dose di eroina costa solo 13 euro! Vorrei iniziare col dire che il “fenomeno tossicodipendenza” può essere considerato sotto diversi aspetti, cosicché molti studi, varie modalità di intervento e differenti tipi di approccio sono stati progressivamente concepiti e proposti. Varie prospettive sono state suggerite, a seconda che il punto di vista privilegiato fosse quello biologico, quello psicologico o quello sociologico. In ambito psicologico l’attenzione si sposta dalla sostanza alla persona che ne fa uso. Perlopiù l’assunzione di droghe, secondo la prospettiva psicologica, viene considerata manifestazione di un disagio intra-psichico. In alcuni casi si è provato a delineare un profilo di base dei tossicomani, corrispondente a una configurazione patologica costante; tuttavia tale orientamento non ha sortito significativi risultati, soprattutto perché i tratti frequenti nella personalità di indivi-
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dui con problemi di dipendenza da sostanze non sembrano essere “specifici” e si presentano anche in persone che non hanno mai fatto uso di droghe. Sigmund Freud evidenziò la sostanziale corrispondenza fra consumo di droghe e predisposizione nevrotica. Egli inquadrò la dipendenza secondo una prospettiva di regressione agli stadi infantili dello sviluppo psicosessuale dell’individuo. Nell’interpretazione di Freud il comportamento d’abuso è correlato alle spinte narcisistiche e a stati maniacali di tipo ossessivo. Successivamente altri autori di formazione psicanalitica hanno sottolineato la correlazione fra gli stati di dipendenza da sostanze e la relazione infantile tra figlio e madre. Il parallelismo si fonda tra la situazione di disagio/bisogno e la sua soddisfazione (la droga avrebbe la stessa funzione simbolica del latte materno in un contesto di astinenza/fame). In tale situazione la dipendenza da sostanze sarebbe significativa di un’istanza di ritorno al legame simbiotico con la madre, surrogata dalle sostanze. Ciò potrebbe essere sintomatico, soprattutto in età adolescenziale, di una separazione conflittuale dai riferimenti parentali lungo un difficile per-
corso di auto-individuazione. Altre modalità di approccio, all’interno delle discipline psicologiche, spostano l’attenzione dalle variabili intra-psichiche relative al soggetto e al sistema di relazioni interpersonali nel cui contesto si esprime una situazione di tossicodipendenza. Secondo tale prospettiva, la tossicodipendenza in quanto comportamento individuale sarebbe comunque fortemente correlata a dinamiche relazionali all’interno del nucleo familiare. Addirittura, la patologia di un componente della famiglia (figlio) potrebbe svolgere importanti funzioni, come quella di costituire un elemento di coesione per la famiglia stessa, attorno a un polo tanto problematico quanto significativo. Nella medesima prospettiva, quella della tossicodipendenza come fattore stabilizzante, il soggetto portatore del sintomo potrebbe sviluppare, in virtù degli effetti delle sostanze, una percezione di sé falsamente distante e indipendente, continuando invece,
nella realtà, a rimanere vincolato alla famiglia per via dei bisogni pratici che la tossicodipendenza comporta e che non consente di assolvere in effettiva autonomia. In ogni caso, secondo la prospettiva sistemico-relazionale, la famiglia e i rapporti significativi costituirebbero un elemento molto importante nel radicarsi dei comportamenti tossicomanici; tuttavia ciò non comporta necessariamente e universalmente l’esistenza di un rapporto univoco di causa/effetto tra situazione familiare e tossicodipendenza del congiunto. In definitiva, secondo il punto di vista psicologico, la tossicodipendenza sarebbe il sintomo di un malessere “interno” alla persona, seppure in varia misura correlato a variabili di relazione. Per ciò che concerne il contesto socio-culturale in cui la persona e il suo nucleo familiare sono inseriti, avrebbe un ruolo importante nel verificarsi di situazioni di tossicodipendenza. Già negli anni ‘20 negli Stati Uniti furono condotte indagini, so-
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prattutto in zone metropolitane marginali, i cui autori consideravano la tossicodipendenza come espressione di disorganizzazione sociale. Da questo punto di vista, determinati comportamenti, considerati “devianti”, sarebbero stati acquisiti attraverso semplici processi di apprendimento all’interno dei gruppi in cui erano prevalenti. Nei confronti di tale impostazione, oltre le critiche di esasperato “determinismo culturale”, si oppose l’evidenza del fatto che la tossicodipendenza mostra di travalicare “democraticamente” i confini di classe, di territorio, di cultura e di tipo economico. Altri approcci hanno associato la tossicodipendenza al concetto di “disadattamento”, derivante da una incolmabile distanza tra le mete socialmente proposte e i mezzi effettivamente disponibili per raggiungerle. Secondo tale prospettiva la tossicodipendenza esprimerebbe una posizione sostanzialmente “rinunciataria”, di abbandono sia dei mezzi che delle mete. Anche questo punto di vista, tuttavia, risulta notevolmente ridimensionato da quando, soprattutto a partire dall’inizio degli anni ‘80, dati sempre più consistenti corroboravano l’ipotesi che le variabili economiche, geografiche e culturali (quindi legate alla disponibilità di mezzi e opportunità) non sono discriminanti in relazione al manifestarsi degli stati di tossicodipendenza. In seguito l’attenzione degli studiosi iniziò a concentrarsi su un particolare elemento che sembra emergere in modo significativo: quello riguardante la condizione giovanile in quanto popolazione maggiormente coinvolta. A questo proposito è stato suggerito che la società moderna, esautorando progressivamente la famiglia per ciò che concerne la socializzazione dei giovani (sempre più appannaggio di altre agenzie educative, di formazione, al gruppo dei pari e alla comunica-
zione di massa), avrebbe posto le basi di una nuova categoria sociale indipendente: quella giovanile, appunto, non di rado esposta a processi di emarginazione. Una categoria sovente in crisi d’identità anche in relazione alla destabilizzazione familiare in quanto agenzia fondamentale. Tale situazione, contestuale al prolungarsi del periodo intercorrente tra l’infanzia e l’età adulta (incremento della durata di scolarizzazione), favorirebbe la genesi di una sub-cultura giovanile precocemente matura sessualmente e culturalmente, ma non professionalmente. La disoccupazione, in tale contesto, agevolerebbe la mancata acquisizione di un ruolo responsabile adulto. Tale situazione sembrerebbe determinare, tra i giovani, un atteggiamento oscillante tra la passiva adesione a modelli consumistici e il rifiuto della società che li propone, vissuta come inadeguata rispetto alle proprie aspettative. La scelta dei giovani sarebbe dunque tra la prevalenza del bisogno di integrazione sociale (accettando le istanze della società del benessere e rimandando alla dimensione del “tempo libero” le proprie esigenze di autonomia intellettuale ed emotiva) o la rinuncia oppositiva che può assumere connotazioni distruttive e/o autodistruttive. Altri approcci di tipo sociologico attinenti al tema delle tossicodipendenze si soffermano sui processi di “etichettamento della devianza”. Gli autori che adottano tale punto di vista non riservano fondamentale attenzione al fatto che i “devianti” violano
le norme, piuttosto propongono una prospettiva ribaltata: il sistema considera deviante chi, attraverso vari meccanismi formali e informali, é riconosciuto come tale. Questo processo si svolgerebbe nel campo delle molteplici interazioni fra gli individui e tra questi e la società, concorrendo a formare, da un lato (quello dell’”etichettato”) sentimenti di isolamento, pregiudizio dell’autostima, ribellione, crisi d’identità; e dall’altro (quello del gruppo “etichettante”) atteggiamenti stigmatizzanti, di riprovazione e di emarginazione. Secondo tale punto di vista i processi di etichettamento sarebbero eminentemente strumenti posti in atto dalle classi dominanti per la tutela e la perpetuazione dell’ordine stabilito. Il deviante, “costruito” come tale, sarà rinchiuso in una “gabbia” sempre più stringente, ancorché non necessariamente materiale. Questa approfondita analisi rapportata al particolare delle morti lucane per droga dell’ultimo anno ci fa intuire come possano essere svariate le dinamiche sociali e psicologico-individuali che spingano un ragazzo di 20 anni ad approdare al costante consumo e seguente dipendenza di droghe pesanti; emblematico l’episodio verificatosi quest’estate nel parco di Montereale in cui il giorno dopo il divieto di dar luogo alle consuete serate danzanti, occasione di svago per i giovani, venne soccorsa un’adolescente in preda ad un overdose! Ciò a molti potrebbe apparire
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una mera casualità, ma a mio parere apre le porte ad una riflessione attenta su come la nostra amministrazione regionale e comunale ponga la sua attenzione sul fenomeno della tossicodipendenza cercando di capirne le cause e arginandone il fenomeno. Infatti a settembre ci sono state varie manifestazioni di protesta davanti la sede della Regione Basilicata, degli esponenti dei centri di accoglienza e comunità, per porre l’accento sul mancato interesse dell’amministrazione al dilagante fenomeno delle tossicodipendenze sul territorio. I due ragazzi lucani morti nel Salento, Luigi Iacobuzzi e Laura Lamberti, erano entrambi provenienti da famiglie facoltose…. la domanda sorge spontanea: cosa mancava a questi 2 giovani per condurre una vita normale magari segnata da tanti successi personali? La risposta, ahimè, rimarrà chiusa in una tomba, ma quello che noi tutti in prima persona e coloro che ci governano dall’alto dobbiamo fare, è cercare di parlare molto di più con le giovani generazioni e contribuire a creare una società più giusta e meritocratica, fondata sui valori della famiglia e dell’amore verso sé stessi e il mondo che ci circonda… chissà che un giorno potremo tornare a sognare con la mente lucida, magari una sera d’estate in riva al mare, senza dover per forza ricorrere allo “sballo” della maledetta droga! Rossella Sagarese
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Secondo un’indagine condotta negli ultimi 3 mesi il sogno più grande degli italiani è non perdere il lavoro. Per i molti che nel frattempo lo hanno già perso, il sogno, ovviamente, è trovarne un altro. Chi l’avrebbe mai pensato che all’alba del 2010 nell’Occidente più sviluppato si insediasse lo spettro della disoccupazione. A molti questo, tanto per rimanere in tema, sembrava solo un incubo. Oggi sappiamo che è solida realtà. Con la scienza della dietrologia tutti hanno iniziato a sviluppare e a certificare le colpe. Finanza speculativa. Politica distratta.
Lobby di potere consolidate. Fino a poco tempo fa il mondo sembrava incamminato verso un profondo e meraviglioso futuro, poi qualcosa non è andato nel verso giusto e gli effetti, proprio come un’onda anomala, si sono propagati nell’intero globo. Chi stava bene oggi sta peggio. E chi già stava peggio? Chi stava peggio, ed oggi è allo sbando, è scomparso. Scomparso dai pensieri dei grandi finanzieri. Dimenticato dalle rete delle grandi lobby. Abbandonato da qualsiasi agenda politica. I fiumi di chiacchiere e di promesse fatte in passato ed anche nel presente non incantano più nessuno. Un “SI” desolante e di circostanza accompagna qualunque avvenimento quotidiano. Tempo fa c’era l’ardire di andare in piazza, lottare, convogliare energie addosso ad un’ideale. Solo un paio di anni addietro nella Francia più degradata delle periferie parigine c’era ancora chi lottava per la propria dignità. Oggi sembra quasi che imperi la rassegnazione che ha colpito tutte le generazioni e in particolar modo quella che, offesa e bistrattata ormai da tempo, non ha più il senso di appartenenza e l’idea di un credo. É una generazione trasversale, che va dai ventenni fino ai cinquantenni, tutti accomunati da un unico destino: il sentirsi labile, fuggevole, provvisorio. Comprende tutti, operai, impiegati, professori, consulenti, dirigenti, amministratori.
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Donne e uomini. Studenti e lavoratori. Genitori e figli. Borghesi e proletari. È la generazione dei bamboccioni, dei fannulloni, dei mammoni. È la generazione a cui è stata scippata ogni possibilità di progetto. È la generazione di chi vive in real-time e che ha dimenticato la storia. È la generazione di chi pensa ad un nuova identità virtuale rinunciando alla vita. È la generazione che vende la propria dignità per qualche euro. Sembra l’epilogo di una disfatta. E invece è l’incipt di una riconquista. Quarant’anni fa, nel suo celebre saggio “Eclisse della ragione”, Max Horkheimer raccontava con poche righe dove trovare il senso di autenticità dell’essere umano: «I veri individui del nostro tempo sono i martiri che passano attraverso inferni di sofferenza e di degradazione nella loro lotta contro la conquista e l’oppressione; non già i personaggi, gonfiati dalla pubblicità, della cultura popolare». Questa autenticità ci appartiene. E non è un sogno. Nicola Pace
Quanti di noi, prima di cadere tra le fantastiche braccia di Morfeo non mandano un modernissimo sms all’amore del momento, ad un amico caro, augurando una buona notte e relativi “sogni d’oro”? Tutti?
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Addirittura… Ma che romanticoni… Ebbene sì, il sogno inevitabilmente è un sostantivo che almeno una volta al giorno tiriamo in ballo per questo o quel motivo.
Ma cosa significa sognare, in questo terzo millennio che si sviluppa praticamente sotto il segno della tecnologia? Che significato ha oggi dire: “Ho un sogno!”. Vediamo un po’… Contrariamente al significato riportato dai maggiori e più prestigiosi vocabolari, in questa sede cerchiamo di dare una connotazione positiva al termine “sogno”. Perché? Perché di negativo c’è già tanto, basta vedere per cinque minuti un Tg di stato e non (che poi è lo stesso), per rendersene conto. No, noi in questa sede, diamo al sogno un valore positivo. Non lo rinchiudiamo in un possibile sinonimo d’illusione, noi lo rendiamo amico di termini quali desiderio e aspirazioni, che si realizzano, possibilmente. In senso figurativo, avere un sogno equivale ad affermare di provare ardentemente desiderio per qualcosa\qualcuno, da qui i “sogni d’oro” augurati negli sms. È questa la “direzione-ostinata” che intraprendiamo per collocare il sogno al di là del negativo e fargli assumere versi e colori nuovi. Partendo da lontano, precisamente ritornando all’era che potremmo chiamare prescientifica, gli uomini non avevano difficoltà nel trovare una spiegazione del sogno. Quando lo ricordavano, al risveglio, pareva loro una manifestazione benigna o maligna di potenze superiori, ovviamente demoniache e divine. Pirandello invece, in una delle sue novelle, che consiglio caldamente di leggere ci parla di Belluca, un impiegato paziente fino alla noia che è un tantino sfigato nel lavoro. Una notte, dopo aver sentito il fischio di un treno, si ribella alla vita e sfocia in un bellissimo vaniloquio ovviamente senza senso apparente.
Da qui viene ritenuto pazzo e gli trovano “una diversa casa per vivere”, e non aggiungo altro altrimenti questa novella non la leggerete mai… comunque, Il fischio del treno (che sarebbe il treno della Fantasia) altro non è che un modo per uscire dalla quotidianità, è un dolce suono che porta dritto dritto il nostro caro Belluca nel fantastico mondo dei sogni…. Oggi, nonostante lo scibile sia quello che è, resta l’opinione popolare ancorata alla credenza che nonostante tutto, il sogno ha un senso. Questo senso è in rapporto con l’annuncio del futuro, e potrà essere ricavato con qualche procedimento d’interpretazione dal suo contenuto spesso confuso ed enigmatico. Quanti di voi si sono svegliati, magari sognando qualcosa di assurdo e alla fine si è pensato:”significa che…” … di nuovo tutti?! Ma bravi! Vi ripropongo una certa frase di un certo qualcuno “ il sogno è menzogna, o meglio, è un po’ discolo, va lasciato borbottare, come se fosse la macchinetta del caffè. Quello che serve a noi è altro”. “Cioè?” chiese la donna incuriosita del testo e ce lo chiediamo anche noi. Se non abbiamo i sogni nella vita, di tutto il resto che ce ne facciamo? Belli miei, avere un sogno oggi, in questo momento storico di totale incertezza, significa che nonostante tutto quello che succede, siamo sempre pronti a farci trasportare dall’ardente desiderio di realizzare nella realtà, un sogno. È uno degli aspetti che davvero possono farci ritenere simili alle fortunate genti del passato e possono farci affermare che siamo ancora vivi e non esiste solo la fantastica tecnologia a facilitarci la vita. Leonarda Sabino
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Al secolo Caterina Policaro, calabrese di Vibo Valentia, trapiantata a Potenza dove vive e lavora, anche se sarebbe più esatto dire cittadina del web. Per dare un’idea della sua popolarità basterebbe dire che su Twitter ha più di 1.700 following e oltre 1.800 follower, che su Facebook ha creato e amministra un popolarissimo gruppo di 13.409 iscritti, “Le Bufale su Facebook”, che il 24 aprile è stata l’unica finalista italiana, quarta classificata, all’Oscar Europeo dei blogger svoltosi a Bilbao e che il 6 settembre scorso “Speciale TG1” l’ha intervistata come maggiore esperta italiana di Twitter. Insomma Catepol è la regina indiscussa del web e seguirla vuole dire essere sempre informati sulle conversazioni “trend” della rete.
Caterina, come sei capitata a Potenza? Per amore. Quindi per caso. Da dove nasce questa grande passione per il web? Nasce dalla mia innata curiosità per tutto ciò che c'è di nuovo, nasce dalla passione per le nuove tecnologie, dall'ultimo capitolo della mia tesi di laurea, quando nel 1998 scrivevo di metodologie emergenti nella didattica delle lingue e mi appassionai a giochi, videogiochi e internet per insegnare l'inglese. L'Accademia della Crusca ha adottato anche il neologismo "twittare"; tu che hai scritto un'utilissima guida ("Guida a Twitter for Dummies") potresti dirci perchè dovremmo usare Twitter? In realtà, pur essendo una cosiddetta "power user", una forte utilizzatrice sia di Twitter che di
altri social network (Friendfeed ma anche il più famoso Facebook e molti altri), nessun medico ha mai prescritto l'uso di Twitter o di qualunque social network alle folle. Io sono per la relazione, la comunicazione e la condivisione in rete. Ecco il punto: dovremmo usare Twitter per comunicare ad una rete di contatti (piccola o grande) qualcosa. Per entrare facilmente in relazione, per raccontarci e raccontare, per sperimentare che anche in soli 140 caratteri (un SMS) possiamo raccontare tante cose, chiedere consigli, avvisare qualcuno, trasmettere e pubblicizzare ecc. Twitter ha il pregio di essere il più semplice e immediato dei Social Network. In realtà è un servizio di microblogging prima di essere un social network. L'uso è immediato: ti registri, ti dai un username, decidi chi seguire, ti fai seguire da chi vuole
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seguirti, hai 140 caratteri per dire la tua. In rete sei molto popolare, molti ti seguono e ti apprezzano ma qualcuno, come Gianluca Neri (coautore del blog "Macchianera", autore televisivo di "Camera Caffè" e conduttre dei programmi radiofonici "Scatole Cinesi" e "Kondor"), ha dichiarato: “Che io possa morire sputato se aggiungerò mai Catepol a uno qualsiasi dei miei social network”. La mia (onni) presenza in rete, spesso compulsiva, dovuta alla passione per la condivisione e per il cazzeggio, oltre che ad una personalità abbastanza solida (qualcuno dice che ho un grande EGO, vedetela come volete!) porta a situazioni di questo tipo ed esternazioni del genere fanno parte del grande gioco dell'esposizione mediatica. Mi son sempre presentata come prezzemolina della rete, non ho mai nascosto la voglia di entra-
re in relazione, curiosare, farmi i fatti degli altri, conversare, partecipare alle dinamiche della rete abitata. Quando hai un blog che comincia ad esser letto da una cerchia di persone superiore ai parenti stretti e agli amici cominci ad avere una identità in rete ben precisa. E Catepol, cioè io, non è un personaggio creato ad hoc. Sono sempre io, con i miei pregi e i miei difetti. Per cui, o mi si ama e mi si accetta così come sono, o mi si odia. Ma nessuno è obbligato a seguirmi e soprattutto tutti possono liberamente criticare quanto scrivo, quanto racconto, quanto trasmetto in rete e come lo faccio. Basta che non si travalichino le regole del vivere civile e il rispetto per la persona altrui, cosa che spesso nelle critiche via internet spesso accade, pensando di esser protetti da uno schermo luminoso. Gianluca Neri non l'ho ancora conosciuto di persona. Apparentemente chi legge questi scambi decontestualizzati può pensare che ci sia un odio viscerale reciproco e invece non è così. Fa parte di un normale gioco di dinamiche in rete tra personaggi che sul web, per diversi motivi, sono noti ai più. Io, come Gianluca. Fa parte di vecchi discorsi sulle classifiche della blogosfera, di conversazioni che hanno un contesto ben preciso in cui accadono. Nulla di personale con Gianluca, anzi è una persona che aspetto di conoscere dal vivo. Qualche tempo fa si parlava molto di "web semantico" oggi un po' meno, dobbiamo accontentarci soltanto dei "tag" oppure c'è qualcosa di nuovo nel futuro della ricerca? Sicuramente il futuro del web comprenderà il web semantico, l'evoluzione del concetto di tag (cioè il classico etichettare qualcosa perchè sia possibile ricercarlo subito su internet attribuendo un significato in qualche
modo comune al tag). Sicuramente si procederà in questo senso anche se, con l'avvento di Facebook il tagging si è complicato un po'. Quello che posso prevedere io, dal mio piccolo punto di osservazione delle dinamiche del web è una partecipazione sempre più massiccia delle persone in rete. Grazie a Facebook, non dimentichiamolo, tanta di quella gente arrivata al web partecipativo, dal nulla. E da questa massa di utenti dipenderà fortemente l'uso del web. Grazie a Facebook l'Italia sta conoscendo una massiccia presenza in rete, anche quelli che fino a ieri venivano definiti "analogici" hanno aperto le porte alla "condivisione", cosa c'è di buono in tutto questo? Grazie a Facebook tanta gente oramai è in rete e partecipa in qualche modo alle dinamiche di Internet fatto da persone che comunicano e condividono. C'è di buono un uso massiccio degli strumenti a disposizione, c'è di male che c'è bisogno di tanta formazione all'uso di Facebook e di tutto il resto. Ho potuto notare che c'è quasi un divario netto tra chi, consapevolmente usava ed usa internet, blog e social network da prima dell'avvento di Facebook e chi ha scoperto internet grazie a Facebook, arrivandoci al massimo da esperienze di chat col messenger e da una casella di posta elettronica usata poco. Pericolosa per molti è l'equazione "Sto su internet = sto su Facebook", il social network più famoso al mondo tende a includere tutte le attività, tende a far rimanere l'utente dentro il suo sistema, sommerso di giochi e test demenziali, illudendolo di avere uno spazio tutto per se. Se tutto ciò stimola la curiosità per tutto quanto di "altro" è internet, per la conoscenza che arricchisce proprio perchè con-
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divisa da molti, ben venga. Se l'utente continua ad usare uno spazio pubblico pensando che sia privato, senza alcun controllo delle sue impostazioni di privacy o di quanto comunica al resto del mondo attraverso il suo profilo Facebook, c'è seriamente da stare attenti. Sei una insegnante e non posso non chiederti lo stato e il futuro del web nella scuola lucana. L'ebook nella scuola resterà una chimera? La scuola italiana viaggia su tanti di quei binari diversi che è difficile prevedere qualcosa, soprattutto in tempo di tagli senza criterio. Nonostante le statistiche vedano i docenti italiani come i meno tecnologici o quasi tra i docenti, io vedo invece tanta buona volontà e predisposizione ad utilizzare le tecnologie per ammodernare la didattica e per rendere più efficace il processo di apprendimento. Ma non sarà la tecnologia (l'ebook o le LIM, le lavagne multimediali) a salvare la scuola italiana. Sarà l'apertura mentale ad usare una tecnologia o un'altra con degli scopi ben precisi in mente, con obiettivi didattici raggiungibili e perseguibili a medio e lungo termine. L'ebook potrebbe prendere piede, anzi me lo auguro. Attorno all'ebook servono tutta una serie di soluzioni che possano permetterne la corretta fruizione sia in classe che fuori, mentre da quello che leggo, spesso si parla di ebook solo in termini di "Rivoluzione", di "Risparmio di carta" ecc. È uno strumento, e come tale non è la panacea di tutti i mali della scuola italiana, ma una possibilità in più che farà frutti in mano di chi, comprendendone le potenzialità, si adopererà per utilizzarlo al meglio. Corriamo tutti in direzione della conservazione della cultura in digitale ma in prospettiva di
lunghissima durata il nostro patrimonio è al sicuro ? Spero si arrivi a trovare una soluzione digitale che, al pari dei libri di carta con cui da millenni tramandiamo la cultura, possa permetterci l'archiviazione sicura dei nostri dati e la loro riproduzione anche a distanza di tempo, da diversi supporti. Non so se al momento ciò sia possibile, realmente. Sicuramente tutti oramai abbiamo migliaia di foto digitali in archivio e pochissime stampate. Sicuramente conserviamo migliaia di mail (cancellabili sbadatamente con un solo click) digitali e pochissime, magari sbiadite lettere vergate a penna (che però nessun click potrà distruggere). La Regione Basilicata ha rinnovato per ben due volte "Il computer in ogni casa" (un contributo per l'acquisto di un pc) e molti immaginano che la nostra regione sia tra le più informatizzate d'Italia. Ma è proprio così ? Da lucana di adozione ho potuto osservare il fenomeno e realmente, grazie alla Regione Basilicata, sembra che tutti abbiano un computer in ogni casa. Quindi il contributo ha ovviamente funzionato. Molti hanno internet o lo hanno attivato proprio grazie a questa distribuzione capillare di strumenti informatici. Mi sembra però che il processo si sia fermato. Non c'è stata una reale formazione di tutta questa gente all'uso consapevole dello strumento computer e delle innumerevoli possibilità della rete internet. È stato distribuito un quaderno e una penna, per dirlo con una metafora, ma poi il maestro per imparare a scrivere non c'era. Allora ognuno ha usato e usa quaderno e penna senza prospettiva di "miglioramento" sociale, come dovrebbe essere a valle di questa distribuzione di un computer in ogni casa. Il giorno in cui anche nel paesino più interno della Basilicata,
(come accade in ogni angolo della Scozia) si potrà prenotare una stanzetta per dormire semplicemente via mail ed essere sicuri che la prenotazione sia andata a buon fine così come la transazione con la carta di credito, l'immediato istante dopo, ecco, forse quel giorno si potrà affermare che la Basilicata è informatizzata. Non prima. Essere informatizzati è tutto qui: avere uno strumento e utilizzarlo quotidianamente, per tutto. Ma il blog aiuta a sognare ? In una conversazione continua, in rete con altri. Il blog è fatto per esprimere la voglia di comunicare a tutto tondo, una stanzetta tua con vista sull’intero web, un indirizzo mediante il quale chi naviga in internet ti può venire a trovare per scambiare due chiacchiere con te e prendersi un caffè. Un blog è una estensione di te stesso. Che tu voglia raccontare quanto ti è accaduto, o condividere un video o una barzelletta, che tu voglia diffondere notizie, riprenderle, commentarle, dare la tua opinione in merito o semplicemente segnalare ad altri quanto hai ritenuto importante per te, che tu voglia semplicemente
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dare libero sfogo al grafomane logorroico che è in te, il blog è il tuo spazio. Libero e personale, ma anche sociale se non lo tieni privato. Dove sei tu a metterci quanto di tuo vuoi condividere e a non metterci quello che di tuo vuoi conservare. Un po’ il tuo cartellone pubblicitario, il tuo spot. Parla di te anche se non parli di te. Un blog è un arricchimento continuo per te che scrivi andando alla ricerca di cose da scrivere che possano interessare il tuo lettore oltre che te stesso, ma la ricchezza viene soprattutto da quanti commentando in bene o in male, linkandoti, diffondendo ad altri i tuoi contenuti in Internet, ti accompagnano alla scoperta di altri pensieri, di altri blog, di altre persone con cui non avresti mai pensato di entrare in contatto, con cui non avresti mai pensato di avere delle affinità e degli interessi comuni. Per cui, forse si, è corretto dire che un po' aiuta anche a sognare! Vito Colangelo p.s. Ovviamente l'intervista a Catepol si è svolta rigorosamente in rete. :)
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el 1909 una manica di intellettuali della più eterogenea estrazione interiorizzano e partoriscono l’idea della velocità. L’idea del futuro. Fu attraverso la frenetica penna e l’irrequieto pennello di questi gentiluomini intesi ad intendere la vita, il sogno, l’arte ,la prosa, la fotografia, che l’idea si incarnò divenendo avanguardia, e da avanguardia si trasformò in pura forza. In quel periodo la popolazione europea aveva raggiunto i 390 milioni, e mezzo milione di loro si spostava già in automobile, nella sola Gran Bretagna tra il 1909 e il 1911 si costruiranno tremila sale cinematografiche mentre intanto Luois Blèriot aveva già sorvolato la Manica con un aereo! Il futurismo altro non fu, infatti, che una solida iniezione di autostima (come forse avremmo bisogno anche ai giorni nostri), un movimento dove la provocazione in qualsiasi sua declinazione è l’infinito della creazione e della creatività, una ricerca costante di una qualsiasi reazione intellettuale con l’intento chiaro di stimolare, e l’imperativo di farlo in fretta. Nel futurismo, contrariamente alla prassi che si conviene per qualsiasi teoria o presunta tale dove è il pensiero a supportare l’azione (cosa che poi in concreto avviene di rado), assistiamo ad un capovolgimento sconvolgente in grado di stracciare millenni di sillogismi: per i futuristi è l’azione a supportare l’idea. Essi non cercano un risultato finale che corrobori o frustri il loro agire, perché l’azione è di per sè
già un risultato! Non serve dunque che l’agire sia teleologicamente orientato, o aprioristicamente ragionato, calcolato, misurato… Ne è prova il fatto che questo movimento sia pervaso da un ottimismo creativo, una sorta di frenesia edificante che sfocia in un compulsivo stimolo a superare se stessi. La scaturigine di tutto fu il mito della velocità, velocità intesa come affrettarsi a creare, come odio dell’immobilismo, del lassismo, la riflessione cedette il passo all’azione, in quel modo fu il creato a crearsi, ad assumere
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valore simbolico intrinseco grazie ad un’innovativa e potente capacità percettiva dataci dalla prospettiva della velocità. Questa corrente potente e camaleontica è l’ultimo manifesto di pensiero della nostra epoca, l’ultima idea degna di questo nome, l’ultimo potente stimoloprovocazione prima della grande ottenebrante, stagnante apatia intellettuale; quest’anno ricorre il suo centenario, non credete che forse sarebbe il caso di essere un po’ più… veloci!? Francesco Tripaldi
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1929: viene spezzata la logica del reale, la cinepresa diventa il filtro di una nuova realtà, quella dell’inconscio, ha inizio, nel cinema, la rivoluzione copernicana del surrealismo. Infatti in quell’anno Luis Buñuel e Salvador Dalì mettono in scena Un cane andaluso (titolo originale Un chien andalou), un cortometraggio di circa 16 minuti che diventerà uno dei capisaldi della cinematografia mondiale e dell’arte surrealista. La regia è di Buñuel mentre la sceneggiatura è scritta a quattro mani da Dalì e lo stesso Buñuel (Dalì scriverà insieme al regista spagnolo anche la sceneggiatura del loro successivo film , L’âge d’or). Entrambi, Buñuel e Dalì, diventeranno, a buon diritto, due dei massimi esponenti del surrealismo, rispettivamente nel cinema e nella pittura. Il film, apparentemente, racconta del semplice incontro tra un uomo e una donna (da qui in avanti Uomo e Donna), probabil-
mente due amanti, ma in realtà è molto di più, è una vera e propria sequenza onirica dove i due protagonisti vivono situazioni distorte, macabre, inquietanti e sconnesse tra di loro, oltre ogni comprensione razionale. La regia di Buñuel è semplice ed essenziale, articolata in sole inquadrature fisse composte da campi medi, figure intere e primi piani. Questo perché, da un lato si tratta della sua prima opera filmica e dall’altro per lasciare spazio ed espressione alla narrazione e alla sceneggiatura, la quale non è altro che un puro delirio onirico di immagini visionarie dei due autori. Le scene hanno una devastante ed inquietante potenza visiva, dove il loro filo conduttore non è la razionale successione cronologica degli avvenimenti ma al contrario è il loro essere connesse dalla non-logica del sogno. Il tutto è incorniciato da alcuni brani tratti del Tristano e Isotta
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(1857-1859) di Richard Wagner e da vari tanghi argentini. Le musiche del Tristano e Isotta, non a caso, sono utilizzate per descrivere l’incontro iniziale tra i due protagonisti e, successivamente, la morte dell’Uomo (più precisamente del suo alter ego), rendendo così ancora più sospesa l’atmosfera del cortometraggio (per chi non ricordasse, Tristano e Isotta racconta della turbolenta vicenda di due amanti che muoiono prima di potersi rincontrare), mentre i tanghi argentini fanno da tappeto al resto dell’opera e ben enfatizzano i punti di maggiore tensione ed inquietudine. Un cane andaluso è il manifesto del cinema surrealista. Il film, di pura estrazione freudiana, rappresenta quello che avviene in un sogno, mette in scena la logica irrazionale ed onirica dell’inconscio, rompendo la razionalità dei concetti di spazio e tempo. Come insegna il buon Freud, in
ogni sogno ci sono dei simboli che trascendono il loro valore reale per approdare ad un significato più profondo, scrigno delle pulsioni e delle volontà più nascoste dell’uomo. Questo è il processo di svelamento dell’inconscio e questo è quello che fanno Buñuel e Dalì in quest’opera. Ogni scena, ogni elemento, ogni personaggio rimanda ad un significato altro da quello apparente, un esempio su tutti: la figura androgina che l’Uomo e la Donna vedono dalla finestra sta a rappresentare la parte femminile del protagonista, il femminile presente in ogni uomo. Mi preme precisare che trattandosi di un opera surrealista e quindi di un “sogno”, il significato preciso e reale dei simboli è impossibile da conoscere, si può parlare esclusivamente di interpretazioni, per questo quelle che leggete qui sono solo mie personali considerazioni in merito. Ritorniamo a noi. Il cortometraggio è, inoltre, impregnato di diversi temi cari al surrealismo, come quello della morte, del doppio e della sessualità (Un cane andaluso è uno dei primi film a mostrare una vera e propria scena di nudo). Buñuel e Dalì pervadono la narrazione anche di una forte carica anticlericale ed antiborghese (come sarà di uso frequente nella loro poetica). Di questa volontà ne sono esempio due precise scene, quella in cui l’Uomo, nell’avvicinarsi alla Donna, tira alle sue spalle due corde a cui sono legate due tavole di legno, che ricordano le tavole dei Dieci Comandamenti, due preti, due pianoforti e due teste di asino, e la scena in cui l’Uomo si ritrova senza bocca. La prima simboleggia la difficoltà dell’uomo-artista nell’agire liberamente perché sovrastato dalla moralità cattolica (le due tavole di pietra e i due preti), dalle consuetudini borghesi e
aristocratiche (i due pianoforti) e dalle leggi dell’economia (le due teste di asino), mentre la seconda rappresenta l’impossibilità dell’arte di esprimersi poiché ingabbiata dalle logiche della massificazione. Nonostante tutto ciò, Bunuel e Dalì non lasciano naufragare lo spettatore in questo marasma onirico ma gli indicano la rotta fornendogli delle chiavi di lettura: il rasoio che taglia l’occhio della Donna all’inizio del film e la scatola a righe appesa al collo dell’Uomo quando è in bicicletta. L’occhio tagliato dal rasoio indica che, per guardare il racconto, bisogna cambiare prospettiva di visione, passare da quella reale a quella onirica, mentre la scatola a righe rappresenta l’inconscio che, come uno scrigno, va aperto e indagato in
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modo, così, da poter comprendere il significato e la non-logica del sogno. Inoltre i due “sognatori”, nel titolo, parlano di un cane, un cane andaluso. Alla fine del film, però, del cane non c’è nessuna traccia. Cìò proprio per dimostrare che quando ci si imbatte nei sogni, quello che essi significano non è quello che si vede ma è quello che apparentemente non c’è, come il cane del titolo. Questo da un lato inquieta ma dall’altro arricchisce di meraviglia la nostra esistenza. A questo punto non ci resta che dormire e sognare, come quei cani di Bunuel e Dalì. Davide Galasso
Ho sognato di finire nella pancia di un mega orso di peluche che ha ucciso l'uomo che gli dava la caccia nella foresta illuminata da una luna atomica. Ho sognato di indossare una camicia di forza in una scatola ce-
leste insieme a gente strana che giocherellava con le forbici.... un motivo l'avranno avuto... Ho sognato di guidare un enorme truck che al posto del motore ha delle fauci spalancate, sfortunatamente mi si è fermato per
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strada e mi sono allungata -tipo ispettore Gadget- a controllare ed aprendo il cofano ho visto uscire un ragazzo tutto sporco avvolto da una nube verdina e fetida. Poi i denti hanno cominciato a
farmi male e sono andata dal dentista, che è un gorilla. Mi ispeziona il cavo orale e mi trova un diamante sulla lingua. Me lo estrae e cerca di rubarmelo, ma lottando riesco a prenderlo e me lo porto via. Nel frattempo tale diamante è cresciuto tanto che lo porto in braccio e lo butto nelle fauci del mio truck che così fortunatamente riparte e riesco a raggiungere un museo, dove trovo il mio amore esanime in esposizione ed accanto a lui lascio una bomba ad orologeria, che fa un boato davvero spaventoso! Ed uccide tutti, ma resuscita il mio amato e per lui piango lacrime nere e luccicanti di gioia. Ho sognato di vedere la terra spaccarsi e di poter scorgere il magma, di strapparmi la ma-
glietta e trovarmi un tunnel di rocce nel cuore che mi ha portato ad un'isola.... ma l'uomo allora è o non è un'isola? Ho sognato di aver trovato un libro che si è scritto da solo sotto i miei occhi, l'ho portato in casa editrice, ne ho ottenuto la pubblicazione ed ha fatto così tanto successo da diventare una pièce teatrale, in cui io da protagonista racconto in prima persona di aver trovato un libro che si è scritto da solo sotto i miei occhi, l'ho portato in casa editrice, ne ho ottenuto la pubblicazione ed ha fatto così tanto successo da diventare una pièce teatrale, in cui io da protagonista racconto di me che in un teatro narro davanti al pubblico di aver trovato un libro che si è scritto da solo sotto i miei occhi, l'ho portato in
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casa editrice, ne ho ottenuto la pubblicazione ed ha fatto così tanto successo da diventare una pièce teatrale... e qualsiasi cosa è diventata edera. Che ha distrutto tutto e si è ripresa il libro che avevo trovato. Ho sognato due fili di seta rossa venir fuori dai miei capezzoli e rivestirmi tutta, fino a trasformarmi in una pupa. Ho sognato di non avere un capello in testa e di trasformarmi a tratti in un cyber orso polare. Ho sognato di essere vestita di soli aghi e perline. Ho sognato di strani liquidi colorati che hanno fatto il giro della mia testa attraverso naso, occhi, bocca ed orecchie. Ho sognato di esser totalmente coperta di pietre preziose negli abissi, mentre meduse bianche e pesciolini colorati mi nuotano attorno. Ho sognato di vagare per una landa desolata indossando un vestito fatto unicamente di campanellini. Ho sognato di essere una creatura isterica coperta di fieno e placenta. In pratica ho visto tutta la videografia di Bjork. Islandese, da alcuni è creduta addirittura un'aliena. Musica onirica sapientemente accompagnata dai deliri visivi di cui sopra; collaborazioni eccellenti con gente del calibro di Mike Patton, Robert Wyatt, Michael Gondry e Floria Sigismondi; brani, dischi e concerti che mai si ripetono... Bjork è un folletto nordico e dispettoso che di anno in anno partorisce un prodotto innovativo (cosa rara di questi tempi come le mosche bianche) la cui prova più “tangibile” sono appunto i video. Vi lascio qualche titolo emblematico: Where Is The Line, Human Behaviour, Joga, Cocoon, Pagan Poetry. Cercatele su youtube, sembrerà anche a voi di aver sognato. Alessandra Carlucci
C’era una volta una principessa sola. Non sognava una macchina nuova, un lavoro ben pagato e tanto successo. Quello che voleva era un principe azzurro che arrivasse da lei su un cavallo bianco e la portasse con sé nel suo castello. Aspettava il lieto fine… e vissero tutti felici e contenti. Una storia vecchia anni. Tramandata da generazioni, ma sempre viva. Quella principessa esiste ancora e aspetta il suo lieto fine. In questo caso leggermente modernizzato… ma sempre un lieto fine. Anni di emancipazione e di lotte per rendere la donna libera. Ma il sogno esiste ancora e rende ogni donna ancora più libera, di sperare nel giorno più bello. Ecco che da una foresta incantata passiamo al caos delle metropoli. Alla ricerca dell’uomo perfetto per il giorno perfetto. Tutto perfetto. Ma come può una donna sola
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rendere tutto così perfetto? Ecco che entra in scena nella storia una figura che potremmo chiamare l’assistente personale dell’eroe. In questo caso si chiama Wedding Planner, la migliore amica temporanea della sposa, dall’ideazione fino all’attuazione del matrimonio. Ogni donna vorrebbe essere una principessa, almeno per un giorno. Quindi perché non esserlo il giorno più importante della vita, quello del sì. Ho incontrato due delle tre socie di Falling in Wed, la neonata agenzia di organizzazione matrimoni, creata dalle donne per dare spazio ai sogni delle donne. Come ci si sente a realizzare i sogni delle giovani neo-spose? Ci si sente un po’ come la fatina di Cenerentola, fortunate perchè regaliamo momenti magici ed unici alle persone. Ovviamente al posto della bac-
chetta magica noi siamo armate di agenda enorme e BlackBerry. Quanta creatività è necessaria nell’organizzazione di matrimoni? Ce ne vuole indubbiamente tanta. Non è sufficiente ascoltare le richieste della sposa, bisogna immaginare tutto quello che vogliono ma che non dicono. Creatività ed abilità a tradurre i sogni in realtà. Quali sono i sogni delle spose di oggi? Sono i sogni delle spose di sempre. Avere una giornata perfetta, vivere un momento felice con la propria famiglia. Una giornata che le renda uniche. Spesso sembrano sogni all’apparenza impossibili, ma in fondo sono i sogni di sempre. Sono tutti realizzabili i sogni e le richieste fatte dalle vostre clienti? Tutto è realizzabile perché il principio che muove i sogni è la volontà di sentirsi uniche e speciali. E ovviamente basta trovare la persona giusta a cui affidarsi. Qual è stata la richiesta più stravagante che avete ricevuto ultimamente? Ce ne sono state tante di richieste stravaganti. Ma sicuramente una tra tutte è stata la richiesta della lista nozze in un negozio di scarpe. E anche davanti a questo noi non ci fermiamo. Cosa si prova quando si arriva al giorno del si? Tanta emozione e uno stato di agitazione paragonabile al giorno della discussione della laurea. Davanti a cosa vi fermereste? Sicuramente un matrimonio deciso unilateralmente, dove solo una persona è realmente felice. E poi davanti ad un matrimonio dove per realizzare il sogno di una persona non si rispetterebbero gli altri invitati. Qual è la paura più grande di una wedding planner? La paura che la persona a cui realizzi il sogno poi non sia felice
della sua scelta e che qualcosa di imprevedibile faccia andare storto tutto il meccanismo su cui hai lavorato. Cosa pensa un’organizzatrice di matrimoni che una sposa non penserebbe mai? Semplicemente pensa 5 minuti prima della sposa. Le cose più semplici, come l’idea che i bambini con le fedi non arrivino mai all’altare per paura. Perché affidarsi ad una professionista di matrimoni invece che organizzare tutto da soli? Perché il giorno del matrimonio sia il coronamento di un amore e non il termine di una serie di preoccupazione dovute all’organizzazione. Perché a volte è bello concedersi un sogno senza fatiche. Qual è il vostro sogno? Prima di tutto non smettere mai
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di avere sogni. Poi un marito felice, tanti figli e ovviamente….un matrimonio da favola. “Falling in Wed” è una realtà nata da poco. Fatta da donne giovani, ma soprattutto diverse tra loro. Cosa ha portato un avvocato, una psicologa e un’esperta di comunicazione a creare qualcosa di così differente? Abbiamo pensato che unire le nostre competenze e le nostre conoscenze così diverse potesse essere una forza in più. Per noi “Falling in Wed” è la realizzazione del sogno. Andreina Serena Romano
Quando penso alla parola sogno non riesco a immaginare me o un uomo che dorme. Nella mente mi sobbalza subito qualcuno che guarda avanti, ma non dritto, di sbieco rispetto alla moltitudine di uomini che lo circonda. È qualcuno che sta scrutando un’utopia, ma è stanco di sentirsela chiamare così, come se fosse davvero qualcosa di irrealizzabile. La fine dell’utopia di Herbert Marcuse, parte proprio dall’incapacità umana di riuscire a sognare un modo diverso di fare le cose, di agire nel quotidiano, o meglio all’incapacità dell’uomo di scrollarsi di dosso le sue convinzioni per fare in modo che quello che ha creato sia al suo servizio, invece di asservirsi ad esso. Le parole che seguono rendono chiaro il concetto che Marcuse ha di utopia: “Io credo che si possa parlare di utopia solo in quest’ultimo caso, e precisamente quando un progetto di trasformazione sociale si trova in contraddizione con leggi scientifiche realmente determinate e determinabili”. Niente di più chiaro, l’utopia è tale solo se va contro le leggi della scienza, non se è un progetto di cambiamento sociale che va solo contro una morale, che come sappiamo di scientifico non ha mai avuto nulla. Vale la pena di riportare ancora le parole di Marcuse a proposito di una nuova antropologia basata sul bisogno di libertà: “La nascita di
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una nuova antropologia implica anche il sorgere di una nuova morale come eredità e negazione della morale giudaico-cristiana, che finora ha determinato la storia della civiltà occidentale. La società repressiva continua incessantemente a riprodurre nei suoi membri i bisogni che essa stessa stimola e soddisfa, sicchè a loro volta gli individui continuano a riprodurla nei loro bisogni, e persino attraverso e oltre la rivoluzione”. Ma qual è, in definitiva, la svolta, il cambiamento sociale e morale che Marcuse auspica ma che viene visto dalla maggioranza come un’utopia? Lo accennavamo prima, il rendere ciò che abbiamo creato qualcosa che sia al nostro servizio, in particolare Marcuse si riferisce ai progressi tecnico scientifici che hanno portato all’industrializzazione dell’occidente. “Perché queste potenzialità della tecnica non diventino potenzialità repressive e perché possano assolvere alla loro funzione liberatoria e pacificatrice, esse devono essere sostenute e ottenute da bisogni di liberazione e pacificazione”. I bisogni di liberazione a cui Marcuse si riferisce sono sia quelli delle necessità materiali, ma anche, di conseguenza, libertà mentali, in quanto in una società dove il lavoro non è repressione, sicuramente tutti possono iniziare a guardare di sbieco invece che dritti. Andrea Samela
Mi preparo all’autunno recuperando nei ritmi quelle atmosfere che m’accompagneranno durante questo periodo dell’anno. È la musica di Leonard Cohen (In My Secret Life) a farmi compagnia, il silenzio è ancora più tenue e intenso e mi spinge al limite del sogno. Alle volte mi accade di pensare che il tempo passi veloce sulla mia testa scegliendo al mio posto, e che io sia una comparsa incapace di recitare alcun ruolo determinante. Penso ad esempio all’amore, a quel meraviglioso e struggente sentimento che ti sbrindella in mille colori, che ti sottrae fiato spingendoti verso il delirio di una caduta senza freni. Alla meraviglia delle parole che si fanno magia e stanza dove ospitare l’amato. Al corpo che si fa intenso aprendosi in mille pieghe pronte a raccontarsi e a darsi, agli sguardi che si fanno intriganti e complessi, agli odori che ti spingono all’altro in un desiderio che non ha limite e all’eleganza del calore dei corpi che i due amanti sapranno regalarsi nella loro più intima complicità. “Il manto della notte mi nasconde ma se non mi ami lascia che mi trovino. Meglio che il loro odio mi tolga la vita e non che la morte tardi senza il tuo amore”(Shakespeare). E così m’accorgo di come sia bello poter vivere tutto questo anche nelle sconfitte, nei turbamenti o nelle cadute
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che questo sentimento comporta. Ho deciso! Vivrò l’amore fino al limite del sogno. Nel mio sogno d’amore aiutato dai versi di Giulietta e Romeo giungo sino a Verona, precisamente nella Valpolicella, per rivelare un sogno, o meglio come da un sonno nacque un Vino. Dicono che il contadino dimenticò il vino in botte oltre il previsto, quando se ne ricordò pensò che l’avrebbe trovato aceto; una tradizione di vignaioli disonorata per la dimenticanza sua, pensò! E invece meraviglia delle meraviglie quella dimenticanza conferì a quel vino un’identità nota oggi come Amarone, uno dei grandi Vini del Mondo. Se questa sera vi sentite intensi e passionali, intriganti e sognatori allora non potete sottrarvi alla sensualità dell’Amarone. Il suo gusto speziato e vellutato sarà piacevole come il corpo del/la vostra/o amata/o. Un piacere solenne, gentile ed espressivo fin nelle sue ultime e più profonde note. Evitate che il tempo vi passi addosso senza che voi lo abbiate assaporato, ed ecco la relazione che c’è tra un vino e l’amore: entrambi senza la follia e il desiderio sarebbero fili senza fiato, perché solo quando ti spingono sull’orlo del precipizio, dove non c’è tempo e non memoria, ma solo il fondo da dove guardare il mondo t’accorgi che c’è l’eccezionale. Sognando avrete Scoperto! Questa volta brindo ai Sogni all’Amore e all’Amarone, Prosit e Serenità! Wine_R
A ridosso delle Dolomiti Lucane, suggestivi, i paesi di Castelmezzano e Pietrapertosa offrono lo scenario ideale per ripercorrere un volo tra sogno e realtà. Attrazione unica in Italia, il “Volo dell’Angelo” è l’impianto più frequentato negli ultimi anni che ha il potere di rendere affascinanti i paesaggi e aiutare il turistaviaggiatore a conoscere due tra i borghi più belli d’Italia. La Basilicata è una Terra da scoprire perché ogni piccolo borgo ha un proprio fascino, una propria magia… Il sogno di poter volare, raggiungere l’impossibile, chiudere gli occhi e ritrovarsi con i piedi per terra e la certezza di aver volato. L’emozione colora gli attimi e li
rende interminabili, perché volare liberi è un’esperienza che rimane indelebile. Il sogno più grande dell’uomo è sempre stato quello di superare i propri limiti, congiungere la terra al cielo senza il peso del corpo. Un viaggio indimenticabile tra sogno e realtà, paura ed emozione, coraggio e vittoria con la consapevolezza di essere i protagonisti del film più bello ed accorgersi che si è vicini alla realtà, sfiorando di essere vicini ad un sogno: viaggiare tra le ali del vento. È bello viaggiare e la differenza tra viaggiatore e turista sta nel diventare protagonista del sogno e non spettatore estraneo. Il turista osserva, scatta foto, compra souvenir, rimanendo lo straniero che tornerà a casa, il viaggiatore vive, annusa, tocca e
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cerca col cuore di unire il viaggio ai sogni. È bello osservare quanto del viaggiatore c’è in ogni turista che visita la Basilicata e che si tuffa nello scenario meraviglioso delle Dolomiti. Volare è come se si raccogliesse l’essenza del paesaggio, portarla con se e raccontare un’avventura che solo tra le nuvole lucane si può vivere. Donato Sabia
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THE SPAGHETTI WESTERN ORCHESTRA
Teatro Ciak Milano - dal 28 ottobre all’8 novembre 2009
Un viaggio musicale epico e semi-serio tra i film di Sergio Leone e le musiche di Ennio Morricone. I Magnifici Cinque cavalcano in città armati di 100 strumenti per mettere in scena una ripresa originale e comica dei classici western e delle epiche colonne sonore di Morricone. The Spaghetti Western Orchestra è composta da cinque talentuosi poli-strumentisti con esperienze di teatro, danza contemporanea, cinema e musica dal vivo. teatrociak.it
SKUNK ANANSIE
In concerto al Teatro Tenda Saschall Firenze - 16 novembre 2009 Da mesi si rincorrono le voci di una loro possibile reunion. Ora le voci sono diventate certezza e gli Skunk Anansie, in formazione originale con l’eclettica Skin alla guida, sono pronti a tornare sui palchi di tutta Europa, Italia compresa, con il nuovo Greatest Hits Tour. Formatisi nel 1994, dopo aver pubblicato tre album di grande successo con cui hanno venduto oltre 4 milioni di copie in tutto il mondo, si sono sciolti nel 2001 per dedicarsi a progetti individuali con cui ritrovare stimoli persi in gruppo. Info su ticketone.it
BIENNALE ARTE 53
Esposizione Internazionale d’Arte Arsenale (VE) - fino al 22 novembre 2009 È aperta nelle sedi espositive dei Giardini, all’Arsenale e in vari luoghi di Venezia, la 53° Esposizione Internazionale d’Arte dal titolo Fare Mondi diretta da Daniel Birnbaum e organizzata dalla Biennale di Venezia presieduta da Paolo Baratta. L’Esposizione ha orario 10-18 (Giardini chiuso il lunedì, Arsenale chiuso il martedì) fino al 22 novembre. Info su labiennale.org
THRILLER LIVE
Show sulla carriera di Michael Jackson al teatro Ventaglio Milano - dal 27 novembre al 6 dicembre 2009 Creato per celebrare la carriera di Michael Jackson, indiscusso e leggendario Re del Pop, Thriller Live è un spettacolo esplosivo di danza e musica che ripercorre il talento di un uomo che ha segnato la musica pop moderna. Lo spettacolo, concepito e programmato ben prima della scomparsa dell’artista, ha debuttato il 2 gennaio 2009 al Lyric Theatre di Londra. ticketone.it
LUDOVICO EINAUDI
In concerto al teatro Verdi Firenze - 10 dicembre 2009
Ludovico Einaudi, compositore e pianista. La sua musica affonda le radici nella tradizione classica con l’innesto di elementi derivati dalla musica pop, rock, folk e contemporanea. Le sue melodie, profondamente evocative e di grande impatto emotivo, lo hanno reso oggi uno degli artisti più apprezzati e richiesti della scena europea. Info su ticketone.it
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DAVID KIKOSKI TRIO IN CONCERTO
Auditorium Comunale di Piazza del Sedile Matera - 8 novembre 2009
David Kikoski è da molti anni uno dei più completi e efficaci pianisti presenti sulla scena jazz mondiale, e vanta un curriculum impressionante. Numerose sono le sue collaborazioni di rilievo con musicisti illustri tra cui spicca quella con il grande Roy Haynes, uno dei primi a scritturarlo dopo il suo arrivo a New York. Il suo stile trae ispirazione da svariate fonti e presenta un distillato sapientemente equilibrato della storia del piano jazz vista attraverso l’ottica di un musicista che ne vive l’evoluzione costantemente in prima linea.
SALONE MERIDIONALE DEL GUSTO
Grande Albergo in C.so XVIII Agosto Potenza - dal 24 al 26 novembre 2009
Alla sua terza edizione, è un appuntamento costante per chi vuole scoprire, conoscere e apprezzare il meraviglioso mondo dell’ Enogastronomia. Il Salone Meridionale del Gusto nel campo delle fiere alimentari, rappresenta la risposta all'omologazione determinata da un mercato globalizzato, penalizzante per la piccola produzione di qualità valorizzando la volontà di preservare un intero patrimonio culturale e ambientale legato alla gastronomia, rivitalizzando le micro-economie locali. salonemeridionaledelgusto.it
POTENZA INTERNATIONAL FILM FESTIVAL
Potenza - dal 1 al 5 dicembre 2009
Il Potenza Film Festival si propone come luogo di ricerca, di valorizzazione e di confronto per il nuovo cinema internazionale nelle sue diverse forme e tendenze artistiche, con particolare attenzione alle cinematografie emergenti, ai giovani cineasti e ai nuovi linguaggi. Promuove la conoscenza e la divulgazione di film di nuovi autori caratterizzati dalla ricerca stilistica, formale e dall’impiego delle nuove tecnologie, favorendo lo scambio di esperienze tra i cineasti e la valorizzazione del territorio lucano. potenzafilmfestival.it
SAGRA DELLA PETTOLA
Montescaglioso - 21 dicembre 2009
L’evento, sarà ricco di sapori, profumi e colori che ci porteranno nell’atmosfera gioiosa e incantevole delle feste natalizie. La tradizione vuole che le pettole siano mangiate appena cotte, calde e fragranti. Possono essere accompagnate da un buon vin cotto o dalla nutella. L’impasto morbido e saporito sarà preparato dalle massaie e signore di Montescaglioso, davanti ai visitatori, in modo da far riscoprire ricette antiche, tramandate di generazione in generazione e fatte rivivere in occasione della manifestazione.
LA PARATA DEI BRIGANTI
Rionero in Vulture - fino al 31 dicembre 2009 Mostra permanente in cui lo spettatore riuscirà a calarsi nel periodo tanto funestato di fine ‘800, grazie all’apporto di immagini, video, voci narranti, musiche, proiezioni cinematografiche, opere pittoriche e fotografiche, rivivendo sotto una nuova luce le vicende di personaggi chiave come Crocco, Ninco Nanco, Francesco Guerra, Michelina di Cesare. La mostra, ad ingresso gratuito, sarà visitabile presso le sale di Palazzo Giustino Fortunato.
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PREMIO ARTE LAGUNA
Concorso internazionale di pittura, scultura e arte fotografica Scadenza 15 novembre 2009 Il Premio Internazionale “Arte Laguna” è finalizzato alla promozione e valorizzazione dell’Arte Contemporanea. Il concorso prevede l’assegnazione di premi in denaro, l’allestimento di un’importante esposizione collettiva presso l’Arsenale di Venezia, mostre in Gallerie d’Arte e pubblicazione del catalogo. Il Premio, a tema libero, si suddivide in tre sezioni: pittura, scultura e arte fotografica. Info sul sito premioartelaguna.it
CITTÀ DI CHIERI
Concorso internazionale di musica per Giovani Interpreti Scadenza 15 novembre 2009 L’associazione Circolo Cameristico Piemontese, al fine di incoraggiare e valorizzare i giovani strumentisti a fiato, indice e organizza il 9° concorso di musica per giovani interpreti “Città di CHIERI”. Il Concorso è aperto ai giovani musicisti italiani e stranieri. La manifestazione si svolgerà a CHIERI dal 23 al 29 novembre 2009. Info sul sito ccpiemontese.it // e-mail: info@ccpiemontese.it
INCONTRI DI-VISI: SGUARDI DAL MONDO
Concorso letterario II edizione Scadenza 30 novembre 2009
L’associazione “Amici per il Centrafrica ONLUS” organizza un concorso letterario dal tema “Incontri di-visi: sguardi dal mondo” con il patrocinio del Comune di Cislago e la collaborazione dell’associazione “L’aquilone”. Si concorre inviando non più di tre racconti che rispettino il tema proposto e di lunghezza non superiore alle tre cartelle dattiloscritte. Il concorso è aperto a tutti. La partecipazione è gratuita o ad offerta libera. I premi consisteranno in oggetti di artigianato africano. Per info amicicentrafrica.it
FOTOCLUB POLIFEMO
3° Concorso fotografico Scadenza 30 novembre 2009
Il concorso è libero, può partecipare chiunque tranne i Soci del Fotoclub Polifemo. La quota di iscrizione è di soli 10,00 €uro, che andranno a contribuire al montepremi finale. Possono partecipare immagini a colori o in bianco e nero. Ogni concorrente può partecipare con un massimo di 4 fotografie. Info sul sito yurimaterassi.it // e-mail: yurimat@tin.it
OCCHIETTINERI CORTO FESTIVAL
Concorso di cortometraggi - III edizione Scadenza 10 dicembre 2009
L’Associazione di OcchiettiNeri è lieta di bandire il Corto-Festival OcchiettiNeri. I partecipanti potranno cimentarsi e concorrere in cinque sezioni, interpretando i temi proposti. Ampio risalto verrà dedicato ai cortometraggi in una manifestazione conclusiva che li vedrà protagonisti assoluti, in un mutuo scambio di idee e di esperienze. Info sul sito occhiettineri.it
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Camminava lungo una strada di montagna, nella fresca luce azzurra dell’alba. Molto più in basso, avvolta nella nebbia, l’ombra di una piccola città. L’uomo che cercava era laggiù? L’uomo di cui aveva un tale bisogno da non riuscire a pensare ad altro, l’uomo che possedeva la risposta, la risposta al suo problema... «Ehi, svegliati. Harry apri gli occhi». (J.K.Rowling, 2008, “Harry Potter e i doni della morte”, Salani Editore). Sì; stava sognando, e il sogno è uno degli aspetti più suggestivi che si trova a vivere uno dei personaggi più famosi della nostra epoca, Harry Potter. Grazie al sogno egli riesce a toccare, a vivere ciò che il suo più acerrimo nemico Voldemort sta compiendo in quel momento. È il sogno che gli permette di sapere ciò che l’assassino dei suoi genitori sta pensando o sta facendo. È il sogno che accomuna tutti noi su vari aspetti della vita psichica,
sì, perché come il maestro della psicologia contemporanea Sigmund Freud ci ha insegnato, il sogno “è la via regia verso l’inconscio”. Il sogno, un aspetto della vita che fa parte dell’uomo come ogni altra sua parte,come il respiro, o il bisogno di bere e nutrirsi: l’essere umano ha bisogno di sognare. Ma perché il sogno rappresenta uno dei misteri umani più grandi? Perché l’uomo, pur avendo sognato da sempre, solo da un centinaio di anni comincia a chiedersi davvero il perché o il significato dei sogni? Ardua è la sfida di chi vuole rispondere a questi quesiti. Anche se, con il suo saggio più famoso “L’intepretazione dei Sogni”, Freud ha cercato di indicare le chiavi per una corretta interpretazione di questi, ancora oggi sono tante le incognite che da queste possono scaturire, e perché non poter considerare che
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la stessa interpretazione è senza dubbio soggettiva, e quindi può avere diverse interpretazioni?... Ma in fondo è più importante conoscere il significato stesso del sogno, o semplicemente sognare? Sogniamo tutti, sogniamo sempre, a volte li ricordiamo, a volte no... a volte facciamo bei sogni, e sul più bello ci risvegliamo, a volte incubi, e quando ci svegliamo sentiamo ancora il battito del cuore accelerato, la paura provata. Abbiamo ancora il sudore addosso come se ci trovassimo davvero in pericolo, e quando apriamo gli occhi siamo ben lieti di essere nel nostro letto, al caldo, al sicuro, lontani da tutto ciò che non avremmo mai immaginato ad occhi aperti. E proprio ad occhi aperti sogniamo in continuazione, immaginiamo qualcosa di diverso dal possibile, immaginiamo le alternative a ciò che è e che potrebbe essere: l’immaginazione è sogno.
Ma perché sono ancora così tante le cose che non sappiamo dei sogni? Perché li conosciamo e li studiamo da così poco tempo? E, soprattutto, cosa sappiamo dei sogni? Come vanno interpretati? Cosa significano? Cosa ci vogliono dire? Abbiamo già detto che secondo la scuola psicoanalitica Freudiana, i sogni sono la “via regia verso l’inconscio”. È grazie a loro che uno psicanalista può capire cosa ci comunica l’inconscio... Ma cos’è l’inconscio? Secondo il “maestro”, la nostra mente è topograficamente divisa in: inconscio, preconscio e conscio (coscienza). L’Inconscio contiene le pulsioni e i desideri istintuali, il Preconscio le conoscenze, i pensieri e i ricordi di tutti i tipi, che possono poi liberamente entrare nella Coscienza al momento opportuno, poiché nei loro confronti non c’erano difese” (Sandler J., Holder A., “I modelli della mente di Freud”). Secondo Freud, se all’inconscio fosse permesso emergere dalla coscienza, tali pensieri costituirebbero un pericolo, una minaccia; egli pensava che le pulsioni, buone e brutte, nell’inconscio, fossero sempre dirette verso la loro soddisfazione, ma finchè si tratta di pulsioni positive, il cosidetto “istinto di vita”, non ci
sarebbero problemi. Ma cosa succede quando ad emergere è “l’istinto di morte”? É per questo motivo che esiste tale suddivisione della mente? Per relegare gli istinti pericolosi nell’inconscio e poter condurre una vita “normale”?... La risposta a queste domande richiederebbe un trattato di psicologia completo. Di fatto i sogni sono utilizzati dai terapeuti ad orientamento psicoanalitico, proprio per conoscere i contenuti più profondi della mente della persona, le sue pulsioni e i suoi istinti... il suo inconscio. Ritornando al significato del sogno, al motivo per cui si sogna, ancora basandoci sulle teorie freudiane, il sogno rappresenta in definitiva il soddisfacimento di un desiderio istintuale inconscio, la gratificazione di un desiderio, l’istinto che la coscienza non ha potuto soddisfare per vari motivi, in primis la moralità. Ed è proprio questa la grande funzione del sogno, poter soddisfare la pulsione di fare ciò che nella vita “normale” ci è proibito, non si “deve” fare; una censura che agisce per proteggere la coscienza, perché i desideri, che in qualche modo sono minacciosi, non diventino consapevoli. C’è del buono in ognuno di noi, ma anche qualcosa di pericoloso,
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qualcosa che va combattuto, perché il bene e il male non sono solamente fuori, anche dentro di noi. Esiste l’amore, ma al suo fianco anche l’odio. È proprio questo il ruolo della nostra mente, mettere i sentimenti “cattivi” in un posto dove non possano creare problemi, l’inconscio appunto. Cosi come Harry Potter, grazie al sogno, riesce a sapere cosa fa o pensa il suo grande nemico, il suo “male da combattere”, cosi anche noi, grazie ad una buona interpretazione del sogno, potremmo conoscere cosa fa e pensa il nostro “nemico” relegato nella nostra mente, nel nostro inconscio. Antonio Lorusso
La sua solitudine su quell’isola assolata aveva trovato un senso. L’aveva seguita ogni giorno verso la scogliera all’ora del tramonto e, osservandola, se ne era innamorato; nonostante il rischio, il fuggitivo aveva deciso di avvicinarsi a lei, ma Faustine pareva non vederlo. Era il 1940 quando Adolfo Bioy Casares infondeva vita a questi personaggi, candidandosi all’immortalità come autore di un racconto, “L’invenzione di Morel”, da molti definito perfetto. Nel 1944, un altro visionario, Renè Barjavel, inseguiva l’idea di un cinema totale, scrivendo di personaggi a tutto tondo, colorati e odoranti, capaci di fuggire dallo schermo e dall’oscurità delle sale per invadere la quotidianità. Oggi ci parlano di realtà virtuale e cinema in 3D, ma nessuno è ancora riuscito a realizzare l’invenzione di Morel: secondo quanto riportato nel diario del fuggitivo, la macchina dovrebbe funzionare grazie ai venti e alle maree, l’energia cinetica come motore di una tecnologia che cattura le anime nell’atto della registrazione, col fine ultimo di preservarle per l’eternità, proiettandole senza sosta. Forse un’isola sperduta conserva ancora i resti della diabolica macchina distrutta dal fuggitivo in un momento di lucidità. Sembra che egli, una volta scoperta la sconvolgente verità -
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Faustine era una donna vissuta almeno cinquant’anni prima, immortalata e ciclicamente ripropostagli dalla macchina - abbia deciso di inserire se stesso nella registrazione, cercando di modellare i suoi gesti a quelle dell’amata, per ricreare l’illusione che fossero avvenuti contemporaneamente. La macchina, però, aveva avuto un effetto nefasto sul suo corpo e in un ultimo momento di forza l’aveva annientata, distruggendo con essa l’antica illusione degli uomini di sottrarsi alla precarietà della vita attraverso l’Arte. Non sapremo mai se da qualche parte il fuggitivo ha davvero coronato il suo sogno d’amore eterno con Faustine, ma possiamo tentare di trovare una risposta alla seguente domanda: è l’industria cinematografica a fabbricare i nostri sogni o è la nostra utopia dell’immortalità, bisogno antropologico primario, ad aver creato la settima arte? Marika Iannuzziello
Ci sono delle “caratteristiche” che accomunano gli “umani”: chi più, chi meno, tutti sogniamo. È un fatto normale, ma il dato significativo è che il fenomeno si verifica di più negli adulti giovani (dai 15 ai 30 anni ). Naturalmente non parlo di sogni notturni ai quali ognuno di noi dà un peso diverso, attribuendone i significati più svariati e strani, ma quelli fatti ad occhi aperti, quelli che perdiamo per strada, credendo che la prerogativa della crescita fisica e intellettuale sia dimenticare i propri sogni… Abbiamo tanto da fare… non c’è tempo per sognare!!! Barack Obama scrive una lettera aperta alle sue figlie alle quali spiega il motivo della sua scelta, egli dice: “Voglio vedervi crescere in un mondo che non ponga limiti ai vostri sogni, dove non ci siano obiettivi fuori dalla vostra
portata”. Al contrario di ciò che in tanti pensano, i sogni costano fatica, perché per dare vita e significato ai propri sogni bisogna prendere decisioni e “le decisioni sono un modo per definire noi stessi e scegliere di diventare ciò che vogliamo”. Alcune ricerche hanno provato che le persone incapaci di sognare e fantasticare possono dedicarsi a eccessi alimentari, all’alcool, alla droga e a atti di violenza, in fin dei conti, come già aveva sostenuto Freud, chi scarica gli impulsi aggressivi con la fantasia, è difficile che si comporti aggressivamente. George G. Spivack, della Devereux School in Pennsylvania (USA) ha studiato un gruppo di adolescenti con comportamento asociale sottoponendoli ad un test, una specie di gioco in cui
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dovevano completare e trovare un finale ad alcune storie. I risultati hanno dimostrato che questi “soggetti” hanno terminato il loro compito in pochissimo tempo, senza dare spazio alla fantasia, mostrando così di avere una capacità di immaginare, e quindi di sognare, poverissima. “Il mondo interiore di quei ragazzi” commenta Spivack, “sembra alquanto deserto”. I sogni ad occhi aperti, non sono solo innocui, ma utili. Certo è che non bisogna esagerare; altrimenti si rischia di ritirarsi dal mondo reale. I sogni aiutano a vivere meglio e, se ce lo dicono anche gli psicologi ( veri protagonisti del nostro tempo) siamo costretti a crederci!!!! Anna D’Andrea
Io adoro il caso. Lo considero l’elemento che rende le nostre esistenze degne di essere vissute. Ed è proprio grazie al caso che qualche mese fa mi sono imbattuta nella lettura di un libro assai visionario dal titolo “Quando Teresa si arrabbiò con Dio” scritto da Alejandro Jodorowsky. È poi arrivato il turno de “Il passo dell’oca” letto poiché unico esemplare di scritti “jodorowskyani” nella libreria in cui mi ero recata per approfondire la conoscenza del Visionario. Nel frattempo il mio sonno veniva arricchito di sogni meravigliosi e conturbanti: al mattino mi risvegliavo con la sensazione di essere appena arrivata sulla Terra. Dopo aver passato la notte tra foreste rigogliose, dopo
aver attraversato terre lontane in groppa ad animali giganteschi, al risveglio aprivo gli occhi e le lenzuola del mio letto mi sembravano il posto meno adatto in cui potevo aver dormito. Ad ogni lettura mi chiedevo “chissà cosa sognerò stanotte...” e cominciavo a poggiare gli occhi sulla pagina provando paura e curiosità. Il terzo libro che mi è capitato tra le mani mi ha spiegato tutto. “Psicomagia. Una terapia panica” è il libro che testimonia l’esistenza di una forma di terapia e guarigione che si distacca da tutte le forme ortodosse della psicoanalisi. Jodorowsky propone di invertire la rotta delle nostre paure attraverso l’agire, propone cioè di combattere una sensazione negativa e impalpa-
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bile attraverso un atto positivo e concreto. Per arrivare alla scelta dell’atto psicomagico bisogna però avere coscienza dei propri sogni: Jodorowsky dedica infatti la prima parte del libro proprio alla pratica di influenzare la trama dei sogni notturni attraverso il risveglio della coscienza che, solitamente, durante lo svolgersi del sogno, riposa. Così ho capito perché la lettura dei libri di Jodorowsky influenzava i miei sogni, era come se quegli scritti provassero a risvegliare la mia coscienza sopita durante l’attività REM. O forse no. Forse, semplicemente, la vita diurna non avrebbe senso senza le visioni della notte. Simona Simone
Tutti conosciamo il problema dell’immigrazione, le perplessità che tale fenomeno ci provoca. Quanti di noi hanno pensato, ma dove vanno questi? In Italia che ci vengono a fare? Stiamo già noi inguaiati. Non direi. È chiaro che il fenomeno è provocato da necessità primarie (fame, libertà) quindi diritti e necessità fondamentali per qualsiasi uomo. Le imbarcazioni, la maggior parte delle volte, sono gommoni che trasportano uomini, donne e bambini. I lori sogni sono per la nostra economia una risorsa fondamentale. Ma va? Possibile? Direbbe qualcuno. Crescita demografica zero, anzi negativa, che implicazioni hanno sull’economia? Non credo di esagerare se di-
cessi, distruttiva. Prendiamo in esame, giusto come esempio, la condizione dei precari della nostra amata/ odiata scuola, un decreto ministeriale ha affossato il sogno di tanti docenti di continuare il loro lavoro, per il quale tanta passione ci è voluta in questi anni e che ha permesso loro di vivere nella speranza di una supplenza e nel sogno di una “cattedra” da un settembre all’altro. Sicuramente il decreto è stato la mannaia, ma c’è un problema fondamentale, gli allievi diminuiscono. Le poche nascite hanno un effetto boomerang sull’intera economia. Come nasce un bambino bisogna vestirlo, nutrirlo, comprargli un lettino, per poi seguirlo nella sua crescita con tutte le sue esigenze che significano acquisto di beni di consumo e servizi
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(vedi scuola) per tutta la vita e che alimentano, come il vento fa con una girandola, l’economia del paese. Consideriamo tutto questo come la risorsa principale dell’economia, cioè l’uomo, quanti di noi pensano ancora che gli immigrati non siano una risorsa per il nostro paese grazie alle nuove nascite che porteranno con loro, ai nuovi consumi che chiederanno ed alla forza lavoro che offriranno? Mi verrebbe da dire che il sogno degli immigrati di abitare e vivere in un paese occidentale è la condizione necessaria per continuare il nostro sogno, appunto “vivere in un paese occidentale” con tutte le condizioni “positive” che questa condizione ci assicura. Benvenuti immigrati. Michele Guido
Sogno o son desto!? Quante volte siamo rimasti a bocca aperta difronte al livello d’innovazione tecnologica degli ultimi anni? Credo tante, tantissime volte. La nostra epoca è forse quella del digitale, del virtuale ma, a mio avviso, soprattutto quella del sognatore. Oggi sono tanti i sognatori che creano applicazioni che permettano ai loro sogni di diventare realtà. Quante volte guardando un film di animazione 3D siamo rimasti estasiati dalla semplice ambientazione, così vicina all’immagine che ci eravamo fatti nei nostri sogni? Chi vuole conoscere un po’ di questi sognatori, artisti digitali del nostro tempo consiglio di navigare all’interno del sito CGSociety (www. cgsociety.org). Questo sito è una vera società di artisti digitali, di coloro che grazie all’ausilio di strumenti come Maya (http://usa.autodesk. com/adsk/servlet/pc/index ?siteID=123112&id=135778
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na, consiglio invece Autopano Pro (www.autopano.net ). Spesso succede di trovarsi confrontati con stupendi panorami che non riusciamo a cogliere interamente con il nostro obiettivo a causa della vastità e della larghezza del paesaggio. Questo ci porta a scattare più di un’immagine, spezzettando così in varie parti l’ambiente circostante. Al fine di risolvere questo problema ci viene in aiuto Autopano Pro che ci permette di unire i nostri scatti in un’unica foto. Il software è distribuito in modalità shareware e trial. Alla fine navigando nel web si incontrano parecchi sognatori e molti di loro hanno fatto dei loro sogni realtà… Basta solo scovarli! Mimmo Claps
Ragazzi di Brek, mi congratulo con voi! Siete riusciti a creare un giornale che è tutto tranne che banale… Complimenti soprattutto agli autori degli articoli, che rendono la lettura a dir poco piacevole e leggera. Luigi Ho “conosciuto” Brek vedendolo tra le mani di uno studente universitario di Potenza. Siete già arrivati al n.7! Com’è possibile che io l’abbia visto solo per caso? Non è stato molto pubblicizzato, evidentemente. Peccato! Paolo Ciao, ho avuto modo di leggere qualche numero del vostro magazine. Mi sono accorta che manca uno spazio dedicato alle lettrici che come me sono amanti delle tradizioni e della cucina. Mi chiedevo: troppo banale? Invece sarei curiosa di vedere quale sarebbe secondo voi la ricetta del mese! Enza Gentile redazione di Brek, mi sono appassionata moltissimo al vostro magazine e volevo com-
plimentarvi con voi per la scelta del tema del Brek n.7. È stato trattato in ogni suo aspetto. A mio avviso è stato il miglior numero da voi elaborato. Federica Salve, sono una ragazza che ama scrivere ed ho deciso di mettermi in discussione. Vorrei propormi a voi e farvi visionare qualche articolo. Vedo che gli articoli si incentrano tutti sullo stesso tema, magari potrei inviarvi un articolo sulla politica. Ve lo invierò al più presto all’indirizzo di posta della vostra redazione. Marzia Ragazzi ci tenevo a farvi sapere che vi seguo dal primo numero ed ho notato il vostro continuo migliorare. Continuate così, sono sicuro che farete tanta strada! Giuseppe Volevo complimentarmi con i ragazzi che si occupano della grafica. La trovo davvero eccezionale. Per non parlare della scelta delle copertine. Inducono noi lettori ad incuriosirci del contenuto del magazine
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in un modo pazzesco. Complimenti ancora!!! Fabio Cari ragazzi ho avuto modo di leggere l’ultimo numero del vostro giornale e devo dire che l’ho molto apprezzato. Non ho letto però gli altri sei numeri. Dove posso trovarli? Vi assicuro che d’ora in poi non ne perderò neppure uno. Continuate così!!!! Dora Ciao, sono una lettrice assidua del vostro giornalino e ho apprezzato tantissimo la scelta del formato “tabloid”. Posso tenerlo tranquillamente in borsa e leggerlo ogni qual volta riesco a ritagliarmi qualche minuto di relax, e vi assicuro che leggervi è davvero rilassante! Letizia Cari lettori, vi ringraziamo per la stima che ci state dimostrando. Arrivano molte mail sul nostro indirizzo, non tutte vengono pubblicate, ma garantiamo a tutti una risposta. Se siamo arrivati all’8° numero lo dobbiamo a voi. Ci b(r)ekkiamo presto!
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