anno VI - n° 24 Maggio/Giugno 2013
la vanitĂ
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Anno V - n°23 Giugno/Luglio 2012
EDITORE
Soc. Cop. Sociale a r.l. via Nicola Sole, 73 - 85100 Potenza tel. 0971 36703 - fax 0971 25938 info@brekmagazine.it DIRETTORE RESPONSABILE Nicola Pace IMPAGINAZIONE E GRAFICA Bloop Srl STAMPA Tipografia Zaccara - Lagonegro DISTRIBUZIONE Potenza e dintorni elenco su www.brekmagazine.it ABBONAMENTI Per ricevere BREK Magazine via posta ordinaria e in tutta Italia è possibile abbonarsi online su www.brekmagazine.it PUBBLICITÀ commerciale@brekmagazine.it tel. 0971 36703 HANNO COLLABORATO Giovanna Caivano, Domenico Calderone, Angela Cammarota, Mimmo Claps, Vito Colangelo, Daniela Coviello, Anna D’Andrea, Veronica D'Andrea, Mari Donadio, Alba Gallo, Angela Laguardia, Elenia Marchetto, Maya Matteucci, Nicola Montesano, Leonarda Sabino, Andrea Samela, Francesco Tripaldi, Wine_R. PROSSIMA USCITA n°25 Agosto 2013 Tutti i numeri sono sfogliabili in formato pdf all'indirizzo www.brekmagazine.it
UN ATTIMO DI PURA E GIOIOSA TRACOTANZA, PRIMA DI CAPIRNE IL VUOTO. ECCO COS’È LA VANITÀ. UNA METAFORA MILLENARIA DELL’UOMO VANAGLORIOSO. UNA METAFORA QUOTIDIANA DI OGNUNO DI NOI. ANDY WARHOL PREVEDEVA UN FUTURO IN CUI A TUTTI SAREBBE STATA GARANTITA LA CELEBRITÀ, ALMENO PER 15 MINUTI. NOI SIAMO ANDATI OLTRE E COSÌ, IL POSTMODERNISMO VUOTO E APPARENTE, RICHIEDE UNO SFORZO DIVERSO: BISOGNA ESSERE VANITOSI. AZIONE COMPLICATA, VISTI I CONTESTI ATTUALI. E ALLORA “CHE FARE”? LA RISPOSTA È SEMPLICE: BASTA APPARIRE. BELLI. FORTI. POTENTI. DOMINANTI. RICCHI. TUTTI ALL’ARREMBAGGIO, VERSO UN’ISOLA CHE NON C’È. MA CHE PRIMA O POI TROVEREMO, O ALMENO SI SPERA. E MENTRE CI INCAMMINIAMO VERSO QUESTO PERCORSO AUTOREALIZZATIVO, DI UNA COSA ACQUISIAMO, LENTAMENTE, CERTEZZA. IN UNA SOCIETÀ VUOTA COME LA NOSTRA LA VANITÀ È L’UNICA SOLIDA VERITÀ. ANCHE SE SOLO PER 15 MINUTI!
BREK garantisce la libertà di pensiero e di espressione. Per questo motivo ogni collaboratore è singolarmente responsabile delle proprie idee e di ciò che scrive. anno VI - n° 24 Maggio/Giugno 2013
Autorizzazione Tribunale di Potenza nº 376 del 7/5/08 Iscrizione al ROC n°19633
la vanità
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SOMMARIO
METROPOLIS
INCONTRI
08. Tecnocrate e vanitoso. (In fondo, è l’uomo...) 10. Video ergo sum. La vanità nel terzo millennio.. 12. Ipolitici e le cravatte, le “politiche” e i foulard 14. La vana umiltà. Politiche e società.....
30. Intervista a Sonia Topazio 32. La vanità delle farfalle
POLITICA, COSTUME E SOCIETÀ
PERSONE E PERSONAGGI
pag. 8 pag. 30
QUARTA PARETE
CONVIVIO
18. La vanità, ... ohhhh la vanità! 21. La street art e il copyright del buonsenso
35. Vanity: fair ma senza play 36. Cleopatrastyle. Quando la vanità ha .... 37. Syrah. La vanità racchiusa in un grappolo 38. Incontrare un vanitoso
CINEMA, TEATRO E ARTE
pag. 21
SORSI & MORSI, LETTURE & BENESSERE
pag. 36
CANTIERI URBANI pag. 43
PENSIERI IN MOVIMENTO
40. Tutto è vanità....non proprio, dipende 42. La solitudine della vanità 43. La chiamavano vanità 44. La nacessità apparente del superfluo
WEB 3.0
INTERNET E MULTIMEDIA 46. Servizi web utili, divertenti...
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Nuove forme d’arte. Nuovi usi per la plastica. Immaginate una landa della taiga siberiana desolata con una bassissima densità abitativa: che fareste per occupare il tempo? Una domanda che Olga Kostina, pensionata russa, abitante del villaggio di Kamarchaga, non si pone più! Il suo è un passatempo davvero originale: la donna ha decorato la sua casa di legno con 30.000 tappi di bottiglie di plastica. Le decorazioni sono semplici e, mediante mosaici, rappresentano gli animali che vivono in zona. La casa, così colorata e allegra è diventata un faro cromatico della piccola cittadina. Olga ,quindi, ha deciso di non fermarsi nella sua attività. Ha deciso di decorare anche le strutture circostanti! Un tocco di colore che spezzerà il freddo e i paesaggi asettici della Siberia.
Misteri e alchimie… Scenari inimmaginabili dove la realtà supera la fantasia proprio come nei film di fantascienza o nei cartoons per bambini piccoli e grandi. In Argentina ,infatti, è stato ritrovato un pesce lupo con tre occhi ribattezzato “Blinky”. Per chi non lo sappia questo pesciolino è protagonista nei i ‘’The Simpson’’ famoso cartoon americano. Lo scenario del ritrovamento rende,però , meno allegra la popolazione del posto. Il lago di Cordoba, infatti, è situato nei pressi di un reattore nucleare. Un episodio di malformazione e mutamento dovuto non alla semplice evoluzione naturale ma probabilmente a processi da esaminare e verificare con accortezza e precisione da parte di esperti nel settore.
Difettati dalla nascita! Chi compra un cellulare, una lavatrice,un elettrodomestico in genere oggi lo sa : la qualità è inferiore a quelli comprati qualche hanno addietro,però c’è un bel però…. Un inchiesta commissionata dal gruppo dei Verdi in Germania mette in luce una metodica delle imprese produttrici alquanto sui generis. I nostri amati beni tecnologici sarebbero costruiti per durare a tempo! Un tempo ben definito dagli industriali del settore: quando ci vediamo sfuggire sotto gli occhi la sostituzione o riparazione gratuita garantitaci dalla garanzia. L’esosità dei pezzi di ricambio e delle riparazioni spingerebbe, poi, l’ignaro consumatore ad un nuovo acquisto. È chiamata “usura pianificata”, ma tale tesi è stata contesta dalle aziende produttrici tedesche con dati che mettono in evidenza una durata pluridecennale degli elettrodomestici nelle case tedesche.
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ZOOM
MILIONARIO A DICIASSETTE ANNI In Inghilterra Nick D’Aloisio ha creato una applicazione di successo e vendendola al motore di ricerca Yahoo è diventato milionario. L’applicazione creata da Nick, appena diciassettenne, permette di riassumere e selezionare i risultati fatti dai motori di ricerca nella rete. Ad aguzzare l’ingegno è stata la necessità dello scolaro britannico, in vista della preparazione di un esame di storia, di “muoversi” più agevolmente nel mare magnum della rete. I genitori, solitamente scettici, nei confronti dell’attaccamento degli adolescenti nei confronti delle nuove tecnologie hanno avuto modo di ricredersi. Quanto e come gli stimoli dati da una ricerca di storia possano cambiare la vita di una persona! Nick, infatti,è stato assunto dallo staff di Yahoo e ha come prospettiva una brillante carriera.
Tutti trasformisti... Trasformisti una parola che oggi ci evoca scenari negativi e di sotterfugi, ma parliamo d’altro. Il neutrino “trasformista” è stato il protagonista di un evento verificatosi solo altre due volte: il fenomeno dell’oscillazione. Queste trasformazioni sono importanti perché permettono di spiegare un’anomalia:il fatto che dal Sole e dalle altre stelle sembrano arrivare molti meno neutrini di quanti ne siano previsti. Si presume che non ci siano neutrini mancanti, ma solo neutrini che nel viaggio verso la Terra si sono trasformati. Il responsabile dell’esperimento Giovanni De Lellis ha dichiarato che l’analisi dei dati continuerà per i prossimi due anni.
Le nozze via Skype. Una nuova moda Siamo a Roma. Bidrohii, un giornalista bengalese rifugiatosi in Italia, riesce a ricongiungersi alla sua fidanzata tramite le modalità permesse dalla rete! Infatti la novella “Skype-sposa”, grazie al matrimonio, ora vive a Roma con il suo legittimo consorte. La famiglia che si crea e si ricongiunge sotto lo stesso tetto grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie allarga i nostri orizzonti. I matrimoni “a distanza” o “per procura” ritornano in voga con uno spirito e una modalità che i nostri avi non avrebbero mai potuto immaginare! Oggi il loro nome è proxy marriage, in passato venivano riservati ai militari in missione. La promessa di eterno amore eterno via web si sta diffondendo sempre di più.
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METROPOLIS POLITICA
Tecnocrate e vanitoso. (In fondo, è l’uomo più potente d’Europa)
Che la vanità sia un pregio/difetto dell’essere umano è ormai cosa consacrata. Ma che la vanità diventasse elemento sostanziale del governatore della Banca Centrale Europea è cosa davvero sorprendente. Naturalmente non stiamo parlando della vanità estetica, legata al corpo ed alla bellezza. Ma ci riferiamo, invece, alla vanità generata dal potere, quello vero. Era il 1 novembre 2011 quando, Mario Draghi, si insediò al co-
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mando dell’istituto con sede a Francoforte e da allora è stato tra gli indiscussi protagonisti della vita politica, economica e monetaria dell’intera Europa (e non solo). Il suo insediamento è solo un ulteriore passo chissà verso quale traguardo, ma i più “vecchi” lo ricorderanno già negli anni ’90 quando svolse il ruolo di vero e proprio deus ex machina delle privatizzazioni delle industrie pubbliche italiane (IRI, IMI, ENI,
TELECOM, ecc.). E la cronaca lo racconta anche come grande cerimoniere dell’incontro, avvenuto sul panfilo dei reali d’Inghilterra Britannia, dove quelle privatizzazioni furono concertate, pianificate e temporalizzate. Poi una serie notevole di incarichi direttivi e consulenze prestigiose in ogni parte del mondo e la direzione della Banca d’Italia. Un curriculum di primo piano, davvero. Eppure non basta a soddisfare la vanità del potere
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METROPOLIS POLITICA
anticipare le misure di finanza pubblica attraverso il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, quest’ultimo, poi, doveva diventare norma costituzionale, intervenire ulteriormente nel sistema pensionistico, rendendo più rigorosi i criteri di idoneità per le pensioni di anzianità e riportando l’età del ritiro delle donne nel settore privato rapidamente in linea con quella stabilita per il settore pubblico, ridurre i costi del pubblico impiego rafforzando le regole per il turnover (il ricambio, ndr) e riducendo gli stipendi.
Mario Draghi
di chi sa di poter osare ancora di più. Di osare al punto tale da decidere ed obbligare l’agenda di governo di una nazione importante come l’Italia. E non stiamo parlando di banali supposizioni delle rete. Stiamo parlando di una lettera. Una lettera di cui si è parlato pochissimo e che ha pesantemente contribuito a generare il disastro dell’ultimo biennio. Una lettera che un giorno sarà un documento estremamente prezioso per gli storici e che invece tutti, o quasi, hanno già dimenticato e dentro la quale sono già definite le azioni del governo italiano, a prescindere dalla sua composizione partitica. La lettera è dell’agosto 2011 ed annunciava disastri economici se non si fosse provveduto al più presto a varare una serie di misure in grado di ridare fiato e credibilità alla nazione Italia. Queste misure, che vengono ancora invocate a gran voce in questi giorni, spesso portano un nome privo
di senso e contesto: riforme. Non si capisce bene cosa e come bisogna riformare, eppure un attento sguardo sulla lettera di Draghi, che all’epoca, bisogna ricordarlo, ancora non era Governatore della Banca Centrale Europea (in carica era Jean-Claude Trichet), ci illustra esattamente i contorni e i termini di quest’opera “riformatrice”. Innanzitutto la lettera fa leva sui dettami liberisti per antonomasia: privatizzare su larga scala i servizi pubblici locali (come la gestione dell’acqua), sostenere la competitività delle imprese attraverso la compressione dei salari e la destrutturazione delle regole vincolanti della contrattazione collettiva, revisione del mercato del lavoro per aumentare la flessibilità e la possibilità di licenziamento con una ragguardevole revisione del sistema del welfare. Oltre, guardando con favore alle politiche di austerity, invitava ad
Infine, la lettera, suggeriva di operare una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese fino ad esigere un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi come le Province. La mia sintesi non rende onore al documento (che consiglio di leggere integralmente), ma ne esprime chiaramente i tratti. La lettera si chiude raccomandando ancora due cose, un meccanismo automatico di tagli orizzontali alla spesa pubblica nel momento in cui non vengano rispettati i parametri di deficit e che l’intero pacchetto di leggi e provvedimenti venga preso per decreto legge, evitando così il lungo, ma democratico, iter parlamentare. Dopo questa lettera sapete tutti quello che è accaduto, e se leggete bene sapete anche quello che accadrà. Dopo questa lettera si è certificato come il potere fiscale, economico e monetario di uno stato sovrano come l’Italia non esiste più, poiché esso risiede altrove. Dove la Tecnocrazia, oltre che autoreferenziale, è estremamente vanitosa! Nicola Pace
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METROPOLIS POLITICA
VIDEO ERGO SUM Vanità e narcisismo nel terzo millennio: siamo tutti vanitosi? Parlare di vanità in un’epoca come quella attuale, è come discutere di bombe in tempo di guerra. La similitudine non è azzardata affatto se prendiamo in esame tutto quello che accade agli “schiavi dell’algoritmo” in preda ad un edonismo che sta raggiungendo livelli sempre più parossistici. Oggi, infatti, gli strumenti della vanità sono rappresentati da face-book, Twitter etc. dove non esiste limite d’età per affermare ad ogni costo la propria presenza, spesso superando i limiti del lecito e del buon gusto. Ma questa è la società dove prevale l’apparenza sull’essere: conta il contenitore, non il contenuto; la forma anziché la sostanza. La telecamera, lo schermo televisivo o il monitor dell’elaboratore elettronico hanno sostituito la classica fonte come specchio, per cui oggi è più opportuno affermare “video ergo sum” che “cogito ergo sum”. E questa è sicuramente una delle cause che ci hanno proiettati in questo avanzato stato di decadenza culturale, etica, politica, economica etc. Ciò non è successo a seguito di un progetto divino, anche se ingenuamente si è portati a crederlo. La sociologia, intanto, cerca di trovare delle spiegazioni che lasciano il ... tempo che trovano. E certe teorie come quella della “società liquida” di Z. Baumann, al di là dell’effetto eufonico piacevole della locuzione, non si dimostrano essere la verità rivelata che tutti si attenderebbero e, comunque, non ci forniscono una chiave di lettura univoca, capace di farci pervenire alla soluzione dei drammatici problemi che affliggono l’uomo post-
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Mario Monti
moderno, schiavo del “Grande fratello”. Ma che cos’è, esattamente, la vanità? Lo Zingarelli 1994 dice testualmente che è una “caratteristica di chi prova e ostenta un alto concetto di se stesso, ricercando e apprezzando, nel contempo, tutto ciò che può far risaltare le sue qualità personali vere o presunte”. Già, ma quand’è che le qualità personali sono vere? E quando sono presunte tali? Non sempre è facile stabilirlo in modo netto; spesso si accetta il compromesso della classica “via di mezzo”, in cui la linea di demarcazione finisce col far fondere i due aggettivi quasi antonimici nel significato profondo. Le lacrime della ministra Fornero, per apparire empatica e sofferente, mentre decideva di stra-
volgere le regole pensionistiche a danno dei futuri pensionati, erano vere, false o presunte...? Di primo acchito sono sembrate vere. Ma a sciogliere l’amletico dubbio ha provveduto lei stessa, nei giorni successivi, dichiarando con boria coram populo: ”Se i politici hanno fallito nel loro compito e hanno chiamato noi, è ovvio che noi non siamo venuti qui a distribuire caramelle!” Una “mazzata” del genere è più eloquente di ogni altra disquisizione: è il condensato del pensiero politico che anima questo Governo narcisista che, falsamente, si autodefinisce “tecnico” e dopo tanta autocelebrazione ha chiamato altri tecnici esterni su cui scaricare la classica “patata bollente” , elargendo loro lauti stipendi da super manager per individuare i
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METROPOLIS POLITICA
Elsa Fornero
settori dove affondare il bisturi, l’ascia o il machete, secondo la forza reattiva delle lobbies di riferimento. I casi di narcisismo sono innumerevoli, dal “miglior Presidente del Consiglio degli ultimi 150 anni” al Primo Ministro che, da Commissario europeo, ha fatto tremare Bill Gates, ma, poi, giunto al governo del Paese, si è arreso di fronte a certi interessi corporativi italiani, non ultimi quelli legati al suo predecessore (l’impositore del famoso “beauty contest” in ambito radiotelevisivo) che, secondo Monti, se fosse rimasto in carica, avrebbe fatto impennare il tormentoso spread (differenza tra i livelli di quotazione di un titolo o tra tassi di interesse) a 1200. Senza dimenticare, ovviamente, la ormai celebre smargiassata del giova-
ne sottosegretario al Ministero del Lavoro, J. Martone, secondo il quale: “(...) chi non si laurea entro i 28 anni di età è uno sfigato”. Una dichiarazione che la dice lunga circa l’idea che hanno della gente comune, questi rampolli cresciuti negli agi, al riparo da sacrifici, rinunce ed umiliazioni, e con le porte sempre spalancate verso le posizioni di vertice, grazie alla potenza dei loro ascendenti. Questi sono tra i casi più eclatanti, riguardanti dei VIP. Ma per onestà intellettuale, ed essere obiettivi, bisogna ammettere che la vanità è un vizio che tutti abbiamo, anche a “nostra insaputa”. Ciò che cambia è il modo di estrinsecarla, variabile da soggetto a soggetto, in base alla categoria sociale di appartenenza. Anche chi scrive su questo ma-
gazine potrebbe essere tacciato di narcisismo, da chi non ha questo privilegio: è il prezzo della visibilità. Last but not least, c’è la vanità alla rovescia: sì, in circolazione c’è anche gente che si vanta di non saper fare e non voler fare nulla (sic!); ma, per fortuna, costoro sono in minoranza, altrimenti il nostro “spread”, da qualche anno leit-motiv lessicale anglosassone ad altissima frequenza, con connotazione molto negativa in campo economico, avrebbe già raggiunto da tempo distanze siderali. E visto che gli spreads da ridurre sono comunque tanti e diversi, speriamo bene.
Prof. Domenico CALDERONE
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METROPOLIS COSTUME
I POLITICI E LE CRAVATTE, LE POLITICHE E I FOULARD. Quando ogni parola diventa parola di silenzio (o parola di orgoglio). La frase che da il titolo a questo articolo è stata scritte da Pietro Paganelli, 72 anni che non ha retto al peso di quanto contenuto in due cartelle esattoriali, una sua, una del figlio che viveva con lui. La notizia è dello scorso 5 maggio. Pietro Paganelli, ha scritto in un biglietto nel quale spiegava la sua morte, la morte di chi ha visto la propria dignità andare in pezzi, di un uomo che ha visto andare in frantumi la vita stessa. Cos'è la dignità ? Nel 2012 il meno sveglio dell'universo direbbe che l'abbiamo smarrita se un uomo, un padre di famiglia e non certo l'unico, c'ha ragionato ed ha deciso che la morte è il male minore a questo tipo di problema. Problema economico, il non riuscire, nonostante il lavoro, a pagare i debiti. Immanuel Kant probabilmente è il Pensatore che meglio ha reso il concetto di dignità della persona, di dignitas. Per il filosofo tedesco l’umanità era essa stessa dignità, e pertanto, l’uomo non poteva mai ridursi ad essere trattato dall’uomo stesso come un semplice “mezzo” ma doveva essere trattato sempre anche come un “fine”. Ed ecco che la dignità dell’uomo viene considerata in un “valore intrinseco assoluto” che impone a tutti gli altri esseri ragionevoli il rispetto sia della propria persona che della persona altrui. Politicanti ricordatevene quando uccidete la dignità dei più deboli che no, non trattate al vostro pari. Sono parole dure che oggi nella migliore delle ipotesi udiamo al TG della mattina, a quello del pranzo e a quello della sera. O se siamo stanchi dei falsi giornalisti star della TV, scegliamo il giornale come mezzo d'informazione
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Daniela Santanchè
e m D z n s q i
e lì almeno 15 pagine scrivono di crisi, morti, licenziamenti, e ancora crisi, morti, licenziamenti... Dignità in tempo di crisi, dove una parte di popolazione teme lo spettro del frigo vuoto. Un'esagerazione? No, un rischio reale che gli studiosi amanti della statistica affermano correre in particolare gli anziani, i quali devono scongiurare di mese in mese e di giorno in giorno allo spettro del frigo vuoto e gli effetti della
Roberto Formigoni
malnutrizione. E parliamo dell'Italia. Anziani, malnutrizione, Italia. Dicevamo, “dignità, come condizione di nobiltà morale in cui l’uomo esprime le proprie intrinseche qualità”. Dignità che si manifesta nel dare e nel ricevere. Dignità di avere un lavoro, un lavoro che appaghi la propria vocazione è forse chiedere tanto ma, ci proviamo. Apparteniamo alla generazione che la vecchia politica ( leggi “i bambini mangiati dai democristiani”*) ha ucciso, ha massacrato, ha disilluso. I sogni, la mia generazione inizia a non averne più o inizia ad averne quando sparisce dall'Italia e porta la propria vita all'estero, lontano dalla terra dei genitori. Monti ha detto che per far fronte all'emergenza sociale bisogna difendere la linea del rigore e di ciò che l'Europa ci chiede. "Rimettere i ordine i conti dell'Italia era necessario per restituire dignità al Paese". Dignità al paese e ci siamo dimenticati di come tale dignità abbia pesato su quella dell'uomo di cui scrivevo all'inizio. E non è il solo. Ha pesato sul cittadino qualsiasi, sul contribuente qualunque, sul vecchio “buon” padre di famiglia, sull'imprenditore con la cartella esattoriale, ecc. ecc. ecc. Non sono queste le notizie che dovremmo leggere, il Nano è andato via ma il lascito della crisi e dei buchi disastrosi sono talmente sconfortanti che il cittadino non ce la fa più, le donne decidono di non avere figli, i padri vanno a lavorare all'estero. È questa l'Italia fondata sul lavoro? Continuando con l'attuale presidente del Consiglio, il quale sostiene che la lotta all'evasione fiscale "non tocca chi già paga le tasse, ma è rivolta contro chi non la ha mai pagate e che l'obiettivo deve essere di colpire le aree dove c'è un fenomeno diffuso di evasione fiscale" mi viene da pensare che la gente dei palazzi non sa davvero più cosa dire per placare questo malcontento e a cercare di rassicurare il popolo della crisi con menzogne. Riusciremo a ripartire ed andare avanti? Certo, l'uomo ce l'ha sempre fatta e sempre ce la farà. Il compito di tutti noi deve essere di attenzione a non credere mai che nulla non possa risolversi. Nulla nasce dal nulla e tutto si trasforma. Chi deve fare e agire siamo noi giovani, che dobbiamo svegliarci e dobbiamo prendere in mano questa che è la nostra terra, il nostro lavoro, la nostra dignità, che viene sempre prima di tutto. Leonarda Sabino
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METROPOLIS SOCIETÀ
Predicano e razzolano (male, malissimo) i professionisti dell’umiltà. Sono la nuova razza padrona del pubblico dibattere. Sempre in prima linea, ma con gli occhi bassi, l’abbigliamento un po’ social un po’ casual (qualunque cosa voglia dire) e la perenne aria di spossatezza, da eroi soli, unici combattenti in un universo che va a rotoli e si alimenta di presunzioni. Spaventati dal coraggio (quello vero), si avvicinano in sordina dopo la fine della tempesta. Strisciano nella polvere come cowboy di terz’ordine e poi, mani alla fondina, la sparano senza ritegno: il sermone del momento, prodotto di qualche stantio
luogo comune, contro i nemici di sempre: i ricchi, i coraggiosi, gli intelligenti, i presuntuosi, i vincenti, gli spregiudicati e tutti quelli che a vario titolo non la mandano a dire. O ne hanno in testa una migliore della loro. Contestano che in questo sporco e corrotto mondo ci possa essere lo spazio per l’individualismo, che emergere e spuntarla con le proprie sole forze è un attentato all’etica del sacrificio, della sofferenza come stile di vita. Una volta erano cellule di fusione tra cattolici e comunisti, esperimenti umani di compromesso storico impegnati in una febbrile opera di evangelizzazione. La storia,
La vana umiltà. Politica e società: contro i professionisti del buon apparire.
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poi, gli ha dato torto marcio: l’ha avuta vinta il berlusconismo, l’auto alla moda, gli smartphone, il consumismo sfrenato. Eppure, va detto, i professionisti dell’umiltà hanno saputo riciclarsi. Dopo un decennio di smarrimento, quasi in massa hanno trovato nel Partito Democratico un indifeso organismo ospite. Specie fra le innumerevoli altre, occupano caselle di ogni calibro spingendo nell’abisso della vergogna chi non la pensa come loro. Ce l’hanno con i velleitari, con gli ambiziosi e, per paradosso, perfino con gli onesti. Non importa la qualità, l’orgoglio di un’idea migliore: conta l’essere dentro il sistema, il partecipare l’egualitarismo a tutti costi. Ricordano un po’ le quarte file del Partito Comunista Sovietico: capitanucci alla Archiloco capaci di piangere per una mostrina di pezza, moralisti nel midollo con il culto dell’autorità suprema. E poi: falsi, ruffiani, vili ed ipocriti. Di inspiegabile c’è questa loro inabili-
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METROPOLIS SOCIETÀ
tà al confronto diretto, l’incubo di fare la figura dei fessi, di rimanere nudi a centrocampo di fronte a migliaia di spettatori. E provate a dire che in politica ( come ovunque) si sta anche con un po’ di dignità: risponderanno che militano dalla loro ragioni superiori. Invisibili ai più, ma superiori. Così li vedi esibire con soddisfazione l’auto a gas senza optional con i documenti del mutuo in formato cubitale appiccicati sul finestrino, pubblicizzare il jeans da dieci euro come fosse il feticcio del potere proletario, raccontare al mondo che mamma e papà ogni giorno conducono una vita di stenti incomparabile con quella del restante universo, farsi le sigarette col tabacco ripetendo ad ogni slinguazzata di cartina che non si possono mica permettere le Marlboro lights. Poi però: quasi nascondono l’iphone nella tasca dei pantaloni (da dieci euro), il mutuo dell’auto se lo pagano con qualche convenzione/collaborazione/ aiutoaportarelaborsa frutto di più altolocate ( ma sempre nobili) amicizie, mamma e papà, nonostan-
te tutto, gli finanziano il fuoricorso all’Università e con una certa impudenza ritengono criminali quelli con le moto di grossa cilindrata o raccomandati sempre e comunque i figli dei padri che all’Università se la cavano piuttosto bene e magari gli studi se li pagano pure da sé, perché costituisce uno schiaffo alla categoria. Sul malaffare ci costruiscono le barricate: sono per il merito, per i giovani, per le cose pulite, figurarsi. Si esaltano nelle ricorrenze: Falcone contro la mafia, Gandhi contro la guerra, Mandela contro i razzisti, evitando, però, quelle più complesse: con gli arabi, vittime di Israele, o con gli ebrei, vittime del nazismo? Con i magistrati, odiati da Berlusconi, o contro i magistrati, amici di Travaglio, il quale, poi, sarà opportuno includere tra gli amici, perché bastona ladri e corrotti, o tra i nemici, perché spesso ladri e corrotti sono pure amici loro? In questo febbrile spaccare la vita tra umili e presuntuosi, meritevoli e farabutti, alcune volte cambiano idea: da antiamericani con la bava alla bocca,
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perché gli yankees buttano le bombe, fanno soldi a palate e amano le rivoltelle, sono diventati apostoli dello zio Sam, perché gli yankees le bombe le buttano lo stesso, i soldi li fanno lo stesso, giocano alla guerra nei campus universitari come prima ma hanno un presidente nero che ha fatto l’avvocato di strada. E quindi è lecito un certo refresh. La lingua che parlano è un concentrato misto di luoghi comuni, slogan ed incomprensibili formalità con cui intendono restituire la verginità perduta ai proclami della politica. “Guardiamo avanti”, “Viviamo tempi difficili”, “Sul tema occorre riflettere”, “la democrazia è in pericolo”, e, ovviamente, “Bisogna essere umili”, “Avanti la meritocrazia”, “Noi siamo per l’inclusione”. Per il resto, fa figo ficcarci sempre il “futuro”, come le “stelle” per i poeti di bassa lega. La metà delle questioni che dibattono riguardano il ruolo delle donne: provate ad iniziare un comizio anticipando i “cari democratici” alle “care democratiche” e se lo ricorderanno per un decennio. L’altra metà, peraltro, arricchisce celebrazioni o indignazioni trite e ritrite fino alla nausea che spediscono in massa su twitter. Con tutto il rispetto, ma che siamo per la pace e non per la guerra, per il lavoro e contro la disoccupazione, per la democrazia e contro l’assolutismo, non c’è bisogno di bombardarlo sui social network ogni mezzo secondo. Ciascuno, con una discreta velocità, riesce ad arrivarci anche da solo. In definitiva, non ammettono che umili possano essere anche i fortunati, quando sono consapevoli delle proprie fortune e si sforzano di non sprecarle pensando a chi non ne gode. Così come non ammettono che alle volte e sempre più spesso- è l’umiltà la peggiore forma di vanità. Il confine è piuttosto magro e lo si supera con un attacco a tre punte: esibizionismo, autocompiacimento e tribalismo. Fateci caso e saprete riconoscerli dalle loro foto su facebook o istangram: sorriso sereno, luce della giovinezza, seduti in qualche platea democratica in giro per l’Italia pronta per essere raccontata, sputtanata, pubblicizzata. Come a dire: c’eravamo pure noi, ma senza perdere la tenerezza. Identificateli attraverso quello che dicono: quando quasi con un filo di vergogna se la tirano per qualche nuovo incaricuccio o funzioncina maturata con gli scatti di anzianità. Come a dire: intanto sappiate che sono diventano uno che conta, ma anche che non perdo l’umiltà, lo spirito di sacrificio eccetera. Che è un po’ come dichiarare: mi faccio di coca, ma resto uno che ordinariamente predilige il fumaccio da quattro
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soldi. Infine, osservateli difendersi a quadrato per le cose più spregevoli, rendersi casta alla prima ombra di attacco esterno. Come a dire, anche qui: le donne sono tutte stronze, a parte mia madre, mia sorella, mia nonna e mia cugina, tutte santissime creature, dio le abbia in gloria. Soprattutto: non sottovalutateli. Perché sono la maggioranza. Fabio SALVATORE
di Carmine Mecca GRADITA PRENOTAZIONE TELEFONICA
Via Martin Luther King, 13 - Tel. 349 40 147 12 - 85100 Potenza
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METROPOLIS CINEMA
LA VANITÀ… OHHH, LA VANITÀ! « Vanità, decisamente il mio peccato preferito. Kevin, è elementare: la vanità è l’oppiaceo più naturale. Non è che non ti importasse niente di Maryann, Kevin. E’ solo che tu eri un pò più impegnato con un’altra persona. Te stesso.. » - John Milton / Al Pacino nel film “L’avvocato del diavolo -
Perché la vanità ci rende vulnerabili nei confronti della lusinga? Chiunque può entrarci nel cuore e nell’anima quando ci fa sentire grandi, bravi, belli, capaci. “L’avvocato del diavolo/ the Devil’s Advocate” è un film thriller del 1997 diretto da Taylor Hackford e i protagonisti sono Keanu Reeves nei panni di Kevin Lomax e Al Pacino nelle vesti di Satana.
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Kevin Lomax è un giovane avvocato penalista di successo che non ha mai perso una causa. E’ vanitoso e vuole ad ogni costo mostrare al mondo l’immagine perfetta che ha di se. La vanità influenza fortemente le decisioni importanti della sua vita, sia privata che lavorativa. Purtroppo però le azioni generano conseguenze, e quelle a cui va incontro Kevin sono distruttive. La prima scena del film è ambientata in un tribunale, è in atto il processo contro un professore accusato di pedofilia e Kevin deve difenderlo. Mentre la bambina racconta dinnanzi alla corte quello che ha dovuto subire da quell’uomo, Kevin nota uno strano atteggiamento del suo assistito e improvvisamente capisce che egli è colpevole. Che fare? Ignorare qualsiasi senso di colpa oppure fare la cosa giusta? Una lunga riflessione nel bagno del tribunale si trasforma in una previsione di come sarebbe il suo futuro se difendesse il professore. Kevin vince l’ennesima causa, i suoi successi oltrepassano i confini della sua città di provincia e arrivano fino a New York, dove si trova il famosissimo studio legale Milton. Il capo dello studio legale, Jhon Milton vuole che Kevin faccia parte della sua squadra di avvocati poiché lo ritiene un ragazzo talentuoso e sprecato per
le sue capacità. Le prospettive sono eccellenti, ottimi guadagni, una casa bellissima e soprattutto successo. Kevin è appoggiato in tutto e per tutto dalla sua bellissima moglie Mary Ann ma non dalla madre, che paragona New York alla Babilonia della Bibbia, luogo corrotto e di perdizione. Nonostante i cattivi presagi marito e moglie partono, entusiasti di poter cambiare la loro vita per sempre. All’inizio è tutto bellissimo, la casa è stupenda, la paga è da capogiro, i vicini sono simpatici e disponibili e il lavoro va bene. Kevin incontra presto Jhon Milton, il quale prima gli offre un caso di diritto sanitario, poi un caso di triplice omicidio. L’assegnazione di questo caso segna per Kevin il definitivo punto di rottura con se stesso, egli non pensa a nient’altro che al successo, si lascia travolgere dalle corruzioni newyorkesi e si invaghisce di un’altra donna. Mary Ann invece, finito l’entusiasmo iniziale, si ritrova presto sola con se stessa, in una casa troppo grande e che non riesce ad arredare, senza un lavoro, afflitta dalla notizia di non poter avere figli e senza l’amore del marito, troppo occupato e troppo preso da se stesso. Comincia ad avere brutti presentimenti, turbe psichiche e allucinazioni causate da inquietanti avvenimenti ai quali
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assiste. Viene ricoverata in un ospedale, dove poi si suicida. Intanto arriva a New York anche la madre di Kevin per spiegare al figlio alcune cose che non ha mai avuto il coraggio dirgli. La donna rivela che Jhon Milton è suo padre, che lei era già stata a New York da giovane e lui si era preso cura di lei. Kevin è distrutto per suicidio della moglie, non riesce a perdonarsi di averla abbandonata a se stessa ed è sconvolto per le rivelazioni della madre. Comincia a pensare a tutto quello che ha fatto nella sua vita, a quanti criminali ha fatto assolvere solo per essere il migliore. Capisce di aver sbagliato tutto e fuori di se decide di andare da Jhon per uno scontro diretto. Altre rivelazioni però lo aspettano, di gran lunga più inquietanti. Accecato dal desiderio di gloria Kevin non aveva prestato ascolto alla moglie quando gli diceva che c’era qualcosa di strano e malvagio intorno a loro. Solo l’incontro finale tra i due uomini chiarisce a Kevin ciò che non è stato in grado di capire prima: Jhon è molto più di un padre, egli è Satana e ha tentato suo figlio servendosi della sua fame di successo per avvicinarlo a se. Ora, Jhon è pronto ad offrirgli tutto pur che egli concepisca volontariamente un figlio, l’anticristo. Kevin non accetta la proposta e si spara facendo appello al libero arbitrio. Tra le urla e le fiamme di lucifero tutto si disintegra e Kevin ritorna in se mentre si guarda allo specchio nel bagno del tribunale quando tutto ha avuto inizio. Questa volta entra in aula e fa la cosa giusta, perde. Abbandona la causa, cosciente del duro colpo che questo comporta alla sua carriera e non vuole rilasciare interviste. Quando però il suo amico giornalista (nuovamente Satana) lo insegue gli dice che la
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notizia “un avvocato con crisi di coscienza” potrebbe rilanciare la sua carriera, egli accetta. Satana si è di nuovo servito della vanità di Kevin per portarlo dalla sua parte. Il regista in questo film, sottolinea soprattutto il tema della corruttibilità di se stessi, l’uomo è per natura un essere volubile, in continua lotta con se stesso, per non cedere a qualsiasi tipo di tentazione, dalla più banale alla più distruttiva. Questa è una lotta reale e sempre attuale e lo spettatore non può che seguire la pellicola con interesse e trepidazione ponendosi la domanda: il protagonista cederà oppure farà la cosa giusta? Il pubblico è catturato dai dialoghi, dai toni di voce, dalle atmosfere infernali magistralmente create in chiave moderna e dal forte pathos delle situazioni. Fondamentale e meravigliosa è poi, l’interpretazione di Al Pacino che ha dato un tocco di classe alla figura diabolica, creando una nuova immagine del Diavolo, molto personale e come per ogni sua interpretazione, molto convincente. Il monologo finale è la giusta conclusione per un’interpretazione perfetta. Tutto in questo film è curato nel dettaglio, Il titolo del film si rifà all’espressione idiomatica “avvocato del diavolo” e il nome di Satana altro non è che il nome dell’autore del poema “Paradiso perduto”. In questo poema, Jhon Milton appunto, racconta l’episodio biblico della caduta dell’uomo di fronte alla tentazione: la storia di Adamo ed Eva e la loro cacciata dall’Eden, ponendo l’accento sul libero arbitrio Mari DONADIO
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LA STREET ART E IL COPYRIGHT DEL BUON SENSO. Non molto tempo fa ho sentito dire che il diritto non è altro che il contrario del buon senso. Personalmente trovo che la bontà di tale definizione, non certo priva di acume anche se evidentemente pregna di relativismo, sia particolarmente apprezzabile se riferita al controverso rapporto tra la legge e la cosiddetta “street art”. In Italia, infatti, la questione appare di attualità sempre più stretta e vede contrapporsi in una specie di “braccio di ferro tra principi”: la libertà dell’espressione artistica (art. 33 Cost.) e la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) ai limiti a queste opponibili. A ciò si aggiunga inoltre l’imprescindibile rilievo riguardante l’annoso dibattito sulla riconoscibilità o meno in sede giurisdizionale, ovvero nella fase di accertamento e repressione di comportamenti illeciti, del carattere “artistico” dei graffiti e delle opere degli street artists in generale.
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Quid iuris dunque? O meglio, in questa situazione di “manicheismo legislativo”, di arduo contemperamento di interessi contrapposti dov’è il buon senso del diritto??? È proprio qui che la definizione con cui si apre la presente dissertazione si pone come spartiacque a separare il buon senso, così come lo intendono coloro che stanno dalla parte della legge, dal quello di coloro che vedono la legge come un’ingiusta forma di repressione o di ostacolo alla diffusione della cultura o di nuove forme d’arte. Ad ogni buon conto possiamo iniziare col registrare un dato incontrovertibile: il legislatore ha attribuito prevalenza al diritto di proprietà, privata o pubblica che sia, e al decoro della stessa a discapito del diritto alla libertà d’espressione artistica, vero è infatti che la violazione delle norme collegate a tali diritti integra una fattispecie di reato prevista dal codice penale all’art 639. L’oggetto della tutela apprestata da suddetta norma è l’inviolabilità dei singoli beni, ed è evidente come, nel caso di specie la scelta del legislatore, seguita anche dalla più recente giurisprudenza (Trib. Milano 12/07/2010, n. 8297, sez. VI) sia stata quella di non attribuire rilevanza, ai fini della tipicità del fatto punibile, alle caratteristiche estetiche dell’opera. Si è scelto quindi di prescindere da ogni valutazione circa l’accertamento della qualità “artistica”, o meno, dei graffiti. Scrivere, disegnare, incollare stencil su un qualsiasi muro di un qualsiasi edificio (a meno che non specificamente destinato a tale utilizzo) per la legge italiana equivale ad imbrattare; nessuna eccezione esclusa. Una scelta questa che potremmo chiamare di ordine sociale, ma anche una scelta che è derivata proprio dalla mancata percezione della “street art” quale vera e propria arte. Probabilmente
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ciò che spesso sfugge alla coscienza popolare (l’origine di una norma infatti deriva da una diffusa percezione di ciò che è generalmente ritenuto accettabile o deprecabile) è che accanto a quelle che sono considerate le massime espressioni artistiche di tutti i tempi gli storici dell’arte e i critici, annoverano anche opere che non sono dotate di eccezionale valore creativo ma che hanno ad ogni modo contribuito a caratterizzare un determinato momento storico nel campo delle arti figurative, e tra queste oggi ben potrebbe iscriversi il movimento street art. Quando si cerca, però, di descrivere in maniera esauriente il contenuto tecnico di un concetto come quello di opera d’arte, ci si imbatte in un’impresa oltremodo difficile, mi scuso fin d’ora quindi per la lunga ma doverosa digressione che seguirà. Come è stato notato “il bello è l’espressione di alcunché, la sua estrinsecazione in un supporto atto a comunicare [...]. Tanto più felice è l’espressione, tanto più l’espresso è bello: bello è dunque una valutazione di adeguatezza dell’espressione ad esprimere alcunché, e cioè di rispondenza tra l’espressione e l’espresso”. Ma poiché “l’espressione non è riproduttiva o rappresentativa, ma semplicemente evocativa» e «le idee di ciascuno dipendono dalla sua formazione, dalla sua vita ed esperienza, in una parola dalla sua cultura”, è necessario considerare non solo che «la cultura di ognuno è diversa da quella di ogni altro» ma altresì che “anche per la stessa persona la stessa espressione può sembrare più o meno espressiva a seconda del punto di vista dal quale la si considera”. La conseguenza non può essere se non che «la valutazione dell’espressione non è oggettiva, non già perchè è difficile che così sia, ma perché non può esserlo; perché per sua vera natura deve essere soggettiva [...]. Il massimo
di oggettività che potrà essere raggiunta potrà essere un’occasionale concordanza di opinioni di più persone sul punto che una data espressione [...] è bella2”. (5) Così si esprime Franzosi, Arte e diritto, in Riv. dir. ind., 1977, I, 286 che conclude, però, nel senso dell’opportunità di non attribuire alcun valore alla concordanza di opinioni «in quanto concordanza, perché ai fini della valutazione dell’espressione ciò che rileva è la valutazione individuale; in quanto occasionale, giacché nulla vieta che in un diverso momento o con diversa presentazione quella stessa espressione appaia inadeguata a quegli stessi cui apparve adeguata». Si dirà tra poco come, a prescindere dalla condivisione di questo giudizio, non sia possibile affrontare l’argomento senza riferirsi alla concordanza di opinioni. Pertanto pare facile notare come la questione svicoli agevolmente dai profili strettamente giuridici per concretizzarsi in un problema che potremmo definire di cultura, di coscienza civile o perché no di buon senso. Secondo il modesto parere di chi scrive, da studioso del diritto e amante dell’arte è proprio l’inesatta percezione della dignità artistica dei graffiti e la loro dequotazione sociale a volgari scarabocchi che ha privato la tutela dell’espressione artistica, e di conseguenza la street art, di quel quid necessario che l’avrebbe vista forse prevalere sul diritto di proprietà e sul decoro. A supportare quanto detto mi sembra altresì indicativa l’incapacità del diritto di gestire la spinosa questione per i suoi tanti risvolti sociali, così ad esempio la decisione del comune di Milano (poi seguito anche da altri) di affidare alla polizia la creazione di una banca dati che raccolga i TAGS ovvero le firme dei graffitari in modo tale da poter punire anche senza l’elemento della flagranza di reato, l’imbrattamento di pareti
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ospitanti opere che riportano appunto la firma dell’autore, rischia di provocare non pochi problemi. Cosa succederebbe infatti se un ipotetico writer arrivista, invidioso e pronto a tutto pur di mettere in cattiva luce il suo odiato competitor cominciasse a riprodurre la firma di quest’ultimo ad esempio su monumenti o in aree di interesse artistico, casi per i quali è prevista la reclusione fino a un anno e le multe vanno da mille a tremila euro??? Eppure stupisce come oltremanica, in netto contrasto con la politica repressiva dei comuni italiani, il Comune di Bristol prima di rimuovere uno stencil di Banksy ha lanciato un sondaggio su un forum online accettando di tornare sui propri passi e conservare l’opera dopo che il 97% dei voti si era espresso a favore della “salvaguardia” della stessa. Quanto detto tuttavia non significa che le opere dei writers in italia non siano tutelate, infatti l’art. 2575 c.c. dispone che “formano oggetto del diritto d’autore le opere dell’ingegno di carattere creativo che appartengono alle scienze, alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro e alla cinematografia,
qualunque ne sia il modo o la forma di espressione”. Vi è di più. Le norme seguenti, dall’art. 2576, c.c., all’art. 2582, c.c., sono volte a sottolineare alcuni aspetti salienti della disciplina del diritto d’autore: nel caso del titolo di acquisto dell’opera d’arte, del suo contenuto e trasferimento, dell’utilizzazione, del ritiro dal commercio via dicendo. In sostanza si tratta di norme “di rafforzamento” della disciplina speciale, come confermato, se mai ce ne fosse bisogno, dallo stesso art. 2583, c.c. che recita testualmente “l’esercizio dei diritti contemplati in questo capo e la loro durata sono regolati dalle leggi speciali” di conseguenza si deve ritenere che anche il codice civile, sulla scia della legge sul diritto d’autore, non si ponga il problema di quale sia il concetto di opera d’arte ma questo non esclude che le predette normative siano comunque applicabili alle opere d’arte, in quanto queste possono certamente essere comprese nella più generale categoria delle opere di carattere creativo frutto dell’ingegno. Tutela questa che tuttavia, per tutte le ragioni sopra esposte, non è in grado di escludere la sanzionabilità del
fatto sotto il profilo penale. Perché ciò possa invece avvenire è necessario che si favorisca la partecipazione alla cultura, soltanto infatti attraverso una più penetrante diffusione della stessa ed una adeguata sensibilizzazione all’arte si può riuscire a renderla parte della vita comune e ad ottenere che venga tutelata a seguito di una ridefinizione della gerarchia dei diritti e dei loro valori così come percepiti nella società. La cultura appunto, e l’arte nello specifico, “non solo costituiscono campo di notevole pregnanza ai fini della qualificazione teleologica dei pubblici poteri (nel senso che questi devono operare per realizzare la libertà), ma assumono il ruolo di elemento costitutivo, o, meglio, di prerequisito, di precondizione della democrazia1” non certo del solo buon senso! Francesco TRIPALDI
1 G. Clemente di San Luca, Libertà dell’arte e potere amministrativo. L’interpretazione costituzionale, Napoli 1994, 98-99. Franzosi, Arte e diritto, in Riv. dir. ind., 1977, I, 286.
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catering ed eventi
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OPPORTUNITÀ
CONCORSO NAZIONALE “ONESTI NELLO SPORT” Concorso di creatività, scadenza 15 maggio 2013.
Il concorso si propone di sensibilizzare gli studenti sul tema della cultura della legalità sportiva. L’obiettivo del concorso è valorizzare lo sport come divertimento e cultura del fair-play. Si intende educare i giovani ad una cittadinanza attiva che combatta ogni forma di violenza e ogni forma di doping che ledono la persona e l’attività sportiva. Possono partecipare singoli studenti, classi o gruppi di studenti di classi diverse degli Istituti Secondari di II grado, statali e paritari, purché residenti nel territorio nazionale. Info su: www.istruzione.it
PREMIO INTERNAZIONALE “UN SOLO MONDO” Concorso letterario, scadenza 30 giugno 2013.
Il premio letterario internazionale “UN SOLO MONDO”è organizzato dall’ Unione Volontariato Internazionale per lo Sviluppo e la Pace. Esso si articola in due sezioni: una di poesia singola inedita e una di narrativa. Lo scopo è duplice: sensibilizzare il mondo della cultura alla solidarietà, allo sviluppo e alla pace tra i popoli e contribuire alla realizzazione di progetti nei Paesi del Terzo Mondo. Bando scaricabile su http:// www.uvisp.org
CORTI AND CIGARETTES 2013 Concorso di cortometraggi, scadenza 30 giugno 2013.
Il concorso è giunto alla sesta edizione ed è ricco di spunti per tutti i partecipanti. Il concorso è diviso in due sezioni: quella dei cortometraggi internazionali e quella dei cortometraggi sperimentali. Inoltre sono presenti quattro rassegne dedicate all’arte del cortometraggio realizzate mediante le nuovissime tecnologie della produzione digitale. Per maggiori info: www.cortiandcigarettes.com
“CREATIVITA’ IN ALLUMINIO” 2013 Concorso di riciclo e creatività, scadenza 31 maggio 2013
La Cooperativa IGORA per il riciclaggio dell’alluminio è nuovamente alla ricerca di opere d’arte raffinate e fantasiose fabbricate con imballaggi d’alluminio vuoti per il tema del concorso “Cibo e bevande”. Le opere devono essere realizzate esclusivamente con materiali usati in alluminio: lattine, vaschette, ecc. Possono partecipare: artisti individuali, gruppi e scuole, bambini, adolescenti e adulti. Si tratta di una vera e propria arte del riciclaggio per dare un’ altra veste ai contenitori ormai divenuti “rifiuti”. Tutte le informazioni e le modalità di partecipazione su: www. igora.ch/it/attivit/creativit-in-alluminio/creativit-in-allu/
“LA CASA CHE ABITO”
Concorso di fumetto, scadenza 8 giugno 2013
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L’Associazione Culturale Rule-Hot, in collaborazione con la Provincia di Pesaro promuove la seconda edizione del festival di fumetti Disegni Diversi che si terrà a Fano (PU) dal 30 agosto al 1 settembre 2013. All’ interno del festival è previsto il concorso che vuole stimolare la ricerca di nuovi codici di rappresentazione grafica. Il tema è la nuova visione del concetto di abitazione nelle sue svariate accezioni. Il concorso è aperto alla partecipazione di tutti gli illustratori sia italiani sia stranieri Tutte le informazioni e le modalità di partecipazione su: www. flashfumetto.it/
IL PRIMO VINO ROSSO DA BERE FREDDO
LO PUOI TROVARE DA:
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OPPORTUNITÀ EVENTI BASILICATA
POTENZA INTERNATIONAL JAZZ FESTIVAL Potenza, varie location, dal 26 al 29 giugno.
Il Potenza International Jazz festival è un evento di carattere internazionale che prevede nella città di Potenza quattro giorni pieni di concerti e approfondimenti. È prevista la partecipazione di artisti di notevole livello come il sassofonista americano Alex Hofffman. I musicisti prenderanno parte ai concerti che si terranno al Teatro Stabile e alle sessioni formative. Tutte le informazioni e le curiosità su: www.potenzajazz.com
“LE IMMAGINI DELLA FANTASIA” Potenza, Galleria Civica , fino al 2 giugno.
Nella Galleria Civica, presso palazzo Loffredo, è possibile ammirare le immagini della rassegna provenienti dal piccolo paese trevigiano di Sàrmede. La mostra nata nel 1982 da una idea di Stepan Savrel, raccoglie le opere di 300 illustratori di diversa nazionalità. E dal 1991 la mostra è divenuta itinerante per diffondere la cultura della bella illustrazione destinata ai più piccoli. La mostra, tranne il lunedì, è sempre aperta dalle 9.00 alle 13.00 e dalle 16.30 alle 20.30 con ingresso gratuito. Info e prenotazioni su: www.comune.potenza.it
6 ORE DEI TEMPLARI Banzi (PZ), 3 e 4 maggio.
Pronti via!!! Siamo vicini allo scatto per partenza della V edizione della maratona/ultramaratona “ 6 Ore dei Templari –Memorial Vito Frangione”. La manifestazione ha come obiettivo l’intreccio tra sport e identità territoriale, infatti molte sono le iniziative preposte all’accoglienza degli atleti e quelle per far conoscere le peculiarità del borgo cittadino. Particolare attenzione ci sarà nei riguardi dei bambini e degli atleti diversamente abili, tutto ciò per porre l’accento sullo sport come veicolo di inclusione sociale. Il programma completo della manifestazione è disponibile sul sito ufficiale: www.6oredeitemplari.it.
LA SFILATA DEI TURCHI Potenza, 29 maggio.
La città dormiente e assopita, a causa del lungo e rigido inverno, sembra risvegliarsi per godere di un evento che da sempre affascina grandi e piccoli. La cultura popolare di Potenza rivive nel pomeriggio della sfilata. Viene rievocato l’assalto alla città da parte di un gruppo di Turchi. Intorno alla sfilata e alla celebrazione del Santo Patrono liberatore troviamo iniziative a cura delle varie associazioni cittadine che risvegliano dal torpore tutti i potentini. Così il centro storico è invaso e rivive nei giorni dedicati a San Gerardo. Info su: www.comune.potenza.it
BIMBIMBICI 2013 Matera, vie cittadine, 9 giugno.
Bimbimbici è una manifestazione a carattere nazionale che quest’anno vede l’adesione della città dei Sassi. Lo scopo è quello di incentivare il concetto di una nuova mobilità attraverso l’uso della bici, soprattutto tra bambini e ragazzi. La partecipazione all’iniziativa, comunque, è aperta a tutti i cittadini. Attraverso una pedalata “in sicurezza” si potrà godere delle strade cittadine, di solito piene di automobili, e apprezzarne la vivibilità. In questo modo si può trasformare una semplice pedalata domenicale in
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OPPORTUNITÀ EVENTI ITALIA
PAUL McCARTNEY IN CONCERTO. Arena di Verona, 25 giugno.
“Out There” tour prevede solo tre tappe: Varsavia,Vienna e Verona. L’artista inglese, infatti, ha sempre desiderato cantare in un luogo pieno di storia come l’Arena di Verona. Nel tour, McCartney proporrà canzoni dei Beatles oltre a spaziare nel suo ampio repertorio. L’attesa per un concerto, che può definirsi un evento, sale tra tutti i fans e gli appassionati alla ricerca del biglietto necessario per gustare la perfomance del loro idolo. Tutte le informazioni le trovate su: www. paulmccartney.com
INTERNAZIONALI DI TENNIS Roma, dal 11 al 19 maggio.
Gli internazionali d’Italia sono uno dei più importanti tornei tennistici sulla scena mondiale. Si possono considerare secondi solo agli Open di Francia. Sulla terra rossa si sfideranno i migliori tennisti e le migliori tenniste in confronti che avvengono di fronte un nutrito popolo di appassionati. La manifestazione si svolge sui campi romani del Foro Italico. A partire dall’edizione del 2002 il nome ufficiale del torneo è Internazionali BNL d’Italia. Programma e informazioni su: www.internazionalibnlditalia.com
“TIZIANO” MOSTRA
. Roma, Scuderie del Quirinale , fino al 16 giugno. Dal 5 marzo fino al 16 giugno presso le Scuderie del Quirinale a Roma, è possibile ammirare in un’ esposizione dedicata a Tiziano i tratti salienti dell’ascesa del grande artista italiano. La mostra è costituita da un gruppo cospicuo di opere, che mettono in luce la maestria e il sapiente tratto dell’artista. Inoltre tutti i mercoledì è possibile partecipare ad incontri di approfondimenti tenuti da grandi storici dell’arte sulla figura di Tiziano. Il saggio curatore della mostra è Giovanni C.F. Villa. Info su: www. scuderiedelquirinale.it
UMBRIA JAZZ. Perugia dal 5 al 14 luglio.
Un cartellone eterogeneo e dalle molte anime, che proverà a sintetizzare i variegati percorsi della musica, presentando al pubblico, oltre che il jazz nelle sue molteplici espressioni, anche pop, soul, reggae, blues e contaminazioni inedite. Sulle scene di Umbria Jazz 13 si alterneranno artisti di culto per festeggiare il quarantennale dell’evento. Chiuderanno la manifestazione Gal Costa e Gilberto Gil. Info su: www.umbriajazz.com
DICKINSON: MUSICA.
TRA
PAROLE
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Roma, Cripta Borromeo, 14 giugno. Dickinson: tra parole e musica è uno spettacolo teatrale dedicato alla vita dell’eroina Emily Dickinson. Lo spettacolo è diviso in quattro atti. Durante lo spettacolo verranno recitate le poesie di Emily, nelle quali emergeranno i suoi tormenti e la sua visione del mondo. Lo spettacolo è curato da Giuseppe Giulio che ha sapientemente mescolato letteratura, poesia e teatro. Le poesie saranno cantate da Marianna Sollecchia accompagnata dalle musiche composte dal maestro Francesco Paniccia e dalle immagini fotografiche
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INCONTRI
LA VANITÀ ECLETTICA DI SONIA TOPAZIO 30
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INCONTRI
Sonia Topazio è nata a Potenza nel 1969, a 15 anni è già campionessa italiana di corsa campestre e a 16 vince il trofeo “Bravin” a Roma nei 400 metri piani, contemporaneamente si diploma in danza classica al Conservatorio “Gesualdo da Venosa”. L'anno dopo si classificherà terza nei 400 metri indoor juniores; nel 1987 sarà prima ai campionati italiani UISP e medaglia di bronzo agli europei UISP a Kapfemberg. A 19 anni abbandona lo sport per un infortunio e debutta in teatro sotto la regia di Mauro Bolognini. Si apre così una nuova strada per Sonia che la vedrà impegnata in teatro, in televisione e nel cinema con autori del calibro di Marco Ferreri, Dario Argento e Gianni Boncompagni, solo per citarne alcuni. Dopo la laurea in lettere, indirizzo cinema e spettacolo, e un master di II livello sulla gestione degli Enti Pubblici, inizia la sua nuova carriera di giornalista e romanziera.
Tra i personaggi lucani intervistati finora sei sicuramente quello più eclettico in assoluto. Da giovane sei stata un'ottima atleta, poi sei passata allo spettacolo e poi alla scrittura e sempre con ottimi risultati. Per prima cosa puoi dirci come si sentiva la giovanissima Sonia che iniziava a raccogliere i suoi primi successi fuori dalla propria città? A diciotto anni ero già a Roma e l’incoscienza di quegli anni ti fanno sentire invincibile, quindi andavo e facevo tutto quello che personalmente ritenevo giusto per me. Davanti alle situazioni a me sconosciute non ero diffidente, ma curiosa. - Il primo stadio della tua carriera è lo sport: sei stata una promessa nazionale dell'atletica (400 e 800 metri) conquistando diverse medaglie in gare nazionali, cosa pensavi in quegli anni? Penso che mi sono fermata troppo presto per un problema ai tendini che non mi ha permesso di continuare. Avevo un grande allenatore, Antonio Laguardia, lo stesso che ha allenato gli olimpionici Donato Sabia e Marcello Pantone e il pluricampione italiano di salto triplo Mauro Angelillo. Secondo stadio lo spettacolo. Oltre ad essere stata una modella hai avuto importanti esperienze teatrali, televisive e cinematografiche dove eri più a tuo agio?
albanese. Ma chi l’avrebbe mai detto! Poi il giornalismo, soprattutto quello scientifico. Crei l’ufficio stampa l’INGV (Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia) e sei coautrice dell’Agenda della Terra. A volte la vita decide per te. Sono entrata con un contratto dove facevo tutt’altro e poi mi sono formata e ho creato l’ufficio stampa. Sono stata fortunata, perché sono capitata in un Ente statale internazionale che funziona e lo scopo di un Ente statale è anche formare i propri dipendenti. Se io, che ho una laurea in lettere, sono riuscita a migliorarmi, pensa a quanto cammino e soddisfazione hanno i ricercatori che lavorano in un Ente che funziona Ultimamente il tuo nome è riapparso nella questione dei ricercatori precari dell'INGV e qualcuno ti ha ricordato soltanto come attrice erotica e basta. Evidentemente i giornalisti, con l’uscita di scena del berlusconismo, avevano un calo glicemico da gossip. - Quali sono i tuoi rapporti con Potenza e con la Basilicata? Amo la natura della Basilicata, cioè quello che i politici e i costruttori non hanno fatto ancora in tempo a cementificare.
Davanti al piccolo schermo, mi piaceva più presenziare nei programmi di intrattenimento che nei film.
Sonia Topazio è una persona vanitosa?
Terzo la scrittura con due romanzi all’attivo: “Non voglio storie” e “Il taglio nell’anima”.
La vanità è un vizio o una virtù?
Si, ho appena finito un romanzo ambientato in Romania, sotto la dittatura (anni ‘80-’90). La più grande casa editrice albanese lo ha preso in considerazione e lo pubblicherà in lingua
Sono femmina!
Se la usi senza danneggiare altri è un elemento caratteriale che ti porta a concretizzare i tuoi sogni nel cassetto. Vito COLANGELO
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INCONTRI
Ero immersa nel mio solito polverone di troppe cose da fare e troppo poco tempo per farle, quando mi arriva una telefonata disarmante. Un caro amico, nonché collega, mi espone in qualche battuta il suo piano di battaglia. Lui ed un collega stanno partendo per la transalpina per campionare farfalle, mi chiede se ho voglia di
accompagnarli, non è una vacanza: sveglia all’alba, camminate in luoghi impervi, lunghi spostamenti in macchina, freddo, pioggia e probabilmente nessun rimborso. Dovrei fotografare il tutto, mentre loro campionano. Non ho molti buoni motivi per dire di si, ma la proposta è così folle che non posso non accettare. Non mi sono mai occupata di
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farfalle, ho sempre pensato fossero esseri leggiadri e vanitosi, mentre io studiavo alberi, felci ed erbe di sottobosco. Amo i colori ballerini delle farfalle sui prati in primavera, ma sono sempre stata attratta da cose poco appariscenti. E così partiamo, dopo otto ore e mezza arri-
viamo al campeggio di Cogne, dove ci accoglie la proprietaria, una bella signora italo-francese con cui stringiamo subito amicizia e che mi presenta le sue baby-betulle per un consulto sui parassiti che le molestano. Sorrido, pensando alla semplicità disarmante di questa gente e mi dispiaccio di non essere passata prima per questa fetta di mondo. Il cielo è cucito di stelle fitte come coperte di lana,
dormiamo ai piedi del Gran Paradiso e la mattina, mentre bevo il mio tè osservo il profilo delle montagne nude. È una natura severa quella delle vette, come il deserto o l’oceano, la natura che preferisco. Mi chiedo
cosa ci facciano degli esseri così leggiadri in quelle condizioni. Nei giorni successivi iniziano a crollare molti pregiudizi che non pensavo essere tali, innanzitutto per studiare le farfalle ci vuole un fisico bestiale, immaginiamo delicate dottoresse dai tratti fini e delicati, non energumeni di un metro e novanta muniti di enormi retini che corrono come stambecchi saltando tra le rocce dietro farfalle d’alta quota bravissime nello slalom. Ed io un po’ li seguo ed un po’ li
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derido, scene comiche che attirano l’attenzione dei passanti e degli escursionisti. Alla fine della prima giornata i miei amici prendono un
all’apollo che in pochi secondi viene liberato e torna a planare tra le rocce con aria
te, almeno a suo
LA VANITÀ DELLE FARFALLE Come ritrovarsi a 3.000 metri
Parnassius apollo per insegnarmi a riconoscerla, farfalla di una bellezza incredibile, grande e possente. Scopro così che la storia che ci raccontavano bambini, che se tocchi le ali di una farfalla questa non può più volare è falsa, purché sia una mano esperta a prenderla. La farfalla è tra le mani del mio amico, che la stringe quel tanto che basta per non farle sbattere le ali e ferirsi, ma con una tale delicatezza che sembra un prestigiatore. Resto incantata di fronte al suo viso ravvicinato e ai movimenti precisi e caparbi di chi ha intenzione di liberarsi in fretta. Scatto decine di foto
spavalda. Resto indietro, mentre loro tornano ad arrampicarsi, mi chiedo se l’apollo possa essere cosciente della propria bellezza. Che gli animali conoscano la vanità ne ho la certezza, chiunque sia cresciuto in campagna sa che la vanità non è esclusiva degli essere umani. Chi ha un gatto sa di cosa parlo, alcuni si mettono in posa di fronte all’obiettivo della macchina fotografica esattamente come fanno i bambini, gongolando. Non è un pensiero complesso ma un’emozione estemporanea, la vanità. Ma una farfalla, può essere cosciente della sua bellezza? Se l’evoluzione l’ha resa così bella, non può non essere coscien-
modo, della propria bellezza? I colleghi sono in vetta, io sfinita mi accoccolo tra le rocce per ripararmi dal vento, mi scaldo al sole e torno a leggere “1Q84” di Murakami Haruki, un vero capolavoro. Poi all’improvviso mi sento osservata, mi volto e loro sono lì. Decine e decine di farfalle sullo sterrato bianco del sentiero, a pochi centimetri da me, anche loro al sole e al riparo dal vento. Vorrei dire ai miei amici di scendere, che lassù non ne troveranno ma poi le guardo, sembra si stiano riposando proprio come me, ed inizio a leggere ad alta voce sicura che gradiranno… che la bellezza e la vanità delle opere d’arte non hanno confini, io credo. Maya MATTEUCCI
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CONVIVIO LETTURE
VANITY: FAIR MA SENZA PLAY. Hai un momento dio? No perchè sono qua, in fondo ci sarei anch'io! (L. Ligabue)
La questione è grave. Si tratta del senso delle cose, si tratta di ricevere risposte, risposte a domande di cui alla fine ci si ritrova a chiedersi se ha senso tutto quello che si è chiesto. E si arriva a sapere che la questione non è neanche posta, in quanto non è il senso della domanda o del domandare stesso a essere l'argomento di discussione, ma bensì la possibilità o meno di porre la domanda o la metadomanda. E' allora che si ricomincia con l'errore, continuare a domandarsi "perchè?". Perchè se vi è un continuo passare dal non essere all'essere, per tornare al non essere? Quale il motivo di questo essere transuente che vede nel suo sussistere la condizione necessaria della sua fine? Perchè? L'autore del libro di cui vi scrivo è incerto, gli esegeti ci stanno ancora ragionando, i più pii di loro sostengono addirittura
che non è importante l'autore materiale, in quanto a guidare la mano scrivente sarebbe stato in questo caso addirittura colui il quale a quelle domande di cui dicevamo non è tenuto a rispondere, ma continua a farsele fare mettendole nella nostra testa. Stavolta siamo andati giù pesante, l'Ecclesiaste, uno dei libri dell'antico testamento non è proprio per tutti, bisogna avere un pò di certezze nella vita e un centro di gravità permanente sufficientemente solido per affrontarlo. Non è facile infatti affrontare frasi come "vanità, tutto è vanità", ci va di mezzo giusto un'attimo il senso che ognuno ha dato al suo alzarsi ogni mattina. Nella vicenda narrata il protagonista, Giobbe, vive momenti di assoluta disperazione, angoscia esistenziale e materiale, perdita totale del senso dell'esistere, e in questa situazione
trova nel suo essere un onesto timorato di dio (lo scrivo con la minuscola volontariamente), la sfrontatezza di domandargli: perchè? Non riceve ovviamente una risposta, lui è lì per non rispondere. Non riceve una risposta ma quasi un rimprovero, che ha il tono di un paternalistico "chi sei tu per domandare a me quello che faccio?" E' proprio in questa risposta che risiede la totale vanità dell'esistenza: non è consolante infatti sapere che non c'è nulla da capire, ma è liberatorio essere consapevoli che davanti a tutta questa vuotezza di senso siamo noi a dovercelo dare: il non senso della nostra vita è la base necessaria per la nostra libertà. Grazie di non aver risposto, ne a Giobbe, ne a Ligabue. Andrea SAMELA.
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CONVIVIO MORSI
se anche il cibo quotidiano va in
CLEOPATRA STYLE.
Quando la vanità ha nell’asina un’amica per la pelle. Non si direbbe a guardarlo. Ha il pelo ruvido e crespo, dove ronzano le mosche. Ha un verso stonato e delle orecchie lunghe che sono diventate il simbolo di scarsa intelligenza e acume. Così brutto e tonto, ma lavoratore forte e resistente, veniva utilizzato per i lavori umili e pesanti della campagna. E’ l’asino, l’equide a cui il destino non ha riservato grandi cose, già solo per averlo voluto accanto ad esseri altrettanto umili come i contadini. Per fortuna ci ha pensato madre natura a riscattarlo, facendo del suo latte un alimento prezioso, così tanto da essere utilizzato al posto del latte materno quando questo non è sufficiente o non è tollerato dai neonati. E, come se non bastasse, ne ha fatto un ingrediente di bellezza, di sopraffina vanità per le donne. Chi non ricorda nella storia Paolina Bonaparte, Poppea, la moglie di Nerone, e l’ancora più antica Cleopatra, con i loro bagni nel latte d’asina? Si narra che Poppea non vi rinunciava neanche durante i suoi viaggi, portando con sé mandrie di asine. A Cleopatra ne servivano 700 per ricavare tutti i giorni il latte necessario per i suoi bagni. Testimonianze che, al di là dei personaggi e delle leggende nate intorno ad essi, ci attestano una verità: che il latte d’asina può essere usato come cosmetico per la pelle, grazie alle sue proprietà esfolianti, idratanti e ipoallergeniche. Poi, la differenza tra “cura di sé”, “vanità” e “sfarzo” dipende solo da come lo si usa. La natura ce ne mette a disposizione davvero poco: un’asina produce circa un litro di latte al giorno, rispetto ai 30 litri di una vacca! Un vezzo, prezioso ed esclusivo, che proviene però da un ciuco… Bizzarro! A leggerlo come una metafora, dovremmo dire che la vanità è figlia della scarsa intelligenza. Ma su questo lasciamo che siano i filosofi a discutere... Angela Laguardia
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PER SAPERNE DI PIÙ ALL’UNIBAS SI STUDIA IL RITORNO DEL LATTE D’ASINA COME COSMETICO
Nello scorso mese di maggio si è conclusa la prima parte del progetto “Onocosmesi”, svolto dalla Facoltà di Agraria dell’Università degli Studi della Basilicata. Il gruppo di lavoro del prof. Carlo Cosentino si è occupato di analizzare le caratteristiche del latte d’asina (prodotto in allevamenti lucani) e di svolgere delle indagini demoscopiche. In particolare è stata sondata la propensione all’acquisto di cosmetici a base di latte d’asina. Gli intervistati hanno dichiarato di essere maggiormente disposti a comprare una crema corpo. Di qui, sono stati realizzati dei prototipi di prodotto con relativo packaging.
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CONVIVIO SORSI
Syrah. La vanità racchiusa in un grappolo. Ciò che mi affascina in maniera straordinaria del Vino è quel portarsi dentro l’identità del luogo che lo ha visto nascere. Ecco perché un vino non può, a mio parere, ridursi all’acquisto d’una bottiglia ma deve necessariamente accompagnarsi con curiosità e rispetto alla conoscenza della sua storia. In questo caso sarà possibile acquistare il vino più adatto al proprio stato d’animo e riceverne la giusta ricompensa in termini di piacere. Il vino di cui vi parlerò in questo numero mi ha sempre incuriosito per il suo nome. La sua origine è misteriosa quanto affascinante, qualcuno sostiene che sia originario di un’antica città Persiana della quale prende appunto il nome (Shiraz) e che fosse arrivata in Francia, più precisamente sulla magnifiche colline dell’Hermitage nella zona del Rodano, grazie ai Fenici. Ma le piantine di Syrah hanno fatto viaggi lunghi e fortunati, così oggi s’è guadagnato il rispetto di un vino dalla storia lunga e ricca, uno dei più grandi vini di Francia e uno dei più noti vini del Nuovo Mondo, ma anche vino che risale alle radici della civiltà. È un vino complesso e generoso, che va bevuto e goduto in tutte le sue sfumature, dai profumi di frutti fino a quelli delle più maliziose ed ammiccanti spezie. Sia che beviate Syrah dell’Hermitage francese o dello Shiraz della selvaggia
Australia piuttosto che uno Sud Africano, Californiano, Neo Zelandese o Italiano questo è un vino che va bevuto quando si ha spirito libero e voglia di seduzione, per cogliere appieno ciò che questo fantastico vino vorrà e potrà donarci. Con bluejeans o con l’abito da sera, negli happy hours e nelle cene in cui l’intensità di sguardi richiede il complice giusto, questo Vino caldo e misterioso come la Persia, elegante come la Francia, ruffiano come l’Italia saprà starvi al fianco. Sceglietene uno giovane con un sapore di frutto più spiccato per un aperitivo composto, ed uno più maturo per pensieri più intensi e più raffinati. Nelle serate avventurose da vero bucaniere vi consiglio dunque un vino altrettanto piratesco, un compagno di viaggio ideale per attraversare con coraggio e destrezza il tempo e lo spazio. Il suo colore rubino, i suoi profumi di frutti di bosco, di ciliegie, di note aromatiche e speziate, di pepe bianco e timo, il suo corpo morbido e vellutato come i suoi tannini, saranno gli ingredienti del vostro successo. Persuadete, Viaggiate, Sognate, e vanitosamente, Sussurrate… Syrah! Prosit e Serenità. Wine_R
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CONVIVIO LETTURE
Incontrare un vanitoso Per questo numero e questo tema, ho scelto di farvi dono di una parte della mia infanzia, della mia crescita e della mia vita. Ho scelto di condividere con voi le parole di quello che considero uno dei capolavori più grandi e preziosi. Sperando che sia per voi cosa gradita, vi lascio subito alle parole di Antoine de Saint-Exupéry che rende a parole, in modo sapiente e delicato, quello che è anche il mio pensiero.
Nel capitolo XI agli occhi del piccolo principe si presenta il vanitoso, con un cappello tanto vistoso quanto ridicolo. "Ah,ah, ecco la visita di un ammiratore", così il protagonista viene accolto. "Buongiorno" - rispose il piccolo principe - "che cappello buffo avete!" "è per salutare", rispose il vanitoso. "Batti le mani l'una contro l'altra". Il piccolo principe battp le mani l'una contro l'altra
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e il vanitoso salutò con modestia sollevando il cappello. Dopo cinque minuti di questo esercizio, il piccolo principe si stancò della monotonia del gioco, allora chiese : "Che cosa bisogna fare perchè il cappello caschi?" Ma il vanitoso non l'intese. I vanitosi non sentono altro che le lodi. "Mi ammiri molto veramente? Ammirare vuol dire riconoscere che sono l'uomo più bello, più
elegante, più ricco e più intelligente del pianeta". "Ma tu sei solo sul tuo pianeta" osservò il piccolo principe. "Fammi questo piacere. Ammirami lo stesso!" "T'ammiro" - disse il piccolo principe alzando un poco le spalle - "Ma tu che te ne fai?" e se ne andò. "Decisamente i grandi sono ben bizzarri!". pensò tra sè e sè allontanandosi. Elenia Marchetto
massimodecarlo.net
Nuova apertura ad Avigliano (PZ) Via Don Nicola Stolfi 0971 82459
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CANTIERI URBANI PENSIERI IN LIBERTÀ
TUTTO È VANITÀ… NON PROPRIO, DIPENDE!
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CANTIERI URBANI PENSIERI IN LIBERTÀ
Il termine Vanità, anche se non è contemplato tra i sette peccati capitali che la tradizione ci tramanda, è generalmente ed erroneamente inserito in quell’universo di arroganza che conosciamo come Superbia, con tutti gli addentellati linguistici che ne delineano il risvolto negativo, ma che prescindendo dall’aspetto estremo dell’auto-idolatria, va considerato come un semplice e naturale atteggiamento umano. Del resto, lo stesso Papa Francesco l’ha recentemente definito la Vanità come “un atteggiamento della mondanità spirituale” che, però, quando sfocia in un atteggiamento prevalentemente antropocentrico porta ad un palese rifiuto della grazia e dell’esistenza divina. Le stesse vicende dei nostri progenitori biblici sono la testimonianza più evidente di come alla bellezza della contemplazione dello splendore divino si sia contrapposto l’atteggiamento umano viziato dall’attrazione verso la vanità di assomigliare in tutto al Grande Architetto dell’Universo. Del resto, lo stesso Creatore si compiacque del proprio operato e, dopo aver affermato che “era cosa buona”, decise di riposarsi ed ammirare ciò che era nato dalle Sue mani, e se Noi siamo stati plasmati a Sua immagine, non possiamo che umanizzare ciò che ci è stato trasferito col Suo soffio di Vita. Certo, tenendo presente queste rimembranze veterotestamentarie e gli accadimenti successivi qualcuno potrebbe suggerire di considerare la Storia del Mondo come un inutile susseguirsi di atteggiamenti vanagloriosi da parte del genere umano, impegnato in continue rivendicazione di un personale diritto all’esistenza e di una connotazione identitaria che in qualche modo lo svincolasse dal proprio Creatore. …ma la Storia si sa è un’altra cosa e il Tempo, essendo un grande –e forse l’unico vero- galantuomo, ha mantenuto le tracce e il ricordo di chi ha operato in maniera tutt’altro che futile e superficiale anzi, ha perpetuato il ricordo di chi è riuscito a segnare con straordinarie opere di ingegno il proprio passaggio terreno.
Come ricorda un versetto dell’Ecclesiaste -un testo contenuto nella Bibbia ebraica e cristiana- o, se preferite, il testo di una canzone di Branduardi, “vanitas vanitatum, omnia vanitas” (vanità delle vanità tutto è vanità), che potremmo parafrasare come l’inutilità del vanto che l’Uomo fa della propria perfezione, in quanto lascia il tempo che trova, nel senso che rimane circoscritto al suo passaggio terreno. È vero, certo, che degli sforzi affannosi perpetuati da chi ci ha preceduto non rimangono che frustuli documentari, ma questo non conferma l’inutilità e la futilità delle opere dell’Uomo, bensì è un chiaro invito alla concretezza delle azioni e alla negazione della superficialità nell’operare, perché delle facezie ben pochi avvertono il bisogno e, soprattutto, su di esse la Storia si vendica, semplicemente non ricordandole. Un utile insegnamento umiltà, rispetto e attenzione, ci viene offerto dalle tessitrici persiane che, nel loro essere coscienti dell’imperfezione umana e nel loro timore di offendere la perfezione divina, inseriscono volutamente un intreccio sbagliato nei loro tappeti che, comunque, non ne inficia né la straordinaria bellezza né tantomeno il valore, rappresentando un vero e proprio vanto riconosciuto ed apprezzato ovunque. L’Uomo non è perfetto, certo, ma è perfettibile ed è capace di opere straordinarie che lo differenziano e lo ergono al di sopra di tutti gli altri esseri viventi; forse la sua imperfezione è dovuta proprio al fatto che non riesce a sottrarsi dal vantarsi e dal compiacersi delle azioni compiute… ma, come si è già detto, è un atteggiamento umano e come tale ci appartiene. Certo, ci sono tanti casi in cui sarebbe opportuno riappiccare il Falò delle Vanità di savonaroliana memoria ed eliminare quegli atteggiamenti e quelle azioni che ben poco hanno di glorioso e, soprattutto, di umano, ma chi opera con attenzione e rispetto è in grado di creare azioni e prodotti che si perpetuano nel tempo, di cui andare fieri e, perché no, vantarsi. Nicola Montesano
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CANTIERI URBANI PENSIERI IN LIBERTÀ
LA SOLITUDINE DELLA VANITÀ. Perché la solitudine mi fa pensare all’altro. A quello che non consideriamo (se non come possibile ammiratore!) Allo spazio che non vediamo. Oltre la nostra figura. All’interesse che non riscontriamo. Al di là della nostra bellezza ed appariscenza. Apparire. Belli, curati, vistosi, superiori. L’involucro, insomma. Bello, sì. Ma poi? Mancanze. È quello a cui mi viene da pensare. Mancanza, carenza, solitudine. Da colmare riempiendosi di sciocchi orpelli, di sorrisi finti, di sicurezza fragilissima, di bellezza fugace. Autocompiacersi per riempire e per convincere. Prima di se stessi, gli altri. Che si è belli, giusti e perfetti. Come se l’imperfezione fosse una malattia da scongiurare, un disagio, una disgrazia. Senza pensare che, il più delle volte, è proprio quella ad incuriosire, a rendere particolari, desiderabili ed affascinanti. Occorrerebbe pensare alla mancanza come opportunità. Di imparare, conoscere e vivere colmando. Non con gioielli, maschere e firme. Con la conoscenza. Di sé, degli altri e di qualcosa che abbia davvero senso, al di là delle maestose corazze. Lasciarsi conoscere – senza filtri – ed amare, anche perché “chi si innamora troppo di sé non avrà contendenti” (Benjamin Franklin)
Caravaggio, Narciso
Lasciarsi scoprire e non autoelogiarsi, ricordando che “se vuoi che la gente pensi bene di te, non devi parlare bene di te stesso” (Blaise Pascal). Elenia Marchetto
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CANTIERI URBANI PENSIERI IN LIBERTÀ
LA CHIAMAVANO “VANITÀ”. Se avesse una virtù, non sarebbe la discrezione, se fosse un capo di vestiario, probabilmente la sia ammanterebbe di una appariscente stola di visone. Il suo nome è “vanità” e talvolta accetta sinonimie anche col cugino “lusso”. Bistrattata nella Bibbia, che tuona “vanità di Vanità, tutto è vanità” già dal III secolo, evidentemente l’era di Paris Hilton era di là dal venire. Per intendere bene il concetto, parliamo di Paris Hilton, poliedrica fanciulla che pare abbia capito tutto della vita. Ballerina, showgirl, cantante, allieta le sue giornate al fresco, che sia delle palme o in cella, il risultato non cambia. La sua permanenza in carcere, tuttavia, non si è mai protratta oltre l’ora, considerato che il suo babbo possiede l’omonima catena di prestigiosi hotel (e come se non bastasse, ne esiste una anche col nome della figlia). E che in America la beneamata cauzione vale come la formula “Salve per tutti” a nascondino. Ma questa è un’altra storia. Paris si è (ri)fatta tutta da sola. Compare in film acclamati quali “The Simple life” (???), di cui anche Paris non ricorda neanche un fotogramma e “1 Night in Paris”, di cui solo gli erotomani hanno memoria. Fine filmografia (o almeno si spera!). Per i tabloid
il suo nome è sinonimo di “scandalo”. Tra le sue bravate più celebri, come non menzionare l’ordine una bistecca da 80 dollari per sfamare un randagio a Bali, lo shopping da ventimila dollari in un’unica sessione a Los Angeles. Che dire? Rispetto a lei, anche la nostra “Casta” rabbrividisce. La Casta, appunto. Ma quanto ci costano le “vanità” parlamentari? Circa 3 milioni (euro più, euro meno) al giorno. È questo lo sciacquone in cui confluiscono le tasse degli Italiani, carta canta. Tra le voci di spesa, circa 15.000 euro al giorno per il ristorante del Parlamento, cifra che sfamerebbe un’intera popolazione. Menù alla mano, la loro parca mensa consta di piatti altisonanti: “carpaccio di filetto con salsa al limone”, “lamelle di spigola con radicchio e mandorle”, dal prezzo che oscilla dai 2.76/3.34 Euro per un “Antipasto al buffet”. E la domanda che sorge spontanea è: “Ma non eravamo tutti (casta compresa) in crisi?” e a seguire: “Ma la stagione dei saldi avrà mai fine a Montecitorio?”. Alba GALLO
Paris Hilton
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LA NECESSITÀ APPARENTE DEL SUPERFLUO. Recentemente chiacchieravo con un amico sull’Italia degli anni ’80, e sulla diffusione della tv commerciale, quanto questa abbia fortemente influito sull’identificazione delle esigenze della nostra generazione e quella precedente. Improvvisamente ciò che c’era prima è divenuto stantio e superato: la RAI per esempio, e l’ideale culturale che propugnava. Si è sentito il bisogno di avere più lustrini e più giochi a premio, e meno artisti. La tesi del mio amico era che la tv commerciale nasceva dalla incapacità riconosciuta della RAI di rispondere alla domanda dei cittadini. Io sostenevo invece che non era mutata la domanda, bensì l’offerta, e che chi sceglieva cosa mandare in onda, in qualche modo sceglieva anche i nuovi gusti degli italiani. Se aumenti il ventaglio di scelta, sicuramente ci sarà una fetta di utenti che sposta la sua attenzione sull’alternativa proposta, ma ugualmente un’altra fetta rimarrà invece a vedere i programmi che preferiva prima dell’avvento dei nuovi canali. Il succo è: quanto c’è di libero nel farsi abbindolare da un sistema chiamato marketing, il cui oggetto di studio è esattamente quello di rendere appetibile, necessario e soprattutto alla portata di tutti il superfluo? Quanto libero è il gesto di chi acquista smartphone di ultima generazione perché sente il bisogno di avere questa o quell’altra applicazione di cui prima faceva tranquillamente a meno? Cosa è questa, se non la beffa sociale di dare a tutti ciò di cui si vuole che si senta il bisogno? Cosa è questa, se non l’illusione di avere esattamente ciò di cui si crede di aver bisogno? Cosa è questo, se non riflettersi nel proprio acquisito nuovo status e godere della caducità, che è propria delle cose vane? Ma non è indicativo che, alla richiesta di un articolo sulla vanità, io abbia scritto della logica domanda/offerta della tv commerciale, e non piuttosto di quanto le donne si entusiasmino per un bel paio di sandali che risaltano la sottigliezza dello loro caviglie? Ho perso definitivamente la mia leggerezza. Giovanna CAIVANO 44
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DAL MONDO HARDWARE GALAXY TAB 2 - IL NUOVO TABLET SAMSUNG Grandi novità in casa Samsung: ha infatti deciso di estendere ulteriormente la gamma dei suoi device Android con l’introduzione del Galaxy Tab 2. Il Samsung Galaxy Tab 2 è un tablet da 7 pollici è il primo tablet dotato di Android Ice Cream Sandwich (4.0), ovvero l’ultimissima versione del sistema operativo mobile reso disponibile da Google. Samsung Galaxy Tab 2 risulta poi dotato di uno schermo WSVGA (1024 x 600 pixel) PLS LCD da 7 pollici, un processore dual-core da 1 Ghz , due fotocamere, una posteriore da 3 megapixel con messa a fuoco fissa e l’altra frontale con risoluzione VGA. RAM pari ad 1 GB, connettività Wi-Fi, Bluetooth, GPS e HSPA da da 21Mbps ed una batteria da 4000 mAh. PC LINUX MINT - I PRIMI PC CON LINUX MINT Arrivano sul mercato i primi PC equipaggiati ufficialmente con Linux Mint,. Si tratta di due “scatolette” più piccole dei Mac Mini prodotte dalla americana CompuLab davvero molto resistenti; con case in metallo e senza ventole; denominate MintBox Basic e MintBox Pro. Hanno in comune la presenza di quattro porte USB (due USB 3.0 e due USB 2.0), due porte eSATA, una porta RS232, un’uscita HDMI 1.3 + DisplayPort e il supporto Ethernet/Wi-Fi/Bluetooth 3.0. Hanno entrambe hanno un hard disk da 250 GB mentre si differenziano per la RAM (4GB per il modello Basic e 8GB per quello Pro) e per la CPU (la Mintbox Basic ha un processore dual-core 1GHz con grafica ATI Radeon HD 6290 e la Mintbox Pro un processore dual-core 1.65GHz con grafica ATI Radeon HD 6320). MintBox Basic e MintBox Pro sono disponibili sul sito di CompuLab rispettivamente a 476 dollari e 549 dollari più spese di spedizione ed IVA.
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Luglio
la Follia