MASSIMO DE CARLO
O steria G agliardi Largo Gagliardi, 18 / Avigliano Pz / +39 0971 700 743 / Chiuso il lunedĂŹ
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IN COPERTINA: Carmen Laurino “Portrait” Courtesy Amnesiac Arts www.amnesiacarts.com
scultura: L. Carriero foto: A. Chianese
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BREK.ZOOM 04. Non so più cosa dire! 04. Dormite, gente, dormite! 05. Megio tardi che mai! 05. Tecnologia? Solo da mostrare! 06. EU, l’inesistente cittadina 06. Capelli bianchi? Colpa dell’acqua ossigenata
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PROSPETTIVE METROPOLITANESOCIETÁ 08. Una maschera lunga una vita PROSPETTIVE METROPOLITANE.POLITICA 12. C’era una volta il Parlamento PROSPETTIVE METROPOLITANE.COSTUME 14. Ai posteri l’ardua sentenza
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INCONTRI.ARTE 17. Genesis P-Orridge INCONTRI.PERSONAGGI 20. 15 anni in Basilicata? Perchè no?! ATMOSFERE.CINEMA 26. Signori e signore, la vita di Truman! ATMOSFERE.MUSICA 28. David polvere di stelle ATMOSFERE.MODA 30. Nadia Giani ATMOSFERE.VIAGGI 33. Il Carnevale della tradizione lucana ATMOSFERE.LIBRI 34. Richiesta accettata... uno in più da scartare
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FUORICAMPO.VISIONI 41. My friends are better than yours 42. Quest’anno a Carnevale mi vesto di banalità FUORICAMPO.RE-VISIONI 44. Ted Bundy FUORICAMPO.TECNOLOGIA 46. Gratis è bello!
EDITORE Soc. Cop. Sociale a r.l. via Nicola Sole, 73 85100 Potenza
Donato Sabia Leonarda Sabino Andrea Samela Gabriel Tripaldi
PUBBLICITÁ O.S. Italia Soc. Cop. Sociale a r.l. tel. 0971 36703 fax 0971 25938
DIRETTORE RESPONSABILE Rossella Sagarese
PROGETTO GRAFICO O.S. Italia Soc. Cop. Sociale a r.l.
HANNO COLLABORATO Alessandra Carlucci Mimmo Claps Davide Galasso Barbara Lorusso Massimo Lovisco Nicola Pace Sybil Rain Andreina Serena Romano
COPERTINA “Portait” di Carmen Laurino
STAMPA Grafiche Gercap / Foggia
IMPAGINAZIONE Michele Nella
BREK garantisce la libertà di pensiero e di espressione. Per questo motivo ogni collaboratore è singolarmente responsabile delle proprie idee e di ciò che scrive.
GRAFICA PUBBLICITARIA Riccardo Telesca
Autorizzazione Tribunale di Potenza nº 376 del 7/5/08
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el grande libro del guinness dei primati ci sono imprese per tutti i gusti. L’ultima, però, ha un sapore nuovo, quasi da monito alla nostra società superficiale e distratta. Lluìs Colet, dipendente comunale e guida al museo delle arti e tradizioni catalane, ha parlato ininterrottamente per 124 ore. Particolare da non sottovalutare è che ha parlato di cultura. 5 giorni senza mangiare e dormire per stabilire il primato del discorso più lungo della storia. «Lo dedico a tutti coloro che difendono la lingua e la cultura catalana». Queste le sue ultime parole. Un messaggio chiaro a chi dice che di cultura si parla fin troppo.
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ormire fa bene. E lo sappiamo tutti. Ma che il sonno aiutasse l’economia è sicuramente una scoperta straordinaria, soprattutto in questo periodo di grande crisi mondiale. Infatti un neurologo olandese, in uno studio recente, ha dimostrato come riposare bene aiuta a lavorare meglio il giorno successivo e a rendere il ciclo economico più solido e fecondo. La ricerca, che si è soffermata in particolare sui processi all’interno del cervello durante il sonno, ha così dimostrato che dormire in assenza di disturbi e per un numero sufficiente di ore è la migliore ricetta per avere più sprint sul lavoro. A tutti coloro che in questo periodo sono alla ricerca della giusta ricetta per risollevare l’economia mondiale consigliamo… una sana dormita!
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l 2008 è ormai un ricordo per tutti noi. Ma il nuovo anno ha portato con sé una grande sorpresa, soprattutto scientifica. Un secondo in più. Ovviamente non stiamo parlando di pietanze, ma di un secondo temporale. Infatti, il Naval Observatory di Washington che governa il tempo americano e quello mondiale ha aggiunto alle 24 ore del 31 dicembre 2008 un altro secondo, quando nella capitale degli Stati Uniti erano le 18, 59 primi e 59 secondi. Il motivo è molto semplice: il giorno terrestre si è allungato e bisognava adeguare il tempo scandito dagli orologi con quello scandito dagli eventi naturali. Per noi, a parte qualche scienziato, non cambia nulla. Al massimo, qualcuno, ha sbagliato il momento del brindisi per… un secondo!
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a maggior parte dei cittadini occidentali cambia il telefonino con l’unica motivazione che il modello successivo è più evoluto. Ovvio, viene da pensare. La cosa strana, almeno secondo un’indagine condotta dalla casa di software Mformation su 4 mila individui, è che l’ 85% degli utenti si sente, poi, frustrato poiché incontra enormi difficoltà ad utilizzare tutte le funzionalità del nuovo dispositivo. Gestione delle mail, invio di filmati e foto, navigazione internet e TV sono applicazioni presenti su quasi tutti i telefonini, ma sono usate pochissimo. Come mai? La risposta è fin troppo scontata. Complicati menù rendono, a volte, l’universo del cellulare quasi impraticabile. Non risulterebbe più semplice, se siamo in difficoltà, utilizzare un sms o ricorrere alla semplice telefonata!?
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er chi ha ancora sulla testa i capelli un problema può esserci quando gli stessi iniziano ad ingrigire. Per alcuni è segno di saggezza, per altri addirittura diventa un distintivo sexy. Per molti, invece, è solo un problema da risolvere con le tinture. Alcuni ricercatori, scoprendo il motivo per cui i capelli tendono a diventare bianchi, stanno cercando di risolvere il problema in maniera definitiva. Si tratta di un metodo ancora in fase sperimentale, ma rappresenta comunque un’importante base scientifica per future evoluzioni delle ricerche in questo campo. In fondo, hanno detto, si tratta solo di un’eccessiva produzione di perossido di idrogeno (la comune acqua ossigenata) da parte dei follicoli. L’augurio che ci facciamo è che la soluzione proposta non sia quella di tamponarli con… l’ovatta sterile!
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ormandia. Regione a Nord della Francia. Tra i tanti luoghi belli da visitare c’è una elegante e raffinata cittadina che si chiama Eu. Fino qui nulla di male ma la cosa curiosa è che da quando esiste la rete questa cittadina ha visto crollare di colpo il flusso turistico. Motivo? Semplice, tutti i motori di ricerca non riescono più a trovarla poiché inserendo le due lettere del nome della piccola città, Eu, la rete risponde esclusivamente trovando link della Comunità Europea. Il sindaco propone di cambiare nome alla cittadina, gli abitanti, invece, sono di parere opposto. Non sappiamo come si risolverà la questione, di sicuro, agli 8.000 abitanti di Eu, l’Europa proprio non è piaciuta.
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«FINCHÈ UN’ILLUSIONE NON È RICONOSCIUTA COME UN ERRORE, IL SUO VALORE È ESATTAMENTE EQUIVALENTE A QUELLO DI UNA REALTÀ. MA UNA VOLTA RICONOSCIUTA L’ILLUSIONE COME TALE, ESSA NON È PIÙ UN’ILLUSIONE. È DUNQUE IL CONCETTO STESSO DI ILLUSIONE, ED ESSO SOLO, A ESSERE UN’ILLUSIONE» foto: Vittorio Galasso
(J. BAUDRILLARD)
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foto: Vittorio Galasso
La maschera. Il segreto della sua identificazione è lungo quanto quello della storia dell’uomo. Solo un’analisi etimologica della parola ci può svelare un primo indizio di significato. “Maschera” è parola latina che traduceva il concetto di persona. L’etimo ci racconta, quindi, di una vera e propria identità, diversa e nuova, che si manifestava attraverso l’individuo deputato ad indossarla. Le parole hanno la loro importanza perché ci raccontano il senso delle cose; e oggi questo senso purtroppo è cambiato. Oggi la maschera richiama al senso del falso, dell’apparenza, del trucco, dello scherzo. Ci si maschera per nascondersi e non per mostrarsi. E qui sta tutta la differenza.
Gli sciamani (per noi semplici stregoni) che mediavano il terreno e l’ultraterreno, indossavano una maschera per incontrare il loro dio. In questo viaggio lo sciamano acquisiva un’altra identità. Egli abbandonava il suo corpo per abbracciare quello cosmico e immanente degli spiriti divini, ai quali doveva mostrarsi come entità nuova e superiore a quella di uomo. La maschera ha così uno straordinario potere e significato, non è un oggetto, è un’identità. E’ un mezzo di comunicazione che salva la comunità dall’ira divina e permette, a colui che la indossa, di mediare la vita terrena, la malattia, un lutto, il raccolto, con le volontà celesti. La modernità ha smesso di guardare al cielo e ha disegnato
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per tutti noi un orizzonte colorato solo di ragione. Non abbiamo bisogno di mediare nulla con nessuno, se non con noi stessi. La ragione, o meglio la razionalità, è il metro di misura per ogni cosa. E la maschera, così, torna nella dimensione del semplice oggetto. Semplice ornamento decorativo. Limitato strumento teatrale. Oggetto di consumo carnevalesco. La maschera ha perso il suo straordinario valore semanticoesistenziale. Non è più mezzo di comunicazione, ma al massimo di rappresentazione. E quando si va in scena è bene indossare la maschera giusta, non si sa mai. La scena, come racconta il sociologo Erwing Goffman nel suo celebre saggio “La vita quotidia-
cologo, dallo psichiatra, dallo psicoterapeuta, dal mediatore familiare. Bisogna recuperare la propria identità, che poi è quella riconosciuta da tutti. Non ci si può permettere di essere altro. Non ci si può permettere di essere veri. Guai se accadesse, si è fuori scena (direbbe sempre Goffman), senza luci, senza pubblico, senza applausi. Senza riconoscimento. Grande interprete della Persona (in tutte le sue sfaccettature), Luigi Pirandello nel suo bellissimo saggio “L’Umorismo” così racconta l’uomo: «Oggi siamo, domani no. […] Maschere, maschere… Un soffio e passano, per dar posto ad altre. […] Ciascuno si racconcia la maschera come può – la maschera esteriore. Perché dentro di noi c’è l’altra, che spesso non s’accorda con quella di fuori. E niente è vero! Vero il mare, sì, vera la montagna; vero il sasso, vero un filo d’erba; ma l’uomo?
Sempre mascherato, senza volerlo, senza saperlo, di quella tal cosa ch’egli in buona fede si figura d’essere: bello, buono, grazioso, generoso, infelice, ecc... E questo fa tanto ridere a pensarci». Come percepire l’essenza vera della vita? E dove, soprattutto? Io non ho parole adatte per suggerirlo. Le ho trovate, però, ancora nel saggio del drammaturgo agrigentino. «In certi momenti di silenzio interiore, in cui l’anima nostra si spoglia di tutte le finzioni abituali, e gli occhi nostri diventano più acuti e penetranti, noi vediamo noi stessi nella vita, e in se stessa la vita quasi in una nudità arida, inquietante; ci sentiamo assaltare da una strana impressione, come se, in un baleno, ci si chiarisse una realtà diversa da quella che normalmente percepiamo, una realtà vivente oltre la vista umana, fuori dalle forme dell’umana ragione». Nicola Pace
foto: Vittorio Galasso
na come rappresentazione”, è la società moderna. Il mondo, insomma, altro non è che un gigantesco palcoscenico con il suo pubblico, le sue quinte, i suoi attori, le sue comparse, il suo fuoriscena, la sua ribalta ecc..., in cui la società “democratica” ci rinchiude. Ad ognuno il proprio ruolo correlato al proprio contesto, senza quasi mai la possibilità di scegliere. Guai a tradire il ruolo, guai a lasciare la scena. In questo reale obbligato ogni essere umano si illude di vivere un’esistenza autentica, vera; invece a mala pena riesce a rendersi conto del suo status di piccola marionetta smarrita. Il nostro riferimento, così, diventa la società all’interno della quale viviamo ed esistiamo solamente perché impersoniamo un ruolo sviluppato attraverso i metodi addestrativi della morale, dell’educazione, del conformismo, che modellano maschere e impongono identità. Il bisogno di vita, in quest’epoca soffocante, è spasmodico, ci illudiamo di vivere semplicemente perché vediamo la nostra maschera, mai voluta ma ormai gradita, socialmente riconosciuta e accettata. Pur di giustificare la propria esistenza, cioè la propria identità, si è pronti a giocare al come tu mi vuoi, a diventare un piccolo attore che, incapace di togliere la propria maschera, si affanna ad interpretare tutti i ruoli che la società gli assegna. Bello. Veramente bello. Siamo al punto di non poter nemmeno scegliere quale maschera indossare. Ci affanniamo, giorno e notte, e non ci rendiamo conto che l’orizzonte della vita sta ormai scomparendo. E ci spaventiamo quando qualcuno ci osserva e ci dice: “sembravi proprio un’altra persona!”. Allora via a correre dallo psi-
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C’era una volta il parlamento. No, non è l’incipit di una favola. Per cui non aspettatevi il lieto fine. All’articolo 70 della nostra straordinaria (ma inapplicata costituzione) si legge: “La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere.” Dunque, Senatori e Deputati, sono preposti, nelle rispettive camere, a redigere e a discutere le leggi che devono regolamentare e governare la nostra nazione. Tutto liscio. Almeno all’apparenza. Almeno in TV. La realtà, purtroppo, è un’altra. Ed è una realtà che con diversi usi (e abusi) si protrae ormai da diverse legislature. Insomma in quest’epoca di apparenze e trasformismi, senza che nessuno se ne accorga, hanno trasformato il nostro bel Parlamento da luogo deputato alla formazione delle leggi a semplice tribuna in cui si discute male e sempre meno. Ottimo, invece, per portare champagne e mortadelle. Striscioni e cocaina. Star della Tv e amici di famiglia. A che serve discutere le leggi se le può fare direttamente il governo? A che servono ore e ore di lettura e votazioni se ci sono le commissioni? A che serve lavorare se basta votare la fiducia ad un pacchetto di decreti? In Italia si vive nell’ordine dell’urgenza, sempre. E perciò tutto è concesso. Si sfornano Decreti Legge come rosette dal fornaio. Caldi e pronti tutti i giorni. Una legge? Perché mai se la può scrivere chiunque come e quando vuole. Poi con la scusa dell’urgenza portarla in Parlamento e farla votare. Tanto la maggioranza c’è.
Tanto la maggioranza è compatta. Se poi c’è un problema di Costituzione, cambiamo anche quella. Alla base rimangono gli uomini. E soprattutto i loro ruoli e le loro funzioni. Il deputato, per esempio, è un semplice, e meccanico, strumento di esecuzione di imperativi dettati dai vertici politici del suo partito. Questa nuova architettura modifica anche il Parlamento che così si svuota della sua funzione dialettica e assume le sembianze di un grigio luogo di incontro per delegati di partito. Da corpo che discute secondo le problematiche e le istanze di diverso orientamento politico a semplice organo che dimostra, e che dimostra semplicemente le decisioni in precedenza già prese altrove. Un grande del pensiero contemporaneo, Jürgen Habermas, in un suo saggio così liquida la questione: «Il parlamento che era un’assemblea di uomini saggi, scelti
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come personalità singole fra strati privilegiati che cercavano di convincersi l’un l’altro per mezzo di argomentazioni nel corso di pubbliche discussioni, nella convinzione che le decisioni prese dalla maggioranza fosse il giusto e il vero per il bene della nazione, diventa una pubblica tribuna, dalla quale, davanti a tutto il popolo che partecipa a questa dimensione pubblica specialmente per mezzo della radio e della televisione, il governo e i partiti che lo appoggiano difendono ed espongono al popolo la loro politica, mentre l’opposizione, con la stessa franchezza, attacca questa politica e sviluppa le sue alternative». Alle volontà di pochi (e a volte di uno solo) è assoggettato l’intero Parlamento, al quale la moderna Democrazia ha consegnato un compito impegnativo: una precisa e ordinata documentazione. Ve lo avevo detto che non c’era il lieto fine. Nicola Pace
L’APPARIRE E L’ESSERE NEL MONDO "LIQUIDO - MODERNO". BAUMAN PERMETTENDO.
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ironzolando tra i negozi del centro commerciale di Cinecittà Due, la prima deduzione apparentemente sconvolgente, è stata che le giovanissime speranze romane sono abbastanza simili alle giovanissime speranze lucane (in generale). Tutti belli incastonati in qualche etichetta che può sensibilmente variare dal punkettone all’intellettualoide, dal rastaman alla
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tristezza della ragazzina dark! Ma fin qui siamo ancora nella sterile etichetta dell’apparire… e ho scritto apparentemente sconvolgente perché internet arriva pure giù in Basilicata! Oggi, rispetto al passato, si tende molto più ad apparire, in Basilicata come nel Lazio, per ipocrisia o per timore. Molti celano il proprio Essere per paura del giudizio (il pas-
satempo più in auge dal primo secolo dopo Cristo) e la gente si crea un Io Apparente. Ritornando al centro commerciale, mi è capitato di ascoltare tra la gente frasi qua e là che hanno attirato la mia attenzione. Ho sentito dei commenti su delle certe Hogan. Orbene, 'ste Hogan sono oggettivamente brutte. E sfido chiunque a darmi torto! Mi è capitato d’ascoltare questa frase che trascrivo in romanesco: «Ah bella, saranno pure brutte ma se portano! secondo me te le devi fà!». Pensiamoci un attimo. Fermatevi. Analizzate. La risposta corretta è: ma anche no! Ma insomma? Siamo diventati così disgraziati che ci facciamo persuadere così facilmente? «Se portano?». Ci vestiamo con abiti ed accessori brutti perché si portano? Siamo così mediocri? E il libero arbitrio? È facile rendersi conto che in una società dei consumi “Liquido–moderna”, come avrebbe detto un caro signore di nome Zygmunt Bauman, non c’è più spazio per l’Io e il Tu. Il mercato non lo prevede, non può prevederlo. È una questione di marketing. Siamo tutti alla ricerca di qualcuno da imitare perché è sconvolgentemente lineare percepire che l’Apparire è molto più facile dell’Essere. L’Essere prevede il mettersi in gioco, presuppone una sfida dalla quale non sempre si esce vincitore, mentre l’Apparire è facilissimo, quasi patetico. Ormai l’identità nel senso più alto che si possa dare a questo
termine, è diventata come un vestito che si usa finché serve, una veste politica, religiosa o nazionale risulta precaria e versatile come tutto nella nostra vita (che rimane pur sempre, Bauman permettendo, liquido-moderna). Si è o si diventa qualcuno perché lo si desidera: una scarpa dai lineamenti e dalle forme opinabili non può certo essere un desiderio! È solo un modo per dimostrare alla gente che ci siamo! È un modo, squallido, per apparire. In una società che c’impone (ci facciamo imporre) standard estetici e morali per venderci un prodotto, (quanti di noi non hanno i Ray Ban?... Appunto!) succede anche troppo spesso di proiettare questi modelli eteroindotti sulla realtà di tutti i giorni e ciò che è peggio, arriviamo a convincerci di provare attrazione per qualcuno o qualcosa (tipo le Hogan) che magari corrispondono anche ai nostri canoni (scarpe) ma che con noi non ci azzeccano niente! Ma siamo davvero così? Non sappiamo più crearci una nostra identità e ci serviamo delle mode per crearcene una? «Con me non devi essere niente» urla il cantate de Le luci della centrale elettrica. Questa banalissima frase esprime chiaramente una realtà del mondo d’oggi: dobbiamo sempre essere qualcosa (e non qualcuno), presuppone che non siamo, presuppone che non sappiamo essere. In chiusura, confido tuttavia nella nostra umana solidarietà, perché non è certo per come si appare agli occhi del mondo che ci si costruisce la felicità… che ne dite, magari Ray Ban e Hogan permettendo? ... ai posteri l’ardua sentenza! Leonarda Sabino
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Genesis P-Orridge (ai tempi degli “Psychic Tv”)
Vi dice qualcosa il nome Throbbing Gristle? Erano gli anni ‘70, esattamente il 1975, quando un gruppo di giovani inglesi spinti dalla passione per le sperimentazioni musicali (sia quelle “pop” stile Can che minimalistiche alla La Monte Young) decise di metter su un gruppo. In realtà gli stessi avevano già formato in precedenza un collettivo arti-
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stico legato alle performance, i COUM Transmissions, con il quale cercavano di raccogliere l’eredità “dada” per spingerla verso universi (decisamente) più trasgressivi. Ed è così che il 3 settembre 1975 a Londra Genesis P-Orridge, Cosey Fanni Tutti, Chris Carter e Peter Christopherson fondarono i Throbbing Gristle. Un gruppo musicale
molti critici sono stati proprio loro gli inventori del genere). E ancora i primi a unire quasi indissolubilmente musica e performance artistica nei live. Eppure a “godere” di queste trovate sono sempre stati altri (e che altri, però!), da Einsturzende Neubauten, ad Alice Cooper; da Marilyn Manson ai Nine Inch Nails, e così via. I TG si sciolsero nel 1981. Dalle ceneri nacquero gli Psychic Tv (anche loro molto performativi. Me li ricordo attorniati da schermi giganti e monitor accesi molto prima di Zooropa in una esibizione per una trasmissione spagnola degli anni 80 insieme a La Fura dels Baus, il gruppo teatrale estremo che poi approdò anche alla
Genesis P-Orridge (oggi)
anomalo, disturbante per scelta, naturalmente dissacrante. Dal vivo finivano sempre per turbare gli spettatori più del dovuto, accompagnando i propri concerti con immagini che alternavano sequenze a luci rosse con scene di campi di concentramento (alla base c’era una precisa volontà di esplorare i lati più oscuri della mente umana). Non era un caso che le loro esibizioni spesso finivano in rissa. Musicalmente riformarono l’universo dei suoni, ma fu quasi una rivoluzione silenziosa. Sembra quasi che non abbiano mai raccolto appieno il frutto delle proprie trovate innovative. Tra i primi ad usare i campionatori. Tra i primissimi a suonare musica industriale (per
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Biennale di Venezia) e in seguito da un costola di questo progetto prenderanno vita i Coil (che il sottoscritto ancora ricorda come uno dei concerti più belli che abbia mai visto, e dire concerto è riduttivo). Ultimamente in Italia si è tornato a parlare dei Throbbing Gristle su più fronti. Il motivo? Genesis P-Orridge (la mente dei TG) è tornato a calpestare i palcoscenici e a Novembre il suo tour ha toccato anche lo Stivale. Una buona occasione per concedere interviste. Ma le foto che accompagnavano i vari articoli, non mostravano la probabile evoluzione del giovanotto new wave-punk degli anni 80, ma una signora over cinquanta con un decoltè che farebbe invidia alla Cristina del Grande Fratello (O.T. - Cristina. Quella signorina rinchiusa nella “casa” di cui ogni giorno il Corriere della Sera reputa faccia qualcosa meritevole di finire sul principale quotidiano nazionale). Infatti il nostro ha portato all’estremo l’idea di performance, finendo per far coincidere in scala uno ad uno l’universo artistico con la vita reale (con buona pace della filosofia dell’ avatar e dell’identità virtuale oggi predominante). Ha creato un mascheramento che iniziato come tale è finito per prendere il sopravvento sulla sua identità reale. Ma andando con ordine. Con la sua seconda moglie Lady Jaye (scomparsa nel 2007) sposata nel 1993, aveva iniziato ad esplorare la modificazione del corpo e la body art con l’idea di arrivare a creare l’essere pandrogino, un ipotetico uomo del futuro che comprende tutte e due i sessi. Non c’è che dire: l’idea teorica da cui partirono i due, si trasformerebbe in una bella pellicola neobarocca in mano a Peter Greenaway. Infatti la coppia aveva esaurito tutte le
Throbbing.Gristle
Genesis P-Orridge (oggi)
maniere possibili per dichiararsi il proprio eterno sentimento. Così decise come estremo atto d’amore di fondersi in un tutt’uno: l’obiettivo era quello di inglobare l’identità di uno nell’altro e viceversa fino a creare un essere totalmente nuovo duplicato in due corpi. Doveva essere qualcosa legato all’arte oltre che alla filosofia, una forma aggiornata di body art. Il primo passo fu iniziare a vestirsi nella stessa maniera. Poi truccarsi identicamente. Poi... forse è scappata la mano. Sta di fatto che da qui alla chirurgia estetica il passo è stato relativamente breve, fino ad arrivare, nel giorno di San Valentino del 2003, all’impianto di un paio di seni artificiali. Per entrambi! A guardarli Genesis P-Orridge e Lady Jaye erano diventati la stessa persona, né uomo né donna, duplicata in due corpi. Una vera e propria performance artistica insuperata. Neanche la francese Orlan era arrivata a tanto (Orlan è famosa per aver trasformato il proprio corpo in uno strumento d’arte su cui interviene chirurgicamente inglobando protesi ed altro sottopelle. Ovviamente le operazioni chirurgiche, che si svolgono in ospedale, vengono riprese in diretta e proiettate in galleria). C’è da chiedersi se un operazione del genere sia da considerarsi a tutti gli effetti solo “arte” o se si è già sconfinati in quella branchia della psicologia vicina ai “disturbi” della personalità. In ogni caso, se negli anni 70 il sogno di Genesis P-Orridge era di partire dal Dada per andare oltre, si può dire che oggi questo desiderio appare pienamente realizzato, con buona pace di Rrose Sélavy, l’alterego femminile di Marcel Duchamp. Massimo Lovisco
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foto: Angela Lioi
IL GIORNALISTA RAI ALFREDO DI GIOVAMPAOLO CI RACCONTA DELLA SUA ESPERIENZA PROFESSIONALE E DEL SUO AMORE PER LA LUCANIA In questo nuovo spazio all’interno del laboratorio editoriale di Brek, vogliamo regalare ai nostri lettori una chiacchierata con un professionista della comunicazione giornalistica, Alfredo Di Giovampaolo. Attraverso una serie di botta e risposta, siamo andati alla ricerca di una esperienza di vita, di spunti e di riflessioni sulla realtà che ci circonda, vista attraverso gli occhi attenti e curiosi di un giornalista della nostra TGR Rai. Alfredo… in controtendenza con la massa, hai lasciato 15 anni fa la capitale per venire a lavorare in Basilicata. Come mai? E’ una storia lunga. Sai, a volte la vita fa strani scherzi. Per una serie di incontri casuali, insieme ad altre persone, feci un viaggio in Basilicata, a Melfi, per valutare l'ipotesi di aprire un laboratorio teatrale. Non avevamo mai messo piede in questa terra, che trovammo molto bella e affascinante, al punto di decidere di restare. Costituimmo una associazione culturale - che ormai è diventata una realtà consolidata in Basilicata - e ci rendemmo subito conto della ricchezza di capitale umano presente in questa regione. Evitare che questo capitale prendesse altre strade, fu uno dei nostri obiettivi. E la tua carriera giornalistica? A Roma già lavoravo come giornalista professionista, dopo una lunga gavetta in vari quotidiani e tv private. Quando arrivai in Basilicata, in realtà avevo deciso di abbandonare la carriera giornalistica: troppe delusioni, inevitabili nella vita, ma ero un po' stanco. Ma questo è il mestiere che ho scelto da bambino e il richiamo fu troppo forte: anche qui ho ricominciato a scrivere per varie testate nazionali e regionali: il Corriere dello Sport, il Corriere del Giorno, La Gazzetta del Mezzogiorno. Poi, una breve esperienza come direttore del Tg di Teleregione che è durata solo pochi mesi. La tv dichiarò fallimento e fu chiusa: una sorte comune a molte esperienze di tv private in Basilicata. Finché Renato Cantore - neo caporedattore della Tgr Rai della Basilicata - non mi chiamò per un contratto a tempo determinato per la
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rubrica sportiva: ero l’unico giornalista professionista iscritto alle liste di disoccupazione della regione. Quando si dice nel posto giusto, al momento giusto! Così, ho iniziato a collaborare con la Rai e dopo sette anni di contratti a tempo indeterminato, sono stato assunto. Da buon giornalista che fotografa la realtà, come definiresti la nostra terra? Intanto, questa ormai è un po’ anche la mia terra, c'è tanta Basilicata dentro di me! Per me è stata una scoperta meravigliosa, perché venivo dalla metropoli, dal caos, dal traffico, dai palazzi e ho scoperto che c’è un altro modo di vivere… ed è un bel modo di vivere. Non a caso, io abito in una casetta nel bosco ed evito accuratamente la città con la sua confusione. Parlando di qualità della vita, per me la scelta di vivere qui è stata molto positiva. Probabilmente prima o poi tornerò nella mia città, dove vive la mia famiglia, ma non sarà facile lasciare questa bellissima terra. Qual è la tua idea su una regione così piena di ricchezze ambientali e di petrolio, eppur molto povera? Io penso che negli ultimi quindici anni lo sviluppo di questa regione sia stato troppo orientato verso l'industria. Non so se sia stata una scelta giusta: proviamo a immaginare cosa succederebbe se oggi la Fiat chiudesse. Mezza regione si paralizzerebbe, si perderebbero migliaia di posti di lavoro. Non credo che sia un rischio imminente, ma di sicuro hanno già chiuso molte altre industrie e altre sono in crisi. Forse, si sarebbe dovuto puntare anche su altre risorse, più legate al territorio. Intanto, perché non è possibile offrire ai giovani lucani, come unica prospettiva, quella di diventare operai. Poi perché ci sono altre ricchezze - come l’ambiente, la cultura, l'archeologia e quindi il turismo - che ancora non sono state trasformate in occasione di sviluppo. I soldi del petrolio - con una migliore programmazione e con qualche buona idea - potrebbero essere investiti meglio. Basilicata patria delle intercettazioni… Io penso che le intercettazioni siano utili ai magistrati per scoprire i criminali. Ritengo anche che, se un giornalista venisse in possesso delle intercettazioni, avrebbe il dovere di pubblicare tutto ciò che abbia una rilevanza sociale e pubblica. Non mi interessano gli aspetti pruriginosi e voyeuristici delle intercettazioni. Ma credo che i cittadini abbiano il diritto di sapere da chi sono governati o amministrati. Il dovere dei giornalisti è informarli anche su questo. Cosa ti ha dato e cosa ti ha tolto la vita in Basilicata? Certo mi sono mancati gli affetti familiari e in al-
cuni momenti avere i propri cari vicino aiuta molto. Ma la vita qui in Basilicata non mi ha tolto nulla. Io lavoro nel Tg regionale della Rai e sono sempre più convinto dell’importanza dell’informazione regionale, soprattutto nell’era di Internet. Oggi anche l’informazione è globalizzata: basta accendere il computer e si sa anche cosa ha mangiato Obama nella cerimonia di insediamento alla Casa Bianca e semmai non sai cosa succede a Grumento. Quello che manca ancora, secondo me, è un nuovo linguaggio giornalistico adatto ai nuovi mezzi di cui disponiamo. La rete impone un rapido cambiamento dei linguaggi della comunicazione e credo che i giornalisti debbano studiarli di più, comprenderli e farli propri. Per questo ho deciso anche di aprirmi un blog e confrontarmi con i nuovi media. Ma anche per confrontarmi con i lettori, i telespettatori, che sono sempre dall'altra parte a ricevere la nostra informazione senza poter mai esprimere il loro giudizio. Per tornare alla domanda: questo percorso di ricerca, oggi, si può fare in Basilicata, come a Roma, come a New York. Il trasformismo, caratteristica centrale e divertente del carnevale, è un fenomeno che investe anche la politica… una tua opinione? Secondo me i politici che passano da uno schieramento all’altro, dovrebbero decadere dalla carica. Sono abituato a votare per un progetto politico, per un partito, che più di altri mi convince con le sue idee, i suoi valori e le sue proposte, e voto i candidati di quel partito, convinto che condividano quel progetto, non perché mi sono simpatici. Cambiare posizione vuol dire tradire i cittadini che ti hanno votato. Non mi piace il voto dato al singolo. Appena arrivato in Basilicata, quindici anni fa, rimasi sconvolto dal fatto che alle politiche del 1994, a Melfi si votasse Forza Italia alla Camera (dove era candidato Nicola Pagliuca) e il Pds al Senato, (dove si presentava Vito Gruosso). Per me era inconcepibile. Qual è la maschera che Alfredo Di Giovampaolo indosserebbe per rappresentarsi nel 2009? Il mio supereroe preferito è sempre stato Devil, l'alter ego dell'avvocato Matt Murdoc che - dopo aver perso la vista e la famiglia, per colpa di un criminale - decide di diventare il paladino della giustizia e il difensore dei più deboli. Ma in questo momento storico così delicato, la maschera che mi piacerebbe indossare è quella di Obama. Uno che oggi parla di pace, solidarietà, rispetto delle differenze, è sicuramente un rivoluzionario. Confido molto nella sua svolta e spero che si faccia sentire un po' anche da noi. Rossella Sagarese
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tel: 0971.36703/21184 fax: 0971 25938 mail: info@brekmagazine.it 24 www.myspace.com/brekmagazine
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ssere o apparire? 1998: il cinema trova una soluzione a questo eterno duali-
smo. Infatti, in quest’anno, il regista australiano, Peter Weir (per chi non lo sapesse già autore dell’Attimo Fuggente), realizza The Truman Show. Già nel titolo
si può leggere una forte ambiguità. Non a caso risulta subito evidente che la parola “Truman” (nome del protagonista) è composta da due termini, “tru” e “man”. “Tru” (abbreviazione dell’inglese “true” che significa “vero”) sta per “verità” e “man” sta per
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“uomo” (sempre dall’inglese). Da ciò si ha che “Truman” diventa “l’uomo verità” e quindi l’intero titolo, tradotto secondo questo schema, risulta essere Lo spettacolo dell’uomo verità. A questo punto l’ambiguità è palese in quanto il titolo esprime una contraddizione in termini.
Infatti è risaputo che lo spettacolo è una forma di costruzione basata sulla finzione e che quindi ha insito in sé il germe del falso. Al contrario il concetto di “uomo verità”, rafforzando già di per se il grado di vero presente nella “esperienza reale” di ogni uomo, non fa altro che affermare un forte principio di realismo. Tutto ciò può essere maggiormente compreso conoscendo di cosa parla il film. Si racconta la storia di Truman Burbank (interpretato da uno straordinario Jim Carrey), uomo come tutti gli altri che però vive, fin dalla sua nascita, ripreso dalle telecamere, in una città, Seahaven, che in realtà è un enorme set televisivo dove tutte le persone che incontra, compresi sua moglie, Meryl, e il suo migliore amico, Marlon, sono attori. Lui vive all’insaputa di ciò convinto che tutto questo sia il mondo reale, mentre dall’alto Christof (chiara allusione a Cristo), ideatore di questo megareality show, controlla, induce e manovra ogni sua azione. Ad un tratto, però, emerge in Truman il seme del dubbio, si inizierà a chiedere se il suo mondo sia reale o meno. Sembra chiaro che in questa vicenda i due piani, quello dell’essere e dell’apparire, si sovrappongono. Infatti Truman è “essere” quando vive la sua vita come vera e reale, mentre è allo stesso tempo “apparire” per il semplice fatto che le sue azioni sono alla mercè di milioni di spettatori ed anche e soprattutto perché sono indotte da chi dirige questo enorme spettacolo. Al contempo, Christof, il Demiurgo che plasma la vita del protagonista, vive della vita di Truman, il suo essere si identifica totalmente con l’essere-apparire di quest’ultimo. Come dicevamo all’inizio, tutto questo può rappresentare una soluzione del contrasto essereapparire. Soluzione riconoscibi-
le in quello che al giorno d’oggi sembra più vicino all’esempio di questo film, i reality show. Ma possono veramente i reality show essere la soluzione di questo dualismo che da millenni fa interrogare il pensiero umano? Possono veramente i reality show essere la più alta espressione di realtà? La risposta viene da sé. Essi sono solamente un surrogato e un duplicato distorto del reale, dove ogni azione dell’umano è indotta dal Christof di turno e dove l’essere e l’ap-
distinti. Viaggiano su binari diversi ma paralleli, non possono combinarsi l’uno con l’altro ma a tratti solo toccarsi. Infatti l’apparire è un fattore sempre relativo e condizionato da altro, altro che sempre più spesso proviene dall’esterno e sempre meno dall’essere stesso della persona. Al contrario l’essere è un fattore puro non condizionato, in poche parole è l’essenza del singolo uomo (parafrasando Parmenide: ogni uomo è in un certo modo e non può non es-
parire sembrano fondersi ma in realtà sono solamente eliminati poiché la persona ingabbiata in tale sistema non è altro che un burattino nelle mani del grande occhio che tutto vede e tutto muove. Cade in questo modo anche la teoria secondo cui questi “spettacoli della verità” sono lo specchio e il filtro attraverso cui osservare, analizzare e studiare la società contemporanea, poiché, ovviamente, non si può mai trattare di uno specchio efficace e vero dato che gli uomini visionati sono condizionati in tutto ciò che fanno. A questo punto è evidente che la parola soluzione utilizzata all’inizio, è usata solo in modo squisitamente provocatorio. La soluzione al grande dilemma essere-apparire non può esserci e nè tanto meno la soluzione possono essere i reality show o tutto ciò che c’è di affine a questi. Essere e apparire sono e resteranno due termni
sere in quel certo modo). Allora se soluzione non esiste, può però esserci un rimedio, rimedio che ci suggerisce lo stesso protagonista quando rivolgendosi a Christof afferma che lui, Truman, non ha una telecamera nella testa. Infatti la testa è il luogo più intimo e segreto di ogni individuo dove nessuno può scrutare e nessun “occhio” può entrare. Se a nessuno si permetterà di penetrare nei propri pensieri, solo allora, come Truman, si scoprirà il “vero” mondo, la bellezza di “essere” e la fragilità dell’apparire, e si capirà che in questo nuovo mondo ognuno è il solo attore e regista di sè stesso. In questo modo i vari “grandi fratelli” sparsi qua e là, come Christof fa alla fine del film, si dispereranno. Non importa. La loro disperazione varrà la nostra meraviglia.
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Davide Galasso
David Jones era un giovane londinese dai capelli lunghi e un solo occhio azzurro. L’altro, apparentemente verde per via di una dilatazione alla pupilla, non gli permetteva di guardare in profondità. Era così superficiale che quando un insegnante gli chiese cosa avrebbe voluto fare da grande, rispose: ”Voglio diventare l’ELVIS britannico”. Amava il jazz, il rock, suonava il
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sassofono e aveva scritto anche una canzone folk. Inseguiva maledettamente il successo. Era ribelle ma non più di altri. Prima del crepuscolo, il 3 luglio del 1973 si recò al 45 di Queen Caroline Street, nel quartiere di Hammersmith, a ridosso del Tamigi. Migliaia di persone erano lì in fila, per assistere al concerto di Ziggy Stardust and The Spiders of Mars. Lo stesso valeva per l’ambizio-
L’alieno dalla fronte bagnata d’argento accende una sigaretta e inizia a intonare “Rock’n roll suicide” l’ultimo brano dello spettacolo. Trasognanti ed ebbri, gli spettatori si dimenano leggeri. “… non importa cosa o chi sei stato. Non importa quando o dove hai visto. Tutti i coltelli sembrano lacerarti il cervello. Prenderò la mia parte, ti aiuterò col dolore. Non sei solo. Apriti con me e non sei solo. Apriti con me e non sei solo. Apriti e non essere solo”. so Jones. Abbandonato l’idolo di Memphis, disilluso e disorientato dagli ultimi echi della swinging london, David aveva una sola aspirazione: assomigliare a Ziggy Stardust. Emaciato, pallido, si disegnava la bocca col rossetto, truccava gli occhi, provava a imitare quella voce inconfondibile. Sapeva di apparire come una sgualdrina stridula e priva di grazia ma tanta era l’attrazione per la stella glam del rock, che poco gli importava di essere chiamato checca. Al contrario Stardust, ambiguo, giocava con la propria sessualità e non sembrava una meretrice del Whitechapel. Era androgino, magrissimo e bianco di polvere di luna, aveva lo sguardo vitreo di un alieno: un alieno caduto sulla Terra. Finalmente si aprono i cancelli dell’Odeon theatre. La folla invoca l’uomo venuto dallo spazio. Clamori, urla vicine all’ansimare, calpestio di voci. David conquista le prime file: vuole avvicinarsi al divo. Clamori, urla ansimanti, voci calpestate. Appare Ziggy. Glitters, piume, l’abito si fa costume, lo straniero siderale
brilla, il suo corpo è maschera, indossa un‘epoca, un‘epoca che non è ancora arrivata. Ha i gesti di un mimo, le movenze da prima donna di Broadway. Finge melodrammatico, plastico, si eccita e ammalia la folla accesa e sfuocata. Abbaglia, acceca il giovane David che pende dalle sue labbra lucide ma che non può ammirarlo al meglio per via di quell’occhio. Struggente e aggressivo, Stardust canta la propria storia, la illustra con la danza ma qui Dioniso si trasforma: non è più capro; non abbonda ma eccede, non porta il rude tirso ma uno sfarzoso scettro, ha capelli rossi di carota e canini da vampiro. David vorrebbe che quel momento non finisse mai, si abbandona al crescendo, stringe e coccola quei suoni ovattati e acidi, sul palco vede se stesso, su quel palco sarebbe se stesso. Vorrebbe rubare le trasgressioni di Ziggy, la sua anima dissacrante, il suo carisma, vorrebbe tutta quella folla, vorrebbe un’altra vanità. Dopo l’elogio spregiudicato alle donne - da una botta e via - di “Suffragette City”, le luci diventano viola tramonto.
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Ziggy STURDUST, luccicante e stremato va verso il pubblico: “Dammi le tue mani perché sei meraviglioso. Oh dammi le tue mani”. Vuole afferrare tutto, custodire il sentimento estremo in una bolla di cristallo, regalare a tutti la fine dei colori, la fragilità della verità, la durezza della realtà. David lo guarda. Ziggy è il suo ritratto, la sublimazione della sua aspirazione estetica, non è un rovesciamento carnevalesco, è Brevità, è Immortalità. La tela si squarcia, la cornice di lustrini e petali di rose si distrugge. Facendo l’amore col suo ego Ziggy fu risucchiato nella sua mente come un messia lebbroso e David Jones non volle più essere Ziggy Stardust. La cenere di stelle scese dai cieli. Berlino: capitalismo, socialismo; astronauti, cosmonauti; glam, folk. Elvis stava morendo e David Jones poteva finalmente vestirsi di Bianco. Sybil Rain
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ntrando nella boutique della stilista meneghina Nadia Giani, si respira un’aria amichevole. Le tinte calde del rosa e del lilla ti fanno sentire parte di un ambiente totalmente fantastico, dove tristezza e problemi non sono all’ordine del giorno. L’immagine è quella di uno store e di una collezione senza tempo: echeggiano i fiori sixty e l’eleganza rigorosa stile mrs. Robinson; abiti, gonne e tailleur attirano la nostra attenzione, ricordandoci quali sono i capi che ogni donna dovrebbe avere nel proprio armadio. Tutto questo è Nadia Giani, stilista ma prima di tutto donna e mamma. É lei da 5 anni la stilista che è nel cuore di quella Milano alta e intellettuale: donne forti, belle e benestanti che non amano le griffe ma amano l’esclusivo e il fatto su misura, donne che amano tutto quello che non sia massa, ma che amano la ricerca e l’esclusività delle collezioni limitate. Una realtà piccola ma consolidata, un marchio fresco ed elegante, uno stile di vita creato esclusivamente per le donne. Ho incontrato Nadia Giani all’interno della sua boutique-laboratorio in Porta Romana e chiacchierare con lei è stato un piacevole diversivo a ciò che sono le leggi che molti dettano nella moda; in realtà qui non ci sono mode, ma c’è solo stile, non ci sono tendenze da seguire ma solo abiti da amare. La stessa stilista, si mostra nell’essenza delle sue collezioni, vestita in modo femminile perché come ama dire lei “è arrivato il tempo in cui le donne ritornino ad essere donne”.
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Da qui parte la nostra intervista, tra thè aromatici e biscotti, davanti al camino del salottino della boutique, mentre la Milano fuori si affanna sotto la pioggia.
La moda. Come può spiegare questa sua passione? Era nel mio destino. Sono cresciuta circondata da qualsiasi forma d’arte. La mia famiglia mi ha insegnato ad amare tutto ciò che è bello: mio padre, collezionista d’arte, mi ha educata ad osservare e mia madre, donna glam, mi ha dato lezioni di stile. Lei è a capo di un marchio, elegante e sofisticato, ma assolutamente al di fuori di ogni moda. Come mai ha fatto questa scelta? Credo che la parola “moda” sia abusata. Moda è arte. É un mestiere non una tendenza. Per me è solo eleganza. I leggings non erano eleganti negli anni ottanta e non lo sono neanche ora. Da dove prende le sue ispirazioni? Osservare è la mia ispirazione: una mostra, il chiosco dei fiori, i colori di un luogo dove sono stata in vacanza, un libro. Qual è la sua donna ideale? La mia donna è intelligente, colta, simpatica, educata e con una chiara percezione di sé. Quali saranno i suoi pezzi forti per la prossima primavera estate? Gli abiti sono il pezzo forte di tutte le mie collezioni. Per la primavera estate prossima saranno
molto Bon Ton e richiameranno gli anni 50 e 60. I colori: arancio, rosa, bianco e verde. La moda è solo un modo per apparire e per mostrarsi agli altri o è anche un modo di essere, un mezzo attraverso cui esprimere se stessi e magari anche le proprie emozioni? Mostrarsi e apparire sono difetti per persone fragili e insicure. Vestirci con qualcosa che esalta la nostra personalità ci rende irripetibili, glamour ed eleganti. Chi è moda adesso? Sicuramente e indiscutibilmente Michelle Obama. Questa crisi sta purtroppo colpendo anche il suo settore, secondo lei chi sopravviverà? Questa crisi la accetto e la rispetto perchè ripulirà il sistema del tessile da tutti quei “marchi” che hanno raccontato bugie al mondo. Sopravviveranno gli stilisti che hanno avuto e avranno sempre rispetto dei loro clienti. Obama e la nuova America. Cosa pensa di questo cambiamento storico? Sono molto felice che il Presidente sia Barack Obama e che il popolo americano abbia scelto un uomo di grande valore umano, giovane, onesto, elegante e innamorato della sua donna. Milano, futuro centro dell’EXPO 2015 e capitale della moda italiana. Cosa provoca questa città in lei? Ho sempre amato Milano anche se ultimamente mi trasmette sensazioni negative. È triste, stanca e deprimente. Mi auguro che l’expo 2015 non sia solo un modo per arricchire le solite famiglie intorno a cui gira il sistema milanese. Si parla tanto di cambio generazionale. Secondo lei sono i giovani il futuro o la moda continuerà ad aggrapparsi ai grandi nomi del passato? Io credo e spero che i giovani siano il futuro e non solo nella
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moda. C’è ancora qualcosa da inventare e da scoprire nel suo settore? L’unica cosa da riscoprire è il reale significato di moda. Un abito fatto in Cina o a Napoli a 10 euro non potrà mai essere venduto a 800 solo perché griffato. Si è parlato tanto negli ultimi anni del fashion world. Lei come racconterebbe questo mondo scintillante ed esclusivo, fatto di ricchezza e potere? La moda ha smesso di brillare di luce propria quando ha permesso alla finanza di entrare nel suo ingranaggio. La giusta conseguenza è stata la crisi di entrambi i settori. Scandalo Cocaina Kate. Non è stato l’ultimo nè l’unico negli ultimi 3 anni. Ma come ogni scandalo del mondo della moda, è passato come una meteora. Lei sceglierebbe mai come testimonial per il suo marchio Kate Moss post scandalo? Kate Moss è indubbiamente un’icona di stile a prescindere dal suo “vizio”. Io sceglierei dei modelli di riferimento differenti. Trovo meravigliosa Teresa (comica di Zelig) perchè niente è più sexy della simpatia e dell’intelligenza. Delle droghe, una persona intelligente fa a meno. Lei è mamma di tre figli maschi. Vorrebbe che loro continuassero il suo cammino? Vorrei che i miei figli diventassero degli uomini sereni e liberi. Se continuare il mio cammino potrà aiutarli a esserlo perché non farlo. Cosa si sentirebbe di dire o consigliare ad un ragazzo giovane che vorrebbe intraprendere la sua stessa strada? Vorrei dire loro che non bastano le scuole di moda, ci vogliono talento, passione, sacrificio e disciplina. Andreina Serena Romano
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“… venivano a grandi salti, e urlavano come animali inferociti, esaltandosi delle loro stesse grida. Erano le maschere contadine. Portavano in mano le pelli di pecora secche arrotolate come bastoni, e le bandivano minacciosi, e battevano con esse sulla schiena e sul capo tutti quelli che non si scansavano in tempo…”. - Carlo Levi - “Cristo si è fermato ad Eboli” Il Carnevale è uno dei riti tra i più antichi della storia e del folklore dei popoli e rappresenta un momento di libertà e spensieratezza unito a tradizioni e pratiche propiziatorie. Rappresenta il passaggio dall’inverno alla primavera, prima della Quaresima, momento dedicato alla penitenza per prepararsi alla Pasqua. È da sempre la festa dei più piccoli, ma coinvolge anche gli adulti che sognano di ri-
tornare bambini, schietti e spensierati, approfittando di questi giorni per giustificare l’allegria e le stramberie che raggiungono i livelli massimi nella settimana di chiusura dello stesso. Il Carnevale di San Mauro Forte e quello di Tricarico sono tra i più noti e celebrati della Basilicata e si identificano essenzialmente con la fase iniziale del ciclo carnevalesco, di cui annunciano l’apertura con il suono dei campanacci e altri strumenti a percussione, in concomitanza della ricorrenza di Sant’Antonio Abate protettore della gente povera e dei maiali, che coincide con il 17 gennaio. A San Mauro Forte a dare inizo al rituale sono turbe di contadini avvolti da bianchi cappucci e da lunghi camici bianchi che agitano pesanti campane di mucche. Il Carnevale di Tricarico, invece, è una delle manifestazioni più importanti della Regione che ha sempre suscitato l’interesse
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dei visitatori e di molti illustri studiosi e letterati, tra cui Carlo Levi, Ernesto De Martino e Rocco Scotellaro. Tutto ha inizio all’alba del 17 gennaio, quando la popolazione di Tricarico viene svegliata da un cupo suono di campanacci agitati da figuranti travestiti da vacche, giovenche e da tori governati da un vaccaro, che si radunano presso la chiesa dedicata al Santo per la benedizione. Di qui inizia un “corteo” nel rito della transumanza attraverso le vie del paese. Il rito carnevalesco rappresenta una ricorrenza che lega i giovani alle tradizioni più antiche, unendo trasgressione e identità storica locale. I giovani festeggiano in armonia con gli adulti, perché è proprio in quel giorno che nessun ruolo è predominante e tutti ci sentiamo un po’ bambini. Donato Sabia
LA FALSITÀ DEI RAPPORTI IN RETE È L'OGGETTO DEL TESTO "AMORE LIQUIDO" DI ZYGMUNT BAUMAN
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i sono situazioni in cui l’utilizzo delle maschere è quasi obbligatorio, specialmente se si interpretano i luoghi della comunicazione come mezzi di comunicazione. A questa errata interpretazione si presta particolarmente ciò che in pochi anni ha rivoluzionato il nostro quotidiano, ovvero l’avvento di internet. In particolare la chiave di lettura che Zygmunt Bauman offre nel suo testo “Amore liquido”, è, in alcuni importanti passi, incentrata sulla falsità dei rapporti in rete, luoghi, e non mezzi di comunicazione, ove si finge di essere per rimediare con la quantità e la visibilità virtuale, all’assenza di qualità e reale vicinanza nei
rapporti umani. In questi luoghi di comunicazione si realizza l’incarnazione di una società dove la logica della spettacolarità domina per nascondere la paura della solitudine, la paura di essere scartati, ma grazie alla distanza stabilita dallo schermo, è anche il miglior rimedio dall’invadenza di un rapporto, che diventando troppo stabile, rischia di trasformare la stabilità in soffocamento. La falsità delle relazioni che si stabiliscono viene fuori in un gesto, il semplice cliccare il tasto “cancella” per eliminare un contatto ormai obsoleto, che non dice più niente di nuovo, ma che in verità forse non ha mai comunicato altro che la quantità puramente numerica dei propri amici
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in rete. L’incertezza che domina la nuova tipologia di rapporti che si è venuta ad instaurare è inquadrata, nel testo di Bauman, nel vedere i sentimenti come dei prestiti ipotecari basati sull’incertezza di un futuro che balla sulle sabbie mobili, che non può assicurare stabilità di nessun tipo, e che basa le sue logiche sul consumo, nel trasformare cioè anche i rapporti umani nel gesto di entrare in un supermercato per scegliere i prodotti che più soddisfano, per poi consumarli e disfarsene appena appare sullo scaffale quello nuovo, che già per esserlo attrae di più di quello che già si ha. Andrea Samela
Nella calda e solare Sicilia un merlot di rara bellezza. Agli occhi e al palato. Lungo la Statale 115 che collega la splendida Menfi all’Etna si sviluppa il percorso enologico della maison Planeta. Un progetto, più che una semplice cantina. Rosso rubino intenso. Profumi e sapori distintamente percepibili. Dal ribes alla prugna. Un piacere da condividere con chi ama sorseggiare il vino con pazienza. Magari vicino ad una camino acceso per nascondere il freddo di
quest’inverno. Ancor meglio se a presenziare la tavola ci sono le rossi carni di vitello o quelle saporite del maiale. Un ottimo caciocavallo podolico aiuterebbe a percepire l’ampiezza e la delicatezza di questo magnifico vino. Il merlot di Planeta è all’altezza. Incanterebbe anche i più esigenti senza incidere sul portafoglio. Da bere prima che le giornate si allunghino. Da bere prima che lo bevano gli altri. Nicola Pace
Produttore: Planeta Provenienza: Sicilia Denominazione: Sicilia IGT Varietà: 95% Merlot, 5% Petit Verdot Grado alcolico: 14,2% Bottiglia da: 0,75l Temperatura: Servire ad una temperatura di 14-16° C Prezzo: 18,20 euro Lo trovi su www.r2m.it
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La Città Dei Sassi Premio Letterario - IV Edizione
consegna entro il 30
aprile
Il Premio letterario “La città dei Sassi” di Matera è rivolto ad autori di opere inedite. Esso comprende 3 sezioni a tema libero: narrativa (romanzi o silloge di racconti inediti), poesia (silloge inedita) e saggistica (tesi di laurea/saggi/ricerche). Possono partecipare al Premio, con opere in lingua italiana, autori italiani e non italiani, residenti in Italia e all’estero. www. liberalia.it.
Rassegna di corti La Notte dei Corti Viventi - Matera
consegna entro il 18
marzo
L’iniziativa, giunta ormai alla sua quarta edizione, è nata da un’idea del regista materano Antonio Andrisani. L’organizzazione e la promozione dell’evento è curata dal team di Egghia!, un collettivo di giovani creativi materani che ha l’obiettivo di attirare l’attenzione sul nostro territorio e soprattutto su Matera. Per partecipare basta scaricare il bandosu www.egghia.it.
360° in Arte Concorso per artisti emergenti
consegna entro il 25
aprile
Pisticci. Parte 360° in arte, un progetto culturale ed innovativo, rivolto agli artisti emergenti non ancora inseriti nei circuiti nazionali ed internazionali e non rappresentati da una galleria. Le tematiche centrali del concorso sono l’innovazione e la creatività, argomenti attuali e di eco internazionale già promossi anche dalla Comunità Europea. Bando: www.allelammie.org
Create Tennis Art Concorso per l’Anniversario di Ellesse In occasione dei suoi 50 anni, la Ellesse, una delle aziende italiane sportive più famose ed importanti (sopratutto nel mondo del tennis e dello sport in genere), lancia il concorso Create Tennis Art. Realizza un’operta d’arte o di design per celebrare l’ anniversario. Al vincitore 4.500,00 euro e un biglietto per l’esclusivo party in cui verrà celebrato l’anniversario. Info e bando www.ellesse.com.
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Pisticci aprile
entro il 10
Mostra di Caravaggio Pinacoteca di Brera - Sala XV
Milano marzo
fino al 29
La Pinacoteca di Brera apre le celebrazioni del bicentenario ospitando una mostra (sala XV), in cui sono esposte insieme quattro opere notissime di Caravaggio: la celebre “Cena in Emmaus”, “il Concerto”, “il Ragazzo con canestro di frutta” e, nella sala XIV, il dipinto del maestro di Caravaggio, Simone Peterzano, “Venere e Cupido con due satiri in un paesaggio”.
Shakespeare e Sangue uno Shakespeare contemporaneo
Roma marzo
fino all’8
È in scena all’Accento Teatro uno spettacolo scritto e diretto da Stefano Mondini, interpretato da due cast (uno maschile e uno femminile) che si alternano ogni sera. Shakespeare e sangue nasce dall’esigenza di raccontare la parte oscura dell’animo umano usando le parole del Sommo Maestro, calati però nel mondo d’oggi, in una storia di droga e sangue nella New York contemporanea.
Franco Battiato
Roma marzo
dal 3 al 6
Live in Theatre ‘09 A Roma presso l’Auditorium della Conciliazione, FrancoBattiato presenta Fleurs 2, nuovo capitolo del progetto iniziato nel 1999. Si tratta di una nuova selezione di cover, realizzate dal cantautore con collaborazioni preziose e importanti come quelle di Carmen Consoli, Antony as Antony, Anne Ducros, Sepideh Raissadat, Juri Camisasca.
Vitivinicoltura Irpina Stati Generali del vino in Campania Evento dedicato alla filiera vitivinicola. Oltre alle sessioni scientifiche e di confronto, si terranno infatti degustazioni, mercatini, incontri culturali e dibattiti, che faranno da corollario agli Stati Generali del Vino e coinvolgeranno prima di tutto la cittadinanza irpina nell’importante evento, ma anche tutte le altre province nelle quali il vino riveste un’importanza storica.
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Avellino 6 e7 marzo
Matera in Musica La Stravaganza Del Violoncello
Matera 19 marzo
All’Auditorium Gervasio, alle ore 21.00 grande appuntamento musicale in compagnia dell’Orchestra della Magna Grecia (con Maurizio Dini Ciacci – direttore, Giovanni Sollima – violoncello e le musiche di Haydn e Collima). L’evento fa parte di un vasto programma della stagione “Matera in musica 2008/2009”.
Officina del Circo Il più bello spettacolo del Mondo
Potenza 31 marzo
Al teatro Stabile di Potenza, l’Officina del Circo in collaborazione con Gommalacca teatro presenta “Il più bello spettacolo del mondo” spettacolo di clown, mimo e teatro d’attore con Marianna L’Amico e Carlotta Vitale. Una coppia di clown, una valigia piena di meraviglie e un sogno: quello di fare il più bello spettacolo del mondo. www. officinadelcirco.it
Filmarci Incontro con il cinema d’autore
Avigliano
5 e 12 marzo
Continua l’evento promosso dall’Arci Avigliano in collaborazione con l’Ucca (Unione Circoli Cinematografici Arci) che vede come protagonista il cinema d’autore. Due gli appuntamenti nel mese di marzo: “Centochiodi” di Ermanno Olmi e “Le Conseguenze Dell’Amore”di Paolo Sorrentino (introduce Giacomo Martino, noto critico cinematografico).
L’ultima Radio
Venosa 16 marzo
Tullio Solenghi a Venosa Si viaggia a ritroso nel tempo, attraverso l’Italia degli ultimi 30 anni. Chi di noi non ha dimestichezza quotidiana con la radio? Chi di noi, se ultracinquantenne, non ricorda gli anni in cui questo mezzo di comunicazione fu voce «libera», essenzialmente giovanile? Un personaggio-guida, Tullio Solenghi, per la regia di Marcello Cotugno. Teatro Lovaglio, Venosa.
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foto: Alessandra Carlucci
Parliamo di apparenza e luoghi comuni? Che combo formidabile! Coadiuvata dal buonismo, ci regala una comoda logica di pensiero!... e se io sparassi sulla Croce Rossa, in un certo senso? Se tentassi, seppur con un mero esercizio dialettico di sovvertire uno dei tanti ordini prestabiliti del buon senso comune? Prendiamo come tema portante quello dell’amicizia, che mi auguro tocchi tutti i lettori; ed analizziamo il precetto dei precetti a riguardo: “gli amici si vedono nel momento del bisogno”. Bene! “Tizio, amico mio, avrei bisogno di un prestito di millemila euro, è questione di vita o di morte”. “Oh Caio, caro amico, mi spiace molto, ma non posso aiutarti, non possiedo neanche un centesimo di quella somma!” “Allora lungi da me! Sei un amico snaturato, un essere perverso, un uomo foriero del male supremo!”. Ok, questa era una plateale esagerazione, ma dico io, abbiamo la crisi, le
guerre, uomini bestiali che si rendono colpevoli di misfatti che vanno oltre ogni umana comprensione e decenza a questo mondo... non potremmo cercare di godere di ciò che di bello abbiamo con un pizzico in più di leggerezza? Intendo: aiutarsi è importante, la solidarietà è una cosa estremamente nobilitante, ma non è che gli amici sono meno amici solo perchè non ti aiutano nel momento del bisogno! Possono essere speciali per la maggior parte del tempo che condividete, farvi sognare, divertire, amare e riflettere. Chi si è convinto che gli amici servono principalmente ad asciugare le lacrime? Sono mica dei kleenex eh? Un vero uomo ed una vera donna, dovrebbero vivere il dolore “on their own” per così dire. O al massimo con la propria metà della mela, che si presume debba essere un sostegno in ricchezza e in povertà, in salute
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e in malattia. Amarvi, onorarvi e tutta quella carovana lì insomma. Ma gli amici, per carità, lasciateli godere di voi per il vostro lato più sano, solare e splendente: già questo è un segno di amicizia nei loro confronti. Cosa, non siete d’accordo? Vi ho irritati? Non preoccupatevi, è solo l’impressione. Apparenza, no? Alessandra Carlucci
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i piace guardare la televisione. Nel tempo libero tra Facebook, il calcetto e la musica guardo “Uomini e Donne”. Farei carte false per poter partecipare e al diavolo tutti quelli che lo snobbano. Per me si può trovare l'amore vero. E se ho culo posso fare le serate nelle discoteche a mille euro a botta e senza dire una parola, basta che mi ricordo come mi chiamo. Certo, “se vorrei, qualcosa da dire ce l’avrei”. E poi non è vero che i ragazzi sono tutti uguali (l'equazione muscoli = mancanza di cervello è una propaganda messa in giro da quelli che hanno il fisico di Enrico Fermi, il famoso compositore dell'800 gobbuto e triste, e il cervello di un canarino investito da un'automobile che faceva retromarcia). Il mio idolo è Costantino o Gioacchino o Paolino o Clementino (e tutto quanto fa rima con “ino” e chi pensa alla ministra Carfagna è un cretino). Vado in palestra, mi devo fare il
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fisico per questa estate, il mercoledì vado alla fontana pubblica a lavare la macchina e quando dopo piove bestemmio. Passeggio per il mio paese e muovo le mani come se avessi un cane al guinzaglio che fa pipì dappertutto, mi specchio nelle vetrine e provo le espressioni da fare quando passa la più bella del paese con il suo bel giubbotto viola (l’anno scorso il viola era brutto ma quest’anno va di moda e allora mi piace). É bellissima, mi piace perché è sempre al passo con i tempi e con i colori e presto, ci scommetto, grazie al mio tatuaggio (è un tribale, mi piaceva il disegno), sarà anche a spasso con me. Che me ne importa di quelli che ci chiamano “la generazione vuota”, quelli che dicono che badiamo all'apparenza, non abbiamo appartenenza, solo perché confondiamo un deja-vu con un rendez-vous. Ma la loro è solo invidia. Anche il mio prof che cita Wilde ed i suoi aforismi sulla
stupidità tra una gazzetta e un grappino, in realtà si fa il riporto... quindi anche lui vuole piacere, povero vecchio di 37 anni. Mio fratello mi dice che, quando era piccolo lui, le ragazze d’estate mostravano al massimo una caviglia e quando si faceva educazione fisica avevano certi tutoni che al confronto mia nonna è una ballerina del Bagaglino. Se le piacevi, per il primo bacio ti faceva aspettare anche due mesi. Due mesi?! Non lo sanno, queste sprecone del tempo, che la vita va veloce? Bisogna cambiare subito: occhiali, ragazza, conto in banca... solo la squadra del cuore non si cambia mai. Devi prenderla a morsi questa esistenza, giovani ora o mai più, non hai sentito di quello che è andato in Inghilterra per trovare lavoro, ha lasciato la fidanzata e la famiglia e poi lo hanno ammazzato in un pub con una bottigliata di Guinness in testa? E invece mio fratello si lamenta e pensa al
lavoro che non ha, manda curriculum anche su Plutone e riceve solo indifferenza. Pensa che il lavoro è un riscatto o semplicemente non vuole stare più al gentile ricatto di una vita in famiglia. Vedi, invece, Cristiano Ronaldo è il mio idolo, hai visto che orecchini che ha? Ha distrutto la Ferrari, ma lui se ne può permettere cento. É bello e piace anche alla fidanzata che avrò l’estate prossima (la fidanzata si cambia ogni 3-4 mesi, come lo spazzolino; e se è bona può anche essere inserita nel CV), altro che i calciatori di una volta. Ho visto certe foto… Torricelli, Burnich... sembrava che masticassero e sputassero terra, altro che miele e cera. Ascolto la musica a X Factor, Simona Ventura sì che ne capisce. Ma lei ha fatto la gavetta, si vede cha ha studiato recitazione e canto e sa ballare e sa presentare ed è anche spiritosa. E lancia i cantanti. Ci sta Giusy che è fan-
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tastica, uguale a quella drogata inglese Amy Qualcheccosa. Ma io l’inglese non lo capisco e neanche mi interessa, per diventare bravo non è necessario nemmeno parlare, i discorsi li lascio a chi ha tempo da perdere. Ora basta puntare la telecamera e guardarsi il pacco… o guardare la telecamera e puntare il pacco di qualcun’altro… quest’ultima eventualità se è l’anno che vanno di moda i gay. Insomma basta critiche, del resto anche Romeo diceva “essere o non essere”, ed io, tra l’essere e il non essere, scelgo l’apparire perché l’apparire è essere e l’essere è un sistema di centrali elettriche che... insomma… allora… l’essere è… e non può non essere, la vita è adesso e il cammello va sulla cruna dell’ago di Como che volge a mezzogiorno… Accidenti!! Ma del resto a me la poesia non mi è mai piaciuta, ecco. Gabriel Tripaldi
“IL TED CHE AVREBBE POTUTO VIVERE E IL TED CHE ERA VISSUTO MORIRONO ENTRAMBI IL 24.01.1989” (ANN RULE, THE STRANGER BESIDE ME, 1980). GIUSTIZIATI CON UNA SCARICA ELETTRICA DI OLTRE 2000 VOLT.
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i chiamava Theodore Robert Bundy ed è stato il più affascinante e insospettabile serial killer della storia degli Stati Uniti. Icona della contrapposizione tra l’essere e l’apparire; simbolo dell’incomprensibile complessità della mente; rappresentazione dell’immensa crudeltà che la natura umana può rivelare. Lo sguardo freddo e diabolico, l’aspetto poco rassicurante e i comportamenti inumani e brutali, facilmente associabili ad un uomo colpevole dell’assassinio di circa 30 giovani donne, non gli appartenevano. A dimostrazione che spesso l’apparire non coincide con l’essere, Ted era un giovane di bell’aspetto, dai modi gentili e apparentemente degno di fiducia. Per questo catturava le sue vittime con enorme facilità, spesso di giorno e in luoghi
LIBRO CONSIGLIATO: ANN RULE,”UN ESTRANEO AL MIO FIANCO”, ED. IT. 2002, LONGANESI & C., MILANO
affollati, mostrandosi indifeso e bisognoso d’aiuto. Per questo probabilmente coloro che lo avevano conosciuto come figlio, amico, collega, stentavano a riconoscere in lui quel violento pluriomicida. L’uomo che era stato decorato per aver salvato una bambina di tre anni che stava annegando nel Green Lake ne aveva uccisa una di dodici. Il ragazzo che lavorò alla Crisic Clinic, associaziogne di volontariato per il sostegno alle vittime di stupro e di violenza, era egli stesso uno stupratore. Il figlio affettuoso, lo studente modello, l’inguaribile bugiardo, l’affascinante impostore, il feroce assassino. Quale fosse il suo vero essere l’ha conosciuto per alcuni attimi chi non potrà più ricordarlo. Eppure da studente di psicologia e avvocato di se stesso, Ted
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aveva affermato che nessun segno di pazzia fu evidenziato dai numerosi test a cui era stato sottoposto. Di personalità passivo-aggressiva, probabilmente affetto da disturbo bipolare, forse sociopatico, sicuramente intelligente e controllato, ma non pazzo. Capace di intendere e volere. Furbo al punto di evadere per ben due volte. Arguto e manipolatore tanto da scampare per quasi dieci anni la condanna a morte. Confesserà solo nel suo ultimo giorno di vita, probabilmente non fino in fondo, la malvagità del suo vero essere. “Noi serial killer siamo i vostri figli, i vostri mariti, siamo ovunque.” (Ted Bundy, 23 gennaio 1989). Mai fidarsi delle apparenze. Barbara Lorusso
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TRASFORMA IL TUO PERSONAL COMPUTER CON L'OPEN SOURCE
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ccoci alle solite!!! Anno nuovo… tecnologia nuova!!! Da qualche anno a questa parte con il boom della tecnologia e del web, ognuno di noi si trova di fronte ad una nuova influenza. Non è la classica patologia che manifesta i suoi sintomi alla gola, allo stomaco o altro… questa patologia colpisce direttamente il portafogli e la testa dei consumatori. Ed eccoci lì ad acquistare il prodotto di ultima tendenza (notebook, telefonino, antivirus, pacchetti software per rimanere sempre in uno stato di upgrade, o meglio aggiornati). In alcuni casi ci troviamo costretti ad acquistare nuovi prodotti per necessità, in altri ancora semplicemente per dare al nostro computer un aspetto nuovo con altrettante nuove funzionalità e questo ci costa parecchio soprattutto quando si tratta di software. Ma al contrario di quanto possano pensare in molti, non tutto ha un prezzo in questo confusionario e indecifrabile mondo informatico. Infatti grazie all’avvento del web 2.0 sono sempre di più le applicazioni gratuite disponibili in rete e pronte per il libero utilizzo e che talvolta non hanno
nulla da invidiare ai loro gemelli commerciali. Pertanto vi inizierò a parlare del fantastico mondo dell’OpenSource e del freeware, che vi permetterà di trasformare l’aspetto del vostro pc senza spendere un euro. Tralasciando programmi noti come OpenOffice, la suite gemella dell’Office marchiato Microsoft, che al contrario di quest’ultima è totalmente gratuita, inizierei con il parlare di Photoscape (www. photoscape.org), un photo editing gratuito arrivato alla versione stabile 3.3 con un'interfaccia grafica intuitiva e divertente. Questo software permette di visualizzare, modificare, trasformare, convertire, animare le nostre immagini aggiungendo inoltre una serie di funzionalità davvero utili. Tutto questo in poco meno di 15Mb su disco. Se non potete far a meno di controllare, o connettervi costantemente a servizi quali Gmail, Facebook, Twitter e Meebo!, (solo per citarne alcuni), Prism è quello che stavate cercando: Basato su WebRunner, Prism vi permetterà di creare, partendo da un sito-web, una finta applicazione desktop, rimuovendo dagli occhi
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dell’utente quasi tutta l’interfaccia di navigazione che solitamente è abituato a visualizzare in un comune browser, nascondendo quindi tab, motori di ricerca, addon e toolbar varie. Il link per il download diretto è http:// people.mozilla.com/~mfinkle/ prism/prism-0.8-win32.exe. Per concludere vi voglio segnalare Allplayer (http://www.allplayer. org/it), un ottimo player gratuito per Windows Vista e Xp. Le sue caratteristiche sono davvero sbalorditive. Supporta praticamente tutti i formati audio e video conosciuti, tra cui MKV, DivX, Xvid, Flash, QuickTime, DVD, MP3, FLAC. Integra l’inserimento dei sottotitoli (tramite OpenSubtitle) e la possibilità di ascoltarli. Con la funzione Fullscreen on Desktop” è possibile riprodurre un video come sfondo per il computer. Funziona anche come converter video da vari formati a AVI. Cattura snapshot del filmato, integra varie skin, si auto aggiorna online, offre il preview dei file torrent che si stanno scaricando, genera playlist, possiede un’interfaccia amichevole ed elegante… Da provare. Mimmo Claps
ke gran bel lavoro ragazziiii... l’ho portato con me a Roma e lo sto divulgando in giro... di qua e di là... COMPLIMENTI!!!... Fiera di essere una lucana anche grazie a voi... Angelica Ciao Brekkisti, mi ritrovo tra le mani il vostro bel giornaletto, che ho deciso di salvare dalla cestinatura per darci una lettura :) Ho nelle mani il terzo numero... Quello dedicato perlopiù al Natale... Sapreste dirmi se ci sono dei punti vendita dove posso trovarlo puntualmente? In un mondo dove tutti affermano che al giorno d’oggi i giovani trascorrono il loro tempo su facebook e msn, è¨ bello sapere che esiste qualcuno che ha ancora VOGLIA. Su, non capite male... ;) Io per “voglia” intendo voglia di farsi sentire, voglia di creare, di distribuire, di vivere. Quindi complimenti per questa vostra “voglia” :) ... Al di là di questo vorrei comunque farvi davvero i complimenti per il vostro Brek! Saluti, Lisa
Nel secondo numero di brek, in un piccolo articolo in cui si parla dei numeri primi è stato commesso un errore abbastanza grave: nell’elencare i numeri primi l’articolo partiva dal numero 1, invece 1 non è assolutamente un numero primo!!! Domenico Ciao ragazzi! Grazie delle belle parole. Anche Mario e Michela ci chiedono dove sia possibile reperire questo periodico ed evitare, così, di perdersi qualche uscita di BREK. In realtà siamo presenti un pò dappertutto. Cercateci nei vostri locali preferiti, nei bar, nei negozi, nelle biblioteche, insomma, nei luoghi più frequentati dai giovani di tutta la provincia. Chissà, forse a breve pubblicheremo sul nostro blog di MySpace o su Facebook la lista completa dei punti della provincia in cui è possibile trovare BREK. Il vostro interesse ci sprona a continuare, a migliorare, e a raggiungervi quanto più possibile. A quanti ci hanno scritto per criticarci o correggere qualche nostra imprecisione, rispondiamo... grazie, soprattutto a voi. E, infine, a tutti coloro che ci
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chiedono di poter collaborare con noi, rinnoviamo il nostro invito a inviarci qualsiasi cosa vogliate sottoporre alla nostra attenzione. Ci B(r)ecchiamo presto!
L’acqua lucana? Meglio della minerale e meno costosa. E’ ormai risaputo che Acquedotto Lucano porta ai rubinetti dei residenti in Basilicata un’acqua tra le migliori d’Italia che, peraltro, piace molto ai lucani. A testimoniarlo è l’ultima indagine condotta dall’Osservatorio Regionale sul Servizio Idrico a cui hanno aderito otto Associazioni dei Consumatori (Acu, Adiconsum, Adoc, Adusbe, Arco Cittadinanza Attiva, Federconsumatori, Mdc); dall’indagine è risultato che il 48% dei lucani ritiene accettabile l’acqua del rubinetto e per il 32% è da ritenersi buona. Insomma l’acqua del rubinetto sarebbe consigliabile per ogni esigenza anche per la prima infanzia, con un risparmio non da poco. Considerando un consumo medio di mille litri l’anno per una famiglia di 3 persone ed il prezzo medio di 25 centesimi per litro di alcune acque minerali naturali in commercio, la spesa per l’acqua minerale è di circa € 250,00 l’anno, la spesa, invece, per la stessa quantità di acqua proveniente dal rubinetto sarebbe solo di € 1,00 all’anno. Acquedotto Lucano, attraverso il lavoro dei suoi operatori, si occupa di distribuire circa 100 milioni di metri cubi di acqua potabile ai suoi 265.000 utenti di bacino di circa 600.000 abitanti. Nello scorso anno Acquedotto Lucano ha effettuato ben 8.281 prelievi in punti diversi della rete così distinti: prelievi chimici n. 4163, sui quali sono state eseguite n. 94.258 determinazioni chimiche; e prelievi microbiologici pari a n. 4.118 sui quali sono state eseguite n. 31.463 determinazioni microbiologiche. L’attività della Vigilanza Igienica di Acquedotto Lucano è stata negli ultimi anni concentrata sul monitoraggio e controllo dell’acqua potabile distribuita nei Comuni. La stessa proviene nella maggior parte dei casi da sorgenti locali e quasi tutte sono di falda superficiale e per tale motivo molto spesso sono soggette a frequenti intorbidamenti ed inquinamenti, dovuti anche alle mere precipitazioni atmosferiche. Pertanto l’attenzione di Acquedotto Lucano si è concentrata prioritariamente sull’istallazione di impianti di clorazione automatica, sistemi che sterilizzano e rendono sicura l’acqua che beviamo. Mentre gli esperti giudicano l’acqua il bene più prezioso e dichiarano che il problema più grande del terzo millennio sarà la disponibilità idrica, noi lucani possiamo addirittura lavorare per garantirne un’ottima qualità, cosa altrove inimmaginabile.
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