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Spilli: uno, solo con la chitarra, le prime canzoni scritte, e un po’ di cover per riempire le serate, gli altri, pieni di suono e rumore rock‘n’roll, si chiamano Out of
scono ad accompagnare Rocco Papaleo, aprono i concerti potentini di Andrea Rivera e dei Nobraino, e comunque girano tanto e si divertono.
sognano semp roccia e rotola Per adesso, Fr vi aspettano su
METROPOLIS
POLITICA, COSTUME E SOCIETÀ 06. Sopra il tetto come i gatti... 08. Fine del mondo o crisi di un sistema? 10. Rotelle che girano 12. 2011: anno europeo del volontariato
1) A. Fr 2) V. Sa 3) F. Fa 4) G. G 5) L. Ca
• Freschi, Lazzi & Spilli, giovane e talentuosa band lucana, già vincitrice di premi e riconoscimenti, ora tenta la scalata verso il successo nazionale.
• Ba Ham canta rap persiano su improbabili palcoscenici privati: i cantieri abbandonati di una Tehran sottoposta a un duro regime teocratico che criminalizza l’arte come una pericolosa arma contro il governo.
CONVIVIO
SORSI, MORSI E LETTURE
QUARTA PARETE
38. Tra la cenere e le nuvole: il tuo vino 39. Biodiversità: creatività della terra 40. Divina Mente
ARTE, TEATRO E CINEMA
14. Ricominciare dall'origine 16. Un enigma coi baffi 18. Gli ingranaggi dell'equilibrio 20. L'immaginazione al potere
• Un viaggio tra le meravigliose terre del Pollino per scoprire la storia di un prodotto di origini molto antiche. Si chiama Melanzana Rossa di Rotonda Dop ed è anche tutelata come Presidio Slow Food...
• Se riuscissimo ad essere tanto cinici da non collegare l’olocausto al suo artefice e ideatore, potremmo ammirare i baffi di Hitler come pura espressione di creatività. Corti, pettinati, nerissimi, quadrati, i baffi del Fuehrer ne rispecchiavano la personalità e l’estro, qualità, ahinoi, asservite al più riprovevole dei fini, ma altrettanto incontestabili. Trovare oggi giorno estimatori dei suoi baffi è impossibile, eppure non è sempre stato così, anzi...
CANTIERI URBANI PENSIERI IN MOVIMENTO
42. Creativi... si nasce 43. La maestà dei propri pensieri 44. Be Inspired 45. Memorie di una vita creata
INCONTRI
• Jane stava creando la sua vita. La plasmava, le dava una forma che proprio lei aveva scelto. Così come aveva scelto quali giornali avere sul suo comodino.
PERSONE E PERSONAGGI 28. Silvio Giordano 31. Elisa Laraia 34. Erwin Rommel 36. Freschi, Lazzi & Spilli • Intervista a Silvio Giordano, 33 anni, giovane artista lucano, considerato una tra le migliori menti creative del momento secondo il libro Young Blood. Silvio Giordano
PERFORMANCE, SCULTURA, INSTALLAZIONI, FOTOGRAFIA, IPOTESI FANTASMAGORICHE SULLA CORPOREITÀ POST-UMANA, MANIPOLAZIO-
WEB 3.0
INTERNET E MULTIMEDIA 46. Spettacolari idee sul web
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EDITORE PROGETTO GRAFICO IMPAGINAZIONE
Soc. Cop. Sociale a r.l. via Nicola Sole, 73 - 85100 Potenza tel. 0971 36703 - fax 0971 25938 DIRETTORE RESPONSABILE Nicola Pace STAMPA Grafiche Gercap / Foggia DISTRIBUZIONE Potenza e dintorni elenco su www.brekmagazine.it ABBONAMENTI Per ricevere BREK Magazine via posta ordinaria e in tutta Italia è possibile abbonarsi online su www.brekmagazine.it PUBBLICITÀ commerciale@brekmagazine.it tel. 0971 36703 HANNO COLLABORATO Angelo Caiazzo, Giovanna Caivano, Domenico Calderone, Angela Cammarota, Mimmo Claps, Vito Colangelo, Antonio Coppola, Anna D’Andrea, Veronica D'Andrea, Mari Donadio, Manuela Grieco, Angela Laguardia, Gerardina Nella, Michele Nella, Nicola Pace, Andreina Serena Romano, Daniela Rosa, Leonarda Sabino, Fabio Salvatore, Andrea Samela, Francesco Tripaldi, Riccardo Telesca, Wine_R. PROSSIMA USCITA n° 17 (marzo-aprile 2011) Tutti i numeri sono sfogliabili in pdf all'indirizzo www.brekmagazine.it
SEMPRE PIÙ ESASPERATI DA QUESTA SOCIETÀ, VECCHIA E DEBOLE EREDITÀ LASCIATACI DALL’ULTIMO MILLENNIO, CI ALLENIAMO A SOPRAVVIVERE IN UN MARE DI PROFONDA MEDIOCRITÀ. DA TEMPO ORMAI SENTIAMO RIPETERE ALLA RADIO, IN TELEVISIONE, SUI GIORNALI, NEL WEB, CHE LA NOSTRA UNICA ANCORA DI SALVEZZA SARÀ LA CREATIVITÀ. LA COSA A DIRE IL VERO CI INQUIETA E NON POCO, E IL MOTIVO È DA RICERCARE IN QUELLO CHE È ACCADUTO IN UN RECENTISSIMO PASSATO. RICORDIAMO TUTTI I LUCIDI TALK SHOW TELEVISIVI IN CUI SI PARLAVA DELLA NOVITÀ CHE AVREBBE SALVATO IL MONDO: LA FINANZA CREATIVA. DENARO, BENESSERE E STABILITÀ PER TUTTI. IL RISULTATO, TRANNE IL NOSTRO GOVERNO, LO CONOSCIAMO BENISSIMO. UNA CRISI LUNGA E PROFONDA, CHE A DISTANZA DI TRE ANNI ANCORA SPAVENTA E SGOMENTA MILIONI DI FAMIGLIE. DISOCCUPAZIONE ALLE STELLE, NIENTE INVESTIMENTI, LIQUIDITÀ ASSENTE, RETRIBUZIONI FERME. MA LA CREATIVITÀ, SI SA, È UN FLUSSO INARRESTABILE. COSÌ, NEL SILENZIO COMPLICE DEI MEDIA, I GURU DELLA FINANZA CREATIVA, DOPO AVER INTASCATO I LORO BONUS MILIONARI, SONO RITORNATI AL LAVORO. E PARE CHE NELL’ULTIMO BRAINSTORMING ABBIANO PROMESSO PROSPERITÀ PER TUTTI, POVERI COMPRESI. NOI SIAMO PREOCCUPATI. E CREATIVAMENTE RISPONDIAMO: VFC.
BREK garantisce la libertà di pensiero e di espressione. Per questo motivo ogni collaboratore è singolarmente responsabile delle proprie idee e di ciò che scrive.
Egorr "Surreal Portrait of Beautiful Girl with her Wardrobe"
Autorizzazione Tribunale di Potenza nº 376 del 7/5/08 Iscrizione al ROC n°19633
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“Fuori da questo Paese, oltre il mare, la mia musica perde di significato. La mia musica è per questo Paese!”. Ba Ham canta rap persiano su improbabili palcoscenici privati: i cantieri abbandonati di una Tehran sottoposta a un duro regime teocratico che criminalizza l’arte come una pericolosa arma contro il governo. La polizia frustra l’attitudine alla libera espressione ma non lo slancio creativo dei giovani artisti. Dall’alto di quel cantiere Ba Ham ha l’impressione di svegliare le case, i palazzi. Si rifiuta di lasciare il proprio Paese, perché il “rap persiano” è concepito per quel posto, “riguarda il cuore, l’anima di Tehran”. La sua musica non sarebbe capita altrove, le sue rime sono comprensibili soltanto a chi vive il suo stesso contesto culturale. In uno Stato in cui si può ascoltare musica rock nella propria auto solo allontanandosi dal centro abitato, in autostrada, per evitare i controlli della polizia, non
è strano che i musicisti scontino mesi di carcere per aver suonato musica occidentale, proibita dal governo islamico, così com’è proibito il consumo di alcol e la carriera musicale a una donna. Nella penombra facendo attenzione a non dare nell’occhio e all’orecchio, insonorizzando i muri degli scantinati in cui sono costretti a provare, inventare, dare sfogo alla propria fantasia i gatti persiani sfuggono al controllo repressivo dello Stato. È una Tehran sotterranea quella che presenta Bahman Ghobadi nel film “Gatti persiani”, girato in soli diciassette giorni, in Iran e senza le autorizzazioni governative. Sotterranea perché è lì nell’underground, che diventa uno spazio fisico e mentale, che gli artisti danno voce alla propria creatività. Nei sotterranei di una città militarizzata pullulano la vita e la fantasia, difficili da soffocare perché un’idea nasce libera. Ghobadi compare all’inizio del film come regista curdo (impersonando se stesso, regista
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iraniano di etnia curda) cui il governo nega i permessi per girare i propri film, e che trova sfogo alle proprie frustrazioni artistiche nella musica. I suoi film sono autoprodotti e a piccolo budget, lo stesso “Gatti persiani”, vincitore del premio "Un Certain Regard - Special Jury Prize" al Festival del Cinema di Cannes 2009, è stato diffuso illegalmente. Si può essere creativi in uno stato di regime? Che forma assume la creatività che sfugge all’irreggimentazione? Creatività come atto del creare, dare forma a un’idea, generare dal nulla qualcosa di nuovo, originale è di per sé un atto libero e spontaneo. Addomesticare l’arte come un gatto da salotto, da compagnia, facendo degli artisti giullari di corte può ridurre la libertà di espressione ma non la creatività. Cosa succede quando il prodotto della creatività incontra divieti impliciti o espliciti? In “Gatti persiani” per fare dell’arte e in questo caso della
musica la propria vita, due sembrano essere le vie di fuga, il rifugio furtivo nell’underground dove regna la legge della libera espressione, la fuga in un Paese occidentale libero. Emblematica a tal proposito la scena della gatta che avendo perso i suoi cuccioli diventa madre adottiva di gattini orfani. L’artista, così come quei cuccioli, cerca altrove la protezione negatagli da una patria ingrata, incapace di riconoscere e supportare il suo talento. In uno stato in cui l’arte e la creatività diventano un pericolo, un reato contro lo Stato perché manifestazione del dissenso, la musica così come la poesia, la produzione letteraria, ha bisogno di autorizzazione. L’autorità deve concedere l’imprimatur, accertarsi che ciò che intratterrà il popolo-sovrano (l’Iran è ufficialmente una repubblica) sia scevro da oscenità oltraggiose per la morale pubblica e di politica. È la politica del “panem et circenses”, con la quale lo Stato cerca di distogliere l’attenzione dai problemi, dalle violazioni perpetrate concedendo distrazioni autorizzate, perché si pensi che in fondo vada tutto bene e che in questo caso gli artisti siano soltanto degli eccentrici sovversivi. Si pensi a Liu Xiaobo, scrittore e docente cinese, recente premio nobel per la pace,
grazie all’impegno non violento profuso a favore della difesa dei diritti umani nel suo Paese, e da questo condannato a undici anni di prigione e due anni d’interdizione dai pubblici uffici per “incitamento alla sovversione del potere dello stato”. “Gatti persiani” è anche la storia di Ashkan e Negar a cui Ghobadi fa dire “Qui non si può suonare qualsiasi musica, qui non si può dire quello che vuoi”. I due giovani artisti compongono musica Indie rock e usciti dal carcere, in cui avevano scontato alcuni mesi per aver suonato musica proibita, vogliono formare una band per partecipare a un festival a Londra. A causa delle difficoltà per ottenere permessi e autorizzazioni decidono di lasciare l’Iran consapevoli delle difficoltà che incontreranno per procurarsi passaporti e visti falsi. Inizia così la ricerca di musicisti per la band nell’underground musicale di Tehran, spostandosi in sella alla moto di Noder, un musicista che promette di aiutarli a lasciare il Paese. Una ricerca che diventa viaggio per lo spettatore, condotto in scenari inaspettati.
Frequentando concerti casalinghi, ascoltando la musica di gruppi che si esibiscono in cantieri abbandonati, stalle, sotterranei di palazzi, rifugi abusivi costruiti su terrazze, in aperta campagna; i due ragazzi si accorgono che esiste un mondo musicale libero e sconosciuto che fa del nascondersi la propria ragion d’essere, diffuso con cd illegali sul mercato nero e che a forza di espedienti cerca di sfuggire alla repressione. Esercitare la propria creatività in questo contesto si può finché ci si nasconde, ma è necessario fare della creatività un diritto perché questa sia rispettata, incentivata e tutelata, e soprattutto perché uno Stato ne tragga beneficio? Non è forse la risonanza, il consenso del pubblico la giusta ricompensa per l’artista, che in questo caso, essendo indotto a nascondersi, viene privato anche della possibilità di godere del proprio successo e di produrre ricchezza culturale per il Paese? Nei sotterranei la creatività, allora, diventa resistenza dell’uomo al potere coercitivo e censore dello Stato (di cui il carcere ne è la concretizzazione). Alla violenza repressiva dello Stato l’uomo può opporre resistenza, può agire dall’interno per smontare il potere autoritario. Angela Cammarota
Una scena del film "I Gatti Persiani", di Bahman Ghobadi
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Forse i Maya si erano sbagliati: la fine del mondo, da loro prevista per l’anno 2012, da noi è arrivata con largo anticipo. E non poteva essere altrimenti, vista la condotta di re e sudditi, molto impegnati nell’azione distruttrice di tutto ciò che è pubblico. Si spendono 60 milioni di euro per risanare il sito archeologico di Pompei e poi vediamo crollare uno dopo l’altro, beffardamente, la “Scuola dei gladiatori”, la “Casa del moralista”, il “Lupanare” ed altre parti importanti di un patrimonio artistico universale unico ed irripetibile. E non se la passa meglio Selinunte. Si nega la crisi, dicendo “orwellianamente” che tutto va bene, e poi, come “conferma”, viene varata una manovra economica da 25 miliardi di euro che colpisce i più deboli. Infatti, essa taglia drasticamente, tra l’altro, gli stipendi degli statali, aumentano i tickets, le tariffe ecc., mentre la corruzione dilagante costa almeno 60 miliardi di euro all’anno allo Stato. Si sono spesi miliardi per costosi “piani di smaltimento rifiuti” ma città come Napoli, Palermo,
Catania ecc... vengono letteralmente seppellite dall’immondizia e dai “rifiuti speciali”. Si è consentito “genialmente” al cemento di distruggere gli alvei naturali dei fiumi, ed ora l’Italia sta franando da Nord a Sud, seminando morte e dolore. Telegiornali e giornali ci informano di gravi infortuni sul lavoro, ma contestualmente si assiste ad un continuo abbassamento dei livelli di sicurezza operativa, incoraggiato anche dal Ministro dell’Economia, che ha avuto l’ardire di dichiarare, in un importante convegno con la Confindustria, che: “La famosa legge 626 (legge Damiano) è un lusso che l’Italia non può più permettersi!”(sic!). Questo Ministro plenipotenziario affetto da rotacismo, per le cose che dice, fa e fa fare ai suoi colleghi, meriterebbe a buon diritto il “premio Attila” per la sicurezza sociale. Infatti, ci vuole un coraggio “unnico” ed una forte dose di cinismo per caldeggiare un’ulteriore deregulation delle già carenti norme sulla sicurezza sul lavoro. Ma in un contesto di forte disoc-
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cupazione (fortemente voluta dai “padroni del vapore”, per mantenere bassi gli stipendi), questi attacchi implacabili ai diritti dei lavoratori sono, purtroppo, destinati a moltiplicarsi e a diventare sempre più virulenti, attualizzando un dumping sociale senza precedenti, nonostante la strenua resistenza di qualche sindacato coraggioso come la FIOM (già ribattezzata: Federazione Italiana Operai Maltrattati). Sembra proprio aver ragione il sociologo tedesco D. Kesselgross quando afferma che: “(...) il finto progresso denobilizza l’animo umano e rimpicciolisce l’etica”. Come dargli torto se il tessuto sociale è così lacerato e, in ogni momento, i mass media ci ricordano che siamo in piena barbarie: omicidi parentali (con telecronaca morbosa delle indagini minuto per minuto, a colazione, pranzo e cena); inspiegabili sparizioni di minorenni; scandali istituzionali; discriminazioni razziali, etniche, religiose, di genere, etc...? E che dire della moltitudine di programmi di cucina, ispirati a Lucullo, alla faccia dei
tanti disoccupati sui tetti, cassintegrati, pensionati al minimo che muoiono letteralmente di fame, per strada, sfrattati dalle case per morosità e finiti a dormire nei cartoni o sulle panchine (a Treviso nemmeno queste, perché il sindaco leghista le ha fatto rimuovere per evitare questo “disdoro”!)? Intanto a “Che tempo che fa” l’amministratore delegato della Fiat, ignorando la prima sentenza del Tribunale del Lavoro di Melfi, ha sparato a zero sui tre poveri malcapitati della Sata, accusati ingiustamente di sabotaggio, ed ora oggetti di mobbing, da parte dell’azienda torinese che, mentre lamenta una forte crisi del mercato dell’auto, annulla unilateralmente i contratti nazionali già sottoscritti con i sindacati, per rinegoziare al ribasso i salari e aumentare paurosamente i ritmi produttivi, adottando un sistema di metrica ergonomica cripticamente denominata “Ergo Uas” che prevede, tra l’altro, anche la riduzione di dieci minuti della pausa pranzo, costringendo gli operai della catena di montaggio ad un pericoloso “tour de force” che, nella sua monotonia, riduce la loro lucidità e prontezza di riflessi, facendo aumentare il rischio di infortuni. Insomma, si piange miseria per comprimere meglio i residuali diritti dei lavoratori, che annaspano tra cassa integrazione e minacce di licenziamento, ridotti quindi a robot meccanici telecomandati “just in time” dalle estemporanee esigenze azien-
dali, privati della dignità umana e, quindi, retrocessi ad un mero numero di matricola, similmente ai motori che essi stessi producono. Da noi, particolarmente, si sono aiutate le banche e gli industriali, scaricando però la crisi sui lavoratori, demonizzandoli strumentalmente onde crearsi l’alibi per delocalizzare selvaggiamente, dopo aver arraffato gli “aiuti”. E siccome non c’è limite al peggio, chissà quali altri “ingredienti” ha ancora in serbo la “casta nana”, per condire meglio la metafora avvilente dell’Italia di oggi, avvolta da un malcostume diffuso ora “ufficializzato” anche da WikiLeaks: questa sorta di sicofante elettronico che sta svelando i molti vizi privati e le poche pubbliche virtù dei potenti di mezzo mondo, normalmente protervi, ma ora impotenti di fronte alla capacità pervasiva di Internet (strumento di comuni-
a sinistra: la fine del mondo secondo Roland Emmerich, regista del film "2012" sopra: Giulio Tremonti, Ministro dell'Economia e delle Finanze
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cazione di massa globale che, paradossalmente, essi stessi hanno contribuito a diffondere e ad apologizzare). Morale della favola: chi con il “Grande fratello” si arricchisce, prima o poi, nella “rete” finisce. “What a disaster!”, direbbe un Inglese nel Belpaese di Cuccagna, dove regna il libero arbitrio. Sì, è proprio un bel disastro, su tutti fronti! Prof. Domenico Calderone
Guardiamoci intorno, riflettiamo e respiriamo. Concentriamoci. Facciamo decisamente meno di quello che potremmo fare e, malgrado tutto, siamo meno di ciò che potremmo essere. Sbam! Spesso diamo la causa alla sfortuna o all'anno nefasto, spesso
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cerchiamo soltanto convenevoli e frasi di circostanza per non ammettere che non vogliamo fare. È palese. “La nostra bellissima Basilicata molto probabilmente offre meno rispetto ad altre regioni”. “È poco stimolante”. “È poco creativa”. È vero.
Ma è vero soprattutto che i Lucani non si impegnano abbastanza. È buffo. Nella Città Eterna i giovani dicono esattamente la stessa cosa. Si lamentano tutti di qualcosa che non c'è, di qualcosa che manca. Un disco non rotto, disintegrato. Per le vie del centro sono molti i ciarlatani che fermano ed interrompono una piacevolissima passeggiata invernale per proporti “menù speciali a prezzi speciali”, “scarpe in super offerta solo per oggi” e tanto tanto altro... ma, a volte, capita anche che qualcosa di davvero interessante interrompa la passeggiata che tanto ci siamo meritati e di colpo ti senti rapita da un'idea, da un desiderio di partecipare a questa super offerta che, per caso, ha come testimonial una biro. Sveliamo l'arcano. Da un volantino come tanti, di pessima carta e colori poco affascinanti, si legge che è indetto un concorso di scrittura definito un Torneo letterario. I tornei si fanno a calcio, a pallavolo, non certo in letteratura! E invece no, un torneo letterario ha queste regole: due sconosciuti, abbinati in modo casuale, dovranno scrivere un racconto scambiandosi i capitoli senza mai, dico mai, comunicare direttamente tra loro. Sarà il racconto a parlare di loro a loro. Che fantastica idea! Oltre alla creatività insita nel processo di scrittura, che gli appartiene per diritto, si mescola la magia di dover scrivere con uno sconosciuto di cui sappiamo solamente che condividiamo la stessa passione, l'amore per la biro di cui sopra.
Basta poco per far muovere le rotelline. Un' idea senza dubbio simpatica sarebbe importare queste buone iniziative anche nella nostra bellissima Basilicata. Lev Semënovic Vygotskij, fondatore della scuola storico-culturale, sottolineava come il processo creativo di ogni persona fosse condizionato in modo molto pragmatico dall’ambiente in cui si vive quotidianamente. Ovviamente. La creatività dell’individuo così, può essere incoraggiata o ostacolata rispetto agli stimoli e alle esperienza alle quali è sottoposto nel contesto di vita quotidiana. Roma come Bologna, Reggio Calabria come Modena, Macerata come Melfi. In modo diverso, ma modo profondo, è vero anche il contrario di quello che sosteneva Vygotskij. Ormai l'ambiente è l'uomo. È l'uomo a modificarlo a proprio uso e consumo ed ecco che ritorna la pigrizia e la scarsa voglia di mettersi in gioco. Me li immagino questi sconosciuti a leggere e continuare una storia scritta da uno sconosciuto! Chissà l'adrenalina all'invio della mail che deve leggere un Mister X e continuare il “filo del discorso” di Miss Y! L'idea di fondo è che sì, l'ambiente che ti circonda influisce sulle opportunità del singolo ma, oggi rispetto a ieri, questo dualismo che vedeva l'uomo contro l'ambiente è un po' cambiato, anche a seguito dello sviluppo delle tecnologie. Potrebbe essere un Lucano a scrivere il racconto per questo concorso e magari vincerlo comodamente seduto sulla sua poltrona lucana.
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p.s. Sono venuta a conoscenza degli studi di Lev Semënovic Vygotskij poiché laureata in Scienze della Comunicazione. Il corso di laurea che la “nostra” carissima Ministra Gelimini, l'11 gennaio a Ballarò, ha definito “inutile, dove gli studenti si occupano soltanto di amenità varie che non aiutano a trovare lavoro". Colgo la pubblica occasione che mi è concessa e mi permetto, a nome di tutti i laureati in Scienze della Comunicazione, di ringraziare pubblicamente il defunto Vygotskij perché, benché se ne dica, non è stato inutile studiarlo. Leonarda Sabino
L’OTTO GENNAIO SCORSO A BUDAPEST LA PRESIDENZA DI TURNO UNGHERESE DELL’UNIONE EUROPEA E I RAPPRESENTANTI DELLA COMMISSIONE HANNO INAUGURATO UFFICIALMENTE L’ANNO DEL VOLONTARIATO.
Circa 100 milioni di persone nell’Unione, un quinto della popolazione adulta, prendono parte a qualche forma di attività di volontariato continuativa e organizzata. Se si trattasse di un Paese, sarebbe la popolazione del più grande Stato membro della UE, nella quale ben si rispecchia la varietà e la ricchezza umana e professionale del nostro continente. Sono persone di tutte le età, donne e uomini, studenti e disoccupati, di diverse etnie e gruppi religiosi, cittadini di tutte le nazionalità. Il volontariato è chiaramente radicato nei valori condivisi e fondativi dell’Europa della democrazia, della solidarietà e della partecipazione. L’impegno dei volontari traduce questi valori fondamentali in azione, giorno per giorno e il loro apporto è diventato ormai indispensabile nel sostegno ai bisognosi, agli anziani, nella sanità, nella difesa dell’ambiente, nel soccorso alle popolazioni colpite da calamità, nell’istruzione e nella campagna per i diritti umani, fino alle attività culturali e sportive o semplicemente nel fare in modo che ognuno possa godere di un dignitoso tenore di vita evitando la marginalizzazione e l’esclusione sociale. Una carica di calore umano, di
professionalità e di abnegazione personale che fa la differenza in positivo per la vita di milioni di persone ogni giorno. Si spera che l’Anno Europeo fornisca l’impulso necessario a mettere in moto le modifiche, soprattutto a livello nazionale, per rendere più facile alle organizzazioni e ai volontari continuare a dare il loro prezioso contributo alla società, all’economia e ai privati, lasciandoli fare il loro lavoro e metterli in condizione di farlo al meglio. Sarà l’occasione per rimuovere i tanti ostacoli legislativi nel campo del diritto del lavoro, delle norme fiscali o delle tutele assicurative. L’obiettivo sarebbe quello di raddoppiare il numero dei volontari a 200 milioni in Europa entro la fine di quest’anno. Tuttavia in questo momento di tagli al settore pubblico, che stanno penalizzando prima di tutto proprio la dotazione del welfare e la spesa sociale, lo Stato non deve ritirarsi dal fornire un certo livello di servizi di base caricandozz queste responsabilità sulle spalle dei volontari, che invece devono essere visti come complementari e non sostitutivi dell’amministrazione pubblica. In certi casi, come in Italia, la prestazione volontaria costituisce ormai impropriamente l’ossatura dell’assistenza e dei servizi of-
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ferti al cittadino in settori primari come il pronto soccorso, la cura degli anziani, dei malati, degli emarginati, attività che viene per giunta scarsamente riconosciuta e tutelata. Come ha sottolineato Viviane Reding (vice Presidente della Commissione europea responsabile per la giustizia, i diritti fondamentali e di cittadinanza), l’Anno Europeo non è “una tantum” ma è l’inizio di un processo che andrà ben oltre il 2011. Durante l’anno, e in quelli successivi, si cercherà di accrescere la consapevolezza del cambiamento che deve avvenire in questo settore ben sapendo che le questioni saranno diverse di paese in paese. L’UE cercherà una piattaforma per ampliare e approfondire sia la sensibilizzazione dei singoli governi e dell’opinione pubblica verso l’apporto determinante e disinteressato dei volontari, sia la qualità del volontariato. In questo senso sarà particolarmente importante garantire che i rappresentanti delle associazioni dei volontari di tutta europa continuino ad incontrarsi e a scambiarsi esperienze su ciò che è stato fatto meglio in ogni paese europeo, moltiplicando il loro apporto propositivo al lavoro del Parlamento europeo, della Commissione e del Consiglio.
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“L’artista ha una collocazione centrale nella storia della cultura, perché sa dare forme inedite alla materia, imprimendole nuova personalità. La sua abilità a produrre una continua metamorfosi su scala altamente simbolica, ne fa regista ed architetto dei processi generativi. Il suo valore discende dalla crea-
tività con cui vivifica le trame del linguaggio, sistema complesso dove si sviluppa la natura del conoscere e del sentire”. Anish Kapoor nasce a Bombay nel 1954 da padre indiano e madre ebrea. Nel 1973 si trasferisce in Inghilterra dove comincia a dipingere in modo astratto, nello stile del primo Pollock. L’incontro in questi anni con il pittore rumeno Paul Neagu è per Kapoor fondamentale: “aveva davvero a che fare con quello di cui la mia crescita come persona aveva bisogno. Mi aprì gli occhi sul fatto che fare arte non significava fare cose più o meno belle ma che c’era uno scopo più profondo”. Quello che scoprì tornando in India fu l’elemento base di tutto il suo lavoro: il pigmento, pol-
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vere di colore in cui riconobbe l’espressione della vita, comparabile al seme o al polline dei fiori. Il pigmento puro nella sua natura soffice ed eterea rende i volumi cangianti e indefiniti contribuendo al superamento della rigidità e all’assolutismo della scultura. “Non voglio fare una scultura incentrata sulla forma. Vorrei fare una scultura che riguardi la fede o la passione, l’esperienza, aspetti che sono fuori dal terreno della materia”. Antimonumentalità, colore e continua dialettica tra gli opposti diventano cifra stilistica fondamentale per uno degli artisti più affascinanti del panorama contemporaneo. Nel 1997 a Betong, Malmoe Kounsthall scava nel solaio un buco di circa tre metri, ricoprendo ogni punto della sua superfi-
cie con pigmento nero blu, così da trasformare una scultura in un effetto ottico altamente illusivo. I confini percettivi diventano non più tattili o visivi ma astrattamente sensoriali. Ciò che produce nello spettatore è il senso di spaesamento nell’incapacità di riconoscere la presenza o l’assenza di un corpo inteso come oggetto. “L’inabissamento comporta il perdersi o provare una sensuale incertezza, mi sono sempre sentito attratto verso una certa nozione di paura, verso la sen-
sazione di precipitare, di essere spinto verso l’interno, di perdere il senso di se stessi”. Già dai primi lavori lo scopo è dunque quello di creare qualcosa che fosse un non fatto, un’automanifestazione, come se
In queste pagine: alcune opere di Anish Kapoor
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l’opera ci fosse grazie al proprio volere. Con 1000 Names del 1979 Kapoor realizza un insieme di forme tridimensionali costituite da pigmenti grezzi, di colori primari i cui volumi si aggettano dal pavimento e dal muro per richiamare immagini, dal cono della montagna alla piramide o al vulcano. Nel collocarsi a terra le forme e i volumi rifiutano il gigantismo e il verticalismo emblema della cultura occidentale in favore di una orizzontalità che trova radici nelle origini indiane dell’artista. La simbologia dei colori è infinita e riproduce negli occhi di chi guarda le immagini delle divinità della cosmogonia Hindu e le decorazioni murarie dei templi, in una danza tra pittura e scultura dove “la luce d’Oriente impregna tutto il reale”. Creare per Kapoor non è dunque inventare ex novo ma ricominciare dall’origine di sé perché il senso primo appaia in altre, nuove forme. Daniela Rosa
Se riuscissimo, anche per pochi istanti, ad essere tanto cinici da non collegare per sineddoche l’olocausto al suo artefice e ideatore, potremmo, per il tempo che la nostra coscienza consente a ciascuno di noi, ammirare i baffi di Hitler come pura espressione di creatività. Corti, pettinati, nerissimi, quadrati, i baffi del Fuehrer ne rispecchiavano la personalità e l’estro, qualità ahinoi asservite al più riprovevole dei fini, ma altrettanto incontestabili. Trovare oggi giorno estimatori dei suoi baffi, di cui stilisticamente parlando si è tacitamente sancita una sorta di damnatio memoriae o aemulationis, ritengo sia impresa pacificamente impossibile, eppure non è sempre stato così, anzi tra gli illustri
cultori di questi nonché della figura del gerarca nazista in generale, ci fu non solo Federico García Lorca che definì i baffi del Fuehrer, in un afflato di ammirazione, come la costante tragica del viso dell’uomo, ma niente poco di meno che Salvador Dalì, l’uomo che più d’ogni altro riuscì a rendere i suoi di baffi, una riconoscibile icona e un segno identificativo inconfondibile. Per Dalì i baffi erano la misura dello stile, egli definiva i propri “antinietzschiani” e “rivolti verso il cielo” perchè, con essi, credeva di aver “superato Nietzsche” stesso. Si trattava quindi non di baffi qualunque ma di baffetti nichilisti o totalitari, egli li desiderava come gli aculei di un riccio, per infilzare Voltaire, e l'illuminismo,
ed in questa sua lotta contro la razionalità, aggiunta ad una passione “futurista” per la guerra, probabilmente forse vedeva in Hitler, e nei suoi baffi, una spalla ideale. Circola più d’una voce sul fatto che l’artista “divino” fosse invaghito dalla personalità del gerarca nazista che appariva nei suoi deliri erotici, come una donna. Il dittatore era per Dalì il “gran paranoico commestibile”, masochista al punto di scatenare una guerra colossale per il puro piacere di perderla e distruggersi nella catastrofe. Questi insoliti apprezzamenti sul capo del nazismo e sulla swastika – simbolo che eccitava Dalì evocando in lui l’immagine del coito – gli costarono l’amicizia dei colleghi surrealisti e di Pablo
sopra: "L'enigma di Hitler", opera dipinta da Dalì nel 1939, ora ammirabile a Madrid, presso il Museo Nacional Centro De Arte Reina Sofia; a destra: Salvador Domingo Felipe Jacinto Dalí Domènech, marchese di Púbol (Figueras, 11 maggio 1904 – Figueras, 23 gennaio 1989) e Adolf Hitler (Braunau am Inn, 20 aprile 1889 – Berlino, 30 aprile 1945)
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Picasso, tutti schierati – sebbene con sfumature che spaziavano dall’anarchia, allo stalinismo, al trovskismo – sul fronte antifascista. Il divino Dalì avrà avuto di che arrovellarsi i lunghi baffi ritorti, ossessionato (anche sessualmente) com’era dalla figura di Hitler, di lui scriverà infatti: Proclamo lo sguardo e le spalle molli di Hitler dotate di un lirismo poetico irresistibile e confessò di essere affascinato dai fianchi bianchi e grassocci di Hitler… la più che divina carne di una donna di pelle bianchissima. Tale tensione ideal-erotica si condenserà in una interessante tela: L’enigma di Hitler. Il quadro, nella cui parte superiore, macabra e minacciosa presenta una pesante cornetta di telefono nera (e che aldilà delle interpretazioni più accreditate a me sinceramente ricorda i baffoni di Stalin, che, considerato il contesto pre-bellico sarebbe una personalità per nulla fuori luogo) che con il ricevitore spezzato e il filo interrotto, rappresentano i tentativi di pace che culminarono con l'incontro di Monaco, avvenuto nel settembre 1938. Al lato, sempre appeso allo stesso ramo, quasi a rimarcare l’idea di instabilità della situazione, vi è un ombrello che allude al primo ministro inglese Chamberlain, uno dei protagonisti della conferenza di settembre e autore di un fiacco tentativo di riportare il cancelliere tedesco alla ragione. I pipistrelli presenti nella composizione potrebbero alludere alle tenebre, sia quelle in cui amano vivere questi piccoli mammiferi
sia quelle funeste che stavano avvolgendo allora l'Italia. In particolare il motivo del telefono ricorrerà in molte opere di Dalì in rapporto agli avvenimenti politici legati alla presa di potere di Hitler in Germania, e se si considera che egli afferma di aver dipinto questo quadro prima della conferenza di Monaco, potremmo, se mi si concede il tono sensazionalista, essere di fronte non solo ad un enigma ma a ben vedere e ad una preveggenza. Lo stesso pittore di Figueres, in realtà dipinse la tela senza mai aver consciamente presente la soluzione di questo enigma, ma con la quale coltivava forse, dato il trambusto e l’impatto di polemico chiacchiericcio che suscitò, il più subdolo e megalomane intento di attirare su di sé e sui suoi baffi, l’attenzione che in quel periodo la figura di Hitler gli aveva sottratto. Trattasi in sintesi di una guerra di baffi! In fondo di Dalì, e del suo personaggio ad arte costruito, con il mantello, il bastone da passeggio, l’espressione altezzosa e i baffi lucidi di brillantina, più d’ogni altra rimane l’affermazione: Ogni mattina, appena prima di alzarmi, provo un sommo piacere: quello di essere Salvador Dalì! affermazione che cucita in bocca ad Hitler, non avrebbe certamente sfigurato nè tanto meno sorpreso per vanagloria e mitomania!
• La genia partenopea tutta • L’esoterismo di Renè Guenon • Le feste di Berlusconi • La teoria del 3x0 = 3 (v. Dylan Dog n. 125) • La poligamia
Francesco Tripaldi
• Il passaggio di gomito di Jason Williams • I mattoncini Lego • La presunta operazione di esportazione di D’annunzio • Urlo a Carl Salomon (di Allen Ginsberg)
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Esiste una comunicazione che viaggia sul non scambio di sguardi ed ovviamente sul non parlarsi, che ripercorre con molto ordine gli spazi polverosi al di là dei pannelli di scenografia. Esiste e serve per disporsi con precisione in modo che tutto si svolga sulla linea del ritmo di vita di uno spettacolo teatrale. In un teatro piccolo funziona ad incastri: nella quinta di riferimento, se la porta d’ingresso in scena precede il corridoio delle postazioni, il primo a passare dovrà essere quel personaggio che da copione compare per ultimo; logicamente, insomma, a determinare la serena cronologia di dove si mettono i piedi. Pochi rumori, niente fruscii. Questa pseudo armonia raggiunge un livello quasi inconscio, tale a volte da poter provocare qualcosa di molto simpatico o forse, a pensarci bene, di poco simpatico. Il secondo atto è appena iniziato e l’automa attore prossimo all’in-
gresso in scena non si accorge di un’errata disposizione, più precisamente di un’assenza. Sul palco vi è il protagonista che sta interpretando la parte di un assicuratore che riceve uno ad uno i potenziali nuovi clienti. La storia è ambientata negli anni ’40 in un paesino dell’ Italia meridionale dove il consulente è stato appena trasferito. L’ automa attore di prima non s’accorge che quello sul palco, non è l’attore-cliente che dovrebbe precederlo; l’attore che dovrebbe precederlo non è nemmeno in fila dinanzi a lui. É perso e distratto chissà dove nei camerini o in bagno. Il cliente di turno sta per essere congedato. Ogni dialogo di un cliente introduce irreversibilmente quello successivo. Di lì a pochi secondi qualcuno dovrà accorgersi di ciò che sta per accadere altrimenti “di lì a pochi secondi... cosa accadrà?” Nessuno s’accorge.
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Il cliente esce. Il protagonista si ritrova da solo sul palco. Il protagonista attende. L’attesa continua. L’attore automa a questo punto si desta e lo fa quanto basta a realizzare che se entrasse per riparare il danno in atto comprometterebbe, invece, in modo irrimediabile il senso della storia. Il protagonista attende. Il pubblico tutto, è lì. Il pubblico è dentro agli ingranaggi delle sensazioni, percepisce ogni cosa che accade sul palco; se pensi, se ti distrai, se cominci ad avere paura, se la distrazione ti porta a non essere più dentro alla storia, a staccarti rovinosamente verso il vortice dei ragionamenti veloci di una pseudo armonia che ha fatto cilecca -speriamo di no, adesso entra, adesso entra; non entra-. Il protagonista è lì, con il sorriso più naturale che esista, a proteggere se stesso e il suo pubblico, a trasformare grandiosamente la sua personale attesa del collega -ma che diavolo sta facendo,
dove caspita è?! Sorriso- in una distinta attesa da consulente assicurativo. Sì; ma qualcosa dovrà pur inventarsi e… strasubito perché lo spettacolo deve certamente continuare. L’esercito nel suo cervello a transennare l’accesso alle goccioline di sudore. La regola dei pochi rumori e niente fruscii impera ugualmente se nel frattempo, al di là dei pannelli, si è scatenata la caccia all’uomo distratto che intanto, poi si seppe, continua a non arrivare a causa di una vecchia zia che gli ha telefonato sul cellulare acceso nel bel mezzo dell’intervallo tra i due atti. Aveva salutato la zia da diversi minuti ma qualcuno lo aveva chiuso fuori, lasciandolo nella via vestito anni ’20 e senza la possibilità di rientrare in un tempo che fosse giusto. Allora è qui che il nostro assicuratore, pieno di tutta questa adrenalina gusto limone e vampa, si trova dinanzi alla più comune azione umana: reagire ad
una situazione inaspettata. Improvvisare, creare. Cucire artisticamente uno squarcio in una situazione tutta da inventare alla velocità della luce. Sopracciglia fuori posto, balbettii ed esitazioni non appartengono ad un buon attore. Da questo momento in poi c’è una sola certezza che nessun teatrante osa spiegarsi: la certezza è che il nostro assicuratore, protagonista, attore, Uomo, se la caverà egregiamente. Crediamo si tratti di una sorta d’istinto di sopravvivenza che, in questo caso però, va condotto con grande stile, capacità, e grazia verso il pubblico. Un dannato squarcio che diventa vita, diventa il rendersi conto di potere ogni cosa. Ed è bellissimo che se fosse possibile ci metteresti tre elle. Gli applausi verrebbero dai colleghi nelle quinte se potessero. Ma non possono perché il Teatro è qualcosa di magico che il pubblico non deve sapere diceva il grande Eduardo. Antonio Coppola
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“Quando c’era Lui, cari Voi”(2009), commedia portata in scena da Raimondo Morelli con l’idea di “italianizzare” l’ingegnosa opera teatrale “Il Revisore” di Gogol (1836), e riadattare teatralmente il film “Anni ruggenti” (1962), diretto da Luigi Zampa; pellicola dal cast d’eccezione: Nino Manfredi, Gino Cervi e il grande Salvo Randone. Gli esterni sono stati girati ai Sassi di Matera. Nell’ottobre del 1937, un assicuratore romano (Nino Manfredi) arriva in un paese del Sud Italia in cerca di clienti. Il giorno stesso, il podestà è avvertito da un parente, della venuta di un funzionario fascista, incaricato di compiere un’ispezione segreta. L’equivoco è inevitabile: l’assicuratore è scambiato per l’altro, tanto più che nella sua stanza d’albergo viene trovata una lista con i nomi dei notabili locali, ciascuno dei quali ha le sue malefatte da nascondere. Mentre costoro cercano di allestire una “festa del regime”, un medico antifascista (Randone) mostra il vero volto del paese al protagonista, il quale, messo in crisi dalla scoperta dell’equivoco, decide di chiarirlo, ma…
Era il 1986 quando John Lasseter, ex animatore della Walt Disney, diede vita a uno dei più bei cortometraggi della storia dell’animazione ispirandosi ad una semplice lampada da scrivania, di fattura essenziale e classica. Nacquero così Luxo e suo figlio, Luxo Junior, protagonista del cortometraggio omonimo, due personaggi intimamente legati che riescono a emozionare il grande pubblico come se si stesse parlando di un rapporto padre-figlio, quotidiano e profondamente umano. Incredibile! Da una lampada da tavolo nascono vere e proprie storie! Era semplicissimo infatti immaginare un padre che gioca a palla col suo figlioletto guardando i movimenti di queste due simpatiche lampadine. Luxo Junior si diverte a saltare sulla palla appiattendola, ed è proprio questa semplicissima scena che divenne poi il logo animato della Pixar Animation Studios. Con Luxo inizia una lunga serie di cortometraggi come Il sogno di Red
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(1987), in cui i tecnici della Pixar si impegnano nella realizzazione di una scena di pioggia e della prima figura antropomorfa realizzata in CGI, un clown! A seguire, nel 1988, uno dei più famosi cortometraggi realizzati è Tin Toy, che fu il primo cortometraggio in CGI a vincere un Premio Oscar. In questo film compare per la prima volta una figura umana, un bambino, che terrorizza i giocattoli, i quali, dotati di una volontà propria, scappano a nascondersi. Questo cortometraggio è importante anche perché contiene in germe quell’idea da cui nascerà Toy Story. Ricordiamo, inoltre, Quando il giorno incontra la notte e Parzialmente nuvoloso, due cortometraggi bellissimi che vedono protagoniste delle simpatiche nuvolette! Negli anni la Pixar ha creato tantissimi prodotti e insieme ad essi è cresciuta enormemente! La compagnia nacque originariamente da una divisione della LucasFilm di George Lucas, per poi essere acquisita per 10 milioni di dollari nel 1986 da Steve Jobs, che la rese indipendente. All’inizio si occupava esclusiva-
mente di cortometraggi d’animazione, ma piano piano iniziò a sperimentare le sue tecniche innovative anche nei lungometraggi, partendo da Toy Story - Il mondo dei giocattoli, uscito nelle sale nel 1995. Seguirono A Bug’s life - Megaminimondo (1997), Toy Story 2 (1999), Monsters & Co (2001), Alla ricerca di Nemo (2003) e Gli Incredibili (2004). Questi primi cinque film incassarono 2,5 miliardi di dollari, rendendo la Pixar la casa di produzione più prolifica di tutti i tempi. Il 2006 segna un’altra tappa importante per la casa cinematografica, poiché in quell’anno la Pixar si fuse con la multinazionale dell’animazione, e cioè The Walt Disney Company, e da quella fusione nacquero grandi successi: Cars (2006), Ratatouille (2007), Wall-e (2008) fino ai due Oscar vinti da Up (2009), e ancora Cars 2 in uscita nel 2011. Insomma, la Disney – Pixar diviene una grande fabbrica dell’immaginazione, che riesce a coinvolgere grandi e piccini. Negli anni si è affermata come una delle più importanti case cinematografiche specializzata in
"computer generated imagery" (CGI). Ma cosa ha permesso alla Pixar di stravolgere il mondo dei cartoni animati? Forse proprio l’immensa creatività delle menti che vi lavorano, sempre in grado di comunicare emozioni umane ed estremamente naturali attraverso visi, corpi e linguaggi esclusivamente digitali! Specialisti nelle tecniche digitali più innovative, infatti, gli sviluppatori della Pixar sono i creatori del software utilizzato oggi nella realizzazione di tanti film animati, il famoso RenderMan. Si tratta di uno dei programmi più famosi della computer grafica, nato e sviluppato nel corso degli anni direttamente all'interno di Pixar per creare tutti i grandi successi che hanno segnato la storia del film digitale, dai primi cortometraggi fino ai lungometraggi campioni di incassi. Certo, la Walt Disney con i suoi famosi cartoni animati emozionava il pubblico, ma quello che riesce a fare la Disney - Pixar oggi è un qualcosa di incredibile, e cioè comunicare stati d’animo e addirittura pensieri, puntando sui gesti, sulle espressioni e sui
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dettagli, non utilizzando un solo dialogo. Il grande pubblico è letteralmente incollato allo schermo per seguire passo dopo passo le azioni di fantastici personaggi. Un ottimo risultato, dunque, talvolta difficile da raggiungere persino attraverso l’uso dei dialoghi. È questo, ad esempio, il caso di Wall-e, nono lungometraggio di animazione realizzato con la Disney. È la storia di un dolcissimo robot, rimasto solo sul pianeta terra, abbandonato dagli umani in seguito all’inquinamento. Il suo compito è quello di ripulire il pianeta e ogni giorno esce “in missione”, scruta, osserva, prende e cataloga tutto ciò che trova! Osservando il movimento dei suoi occhi è possibile capire immediatamente il suo stato d’ animo: se è spaventato, se è incuriosito, oppure arrabbiato! Un robot che vive e trasmette le stesse sensazioni degli esseri umani in modo veramente realistico! Tra tutte, anche l’amore... Oppure pensiamo ad Up, decimo lungometraggio realizzato dai Pixar Animation Studios in co-produzione con la Walt Di-
sney Pictures, scritto e diretto da Pete Docter e Bob Peterson. È stato il secondo film di animazione della storia ad essere stato nominato agli Oscar come miglior film, dopo La bella e la bestia nel 1992, Up è la storia di Carl Fredricksen, un simpatico nonnetto che sogna di avventurarsi in Sud America per raggiungere le Cascate Paradiso, come aveva fatto il suo idolo Charles Muntz. Un giorno della sua infanzia, mentre torna dal cinema, incontra Ellie, una bambina un po’ fuori dal normale ma con il suo stesso sogno. Tra i due vi è subito una grande intesa e divenuti adulti si sposano e vanno a vivere insieme. Carl diventerà venditore di palloncini. Come ogni coppia, però, dovranno scontrarsi coi problemi della realtà quotidiana come le bollette, il fatto che Ellie non possa avere figli, ed infine gli acciacchi dell'età. Proprio quando Carl compra i biglietti per il viaggio in Sudamerica, sua moglie Ellie, ormai anziana e malata viene a mancare. A 78 anni, la vita sembra
non offrire più a Carl abbastanza tempo per realizzare il sogno di un viaggio avventuroso come voleva sua moglie Ellie. Inoltre, la sua casa è nel bel mezzo di un nuovo cantiere che ha completamente distrutto il vecchio. Un giorno arriva un bulldozer che accidentalmente urta la sua cassetta delle lettere. Uno degli operai, tremendamente dispiaciuto cerca di ripararla, ma Fredricksen, infuriato e gelosissimo della sua cassetta delle lettere, lo ferisce alla testa con una bastonata; in seguito a questo avvenimento viene obbligato al ricovero in casa di riposo. Sembra tutto finito per lui! Sorprendentemente l’indomani, all’arrivo degli infermieri, che avrebbero dovuto accompagnarlo alla casa di riposo, Carl fa volare via la sua casa utilizzando tutti i palloncini ad elio che gli erano avanzati. Le mura si staccano da terra e si innalzano verso il cielo! Lo aspettano nuove avventure... Up è uno dei cartoni animati, realizzati digitalmente, che più riesce ad emozionare! Per avere successo non bisogna impegnarsi in cose molto com-
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plicate, i film della Pixar sono estremamente semplici, eppure meravigliosi. Basti pensare che la prima parte del cartone, cioè quella che narra l’incontro dei due innamorati, fino alla perdita di Ellie, è stata resa dal semplice susseguirsi di tenere immagini! Sequenze senza dialogo che con estrema delicatezza e dolcezza narrano, in pochi minuti, una vita intera spesa all’insegna dell’amore! Dopotutto, per riuscire a fare questo, basta vedere la vita con gli occhi di un bambino, con un pizzico di immaginazione e tanta semplicità! Mari Donadio Angelo Caiazzo
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kATY PERRY IN CONCERTO
milano 23 febbraio
Al Palasharp di Milano si esibirà, per la prima volta in Italia, Katy Perry con “The California Girls 2011” il tour del suo secondo album Teenage Dream. L’artista proporrà le hit che l’hanno resa una delle più celebri star della musica internazionale portandola in vetta alle classifiche di tutto il mondo. Dal suo esordio con il fortunato album ”One of the Boys” Katy Perry è diventata un’artista dai grandi successi ed è stata una delle protagoniste musicali in radio e tv vincendo premi prestigiosi, dagli MTV Europe Music Awards ai Brit Awards.
ALESSANDRO SIANI A TEATRO
Alessandro Siani sarà il protagonista del Gran Teatro di Roma con il suo “Più di prima…Benvenuti a Teatro”, spettacolo che verrà proposto in un’unica data in Italia. Siani è divento uno dei comici più popolari in Campania e in generale nel sud Italia, grazie allo spettacolo teatrale Fiesta, nel dicembre 2004, con Francesco Albanese e Carmela Nappo. È reduce dallo straordinario successo al botteghino di “Benvenuti al Sud”, film tra i cinque incassi italiani più alti di sempre, e ora autore di “Un napoletano come me... e che t’ ‘o dico a fà!”, il suo ultimo libro edito da Rizzoli. È possibile acquistare i biglietti presso il circuito ticketone.
roma 3 marzo
NEGRAMARO IN TOUR
caserta 19 marzo
A poche settimane dall’uscita di “Casa 69”, il nuovo album che ha debuttato direttamente in cima alle classifiche di vendita, i Negramaro annunciano che sono pronti a tornare sulla scena live e suonare i nuovi brani di fronte ai loro numerosissimi fan. Lo faranno dal 10 marzo nei palasport d’Italia con “Casa 69 tour”. Fin dal loro esordio nel 2003 i Negramaro si sono imposti all’attenzione del pubblico grazie alle loro incendiarie esibizioni live, non a caso sono stati la prima band italiana ad esibirsi allo stadio di San Siro, tempio del rock (e del calcio). Siamo certi che prima o poi vorranno replicare l’esperienza. Nel frattempo non perdeteveli! Info su negramaro.com
BOOkFAIR: FIERA LIBRO RAGAZZI
La Fiera del Libro propone ogni anno iniziative speciali finalizzate ad ampliare i contatti e approfondire le competenze nei più svariati settori del mercato per ragazzi. Incontri, dibattiti, conferimenti di premi costituiscono i principali eventi della Fiera. All'interno la Mostra degli illustratori, la più ampia e prestigiosa vetrina internazionale in merito alle nuove tendenze dell’illustrazione per ragazzi. Altri appuntamenti all’interno della città di Bologna arricchiranno le giornate della manifestazione fieristica con l’obiettivo di proporre ulteriori momenti di incontro e scambio professionale per tutti coloro che si occupano di contenuti culturali per ragazzi. Info bookfair.bolognafiere.it
MOSTRA A PALAZZO FARNÈSE
roma fino al 27 aprile
bologna fino al 31 marzo
Palazzo Farnese sarà aperto al pubblico, grazie ad una mostra storica intitolata “PALAZZO FARNÈSE - Dalle collezioni rinascimentali ad Ambasciata di Francia”. Oltre 150 opere tra dipinti, statue, disegni, sculture, monete, arazzi e ceramiche, faranno rivivere cinque secoli dell’affascinante storia del Palazzo: dai fasti cinquecenteschi della Famiglia Farnese, al periodo moderno, fino a questi ultimi 135 anni del Palazzo come sede dell’Ambasciata di Francia in Italia e dell’Ecole française de Rome. Una significativa scelta di opere della collezione Farnese verrà riportata nel luogo dove essa si formò grazie alla passione di questa famiglia. Info su mostrapalazzofarnese.it
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DADDY BLUES
Storia di una paternità desiderata, di costume e di regole sociali da rispettare e da capovolgere. Daddy Blues affronta da più prospettive il tema dell’adozione, argomento particolarmente delicato ai giorni nostri. Dopo anni di battaglie e attese per poter adottare un bimbo, Christine e Bernard ce l’hanno fatta: la signora Merrill, responsabile delle adozioni, confida loro che avranno un bambino. Peccato, però, che Christine ha deciso di lasciare Bernard. Per non perdere il piccolo Sébastien e gettare all’aria anni d’attesa, il novello padre dovrà assolutamente trovare al più presto una soluzione e una mamma…! Con Marco Columbro e Paola Quattrini, regia di Vincenzo Salemme.
potenza 2 marzo
MEZZA MARATONA DI POTENZA
La Città si prepara al via della 3^ edizione della Mezza Maratona Città di Potenza. Una gara importante che darà l’occasione a centinaia di appassionati e professionisti di cimentarsi in quella che è considerata la più classica corsa su strada. La “maratona” mira a diventare un vero e proprio evento, sfruttando anche l’abbinamento con gli aspetti turistici del potentino. Usufruendo di un circuito tecnicamente valido e impegnativo, il podista corre in altura, con squarci paesaggistici particolari, si passa dal centro storico alle bellezze della moderna ingegneria, alle infrastrutture particolari (ponte attrezzato ecc.) coinvolgendo l’intera città. Info su borgoanticoportasalza.com
potenza 6 marzo
I PUGNI IN TASCA con AMBRA ANGIOLINI
Dopo 44 anni dall’uscita del famoso e premiatissimo film che ha fatto epoca e ha lanciato il grande Marco Bellocchio a livello internazionale, al Teatro Duni di Matera, verrà rappresentato, in versione teatrale, il film “I pugni in tasca” con Ambra Angiolini e Pierluigi Bellocchio, con la regia di Stefania De Santis. L’appuntamento rientra nella Rassegna Teatrale 2010/2011 che ha preso il via lo scorso novembre e si protrarrà fino a marzo. Calcheranno le scene del Teatro Duni, tra gli altri, Vladimir Luxuria, Claudio Santamaria, Paolo Rossi, Simone Cristicchi e Nicoletta Braschi con rappresentazioni innovative e di rilievo nel vasto scenario teatrale italiano. Info su cineteatroduni.com
matera 10 marzo
SUOCERI SULL’ORLO DI UNA CRISI DI NERVI
moliterno 17 marzo
“Mamma, papà: io mi sposo”. Convolare a nozze non è impresa facile, soprattutto quando i futuri sposi sono figli di due padri che non si vedono di buon occhio e che, per contrastare il matrimonio, ne combineranno di tutti i colori, innescando una girandola di situazioni paradossali e divertenti. Il tutto reso possibile da una miscela esplosiva di personaggi. Una follia che metterà a dura prova il sistema nervoso delle rispettive consuocere che, dall’iniziale diffidenza reciproca, a poco a poco si alleano per amore dei loro figli, vittime innocenti di suoceri sull’orlo di una crisi di nervi! Nel cast Gianfranco D’Angelo e Eleonora Giorgi, regia di Giovanni De Feudis. Info levallidelteatro.it
L’UOMO DAL FIORE IN BOCCA
Spettacolo assolutamente incantevole e intenso, la versione pirandelliana, inscenata da Sandro Lombardi e Roberto Latini (che ne firma anche la regia) è pura liturgia teatrale, celebrata dentro e oltre il perimetro di una gabbia, con al centro un pozzo sormontato da un’altalena. Il taglio registico e interpretativo che trasforma il testo in un monologo a due voci, mette in risalto quell’aspetto visionario che striscia, più o meno velatamente, in tutto il teatro di Pirandello e che è già presente in questo dramma giovanile. Tutto ciò che avviene in scena mette in moto immagini e ricordi che riescono solo quando uno spettacolo viene costruito con rigore espressivo e inventiva.
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potenza 25 marzo
PRemiO naZiOnale “Daniela caiROli“
scadenza 26 febbraio
Concorso di poesia nazionale - Prende avvio la nuova Edizione del Concorso Nazionale di poesia “Daniela Cairoli”. Si tratta dell’ottava edizione di un concorso nato, nella provincia comasca, per ricordare una persona speciale ed è divenuto, nel tempo, un evento di portata nazionale. Ogni concorrente potrà partecipare con un massimo di tre opere in lingua italiana o in vernacolo. Nel caso di poesie in vernacolo è gradita la traduzione in lingua italiana e l’indicazione della regione di appartenenza. Non vi sono limitazioni al numero di versi. Modalità di partecipazione ed iscrizione al concorso sul sito dell’associazione helianto.it
PRemiO “basiliO cascella” 2011
Concorso d’arte contemporanea - Da 55 anni uno dei premi d’arte più prestigiosi d’Italia, la cui volontà è di valorizzare l’arte contemporanea e crearne uno snodo creativo e di riferimento. Il tema di questa edizione sarà “La ricerca dell’Unità”, e saranno selezionati 40 artisti sul territorio nazionale. La partecipazione è gratuita, e riservata a pittori e fotografi. I partecipanti dovranno inviare entro la data di scadenza tre immagini .jpg (a 300 dpi, con lato minore minimo 600 pixel) delle opere più rappresentative della propria espressione artistica. Le opere selezionate faranno parte di una mostra. Info su premiocascella.it
scadenza 26 marzo
scadenza 10 marzo
senZa eticHetta 2011
Concorso musicale - Senza Etichetta nasce nel ‘98 dall’ idea di alcuni insegnanti dell’istituto musicale “F.A.Cuneo” di Ciriè intenzionati a dar vita ad una serie di appuntamenti musicali indirizzati ai giovani che proponessero qualsiasi genere musicale (da qui il nome di Senza Etichetta) sia cover che inediti. Questa rassegna musicale è riuscita con gli anni a diventare un appuntamento fisso nell’ambito delle iniziative musicali. Possono partecipare gruppi, cantautori, cantanti su base, con brani originali o covers in lingua italiana o straniera. La commissione giudicatrice sarà guidata da MOGOL. Info su senzaetichetta.com
ObiettivO? basilicata
Concorso fotografico - L’associazione culturale “Voglia di Basilicata”, nella sua mission sulla divulgazione e promozione del territorio della Basilicata promuove un concorso aperto a tutti gli interessati mirato all’acquisizione di materiale fotografico utile alla divulgazione e alla promozione del territorio della regione. Tutte le produzioni realizzate saranno destinate alla divulgazione a scopo promozionale della Basilicata. Ogni autore sarà indipendente, svincolato e libero di fornire una propria interpretazione di ciò che riguarda la propria produzione. Il bando è pubblicato sul sito internet vogliadibasilicata.com
scadenza 31 marzo
lucania film festival 2011
scadenza 20 aprile
Concorso internazionale di lungometraggio e cortometraggio - Il LFF (Lucania Film Festival) rappresenta il consolidamento di un progetto sociale, economico e artistico tra i più interessanti nello scenario del cinema indipendente internazionale. Migliaia di registi in 11 edizioni hanno deciso di presentare i loro lavori al LFF dove la comunità e il paesaggio in senso assoluto lo rendono unico nel suo genere. Il territorio lucano, rinomato per i Sassi di Matera, la città Fantasma di Craco, i calanchi argillosi e la cittadina bianca di Pisticci, è protagonista assoluto all’interno della kermesse. La registrazione al Festival avviene on-line sul sito ufficiale lucaniafmfestiva.it
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Silvio Giordano
IDENTIKIT Nome: Silvio Giordano Età: 33 Professione: Artista Segni particolari: Una delle giovani eccellenze italiane 2009 e 2011 secondo il libro “Young Blood”, che racchiude in sè le migliori menti creative del momento. Premi: Romaeuropa Web Factory con il video “Water Monitor” e Premio Celeste con l’opera “Packaging’s Life”.
PERFORMANCE, SCULTURA, INSTALLAZIONI, FOTOGRAFIA, IPOTESI FANTASMAGORICHE SULLA CORPOREITÀ POST-UMANA, MANIPOLAZIONI DIGITALI, DIVERSITÀ DELL’IO E TRASFORMAZIONI GENETICHE. PERSONALMENTE PAROLE SENZA SENSO. NELL’ARTE CONTEMPORANEA SIGNIFICA GENIO. SE ANCORA NON CONOSCI SILVIO GIORDANO E SEI ALL’OSCURO DEL SUO GENIO CREATIVO, VUOL DIRE CHE COME ME NON TI SEI MAI AVVICINATO ALL’ARTE VISIVA CONTEMPORANEA. IO HO LA FORTUNA DI CONOSCERE SILVIO DA QUASI 15 ANNI E ANCORA ORA DEVO RIUSCIRE A CAPIRE COME SONO I SUOI LAVORI. LA GENIALITÀ DI QUESTO GIOVANE ARTISTA È INDUBBIAMENTE UNICA E L’HA PORTATO A VIAGGIARE TRA MOSTRE, PRESENTAZIONI E PREMI CRITICI. UN ARTISTA LUCANO CHE CI FA RESPIRARE ARIA INTERNAZIONALE, GIRANDO IL MONDO TRA MOSTRE CONTEST ED EVENTI. TRA GLI ULTIMI RICORDIAMO “THE 7TH BUSAN VIDEO ART FESTIVAL IN KOREA” INSIEME A 21 ARTISTI INTERNAZIONALI, UN FESTIVAL KOREANO CHE HA FAMA INTERNAZIONALE E CHE RICHIAMA I PRINCIPALI ARTISTI DI TUTTO IL MONDO. UNA STRADA IN CONTINUA SALITA PER LUI. MA PER ME, CHE VEDO L’ARTE ANCORA NEI PENNELLI E NELLE TEMPERE, NELLE NATURE MORTE E NEI PAESAGGI, LA SALITA VERSO QUESTO TIPO D’ARTE ANCORA NON C’È STATA. PAROLE, IMMAGINI, VISIONI ED ESPLORAZIONI. QUESTO È SILVIO GIORDANO, ARTISTA GIROVAGO, CHE NON AMA LE CONVENZIONI. SE ANCHE TU COME ME IGNORI TOTALMENTE COSA VOGLIA DIRE ESSERE UN ARTISTA POLIEDRICO IN CONTINUA EVOLUZIONE NELL’ARTE VISIVA, ENTRA CON ME NEL SUO MONDO PER SCOPRIRE L’ARTE CONTEMPORANEA, MA SOPRATTUTTO COSA C’È DIETRO UN ARTISTA CONTEMPORANEO. SE ANCORA NON VI FOSSE CHIARO IL SUO MONDO E LA SUA ARTE (ANCHE DOPO QUESTA INTERVISTA ASSOLUTAMENTE UNICA, FRESCA, DIVERTENTE E SUPER ARTISTICA), SEMPLICEMENTE PRENDETE UN COMPUTER E GOOGLE VI AIUTERÀ!
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Arte, installazioni e performance. Come è cambiata l’arte negli ultimi anni? Nulla si crea nulla si distrugge tutto si trasforma, in arte, invece, tutto si ridisegna... i temi sono quelli di sempre, ciò che rende contemporanea l’opera è il suo linguaggio, questo è quello che cambia, per esempio molte parole sono uscite dal nostro dizionario e altre nuove sono entrate... forse lo slang... questo è il linguaggio contemporaneo... la difficoltà però è il dialogo tra gli addetti ai lavori, i responsabili gestori dell’arte. Ci sono differenze generazionali e la presunzione di aver capito che cos'è l’arte. Ognuno la definisce e la disegna a modo suo, e come nell’entropie e le regole cosmiche ci vogliono sempre delle regole. Le persone hanno bisogno di regole perché stabiliscono un percorso e l’eventuale definizione di ciò che stiamo trattando... la street arte è arte? non è arte? difficile capirlo ora, ma questo è successo anche nel passato nella pop art, questi atteggiamenti artistici dell’epoca sembravano delle burle e soltanto noi che siamo sopravvissuti a quegli autori, viviamo la certezza e la mitizzazione o la sterilizzazione del loro operato. Questa è un pò una beffa, è un sadismo del destino quella di non vedere il successo o la glorificazione di una propria opera, che non necessariamente avverrà per una seria di motivi. Non credo si possa programmare il successo di un’opera o le influenze che avrà nel tempo e nella socità, l’artista fà, produce, si impegna, è uno che si pone delle domande, ma c’è un dubbio che non si pone nessuna domanda: ha senso questo fare? Oggi tutto è arte, un sistema d’elite ha sdoganato questo atteggiamento e ciò denota la morte di una miriade di artisti, putroppo inesorabilmente destinati all’oblio perché impossibilitati di esporre, e rivolgere il vero giudizi al pubblico o al collezionismo. L’artista ostinato nella ricerca del bello che svolge la ricerca in solitudine è sempre più isolato e il fare arte diventa solo un hobby o una passione senza un pubblico. I cancelli di una volta si sono chiusi per sempre, quindi chi vi è entrato verrà storicizzato, sarà parte del sistema... gli altri al palo. È una realtà dura da accettare proprio perché i linguaggi sono cambiati, è la codificazione di quest’ultima che va analizzata, cioè la visione del mondo che si dà nell’arte. Prima si definiva arte un dipinto, una tela o una scultura. Adesso un orinatoio è diventato un simbolo d’arte. Duchamp espone la sua “opera” a New York mentre Lady Gaga ne firma una e fa balzare le quotazioni a mille. Per essere artisti oggi ci vuole capacità o basta semplicemente l’idea?
Dopo Duchamp sono successe tante e troppe cose, appunto il mondo è cambiato. L’arte è diventata un territorio democratico anche se c’è tutto un sistema che tende a monopolizzarlo. Per quanto riguarda Lady Gaga più che la sua opera è lei stessa un’opera e l’opera migliore che ha fatto è quella di essere diventata ricca e famosa, i suoi riferimenti le sue “regole” sono legate al guadagno e al business, il business ha regole ben precise, pone condìzioni di marketing che inesorabilmente vanno ad impattare sulla libertà creativa dell’artista, in più Lady Gaga nell’arte si è già vista, è un dejavù, insomma nulla di nuovo sotto il sole, come al solito non c’è memoria storica. Certo nell’arte conta il valore oggettivo dell’opera, sì, ma anche la sua originalità nel globale dibattito artistico, questo è un problema più difficile da risolvere, e non credo che Lady Gaga si sia mai posta questi problemi, lei però, può diventare una promotrice d’arte, una specie di cassa di risonanza, far diventare celebre Francesco Vezzoli, comprare l’opera di un grande artista ed inorgoglirlo, far sentire realizzato uno stilista che gli realizza gli abiti, insomma fa del suo meglio e questo atteggiamento rende felice più di una persona. In conclusione se un artista non è in grado di leggere il sistema in cui si muove e capirne bene i passaggi è un ingenuo. Rimanerne al di fuori si può, ma è un gettare la spugna, per buttarsi nella mischia dell’arte contemporanea ci vuol molto coraggio, incoscienza e tanta tanta fortuna.
Nucleo Familiare 2008 “Nucleo Familiare 2008” - Esiste un tavolo dove una grande famiglia si unisce compatta e tesse indisturbata il destino del mondo svuotando la democrazia di significato. Esiste un’energia che snoda Cortei copiosi contro di essa.
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L’artista contemporaneo è un creativo? Può spaziare dall’arte alla pubblicità senza trovare limiti? Limitarsi è un limite, quindi ognuno può essere ciò che vuole. Per me sono due atteggiamenti completamenti diversi, la pubblicità è limitante per un vero artista perchè ha necessità di raggiungere un’obbiettivo, ha un target: vendere il prodotto e venderlo a tutti con i conti che devono tornare. Succede che l’opera di un artista può essere utilizzata come immagine per copertine di libri o video, o addirittura l’artista stesso viene utilizzato come testimonial, ma la pubblicità ha le sue regole, per quanto mi riguarda la mia tendenza è uscire fuori dal recinto delle regole. Senza corto circuiti non si crea nulla di nuovo. Durante la tua carriera hai ricevuto tanti premi, qual è stata l’opera più apprezzata dai critici? Non saprei, non è tra le mie preoccupazioni sapere cosa apprezzano i critici, il confronto è importante e anche il riconoscimento, ma l’arte deve superare se stessa e l’essere critici con se stessi è la prima regola. Ogni critico o curatore ha il suo gusto, ha una cerchia di artisti che seguono quel-
lo stile suggerito da lui, penso semlicemente che non si può piacere a tutti. Bisognerebbe non cadere nella trappola di appartenere ad una corrente o ad un pensiero preciso, la cultura non è un fiume incanalato che segue un solo ed unico percorso ma la cultura e l’arte sono una incotrollata pioggia tempestosa sul mondo. Da dove viene la tua aspirazione? L’idea è un proiettile che esplode anarchicamente. Noi forniamo alla pistola tutte le informazioni necessarie, ma non sappiamo quando sparerà. Inutile impegnarsi a premere il grilletto. Recupero le informazioni attraverso testi, saggi, riviste o ascoltando le persone. In questo modo ho un bagaglio culturale semi-latente che sarà risvegliato da lì a poco. Disegno tutte le idee su carta in attesa che l’idea più forte si imponga dispoticamente nel mio cervello. Una vera pulsione che va concretizzata prima che inizi a tornarmi durante la notte. Dopo bisognerà decidere come metterla in scena e collocarla nella contemporaneità assumendosi la possibilità di poter sbagliare o riuscire nell’intento. Andreina Serena Romano
TANK MAN 2 by Silvio Giordano e Stefano Boring
Tank man 2 è un lavoro polisemico; i sensi, inserendosi uno nell’altro, danno vita a una nuova matrioska, i cui elementi incastrabili sono differenti. Il senso più immediato suona come un avvertimento: la dittatura è una realtà, la libertà non esiste, la guerriglia è quotidiana. La dittatura corrente è quella delle macchine inutili, degli atti sterili, della metafora cognitiva “grande e costoso è bello”. A osservare meglio l’immagine, ci si imbatte in una confusione “tropica”; chi è tank man 2, l’uomo davanti al carrarmato-hummer o l’uomo all’interno? Non è una beffa che il cittadino anonimo, che oppone il suo stesso corpo alla fila di carrarmati, debba poi essere indicato proprio attraverso quei carrarmati, sino a divenire tout court l’uomo carrarmato? Inoltre tank man 2 non è una persona non identificabile, né tanto meno ambisce a esserlo. Tank man, invece, è stato ed è tuttora anonimo, nonostante i tentativi febbrili di identificazione.Il suo gesto conserva una valenza politica e segnica, probabilmente, proprio a causa del suo anonimato. Non essendo nessuno tank man è tutti. La chiara identità del tank man 2, d’altra parte, rischia di svuotare il gesto, fagocitandolo.
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Elisa Laraia, nata a Potenza nel 1973, vive e lavora tra Bologna e Potenza. Nel 2001 consegue il diploma di laurea in Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna, approfondisce i suoi studi presso l’Università Parigi 8 di Parigi e la Wimbledon School of Art di Londra. Nel 2000 realizza il primo dei suoi numerosi interventi di Arte Pubblica nella manifestazione “Oltre il Giardino” a cura di Roberto Daolio che tutt’oggi segue la sua ricerca. Critici tra i quali Mili Romano, Dede Auregli, Antonella Marino, Dores Sacquegna, Eleonora Frattarolo, Marta Massaioli, Rosalba Branà, Rosalba Paiano hanno scritto di lei e curato le sue maggiori esperienze espositive personali e collettive dal 2000 ad oggi in Gallerie Private e Musei, come la GAM di Bologna. Ha partecipato alla Biennale Giovani artisti del Mediterraneo, Sarajevo, ed alla XIV Quadriennale di Roma. Nel Gennaio 2004 crea a Bologna Orfeo Hotel contemporary art project, opera d’arte in progress sul concetto di Scambio Identitario, oggi project room a Potenza ed in Second life (www.orfeohotel. com). La sua attività artistica dal 2006 si sviluppa tra Bologna, dove co-cura la manifestazione annuale Art for Art’s Shake, e Potenza, dove è parte della rete Art Factory Basilicata. "River Glass Box", quattro bicchieri di vetro decorati a mano rappresentanti altrettanti fiumi lucani. É la tua ultima opera che Ac-
quedotto Lucano utilizzerà come simbolo del valore dell'acqua lucana: arte e servizio pubblico a braccetto? L'acqua lucana è una risorsa delle più importanti della nostra
Elisa Laraia, Qual è il tuo luogo? Deframmentazione II, 2009 - Stampa su pvc per il LAP (Laboratorio permanente di Arte Pubblica, Potenza)
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regione, l'Acquedotto Lucano una delle più importanti aziende a partecipazione pubblica del nostro Sud, un connubio importante quello tra arte e servizio pubblico, sì, l'idea è stata quella
Elisa Laraia, River Glass Box, 2010 Opera in serie limitata per Acquedotto Lucano
di produrre in edizione limitata un'opera creata ad hoc per veicolare il messaggio di Acquedotto Lucano: il valore dell'acqua lucana. É bello lavorare in un contesto dove l'arte viene apprezzata con intelligenza e dove si interpreta la Basilicata che lavora con grinta e che dà valore a ciò che io ritengo più importante di ogni cosa: la cultura. Hai sempre voluto misurarti con il tema dell'identità, fin dagli anni dell'Accademia; un concetto che oltre a fare da contrappeso all'alterità vede l'individuo come ingranaggio sociale. Cos'è per te l'identità lucana? Da quando ho deciso di vivere in questa città, in questa regione, ho riflettuto sul forte desiderio, rimasto sempre vivo in me, anche negli anni bolognesi, di mantenere il senso forte di appartenenza alla mia terra, di interpretarne l'identità, sia nelle sue radici, sia nel percorso di integrazione con i luoghi più avanzati della cultura, luoghi che ho avuto modo di esplorare con coraggio, anche per riportare poi nella mia terra il succo della mia esperienza, ed è qui che, come evidenzi tu stesso, l'individuo è inteso come ingranaggio sociale.
Credo che noi lucani siamo molto forti, proprio perché legati alle nostre tradizioni, senza farne però una zavorra, bensì un trampolino verso il futuro. Un segno evidente della tua presenza a Potenza è il Laboratorio permanente di Arte Pubblica che tutti probabilmente conoscono per via di quell'uso dello spazio urbano come luogo di esposizione dell'arte (l'installazione dei quei "famosi" grandi pannelli in diversi punti della città). Hai progetti futuri su Potenza? Credo che sia un obiettivo importante consolidare e far crescere il LAP Laboratorio permanente di Arte Pubblica, che prevede anche di essere completato con percorsi concorsuali e di alta formazione. Ho molte idee e progetti, il mio lavoro d'artista cresce e si arricchisce in un rapporto dinamico con il territorio, perciò, come è accaduto per il LAP, per "River Glass Box", per "Il Bosco che vorrei", per "A cielo aperto" non perderò alcuna occasione per esprimere attraverso la mia ricerca artistica lo spirito della mia terra. Alberto Cottica, in Wikicrazia, dice che i creativi sono in grado di guardare il proprio ter-
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ritorio e vederci cose che altri non vedono per questo possono costruire community orientate al business. L'artista si connota per la sua capacità di rivolgersi al mondo con uno sguardo sempre nuovo, scoprendovi aspetti e prospettive inusuali, credo che la bellezza di questo territorio, spesso vissuta attraverso la lente dell'abitudine, la sua storia per molti aspetti inesplorata, la sua originalità, dovuta ad una perifericità che l'ha preservata dalla banalità e dalla serialità del tempo contemporaneo, siano per gli artisti uno scrigno cui attingere anche per creare nuove possibilità economiche. La cultura e l'arte, infatti, oggi sono veicoli di ricchezza sociale ed economica, spero che la Basilicata scopra nel frattempo anche lo spirito della community, che non le è proprio congeniale. É evidente che insieme si cresce meglio, ma è un auspicio, più che una certezza. Che cos'è Orfeo Hotel? E che cos'è la rete Art Factory Basilicata? Nella mia ricerca grande parte ha avuto la condivisione. Non credo infatti nella "solitudine" dell'artista, ma nello scambio indentitario. Su questo concetto nasce a Bologna, nel 2004, il progetto "Orfeo Hotel Contemporary Art Project" all'interno del quale si sono confrontati artisti che lavorano a livello internazionale come Cuoghi e Corsello, Karin Andersen, Christian Rainer, Alessandra Montanari e tanti altri. L'Orfeo nasce nel centro della città come luogo di fraintendimento; cercare un posto dove trascorrere la notte e trovare arte. Ancora oggi settimanalmente mi trovo al telefono a spiegare che non è possibile pernottare, ma è possibile progettare opere insieme. Ora la project room è a Potenza, una occasione per la città di creare con l'artista opere per
rendere unica la propria casa, il proprio ambiente di vita. La rete Art Factory Basilicata comprende persone a capo delle associazioni che sul territorio lucano rappresentano delle eccellenze a 360 gradi nel campo delle arti: L'Orfeo hotel insieme a Rossana Cafarelli con il suo Salone dei Rifiutati, peraltro adiacente all'Orfeo in contrada Bucaletto, Silvio Giordano con Cartoons, Luigi Catalani e Pietro Sacco con Feedback/Tragittisonori, Lorenza Colicigno con Opera Prima, che è la prima associazione sul nostro territorio ad aver immaginato nel lontano 1998 un museo di Arte moderna e contemporanea nella nostra città, che continua ad essere uno degli obbiettivi di un'azione di coinvolgimento della cittadinanza e delle Istituzioni sui temi dell'arte, in parte raggiunto con la nascita del LAP. Parlando con giovani artisti che vivono fuori regione spesso ho registrato l'impotenza di chi è costretto a rivelarsi in altri luoghi. Ma in Basilicata è possibile fare arte? Dopo aver vissuto e operato per 15 anni a Bologna e aver girato il mondo dell'Arte, Parigi, Londra, Milano, Roma, New York, Miami, Sarajevo, tornare a Potenza non è stato da me vissuto come una deminutio delle mie possibilità di espressione artistica, né della mia "carriera". L'artista deve viaggiare, esprimersi in realtà diverse, assorbire da altre realtà, ritornare, poi, è una scelta di vita, che non compromette la propria "rivelazione" come artista. L'importante è non chiudersi, continuare a mantenersi in contatto con il mondo esterno, in una sintesi tra la valorizzazione delle proprie radici e l'esplorazione di nuove prospettive. Tempo fa hai detto che intendevi mappare il mondo per creare un nuovo archivio antropologico della società del XXI secolo. A che punto è quella mappa?
Sempre in farsi, ovviamente. Il progetto si intitola "The Future of the country", il primo tassello di questo ritratto antropologico l'ho creato per "A cielo aperto", rilevante manifestazione che ogni anno si svolge a Latronico, che mi ha visto ospite il 18 agosto scorso; ho chiesto a persone del paese di rivelarmi davanti ad una telecamera un loro segreto, il video che ne ho ricavato è stato poi proiettato su uno dei palazzi storici del paese, con il suo audio diffuso nello spazio, per trasferire il privato nel pubblico, per cercare la condivisione. Mi sono trovata davanti bambini, ragazzi, donne, uomini ed anziani, uno specchio di tutta la società di questo piccolo grande centro della nostra Basilicata. Io, con Monica Nicastro che ormai da un anno lavora costantemente al mio fianco, siamo pronte per raggiungere ogni segreto di questo popolo lucano, e lancio da qui l'invito, a chiunque voglia essere protagonista di quest'opera, di contattarci sul sito www.orfeohotel.com. Lavori utilizzando la fotografia, il video, l'installazione, la performance, ma c'è una forma che prediligi in particolare? Punto molto sull'integrazione tra i linguaggi, poiché in ognuno trovo possibilità di esprimere la complessità della mia ricerca. Sei una delle giovani artiste (e talenti lucani) che investono nella propria regione. Quanto è difficile il rapporto con la politica locale?
É difficile, indubbiamente, perché non si ha sempre l'impressione che la politica punti sulla cultura, al di la dei problemi reali di un periodo di difficoltà finanziarie nazionali e locali. Esiste un dialogo aperto con le istituzioni, quindi con la politica di questa regione, con persone che hanno grande spessore e capacità di comprendere che l'arte è ciò su cui bisogna puntare per valorizzare il nostro territorio, siamo in attesa di mosse concrete. Devo però dire che in quest'ultimo periodo ho scoperto, grazie ad alcuni partner che sostengono il LAP, quanto la cittadinanza, il mondo produttivo di Potenza stia scoprendo le potenzialità anche economiche dell'arte. É un buon passo, credo, che partner privati si affianchino a partner pubblici. Cappelli dice che i tuoi temi sulla memoria fanno ritrovare una forma d'arte liquida, aerea, sfuggente. Stimo moltissimo Cappelli che è un fine interprete anche della mia arte. É vero che la mia ricerca sfugge alla pesantezza della realtà avventurandosi nei territori del sogno, dove tutto è etereo, perché ricco di mistero, come nell'ultimo video "Zefiro". Ho affidato spesso al tema della memoria questo mio desiderio di leggerezza per cogliere gli aspetti più misteriosi e profondi dell'esistenza.
Elisa Laraia, The Future of the Country, 2010 Videoproiezione per A cielo Aperto, Latronico
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Vito Colangelo
Potete credere a quanto anticipato nel titolo perché sarà, in effetti, un articolo fuori tema. Beninteso, non del tutto. Che ci si occupi di una rubrica di storia o di cucina, l’impegno di un collaboratore con il proprio giornale rimane lo stesso: rispettare le scadenze ed affrontare puntualmente le consegne editoriali. Oneri validi a maggior ragione nei confronti di un giornale come Brek Magazine che pur mettendo ogni volta i propri collaboratori in condizione di affrontare il tema del numero con la più ampia libertà di prospettiva possibile, resta a pieno diritto detentore della facoltà di richiamarli a restare su quel minimo di binari che evitano all’insieme delle pubblicazioni di deragliare nella confusione. Ecco perché, da collaboratore libero (ma non anarchico) che ha da scrivere un pezzo sul tema della “Creatività” nella cornice di una rubrica di Storia, ho pensato di raccontare la Storia di questo articolo partendo esattamente da dove ogni articolo nasce -la Creazione- per andare dove un articolo passa: la necessità di dire la propria su un fatto che, nello specifico, di creativo non ha nulla e che storico, forse, lo sarà da domani in poi.
Il foglio, bianco. La testa, alla rincorsa di Erwin Rommel e alle imprese dell’Afrika Korps tra le sabbie della Cirenaica. Poi, con circospetta decisione, il primo colpo sulla tastiera. C’era, all’inizio, l’idea di dire di quell’uomo straordinario che fu
Erwin Rommel. Certamente soldato del Terzo Reich e complice ingiustificabile del regime che insanguinò l’Europa durante la prima metà del Novecento, ma pure uomo di principi e rara caratura morale tanto da finire suicida sotto la pressione di un ricatto infame. E poi: comandante impertinente
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e geniale. Una sorta di artista della guerra corazzata. Un creativo, a suo modo, in cui la dottrina geometrica della guerra si fondeva con la più libera disciplina della fantasia. Insomma, un personaggio pienamente in tema con la consegna del numero. Non solo: pur scrivendo di Storia (da dilettante, si capisce) avrei attinto da quell’imprescindibile appendice d’immaginazione che, in varia misura, è all’esordio di ogni circostanza di cui si vuole
parlare. Così avrei iniziato dal tipo d’uomo che era, dal Rommel adolescente e appassionato di musica, dai tratti caratteriali più sotterranei e necessariamente diversi da quelli che l’hanno reso celebre. Avrei cominciato con il “mio” Rommel, per farla breve, una sagoma in tutto e per tutto creata ad arte per contenere fatti e vicende che nel Rommel “storico” si perdono (a mio parere) nel grigiore delle trattazioni più accademiche. Ma è andata in modo diverso. Proprio a metà del foglio, quando tutto, ormai, lasciava presagire un sicuro sviluppo e persino l’abbozzo di una conclusione, le cose hanno preso una direzione meno ortodossa. Un articolo può avere una storia del genere: nasce in un modo e finisce in un altro. E sempre, dove passa e dove finisce, c’è, migrata in inchiostro virtuale, l’ansia di esprimersi su un fatto del mondo, passato o presente, talvolta futuro. Nello specifico (finalmente lo dico): la vertenza Fiat di Mirafiori. Certo, mi rendo conto dell’abisso, ma è la storia di un articolo (per rispettare la rubrica) e pur sempre un impulso creativo (per rispettare il tema). Escamotage parecchio debole, direte, e del tutto comprensibilmente, aggiungo. D’altronde ho già messo in conto di dovermi rimettere all’eventuale richiamo. Ma per ora vado avanti. Scrivo dei fatti di Mirafiori mentre già si commentano i risultati definitivi del referendum aziendale. Il 54 % dei lavoratori dello stabilimento ha votato Sì. In sintesi: Sì ad un lieve aumento salariare, Sì a certi mutamenti (peggiorativi) delle condizioni di lavoro, Sì all’esclusione (ipso facto) della rappresentanza aziendale dei sindacati che non hanno sottoscritto l’accordo. E più generalmente: Sì alla conservazione del posto di lavoro in
cambio di diritti acquisiti. Su internet si diffondono interviste, immagini e opinioni. C’è aria di svolta epocale. Qualcuno dice:” Storica”. In fondo, a voler forzare le cose, c’è anche chi si produce in dichiarazioni “creative”. Naturalmente non gli operai. I politici, piuttosto. Ma di questo non si stupisce nessuno ed è un aspetto che può passare in secondo piano. Anch’io ho l’impressione che qualcosa di “epocale” e di “storico” ci sia. È epocale, ad esempio, che il Ministro del Lavoro della Repubblica Italiana sia diventato sovrapponibile all’amministratore delegato di una multinazionale (e quasi ritiro una parte delle scuse: la circostanza ha del creativo!). È epocale, per dirne un’altra, che il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana liquidi con una frase di circa otto parole un dramma che coinvolge migliaia di lavoratori. È epocale, in definitiva, che in questo paese, diversamente da quanto accade ed è accaduto in altre democrazie a capitalismo avanzato, per conservare un posto di lavoro subordinato si debba cedere ad un’ingiustizia. Perché dalla comodità di una scrivania da pubblico impiego o dalla morbidezza della poltrona sulla quale sono seduto, pronosticare il proprio No è opinione pericolosamente facile, mentre possiamo solo immaginare che nella prospettiva di finire per strada mettere una croce sul Sì abbia un valore del tutto diverso. Si dice: è mancata la politica. Sono d’accordo. Ma qual è la misura dell’intervento pubblico su un’impresa, la più grande e importante del panorama industriale del paese, che minaccia di ricorrere alla delocalizzazione? Intanto, credo, aprire un tavolo dove arbitrare tra sindacati e azienda per arrivare a soluzioni più inclusive sarebbe il minimo
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che un governo possa fare. Tuttavia, forse non basta che il livello della contrattazione torni ad essere più istituzionale e garantito. Occorre urgentemente che il dibattito politico-partitico sia più autorevole e rappresentativo dei problemi di questo paese, a partire da quello del lavoro. Servono risposte e servono per tutti. Anche per le minoranze. Tra queste, quella, pesantissima, che hanno prodotto i referendum di Pomigliano D’Arco e Mirafiori. Poco meno della metà dei votanti nel caso dello stabilimento torinese. E non sarà di certo Sergio Marchionne a farla tornare in partita. Toccherà alla politica. Perché, in fondo, quanto ancora potremo permetterci di escludere dalla rappresentanza sindacale un nutrito coacervo di interessi e bisogni che già è escluso dalla rappresentanza politica? In ballo c’è il futuro produttivo ed occupazionale dell’intero paese: quel mondo di fuori, concretamente attuale, che non ha bisogno di dichiarazioni creative e tantomeno di Erwin Rommel. E in ballo, secondo quanto ci è dato sapere del misterioso progetto “Fabbrica Italia”, ci sarebbero anche venti miliardi di euro da investire. Settecento milioni sono finiti a Pomigliano D’Arco, un miliardo finirà a Mirafiori. Fate voi il conto di quanto resta. Fabio Salvatore
PER I NOSTRI LETTORI, SU WWW.BREKMAGAZINE.IT, IN OMAGGIO IL DOWNLOAD DI UN BRANO DEL NUOVO DISCO. Freschi Lazzi & Spilli è una cosa forte. Non è niente di strano, niente di sofisticato, di imperscrutabile, come i piatti quadrati con in mezzo una tartina di non so cosa bagnata di salsa al non si capisce bene dei ristoranti di lusso. Ecco, volendo rimanere in tema, Freschi Lazzi & Spilli è un piattone di pasta asciutta: abbondante, schietto, semplice e felice. Gli ingredienti sono Alessandro Freschi, un diciottenne che scrive e urla canzoni, Gianmarco Giosa, Federico Falasca, Luca Cappelli e Valerio Sammartino, il sugo rosso, la band, che prende i pezzi urlati e li profuma, li colora. In realtà suonano già prima di incontrarsi, Freschi con Lazzi & Spilli: uno, solo con la chitarra, le prime canzoni scritte, e un po’ di cover per riempire le serate, gli altri, pieni di suono e rumore rock‘n’roll, si chiamano Out of
Bounds e suonano in giro pezzi dei Bon Jovi. Le serate in questione, per intenderci, non si allontanano dal recinto di Potenza, e si sa che in una piccola città tutti finiscono per conoscere tutti, così il cantautore da localino e la band da piazza vanno a suonare nello stesso posto, la stessa sera: la classica situazione “persone giuste, al momento giusto, nel posto giusto”. Le due esibizioni ravvicinate sembrano fare un po’ a tutti la stessa domanda: “Come suonerebbe un pezzo d’autore nel rumoraccio di una band?”. I ragazzi sentono il bisogno di rispondere, e così suonano insieme, vincono l’edizione 2010 dell’Hyde Park Basilicata, riescono ad accompagnare Rocco Papaleo, aprono i concerti potentini di Andrea Rivera e dei Nobraino, e comunque girano tanto e si divertono.
È così che da un anno Freschi, Lazzi & Spilli raccontano favole, storie di vita vissuta, sentita per strada, immaginata guardando un camionista, un ubriaco, un transessuale in discoteca, con “la loro carica di ironia, lo sberleffo in blues, il divertimento e lo spettacolo di affrontare - con dissacrante leggerezza - i temi dell’amicizia, della sessualità, della giovinezza” (la gazzetta del mezzogiorno). Il progetto, ora, è di uscire dal recinto, e vedere se le grandi città saranno generose di opportunità come la natia Potenza. L’album appena autoprodotto dalla band sarà distribuito, perciò, anche per Napoli e Roma, dove i Freschi Lazzi & Spilli fuori sede studiano e, nelle pause, sognano sempre un po’ di buon roccia e rotola. Per adesso, Freschi, Lazzi & Spilli vi aspettano su youtube.
1) A. Freschi - voce 2) V. Sammartino - batteria 3) F. Falasca - chitarra 4) G. Giosa - basso 5) L. Cappelli - tastiere
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Ti osservo sbuffare al cielo il calore del tuo cuore piantato da millenni su questa terra fatta di fuoco e acqua. Quando ti copri delle vesti bianche delle nubi per ripararti dal mondo e quando infiammi e colori col tuo manto infuocato la nostra vita. Io cresco con te, il mio destino porterà i tuoi sensi, quelli della terra e dei respiri di questo posto. La mia è storia complicata, di un’esistenza di confine, sono terra che spunta dal mare e si nutre delle correnti di mondi diversi. Io sono un destino, chi ha scelto di allevarmi m’ha donato la vita, le mani, gli occhi, le speranze, la poesia. Il ritmo del mio tempo è quello di Alfio Antico, quello dei tuoi lunghi silenzi, dei profumi del mare che viene dall’Africa. La mia lingua è straniera e co-
lorata come quella dei popoli e della storia che m’hanno conosciuto e amato, abbandonato e ritrovato. Ti osservo e respiro il tuo umore, sarà lo stesso dei miei frutti che saranno intensi, puri, diretti, ricchi, profumati. Proprio come te, proprio come questa gente che di me si fida e confida. Viaggiatore del gusto, da me arrivi se hai voglia di scoperta, se decidi di lasciare le rive più certe dei tuoi sapori per quelle più intense e vibranti della mia anima. M’hanno dato il nome di Nireddu e in quel nome c’è scritto tutto il mio destino: bello, raffinato, ricco, difficile, caparbio. Ti osservo, meraviglioso Etna, mentre il cielo e i suoi colori rispondono ai tuoi sbuffi, restituendoti amore e legandosi al tuo cuore piantato da millenni in
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questa terra di fuoco e acqua. Se vorrai questa sera sederti sulle rive dei tuoi orizzonti pensando ai silenzi d’amore e ascoltare la tua anima io sarò tuo fedele compagno, sarò il vino dei tuoi attraversamenti lenti, dei tuoi viaggi e dei tuoi miraggi verso il sole caldo del sud. V’invito alla danza (Shostakovich’ Second Waltz), al bicchiere e alla magia dell’Etna; ai ‘‘meraVinosi’’ sogni di Federico, Silvia e Roberto. Stasera brindo al Nerello Mascalese. Prosit e Serenità. Wine_R
È una melanzana, sì. Ma non è violacea. Non è lunga, né liscia. Ma tonda, costoluta, piccola quanto un pomodoro. E soprattutto di colore rosso-arancione. Uno scherzo della natura? No. Un frutto della creatività di madre terra, che come tutto ciò che è creativo, è molto spesso “diverso dal solito” e rompe i canoni di quello che siamo abituati a vedere, a toccare, a esperire. Con tanto di effetto caratteristico della creatività: lo stupore, la meraviglia. È un prodotto tipico del Pollino. Gli abitanti del posto l’hanno soprannominata merlingiana a pummadora e per molto tempo l’hanno prodotta per autoconsumo, da quando, negli anni ’30, alcuni emigranti di ritorno dalla Guerra d’Africa, portarono
dall’Etiopia questo ortaggio. Oggi si chiama Melanzana Rossa di Rotonda Dop (a denominazione di origine protetta) ed è anche tutelata come Presidio Slow Food. Quelle a marchio Dop si coltivano solo in tre comuni della Valle del Mercure: Rotonda, Castelluccio Inferiore e Castelluccio Superiore (in provincia di Potenza). La Dop e il Presidio Slow Food sono due “fregi” che hanno permesso di proteggere una rarità, un prodotto “sui generis” della terra che si è divertita ad esprimere il suo estro nei campi. Lo stupore della Melanzana Rossa di Rotonda continua poi nel fatto che, quando si affetta, la polpa non annerisce come nelle altre melanzane - per la bassa quantità di acido clorogenico, dicono i tecnici - e in più, per
nelle foto:la melanzana rossa di Rotonda (archivio Alsia)
conservarla meglio, si può “insertare” come i pomodori, e farla asciugare all’aperto. Per il suo retrogusto amarognolo, solitamente si consuma sott’aceto o sott’olio come antipasto, ma non è difficile trovarla, grazie alla creatività degli chef, sulla pizza, sui dolci o come gelato. Pur non essendo un prodotto di origine “italica”, l’aver trovato un territorio adatto alla sua coltivazione ne ha fatto nel tempo un esempio di biodiversità, anzi l’esempio per antonomasia della biodiversità agricola lucana. Che cos’è la biodiversità? In fondo è proprio l’espressione della creatività della terra, che nei vari luoghi ha combinato in modo originale diversi fattori, da quelli umani e culturali, che intervengono nelle tecniche di produzione e negli usi culinari del prodotto, a quelli climatici e del terreno, che ne determinano forme e sapori, generando così prodotti irripetibili in altre zone. Tra l’altro è appena trascorso il 2010, dichiarato dalle Nazioni Unite l’anno internazionale della biodiversità, il cui slogan diceva “La biodiversità è vita”. Se la biodiversità è anche creatività, potremmo certamente affermare che la “creatività è vita”. Angela Laguardia
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Mettevi nei panni di Antonio da Firenze, pittorucolo da copia mal riuscita, che ammira come suo maestro il celebre Raffaello. Si sforza giorno dopo giorno di raggiungere quanto meno quel livello tecnico accettabile che gli permetta di eseguire copie vendibili del grande pittore (divino risulterà in seguito). Non ci riesce, non comprende cosa non va nella sua mano, così, poco avvezzo alla pittura ma meno ancora alla scrittura, si decide ad aprire un epistolario con il suo mentore in contumacia. Domanda al celebre Raffaello qual è il suo segreto, come riesce a dipingere figure celestiali, cos’è che lo ha fatto arrivare ad un livello tale da renderlo il miglior pittore del suo tempo, per poi sentirsi rispondere in tale modo: Mio buon Antonio […] quel che tu vuoi sapere da me, io non so dirtelo; non perché ci sia un segreto che io non voglia dire – poiché, se ci fosse, ben volentieri e dal profondo del cuore lo comunicherei a te e a ogni altro – ma perché è cosa a me stesso sconosciuta. Vedo che tu non mi credi eppure è così. Come uno non può render conto perché abbia voce aspra oppure amabile, così io non ti posso dire perché le figure sotto la mia mano prendano proprio questa o quella forma. […] Ma credo che fin dal principio sia stata in me radicata dalla natura la qualità di dipingere in questa o in un’altra maniera, come ogni artista cerca di aver-
ne una sua propria; né io l’ho raggiunta per mezzo di alcuna fatica, né mai si può di proposito apprenderla con lo studio. Ma passiamo a Giuseppe, nato in una piccola città meridionale della Germania, dove l’unica cosa che gli dà piacere è la musica. Tanto è l’effetto che gli provoca che il nostro autore lo descrive con tali parole: Mille sensazioni dormienti nel suo petto si risvegliarono e si scossero meravigliosamente. Sì, in alcuni passi della musica gli sembrò che un certo raggio di luce gli cadesse finalmente nella sua anima; ed era come se fosse divenuto ad un tratto più intelligente, e con occhi più chiari e una certa malinconia grandiosa e tranquilla guardasse dall’alto a tutto il mondo brulicante. Chi racconta queste storie? Si tratta di Wackenroder, monaco della corrente romantica ottocentesca innamorato dell’arte. Nel suo testo Scritti di poesia e di estetica, l’autore traccia una non teoria dell’arte ma soprattutto dell’ispirazione artistica. È lontano dal razionalismo, esule da quell’idealismo schlegeliano e di quel famoso circolo di intellettuali che cercava un collegamento possibile tra la filosofia e l’arte, tra la coscienza di uno spirito assoluto che si manifesta tramite l’epifania dell’incommensurabile, rendendo se stesso cosciente a se tramite la ragione umana. Nulla a che fare con la matrice di tutto ciò, un pensiero che po-
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nendo se stesso pone anche il suo non io da superare per compiersi. Qui si parla di un dono divino, si parla di un Raffaello che non sa spiegare cos’è quell’illuminazione data dalla grazia che lo avvolge in un’aurea di superiorità spirituale e guida la sua mano, si parla della musica come arte immateriale per antonomasia che avvicina lo spirito umano al divino. Ma ritorna incessantemente la domanda di Antonio, perché non a tutti ma solo a qualcuno? Ecco l’unica possibile e vaga teoria di Wackenroder, l’essere predisposti per natura a muovere il proprio spirito verso il divino, in quanto nell’arte vi è la continuazione della creazione da parte di Dio, che usa i corpi degli uomini come mezzi espressivi di se stesso, rendendo i privilegiati vicini a lui, e comunicando agli osservatori qualcosa dell’inconcepibile. L’arte dunque pone la nostra anima in uno stato di esaltazione il più favorevole possibile al sentire Dio. Al sentire, non ad essere. Pensate se Wackenroder potesse girare per le nostre città e vedere le opere “d’arte” che vi sono esposte: lumache viola nelle piazze, graffiti post-paleolitici sui muri, talent show in televisione: anche a lui Dio risulterebbe assente ingiustificato? E non mi venite a dire che sotto Natale ha avuto motivi di famiglia! Andrea Samela
Plasmare, creare, dare forma. È la natura, la natura umana quella creativa, caratteristica che non solo gli artisti, musicisti e scrittori possiedono. La creatività esiste in ogni persona, come in ogni cosa. Nell’essere umano è la capacità di dare una visione nuova alla realtà e di scoprire altri modi di affrontare la vita. È la capacità di dare un volto nuovo e una bellezza alle cose di tutti i giorni. Le nostre mani diventano un prolungamento della nostra mente, del nostro cervello, inteso come facoltà pratica piuttosto che intellettiva. Creare, dare forma alle sensazioni, al nostro estro artistico. Quando quotidianamente ci dilettiamo in un piatto nuovo, piuttosto che nella redazione di un testo o in un organizzazione di una festa, tiriamo fuori con istintività, ma anche con estrema lucidità, il meglio di noi. È il punto di incontro tra istintività e saper fare, che si suggella con la creazione, o meglio con l’ideazione di qualcosa di diverso. In effetti creazione indica l’atto di generare, di dare forma al
pensiero. Il pensiero, si sa, si origina nella nostra mente e si trasforma in “opera”, diventa un qualcosa di pratico, di tangibile più che astratto. Il pensiero creativo diventa benessere mentale e fisico, in quanto si propone come alternativa valida ad escludere i pensieri negativi, che limitano la capacità di esplorare il mondo interiore ed inoltre permette di utilizzare a pieno le multiformi capacità cerebrali con il relativo beneficio di produrre qualcosa di proprio. La creatività del pensiero libera dal malessere proprio in quanto svincola la mente dai condizionamenti negativi acquisiti; ciò è particolarmente importante in ogni occasione in cui si ha necessità di una conclusione positiva. Può accadere, infatti, che nella vita di ognuno di noi accadano situazioni ed eventi che ci stravolgano completamente, causando problematiche che risulterebbero irrisolvibili se non si provasse ad analizzare e rileggere creativamente la situazione presente. Dal punto di vista socio-biologi-
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co la creatività è una delle funzioni cognitive che contribuiscono all’adattamento evolutivo. L’uomo è, in effetti, l’animale capace, più di tutti gli altri, di “creare” il proprio mondo, il proprio ambiente, trasformando anche lo spazio ambientale degli altri esseri viventi. L’uomo dunque nasce creativo, caratteristica che non dipende affatto dalla genetica, o meglio, non dipende esclusivamente da essa, ma è la capacità intrinseca dell’uomo che sa utilizzare la flessibilità del cervello, per rispondere alla complessità degli eventi, mettendo in funzione le molteplici ed articolate funzioni intellettive, di cui ciascuno di noi é geneticamente dotato. Essere creativi non significa solo inventare qualcosa di nuovo o essere necessariamente originali, ma essenzialmente significa trovare soddisfazione nell'utilizzare al meglio le potenzialità di progresso del proprio cervello; migliorare le proprie funzioni intellettive, ed acquisire in tal modo un benessere derivante dalla fiducia nelle proprie naturali capacità creative. Veronica D'Andrea
“OGNUNO DI NOI DOVREBBE IMPARARE A SCOPRIRE E A TENERE D’OCCHIO QUEL BARLUME DI LUCE CHE GLI GUIZZA DENTRO LA MENTE, PIÙ CHE LO SCINTILLIO DEI BARDI E DEI SAPIENTI. E INVECE OGNUNO DISMETTE, SENZA DARGLI IMPORTANZA, IL SUO PENSIERO, PROPRIO PERCHÉ È SUO. E INTANTO, IN OGNI OPERA DI GENIO RICONOSCIAMO I NOSTRI PENSIERI RIGETTATI; RITORNANO A NOI AMMANTATI DI UNA MAESTÀ CHE GLI ALTRI HANNO SAPUTO DARE LORO“. RALPH WALDO EMERSON La parola creatività spesso viene associata alla capacità di realizzare un’opera d’arte, qualcosa di difficile e complesso; quando si crea, invece, semplicemente (si fa per dire) si sta costruendo la propria individualità, con un processo di conoscenza e di viaggio di esplorazione dentro se stessi, rinunciando a percorsi prestabiliti che provengono dal senso comune. La creatività vive in ogni individuo, nel suo inconscio e diventa la sua fonte luminosa dal momento in cui egli attiva il processo di realizzazione di se stesso e della propria unicità e non ha paura di dare corpo a quell’idea, a quell’intuizione che spesso non è conforme agli standard e va contro un assetto sociale che mostra di avere sempre più bisogno di oggetti che di
soggetti. Quando il tuo demone assume il comando, temporeggia, attendi e obbedisci, diceva Kipling. Ma come si fa ad obbedire a qualcosa che non si conosce e che quindi fa paura? Ecco perché la conoscenza di se stessi e la consapevolezza della propria complessità, la fiducia con cui si sottoscrive l’accettazione del caos interno che ne deriva e dei tratti interiori che ci caratterizzano, anche i più fastidiosi e contorti, è la strada giusta per liberare la propria creatività. La personalità creativa è perciò colui che è in continuo confronto con il proprio inconscio, attuando un percorso di trasformazione, di evoluzione; chi rifiuta l’uniformità e la piattezza critica e non ha paura di rimarcare la propria individualità, “chi non
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dismette i propri pensieri, proprio perché sono suoi” ed ha il coraggio di dare forma e voce ad essi attraverso le forme più svariate di comunicazione, che possono essere grandi opere o semplicemente un centrino realizzato per un’amica, purchè esse siano in grado di suscitare emozioni ed entrare in contatto con l’anima di chi ha creato… É creativo non solo, però, chi è capace di guardarsi bene dentro ma anche chi sa osservare liberamente, a volte con uno sguardo innocente, come quello di un bambino, così da dare nuova luce alla realtà che lo circonda. Perciò recuperiamo questo tipo di sguardo sul mondo e diamo maestà ai nostri pensieri! Anna D'Andrea
È nella capitale del Regno Unito, dietro il Millenium Bridge, sulla riva del famoso Tamigi, il fiume che bagna la ridente e multiculturale cittadina di Londra che si erge imponente un palazzone a cinque piani. È un luogo dove creatività, immaginazione, modernità e fantasia si uniscono per dare forma e colore a mille creazioni nuove. Meno conosciuto della National Gallery, il Tate Modern è un “monumento” importante alla creatività contemporanea. Quadri, foto, creazioni strane e talvolta bizzarre attirano l’occhio dello spettatore maldestro che, quasi per caso, si ritrova catturato in questo mondo minimalista, dalle forme e dai colori più improbabili. Può capitare di imbattersi in un pianoforte appeso al soffitto, a testa in giù e mentre lo si osserva, questo può cadere rumorosamente per poi tornare placido al suo posto tra le bocche spalancate e qualche urlo spaventato dei curiosi visitatori che ogni anno affollano questa galleria d’arte contemporanea. La planimetria è semplice: quattro “ale” poste al terzo e quinto piano dell’edificio. Il centro di ogni ala, l’«hub» si
concentra sui momenti salienti della storia e dell’arte del ventesimo secolo: surrealismo, minimalismo, astrattismo post bellico, cubismo, futurismo e vorticismo si muovono avanti e indietro nel tempo. Più che una mostra, si tratta di un dialogo continuo tra passato e presente, dove è possibile conoscere predecessori, oppositori ed esponenti principali di ciascun movimento artistico. Una visione a 360° della creatività contemporanea. Creatività che rimane al passo con i tempi: il quinto piano è dedicato alla multimedialità. La zona interattiva è un crogiuolo di idee e di attività che aiutano a capire meglio l’arte del ventesimo secolo e dei suoi artisti. Creatività che è al passo con i grandi temi sociali del nostro secolo: la mostra ha un programma apposito per i diversamente abili, perché l’arte deve essere a portata di tutti. Creatività vicina alla fotografia: l’ala tematica intitolata “Photographic Typologies” è un preludio alle arti visive, corpi di donne bellissimi, legati come salami per protestare contro un’idea del corpo femminile
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visto solo come un oggetto. Creatività che è anche ispirazione: la galleria ha invitato 12 gruppi emergenti chiedendogli di lasciarsi ispirare da una delle opere presenti per scrivere una nuova canzone. I risultati sono davvero sorprendenti. Non solo arte ma anche e soprattutto musica, moda, costume, società, creatività espressa in tutte le sue forme e per i più romantici la collezione “Poetry and Dream”, per non smettere mai di sognare. Dall’ultimo piano è possibile godere di un panorama mozzafiato della city londinese. Il biglietto? È gratis, free entry insomma. Per informazioni visitare il sito tate.org.uk! Buona esplorazione a tutti! Manuela Grieco
Sempre credendo di poter cambiare il mondo, Jane raddrizzò i libri che aveva allineato sulla mensola, e nella fretta gliene cadde uno dalle mani: “Memorie di una ragazza per bene”. Si fermò, guardò in terra, sorrise e quasi si commosse. Quanto tempo era passato dall’ultima volta che ebbe quel libro tra le mani? L'autobiografia di una bambina femminista, per nulla interessata al ruolo di donna dei suoi tempi. Era legatissima a quello scritto: pieno di sottolineature, di appunti, di rimandi. Un libro vissuto. Come aveva da sempre sognato la sua vita. Jane, come Simon De Beauvoir, se l’era costruita pian piano, con discrezione, e anche tra i dubbi di molti. Non si era mai fermata, e se pure aveva dato l'impressione di farlo, proprio in quei momenti di apparente immobilismo la sua mente creava probabili spazi per un’esistenza futura, in cui i suoi piedi avrebbero nuovamente ripreso a camminare da soli. Aveva creato mondi a sé confa-
centi ovunque si fosse trovata: pareva davvero che nulla la spaventasse. Da fuori suscitava allo stesso modo rabbia e ammirazione: molti avrebbero voluto essere al suo posto. In ugual misura, il suo sguardo era fiero e modesto: le paure erano tante, ma sapeva di potercela fare con le sue sole forze. Giorno dopo giorno creava. Dava vita a un’esistenza reale, in cui tutto aveva senso: le persone che incontrava, i treni su cui saliva, i piatti da cui mangiava, i libri che leggeva. Aveva imparato che l’apparenza inganna anche i più sagaci, soprattutto se lo richiedono espressamente. Di essere ingannati. Aveva compreso che gli uomini e le donne sono diversi, che la carezza di un uomo è mille volte più sincera di quella di una donna, anche se meno frequente. Aveva osservato le persone, ed era in grado di anticipare una lacrima, o una risata. Sapeva quando era il momento di rimanere in silenzio, di fronte a
Nasce a Parigi il 9 gennaio 1908. Si laurea in Filosofia nel 1929 e nel mese di luglio vivrà l’incontro decisivo della sua esistenza, quello con Jean Paul Sartre. Inizia a scrivere il romanzo L’invitèe che uscirà solo nell’agosto 1943. Nel '47 escono i due volumi di Le deuxième sexe: è uno dei libri che il Vaticano porrà all’Indice e che anche nella Francia laica ed esistenzialista suscita una vera e propria ondata di scandalo. Nel '54 ha pubblicato Les Mandarins e vinto il Prix Goncourt; nel '55 una raccolta di saggi letterari, Privilèges. Nel 1956 firma il manifesto contro l’invasione sovietica in Ungheria: nel '58 è apertamente a favore dell’Algeria libera. Nel '60 visita, insieme a Sartre, Cuba. Intanto è uscito Mémoires d’une jeune fille rangée, cui fa seguito nel 1960 La force dell’age e nel 1963 La force des choses. Nel '64 muore la mamma e scrive Une mort trés douce. Dopo l’invasione della Cecoslovacchia Sartre e Simon rompono con il comunismo. Nel '71 si schiera a favore della legge sull’aborto. Del '72 è Tout compte fait, con cui il discorso autobiografico si conclude. Gli anni Settanta la vedono sempre più attenta e attiva su vari fronti del progresso civile: la donna, l’aborto, il Cile, il conflitto arabo-israeliano, la dissidenza sovietica. Nel 1980 Sartre muore e nel novembre '81 esce La cérémonie des adieux. Il 14 aprile 1986 Simon muore. Nel 1990 vengono pubblicate le Lettres à Sartre e il Journal de guerre (1939-41).
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un’inquietante provocazione da quattro soldi. Aveva iniziato a dare più importanza alla sua salute. Senza doversene necessariamente accorgere, Jane stava creando la sua vita. La plasmava, le dava una forma che proprio lei aveva scelto. Così come aveva scelto quali giornali avere sul suo comodino. Che tipo di marmellata spalmare sui biscotti a colazione, con che mezzo recarsi al lavoro, che canzone ascoltare durante il tragitto. Che individuo voleva essere. Sfogliando il libro che le aveva offerto ispirazione, si fermò su quell’unica frase evidenziata a colori: A me occorre una vita divorante. Ho bisogno di agire, spendermi, realizzare: mi occorre una meta da raggiungere, delle difficoltà da vincere, un’opera da compiere. Una vita da creare. Giovanna Caivano
In questo nuovo numero di Brek vi voglio proporre un viaggio tra alcuni siti, utili, ma a mio avviso anche geniali. Ciò che li distingue è un’idea brillante unita ad una forte creatività. Non dilunghiamoci oltre è iniziamo questo surfing nel web. Mimmo Claps
NEVER MIND THE BULLETS
DeviantART Muro http://muro.deviantart.com Permette agli utenti di creare dei lavori artistici in una maniera nuova ed innovativa. Il programma sfrutta tutta la potenza dell’HTML 5 e 21 unici pennelli interattivi.
www.nevermindthebullets.com/?fbid=FjaoeEuodRO Sito per gli amanti dei comics, un bellissimo fumetto interattivo in HTML5. La storia, ambientata nel Far West, ha richiesto allo Steaw Web Design ben 2 mesi di lavoro e la collaborazione di programmatori, illustratori, etc. Il cartoon Never Mind the Bullets offre inoltre l’opportunità ai lettori di personalizzare i dialoghi dei personaggi. È un esperimento ben riuscito di fusione tra fumetto e web che mostra le potenzialità, ancora tutte da esplorare, della rete in questo settore.
Muvizu www.muvizu.com Un’applicazione semplice per tutti coloro che hanno sempre sognato di creare un’animazione in 3D. Mutapic www.mutapic.com Inconsueta applicazione web in grado di generare immagini utilizzando una sorta di brainstorming visivo. Uno strumento per creativi, artisti e web designer.
UNUSUAL ARCHITECTURE
Imgr http://imgr.co/index.php Determinare in maniera impeccabile quali e quante sono le colorazioni relative ad una specifica immagine.
http://unusual-architecture.com Sito molto creativo dedicato a raccogliere tutti gli edifici più strani, insoliti e pazzi del nostro mondo in una grande galleria di immagini.
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MAP OF METAL
www.mapofmetal.com Favolosa idea dei creatori del sito che ci raccontano la storia della musica rock metal attraverso una bellissima mappa interattiva dove, cliccando sui vari teschi, potrai leggere la storia del tuo genere preferito e ascoltare alcune delle canzoni principali in ordine cronologico.
S.H.E.D.
www.hhepshed.com Molto divertente e simpatica, è l’idea del sito S.H.E.D. un servizio online dove un artista virtuale disegnerà qualcosa corrispondente alle parole che noi digitiamo. Per avere la nostra composizione artistica disegnata a mano libera sarà sufficiente digitare un termine nell’apposito box di ricerca e voilà il simpatico artista ci offrirà la sua interpretazione disegnata a mano. Il risultato finale si può condividere nelle reti sociali come Facebook e Twitter.
Vodafone porta la femtocella in Italia. Si chiama Vodafone Booster e permette di creare un punto di accesso alla rete mobile anche nei luoghi chiusi dove non c’è sufficiente copertura, come negli scantinati e nei locali interrati o isolati, sfruttando una preesistente connessione Adsl. In Italia da primavera.
SCHWEPPES PROFILE APP
I CAPOLAVORI DELLA STORIA DELL’ARTE
www.haltadefinizione.com Se proprio l’arte è la vostra passione ma non sapete fare a meno dell’alta definizione (HD) questo sito fa proprio per voi. Grazie alla collaborazione con importanti partner tecnologici internazionali e un sofisticato procedimento di ripresa fotografica, Haltadefinizione riesce a riprodurre i più grandi capolavori della storia dell’arte ricreando con estrema nitidezza anche i dettagli più minuti.
Windows 8. Il sistema operativo più atteso dell’anno (insieme a OS X Lion e Chrome OS) dovrebbe debuttare con la sua prima beta pubblica in concomitanza con la PDC 2011, evento programmato per la fine dell’anno ma ancora privo di data o location ufficiale.
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www.facebook.com/SchweppesFanPage Qualcosa che sicuramente piacerà a molti di voi l’ha creata l’agenzia SuperSocial attraverso un app per Facebook. Se anche voi volete lanciarvi in un art attack e non volete perdere tempo con maschere e photoshop, potete provare quest’applicazione che vi permetterà di fare un restyling grafico del vostro profilo di facebook personalizzandolo.
Versione 2011 per Mac Apple di Office. Secondo il recente comunicato stampa di Microsoft, la versione 2011 del software verrà rilasciata in oltre 100 paesi. Chi acquisterà una versione precedente alla 2011, avrà la possibilità, di poter aggiornare gratuitamente all’ultima rilasciata.
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