Expo Storia

Page 1

18/05/2018

EXPO STORIA. UN VIAGGIO NEL TEMPO

EXPO STORIA. UN VIAGGIO NEL TEMPO milanoplatinum.com/expo-storia-un-viaggio-nel-tempo.html Aldo Minari

December 1, 2015

EXPO STORIA

EXPO STORIA. UN VIAGGIO NEL TEMPO – Con questo primo articolo, Milano Platinum inaugura una retrospettiva delle più importanti edizioni di Expo, dal 1851 a oggi. Expo 2015 è giunto al termine e, tra elogi e polemiche, è stato un fenomeno sociale che ha mobilitato milioni di persone da tutto il pianeta, incuriositi dall’architettura avveniristica di alcuni padiglioni, dagli eventi in cartellone e dall’interpretazione della tematica di fondo di questa edizione, “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita“. L’Esposizione Universale, come molti sapranno, è un evento globale che cambia pelle a ogni edizione, fin dal 1851, quando a Londra fu inaugurata la prima “Grande Esibizione del Lavoro e dell’Industria di tutte le Nazioni”. Con il passare degli anni, Expo si è rinnovato a cadenza variabile, cangiando a ogni occasione il tema di fondo e il Paese ospitante. Ma che cosa ha reso Expo un fenomeno globale? Innanzitutto è da sempre stato ben oltre una semplice fiera: i detrattori che probabilmente non hanno mai visto con i propri occhi un’edizione qualunque dell’Esposizione Universale, tendono a svilirne il concetto di fondo banalizzandone i temi e riducendo Expo a una semplice fiera espositiva. Tuttavia, va considerato che, fin dalla sua nascita, Expo ha interpretato e talvolta incarnato i sogni e le speranze di milioni di visitatori da tutto il pianeta, cercando di spingersi, edizione dopo edizione, oltre i propri tempi, proponendo strutture avveniristiche in un crescendo ardito e a volte parossistico di architettura e ingegneria. Va ricordato ancora che, sebbene al termine del periodo stabilito di esposizione, tutto debba essere smantellato e rimpatriato, Expo ha comunque lasciato tracce importanti nel corso dei secoli, una su tutte la Tour Eiffel, segno indelebile dell’Esposizione Universale del 1889 a Parigi. Ma Expo ha anche innovato e presentato concetti e prodotti che si sono poi globalizzati: pensiamo alla presentazione del ketchup a Philadelphia nel 1876, oppure la novità dell’introduzione del caucciù (Londra 1862), o ancora l’introduzione di una cucina elettrica con http://www.milanoplatinum.com/expo-storia-un-viaggio-nel-tempo.html

1/3


18/05/2018

EXPO STORIA. UN VIAGGIO NEL TEMPO

tanto di lavapiatti e il primo rullino Kodak (Chicago 1893). Nel 1900, sempre a Parigi, il mondo incorona i Fratelli Lumière, mentre nel 1904 a Saint Louis la fantasia si fa realtà e viene presentato il primo telegrafo senza fili. Il 1906 è l’anno che celebra per la prima volta la città di Milano: l’Esposizione è dedicata ai trasporti e l’Italia si presenta al mondo con un’opera grandiosa. È il traforo del Sempione, che permetterà il collegamento via treno tra Milano e Parigi. Retaggio del passaggio di Expo a Milano, si possono ancora oggi riscontrare le tracce di quell’evento nel Parco Sempione e nell’Acquario Civico. Nel 1911 è ancora l’Italia a ospitare Expo e la città eletta è Torino: per l’occasione verrà inaugura il campo volo di Mirafiori. Nel 1915 a San Francisco si festeggia il completamento del Canale di Panama. Corrono anni, Esposizioni e città, fino al 1937, quando ancora a Parigi i visitatori possono ammirare da vicino presso il Padiglione Spagna il dipinto Guernica di Pablo Picasso. New York mostra i muscoli nel 1939 e presenta il nylon, l’aria condizionata, la fotografia a colori e incentra Expo sulla televisione. Cambio di passo nel 1958, quando a Bruxelles la tematica per la prima volta nella storia di Expo si fa più vicina alla sostenibilità ambientale. In occasione di Expo 1958, i visitatori possono ammirare da vicino lo Sputnik. Per restare in campo aerospaziale, nel 1967 a Montreal viene esposta un’attrazione che richiamerà una moltitudine di visitatori mai registrata prima: si tratta della capsula in cui Juri Gagarin fu spinto in orbita. Arrivano gli anni Settanta e finalmente anche l’Asia inizia a ospitare alcune edizioni dell’Esposizione Universale. A Osaka nel 1970, viene esposto il primo treno ad alta velocità in grado si spingersi a una velocità di 500 km/h. Viene inoltre presentato il primo modello di telefono cellulare. Nel 2000 Expo ritorna in Europa, precisamente in Germania ad Hannover, dove i vari Paesi partecipanti dovranno rispettare severe norme a tutela dell’ambiente per la costruzione dei propri padiglioni. Il 2010 Expo tocca il suo record assoluto: a Shanghai giungono 73 milioni di visitatori, prevalentemente cinesi, curiosi di affacciarsi sulle finestre che mostrano la vita dei 190 Paesi partecipanti oltre i confini nazionali. Il presente è Milano 2015, il futuro sono Astana 2017 e Dubai 2020.

GALLERY EXPO STORIA. UN VIAGGIO NEL TEMPO

http://www.milanoplatinum.com/expo-storia-un-viaggio-nel-tempo.html

2/3


18/05/2018

EXPO STORIA. UN VIAGGIO NEL TEMPO

http://www.milanoplatinum.com/expo-storia-un-viaggio-nel-tempo.html

3/3


EXPO 1851 LONDRA milanoplatinum.com/expo-1851-londra.html Aldo Minari

December 8, 2015

EXPO 1851 - Crystal Palace, interno [McNeven, J., The Foreign Department, viewed towards the transept, coloured lithograph, 1851] (Wikimedia Commons)

EXPO 1851 LONDRA – Londra, 1851: fu questo l’anno in cui tutto ebbe inizio. Con il titolo roboante di “Grande esposizione delle opere dell’industria di tutte le Nazioni“, il Principe Alberto e Henry Cole, insieme ad altri notabili inglesi membri della Royal Society of Arts, diedero vita a Expo 1851, la prima grande Esposizione internazionale, capostipite di una tradizione che vive ancora oggi. Il motivo di tale evento fu la celebrazione delle più moderne e innovative tecniche industriali del tempo e, a coronamento di tutto, venne edificata un’opera grandiosa, che rimase in piedi fino al 1936: il Crystal Palace. Fu un enorme edificio in vetro e ferro costruito appositamente per contenere tutta l’Esposizione: vero e proprio “miracolo” ingegneristico, venne costruito in soli 9 mesi. L’evento fu molto atteso e anche tra i grandi nomi del tempo aleggiò una trepidante impazienza. Charles Darwin, Samuel Colt, Charlotte Brontë, Charles Dickens, Lewis Carroll, George Eliot, Alfred Tennyson: tutte le eminenze grigie dell’epoca erano animate da un’elettrica curiosità di come si sarebbe svolto questo evento universale. Alla fine tutti visitarono l’imponente esibizione, e non mancò neppure la Famiglia Reale, con in testa la Regina Vittoria. 1/4


35 furono i Paesi partecipanti, provenienti da Africa, Asia, Europa: lungo la via principale del Palazzo, i Paesi esponevano le proprie innovazioni e la camminata era fiancheggiata da alberi e statue imponenti, simbolo del predominio dell’uomo sulla natura. L’Esposizione durò dal 1 maggio all’11 ottobre 1851 e, dopo il termine prefissato, il grande Palazzo fu spostato in una zona a sud di Londra (Sydenham). Purtroppo, il 30 novembre del 1936 divampò un terribile incendio, che incenerì completamente il Palazzo di Cristallo. L’area dove avvenne lo scempio, fu in seguito chiamata “Crystal Palace”, a imperitura memoria. Expo 1851 fu visitato da 6 milioni di persone e fu un successo stratosferico per l’epoca. La media di visite giornaliere fu di 42.831 visitatori, compreso il picco del 9 ottobre 1851, quando si registraono 109.915 persone. Fu anche un grande successo economico, dal momento che Expo 1851 generò un utile di £186.000 (£18.190.000 rapportate al 2015), con cui vennero fondati 3 importanti musei, il Victoria and Albert Museum, il Museo della Scienza e il Museo di Storia Naturale. Come poi si rivelarono vero e proprio leitmotiv di ogni successiva Esposizione Universale, non mancarono polemiche e allarmismi. I conservatori temettero che un tale afflusso di gente avrebbe favorito l’insurrezione di moti rivoluzionari; i radicali, con in testa Karl Marx, videro in Expo il trionfo del più sfrenato feticismo capitalistico; e addirittura il Re Ernest Augustus I di Hanover ebbe a scrivere, poco prima della sua morte, uno sdegnato epitafio di Expo: La follia e l’assurdità della Regina nel permettere questo scempio deve colpire ogni mente ragionevole e ben pensante, e io sono stupito che i Ministri stessi non facciano pressione su di lei, almeno andando a Osborne durante la mostra, dato che nessun essere umano può eventualmente rispondere di quanto potrà v erificarsi in questa occasione. L’idea deve scioccare ogni inglese onesto e ben intenzionato. Ma sembra che tutto stia cospirando per sminuirci agli occhi dell’Europa. [Fonte: Van der Kiste 2004, pp. 206–207]

EXPO 1851 LONDRA – PAESI PARTECIPANTI Africa Asia Europa

EXPO 1851 LONDRA – MEMORABILIA Molti furono i record e numerose le innovazioni presentate in questa prima edizione di Expo. 2/4


Il Koh-i–Noor (la “Montagna di Luce”) fu il più grande diamante al mondo noto nel 1851. Il Daria-i-Noor, uno dei più rari diamanti rosa-pallido al mondo, probabile “cugino” del Koh-i-Noor. La Spilla di Tara (VIII secolo d.C.), la più maestosa e famosa spilla irlandese, monile emblematico dell’arte celtica. La macchina di Frederick Bakewell, antenata del moderno fax. La medagia di riconoscimento a Mathew Brady, per i suoi dagherrotipi, i primi processi fotografici pubblicamente annunciati. La prima macchina per il calcolo automatico dei voti, frutto dell’ingenio di William Chamberlin Jr. di Sussex. Il prototipo della prima Colt Navy, mostrato proprio dal costruttore di armi da fuoco Samuel Colt. L’indicatore di tempeste, una sorta di barometro che, tramite l’utilizzo di sanguisughe, serviva a prevedere violenti rovesci temporaleschi e tempeste.

GALLERY EXPO 1851 LONDRA

VIDEO EXPO 1851 LONDRA Expo Amarcord: Londra 1851 The Great Exhibition of 1851 GREAT EXHIBITION OF 1851 CRYSTAL PALACE

3/4


EXPO 1853 DUBLINO milanoplatinum.com/expo-1853-dublino.html Aldo Minari

December 15, 2015

Expo 1853 Dublino (Archiseek.com)

EXPO 1853 DUBLINO – Due anni dopo la prima edizione (Expo Londra 1851), l’Esposizione Universale rinnovò il suo appuntamento in Irlanda: si tenne così Expo 1853 Dublino, The Great Industrial Exhibition. Lo scopo di questa edizione fu di mostrare al mondo che l’Irlanda (a quei tempi tecnologicamente più arretrata rispetto ad altri Paesi europei) aveva intrapreso un importante percorso di innovazione e sviluppo tecnologici. L’eposizione ebbe luogo dal 12 maggio al 31 ottobre 1853, con la benedizione della nobiltà anglosassone: la Regina Vittoria, accompagnata dal consorte (il Principe Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha) e da Edoardo VII Principe del Galles visitarono ufficialmente Expo il 29 agosto 1853. Il finanziatore ufficiale di questa edizione fu William Dargan, il più grande ingegnere irlandese, capo della ferrovia d’Irlanda e membro della Royal Dublin Society: Dargan investì nel progetto l’equivalente di 100.000 dollari, ma finì per spenderne 4 volte tanto. Il punto di forza di Expo 1853 furono gli edifici: i visitatori rimasero più impressionati dall’architettura dei padiglioni che da quanto vi fosse esposto all’interno, anche a fronte del fatto che le strutture vennero edificate in una manciata di mesi. Ecco la descrizione che ne fece l’Illustrated Dublin Exhibition Catalogue:

1/3


A partire dalla piazza centrale di Merrion-Square, larga 300 piedi, la caratteristica principale è costituita da una proiezione a semicerchio, che costituisce il lato orientale della sala centrale. Tutto questo in un nobile edificio di 425 piedi di lunghezza e 100 piedi di altezza, coperto da un tetto formato da tralicci semicircolari, in un arco di 100 piedi. […] Su ogni lato della Sala Centrale, e paralleli a essa per la stessa lunghezza, ci sono due ampi saloni da 50 piedi, con tetti a cupola, simili a quelli che coprono la Navata Principale o Sala Centrale del palazzo. L’altezza dal pavimento al tetto di ciascuna di queste sale è di 65 piedi. […] Oltre a queste tre sale, si scorgono quattro aree di 25 piedi di larghezza, che si estendono per l’intera lunghezza dell’edificio; due sono collocate tra la Sala Centrale e le sale laterali, e due su ciascun lato di quest’ultimo. […] In queste aree, si aprono ampie gallerie, che corrono per tutta la lunghezza dell’edificio, che non solo offrono maggiore spazio alla mostra, ma formano anche una gradevole passeggiata, da cui la magnificenza delle tre sale può essere ammirata da un migliore punto di osservazione. A sud della Sala Centrale, a sinistra del visitatore, c’è una sala dedicata ai contributi stranieri; adiacente a questa sala, si trova la Corte delle Belle Arti , di fronte alla Corte dei Macchinari. Le aree a nord e a sud hanno gallerie che corrono lungo tutto il perimetro, da cui lo spettatore può rivolgere lo sguardo alla Sala Centrale. Il soffitto delle sale, essendo suddiviso in pannelli formati da nervature a traliccio, insieme alle altre parti costruttive dell’edificio, hanno permesso ampie possibilità per decorazioni ad effetto. La luce viene immessa all’interno dall’alto, in una distribuzione fluida, continua e uniforme. A fronte di quest’opera di alta ingegneria edilizia, l’architetto John Benson (1812-1874) fu nominato Cavaliere. L’affluenza a Expo 1853 fu tutt’altro che eccezionale: 1.156.232 visitatori si recarono all’Esposizione Universale del 1853 e Dargan registrò alla fine una perdita economica di circa £9.000. Le motivazioni dello scarso riscontro di questa edizione furono ricercate in diverse direzioni: fondamentale fu probabilmente il fatto che la maggior parte del popolo irlandese fosse rurale e vivesse nelle campagne, pertanto difficilmente poteva interessarsi alla tecnologia esibita a Expo. Inoltre, l’edizione irlandese fu messa in ombra, sul piano internazionale, dalle mostre tenutesi contemporaneamente a New York (Salone dell’Industria di tutti i Popoli) e Londra nello stesso anno.

EXPO 1853 DUBLINO – MEMORABILIA Vennero presentate curiose sculture in legno di palude. Furono messi in mostra gioielli dal gusto celtico, imitazioni di pregio e di moda di modelli originali. A tali preziosi, venne accostata la Spilla di Tara. Colt vendette 40 revolver al sistema carcerario irlandese. Per la prima volta in un’Esibizione Universale, vennero esposti dipinti d’autore. William Dargan riuscì solo nell’ultimo mese a convincere le Ferrovie Irlandesi a offrire pacchetti economici ai visitatori di Expo, che comprendessero escursioni turistiche e un biglietto di ingresso a prezzi bassissimi.

2/3


GALLERY EXPO 1853 DUBLINO

Le immagini mostrate in questa galleria e in tutto l’articolo provengono dall’archivio digitale Archiseek.com.

3/3


EXPO 1853 NEW YORK milanoplatinum.com/expo-1853-new-york.html Aldo Minari

December 22, 2015

Expo 1853 New York - New York Crystal Palace - By Karl Gildemeister (1820-1869) [Public domain], via Wikimedia Commons

EXPO 1853 NEW YORK – Il 1853 fu un anno impegnativo per Expo, tanto è vero che, nonostante in terra europea si tenesse Expo 1853 Dublino, oltreoceano gli Stati Uniti risposero con Expo 1853 New York. Il titolo di questa esposizione universale fu Exhibition of the Industry of All Nations, e si tenne presso quello che oggi conosciamo come il Bryant Park di New York, dal 14 luglio fino al 14 novembre 1853. Il motivo di fondo dunque fu mettere in mostra tutte le più recenti conquiste in campo industriale, insieme a un orgoglio nazionalistico molto forte e molto sentito tra la popolazione americana. Le autorità che inaugurarono l’esibizione furono il sindaco Jacob Aaron Westervelt e l’ammiraglio Samuel Francis Du Pont: Expo 1853 fu visitato da 1,1 milioni di persone e suo fiore all’occhiello fu il New York Crystal Palace, un edificio ispirato a quello londinese del 1851, costruito in ferro e vetro. Anche in questo caso, il Palazzo di Cristallo venne distrutto da un incendio divampato il 5 ottobre 1858. Anche in questa occasione non mancarono le celebrazioni da parte dell’élite letteraria. Il poeta Walt Whitman (1819-1892) descrisse così il Crystal Palace di New York:

1/3


[…] un palazzo, Lofter, più giusto, più ampio rispetto a qualsiasi altra cosa, Meraviglia moderna della Terra, una delle Sette meraviglie della Storia, Che cresce verso l’alto piano dopo piano, con facciate di vetro e ferro, Allietando il sole e il cielo – con tonalità cariche di allegria, Bronzo, lilla, verde-bluastro, marino e cremisi Sul cui tetto dorato deve sbandierare, sotto la sua bandiera, la Libertà. Adiacente al Crystal Palace si trovava l’Osservatorio Latting, una torre di legno di 315 piedi (96 metri) di altezza: da qui i visitatori potevano rivolgere lo sguardo fin verso il Queens, Staten Island e New Jersey. La torre, più alta della guglia della Trinity Church da 290 piedi (88 m), era la struttura più alta di tutta New York, fino a quando l’incendio del 30 agosto 1856 non ne fece scempio. Expo 1853 New York viene anche ricordato per via della dimostrazione di Elisha Otis, un grande industriale americano fondatore della Otis Elevator Company. Egli espose un ascensore dotato di un dispositivo di sicurezza, che sarebbe intervenuto nel caso in cui la fune di sollevamento si fosse rotta. Questo dispositivo rispose perfettamente a una delle principali preoccupazioni del pubblico per quanto riguardava la sicurezza degli ascensori: tre anni dopo, Otis installò il suo primo ascensore in un negozio di New York.

EXPO 1853 NEW YORK – MEMORABILIA Elisha Otis mostrò un ascensore dotato di un dispositivo chiamato freno di sicurezza. David Alter mostrò un metodo per produrre e purificare il bromo dai pozzi di sale, molto utile nell’industria siderurgica. Venne esposto il primo quadriciclo a pedali al mondo.

GALLERY EXPO 1853 NEW YORK

2/3


3/3


EXPO 1855 PARIGI milanoplatinum.com/expo-1855-parigi.html Aldo Minari

December 29, 2015

Expo 1855 Parigi - Esposizione Universale di Parigi [Wikimedia Commons]

EXPO 1855 PARIGI – L’Exposition Universelle des produits de l’Agriculture, de l’Industrie et des Beaux-Arts, questo il nome ufficiale di Expo 1855 Parigi, si tenne a Parigi dal 15 maggio al 15 novembre 1855. Come dichiarato nel nome ufficiale, il motivo fondante fu la promozione dei prodotti dell’industria, dell’agricoltura e delle Belle Arti, e l’esposizione fu organizzata a Parigi al Champ-de-Mars. Erano gli anni dell’impero di Carlo Luigi Napoleone Bonaparte, meglio noto come Napoleone III di Francia e, senza celare la rivalità con l’Inghilterra (sede della prima esposizione Universale, Expo 1851 Londra), la Francia volle stupire il mondo con un nuovo Palazzo di Cristallo, il terzo, quindi, dopo quelli di Londra e New York (Expo 1853 New York): cambiò il nome, ma non il concetto, e fu così eretto il Palais de l’Industrie. In occasione di Expo 1855, Napoleone III diede ordine di selezionare i migliori vini Bordeaux in modo tale che i visitatori di tutto il mondo avessero l’opportunità di assaporarne l’aroma e il bouquet unici: tale cernita diede origine alla Classificazione Ufficiale dei Vini di Bordeaux del 1855, un’ufficiale valutazione della qualità dei vini sulla base della nomea del castello di provenienza e del prezzo. Questa Esposizione Internazionale fu la prima ad avere previsto un padiglione interamente dedicato alle Belle Arti: furono messi in mostra agli occhi dei fortunati visitatori ben cinquemila dipinti provenienti da tutto il mondo, grazie alla partecipazione di ben 28

1/3


Paesi. Tra le mirabili opere esposte, vanno citate quelle di Eugène Delacroix (35 dipinti), Dominique Ingres (40 dipinti), Camille Corot (6 dipinti), Jean-François Millet (un dipinto), tra gli altri. Peculiare la partecipazione del nostro Paese: dal momento che l’attuale Italia al tempo era divisa in diversi Stati, parteciparono a Expo 1855 lo Stato della Chiesa (Roma), il Granducato di Toscana, il Regno di Sardegna e la fetta di Impero Austro-Ungarico che comprendeva le Regioni a nord dell’Italia. Come da tradizione, tutti gli edifici di Expo 1855 furono smantellati, al termine dell’esposizione, ad eccezione del Teatro du Rond-Point, ubicato agli Champs-Élysées e progettato dall’architetto Gabriel Davioud. Grande afflusso di visitatori in questa edizione, che vide la partecipazione di 34 Paesi e che, con i suoi 5.162.330, si avvicinò di molto ai 6 milioni di Expo 1851 Londra. Grande fu anche la spesa sostenuta, l’equivalente di 5 milioni di dollari, che non fu recuperata, se non per circa un decimo del totale.

GALLERY EXPO 1855 PARIGI

VIDEO EXPO 1855 PARIGI Exposition universelle de 1855 à Paris – Palais de l’Industrie Exposition universelle de 1855 2/3


EXPO PARIGI 1855: Adolphe Sax e il sassofono milanoplatinum.com/expo-parigi-1855-adolphe-sax-e-il-sassofono.html Claudia Scienza

February 8, 2018

Il sassofono di Adolphe Sax ha fatto il suo debutto ufficiale a Parigi. [Image: CC0 Creative Commons, via Pixabay]

EXPO PARIGI 1855: Adolphe Sax e il sassofono – L’Expo ospitata da Parigi nel 1855, la prima di una lunga serie, fu un’edizione particolarmente ricca di innovazioni, dalla macchina per cucire alla lavatrice. Tra i protagonisti di questa esposizione universale, fortemente voluta dall’imperatore Napoleone III, vi fu anche uno strumento musicale senza il quale oggi sarebbe impossibile pensare la musica: il sassofono. A regalare alla musica questo straordinario strumento è stato l’inventore e costruttore di strumenti musicali belga Antoine-Joseph Sax (1814-1894), che tuttavia fin dall’infanzia fu sempre chiamato Adolphe. Fu il padre, Charles-Joseph, costruttore di strumenti musicali a Bruxelles (in particolare flauti, clarinetti e fagotti), a trasmettere al figlio la passione per la musica, oltre a lasciargli la sua attività. Il giovane Adolphe studiò flauto, clarinetto e armonia presso l’Ecole Royale de Musique di Bruxelles, e nel 1844 avrebbe elaborato la sua celebre legge acustica: “il timbro di un suono è determinato dalle proporzioni della colonna d’aria e non dal materiale del corpo che la contiene”. Grazie a essa, Adolphe era in grado di realizzare strumenti perfetti per intonazione, timbro ed estensione. Nel corso della sua carriera avrebbe apportato numerosi contributi alla musica, brevettando strumenti come il “Cor omnitonique” (un innovativo corno) e il clarinetto basso. La sua più grande invenzione fu naturalmente il sassofono, che ottenne unendo l’imboccatura ad ancia semplice del clarinetto, un sistema di chiavi che traeva ispirazione da flauto, oboe e clarinetto e un canneggio conico in metallo. Lo strumento da lui creato, 1/2


pur facendo parte della famiglia dei legni (dei quali aveva la flessibilità tecnica) permette un grande volume di suono, paragonabile a quello degli ottoni. L’invenzione, che fu brevettata nel 1846, era stata da Sax per essere utilizzata da orchestre e bande musicali. E proprio per assicurarsi il difficile (ma estremamente redditizio) mercato legate alle seconde, Adolphe Sax decise di mostrare la sua superiorità organizzando un pubblico “scontro” tra due bande musicali, che si tenne a Parigi, allo Champ de Mars, il 22 aprile 1845. Sax si era nel frattempo trasferito nella capitale francese, poiché all’epoca era considerata la capitale musicale d’Europa. Anche se il sassofono divenne noto già in questo periodo, il suo “debutto ufficiale”, a livello mondiale, fu proprio in occasione dell’esposizione parigina del 1855. Grazie allo straordinario successo ottenuto, per Adolphe Sax si spalancarono le porte del prestigioso Conservatorio Superiore di Parigi, divenendone il primo insegnante di sassofono. Il suo successo gli attirò invidie da parte dei concorrenti, che cercarono in ogni modo di sabotarlo, arrivando anche a dare fuoco alla sua azienda. Alla fine, sarebbe purtroppo morto in miseria nel 1894 a Parigi, città che aveva visto nascere il suo successo e dove è ancora oggi sepolto, nel cimitero di Montmartre.

2/2


Expo Parigi 1855: Isaac Singer e la macchina da cucire milanoplatinum.com/expo-parigi-1855-isaac-singer-e-la-macchina-da-cucire.html Claudia Scienza

November 10, 2017

Parigi 1855: Isaac Merrit Singer e la sua Singer Sewing Machine.

Expo Parigi 1855: Isaac Singer e la macchina da cucire – Tra fiere campionarie e luna park, le esposizioni universali sono state, soprattutto in passato, straordinarie vetrine dove mettere in mostra quanto di meglio l’ingegno e la creatività dell’uomo avevano da offrire al resto dell’umanità per migliorarne la vita, in svariati ambiti e settori. Dall’arte all’architettura, dalla scienza e alla tecnologia, le esposizioni universali hanno visto protagoniste grandi e piccole invenzioni che hanno spesso cambiato e migliorato la vita quotidiana, innovazioni fondamentali che ancora oggi svolgono un ruolo fondamentale. Ma spesso le varie Expo sono state testimoni di grandi e piccoli insuccessi, invenzioni e progetti accolte con entusiasmo e ottimismo che tuttavia si sono rivelate dei clamorosi flop o semplicemente inattuabili. In una serie di appuntamenti andremo a conoscere meglio le novità, le innovazioni e le scoperte che sono state presentate nel corso delle numerose esposizioni universali che si sono avvicendate.

1/3


Inaugurazione alla presenza di Napoleone III dell’Exposition universelle nel Palais de l’Industrie (litografia a colori di Jules Arnout). [Jules-Arnout-[Public-domain], via Wikimedia Commons].

La prima protagonista di questa nostra particolare passeggiata tra le invenzioni che grazie all’Expo hanno visto iniziare il loro successo è la macchina da cucire. La nostra storia è ambientata nella Parigi del 1855. La città era ben diversa da come la conosciamo, e in particolare non era ancora dominata da quello che è il suo simbolo più famoso, la Torre Eiffel (che sarà realizzata per l’Esposizione Universale del 1889. La città era in piena trasformazione, in base a un processo di modernizzazione complessiva operato dall’imperatore Napoleone III e dal barone Haussmann, prefetto della città. Nel pieno di questa trasformazione urbana, nel 1855 si tiene la l’Exposition Universelle des produits de l’Agriculture, de l’Industrie et des Beaux-Arts. Fulcro dell’evento, il primo a fregiarsi ufficialmente dell’etichetta Expo, è il Palais de l’Industrie, maestoso edificio realizzato per l’occasione, nel quale erano esposte numerose innovazioni e invenzioni scientifiche e tecnologiche. Tra queste vi era anche la protagonista della nostra storia, presentata dall’inventore e imprenditore statunitense Isaac Merrit Singer: la macchina per cucire automatica. Singer, un inventore nato a Pittstown (nello Stato di New York) nel 1811, ebbe modo di analizzare il funzionamento della macchina creata da Lerow e Blodgett (una macchina da cucire industriale che nel funzionare provocava una torsione del filo a ogni rotazione). Singer ebbe l’intuizione di far muovere la navetta in avanti e indietro su una linea dritta, invece di farle seguire un moto circolare. Inoltre, invece di usare una barra d’ago che spinge spinge orizzontalmente un ago curvo, Singer ebbe l’idea di utilizzare un ago diritto facendolo lavorare verticalmente, su e giù. Singer intuì le possibilità di queste sue intuizioni, e decise di investirvi tempo e denaro per creare una macchina da cucire innovativa: nacque così la prima macchina per cucire Singer. La nuova macchina utilizzava un ago diritto e una navetta trasversale, presentava un braccio sospeso, un piano su cui appoggiare il capo in lavorazione, un piedino che ancorava il tessuto per evitare che venisse trascinato in alto dal moto dell’ago, e una ruota per il trasporto del tessuto che sporgeva da un’apertura nel piano di lavoro. Un’altra soluzione innovativa di Singer era quella per la forza motrice del meccanismo: 2/3


ebbe infatti la brillante idea di usare un pedale simile a quello dei filatoi a mano dell’epoca, che permetteva una potenza Isaac Merrit Singer in un ritratto realizzato da Edward Harrison May. maggiore (e una conseguente maggiore velocità) nel cucito con meno fatica fisica. la principale azienda statunitense nel settore della produzione e vendita di macchine da cucire. Nel 1855, l’anno dell’esposizione parigina, la compagnia di Singer (che nel frattempo aveva cambiato il nome in Singer Manufacturing Company) era già la più grande azienda mondiale del settore. La sua espansione a livello internazionale ebbe inizio proprio a Parigi, con l’esposizione di una delle sue macchine da cucire, che verrà anche premiata nel corso dell’Esposizione Universale di Parigi. [Google Art Project [Public-domain], via Wikimedia Commons].

Singer Sewing Machine del 1851 [Gryffindor [Public-domain], via Wikimedia Commons].

3/3


EXPO 1862 LONDRA milanoplatinum.com/expo-1862-londra.html Aldo Minari

January 5, 2016

Expo 1862 Londra - Exhibition Palace - By Unknown (work from 1862) [Public domain], via Wikimedia Commons

EXPO 1862 LONDRA – Con il titolo di Great London Exposition, Expo 1862 Londra si tenne dal 1° maggio al 1° novembre 1862, in un’area della città grande 9 ettari (South Kensington), che ancora oggi ospita importanti musei, come il Natural History Museum (Museo di Storia naturale) e il Science Museum (museo della Scienza di Londra). Il tema di fondo fu quello di presentare i più recenti ritrovati della scienza e della tecnica mondiali. 36 furono i Paesi partecipanti e l’Esposizione attirò la bellezza di 6.100.000 visitatori, stabilendo così un record, a partire dalla precedente Expo 1851. Modesto il profitto a fine bilancio (meno di 800 sterline di ricavi), ma per lo meno non ci furono ammanchi: venne spesa la ragguardevole cifra complessiva di 458.842 sterline, ma ne vennero incassate 459.632. L’architetto che curò la realizzazione dei padiglioni fu Francis Fowke (1823-1865) e il suo lavoro venne così apprezzatto che fu proposto di rendere permanenti le strutture; la richiesta cadde tuttavia nel vuoto, dato che il Parlamento decise, a fine Expo, di procedere allo smantellamento, al fine di reimpiegare i materiali per la costruzione di un nuovo imponente palazzo dedicato all’educazione e all’intrattenimento, l‘Alexandria Palace (1873). La Royal Society of Arts, che sponsorizzò Expo 1862, decise di commissionare brani musicali per celebrare l’inaugurazione dell’Esp0sizione Universale, e per l’occasione vennero incaricati quattro musicisti: Giacomo Meyerbeer (Germania), Daniel-FrançoisEsprit Auber (Francia), William Sterndale Bennett (Gran Bretagna) e Giuseppe Verdi 1/3


(che rappresentava un’Italia unificata da circa un anno). In prima istanza, al posto di Verdi, venne interpellato Gioachino Rossini, che però rifiutò poiché si trovava già in ritiro presso la campagna parigina di Passy. Proprio sull’Inno delle Nazioni di Verdi nacque un caso, che portò all’esclusione di tale opera dalla cerimonia d’apertura: nella parte terminale dell’Inno, Verdi introdusse un piccolo passaggio che rimandava alla Marsigliese della Repubblica di Francia, in aperto contrasto con la politica di Napoleone III. Ciò determinò l’esclusione del brano, che però fece il suo debutto al Her Majesty’s Theatre di Londra qualche giorno più tardi rispetto all’inaugurazione di Expo 1862.

EXPO 1862 LONDRA – MEMORABILIA e IMPREVISTI MEMORABILIA Venne presentata la macchina analitica di Charles Babbage, l’antenato del nostro computer. Venne mostrato per la prima volta un tipo di gomma ricavato dal caucciù. Il convertitore Bessemer fu il primo forno industriale (inventato nel 1856 dall’ingegnere Henry Bessemer) per la produzione di acciaio a partire da ghisa fusa, e venne presentato proprio a Expo 1862. La London and North Western Railway (la compagnia ferroviaria britannica) presentò un partiolare modello di locomotiva (il n. 531 “Lady of the Lake”), destinato a treni adibiti al trasporto di passeggeri . In occasione di Expo 1862, si tenne anche un campionato internazionale di scacchi, che vide vincitore Karl Ernst Adolf Anderssen, uno dei massimi scacchisti della sua epoca.

IMPREVISTI All’apertura di Expo 1862, uno dei membri del Parlamento britannico, il settantenne Robert Aglionby Slaney (1791-1862) franò a terra a causa di un dislivello tra pavimento e piattaforma. Ciononostante, volle proseguire la sua visita, seppure con una gamba ferita, ma pochi giorni più tardi la cancrena lo divorò e morì nello stesso anno.

GALLERY EXPO 1862 LONDRA

2/3


VIDEO EXPO 1862 LONDRA Giacomo Meyerbeer – Fest-Ouvertüre im Marschstyl for the London Expo 1862 Grand Exhibition Overture by Auber Verdi – Inno delle nazioni – Hymn of the Nations

3/3


EXPO LONDRA 1862: Charles Babbage e le origini del computer milanoplatinum.com/expo-londra-1862-charles-babbage-e-le-origini-del-computer.html Claudia Scienza

January 18, 2018

Modello di una parte della macchina analitica di Charles Babbage, in mostra al Museo della Scienza di Londra. [Di Science Museum London / Science and Society Picture Library [CC BY-SA 2.0], via Wikimedia Commons].

EXPO LONDRA 1862: Charles Babbage e le origini del computer – La capitale britannica, tra il 1º maggio e il 1º novembre 1862, ospita la Grande esposizione di Londra (Great London Exposition), che si svolge in un’area non lontana dai giardini Royal Horticultural Society a South Kensington, dove oggi sorgono il Museo di storia naturale e il Museo della scienza. L’evento fu l’occasione per presentare al pubblico diversi ritrovati e innovazioni dell’industria e della tecnologia, e tra le esposizioni più importanti vi fu anche la macchina analitica realizzata dal matematico e filosofo britannico Charles Babbage (1791-1871), che è considerata il primo prototipo di un computer meccanico, concepito per eseguire operazioni generiche. Babbage è considerato uno dei primi scienziati proto-informatici, grazie alle macchine da lui progettate. La prima fu la cosiddetta macchina differenziale, un’apparecchiatura meccanica da lui sviluppata per tabulare funzioni polinomiali. La macchina differenziale risultava molto utile poiché i logaritmi e le funzioni trigonometriche potevano essere approssimate con i polinomi grazie alle serie di Taylor. La macchina di Babbage apriva quindi la possibilità di 1/2


accedere a una vasta gamma di calcoli matematici. La macchina tuttavia rimase allo stadio di prototipo imperfetto. Nel 1991, tuttavia, partendo dai progetti originali di Babbage è stata completata una macchina differenziale perfettamente funzionante, che oggi si trova al Museo della scienza di Londra. Durante la fase di sviluppo della sua macchina differenziale, Babbage si rese conto che era possibile ideare una macchina generica, che era molto più potente e aveva inoltre utilità pratiche più interessanti. Nacque quindi il progetto della macchina analitica, che sarà quella esposta nel 1862 a Londra. Si trattava di una macchina che non si sarebbe limitata ai calcoli matematici, ma che avrebbe potuto elaborare anche “ragionamenti” complessi. È molto probabile che Babbage abbia tratto ispirazione per il suo geniale progetto dallo sviluppo che l’orologeria aveva avuto a partire dal XVIII secolo, sviluppo che aveva inoltre portato alla nascita di una sorta di artigianato degli “automi” (che all’epoca rappresentavano soprattutto una fonte di divertimento) e in particolare dal telaio messo a punto da J.M. Jacquard, che poteva essere programmato. La macchina analitica è universalmente riconosciuta come il primo prototipo di calcolatore generico complesso, ed è basato su un sistema di “input”, un sistema per elaborare i dati chiamato “Mill” (cioè “mulino”) e un sistema di “output”. Si tratta dello stesso schema che un secolo più tardi sarà utilizzato per creare il primo computer. Secondo il progetto di Babbage, la macchina analitica sarebbe stata alimentata da un motore a vapore, e avrebbe avuto dimensioni ragguardevoli (30 metri di larghezza e 10 di profondità). I dati d’ingresso e il programma sarebbero stati inseriti attraverso l’uso di schede preforate (metodo già usato per programmare i telai meccanici dell’epoca). I dati di uscita sarebbero stati prodotti da uno stampatore e da un arco in grado di tracciare curve. La macchina analitica di Babbage, tuttavia, sarebbe stata solo parzialmente realizzata. Nel 1991 il Museo delle Scienze di Londra (così come aveva fatto per la macchina differenziale) ha realizzato un modello completo e funzionante della macchina di Babbage.

2/2


EXPO LONDRA 1862: il kamptulicon, l’antenato del linoleum milanoplatinum.com/expo-londra-1862-il-kamptulicon-lantenato-del-linoleum.html Claudia Scienza

December 21, 2017

Panoramica della Great London Exposition del 1862 a South Kensington, Londra [The Victorianist, [Public domain], via Wikimedia Commons].

EXPO LONDRA 1862: il kamptulicon, l’antenato del linoleum – Nel 1862 si tiene la Great London Exposition, un’esposizione mondiale organizzata nei pressi dei giardini della Royal Horticultural Society a South Kensington, su un’area che successivamente avrebbe ospitato alcuni tra i più famosi musei londinesi, come il Museo di storia naturale e il Museo della scienza. L’esposizione internazionale venne inaugurata il 1 maggio, ma alla cerimonia non partecipò la regina Vittoria, ancora affranta per la recente morte del marito, il principe Alberto, nel dicembre del 1861. Come consuetudine, l’esposizione era l’occasione per mostrare al mondo i manufatti e le innovazioni nei campi più disparati, e in quest’occasione furono esposti solo prodotti realizzati a partire dal 1851. L’edizione londinese del 1862 rappresentò il picco della moda del kamptulicon, un “antenato” del linoleum. Si trattava di un rivestimento composto da una miscela di caucciù colorato e polvere di sughero applicata tramite calandratura su un supporto di tela o simile. Il materiale era stato brevettato nel 1851 dall’inglese Elija Galloway, che lanciò ufficialmente il suo prodotto proprio in occasione dell’evento londinese. La storia del linoleum, del quale il kamptulicon rappresenta come detto un antesignano, risale tuttavia agli inizi del XIX secolo, quando in Inghilterra apparvero i cosiddetti “Varnished Oils”, rivestimenti senza giunture concepiti con il doppio obiettivo di facilità di manutenzione e d’igiene. Successivamente, il francese Chevanard, nel 1823, realizzò un tappeto di feltro verniciato protetto dall’umidità da uno strato di bitume, che ebbe tuttavia scarso successo. 1/2


Nel 1836 Elijah Galloway ebbe quindi l’idea per creare il suo kamptulicon, che presentò a Londra nel 1862, promuovendolo come un materiale versatile che poteva essere colorato e personalizzato a piacere, magari con motivi ornamentali ispirati all’antico Egitto, alla Grecia classica e agli Etruschi, che all’epoca erano particolarmente in voga. Il kamptulicon veniva presentato come simile al cuoio, morbido e facile da pulire, resistente all’acqua, al calore e in più con caratteristiche di isolamento acustico. Tuttavia i numerosi impieghi che trovava allora il caucciù grazie all’invenzione della vulcanizzazione causarono un notevole rialzo dei prezzi (la produzione annua di caucciù era ancora piuttosto scarsa), che la fabbricazione kamptulicon dovette essere abbandonata a causa del suo prezzo di vendita proibitivo. Il 25 aprile 1863, lo scozzese Frederick Walton avrebbe infine brevettato un rivestimento che sarebbe divenuto noto come linoleum: Walton ebbe infatti l’idea di sostituire il costoso caucciù con l’olio di lino, che trasformava tramite un processo di ossidazione di sua invenzione in una massa gommosa e flessibile.

2/2


EXPO 1865 DUBLINO milanoplatinum.com/expo-1865-dublino.html Aldo Minari

January 12, 2016

Expo 1865 Dublino (Archiseek.com)

EXPO 1865 DUBLINO – Nel 1865 L’Esposizione Universale fece ritorno per la seconda volta in terra d’Irlanda e il 9 maggio 1865 venne inaugurata Expo 1865 Dublino, con il titolo di International Exhibition of Arts and Manufactures, con lo scopo di mettere in mostra i più raffinati prodotti manufatturieri e artistici del mondo. L’area espositiva fu collocata tra Hatch Street, Harcourt Street e Earlsfort Terrace. Per l’occasione venne edificato il Palazzo delle Esposizioni (Exhibition Palace), comprendente il Giardino d’inverno (Winter Garden), sul modello del precedente Crystal Palace a Sydenham. Nella Hall Centrale venne esposta la maggior parte degli oggetti artistici: furono create sei classi di oggetti, cinque contenenti prodotti industriali e una costituita da “qualunque ramo delle arti“. Alla fine vennero esposte 298 opere scultoree, come dettagliatamente descritto nel catalogo ufficiale. Una pubblicazione contemporanea riportò che, nel giugno del 1862, gli Amministratori del Winter Garden di Dublino indissero pubblicamente un concorso per la scelta del progetto migliore per la costruzione del Palazzo delle Esposizioni e del Giardino d’inverno: sarebbero stati edificati dalla Società, con un budget stanziato non superiore a 35.000 sterline. Fu offerto un premio di 150 sterline per il miglior design e di 75 sterline per il 1/3


secondo posto. Il termine per l’invio dei disegni venne fissato per il 1 ° agosto, successivamente esteso fino al 1 settembre 1862. In risposta a tale pubblica dichiarazione, furono inviati splendidi disegni, progetti accuratissimi e con una cura maniacale per ogni singolo dettaglio. Alla fine nessuno dei progetti inviati rispose pienamente alle aspettative economiche della Società, pertanto fu selezionato il progetto più meritevole, la cui paternità era del signor A.G. Jones, con una condizione: Jones avrebbe dovuto riconsiderare il proprio progetto in collaborazione con il signor F. Darley, architetto consigliare alla Società, al fine di ridurre sensibilmente le spese eliminando tutti i costi non necessari. L’area espositiva della Palazzo era lunga dieci campate, o 168 piedi e 4 pollici, e larga sette campate, o 118 piedi, mentre le gallerie misuravano in larghezza due campate; differiva anche dal Giardino d’inverno perché la navata era coperta con un tetto opaco di zinco italiano. Le due parti della struttura erano separate da uno schermo di vetro, con cinque coppie di porte che si aprivano verso l’Esposizione al piano terra. Fu creata anche una Sala Centrale superiore, che comunicava con la parte centrale dell’edificio principale attraverso grandi porte a soffietto: l’idea fu di rispondere alla necessità di creare una pinacoteca, con una grande quantità di spazio disponibile sulle pareti.

GALLERY EXPO 1865 DUBLINO

Le immagini mostrate in questa galleria e in tutto l’articolo provengono dall’archivio digitale Archiseek.com. 2/3


EXPO 1867 PARIGI milanoplatinum.com/expo-1867-parigi.html Aldo Minari

January 19, 2016

Expo 1867 Parigi - Édouard Manet, Guardando il mondo [Public domain], via Wikimedia Commons

EXPO 1867 PARIGI – Parigi si fece trovare pronta al suo secondo appuntamento con l’Esposizione Universale: per ordine di Napoleone III, Expo 1867 Parigi si tenne dal 1º aprile al 3 novembre 1867, con il titolo di Exposition Universelle de Paris. A partire proprio da questa edizione, lo scopo principale di Expo non fu più ricercato nella “semplice” esposizione di prodotti di varia provenienza, ma fu incentivare la conoscenza reciproca tra le Nazioni partecipanti. Venne nominata una commissione guidata dal Principe Jerome Napoleon come Presidente e il sito scelto per l’Esposizione fu Champ de Mars, la grande piazza d’armi di Parigi, con una superficie di 119 acri (48 ettari); in aggiunta a Champ de Mars venne utilizzata anche l’isola di Billancourt, di 52 acri (21 ettari ). L’edificio principale era a forma rettangolare con le estremità arrotondate, lunga 1.608 piedi (490 metri) e larga 1.247 piedi (380 metri); al centro fu costruito un padiglione sormontato da una cupola e circondato da un giardino lungo 545 piedi (166 metri) e largo 184 piedi (56 metri), con una galleria che ne seguiva completamente il perimetro. Oltre all’edificio principale, vennero costruiti altri 100 gli edifici più piccoli. Gli espositori furono 50.226, di cui 15.055 francesi (comprese le colonie), 6.176 inglesi e irlandesi, 703 statunitensi e un piccolo contingente canadese. Venne stanziato l’equivalente $ 1.165.020 dal governo francese, come fondo per la costruzione e la manutenzione della mostra, mentre $ 2.000.000 provennero da sottoscrizioni pubbliche, per un totale di $

1/4


5.883.400. Gli introiti furono di molto inferiori: 2.822.900 $, lasciando così un deficit, che tuttavia venne compensato dalle sottoscrizioni del governo; quello che poteva essere un pesante deficit fu così trasformato in un guadagno. L’Esposizione di Parigi fu caratterizzata da un orologio conico molto elaborato, realizzato da due dei più importanti e famosi artigiani francesi del XIX secolo, l’orologiaio E. Farcot e lo scultore Albert Ernest Carrier de Belleuse: è arrivato fino ai giorni nostri e si trova al Roosevelt Hotel di New Orleans. La sua base, che mostrava la faccia dell’orologio e i movimenti meccanici interni, fu scolpita in marmo onice. In cima alla base, si ergeva una scultura in bronzo raffigurante una figura femminile che reggeva uno scettro. Ruotando silenziosamente nella mano della figura femminile, lo scettro dava un movimento costante all’orologio, conferendo al meccanismo un’aura di grandezza e di mistero. Dalla base alla cima, l’orologio misurava circa 10 piedi di altezza. Vincent van Gogh e altri artisti del movimento post-impressionista del tardo XIX secolo facevano parte della corrente artistica europea ispirata alle opere figurative esposte a Expo 1867, e spesso scrissero delle xilografie giapponesi che mostravano ovunque paesaggi e figure. Van Gogh, insieme a molti altri artisti francesi del tardo XIX secolo, diede vita in Europa a una corrente artistica che si sviluppò nel Giapponismo. Jules Verne visitò l’Esposizione Universale e trasse grande ispirazione dalla recente scoperta dell’elettricità per la stesura di Ventimila leghe sotto i mari. Expo 1867 Parigi fu visitata da 9.238.967 di persone, inclusi espositori e impiegati. La via di Parigi vicino agli Champs de Mars venne denominata rue de l’Exposition in omaggio a questa Esposizione Universale del 1867.

EXPO 1867 PARIGI – MEMORABILIA L’archeologo francese Jacques Boucher de Perthes, espose uno dei primi strumenti preistorici la cui autenticità fu riconosciuta. La mostra comprendeva anche due prototipi del tanto acclamato idrocronometro, inventato nel 1867 da Giovan Battista Embriaco (Ceriana 1829 – Roma 1903), professore presso la Pontificia università “San Tommaso d’Aquino” di Roma. Per la prima volta, il Giappone espose opere d’arte agli occhi di tutto il mondo in un padiglione nazionale, in particolare oggetti provenienti dalla provincia di Satsuma e dalla prefettura di Saga nell’isola di Kyūshū. Una rivisitazione del famoso balletto Le Corsaire venne messa in scena dal Maestro Joseph Mazilier in onore dell’Esposizione Universale al Théâtre Impérial de L’Ópera il 21 Ottobre 1867.

GALLERY EXPO 1867 PARIGI

2/4


3/4


VIDEO EXPO 1867 PARIGI Exposition universelle de 1867 China in Paris expo 1867

4/4


EXPO 1871-1874 LONDRA milanoplatinum.com/expo-1871-1874-londra.html Aldo Minari

January 26, 2016

Expo 1871-1874 Londra - Expo 1872 London - [Public domain], via Wikimedia Commons

EXPO 1871-1874 LONDRA – Nell’arco di un quadriennio, Londra ospitò ben 4 edizioni dell’Esposizione Universale, a partire dal 1871. Prese così vita Expo 1871-1874 Londra, con il titolo di London International Exhibitions. Gli appuntamenti annuali con Expo furono così cadenzati: Expo 1871 1 maggio – 29 settembre 1871 Superficie: 100 acri Visitatori totali: 1.142.000 Profitto: £ 17.671 Expo 1872 1 maggio – 19 ottobre 1872 Superficie: 100 acri Visitatori totali: 647.000 1/3


Perdita: £ 5.780 Expo 1873 14 aprile – 31 ottobre 1873 Superficie: 100 acri Visitatori totali: 498.000 Perdita: £ 12.126 Expo 1874 6 aprile – 31 ottobre 1874 Superficie: 100 acri Visitatori totali: 467.000 Perdita: £ 17.821 [Fonte: worldexhibition.org] Fu senza dubbio l’appuntamento del 1871 quello più importante, sia in ordine di visite, sia in ordine di profitto economico: con l’anno 1871 Londra inaugurava il suo terzo Expo (dopo Expo 1851 e Expo 1862) e fu un evento che attirò parecchio l’attenzione internazionale. La scelta di inaugurare un ciclo di Annual International Exhibitions non si rivelò una mossa vincente, dal momento che l’attenzione del pubblicò scemò drasticamente, con conseguente perdita economica negli anni 1872, 1873, 1874. Il progetto, patrocinato da Sir Edward Cole, prevedeva addirittura un ciclo di 10 Esposizioni Universali, da organizzarsi a Londra dal 1871 al 1880, tuttavia, vista la sempre più tiepida accoglienza in patria e considerata la sempre più bassa affluenza di visitatori stranieri, il progetto fu terminato dopo 4 anni. Il bilancio del quadriennio non fu certo brillante: il ciclo delle Annual International Exhibitions si chiuse con un deficit di £ 18.000.

EXPO 1871-1874 LONDRA – MEMORABILIA Il Crystal Palace fu sempre il protagonista e l’ospite di ogni Esposizione, basti pensare che in questi anni divenne il palcoscenico di una serie di eventi internazionali: la prima mostra di gatti al mondo – 1871; una mostra di frutta (anche quella più esotica) – 1873 la Collezione Australiano-Asiatica, ideata da H.E. Pain e comprendente materiali provenienti da Tasmania, Nuova Caledonia, Isole Salomone, Australia, Nuova Zelanda – 1873; una grande celebrazione militare – 1873; mostre di cani, colombe, miele, fiori; il primo motor show.

GALLERY EXPO 1871-1874 LONDRA

2/3


3/3


EXPO 1873 VIENNA milanoplatinum.com/expo-1873-vienna.html Aldo Minari

February 2, 2016

Expo 1873 Vienna - 01 - By Michael Frankenstein, Wiener Photographen-Association [Public domain], via Wikimedia Commons

EXPO 1873 VIENNA – Nel 1873 fu la volta di Expo 1873 Vienna: la capitale dell’Impero Austro-Ungarico ospitò, per volere dell’imperatore Francesco Giuseppe I d’Austria (1830-1916), l’Esposizione Universale, con il titolo di Kultur und Erziehung (Cultura ed Educazione). Si contarono 26.000 espositori, tutti allocati in diversi edifici, eretti in occasione di questa Esposizione Universale. Il palazzo principale fu la Rotunde, un edificio circolare ricoperto parzialmente in acciaio, di 84 metri di altezza e 108 metri di diametro, costruito nel bel mezzo del grande parco cittadino Prater. La sua cupola rimase la più grande del mondo per quasi un secolo, addirittura più grande del Pantheon di Roma (diametro: 43,4 m). La Rotunde fu progettata dall’architetto austriaco Baron Karl von Hasenauer e venne eretta dalla ditta tedesca Johann Caspar Harkort di Duisburg. Il tetto fu opera dell’ingegnere scozzese John Scott Russell, che per l’occasione utilizzò 4.000 tonnellate di acciaio. Questo edificio fu accolto con enorme entusiasmo dal pubblico e venne in seguito utilizzato per spettacoli e fiere. La Rotunde bruciò a causa di un incendio il 17 settembre 1937 e oggi al suo posto si trova un portale della Fiera Internazionale di Vienna. 1/3


Tra i padiglioni più imponenti, si distinsero quello della Germania (che esponeva con orgoglio i prodotti dell’industria e dell’agricoltura), della Francia (incentrato sul lusso) e dell’Inghilterra (che metteva in mostra i propri macchinari e strumenti industriali). Il padiglione del Giappone destò interesse e meraviglia, per via della scelta espositiva: non furono esposti prodotti della tradizione, ma creazioni e soluzioni contemporanee, per dimostrare quanto questa nazione fosse all’avanguardia.

EXPO 1873 VIENNA – MEMORABILIA Il padiglione della Russia comprendeva un’importante sezione navale ideata dal pittore e architetto russo Viktor Aleksandrovič Hartmann (1834-1873). All’interno dell’Esposizione si poteva ammirare una fedele ricostruzione del Porto di Rijeka (Fiume). Fu esposto l’Illés Relief, un modello in scala 1:500 della città santa di Gerusalemme, a base di zinco fuso e scolpito, e dipinto a mano, opera diStephen Illés.

LINK UTILI Guide of Vienna Exposition 1873

GALLERY EXPO 1873 VIENNA

2/3


EXPO 1876 PHILADELPHIA milanoplatinum.com/expo-1876-philadelphia.html Aldo Minari

February 9, 2016

Expo 1876 Philadelphia, Memorial Hall - By Jack E. Boucher [Public domain], via Wikimedia Commons

EXPO 1876 PHILADELPHIA – Nel 1876 Expo tornò negli Stati Uniti (dopo Expo 1853 New York), precisamente a Philadelphia, la città più importante della Pennsylvania: nacque così Expo 1876 Philadelphia, con il titolo di Centennial Exhibition of Arts, Manufactures and Products of the Soil and Mine. L’occasione ripresa dal titolo fu quella di celebrare i cent’anni della Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America (4 luglio 1776). L’Esposizione si tenne dal 10 maggio al 10 novembre 1876, vi parteciparono 37 Paesi e fu visitata da circa 10 milioni di visitatori. L’idea di organizzare un’Esposizione Universale in occasione del centenario dell’indipendenza fu di John L. Campbell, professore di matematica, di filosofia naturale e di astronomia: nel 1870 il Philadelphia City Council approvò il progetto e Expo 1876 si tenne al Fairmount Park, in un’area di 450 acri. Per l’occasione vennero costruiti nuovi alberghi, nacquero numerose agenzie per la fornitura di alloggi per turisti, fu incrementato il servizio taxi cittadino e la Pennsylvania Railroad incrementò le corse da Philadelphia verso New York, Baltimore e Pittsburg. La novità di questa edizione fu che l’Esposizione non venne organizzata in un unico grande edificio. Furono per la prima volta costruiti 5 padiglioni principali dedicati ciascuno a un tema diverso: il Padiglione Centrale, il Padiglione delle 1/4


Arti, il Padiglione dei Macchinari, il Padiglione dell’Orticoltura e il Padiglione dell’Agricoltura. Questi furono i cinque padiglioni principali, cui vanno aggiunti i circa 200 minori relativi ai Paesi stranieri, agli Stati Federati e alle aziende private, nonché il Padiglione delle Donne.

Padiglione centrale (Main Building) Era il padiglione più grande, occupava 21,5 acri e misurava 464 piedi in larghezza e 1880 in lunghezza. Fu costruito con parti prefabbricate in legno e ferro, richiese 18 mesi per essere ultimato e costò $1.580.000. Sui 4 lati dell’edificio si aprivano altrettanti portali, utilizzati sia come ingressi, sia come collegamenti con gli altri padiglioni principali: a nord si trovava il collegamento con il Padiglione delle Arti, a ovest si trovava il passaggio per i Padiglioni dei Macchinari e dell’Agricoltura, il portale a est veniva utilizzato per il passaggio delle carrozze, la porta a sud era usata come ingresso principale. In tutto l’edificio si contavano 672 colonne, da quelle più piccole (alte 23 piedi) a quelle più grandi (alte 125 piedi). Dopo l’Esposizione, l’edificio venne venduto per $250.000, durante l’asta tenutasi il 1° dicembre 1876. Rimase aperto fino al 1879, ma poi, a causa di difficoltà finanziarie, fu demolito nel 1881.

Padiglione dell’Agricoltura (Agricultural Hall) Era la terza struttura più larga in tutta Expo 1876. Il Padiglione dell’Agricoltura fu progettato da James Windrim, misurava 820 piedi in lunghezza e 540 in larghezza. I materiali utilizzati per la costruzione furono il legno e il vetro.

Padiglione dell’Orticoltura (Horticultural Hall) Questo padiglione attirava giardinieri professionisti e amatoriali: misurava 383 piedi in lunghezza, 193 in larghezza e 68 in altezza. La curiosità di questo padiglione è che fu costruito in memoria del Crystal Palace di Londra. All’interno si trovavano moltissime specie di piante, anche esotiche. Dal momento che fu progettato per essere permanente, al termine di Expo 1876 non fu smantellato, ma rimase attivo fino al 1954, quando fu gravemente danneggiato dall’uragano Hazel e in seguito demolito.

Padiglione dei Macchinari (Machinery Hall) Fu il secondo padiglione per grandezza e fu progettato da Joseph M. Wilson e Henry Pettit. Misurava 1402 piedi in lunghezza, con un’ala aggiuntiva sul lato a sud di 208 per 210 piedi. La struttura ospitò 1900 espositori e richiese 6 mesi per essere ultimata. I materiali utilizzati per la costruzione furono il legno e il vetro. L’attrazione principale del padiglione fu il Corliss Centennial Steam Engine, un motore a vapore alto 70 piedi che sviluppava 1.400 cavalli-potenza e pesava 650 tonnellate.

Padiglione delle Arti (Memorial Hall) Progettato da Herman J. Schwarzmann, il Padiglione delle Arti fu realizzato in mattoni, vetro e granito. Metteva a disposizione dei dipinti una superficie a parete di 75.000 piedi e uno spazio di 20.000 piedi per l’esposizione delle sculture. Nel 1877 il padiglione riaprì i 2/4


battenti come Pennsylvania Museum of Art e nel 1938 fu rinominato Philadelphia Museum of Art. In seguito l’edificio fu utilizzato come stazione di polizia, mentre oggi viene utilizzato come Please Touch Museum.

Padiglione delle Donne (Woman’s Pavilion) Il Woman’s Pavilion, progettato da Hermann J. Schwarzmann, fu dedicato principalmente alle donne e in particolare ai lavori domestici. La presidentessa del Women’s Centennial Committee, Elizabeth Duane Gillespie, pronipote di Benjamin Franklin, raccolse 82.000 firme in due giorni per la raccolta fondi per la costruzione del padiglione. L’obiettivo generale di questo progetto fu di aumentare la consapevolezza delle capacità femminili e delle loro scelte, di partecipare attivamente al processo di emancipazione sociale, economica e legale della donna, di opporsi alle restrizioni inique contro le donne, di incoraggiare l’armonia tra i sessi, e guadagnare influenza, leva finanziaria e libertà per tutte le donne, dentro e fuori le mura domestiche. Entrando nel padiglione, i visitatori potevano ammirare prodotti artistici e industriali, come sculture in legno, mobili d’arredo e ceramiche; articoli di fantasia, come abbigliamento e tessuti; espressioni dell’ingegno umano, come filantropia, filosofia, scienze, medicina; piani di formazione scolastica; opere di letteratura. Il padiglione esponeva oltre 80 invenzioni brevettate, come una stufa, una presa per la mano in una macchina da cucire, una lavastoviglie, un ferro autoriscaldante.

EXPO 1876 PHILADELPHIA – MEMORABILIA Fu messo in mostra il telegrafo di Thomas Alva Edison. Fu presentato il telefono di Alexander Graham Bell. Fu presentata la macchina da scrivere di Eliphalet Remington. Fu presentata una salsa rivoluzionaria, il ketchup di Henry John Heinz. Fu esposta una dinamo elettrica, precursore della torcia elettrica. Fu introdotta una bevanda che divenne presto famosissima, la Hires Root Beer, prodotta da Dr Pepper Snapple Group.

GALLERY EXPO 1876 PHILADELPHIA

3/4


VIDEO EXPO 1876 PHILADELPHIA 1876 Centennial Slideshow

4/4


EXPO 1878 PARIGI milanoplatinum.com/expo-1878-parigi.html Claudia Scienza

June 16, 2016

Expo 1878 Parigi – Panorama des Palais [Public domain], via Wikimedia Commons

EXPO 1878 PARIGI – Il 1 maggio 1878 la terza Expo ospitata dalla Ville Lumière viene inaugurata dal maresciallo Patrice de Mac-Mahon, presidente della Repubblica francese, che accompagnato dal suo seguito sfila lungo un tappeto rosso all’interno del vasto complesso dell’esposizione. L’esposizione parigina avrebbe in realtà aperto al pubblico il 20 maggio, per terminare infine il 10 novembre. All’epoca, la Francia si era appena ripresa dalle distruzioni seguite alla Guerra francoprussiana del 1870-71 e alla guerra civile che aveva portato alla caduta della Comune parigina. Il progetto per l’Expo del 1878 era l’occasione per mostrare la rinascita di Parigi, risorta dalle sue ceneri come l’araba fenice, e di presentare al mondo intero la Terza Repubblica. Malgrado la prevedibile assenza della Germania e di poche altre nazioni, questa edizione parigina avrebbe registrato numerosi record, a partire dall’affluenza: ben 16 milioni di visitatori. Inoltre, con i suoi 66 acri (270.000 metri quadrati), l’Expo 1878 superava abbondantemente le precedenti esposizioni. Come per l’edizione del 1867, a ospitare una parte dell’Expo fu il Champ-de-Mars. Dalla Senna fino all’Ecole Militaire si estendeva l’enorme spazio rettangolare del Palais du Champ-de-Mars. Rispetto alle precedenti edizioni svoltesi nella Ville Lumière, infatti, l’area dell’Expo era caratterizzata da una più efficiente sistemazione degli spazi, grazie a una planimetria rettangolare (al posto della precedente di forma ellittica), sulla quale si estendeva l’esposizione. La vasta area dello Champ-de-Mars era attraversata dall’emblematica Rue des Nations, lungo la quale sorgevano i padiglioni delle varie nazioni. L’Expo si estendeva anche sull’altra riva della Senna, sulla Colline de Chaillot (la collina di Chaillot), dove sorgeva il Palais du Trocadéro, e per facilitare gli spostamenti tra le due rive il Pont d’Iéna venne ampliato. Sempre nell’ottica di agevolare spostamenti e trasferimenti anche la Gare du Champ-de-Mars venne ampliata con 4 nuovi binari. Infine, sul Quai d’Orsay e sull’Esplanade des Invalides sorgeva una sezione dedicata all’agricoltura. 1/4


Il Palais du Trocadéro sorse appositamente per l’Expo, per opera dell’architetto Gabriel Davioud e dell’ingegnere Jules Bourdais. Il palazzo, di ispirazione moresca e neobizantina, ospiterà i fastosi ricevimenti con i quali il presidente Mac-Mahon accoglierà ambasciatori e principi stranieri. Il palazzo era infatti dotato di un enorme salone per le feste, oltre che di una sala per concerti. La ventilazione e il ricambio dell’aria erano garantite da un efficace e moderno sistema composto da 5000 bocche d’aspirazione, sistemate tra le poltrone. Il Palais du Trocadéro vantava inoltre un meraviglioso organo, realizzato da Aristide Cavaillé-Coll, uno dei più grandi organari di tutti i tempi. All’ingegnere Jean-Charles Alphand, specialista di giardini paesaggistici e nel creare spettacolari cascate, venne affidata la progettazione degli spazi esterni. I giardini erano organizzati intorno a una fontana a cascata, e furono arricchiti da numerose statue, tra le quali il Taureau di Auguste Cain e il Cheval à la Herse di Pierre Louis Rouillard. Anche lo stesso Palais du Trocadéro annoverava numerose sculture, come la serie di statue raffiguranti le maggiori città francesi che ornavano il salone delle feste, oppure le allegorie dei continenti presenti sulla terrazza che dava sui giardini (oggi installate di fronte al Musée d’Orsay). Inoltre, il grande bacino a cascata era circondato da quattro statue in bronzo raffiguranti animali (un elefante, un rinoceronte, un toro e un cavallo). Al suo interno, il Palais du Trocadéro ospitava anche una vasta e preziosa mostra d’arte, con il meglio della produzione artistica e artigianale di Francia. Secondo l’intento originario, il Palais non era destinato a sopravvivere all’edizione 1878 dell’esposizione, tuttavia verrà demolito solo nel 1935, per lasciare posto al Palais de Chaillot, che ancora oggi fronteggia la Torre Eiffel dall’altra riva della Senna. Gran parte dell’Expo 1878 trovava la sua sistemazione negli enormi spazi dello Champ-deMars, quasi interamente occupato dal Palais de l’Exposition, noto anche come Palais de Fer. Qui sorgevano i padiglioni delle varie nazioni partecipanti. L’edificio ricordava molto una enorme serra in ferro e vetro, e lungo uno dei suoi lati si dipanava la Rue des Nations, con gli edifici e i padiglioni dei vari Paesi. Sull’altro lato erano presenti spazi espositivi dedicati ai prodotti francesi e coloniali, mentre il centro del complesso era dedicato alla città di Parigi. L’esposizione parigina fu fortemente caratterizzata dalla scultura, che catturò l’attenzione del pubblico grazie a numerosi artisti e alle loro opere. Tra le maggiori attrazioni, il pubblico, per soli 5 centesimi, poteva entrare nella testa cava della Statua della Libertà, l’opera che Frédéric Auguste Bartholdi ultimerà nel 1886, e che la Francia donerà agli Stati Uniti. L’enorme testa del futuro simbolo di New York faceva bella mostra di sé nella cornice dei giardini del Palais du Trocadéro. Il pittore Jean-Leon Gérôme, tra i più celebri dell’epoca e che fu premiato all’Expo del 1867, fece il suo debutto come scultore in occasione dell’evento del 1878. Gustave Doré, celebre per le sue illustrazioni di Dante, Milton e della Bibbia, espose diverse opere, tra le quali anche l’enorme vaso scolpito noto come Poème de la Vigne. A essere premiato nell’edizione 1878 sarà Marius Jean Antonin Mercié. La sua statua, dal titolo Gloria Victis, intendeva onorare i soldati francesi caduti durante il recente conflitto franco-prussiano. La figura femminile alata, simbolo dello spirito della Francia, sorregge un soldato francese morente, esprimendo il concetto che anche nella sconfitta (come quella 2/4


subita dalla Francia) è possibile mostrare eroismo e trovare la forza per rialzarsi. L’opera ebbe grande successo anche tra il pubblico, e venne vista come il simbolo e l’incarnazione dello spirito che aveva animato e sostenuto l’Exposition Universelle del 1878.

EXPO 1878 PARIGI – MEMORABILIA Tra le numerose innovazioni tecnologiche esposte vi furono il fonografo di Edison e il monoplano di Félix du Temple, realizzato in alluminio. In mostra all’Expo vi era la macchina di Raoul Pictet et Cie che fabbricava 24 tonnellate di ghiaccio al giorno. Il pubblico scoprì per la prima volta che l’elettricità produceva luce grazie alla candela elettrica (o lampada ad arco, che faceva luce innescando un arco tra gli elettrodi di carbone) del russo Jablochkoff, il primo inventore di lampade ad avere successo commerciale. Tra le altre novità presenti all’Expo 1878 vi furono anche la macchina da scrivere, del russo Mikhail Ivanovich Alisov, e i denti in porcellana (dagli Stati Uniti). Una macchina per fabbricare 100 ferri di cavalli l’ora fu presentata dalla Compagnie des Petites Voitures. La società J. Hermann-Lachapelle ottenne una medaglia d’oro per la sua macchina per produrre bevande gasate. Il Padiglione delle Indie (commissionato da Edoardo, principe di Galles, per rappresentare le Indie britanniche) e il Padiglione di Svezia e Norvegia sono stati spostati a Courbevoie, dove si trovano ancora oggi. Tra le attrazioni parallele, dislocate all’interno di Parigi, vi fu un pallone aerostatico frenato di 25 000 metri cubi, capace di trasportare 40 passeggeri; realizzato da Henri Giffard, si trovava ai giardini delle Tuileries. La Maison Mercier espose una gigantesca botte contenente l’equivalente di 65.000 bottiglie di champagne.

GALLERY EXPO 1878 PARIGI

3/4


LINK UTILI http://www.expositions-universelles.fr/1878-exposition-universelle-paris.html http://expositions.bnf.fr/universelles/

VIDEO EXPO 1878 PARIGI Exposition Universelle de Paris, 1878

4/4


Expo Parigi 1878: Edison e il fonografo milanoplatinum.com/expo-parigi-1878-edison-e-il-fonografo.html Claudia Scienza

November 24, 2017

Edison e il fonografo nell'aprile del 1878; fonografo del 1877. [Public domain], attraverso Wikimedia Commons].

Expo Parigi 1878: Edison e il fonografo – Tra la Ville Lumière e le esposizioni universali, nel corso della storia, vi è stato un grande amore, come testimoniano le ben sei Expo ospitate da Parigi, tra il 1844 e il 1900. L’esposizione del 1878 vide per l’occasione la costruzione del palazzo del Trocadéro (oggi non più esistente) e in particolare dei giardini del Trocadéro. Il complesso espositivo si sviluppò anche tra gli Champs de Mars e lungo la Senna. L’edizione del 1878 è ricordata anche per l’esposizione, proprio nei giardini del Trocadéro, della testa della Statua della Libertà, che lo scultore Frédéric Auguste Bartholdi stava realizzando in collaborazione con Gustave Eiffel, ingegnere e imprenditore specialista in strutture metalliche che sarebbe divenuto famoso per la torre, realizzata per l’esposizione universale parigina del 1889, in metallo che prese il suo nome e che è divenuta il simbolo della città. La Statua della Libertà sarebbe stato il dono ufficiale della Francia agli Stati Uniti d’America in occasione del primo centenario dell’indipendenza americana, divenendo il simbolo di New York. Il legame tra Francia e Stati Uniti era inoltre testimoniato dalla forte presenza americana all’esposizione parigina. I numerosi padiglioni, che ospitavano esposizioni di vario genere, videro anche la partecipazione, tra i tanti inventori accorsi a Parigi per presentare le loro creazioni, anche lo statunitense Thomas Alva Edison, che portò a Parigi il fonografo da lui inventato. La nascita del fonografo, uno dei primissimi strumenti pensati per poter registrare e riprodurre il suono, si colloca circa trent’anni dopo l’invenzione del telegrafo. Edison, nel 1877, aveva realizzato un ripetitore telegrafico che era in grado di incidere i punti e le linee del codice Morse su un disco, disegnando una traccia a spirale con una piccola punta, in modo tale che un messaggio poteva essere ripetuto senza l’intervento dell’operatore. 1/3


Edison si accorse inoltre che, se il disco ruotava ad una velocità sufficientemente alta, la puntina emetteva vibrazioni che ricordavano il timbro della voce umana. Da questa osservazione nacque quindi l’idea di applicare un principio simile per registrare la voce umana. In precedenza, nel 1860, si sa che un certo Édouard-Léon Scott de Martinville era riuscito a registrare la voce umana su alcuni fogli di carta anneriti, tuttavia si trattava di uno strumento che era solo in grado di registrare ma non di riprodurre il suono. Il fonografo di Edison era costituito da un rullo di ottone (il cilindro fonografico) di circa 10 cm di diametro e di lunghezza, sostenuto da un asse filettato. Sul cilindro era tracciato un solco a spirale di 2,5 mm di larghezza e la superficie del cilindro era ricoperta da un foglio di stagnola. Durante la registrazione, il cilindro ruotava e la stagnola veniva sfiorata dalla puntina collegata alla membrana vibrante. La puntina, seguendo le oscillazioni della membrana, incideva una traccia profonda nella stagnola che, tesa sopra al solco, poteva cedere sotto la pressione. Per la riproduzione, il processo sarebbe stato inverso, con l’unica differenza che in questo caso veniva utilizzata una seconda membrana, molto più elastica, posta all’altra estremità dell’apparecchio. Il solco nella stagnola con le sue variazioni di profondità, faceva vibrare la membrana restituendo il suono registrato. Il funzionamento era quindi alternativamente di registratore o riproduttore. Edison, incurante dello scetticismo dei suoi collaboratori, brevettò la sua ingegnosa invenzione il 19 febbraio novembre del 1878, anche l’annuncio dell’invenzione fu fatto il 21 novembre dell’anno precedente. Una volta ottenuto il brevetto, Edison creò la Edison Speaking Phonograph Company, con l’intenzione di sfruttare economicamente la sua invenzione. L’inventore, e ora imprenditore, intendeva in particolare installare il fonografo presso le fiere di paese e nei luna park, dove il pubblico avrebbe potuto farlo funzionare utilizzando dei gettoni. La qualità della riproduzione sonora era pessima, e doveva essere migliorata prima di poter essere sfruttata negli uffici, il vero obiettivo di Edison, che intendeva quindi sfruttare la curiosità del pubblico delle fiere per far conoscere la sua invenzione. Per Edison, infatti, la destinazione ideale del fonografo era presso gli uffici, per la dettatura di lettere e operazioni simili, per realizzare libri per non vedenti e per l’insegnamento della dizione. Addirittura Edison ipotizzò in largo anticipo quella che in seguito sarebbe stata la segreteria telefonica (nata ufficialmente nel 1948), che lui stesso descrive: “Un abbonato del telefono può installare su un apparecchio un Fonografo che, a ogni chiamata, comunicherà all’ufficio centrale che è uscito, e che sarà di ritorno ad una certa ora. Allo stesso modo un abbonato, chiamandone un altro e non trovandolo a casa, potrà fare la sua comunicazione e registrarla sul Fonografo della persona chiamata”. La destinazione prettamente professionale che Edison aveva in mente per il suo fonografo mette in luce il fatto che il prolifico inventore americano, che fu inoltre il primo imprenditore che seppe applicare i principi della produzione di massa al processo di un’invenzione, intendeva aumentare i profitti riducendo i tempi necessari a compiere alcune operazioni. Edison quindi non aveva affatto pensato a un utilizzo in ambito musicale, che rappresentava un mercato del tutto nuovo e sconosciuto per Edison, che voleva invece “andare sul sicuro”. 2/3


Successivamente, le migliorie apportate negli anni successivi avrebbero migliorato notevolmente la qualità del suono delle registrazioni, aprendo cosÏ la strada verso l’utilizzo del fonografo anche in ambito musicale.

3/3


EXPO 1879 SYDNEY milanoplatinum.com/expo-1879-sydney.html Valeria De March

June 9, 2016

EXPO-1879-SYDNEY_garden_MilanoPlatinum (lrrpublic.cli.det.nsw.edu.au)

EXPO 1879 SYDNEY – Nel 1879 Expo approdò per la prima volta nell’emisfero meridionale: fu infatti Sydney ad ospitare l’esposizione universale di quell’anno. La situazione amministrativa australiana stava attraversando nella metà del XIX secolo un periodo di cambiamenti: le aspirazioni autonomistiche manifestatesi nelle colonie portarono la madrepatria britannica a concedere nel 1850 l’Australian Colonies Act, grazie al quale il Nuovo Galles, la Tasmania, il Victoria e l’Australia meridionale ebbero la possibilità di darsi proprie istituzioni rappresentative. Conseguenza di questo provvedimento fu una rapida crescita economica, incrementata anche dalla scoperta della straordinaria risorsa delle miniere d’oro. Lo sviluppo di quegli anni fu mostrato al resto del mondo proprio il 17 settembre del 1879, quando Sydney inaugurò la sua esposizione. Si trattò di un evento dalla portata internazionale che riscosse grande successo nonostante l’Australia fosse all’epoca ancora molto isolata dall’Europa e dall’America: i visitatori raggiunsero il totale di 1.045.898, e tra i Paesi partecipanti vi furono Stati Uniti, Germania, Francia, Inghilterra, Nuova Zelanda, Irlanda, Colonie Australiane. L’elevato numero di ingressi non fu però sufficiente per far sì che il Bureau International des Expositions, l’organizzazione intergovernativa che gestisce Expo, riconoscesse ufficialmente l’evento. 1/3


Il simbolo principale di Sydney 1879 fu il Garden Palace, edificio progettato da James Barnet e costruito da John Young, al costo di ₤191,800 in soli otto mesi. Modellato sul London’s Crystal Palace, che ospitò Expo 1851, il Garden Palace fu realizzato con una pianta simile a quella di una grande cattedrale, sormontata da una cupola di 30,4 metri di diametro e 65,5 metri di altezza. L’edificio, la cui costruzione fu agevolata dall’importazione dall’Inghilterra della corrente elettrica, dominò lo skyline di Sydney per tre brevi anni: nel 1882 infatti scoppiò un incendio che riuscì a demolirlo in soli 40 minuti, distruggendo così quella che nel frattempo, dopo la chiusura di Expo, era diventata la sede del Governo. Tutto ciò che è rimasto di Garden Palace dopo l’incendio sono i pilastri intagliati nella roccia arenaria di Sydney e i cancelli di ferro battuto, situati all’ingresso dell’attuale Giardino Botanico Reale della città; tra gli oggetti provenienti dall’esposizione del 1879 sopravvissuti alle fiamme si ricordano la statua di grafite di un elefante proveniente da Ceylon, e un pezzo di metallo della statua della Regina Vittoria. Questi reperti sono oggi esposti al Powerhouse Museum, museo di arti e scienze applicate, creato proprio dopo la chiusura di Expo Sydney 1879 per raccoglierne e conservarne i manufatti.

EXPO 1879 SYDNEY – MEMORABILIA Fu presentato il primo ascensore idraulico della storia. Fu la prima esposizione dell’International Watch Company. Il musicista italiano Paolo Giorza fu scelto come direttore musicale dell’evento e per l’inaugurazione compose una celebre Cantata.

GALLERY EXPO 1879 SYDNEY

2/3


3/3


EXPO 1880 MELBOURNE milanoplatinum.com/expo-1880-melbourne.html Claudia Scienza

June 23, 2016

Expo 1880 Melbourne By PD-old; PD-AUSTRALIA [Public domain], via Wikimedia Commons

EXPO 1880 MELBOURNE – Nel 1880 la città australiana di Melbourne ospita l’Esposizione Universale (Melbourne International Exhibition), che si tiene dal 1° ottobre 1880 al 30 aprile 1881, presso il Royal Exhibition Building all’interno dei Carlton Gardens. Dopo la concessione dell’autogoverno, nel 1851, allo Stato di Victoria (del quale Melbourne era la capitale), si assistette a una costante crescita economica, grazie allo sfruttamento delle riserve auree della regione. Diretta rivale di Sidney, tramite l’Esposizione Universale Melbourne intendeva promuoversi come una sofisticata città industriale. Il 1 ottobre 1880, un venerdì, Melbourne è invasa da una moltitudine di persone, allineate lungo le vie che avrebbero visto di lì a poco sfilare le bandiere della varie nazioni partecipanti, in totale 29. Al termine dell’Expo di Melbourne, il 30 aprile 1881, i visitatori totali sarebbero stati 1,3 milioni. Per l’occasione l’architetto Joseph Reed progettò il Royal Exhibition Building, all’interno dei vittoriani Carlton Gardens. L’edificio era composto dalla Great Hall, un vasto ambiente di 12.000 metri quadrati, e da varie sale annesse, a carattere temporaneo. L’edificio, in mattoni, legno, acciaio e ardesia, trae ispirazione da elementi bizantini, romanici e rinascimentali (la cupola, alta 60 metri, è ispirata a quella del Duomo di Firenze). Il Royal 1/3


Exhibition Building sorge all’interno dei Carlton Gardens, disegnati in uno stile tipico dell’epoca vittoriana, con ampi viali, percorsi per carrozze, sentieri per passeggiate, laghetti, fontane, oltre ad ampi prati e numerosi alberi australiani ed europei. Il Royal Exhibition Building verrà poi ampliato e riutilizzato nel 1888 come sede per la Melbourne Centennial Exhibition. L’edificio e i giardini, ancora ben conservati nel loro aspetto originario, nel 2004 sono stati dichiarati Patrimonio Unesco. L’Expo del 1880 fu una grande occasione per mostrare l’ottimismo, l’entusiasmo e l’energia degli abitanti di Melbourne, che all’epoca stavano vivendo un periodo di grande prosperità economica. L’orgoglio e la sicurezza della città australiana sono direttamente testimoniati dal grande spazio dedicato alla messa in mostra dei prodotti locali e australiani, e in generale di quanto proveniente dall’Impero Britannico. Le altre nazioni dovettero “accontentarsi” di ritagliarsi spazi più ristretti in quanto rimaneva del complesso espositivo messo a loro disposizione. Tra i prodotti “british” vi erano i tappeti, le tappezzerie, i prodotti chimici, le carrozze, la pelletteria e le bilance. Gli Stati Uniti mostrarono macchine agricole, filo spinato, tosaerba, cotoni e luci elettriche. Melbourne e lo Stato di Victoria erano rappresentati da una vasta collezione di locomotive pesanti provenienti dalla Fonderia Phoenix di Ballarat. Un locomotore pesante per treni merci, dalla Victorian Railway Workshop, dimostrava la capacità di produzione industriale della colonia. Il Royal Exhibition Building ospiterà anche l’edizione del 1888 dell’Esposizione Universale, nota come Melbourne Centennial Exhibition. Ancora oggi, l’edificio, che vanta ancora numerose strutture della costruzione originaria, ospita eventi come il Melbourne International Flower and Garden Show.

EXPO 1880 MELBOURNE – MEMORABILIA Molti dei manufatti esposti nel 1880 sono ora conservati presso il Museum Victoria di Melbourne; dell’eclettica collezione fanno parte: Modellini di imbarcazioni dagli Straits Settlements (gli Insediamenti dello Stretto, un insieme di territori della Compagnia Britannica delle Indie Orientali nel Sud-Est asiatico). Piastrelle e mattonelle della Minton’s Ltd., realizzate a encausto con decorazioni in smalti, tipiche dell’era vittoriana. Campioni di riso e di sago (un amido estratto dal midollo di diverse specie di palma, alimento base per le popolazioni della Nuova Guinea e dell’arcipelago delle Molucche).

GALLERY – EXPO 1880 MELBOURNE

2/3


VIDEO – EXPO 1880 MELBOURNE

3/3


EXPO 1885 ANVERSA milanoplatinum.com/expo-1885-anversa.html Valeria De March

June 30, 2016

EXPO 1885 ANVERSA_panoramica_MilanoPlatinum

EXPO 1885 ANVERSA – Nel 1885 la cità ospite di Expo è stata Anversa, dove la manifestazione si è svolta dal 2 maggio al 2 novembre 1885. L’evento attirò 3,5 milioni di visitatori e costò 4 milioni di franchi belgi, arrivando a ricoprire un’estensione di 220.000 metri quadri. Tra le 25 nazioni che parteciparono ufficialmente si ricordano Austria, Canada, Germania, Grand Bretagna, Impero Ottomano, Portogallo, Serbia, Spagna, Regno di Romania, USA e alcuni stati del Sud America. Per l’occasione ad Anversa giunsero anche alcuni produttori di lana australiani, i quali con le loro esibizioni vinsero dei premi. L’esposizione universale di Anversa si svolse vent’anni dopo l’ascesa al trono di Leopoldo di Belgio (avvenuta nel 1865), e nello stesso anno della creazione dello Stato Libero del Congo: per questo motivo fu la prima manifestazione ad esporre un villaggio congolese, 1/3


secondo una pratica diffusa nella seconda metà dell’800: quella dello zoo umano. La pratica continuò poi per la successiva Expo: Bruxelles 1897. Gli zoo umani, denominati anche “esposizioni etnologiche”, erano esposizioni pubbliche in vigore nei secoli XIX e XX ed erano costituite da esseri umani in mostra, solitamente in uno stato considerato primitivo o naturale. Tali esposizioni avevano lo scopo di evidenziare le differenze culturali tra i popoli occidentali progrediti e altri popoli meno avanzati, se non addirittura primitivi, quanto a usanze, organizzazione e cultura. Di fatto, tali zoo umani si basavo precipuamente sul razzismo scientifico e sul Darwinismo sociale. Nonostante le esposizioni etnologiche siano state accusate di razzismo ingiustificato e degradante, non sono scomparse del tutto. Anche oggi, in Africa e in America latina, vengono allestiti villaggi in cui nativi africani, normalmente retribuiti, si mostrano al pubblico con indumenti originali e primitivi.

EXPO 1885 ANVERSA – MEMORABILIA Frans Pieter Lodewijk van Kuyck, pittore e grafico belga, realizzò il manifesto di Expo Anversa 1885: proveniva da una famiglia di artisti ed era molto attivo nella vita culturale e politica di Anversa.

GALLERY – EXPO 1885 ANVERSA

2/3


3/3


EXPO 1888 BARCELLONA milanoplatinum.com/expo-1888-barcellona.html Claudia Scienza

July 7, 2016

EXPO 1888 BARCELLONA

EXPO 1888 BARCELLONA – Nel 1888, l’Esposizione Universale si tenne a Barcellona, dall’8 aprile al 9 dicembre, e vide la partecipazione di 2,3 milioni di visitatori da tutto il mondo. L’esposizione intendeva celebrare l’urbanizzazione di Barcellona e la sua trasformazione in un centro industriale, commerciale e culturale. Barcellona e la Catalogna furono le pioniere, in Spagna, della Rivoluzione Industriale, e in molti casi la capitale catalana fu la prima, in territorio spagnolo, a introdurre le nuove tecnologie che stavano nascendo in Europa: nel 1818 nacque la prima impresa di diligenze; nel 1836 nacque la prima fabbrica meccanizzata; nel 1848 il primo treno; nel 1857 la prima nave in ferro. Inoltre, Barcellona fu la prima città spagnola a essere dotata di gas ed elettricità, e fu la sede di due importanti industrie come la España Industrial e la Maquinista Terrestre y Marítima. Parallelamente, anche a livello culturale si produsse una rinascita della lingua catalana, oltre che della letteratura, dell’arte, della musica e di altre espressioni culturali, fenomeno noto come Renaixença.

Il Parco della Cittadella

1/5


L’area espositiva venne allestita su una superficie di circa 450.000 metri quadrati, che al suo interno comprendeva la zona dell’Arc de Triomf, del Parc de la Ciutadella, del giardino zoologico e di parte dell’attuale Estació de França. La parte centrale dell’Esposizione era ubicata nella zona dell’antica Ciutadella (la Cittadella), una fortezza fatta costruire da Filippo V (1683-1746). Nel 1868 venne demolita, e di essa rimasero solo la cappella, il palazzo del governatore e l’arsenale. L’Expo 1888 è l’occasione per aprire Barcellona al mondo internazionale, e per questo il sindaco della città, Francesc Rius i Taulet, affida la ristrutturazione del Parc de la Ciutadella, dove si svolse la maggior parte dell’esposizione, a Josep Fontserè i Mestre, con il quale collaborò anche Antoni Gaudí, che intervenne soprattutto nella Cascada Monumental, uno dei punti nevralgici del parco. A essa collaborarono anche numerosi scultori, tra i quali Rossend Nobas, autore del gruppo scultoreo “La Quadriga dell’Aurora”. L’entrata dell’Expo avveniva attraverso l’Arc de Triomf, monumento creato per l’occasione che si erge ancora oggi nel suo luogo originario. Progettato da Josep Vilaseca, presenta una ricca decorazione scultorea. Di seguito vi era il Saló de Sant Joan (oggi Passeig de Lluís Companys), una larga “avenida” (viale) di 50 metri di larghezza, lungo il quale furono collocate otto grandi statue in bronzo, che raffiguravano personaggi illustri della storia catalana. Alla fine del lungo viale vi erano due grandi gruppi scultorei, raffiguranti il Commercio e l’Industria; altri due, dedicati all’Agricoltura e alla Marina, furono invece collocati all’entrata del complesso espositivo. Il primo edificio incontrato subito dopo l’arco era il Palacio de Bellas Artes, in stile neoclassico. Sul lato opposto si ergeva il Palacio de Ciencias. Superati i due edifici si entrava nell’area espositiva vera e propria, alla cui entrata si distingueva la Cascada Monumental, e alla sua destra il Castillo de los Tres Dragones (all’epoca il ristorante, oggi il Museo di Zoologia). Realizzato da Lluis Domènech i Montaner in stile neogotico, presentava anche innovazioni architettoniche moderniste, come l’utilizzo del ferro e dei mattoni a vista. Nella zona centrale dell’esposizione si ergeva la Fuente Mágica, una delle maggiori attrazioni dell’esposizione, che combinava i salti d’acqua con giochi di luce elettrica, dando vita a uno spettacolo notturno che destò meraviglia nei visitatori. L’edificio più importante era il Palacio de la Industria, che ospitava le sezioni straniere dell’esposizione. Era a forma di ventaglio, con una serie di gallerie concentriche che formavano 13 navate rettangolari. Una buona parte era occupata dalla sezione ufficiale del paese ospite, la Spagna. La navata centrale, la più grande ospitava le installazioni governative, tra le quali anche la Casa Reale, dove erano esposte diverse opere d’arte. Degni di nota erano anche l’Invernáculo, una serra in vetro e ferro, realizzato appositamente per l’Expo, e l’Umbraculo, una serra tropicale. L’Expo di Barcellona aveva anche una Sezione Marittima, dove sorgevano diversi padiglioni, come il Pabellon de la Compania Transatlantica, realizzato da Antoni Gaudí, demolito nel 1960.

L’apoteosi di scultura e architettura L’area dell’esposizione era anche un terreno di sperimentazione per l’architettura modernista, che stava caratterizzando sempre più la città, e quindi molti degli edifici del parco furono progettati dai principali architetti dell’epoca. Il Modernismo catalano, parte del più vasto fenomeno europeo dell’Art Nouveau, ebbe una grande presenza nell’Expo 2/5


1888, che rappresentò il punto d’inizio del nuovo movimento artistico grazie ad architetti come Lluís Domènech i Montaner e Antoni Gaudí. Il movimento modernista cercò di recuperare motivi ed elementi della cultura tradizionale catalana all’interno di nuove forme architettoniche, in relazione ai fenomeni artistici del resto dell’Europa, dando corpo alle aspirazione della ricca borghesia catalana che aspirava a modernizzare il Paese con riferimenti culturali internazionali. Il modernismo catalano influenzò anche la scultura, espressione che si mise particolarmente in luce all’Expo 1888. I due maggiori protagonisti, in questo ambito, furono Josep Llimona ed Eusebi Arnau. Tra le opere realizzate dal primo vi fu la statua equestre di Ramon Berenguer III (che gli valse la medaglia d’oro dell’esposizione) e i rilievi dell’Arc de Triomf. Arnau, che oltre a essere scultore era anche medaglista, realizzò alcune medaglie ufficiali dell’Esposizione.

Tecnologia, industria e scienza La tecnologia svolse un ruolo chiave nell’Expo di Barcellona; uno dei principali propositi della manifestazione, infatti, era di dare testimonianza al resto d’Europa dei progressi industriali raggiunti dalla città. Questo obiettivo è testimoniato dalla massiccia presenza, in posizione prominente, del Gran Palau de la Industria, che esponeva le ultime conquiste della Spagna in campo tecnologico e industriale. Barcellona, che era divenuta un centro industriale grazie all’energia generata dall’acqua e dal vapore, stava all’epoca entrando nell’era dell’energia elettrica. L’avvento dell’elettricità nelle case e nelle vie di Barcellona rappresentò un vero balzo nella modernità, e nel 1888 l’Esposizione Universale doveva mostrare al mondo questo grande successo. Per l’occasione, l’elettricità fece la sua comparsa sulla Rambla, il lungo viale che da Plaça de Catalunya porta al porto antico, uno dei luoghi più emblematici della città; anche la Gran Via de les Corts Catalanes, un lungo viale che attraversa la parte nuova della città, venne dotato di illuminazione elettrica. Anche la scienza ebbe un ruolo centrale all’Esposizione, anche se da alcuni l’Expo catalana venne criticata e definita “scientificamente debole”. Secondo alcuni infatti il Palacio de Ciencias era ben lontano dall’essere un “tempio delle scienze” come erano stati i padiglioni scientifici delle edizioni precedenti, come quella di Londra, di Parigi o di Vienna. Probabilmente a questa immagine negativa contribuivano alcuni spettacoli pubblici dal presunto interesse scientifico, come l’esibizione di Giovanni Succi, il famoso digiunatore di Cesenatico. Questi aveva stupito le folle di tutta Europa per la sua capacità di astenersi dal cibo per intere settimane, secondo alcuni aiutato da un filtro magico scoperto in qualche luogo remoto (in realtà pare si trattasse di semplice acqua zuccherata). Il pubblico poteva assistere, giorno dopo giorno, alla sua esibizione, durante la quale Succi, oltre ad astenersi dal cibo, dimostrava la sua buona salute e il suo vigore praticando equitazione, scherma e ginnastica. Per molti lo spettacolo di Succi era un esempio della discutibile “qualità” dell’esposizione scientifica, bersaglio della satira come fu lo fu anche un’altra attrazione dell’Expo, il pallone aerostatico frenato (cioè legato a terra tramite cavi), installato nella Cittadella. Il pallone purtroppo andò a fuoco il 23 giugno, e si dovette attendere fino alla fine di agosto per avere un nuovo aerostato. Altra attrazione di successo furono i ciclorama (o panorami), intrattenimento popolare molto in voga tra il XVIII e il XIX secolo, consistente in una stanza circolare con le pareti coperte dal disegno di una veduta a 360°, che ricreavano l’illusione di un paesaggio che 3/5


circondava lo spettatore.

L’eredità dell’Esposizione 1888 L’Expo di Barcellona chiuse i battenti il 9 dicembre. Era stata visitata da circa 1,5 milioni di persone, e il bilancio fu tuttosommato positivo. È stato un evento storico in quanto ha dato un forte contributo all’immagine di Barcellona quale città industriale e borghese. La maggior parte degli edifici realizzati per la mostra sono oggi scomparsi, a parte i citati Arc de Triomf, il Parco della Cittadella, il Castillo de los Tres Dragones, l’Invernaculo e l’Umbraculo. L’Expo di Barcellona avrebbe potuto avere anche un altro monumento, almeno stando a quanto narra una leggenda popolare. Pare infatti che Gustave Eiffel avesse presentato agli organizzatori dell’Expo catalana il suo progetto per la Torre Eiffel, ma venne giudicata una costruzione troppo costosa e strana, e preferirono invece realizzare l’Arc de Triomf, dallo stile più classico.

EXPO 1888 BARCELLONA – MEMORABILIA L’Expo contribuì al miglioramento urbanistico della città. L’occasione della mostra incentivò il completamento dei lavori rimasti incompiuti e fu motore della realizzazione di nuove infrastrutture e servizi destinate a migliorare la vita dei cittadini e a sfoggiare un’immagine di modernità agli occhi dei visitatori. Alcune delle innovazioni urbanistiche realizzate per l’Esposizione furono: l’urbanizzazione del Parc de la Ciutadella, che al termine dell’evento è divenuto il più grande parco cittadino; il completamento del lungomare tra il parco e Las Ramblas, grazie alla costruzione del Passeig de Colom e di un nuovo molo (l’attuale Moll de la Fusta); la costruzione del Gran Hotel Internacional; costruito nel tempo record di 69 giorni, aveva tre piani e la capacità di ospitare 2000 visitatori. Fu demolito dopo la fine dell’Esposizione; la costruzione del monumento a Cristoforo Colombo nella Plaza Portal de la Pau; l’inaugurazione delle Golondrinas, imbarcazioni turistiche che davano la possibilità ai visitatori di godere di una vista dal mare della città di Barcellona; l’illuminazione elettrica delle principali strade di Barcellona.

GALLERY EXPO 1888 BARCELLONA

4/5


5/5


EXPO 1889 PARIGI milanoplatinum.com/expo-1889-parigi.html Claudia Scienza

July 14, 2016

EXPO 1889 PARIGI

EXPO 1889 PARIGI – Nel 1889 è ancora Parigi a fare gli onori di casa per l’Esposizione Universale, che si tiene nella capitale francese dal 6 maggio al 31 ottobre. L’Expo era inoltre l’occasione per celebrare il centenario della presa della Bastiglia e della Rivoluzione Francese, oltre al 18° anniversario della Terza Repubblica. L’evento venne finanziato da fondi statali e cittadini, con l’aiuto di una lotteria e con l’intervento della Banking House Crédit de France. La direzione generale dei lavori fu affidata ad Adolphe Alphand, l’ingegnere che aveva preso parte, sotto la direzione del barone Haussmann, al riassetto urbanistico di Parigi voluto da Napoleone III, realizzato tra il 1852 e il 1870. Consigliere dell’architettura era invece Charles Garnier, che aveva già progettato l’Opera di Parigi, mentre Charles Vigreux si occupò dei servizi meccanici ed elettrici. L’Expo parigina del 1889, infatti, fu uno dei primi eventi in cui si sperimentò su vasta scala l’uso dell’elettricità come fonte di energia alternativa al vapore.

Il sito e i padiglioni Il sito espositivo copriva un’area complessiva di 0,96 chilometri quadrati, che comprendeva, come per l’edizione del 1878, il Champ-de-Mars e il Palais du Trocadéro, al Quai d’Orsay, a parte della Senna e all’Esplanade des Invalides (con le esposizioni delle Colonie e del Ministero della Guerra). Ad accogliere i visitatori e a fare da ingresso all’esposizione vi era la costruzione che sarebbe in seguito divenuta il simbolo di Parigi: la Torre Eiffel. Una volta superata la 1/5


monumentale entrata, si accedeva al complesso espositivo, con i vari padiglioni e le diverse sezioni. Considerato il più bello dei padiglioni dell’Expo 1889, la Galerie des Machines all’epoca fu una delle più importanti e imponenti strutture in vetro e ferro d’Europa, fino alla sua demolizione nel 1909. Lo scrittore Huysmans, colpito e affascianto dalla sua bellezza, la paragonò a una cattedrale del XIX secolo. L’edificio era composto da un’unica galleria, coperta da un’immensa struttura reticolare in acciaio, alta 110,6 metri. La Galerie des Machines occupava quasi interamente l’ampiezza dello Champ-de-Mars, coprendo un’area di 48.000 metri quadrati. La struttura ospitava una serie di macchine innovative e sensazionali per l’epoca, tra le quali numerose erano quelle relative alla lavorazione della carta. Il Palais des Beaux-Arts e il Palais des Arts Libéraux, che sorgevano anch’essi sullo Champ-de-Mars, erano due edifici gemelli che sorgevano, simmetricamente, ai due lati della Torre Eiffel. Nel primo sono esposte le testimonianze dell’arte, con la Francia naturalmente a fare la parte del leone. L’immensa Galerie Rapp era dedicata alla scultura, mentre il primo piano era dedicato al disegno, all’incisione, all’acquerello e al pastello. Il Palais des Arts Libéraux, invece, ospitava un’esposizione teatrale, una retrospettiva a carattere antropologico sul lavoro, sui mezzi di trasporto e l’insegnamento. Erano presenti anche spazi dedicati alla medicina e alla chirurgia, alle arte e mestieri e infine agli strumenti musicali. Nell’enorme costruzione del Palais de la Guerre era presente una vasta retrospettiva a tema militare, con oggetti e ritratti dei più importanti generali di Francia, oltre a uniformi e armi di varie epoche. Degna di nota era una collezione di armi e armature provenienti dal Giappone. Tra i padiglioni più belli e interessanti vi è quello dell’Argentina, progettato dall’architetto francese Albert Ballu. Costato all’epoca oltre 3 milioni di franchi, fu considerato un capolavoro in ferro e vetro, di grande bellezza e profusamente decorato.

La Torre Eiffel L’Esposizione Universale del 1889 è tuttavia ricordata principalmente per essere l’Expo della Torre Eiffel. La torre Eiffel sembrava un faro abbandonato sulla terra da una generazione scomparsa, da una generazione di giganti. (Edmond de Goncourt) La torre fu realizzata nell’arco di due anni (tra il 1887 e il 1889) da Gustave Eiffel, uno dei più importanti ingegneri del XIX secolo grazie ai suoi contributi nello sviluppo delle strutture metalliche e nello studio dell’aerodinamica. La torre, che con i suoi 324 metri era la struttura più alta della città e del mondo (sarà battuta, nel 1930, dal Chrysler Building di New York), fu inaugurata il 31 marzo 1889 e aperta ufficialmente al pubblico il 6 maggio. Per la sua costruzione furono utilizzati 18.038 pezzi metallici forgiati, 2,5 milioni di bulloni, per un peso complessivo di 8.000 tonnellate. Al primo livello della torre erano presenti quattro ristoranti: uno russo, uno anglo-americano (un’ampia sala con al centro un bar, secondo lo stile dell’epoca), uno fiammingo (che in seguito sarebbe divenuto un teatro) e naturalmente uno francese. 2/5


Al terzo livello, Gustave Eiffel aveva realizzato un appartamento privato dove riceveva gli ospiti più illustri; tra di essi vi fu anche Thomas Edison, che all’Esposizione del 1889 presentò il suo fonografo. Eiffel, inoltre, decise di far incidere, sotto la balconata del primo piano della torre, i nomi di 72 cittadini francesi (soprattutto scienziati e ingegneri), in segno di riconoscimento per i loro studi. I nomi, ben visibili dal suolo, si trovano su tutti i quattro lati della torre (18 per ciascun lato). La Torre Eiffel, che doveva testimoniare la potenza industriale francese, fu realizzata con la prospettiva che dopo 20 anni sarebbe stata smantellata. La torre, infatti, fu inizialmente osteggiata dai parigini e dall’élite artistica e letteraria della città, perché il materiale usato per la sua costruzione (il ferro) era giudicato poco adatto a una città raffinata e classica come Parigi. Nel 1909 fu sul punto di essere smantellata, ma fu risparmiata solamente perché si rivelò una piattaforma ideale per le antenne di trasmissione necessarie alla nuova scienza della radiotelegrafia (la torre era un’ottima antenna radio).

Il progresso in esposizione L’Esposizione Universale era soprattutto l’occasione per mettere in mostra i progressi nei vari settori dell’industria, oltre che dell’architettura. Il vetro piano, per esempio, permise la realizzazione di nuove strutture architettoniche, per stazioni, grandi magazzini, serre e mercati coperti. Grazie alle nuove tecniche per la realizzazione di superfici a vetri fu possibile sviluppare l’architettura in ferro, come testimoniato da alcuni edifici dell’Expo del 1889, come la Galerie des Machines e il Palais de l’Industrie. Tra le numerose macchine a vapore vi erano anche quelle realizzate da Joseph Farcot, tra le più notevoli di Francia. L’industria tessile, con la produzione di tessuti in seta naturale e artificiale, era molto presente, con grande spazio per le manifatture di Lione. L’elettricità, grazie soprattutto all’industriale Hippolyte Fontaine, ha un ruolo centrale all’Expo, come dimostrano anche alcune attrazioni di successo, tra le quali vi è la fontana realizzata da Coutan con i suoi giochi di acqua e luci. Tra le innovazioni più significative presenti nell’edizione parigina del 1889 vi fu certamente il fonografo di Thomas Edison, l’apparecchio per la registrazione e riproduzione di suoni da lui brevettato.

La musica e l’Expo Il 14 maggio il Théâtre National de l’Opéra-Comique portò in scena, al Théâtre Lyrique, l’opera “Esclarmonde”, appositamente composta per l’evento da Jules Massenet. L’opera vide il debutto del soprano statunitense Sibyl Sanderson, musa di Massenet. L’Expo del 1889 rappresentò un punto di svolta per la musica francese e per quella moderna in generale. Come venne descritta da alcuni contemporanei, l’evento parigino fu, dal unto di vista musicale, una sorta di “enorme enciclopedia”, se non addirittura “un’orgia musicale”. Ogni Paese partecipante aveva portato con sé la propria musica, e grande attenzione suscitò in particolare la musica etnica proveniente da Paesi non occidentali. Per esempio, il compositore Claude Debussy ebbe modo di ascoltare, per la prima volta, un’orchestra gamelan, tipica dell’Indonesia e di Giava. Il compositore francese rimase 3/5


affascinato da questo tipo di musica, e proprio per questo in alcune sue composizioni, per esempio nel brano “Pagodes”, appartenente alla suite per pianoforte “Estampes”, si possono riscontrare citazioni dirette di scale, melodie, ritmi o tessuti musicali di gamelan. Il compositore russo Rimskij-Korsakov rimase colpito dalla musica etnica dell’Algeria, che lo ispirò nella composizione della sua opera “Mlada”. Da segnalare inoltre il revival del clavicembalo, che dopo essere stato dimenticato per decenni riapparve sulla scena musicale grazie a tre artigiani (Louis Tomasini, Pleyel ed érard) che per l’occasione realizzarono ciascuno uno strumento, ispirandosi a un modello francese del XVIII secolo, e a un pianista, Louis Diémer, che lo suonerà durante numerosi concerti. I tre clavicembali sono oggi esposti a Berlino, presso il MusikinstrumentenMuseum.

Un bilancio positivo Il 31 ottobre 1889 un colpo di cannone annuncia la chiusura dell’Esposizione Universale di Parigi. L’Expo 1889 chiude con un bilancio positivo: circa 8 milioni di franchi. L’evento ha visto la partecipazione di 35 Paesi, per un totale di 61.722 espositori. è stato visitato da 32.250.297 persone. L’edizione del 1889 verrà ricordata principalmente per l’aver lasciato in eredità alla città la torre in ferro che all’inizio tutti, o quasi, volevano smantellare, e che oggi invece è la sua icona.

EXPO 1889 PARIGI – MEMORABILIA In occasione dell’Expo, Eugène Mercier decise di far conoscere il suo champagne presentando un “foudre” (una botte gigante) della capacità di circa 200.000 bottiglie (1.600 ettolitri). La società algerina Hamoud Boualem riceve complimenti unanimi per la sua limonata “La Royale”, mentre la Heineken vince il Grand Prix dell’Expo 1889. Tra le principali attrazioni vi fu Buffalo Bill e il suo “Wild West Show”, che per l’occasione aveva reclutato anche la tiratrice Annie Oakley. Per celebrare il centenario della presa della Bastiglia fu realizzato un modello della fortezza-prigione, che ebbe notevole successo. Due aerostati permettevano ai visitatori di ammirare il complesso espositivo dall’alto. Tra le attrazioni preferite vi fu la ferrovia Decauville, che percorreva lo Champ-deMars e l’Esplanade des Invalides per un percorso totale di circa 3 chilometri.

GALLERY EXPO 1889 PARIGI

4/5


5/5


EXPO 1893 CHICAGO milanoplatinum.com/expo-1893-chicago.html Claudia Scienza

July 21, 2016

EXPO_1893_Chicago__by_Boston_Public_Library

EXPO 1893 CHICAGO – Nel 1893 l’esposizione universale si tiene a Chicago, e il nome ufficiale, World’s Columbian Exposition (forma abbreviata di World’s Fair: Columbian Exposition), testimonia che l’evento è anche l’occasione per celebrare i 400 anni dell’arrivo di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo nel 1492. L’esposizione fu soprattutto un importante evento sociale e culturale e ha avuto un profondo effetto su architettura, misure sanitarie, arti, sull’ottimismo industriale americano e sull’immagine stessa di Chicago. La principale metropoli del Midwest degli Stati Uniti voleva infatti dimostrare al mondo di essere letteralmente risorta dalle sue ceneri come l’araba fenice, dopo essere stata distrutta nel devastante incendio del 1871, passato alla storia come il Great Chicago Fire. L’evento divenne anche un simbolo dell’emergente “Eccezionalismo Americano”, espressione coniata da Alexis de Tocqueville nel 1831 per indicare la dottrina che ritiene gli Stati Uniti differenti qualitativamente da ogni altra nazione grazie alle sue convinzioni nazionali, all’evoluzione storica, alle particolari istituzioni politiche e religiose, alle origini etniche e alla composizione popolare, o agli ideali nazionali. Aperta ufficialmente il 1° maggio 1893, l’esposizione di Chicago chiuse i battenti il 30 ottobre. All’evento parteciparono popoli e culture provenienti da 46 Paesi. Il progetto dell’esposizione fu disegnato dagli architetti John Wellborn Root, Daniel Burnham e Frederick Law Olmsted. Era il prototipo di come Burnham e i suoi colleghi pensavano dovesse essere una città. Fu disegnata per seguire i principi delle Beaux Arts, 1/6


ovvero i principi dell’architettura neoclassica francese, basati sulla simmetria, l’armonia e lo splendore. Artisti e musicisti furono presenti all’esposizione, e molti altri artisti realizzarono opere d’arte traendo ispirazione dall’esposizione. The White City Il sito espositivo, che sorgeva nel Jackson Park e nel Midway Plaisance, copriva oltre 2,4 chilometri quadrati, ed era composto da circa 200 nuovi edifici (in gran parte temporanei) in stile prevalentemente neoclassico, oltre che da canali e lagune. Il team di architetti incaricati della costruzione degli edifici diedero vita a un momento molto importante per le arti e l’architettura del cosiddetto “Rinascimento americano”, e l’evento fece da cassa di risonanza per lo stile neoclassico e quello Beaux-Arts, all’epoca in piena fioritura. La maggior parte degli edifici della fiera di Chicago furono realizzati seguendo i dettami dello stile neoclassico. L’area della Court of Honor divenne nota come The White City, proprio per la massiccia presenza di questo stile architettonico. Le facciate degli edifici realizzati ad hoc erano in gesso, cemento e in stucco. Gli edifici erano poi dipinti di bianco, che conferiva loro una particolare “lucentezza”. Anche il notevole uso dell’illuminazione elettrica contribuiva al nome di White City, i cui viali erano fruibili anche di notte. La White City ha inoltre avuto il merito di inaugurare il movimento architettonico e urbanistico noto come City Beautiful Movement, che perseguiva l’introduzione della bellezza e la monumentalità nelle città. A spasso tra i padiglioni I visitatori della fiera di Chicago avevano tre modi per raggiungere il sito espositivo: attraverso l’entrata nel Midway Plaisance, dal molo sul lago Michigan e dall’enorme stazione ferroviaria nella zona sud-ovest. Una volta pagati i 50 centesimi del biglietto d’ingresso, i visitatori potevano immergersi nei rumori e nei colori del vivace evento. L’attenzione era subito rapita dall’Administration Building, l’edificio che ospitava gli uffici dei funzionari dell’esposizione e che faceva da introduzione al tema architettonico della fiera, rappresentato dai 14 “grandi” edifici in stile Beaux-Arts. Oltrepassato l’Administration Buildin, si giungeva al Court of Honor, nel quale troneggiava il Grand Basin, un enorme specchio d’acqua che conteneva l’elaborata Columbian Fountain (opera di Frederick William MacMonnies) e l’immensa statua bronzea della Repubblica (andata distrutta in un incendio nel 1896, nel 1918 fu sostituita da una copia, visibile ancora oggi in Jackson Park). Il primo edificio incontrato dai visitatori, una volta superato il Court of Honor, era il Machinery Building, nel quale era possibile ammirare macchinari come la sgranatrice di cotone di Eli Whitney, macchine da cucire e il nastro trasportatore più grande del mondo. Era poi la volta dell’Agricultural Building, con l’esposizione di macchinari, animali, utensili e modellini di fattorie. Dal vicino Canada era arrivata una gigantesca forma di formaggio (del peso di quasi 10 tonnellate). I visitatori potevano inoltre ammirare una riproduzione della Venere di Milo interamente realizzata in cioccolato. Passando di fronte al Peristyle, un arco con colonnati laterali in puro stile neoclassico, si giungeva al Manufactures and Liberal Arts Building. Qui erano ospitati espositori provenienti da tutto il mondo, ed era possibile trovare i prodotti più disparati, dalle macchine da scrivere Remington alle splendide vetrate di Tiffany & Co., insieme al clavicembalo di 2/6


Bach e mobili provenienti dal palazzo del re di Baviera. Si trattava insomma di un’esposizione estremamente eclettica, dove accanto a beni e prodotti in vendita era possibile ammirare anche oggetti di grande interesse storico e artistico. Nel Palace of Fine Arts (che oggi ospita il Chicago’s Museum of Science and Industry) erano esposte migliaia di opere d’arte, a rappresentare artisti come gli statunitensi John Singer Sargent, Thomas Eakins e Winslow Homer, oltre a preziose collezioni con opere di Renoir, Pisarro e Cassatt. Vi erano inoltre edifici e padiglioni fatti realizzare dalle varie nazioni straniere oltre che dai vari territori degli Stati Uniti. Il Massachussetts aveva contribuito con la riproduzione della dimora di John Hancock, mentre il Vermont aveva realizzato una riproduzione di Pompei. La Pennsylvania per l’occasione aveva portato la Liberty Bell. La Wooded Island (che rappresenta il nucleo di origine dell’Osaka Garden) era un’oasi di pace all’interno del caos della fiera. Vi sorgevano tre edifici, che esemplificavano l’architettura giapponese del XII, XVI e XVIII secolo. Vi era anche l’Hunter’s Cabin, edificio in onore di Davy Crockett e Daniel Boone. Tra gli edifici più importanti vi era il Woman’s Building, progettato da Sophia Hayden in stile rinascimentale italiano. Vi erano esposti manufatti e prodotti realizzati da donne, ed era possibile ammirare anche un manoscritto di “Jane Eyre” di Charlotte Brontë, costumi e abiti tradizionali provenienti da ogni parte del mondo e opere d’arte di Mary Cassatt. In mezzo a edifici prevalentemente in stile neoclassico si distingueva il multicolore Adler & Sullivan’s Transportation Building, la cui facciata policromatica contrastava con l’elegante e sofisticato Court of Honor. Ad accogliere i visitatori dell’Electricity Building era una statua di Benjamin Franklin all’entrata, mentre all’interno era possibile ammirare diversi macchinari, come un sismografo, un telegrafo a codice Morse e il Kinetoscopio di Thomas Edison. Inventato nel 1888, l’apparecchio è il precursore del proiettore cinematografico. L’Expo della ruota L’esposizione di Chicago è divenuta famosa anche per le sue attrazioni: è stata infatti la prima esposizione universale ad avere un’area dedicata ai divertimenti separata dal resto della fiera. Responsabile dell’area divertimenti era Sol Bloom, che sarebbe divenuto uno dei più importanti promoter e imprenditori in campo musicale. A ospitare attrazioni e divertimenti era il Midway Plaisance, che avrebbe dato origine al termine “midway” come sinonimo di fiera. Tra le attrazioni più popolari vi fu la Street of Cairo, che replicava le architetture e le atmosfere dell’Oriente. Dell’attrazione faceva parte anche la nota ballerina Little Egypt, alla quale si deve l’introduzione negli Stati Uniti della danza del ventre, anche se reinventata in una suggestiva forma nota come “hootchy-kootchy”. A fare da base musicale era una melodia appositamente composta da Bloom, dal titolo “The Streets of Cairo, or the Poor Little Country Maid”. L’Expo di Chicago, tuttavia, sarà famosa soprattutto per aver ospitato la prima ruota panoramica al mondo, realizzata appositamente per l’evento dal’ingegnere statunitense George Ferris, da cui il nome di Ferris Wheel per indicare la struttura. Era alta 80 metri ed era dotata di 36 cabine. Smontata nel 1904 e ricostruita a St. Louis, sarà definitivamente demolita nel 1906.

3/6


La musica alla fiera Anche la musica ebbe una presenza importante all’evento di Chicago, grazie al quale numerosi artisti salirono alla ribalta e divennero noti a livello mondiale. Tra di essi vi fu il pianista Scott Joplin, che sarà in seguito noto con il soprannome di King of Ragtime (sono sue le musiche, adattate da Marvin Hamlisch, che fanno da colonna sonora al notissimo film “La stangata” di George Roy Hill, con Paul Newman e Robert Redford). La fiera ebbe il merito di dare spazio anche ad altri musicisti e artisti di colore, come la soprano Sissierietta Jones e il violinista Joseph Douglass. Fu inoltre l’occasione per conoscere la musica di altri Paesi, come quella indonesiana, che fece il suo “debutto” negli Stati Uniti proprio in questa occasione. Una chiusura tragica Il 28 ottobre, due giorni prima della chiusura ufficiale, l’Expo di Chicago fu scossa da un tragico evento: l’assassinio del sindaco della città, Carter Harrison, da parte di Patrick Prendergast. La prevista cerimonia di chiusura fu cancellata, e al suo posto si tenne invece una cerimonia in memoria di Harrison. La vicenda è descritta, in forma romanzata, nel libro “The Devil in the White City”, pubblicato nel 2003 dal giornalista e scrittore Erik Larson. L’Expo di Chicago fu un grande successo, anche dal punto di vista finanziario. L’evento fece registrare quasi 7 milioni di visitatori paganti. Le concessioni per i vari stand portarono introiti per oltre 4 milioni di dollari, e al termine della manifestazione i bilanci erano in attivo. L’Expo del 1893 divenne così un punto di riferimento e il modello da seguire per le successive esposizioni universali.

EXPO 1893 CHICAGO – EVENTI E OSPITI Nel 1893 Chicago ospitò anche, dall’11 al 27 settembre, il Parlamento delle religioni (Parliamento of the World’s Religions), che radunò rappresentanti delle religioni e delle tradizioni spirituali di Oriente e Occidente. Tra i partecipanti vi fu anche il mistico indiano Swami Vivekananda, che suscitò viva impressione e fece conoscere l’Induismo. L’Expo di Chicago vide anche la partecipazione di numerosi ospiti importanti, tra i quali vi furono Helen Keller e la sua istitutrice Anne Sullivan, le cui vicende sono narrate nel noto romanzo “Anna dei miracoli”, dal quale è stato tratto l’omonimo film. Anche Pierre de Frédy, il barone di Coubertin, fu tra i visitatori dell’evento. Tra le attrazioni vi erano anche le riproduzioni in grandezza naturale delle caravelle di Colombo, nate da un progetto congiunto tra Stati Uniti e Spagna. All’Expo di Chicago fu possibile ammirare anche la “Viking”, una fedele riproduzione della nave vichinga di Gokstad, che era salpata da Bergen, in Norvegia, attraversando l’Atlantico, a testimoniare le abilità marinare dei Vichinghi. La nave oggi è esposta presso il Good Templar Park di Geneva, in Illinois. Nell’area dedicata ai divertimenti vi erano anche un aerostato, un diorama del vulcano Kilauea e la riproduzione di un villaggio tedesco e di uno giavanese.

EXPO 1893 CHICAGO – TECNOLOGIA E INVENZIONI 4/6


L’Expo di Chicago fu l’occasione per far conoscere su vasta scala alcune innovazioni tecnologiche, tra le quali vi furono: una macchina da scrivere che componeva testi in Braille, realizzata da Frank Haven Hall il primo tapis roulant al mondo il “clasp locker”, un sistema anticipatore della cerniera lampo realizzato da Withcomb L. Judson la prima cucina elettrica, comprendente una lavastoviglie automatica lampadine fosforescenti (che hanno anticipato quelle fluorescenti) per velocizzare la verniciatura dei tanti edifici della fiera, il pittore e scultore statunitense Francis Davis Millet inventa la vernice spray (Millet morirà il 15 aprile 1912 con l’affondamento del “Titanic”) alla fiera di Chicago debutta l’elongated coin, i “penny souvenir” che si sono diffusi poi in tutto il mondo

LINK UTILI GALLERY EXPO 1893 CHICAGO

5/6


6/6


EXPO 1894 ANVERSA E LIONE milanoplatinum.com/1894-expo-anversa-e-lione.html Claudia Scienza

August 4, 2016

EXPO 1984 ANVERSA E LIONE

EXPO 1894 ANVERSA E LIONE – Il 1894 è stato un anno ricco fiere ed esposizioni universali. Oltre a quella tenutasi a San Francisco, in Europa si sono volte due esposizioni: a Lione e ad Anversa. Lione: focus sulle colonie Ad aprire le danze è Lione, dove il 29 aprile 1894 si apre ufficialmente l’Exposition Universelle, Internationale et Coloniale, che si chiuderà l’11 novembre. Secondo il progetto iniziale, l’evento doveva essere una esposizione nazionale da tenersi nel 1892, ma la vicinanza temporale con l’Expo di Parigi del 1889 la fecero posporre di due anni, elevandola inoltre a livello internazionale. L’esposizione era sostenuta dalla potente Camera di Commercio locale, e ci fu una mobilitazione generale per preparare l’evento: vengono redatte mappe e guide, le infrastrutture alberghiere sono potenziate, si investe in manifesti e locandine pubblicitarie e anche l’industria dello spettacolo fa la sua parte, per proporre svaghi e divertimenti ai visitatori. Il commissario generale è Jean Claret, imprenditore del settore dei lavori pubblici e del trasporto tranviario. Il sito dell’esposizione coincideva con il Parc de la Tête d’Or, il più grande parco urbano di Francia, la cui realizzazione, iniziata nel 1857, era terminata dopo 5 anni di lavori. Il parco era collegato al resto della città da tre linee tranviarie e da due linee di carrozze a trazione elettrica, le cosiddette “baladeuses”. Il parco all’epoca era “condiviso” tra Lione e la cittadina di Villeurbane, ma in occasione dell’Expo fu stabilita la totale annessione alla città di Lione, non senza opposizioni e proteste. L’edificio principale è composto da una enorme cupola, alta 55 metri e del diametro di 242 1/3


metri. Dotata di 4 ascensori, nella struttura vi erano spazi dedicati alla fotografia, alla produzione della seta, alla realizzazione di velocipedi e carrozze. Vi erano inoltre numerosi edifici, dedicati all’educazione (Palais de l’Enseignement), all’economia, all’arte, all’agricoltura, al lavoro, al trasporto ferroviario, all’ingegneria civile e ai servizi forestali. Vi era poi un padiglione dedicato a Lione e alle zone circostanti, oltre che un padiglione dedicato a Parigi. Lo spirito coloniale dell’esposizione lionese era testimoniata dalla sezione dedicata ai territori esotici, dove sorgevano quattro padiglioni: il Palais de l’Algérie, il Palais de l’Afrique Occidentale, il Palais de la Tunisie e il Palais de l’Indochine, realizzato come una tipica pagoda dell’Annam (regione situata nell’odierno Vietnam). L’atmosfera festosa dell’esposizione di Lione venne funestata, il 24 giugno, dall’attentato al presidente francese Marie François Sadi Carnot, che morirà il giorno seguente per le ferite riportate. Al termine dell’evento, a novembre, i visitatori dell’Expo furono 3,8 milioni. Tale fu il successo dell’esposizione, che uno dei quartieri confinanti con il sito espositivo cambiò addirittura nome: il quartiere di Tête d’Or fu ribattezzato a furor di popolo “Tonkin de Villeurbanne”, ancora oggi questo quartiere della città di Villeurbanne è noto come Tonkin o Charpennes-Tonkin, in riferimento alla regione del Tonchino (in Vietnam). Anversa: il Belgio si mette in mostra Gli organizzatori dell’esposizione di Anversa intendevano cogliere l’occasione per mostrare i prodotti europei, e al contempo celebrare la crescente espansione delle strutture marittime della città belga. L’esposizione di Anversa si tenne dal 5 maggio al 5 novembre 1894, e al termine i visitatori complessivi saranno 3 milioni. L’evento vide la presenza di un totale di 12.095 espositori e la partecipazione di 26 nazioni: Germania, Austria, Bulgaria, Cina, Congo, Danimarca, Spagna, Stati Uniti, Regno Unito, Grecia, Ungheria, Portogallo, Italia, Lussemburgo, Messico, Persia, Romania, Russia, Sudafrica, Svizzera, Svezia, Norvegia e Impero ottomano. I Paesi Bassi presentarono anche esposizioni dedicate alle Indie Orientali Olandesi, comprendenti Giava e parti di Sumatra e Madura. La John Cockerill Society, un gruppo siderurgico e meccanico, espose modelli di imbarcazioni che navigavano lungo il fiume Congo. L’esposizione più suggestiva fu la ricreazione di un antico quartiere di Anversa, con mobili e suppellettili del XVI secolo, con figuranti in costume. A ricordare l’Esposizione di Anversa del 1894, oggi, è uno dei manufatti realizzati all’epoca per celebrare l’evento. Si tratta di un enorme vaso in cristallo, alto 2,5 metri e del peso di 200 chili, disegnato da Léon Ledru, importante figura dell’Art Nouveau, e realizzato dalle cristallerie Val Saint-Lambert. L’opera, nota come “Vase des neuf provinces”, rappresenta le nove province del Belgio. Nel 2006 il vaso è stato acquistato dal Grand Curtius, il complesso museale di Liegi, per la somma di 340.000 euro.

GALLERY EXPO 1894 ANVERSA E LIONE

2/3


3/3


EXPO CHICAGO 1893: I PIONIERI DELLA CERNIERA LAMPO milanoplatinum.com/expo-chicago-1893-i-pionieri-della-cerniera-lampo.html Claudia Scienza

December 1, 2017

Una moderna cerniera lampo (CC0 Creative Commons, via Pixabay).

EXPO CHICAGO 1893: I PIONIERI DELLA CERNIERA LAMPO – Durante la World’s Columbian Exposition del 1893 che si svolse a Chicago fece il suo debutto una delle innovazioni più geniali, che ancora oggi ci è di enorme utilità nella vita di tutti i giorni: la cerniera lampo. In realtà la storia di questa piccola ma importantissima invenzione è piuttosto complessa, e ha inizio nel 1851 quando l’inventore statunitense Elias Howe presentò il brevetto di una “chiusura automatica continua per abiti”, composta da una serie di ganci applicati a un lembo, che si impegnavano su opportune sedi poste sul lembo opposto. Tuttavia Howe non pensò mai di commercializzare la sua invenzione, che comunque necessitava di miglioramenti. Ad apportarli ci avrebbe pensato l’ingegnere e inventore Whitcomb Judson, nato proprio a Chicago nel 1844 circa (in effetti non vi sono documenti che certifichino una data esatta della sua nascita). Judson aveva già al suo attivo numerosi brevetti, ma tutti relativi a un progetto per una “ferrovia pneumatica”, in pratica una ferrovia funzionante ad aria compressa. Nel 1889 ottenne ben sei brevetti riguardanti questo progetto, anche se non riuscì mai a realizzarlo a causa dell’impraticabilità dello stesso causata da problemi di tenuta dei vagoni. Judson non era tuttavia uomo da farsi scoraggiare dalle difficoltà, e il suo ingegno gli forniva spesso soluzioni per migliorare piccoli e grandi problemi che doveva affrontare nella sua attività. Per esempio, all’epoca erano molto in voga degli alti stivali che necessitavano di molto tempo per essere allacciati. Fu quindi per trovare un sistema alternativo a stringhe e simili nelle calzature che a Judson venne l’idea che avrebbe poi brevettato il 29 agosto 1893, quella di una “chiusura di sicurezza separabile” che intendeva sostituire appunto stringhe di scarpe e stivali. Il dispositivo (abbastanza simile a quello di Howe) era costituito da una fila di uncini che si inserivano in altrettanti occhielli posti in una fila 1/3


opposta, ganci che potevano essere chiusi o aperti sia manualmente che mediante un attrezzo scorrevole. La sua idea prese il nome di “Clasp Locker” e per poterla produrre e commercializzare Judson fondò, insieme all’uomo d’affari Lewis Walker, la Universal Fastener Company.Fu quindi con questo marchio e con il nome di “Clasp Locker” che la cerniera lampo fece il suo debutto ufficiale, nel corso dell’esposizione internazionale di Chicago del 1893. Il successo tuttavia non fu quello tanto sperato da Judson: il suo “Clasp Locker”, infatti, si apriva molto facilmente, ed era quindi inaffidabile. La storia della cerniera lampo sarebbe tuttavia proseguita: Judson realizzò alcuni miglioramenti, e nel 1904 al nuovo sistema venne dato il nome di “C Curity” (un riferimento a “security”, la cui pronuncia in inglese è simile). dispositivo aveva anche il vantaggio di essere costruito non più a mano, ma con una macchina che lo stesso Judson aveva brevettato nel 1902. A questo punto entra in gioco Gideon Sundbäck, un ingegnere di origine svedese che nel 1906 viene assunto alla Universal Fastener Company (nella sede di Hoboken, New York), che in breve tempo ne sarebbe divenuto il progettista capo, con il compito di migliorare la cerniera lampo.

Elias Howe – Whitcomb Judson – Gideon Sundbäck [Public domain, via Wikimedia Commons].

In seguito alla morte della moglie, Sundbäck si immerse totalmente nel lavoro, e nel dicembre 1913 trovò infine la soluzione al problema della stabilità della chiusura lampo: un sistema basato su piccoli dentelli intersecantisi anziché su uncini e ganci. Il sistema prese il nome di “Hookless Fastener N° 1”, che sarebbe stato ulteriormente migliorato nel 1914, dando vita al modello “Hookless N° 2”, di fatto il prototipo completo della moderna cerniera lampo. Il nuovo modello assicurava un’ottima presa delle due estremità, permettendone una chiusura ottimale. Nel 1917 viene quindi registrato il brevetto per il cosiddetto “fermo separabile”, e in quello stesso anno un sarto di New York lo utilizzò per realizzare una una cintura con tasche in dotazione ai marinai statunitensi, vendendone ben 24.000 esemplari.

2/3


I progetti di Whitcomb Judson per il “Clasp Locker” brevettato nel 1893. [Public domain, via Wikimedia Commons].

Gli storici, oggi, sono maggiormente propensi ad attribuire il merito dell’invenzione della cerniera lampo a Sundbäck, senza tuttavia dimenticare i grandi meriti di pionieri come Howe e Judson. Il nome “zip”, con la quale è spesso nota la cerniera lampo, sarebbe arrivato solo nel 1923, quando la BFGoodrich Company iniziò a produrre delle galosce di gomma con la cerniera creata da Sundbäck, alle quali venne dato il nome Zipper Boot.

3/3


EXPO CHICAGO 1893: la corrente alternata di Nikola Tesla milanoplatinum.com/expo-chicago-1893-la-corrente-alternata-di-nikola-tesla.html Claudia Scienza

January 11, 2018

Alla Fiera Colombiana di Chicago del 1893 l’elettricità fu utilizzata anche per “decorare” i padiglioni [Agricultural_Building_at_Night_(3409426351)_By-The-Field-Museum-Library-(Agricultural-Building-at-Night)-[Norestrictions],-via-Wikimedia-Commons].

EXPO CHICAGO 1893: la corrente alternata di Nikola Tesla – La Fiera Colombiana di Chicago (o World’s Fair: Colombian Exposition) del 1893, che celebrava i 400 anni dalla scoperta dell’America, fu una vera fucina di innovazioni. A partire dall’illuminazione tramite sistemi a corrente alternata, recentissima innovazione messa a punto dal geniale Nikola Tesla, e che veniva fornita dalla società di George Westinghouse. Per corrente alternata (indicata con CA, o in inglese AC, da Alternate Current) si intende un tipo di corrente elettrica che è caratterizzata dal fatto di invertire la polarità elettrica in modo continuativo nel tempo. Sostanzialmente, a differenza della corrente continua (dove la polarità è fissa e il valore di corrente è costante), nella corrente alternata il polo positivo diventa negativo e viceversa con un’alternanza che avviene con periodicità fissa. Nel XIX secolo, agli albori dell’utilizzo industriale dell’energia elettrica, si utilizzava la corrente continua, che offriva il vantaggio di poter essere accumulata in batterie. Con Nikola Tesla (1856-1943) e la sua corrente alternata si ebbe una vera e propria rivoluzione: l’efficienza di questo nuovo tipo di corrente elettrica, infatti, consentiva di 1/2


diminuire drasticamente le perdite energetiche a grandi distanze, grazie all’aumento della tensione elettrica che consentiva di trasmettere elevate potenze elettriche ad alta tensione e bassa corrente (riducendo così drasticamente le perdite per dissipazione sulla linea e quindi lo spessore del conduttore utilizzato per il trasporto, rispetto alla corrente continua di Edison). L’avvento del trasformatore rese possibile una veloce diffusione della corrente alternata, consentendo di portare la differenza di potenziale (cioè la tensione elettrica) a livelli alti (la cosiddetta alta tensione), e corrispondentemente la corrente a valori molto bassi, mantenendo così inalterata la potenza. Il titanico sforzo di illuminare e dare energia all’esposizione di Chicago del 1893 fu opera della Westinghouse Electric, la società dell’inventore e imprenditore statunitense George Westinghouse (1846-1914), pioniere dell’industria elettrica al quale si deve anche l’invenzione dei freni pneumatici per le ferrovie. Westinghouse era grande amico di Nikola Tesla, oltre che suo finanziatore, e inoltre fu uno dei maggiori rivali di Thomas Edison in quella che fu definita “War of the Currents” (la guerra tra corrente alternata e continua, della quale Edison era il principale paladino), che caratterizzò il panorama industriale alla fine del XIX secolo. Westinghouse fu sostenitore ed attuatore delle teorie di Tesla per la realizzazione di un sistema globale di distribuzione e utilizzo dell’energia elettrica basato sulle potenzialità della corrente alternata, sistema che si sarebbe poi dimostrato vincente e che è ancora oggi universalmente diffuso. Proprio all’esposizione universale di Chicago per la prima volta fu dedicato un padiglione all’energia elettrica, grazie al quale Tesla e Westinghouse introdussero i visitatori alla potenza della corrente alternata, usandola per illuminare l’esposizione. Nel padiglione furono inoltre esposte le lampade luminescenti di Tesla, considerate le progenitrici delle lampade al neon. Il grande scienziato fu inoltre a disposizione per spiegare i principi del campo magnetico e del motore a induzione, dimostrando come far stare in equilibrio sulla propria punta un uovo di rame durante la dimostrazione dell’apparecchio da lui costruito, e che sarà conosciuto come “uovo di Colombo”.

2/2


Expo Chicago 1893: la Ferris Wheel, la prima ruota panoramica milanoplatinum.com/expo-chicago-1893-la-ferris-wheel-la-prima-ruota-panoramica.html Claudia Scienza

November 17, 2017

Ferris-wheel_By Not given [Public domain], via Wikimedia Commons

Expo Chicago 1893: la Ferris Wheel, la prima ruota panoramica – La “città del vento”, Chicago, nel 1893 ospita una esposizione universale, la World’s Columbian Exposition (il cui nome per esteso è World’s Fair: Columbian Exposition). L’evento intendeva celebrare i 400 anni dall’arrivo di Cristoforo Colombo nel Nuovo Mondo, nel 1492.

1/4


Panoramica aerea del sito espositivo della World’s Columbian Exposition a Jackson Park, in una stampa di F.A. Brockhaus. [Weltausstellung-chicago_brockhausBy-F.A.-Brockhaus,-Berlin-und-Wien-[Publicdomain],-via-Wikimedia-Commons].

Tra gli architetti incaricati di dare vita all’esposizione, creandone gli spazi espositivi, vi era anche Daniel Burnham, che ebbe in particolare l’incarico di trasformare un’area paludosa nell’abbagliante pezzo forte dell’esposizione. Burnham aveva l’arduo compito di trovare qualcosa che potesse regere il confronto con la struttura che aveva caratterizzato l’esposizione universale svoltasi a Parigi nel 1889: la Torre Eiffel. Ci furono numerose proposte, ma nessuna sembrava all’altezza del prodigio in ferro di Gustave Eiffel. Per evitare una cocente umiliazione, il comitato organizzatore era alla disperata ricerca di qualcosa che fosse, innovativo, originale, audace e unico. L’idea tanto attesa arrivò da George Washington Gale Ferris Jr., un ingegnere di 33 anni di Pittsburgh che aveva l’incarico di verificare la qualità dell’acciaio utilizzato per realizzare le strutture dell’esposizione. Mentre era bloccato in una riunione particolarmente noiosa, si mise a fare veloci schizzi di quella che sembrava una ruota in acciaio che girava. All’inizio l’idea suscitò perplessità, perché giudicata troppo fragile per poter reggere. Ferris aveva idee grandiose: una ruota panoramica di circa 80 metri di altezza. Decise di studiare meglio la sua idea, in modo da poterla concretizzare, e alla fine, il 16 dicembre 1892, il suo progetto ebbe finalmente il via libera.

2/4


La ruota panoramica creata da George Washington Gale Ferris Jr. [Original_Ferris_Original-Ferris-Wheel-at-the-1893-Chicago-World’s-Fair-ColumbianExpostion-taken-by-the-Chicago-Tribune-[Public-domain],-via-Wikimedia-Commons].

Era nata la prima vera ruota panoramica, che divenne nota come Ferris Wheel, in onore del suo creatore. La ruota era alta, appunto, 80 metri ed era dotata di 36 cabine, ciascuna con 60 posti (di cui 40 a sedere), e quindi poteva trasportare ben 2160 persone. Inutile dire che la ruota fu un successo strepitoso, che permetteva inoltre di ammirare dall’alto il monumentale complesso espositivo. La ruota panoramica di Ferris sorse in Jackson Park, e una volta terminata la costruzione il 9 giugno 1893 venne effettuato un test, tra un senso di anticipazione e di ansia. Il motore che avrebbe fatto funzionare la ruota era alimentato vapore, e fin dal suo primo giro la ruota panoramica, che torreggiava su qualsiasi altra costruzione circostante, suscitò la meraviglia e l’entusiasmo dei presenti. Tra di essi vi era anche Julian Hawthorne, figlio del celebre scrittore Nathaniel (autore di “la lettera scarlatta”), che ammirò con stupore la straordinaria struttura della ruota panoramica e il suo funzionamento, che aveva quasi del miracoloso. La creatura di Ferris, purtroppo, ebbe vita breve e una fine triste. La ruota panoramica di Chicago fu inaugurata al pubblico il 21 giugno 1893, e avrebbe continuato a funzionare fino all’ottobre dello stesso anno, alla chiusura dell’esposizione di Chicago. Al termine dell’evento, la ruota panoramica fu smantellata e ricostruita nel Lincoln Park, sempre a Chicago. Nel 1896, nella sua nuova “location”, la Ferris Wheel fu immortalata in una delle pellicole dei fratelli Lumière, in uno dei primi film che avevano come “protagonista” la città di Chicago. La ruota panoramica sarebbe rimasta in Lincoln Park fino all’ottobre del 1895, quando fu acquistata dalla Chicago House Wrecking Company. Venne smantellata e trasportata, 3/4


tramite ferrovia, a St. Louis, in occasione dell’esposizione internazionale del 1904. Terminato l’evento, la Ferris Wheel venne demolita con la dinamite l’11 maggio 1906. La Ferris Wheel ha tuttavia avuto, nel corso degli anni, numerosi degni eredi, ovvero le tante ruote panoramiche che hanno fatto la gioia di così tante persone, in città come Vienna (la ruota panoramica nel Prater è uno dei simboli della città), Parigi (con la grande ruota panoramica delle Tuileries) e, tra le più recenti, la celebre London Eye a Londra e quella che attualmente detiene il record di altezza, la High Roller Observation Wheel di Las Vegas. I suoi 167,5 metri di altezza, tuttavia, sono destinati a essere superati dalle ruote panoramiche di Pechino (208 metri), di Berlino (175 metri) e di Dubai (185 metri).

4/4


EXPO CHICAGO 1893: la storia della matita gialla milanoplatinum.com/expo-chicago-1893-la-storia-della-matita-gialla.html Claudia Scienza

May 10, 2018

CC0 creative Commons, via Pixabay

EXPO CHICAGO 1893: la storia della matita gialla – L’esposizione internazionale svoltasi a Chicago nel 1893, ufficialmente nota come Fiera Colombiana di Chicago o Fiera Mondiale Colombiana, vide il debutto ufficiale di numerose innovazioni, tra cui anche un oggetto che ancora oggi usiamo quotidianamente, per lavoro e per svago: la matita. La storia della matita, così come la intendiamo oggi, è piuttosto recente, e ha inizio nella Francia del 1790. Il suo ideatore fu il pittore, chimico e inventore Nicolas-Jacques Conté (1755-1805), che ebbe la geniale idea di incastonare la mina in un corpo in legno. Prima infatti per disegnare si utilizzavano carboncini, pastelli o stecche di grafite prive di rivestimento. L’idea di Conté nasceva da necessità economiche, per risparmiare sull’acquisto dei blocchetti di grafite pura (provenienti dall’Inghilterra). L’inventore francese decide di usare la più economica polvere di grafite, che viene pressata e impacchettata nel legno. In un’epoca in cui il disegno era un’attività ricreativa che stava riscuotendo un enorme successo, anche tra i “dilettanti”, l’innovazione di Conté incontrò i favori di un vasto pubblico, che con le matite rivestite non doveva più preoccuparsi di sporcarsi mani o abiti mentre disegnava. Per avere tuttavia la matita che siamo soliti utilizzare ancora oggi, ovvero dipinta 1/2


esternamente, si dovrà appunto attendere il 1893, quando durante l’evento di Chicago l’industria austriaca Koh-I-Noor fece conoscere al grande pubblico l’iconica matita gialla, archetipo e simbolo stesso di tale piccolo e utilissimo strumento. La scelta di dipingere la parte esterna della matita si dovette probabilmente al desiderio di mascherare le imperfezioni del legno (per realizzare un oggetto molto economico non era infatti possibile usare materiali pregiati). La scelta del colore ha invece fatto nascere varie ipotesi. Tra le più accreditate vi sarebbe il motivo nazionalistico (il giallo era il colore dell’impero austroungarico) oppure quella che rimanda alla Cina, dove il giallo era il colore riservato all’imperatore.

2/2


EXPO CHICAGO 1893: L’ANTENATO DEL FAX milanoplatinum.com/expo-chicago-1893-lantenato-del-fax.html Claudia Scienza

January 25, 2018

Elisha Gray e un esemplare del suo teleautografo. See page for author [Public domain, via Wikimedia Commons].

EXPO CHICAGO 1893: L’ANTENATO DEL FAX – La World’s Fair: Colombian Exposition tenutasi a Chicago nel 1893 per celebrare i 400 anni della scoperta dell’America fu un evento di enorme importanza, che vide grande protagonista l’energia elettrica, utilizzata per illuminare e dare energia al complesso espositivo. Tra le numerose innovazioni e sperimentazioni illustrate al pubblico in tale occasione vi fu anche quello che è considerato l’antenato del moderno fax: il teleautografo. La paternità dell’invenzione è attribuita all’ingegnere statunitense Elisha Gray (1835-1901), che ne depositò il brevetto il 31 luglio 1888. Gray fu anche l’inventore, intorno al 1876, di un telefono a induzione magnetica, ma sfortunatamente per lui fu battuto sul tempo da Bell, che presentò il brevetto prima di lui. Il teleautografo è considerato una sorta di antenato analogico del fax, e trasmetteva disegni o firme trasformandoli in impulsi elettrici, attraverso l’uso di potenziometri a una stazione ricevente, dove alcuni servomeccanismi collegati a una penna riproducevano il disegno o la firma. L’apparecchio di Gray fu quindi il primo a trasmettere disegni e a riprodurli su un foglio di carta. In particolare, la penna di cui era dotato era controllata da una barra verticale e un orizzontale. Ecco come lo stesso Elisha Gray descriveva la sua invenzione in un articolo pubblicato sulla rivista “The Manufacturer & Builder”: “Attraverso la mia invenzione si può sedere nel proprio ufficio di Chicago, prendere una matita in mano, scrivermi un messaggio, e mentre la propria matita si muove, una matita nel mio laboratorio si muove simultanememte e forma le stesse lettere e parole nello stesso modo. Cosa uno scrive in Chicago è istantaneamente riprodotto qui in fac-simile. Uno può scrivere in qualsiasi linguaggio, usare un codice o cifre, indifferentemente e un fac-simile è riprodotto qui. Se uno vuole fare un disegno è lo stesso, il disegno è riprodotto qui. Il disegnatore del vostro giornale può, con questa macchina, telegrafare il suo disegno di un incidente ferroviario o altri disastri proprio come un giornalista telegrafa la sua descrizione in parole”. 1/2


L’invenzione di Gray ebbe un notevole successo, e fu largamente utilizzato per la trasmissione di firme a lunga distanza. In particolare, banche e grandi ospedali lo utilizzarono per fare sì che le informazioni fossero trasmesse velocemente e in modo accurato. Presso la Grand Central Station di New York sorse anche un chiosco, dove era possibile ricevere su un foglio le informazioni relative ai treni. Sempre a New York, durate il terribile incendio scoppiato nella fabbrica Triangle il 25 marzo 1911 (il più grave incidente industriale nella storia della città, con 146 vittime, in gran parte donne) il teleautografo fu usato per avvertire i lavoratori che si trovavano al decimo piano dell’incendio, scoppiato all’ottavo piano dell’edificio. Il teleautografo era ancora in uso nel 1956, come dimostra il film “La Terra contro i dischi volanti”, dove compare nelle vesti di meccanismo traduttore.

2/2


EXPO Chicago 1893: nasce la lavastoviglie milanoplatinum.com/expo-chicago-1893-nasce-la-lavastoviglie.html Claudia Scienza

March 15, 2018

washing-machine-1772579_1920 - CC0 Creative Commons via Pixabay

EXPO Chicago 1893: nasce la lavastoviglie – Oggi la lavastoviglie è tra gli elettrodomestici maggiormente utilizzati in tutte le case, quasi indispensabile quanto la lavatrice. La storia di questo elettrodomestico che ha cambiato la nostra quotidianità risale al 1850, quando lo statunitense Joel Houghton realizza e brevetta un dispositivo, azionato manualmente, per lavare piatti e stoviglie. Il dispositivo era tuttavia lento e poco efficiente. Dopo altri tentativi e proposte, anche da parte di altri inventori, per avere la prima lavastoviglie di successo si deve aspettare il 1887, con l’invenzione di Josephine Cochrane, che insieme al meccanico George Butters mette a punto, a Shelbyville (in Illinois), una lavastoviglie efficiente, sempre azionata a mano. Josephine Cochrane era una donna ricca, che aveva una vita sociale piuttosto intensa, con numerose cene e impegni mondani. Anche se aveva una numerosa servitù, desiderava una macchina che potesse lavare i piatti più velocemente e senza scheggiarli. Dal momento che non esisteva nulla di simile, decise di provvedervi lei stessa. Misurò i piatti e costruì compartimenti a filo, appositamente progettati per essere adattati a piatti, tazze, o piattini. Quindi collocò i vani in una ruota posta all’interno di una caldaia di rame. Un motore girava il volante mentre acqua calda mista a sapone schizzata dal fondo della caldaia pioveva sulle stoviglie. Insieme a George Butters mise a punto la sua idea, brevettandola e avviandone la produzione. La loro invenzione venne presentata alla World’s Fair di Chicago del 1893, 1/2


con il nome di Lavadora (che presto tuttavia fu cambiato in Lavaplatos), dove vinse il primo premio. Presto arrivarono numerosi ordini da ristoranti e alberghi in Illinois, e l’azienda sarebbe in seguito divenuta l’odierna KitchenAid.

2/2


EXPO CHICAGO 1893: PASSEGGIARE NEL FUTURO CON IL MARCIAPIEDE MOBILE milanoplatinum.com/expo-chicago-1893-passeggiare-nel-futuro-con-il-marciapiede-mobile.html Claudia Scienza

February 15, 2018

Il-tunnel-pedonale-dell’aeroporto-di-Detroit---by-Steve-Hopson-[CC-BY-2.5],-via-Wikimedia-Commons

EXPO CHICAGO 1893: PASSEGGIARE NEL FUTURO CON IL MARCIAPIEDE MOBILE – Oggi i marciapiedi mobili (noti come moving walkway o moving sidewalk, o anche come tapis roulant) sono un elemento tipico di aeroporti, complessi fieristici o parchi di divertimenti, ma c’è stato un tempo in cui erano considerati una straordinaria innovazione tecnologica, alla quale veniva prospettato un grande futuro. La storia del primo vero marciapiede mobile ci porta alla fine del XIX secolo, in una cittadina del New Jersey, Passaic. Qui risiedeva Alfred Speer, uomo dai molti interessi: era infatti inventore, editore e commerciante di vini. Speer, nel 1871, brevettò un sistema di marciapiedi mobili che secondo lui avrebbe rivoluzionato gli spostamenti dei pedoni a New York. Il suo sistema consisteva in una serie di “cinture” parallele, permettendo il trasporto dei pedoni. L’idea per una piattaforma mobile che consentisse lo spostamento pedonale venne anche un inventore francese, Eugene Hadamard, il cui progetto di realizzare il suo sistema in occasione dell’esposizione universale di Parigi del 1889 non si concretizzarono. Fu così che il primo marciapiede mobile fece il suo debutto in occasione della World’s Columbian Exposition del 1893 a Chicago, grazie anche alla Columbian Movable Sidewalk Company, che si occupò della sua realizzazione e messa in opera. Per la cifra di 5 cents, il visitatore della fiera poteva farsi comodamente trasportare 1/2


attraverso il complesso fieristico. In particolare, i marciapiedi mobili scorrevano in corrispondenza degli approdi delle barche a vapore, che trasportavano i visitatori diretti alla fiera attraverso il lago Michigan o il fiume Chicago. Una volta scesi dalle imbarcazioni, i visitatori potevano quindi salire direttamente su marciapiede mobile, e farsi portare a destinazione. L’idea di Speer era che la sua innovazione trovasse impiego in metropoli come New York, quale sistema per decongestionare il traffico, che già all’epoca rappresentava un problema per la Grande Mela. I marciapiedi mobili sarebbero stati presenti anche all’esposizione universale di Parigi del 1900, tuttavia per veder rinascere l’interesse per questa invenzione si sarebbe dovuto aspettare fino agli anni Venti del XX secolo, quando il concetto di città del futuro, caratterizzata dall’automazione, fu di gran moda. A interrompere questi sogni futuristici vi furono tuttavia eventi come la Grande Depressione e la Seconda Guerra Mondiale, che accantonarono i progetti relativi ai marciapiedi mobili. Negli anni Cinquanta del XX secolo, infine, società come la Goodyear trovarono interesse nell’innovazione, che tuttavia ora erano considerati di grande utilità in spazi come i parcheggi dei grandi stadi sportivi, nelle stazioni delle grandi metropolitane e negli aeroporti. Il marciapiede mobile è oggi di grande funzionalità nei casi in cui sia necessario far defluire molte persone in spazi ristretti.

2/2


EXPO 1894 SAN FRANCISCO milanoplatinum.com/expo-1894-san-francisco.html Claudia Scienza

July 28, 2016

EXPO_1894_San-Francisco_1

EXPO 1894 SAN FRANCISCO – Il 1894 è un anno particolarmente intenso per quanto riguarda fiere mondiali ed esposizioni universali; tra Europa e America, infatti, si tengono ben 3 eventi: a San Francisco, a Lione e ad Anversa. La California Midwinter International Exposition si tiene a San Francisco, dal 27 gennaio al 5 luglio, e vedrà la partecipazione di oltre 2 milioni di visitatori. Come location dell’evento viene scelto il Golden Gate Park. L’evento del 1894 è una “creatura” di Michael de Young, uomo d’affari ed editore del “San Francisco Chronicle”. De Young era stato commissario della California Exhibits durante la World’s Columbian Exposition di Chicago, nel 1893, e volle portare quanto poteva dell’evento a San Francisco, in una sorta di “sequel” di Chicago. All’epoca gli Stati Uniti stavano soffrendo una recessione economica, e De Young, insieme agli altri organizzatori, sperava che un’esposizione mondiale potesse creare lavoro, attrarre visitatori e incentivare le opportunità finanziarie, industriali ed economiche della California. Vi era anche un sentimento di orgoglio civico alla base del desiderio di organizzare un simile evento. Gli Stati Uniti avevano iniziato a concentrare gli sforzi sulle opportunità coloniale nel Pacifico, e San Francisco, che sulla East Coast era ancora ritenuta una città di frontiera e non del tutto “civilizzata”, avrebbe potuto sfruttare l’esposizione mondiale per mostrarsi al resto del Paese e al mondo come una “città imperiale dei mari occidentali”, secondo le parole del poeta e giornalista Taliesin Evans. La location e gli edifici Il mite clima californiano, che consentiva anche in inverno di tenere eventi all’aperto, fece sì che l’esposizione di San Francisco aprisse i battenti il 27 gennaio. La location scelta per ospitare l’esposizione è una parte del Golden Gate Park, nota come Concert Valley, che corrisponde all’odierno Music Concourse. La scelta venne fatta 1/4


nonostante le obiezioni del sovrintendente del parco, John McLaren, che temeva danni ambientali. Il cuore del complesso era l’ovale del Grand Court of Honor, composto da cinque grandi edifici: il Fine Arts Building, l’Agricultural and Horticulture Building, il Mechanical Arts Building, il Manufacturers and Liberal Arts Building e l’Administration Building. Il Grand Court of Honor intendeva discostarsi dalla White City dell’Expo di Chicago dell’anno precedente, e il risultato fu un fantastico e variopinto insieme di torri, minareti, cupole e piramidi. Soprannominata Sunset City, era caratterizzata da colori, esuberanza ed esotismo, quasi fosse uscita da un racconto delle “Mille e una notte”. L’Administration Building, che ospitava gli uffici dell’amministrazione, mostrava elementi stilistici arabi, bizantini e gotici, ed era sormontato da una cupola con figure in rilievo. Di notte era visibile a grande distanza, poiché interamente illuminato. L’Agricultural and Horticulture Building rifletteva lo stile architettonico tipico delle missioni della California; aveva tre cupole, che lasciavano passare la luce per le piante ospitate all’interno. L’edificio era una enorme serra, con esemplari vegetali caratteristici della California. Il Fine Arts Building fu disegnato in stile pseudo-egizio, decorato con immagini della dea Hathor. L’edificio ospitava le opere di 68 artisti, tra i quali 28 erano donne. La maggior parte di esse aveva studiato arte presso la California School of Design (l’odierno San Francisco Art Institute), e tra di esse vi erano Evelyn McCormick, Clara McChesney, Alice Chittenden ed Eva Withrow. Al termine dell’Expo del 1894, l’edificio divenne un museo, il De Young Museum; rimasto gravemente danneggiato durante il terremoto del 1906, l’edificio originario venne demolito e al suo posto ne sorse uno nuovo. Il Manufacturers and Liberal Arts Building, in stile moresco, era suddiviso in tre sezioni: manifatturiera, arti liberali ed etnologia e archeologia. Vi erano esposizioni di varie università, come la University of California e la Yale University, oltre a una mostra dedicata al Lick Observatory. La divisione dedicata a etnologia e archeologia ospitava statue, modelli, invenzioni e armi provenienti da 38 diverse zone del mondo. All’epoca, oltre a essere l’edificio più grande della fiera era anche il maggiore della California. Nel Mechanical Arts Building erano presenti i macchinari necessari per il funzionamento del sito espositivo, oltre a mettere in mostra le ultime novità nel campo dell’ingegneria meccanica. Al centro dell’edificio sorgeva un globo dorato, a rappresentare il quantitativo totale di oro estratto dalle miniere della California. Nel grande spazio del Grand Court of Honor vi erano inoltre due fontane, e al suo centro sorgeva il “simbolo” della fiera, la Bonet’s Tower o Electric Tower. Progettata dall’architetto Leopold Bonet, era una torre in acciaio alta circa 83 metri e ornata da oltre 3000 luci multicolori. Era chiaramente ispirata alla Torre Eiffel e la sua cima ospitava un potente riflettore, usato per illuminare le varie location dell’esposizione. All’interno del complesso vi era anche una struttura sanitaria, l’Emergency Hospital, che attirava l’attenzione per la sua insolita struttura a croce e per le grandi croci dipinte di rosso. Il nome ufficiale era Lengfeld’s Pharmacy e in pratica finì per diventare anche una mostra dell’efficienza della medicina moderna. Nel Santa Barbara Amphibia era invece possibile ammirare numerose specie marine tipiche delle acque della California, anche se non tutti gli esemplari esposti erano vivi.

2/4


Attrazioni e divertimenti Come per l’Expo di Chicago del 1893, anche la California Midwinter dedicava grande spazio ad attrazioni e divertimenti. Tra le attrazioni più popolari vi era il Daniel Boone’s Wild Animal Show, con vari animali selvatici. I visitatori potevano inoltre ammirare uno degli ultimi esemplari di grizzly californiano, che si sarebbe molto presto estinto. Si trattava del celebre Monarch, catturato per volere del magnate della carta stampata William Randolph Hearst. L’orso, dal 1889, era ospite dei Woodward’s Gardens e successivamente del Golden Gate Park. L’animale avrebbe fatto da “modello” per l’orso raffigurato sulla bandiera della California, nota come Bear Flag. Monarch morirà nel 1911; fatto imbalsamare, è oggi esposto presso l’Academy of Science di San Francisco. Grande successo ebbe la Firth Wheel, ruota panoramica che replicava quella di Chicago, e il Dante’s Inferno, un’attrazione “spaventosa” la cui entrata erano le fauci di un grande drago dorato. Anche l’Haunted Swing prometteva di spaventare ed emozionare i visitatori, che, seduti all’interno di una sorta di enorme altalena posta in una stanza, avevano l’illusione di capovolgersi, mentre in realtà rimanevano fermi ed era la stanza stessa a ruotare. Il Gold Gulch era la replica di un villaggio di minatori, con tanto di saloon, tavoli per il gioco d’azzardo e figuranti che davano vita a scene di vita “mineraria”. Erano presenti anche attrazioni a carattere etnologico, che comprendevano le riproduzioni di villaggi di varie parti del mondo, tra i quali il Dahomeyan Village (dall’Africa), un villaggio hawaiano e uno inuit. Il Japanese Tea Garden Molto popolare fu anche il Marsh’s Japanese Village & Tea Garden, sopravvissuto all’Expo e oggi noto come Japanese Tea Garden. Fu realizzato da George Turner Marsh, un uomo d’affari australiano appassionato di cultura giapponese, con l’aiuto dell’architetto giapponese Makoto Hagiwara. Nel corso dei decenni il Japanese Tea Garden ha subito sostanziali modifiche, ma è ancora uno degli angoli più amati del Golden Gate park, con i suoi laghetti, le cascatelle, i ciliegi e le numerose piante orientali, oltre alla sala da tè dove è possibile vivere la cerimonia del tè giapponese. Al Japanese Tea Garden e all’Expo del 1894 andrebbe inoltre ricondotta la nascita dei celebri biscotti della fortuna. Anche se siamo abituati ad associarli alla cultura cinese, in realtà sembra sia stato proprio Hagiware a inventarli, per ringraziare coloro che si univano a lui durante la cerimonia del tè. L’eredità dell’Expo 1894 Subito dopo la chiusura della fiera, il 5 luglio, il sovrintendente al Golden Gate Park, John McLaren, diede inizio alla sua “vendetta” nei confronti di un evento che aveva reputato deleterio per il suo amato parco. McLaren seguì personalmente i lavori di demolizione della gran parte delle strutture espositive, sfogando il suo malcontento soprattutto sulla Bonet’s Tower, che fece demolire con l’esplosivo. Oggi molto poco rimane dell’eposizione del 1894. Oltre al Japanese Tea Garden e al Fine Arts Building, divenuto De Young Museum, vi sono alcune statue e sculture. L’Apple Cider Press, scultura in bronzo di Thomas Shields Clarke che raffigura un uomo che aziona una pressa per sidro; durante l’Expo fungeva da fontana, dalla quale, secondo alcune fonti, fuoriusciva non acqua, ma sidro. Ancora presente nel sito originario è la statua nota come Roman Gladiator, anche se pare che l’intento dell’autore fosse quello di raffigurare 3/4


Leonida, il re di Sparta. Legato al mondo della viticultura, attività importante già nella California dell’epoca, e all’Expo del 1894 è anche il grande vaso in bronzo, opera di Gustave Doré, il cui nome “ufficiale” è “Poème de la Vigne”. Profusamente decorato con motivi legati alla lavorazione del vino, il vaso è ancora visibile all’esterno del De Young Museum. Sempre all’esterno del museo sono presenti due sfingi in cemento, che sostituiscono le due sculture originali, in granito nero, realizzate da Arthur Putnam per l’entrata del Fine Arts Building. Le due sculture originali sono scomparse dopo il terremoto di San Francisco del 1906.

GALLERY EXPO 1894 SAN FRANCISCO

4/4


EXPO 1897 BRUXELLES milanoplatinum.com/expo-1897-bruxelles.html Claudia Scienza

August 25, 2016

Expo_1897_Bruxelles_Diploma_WikiCommons

EXPO 1897 BRUXELLES – Nel 1897, l’esposizione internazionale fa di nuovo tappa in Belgio, e dopo Anversa tocca a Bruxelles ospitare l’evento internazionale. L’Exposition Internationale de Bruxelles si svolge dal 10 maggio all’8 novembre, e vedrà la partecipazione di 27 Paesi, con un totale di 7,8 milioni di visitatori. Le sedi principali che ospitano l’evento sono rappresentate dal Parc du Cinquantenaire e da una sezione coloniale che è ospitata a Tervuren, dove si tiene una esposizione dedicata allo Stato Libero del Congo, il controverso regno privato di Leopoldo II del Belgio, che comprendeva l’intera regione che oggi costituisce la Repubblica Democratica del Congo. A collegare le due sedi espositive vi era una linea tranviaria realizzata appositamente per l’occasione. La sezione espositiva che aveva sede a Tervuren era ospitata nel Palazzo delle Colonie, sebbene la colonia belga in questione fosse solo una. Per pubblicizzare le opportunità economiche che offriva il “suo” regno, Leopoldo II decise di far tenere un’esposizione temporanea nella sua tenuta reale di Tervuren, collegata alla città dalla monumentale Avenue de Tervuren, fatta realizzare appositamente per l’Expo del 1897. 1/3


Per permettere ai visitatori di raggiungere l’esposizione fu inoltre realizzata la linea tranviaria n. 44. L’edificio del Palazzo delle Colonie fu disegnato dall’architetto belga Albert-Philippe Adolphe, mentre i giardini sono opera dell’architetto paesaggista francese Elie Lainé. Nel salone principale l’architetto e decoratore belga Georges Hobé realizzò una singolare struttura in legno, in stile Art Nouveau, che evocava una foresta, utilizzando legno Bilinga proveniente dall’Africa. In mostra a Tervuren vi erano oggetti etnografici, animali impagliati e prodotti congolesi, in particolare caffè, tabacco e cacao. Nel parco della tenuta fu realizzato uno “zoo umano”, con la ricostruzione di un tipico villaggio africano, nel quale diversi abitanti congolesi vissero per la durata dell’esposizione. In seguito al grande successo dell’esposizione, fu stabilito di fondare il Royal Museum for Central Africa, ancora oggi attivo e ospitato nel Palazzo di Tervuren. L’altra sede dell’Expo belga era il Parc du Cinquantenaire, nel quale la maggior parte degli edifici del complesso a forma di ferro di cavallo che domina il parco furono commissionati da Leopoldo II e realizzati in occasione dell’esposizione nazionale del 1880. L’arco di trionfo centrale, all’epoca era ancora in costruzione, e sarebbe stato terminato nel 1905. Tra le attrazioni va ricordato il Campionato mondiale di lotta e atletica, organizzato in concomitanza con l’esposizione universale. Il vincitore fu il lottatore francese Noël Rouveyrolis, noto come Noël le Gaulois. Dell’evento espositivo del 1897 oggi rimangono poche testimonianze. Tra queste la principale è il piccolo padiglione denominato Tempio delle Umane Passioni, o Padiglione Horta-Lambeaux, opera di Victor Horta. Situato nel Parc du Cinquantenaire, il piccolo edificio ospita il capolavoro dello scultore Jef Lambeaux, un monumentale bassorilievo in marmo di Carrara dal titolo “Passioni umane”. Nel 1890 giovane architetto Victor Horta ricevette l’incarico di realizzare un padiglione per ospitare l’opera di Jef Lambeaux, un monumentale bassorilievo in marmo di Carrara dal titolo “Passioni umane”. Sebbene a prima vista il piccolo edificio abbia l’aspetto di un tempio classico, mostra già le caratteristiche stilistiche dell’Art Nouveau, dove ogni dettaglio classico è stato ridisegnato e reinterpretato secondo uno stile modernista. Sebbene il padiglione fosse stato realizzato in tempo per l’Expo del 1897, il rapporto di collaborazione tra Horta e Lambeaux si incrinò, tanto da arrivare a un inconciliabile disaccordo che fece ritardare l’apertura ufficiale del padiglione, avvenuta il 1° ottobre 1899. Commissionato anch’esso nel 1890, il rilievo di Lambeaux è un insieme scultoreo incentrato sui temi dalla fortuna, della felicità e del peccato dominati dalla morte.

GALLERY EXPO 1897 BRUXELLES

2/3


3/3


EXPO 1900 PARIGI milanoplatinum.com/expo-1900-parigi.html Claudia Scienza

September 1, 2016

Vue_panoramique_By-Lucien-Baylac-(1851–1913)-[Public-domain],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 1900 PARIGI – Parigi accoglie il XX secolo con l’Esposizione Universale del 1900, che si tiene nella capitale francese dal 14 aprile al 12 novembre. L’evento intende celebrare le conquiste e i progressi dello scorso secolo e accelerarne lo sviluppo nel prossimo che si affaccia. L’Expo del 1900 avrebbe definito, come avrebbero in seguito scritto gli organizzatori parigini, “la filosofia del nuovo secolo ed espresso la sintesi del secolo precedente”. La consapevolezza, a livello internazionale, dell’importanza dell’evento è ben rappresentata dalla competizione tra Francia e Germania per ospitare l’esposizione del 1900. Alla fine a spuntarla sarà Parigi, “soffiando” l’evento a Berlino, che tuttavia non mostro di serbare rancore, tanto che il padiglione tedesco, all’Expo, sarebbe stato presente anche un tributo alla cultura francese. Inaugurata il 14 aprile 1900 dal presidente della Repubblica francese, Émile Loubet, il sito dell’esposizione si estendeva su due siti, per una superficie complessiva di 112 ettari. Il sito principale era quello che comprendeva lo Champ-de-Mars, il Palais du Trocadéro, l’Esplanade des Invalides e la riva della Senna. Il secondo sito era quello del Bois de Vincennes, con spazi espositivi dedicati all’agricoltura, alla ferrovia, alle fabbriche e dove inoltre si tenevano gare e competizioni sportive. Quello stesso anno, dal 14 maggio al 28 ottobre, Parigi ospitava anche i Giochi della II Olimpiade, e molte gare si tenevano proprio a Vincennes. 1/4


All’Esposizione parteciparono 83.000 espositori, dei quali 45.000 da altri Paesi. Per accogliere il grande numero di partecipanti (al termine dell’evento i visitatori saranno 50,8 milioni) le stazioni parigine, come la Gare de Lyon, la Gare de l’Est e di Montparnasse vengono ristrutturate, mentre la Gare du Champ-de-Mars viene sostituita dalla Gare d’Orsay. Oltre alla nuova stazione, che oggi ospita il famoso museo dedicato all’arte impressionista e post-impressionista, in occasione dell’evento viene completato il Pont Alexandre III, probabilmente il più bello della capitale francese. Sorgono anche due nuovi edifici, il Petit Palais e il Grand Palais, oggi adibiti a musei e spazi espositivi. Il visitatore dell’Esposizione Universale del 1900 veniva accolto dalla Porte Monumentale, il trionfale ingresso in Place de la Concorde realizzato dall’architetto René Binet. La struttura era composta da una cupola e tre archi, e ospitava le 56 biglietterie. Riccamente decorata, con motivi bizantini e orientali, era sormontata dalla statua “La Parisienne”, realizzata dallo scultore Paul Moreau-Vauthier con le fattezze della grande attrice Sarah Bernhardt. Tra gli edifici degni di nota vi era il Grand Palais, un grande padiglione espositivo in vetro dall’imponente facciata in pietra d’ispirazione classica, ospitava al suo interno un’esposizione dedicata alla scultura. Ispirato all’Art Nouveau era invece il Petit Palais, realizzato da Charles Giraud. Al suo interno era ospitata un’esposizione dedicata all’arte francese, suddivisa in due sezioni. La prima, detta “Décennale”, era dedicata esclusivamente a opere realizzate nel corso degli ultimi 10 anni; la seconda, la “Centale”, era una rassegna e retrospettiva dell’arte del XIX secolo. A differenza di precedenti edizioni, dove era stata “snobbata” e relegata ai margini, l’arte impressionista aveva un posto di primo piano, con opere di Seurat, Gauguin, Cézanne, Manet e Monet. Altro interessante struttura era il Palais de l’Électricité, di fronte al quale sorgeva il monumentale Château-d’Eau, con i suoi spettacolari giochi d’acqua e di luce. Tra i padiglioni dedicati alle nazioni straniere si segnalano, in particolare, quello britannico, uno dei più grandi dell’esposizione, il cui stile richiama quello elisabettiano. Quello tedesco era stato realizzato in legno e vetrate colorate, richiamando un tipico Bierpalast della Baviera (una sorta di pub specializzato in birra). Nel padiglione della Russia i visitatori potevano ammirare per la prima volta una matrioska, che ben presto sarebbe divenuto uno dei simboli più famosi della Russia. Presentata all’Expo parigina, il suo successo fu immediato. Non mancavano inoltre spazi dedicati alle colonie francesi, in particolare quelle dell’Africa sub-sahariana. Erano presenti sezioni dedicate al Senegal, al Madagascar e al Dahomey, che corrisponde all’odierno Benin. Numerose erano le attrazioni e i divertimenti offerti al pubblico dall’Expo parigina del 1900. Per la prima volta era possibile assistere alla proiezione di film sonori; si trattava di brevi filmati, che mostravano soprattutto balletti e scene di opere liriche. In occasione dell’esposizione fu presentato il Cinéorama, un processo di proiezione cinematografica ideato dal francese Raoul Grimoin-Sanson, che ebbe un tale successo di pubblico che, a causa della folla enorme, dovette essere interrotto dopo soli 3 giorni. La proiezione avveniva su uno schermo circolare, ed era realizzata tramite l’impiego di 10 proiettori sincronizzati. Altra attrazione di successo fu il Mareorama di Hugo d’Alesi, un pittore di cartelloni 2/4


pubblicitari, che aveva inventato un dispositivo che combinava dipinti panoramici in movimento e una grande piattaforma mobile. L’attrazione era ospitata all’interno di un grande edificio, presso lo Champ-de-Mars, e simulava un viaggio in nave da Villefranche a Costantinopoli. Non lontano dalla Torre Eiffel sorgeva una delle icone dell’Expo, il Globe Céleste; si trattava di una enorme sfera, di circa 50 metri di diametro, all’interno della quale i visitatori potevano ammirare l’evoluzione orbitale del Sole e degli altri pianeti. Purtroppo il 29 aprile 1900 la struttura cedette, causando 9 vittime. Di grande successo fu anche la Transiberiana, un grande edificio che simulava il viaggio in treno tra Mosca e Pechino grazie al sapiente utilizzo di fondali dipinti in movimento. I visitatori dell’Expo potevano godere di una spettacolare vista di Parigi dall’alto di una gigantesca ruota panoramica, la Grand Roue de Paris, che con i suoi 100 metri di altezza rappresentava un record (la ruota sarebbe stata demolita nel 1920). L’Expo del 1900 ospitò anche due “giganti”. Il primo era un enorme telescopio rifrattore, La Grande Lunette, all’epoca il più grande mai costruito con un diametro di 1,25 metri e un tubo ottico lungo 60 metri. Il secondo era una enorme fotocamera, detta Mammouth, realizzata a Chicago per conto della compagnia ferroviaria Chicago & Alton Railway; la compagnia desiderava realizzare una fotografia del treno speciale Alton Limited che fosse di enormi dimensioni e che tuttavia non fosse realizzata tramite foto-collage. La fotocamera pesava 7 quintali ed era montata su un vagone ferroviario. Numerose furono anche le innovazioni presentate per la prima volta in occasione dell’esposizione parigina, molte delle quali relative ai trasporti. Il tedesco Rudolf Diesel presentò il motore che ha preso il suo nome, che funzionava a olio di arachidi. Tra le molte realizzazioni intraprese in occasione dell’evento vi sono anche i lavori per la prima linea della Metropolitana di Parigi, la “ligne 1”; i lavori, iniziati nel 1897, terminarono in tempo per l’apertura dell’Expo del 1900. I bellissimi ingressi furono disegnati in stile Art Nouveau dall’architetto Hector Guimard, e alcune sono visibili ancora oggi. I visitatori, per spostarsi da un punto all’altro del sito espositivo, potevano utilizzare anche la Rue de l’Avenir, un “marciapiede mobile” lungo 3,5 chilometri che costeggiava l’Expo. Nel settore dell’arredo e delle decorazioni l’Expo fu caratterizzata dall’Art Nouveau, con mobili e oggetti d’arte dalle linee curve e motivi ornamentali a tema floreale. Lo stile si affermò anche nell’architettura, come testimoniavano alcuni edifici espositivi realizzati per l’evento, e anche nelle arti figurative. L’Expo del 1900 è ricordata anche per il trionfo, in campo artistico, di Auguste Rodin. Il grande scultore francese incarnò l’apice del genio artistico francese dell’ultimo secolo. Come scrisse Oscar Wilde, Rodin era “il più grande poeta in Francia, superando Victor Hugo”. Lo scultore aveva un padiglione interamente dedicato a lui, dove era esposto anche il monumentale gruppo scultoreo “La Porte d’Enfer” (“La porta dell’inferno”). L’opera fu commissionata a Rodin nel 1880; rimasta incompiuta, lo scultore vi lavorò fino alla sua morte, avvenuta nel 1917. Rodin immaginò l’opera come un portale monumentale, alto oltre 4,5 metri, interamente ricoperto da bassorilievi ispirati all’Inferno dantesco. Nel gruppo scultoreo sono presenti oltre 180 figure, dalle dimensioni più varie; tra esse sono riconoscibili in particolare alcuni personaggi, come il conte Ugolino, Paolo e Francesca e Adamo ed Eva. Lo stesso Dante è raffigurato nelle vesti di Pensatore, figura ripresa da Rodin anche per la famosa statua omonima. 3/4


Nonostante l’affluenza record di visitatori, quasi 51 milioni (si dovrà aspettare il 1970 e l’Expo di Osaka per registrare un numero simile di visitatori), i conti dell’Expo andarono in rosso, a causa degli elevatissimi costi per la sua realizzazione e gestione; si calcola che per coprire il disavanzo, il prezzo del biglietto sarebbe dovuto essere di circa 600 franchi in più rispetto a quello effettivo.

GALLERY EXPO 1900 PARIGI

4/4


EXPO PARIGI 1900: IL “SECOLO BREVE” E LA RIVOLUZIONE DEI FRATELLI LUMIÈRE milanoplatinum.com/expo-parigi-1900-il-secolo-breve-e-la-rivoluzione-dei-fratelli-lumiere.html Claudia Scienza

December 28, 2017

I fratelli Auguste e Louis Lumière; panoramica dell'Esposizione internazionale di Parigi del 1900; manifesto del cinema Lumière del 1895. [Public domain, via Wikimedia Commons].

EXPO PARIGI 1900: IL “SECOLO BREVE” E LA RIVOLUZIONE DEI FRATELLI LUMIÈRE – A inaugurare il Novecento, ribattezzato il “secolo breve” dallo scrittore e storico britannico Eric Hobsbawm nel suo saggio omonimo del 1994, per la velocità dei progressi tecnologici, sociali, politici ed economici che lo hanno caratterizzato, dal 14 aprile al 10 novembre del 1900 si tiene a Parigi l’Exposition de Paris. La capitale francese visse un periodo di straordinario rinnovamento in vista dell’apertura dell’importante evento, in occasione del quale furono costruiti alcuni tra i più noti monumenti che caratterizzano ancora oggi la città: la Gare de Lyon, la Gare d’Orsay (che oggi ospita il celebre museo), il Ponte Alessandro III, il Grand Palais e il Petit Palais. Tra il 1897 e il 1900, in tempo per l’apertura della manifestazione, la città vede inoltre i lavori per la prima linea della Metropolitana di Parigi. L’esposizione parigina del 1900 fu inoltre testimone del trionfo dei fratelli Auguste e Louis Lumière, inventori del proiettore cinematografico e tra i primi cineasti della storia. Proprio il 28 dicembre 1895 è ritenuta la data che vede la nascita ufficiale del cinema: si tiene infatti la prima proiezione cinematografica pubblica a pagamento, organizzata dai fratelli Lumière presso il Salon Indien du Grand Café sul Boulevard des Capucines, a Parigi. Auguste e Louis Lumière erano nati a Besançon, figli dell’imprenditore e fotografo Antoine Lumière. Louis aveva realizzato alcuni miglioramenti al processo fotografico, il più rilevante era il procedimento della lastra secca, un fondamentale punto di passaggio verso la pellicola fotografica. A partire dal 1892 i due fratelli si dedicarono alla creazione della pellicola cinematografica, e brevettarono un gran numero di procedimenti, tra i quali vi è in particolare il “foro di trascinamento” nella pellicola, come mezzo per trascinarla attraverso la camera e il proiettore. Il 13 febbraio 1895 brevettarono il “cinématographe”, un singolo strumento che funzionava sia da camera sia da proiettore. 1/2


Tramite questo strumento, i due fratelli girarono, il 19 marzo 1895, la prima pellicola: si trattava di “L’uscita dalle officine Lumière” (“La Sortie de l’usine Lumière”), il primo film a essere visto dal pubblico, per cui viene solitamente indicato come il punto di partenza della storia del cinema. La pellicola, infatti, era tra i dieci film proiettati nel corso del primo spettacolo organizzato dai fratelli Lumière al Salon Indien du Grand Cafè. Meno di cinque anni dopo a Parigi si svolge l’esposizione universale che “tiene a battesimo” il Novecento, e alla quale partecipano anche i fratelli Lumière con la loro invenzione. Nel periodo intercorso tra la prima del 1895 e l’evento parigino del 1900 si sono tenute altre rappresentazioni cinematografiche, in diverse città francesi e in alcune delle principali capitali europee. Parigi, inoltre, ospitava regolari proiezioni, che erano ospitate presso grandi magazzini, caffè e altri locali, come i “music-hall”. L’esposizione del 1900 offre al nascente cinema la possibilità di un riconoscimento ufficiale e a livello internazionale. Le rappresentazioni cinematografiche dei fratelli Lumière sono ospitate nella Galerie des Machines, una maestosa struttura in vetro e ferro realizzata nel 1889 in occasione dell’esposizione universale che vide nascere anche la Torre Eiffel. Anche se ormai un po’ demodé, la struttura rappresenta ancora l’ambiente ideale per ospitare le feste, i balli, le cerimonie e le manifestazioni ufficiali legate all’esposizione internazionale. Cuore dell’edificio è l’immensa Salle des Fêtes, di 6.300 metri quadrati, nella quale le feste e le cerimonie si alternano con le proiezioni delle pellicole dei due pionieri del cinema, proiettate su uno schermo gigante. L’esposizione internazionale del 1900 rappresenta il trionfo del cinema dei fratelli Lumière, che tuttavia nel 1905 chiuderanno definitivamente la loro attività. Nel frattempo, però, la nuova tecnica si era andata diffondendo in Francia e nel mondo. Il testimone sarà preso da altre figure, tra le quali vi è il parigino Georges Méliès, considerato il secondo padre del cinema (dopo i fratelli Lumière). Definito in seguito come il “Giotto della settima arte”, a lui si devono l’introduzione e la sperimentazione di numerose novità tecniche e narrative, ed è considerato da molti critici come l’inventore della regia cinematografica in senso stretto. Se i fratelli Lumière avevano inventato il cinema in senso tecnico, a Méliès si deve la nascita del cinema come arte.

2/2


Expo Buffalo 1901: i raggi X e il presidente McKinley milanoplatinum.com/expo-buffalo-1901-i-raggi-x-e-il-presidente-mckinley.html Claudia Scienza

December 7, 2017

La macchina a raggi X esposta a Buffalo nel 1901; l'assassinio del presidente William McKinley. [Univeristy at Buffalo Library; McKinleyAssassination_By T. Dart Walker (1869-1914) [Public domain], via Wikimedia Commons.

Expo Buffalo 1901: i raggi X e il presidente McKinley – Le esposizioni internazionali, in ogni loro forma e declinazione, sono state un vero e proprio palcoscenico che ha visto il debutto di “stelle” della tecnologia e della scienza. Non è stata da meno l’esposizione che nel 1901 si è tenuta a Buffalo, popolosa città della contea di Erie, nello Stato di New York. Qui, a partire dal 1 maggio e fino al 2 novembre, si svolse la Pan-American Exposition, una fiera mondiale dedicata al benessere commerciale. Nei numerosi padiglioni erano inoltre esposti gli ultimi progressi in campo tecnologico, e la protagonista assoluta era l’elettricità che illuminava o dava energia alla fiera stessa, generata da una centrale idroelettrica nei pressi delle cascate del Niagara, a circa 40 km dalla città. La Pan-American Exposition vide il debutto della macchina a raggi X, da pochissimo messa a punto. I raggi X (ovvero la porzione di spettro elettromagnetico con lunghezza d’onda compresa tra 10 nanometri e 1/1000 di nanometro) erano stati scoperti dal fisico tedesco Wilhelm Conrad Röntgen l’8 novembre 1895 (l’annuncio fu dato il 5 gennaio 1896). Per la sua scoperta, Röntgen avrebbe ricevuto, nel 1901, il Premio Nobel per la fisica, donando il premio in denaro alla sua università. Röntgen, inoltre, si rifiutò di brevettare questa scoperta per motivi morali, e non volle neppure che alla scoperta fosse legato il suo nome (anche se poi i raggi X sarebbero divenuti noti anche come raggi Röntgen). L’uso dei raggi X per scopi medici, tuttavia, ebbe inizio con il medico britannico John HallEdwards, che l’11 gennaio 1896 utilizzò per la prima volta i raggi X per fare una radiografia della mano di un paziente, rivelando così un oggetto estraneo all’interno dell’arto. I raggi X, tuttavia, suscitavano ancora le perplessità di alcuni, e fu probabilmente per questo che non furono utilizzati in seguito a quello che è l’evento per il quale è divenuta 1/2


nota l’esposizione di Buffalo. Il 6 settembre 1901 il presidente William McKinley era in visita alla Pan-American Exposition, e mentre si trovava nel Temple of Music (l’auditorium e sala concerti realizzata in occasione dell’evento) un certo Leon Czolgosz gli sparò per due volte, colpendolo all’addome. Il presidente fu trasportato all’ospedale che sorgeva presso il complesso espositivo, dove fu operato da una equipe di chirurghi. I medici, tuttavia, furono riluttanti a utilizzare la macchina a raggi X che era esposta presso la fiera per individuare i proiettili, perché temevano possibili e sconosciuti effetti collaterali. Paradossalmente, a differenza del complesso fieristico, dove l’elettricità illuminava padiglioni e ambienti vari, la sala operatoria dell’ospedale non ne era dotata: i medici utilizzarono degli schermi e specchi per catturare e riflettere la luce solare esterna. McKinley sarebbe morto il 14 settembre in seguito alla cancrena e all’infezione sviluppatesi in seguito alle ferite.

2/2


19/05/2018

EXPO BUFFALO 1901: debutta il caffè istantaneo - MilanoPlatinum.com

EXPO BUFFALO 1901: debutta il caffè istantaneo milanoplatinum.com/expo-buffalo-1901-debutta-il-caffe-istantaneo.html Claudia Scienza

March 22, 2018

Il caffè istantaneo debutta all'Expo del 1901 di Buffalo [Image: cc0 Creative Commons, via Pixabay]

EXPO BUFFALO 1901: debutta il caffè istantaneo – Nel 1901 la città di Buffalo, nello Stato di New York, ospita la Pan-American Exposition, evento che si svolge dal 1 maggio al 2 novembre presso il Delaware Park. L’edizione è passata alla storia soprattutto per l’assassinio del presidente William McKinley, mettendo in ombra altri avvenimenti, come il debutto del caffè istantaneo. Come spesso avviene per innovazioni e invenzioni, anche il caffè istantaneo, o solubile, ha diversi “padri”: risulta infatti presente dal 1771 in Gran Bretagna, e nel 1881 anche il francese Alphonse Allais aveva brevettato una bevanda istantanea. Negli Stati Uniti, durante la Guerra di secessione, tra le razioni fornite ai soldati vi era anche una forma sperimentale di caffè solubile. Anche il neozelandese David Strang poteva vantare la paternità di questa gustosa innovazione, nel 1890. Tuttavia, al chimico statunitense, di origini giapponesi, Satori Kato spetta il merito di aver creato il primo metodo di successo per realizzare una polvere per caffè solubile stabile. Kato lavorava a Chicago, e nel 1901 partecipò alla Pan-American Exposition, dove servì al pubblico il suo caffè istantaneo, riscuotendo grande successo.

http://www.milanoplatinum.com/expo-buffalo-1901-debutta-il-caffe-istantaneo.html

1/1


EXPO ST. LOUIS 1904: IL CONO GELATO milanoplatinum.com/expo-st-louis-1904-il-cono-gelato.html Claudia Scienza

February 1, 2018

cono-gelato---CC0-Creative-Commons,-via-Pixabay

EXPO ST. LOUIS 1904: IL CONO GELATO – Nel 1904 la città di St. Louis ospita la Fiera mondiale, ufficialmente nota come Esposizione internazionale della Louisiana, che si svolge dal 30 aprile al 1 dicembre. Nonostante la città ospitante si trovi in Missouri, la fiera era stata organizzata per celebrare il centenario dell’acquisto della Louisiana, avvenuto nel 1803. In quello stesso anno la città avrebbe ospitato anche i Giochi Olimpici, ma l’evento è ricordato anche per una innovazione, presentata proprio in occasione dell’evento fieristico, che avrebbe poi avuto un incredibile successo: il cono gelato. La storia di questa deliziosa invenzione, che ancora oggi delizia milioni di persone, è tuttavia piuttosto complessa. In realtà già nel Rinascimento i primi gelati erano confezionati con ostie di pane, e sembra che Caterina de’ Medici, regina di Francia, abbia poi diffuso tale tradizione in Francia. Nel XIX secolo, inoltre, si era soliti consumare gelati tramite coni realizzati in carta o metallo. Nel 1903, tuttavia, nasce il cono gelato vero e proprio, ovvero come lo intendiamo ancora oggi. Il 13 dicembre 1903, l’italiano Italo Marchioni, originario del Cadore ed emigrato negli Stati Uniti, ricevette il brevetto n. 746971 per l’invenzione del cono gelato, che aveva venduto sin dal 1896. L’idea sarebbe nata casualmente, per uno stato di necessità: Marchioni, infatti, era solito servire i suoi gelati in bicchieri di vetro, che spesso però non gli venivano restituiti oppure si rompevano. Per evitare questa perdita di capitale, seppur minima, Marchioni pensò quindi di servire i suoi gelati in una cono fatto con una cialda. 1/2


A St. Louis, tuttavia, a essere presentato non fu il cono gelato di Marchioni, ma quello di un pasticcere siriano, tale Enrst Hamwi, che stava vendendo “zalabia”, una pasta croccante e gocciolante di sciroppo cotta in una pressa bollente per wafer, andò in soccorso di un vicino venditore di gelati che era sul punto di terminare i piatti sui quali serviva i suoi gelati. Hamwi gli fornì lo“zalabia”, che aveva arrotolato ancora caldo a forma di cono, in modo che potesse contenere il gelato. A ogni modo, dopo la fiera di St. Louis il cono gelato divenne incredibilmente popolare, e già nel 1928 aveva dato vita a un’industria che produceva circa 250 milioni di coni gelato in tutti gli Stati Uniti.

2/2


EXPO 1904 ST. LOUIS milanoplatinum.com/expo-1904-st-louis.html Claudia Scienza

September 8, 2016

Worlds-fair-st-louis-1904_via Wikimedia Commons

EXPO 1904 ST. LOUIS – Nel 1904 St. Louis, in Missouri, ha ospitato la Louisiana Purchase Exposition (nota anche come St. Louis World’s Fair). In un primo tempo si sarebbe dovuta tenere nel 1903, in corrispondenza del centenario dell’Acquisto della Louisiana (1803), ma si decise per fare slittare l’evento all’anno successivo, in modo di consentire la partecipazione a un maggior numero di Stati e Paesi stranieri. La Louisiana Purchase Exposition aprì i cancelli al pubblico il 30 aprile 1904, e al termine dell’evento, il 1 dicembre, i visitatori furono quasi 20 milioni (19.694.855, per l’esattezza). L’evento celebrava principalmente il centenario dell’acquisizione da parte degli Stati Uniti dai Francesi di 2.140.000 chilometri quadrati di territorio, all’epoca noto come Louisiana francese. Tuttavia fu anche l’occasione per promuovere divertimenti e intrattenimenti, beni e prodotti di consumo, oltre alla cultura popolare. All’esposizione parteciparono circa 50 nazioni e 43 degli allora 45 Stati degli USA. Tra gli espositori vi erano anche industrie, città, organizzazioni private e corporazioni, compagnie teatrali e scuole di musica. I quasi 5 chilometri quadrati del sito espositivo furono disegnati dall’urbanista e architetto paesaggista George Kessler, ed era situato sui terreni del Forest Park e del campus della Washington University. Era composto da oltre 1500 edifici, collegati da circa 120 chilometri di strade e passaggi pedonali. La maggior parte degli edifici dell’esposizione erano strutture temporanee, costruite ad hoc per l’esposizione. Questi edifici erano stati realizzati in gesso, cemento e stucco, e già 1/3


durante l’esposizione mostravano segni di deterioramento, necessitando quindi di frequenti interventi di manutenzione. Tra i pochi “resti” della fiera del 1904 vi è il Palace of Fine Arts, che presentava un grande cortile interno con sculture, ispirato alle Terme di Caracalla a Roma. Oggi l’edificio ospita il St. Louis Art Museum. L’Administration Building, per ospitare gli uffici amministrativi legati all’evento, oggi è il Brookings Hall e fa parte della Washington University. Per l’occasione lo Smithsonian Institution di Washington aveva fatto costruire una enorme voliera, che è ancora oggi visibile al St. Louis Zoological Park, mentre il tempio indiano che sorgeva non lontano dalla ruota panoramica (uno dei tanti divertimenti a disposizione del pubblico) oggi è visibile al Jain Center of Southern California di Los Angeles. Tra gli edifici significativi della fiera, che tuttavia non sono giunti fino a noi, vi è il Missouri State Building. L’edificio era la struttura più grande dell’esposizione, ma purtroppo andò quasi completamente distrutto nella notte tra il 18 e il 19 novembre; dal momento che ormai la fine della fiera si avvicinava, l’edificio non fu ricostruito. Sul sito in Foresto Park, tra il 1909 e il 1910, sorse il World’s Fair Pavilion. Il Festival Hall ospitava i principali eventi musicali e al suo interno era possibile ammirare quello che all’epoca era l’organo più grande del mondo. Realizzato dalla Los Angeles Art Organ Company, una volta terminata la fiera fu acquistato da John Wanamaker. La torre di osservazione, realizzata dalla American DeForest Wireless Telegraph Company, fu acquistata da un banchiere di Hot Springs (in Arkansas); ribattezzata Rix Tower, è stata smantellata definitivamente nel 1975. Tra le icone della fiera vi era anche una enorme statua in ghisa raffigurante il dio Vulcano, commissionata dalla città di Birmingham, in Alabama, per rendere omaggio alle sue industrie siderurgiche. Realizzata da Giuseppe Moretti, al termine dell’esposizione la statua fu smantellata per essere portata a Birmingham; tuttavia sorsero problemi per il pagamento dei costi di spedizione, e così le parti della scultura furono in cerimoniosamente scaricate lungo la ferrovia. I pezzi, successivamente, furono reciperati e dopo varie vicissitudini la statua oggi sorge nel Vulcan Park, creato nel 1939. L’esposizione internazionale del 1904 era anche ricca di attrazioni e divertimenti, tanto che metà del sito era in pratica una sorta di luna park. L’area dei divertimenti, chiamata The Pike, comprendeva la famosa Ferris Wheel, la ruota panoramica che aveva debuttato all’Expo di Chicago del 1893. Per il diletto e la meraviglia del pubblico vi erano inoltre numerose mostre ed esibizioni. Erano stati ricreati alcuni villaggi etnici, tra i quali uno apache, uno filippino e un villaggio inuit. Uno dei beniamini dei visitatori fu Beautiful Jim Key, un cavallo ammaestrato che stupiva il pubblico in spettacoli che si tenevano nel Silver Horseshoe Pavilion. L’esposizione di St. Louis è ricordata anche dal punto di vista gastronomico, perché secondo la tradizione proprio in occasione di questo evento avrebbero fatto il loro debutto l’hamburger e l’hot dog, il burro di noccioline, il tè freddo e lo zucchero filato, anche se per alcuni in realtà questi cibi erano già stati “inventati”, e la fiera di St. Louis li fece conoscere al pubblico in modo massiccio.

2/3


La fiera del 1904 ispirò anche una canzone, “Meet Me in St. Louis”, che nel 1944 sarebbe stata al centro, insieme all’esposizione universale, del film omonimo con Judy Garland. Anche Scott Joplin, il più famoso compositore di Ragtime (tanto da essere noto come King of Ragtime”) scrisse un brano che celebrava i complessi giochi d’acqua all’esterno del Festival Hall, dal titolo “Cascades”. La città St. Louis, oltre all’Expo, tra il 1° luglio e il 23 novembre ospitò anche i Giochi Olimpici, e alcune gare si svolgevano all’interno di Forest Park. Le Olimpiadi del 1904 tuttavia soffrirono molto della concomitanza dell’esposizione universale e furono messe in ombra, tanto che numerosi atleti, soprattutto europei, disertarono i Giochi.

GALLERY EXPO 1904 ST. LOUIS

3/3


EXPO 1905 LIEGI milanoplatinum.com/expo-1905-liegi.html Claudia Scienza

September 15, 2016

affiche_1905_public-domain-via-wikimedia-commons

EXPO 1905 LIEGI – Ancora una volta il Belgio ospita l’esposizione universale, e questa volta l’onore tocca a Liegi, che dal 27 aprile al 6 novembre 1905 ospita l’evento. L’esposizione è l’occasione, inoltre, per celebrare i 75 anni dell’indipendenza del Belgio, oltre a fungere da vetrina per i progressi raggiunti in campo industriale dalla nazione ospitante. L’area espositiva principale corrisponde ai quartieri di Aguerres e Vennes, che sorgono lungo la riva destra dell’Ourthe, alla sua confluenza con la Mosa. L’evento coinvolge anche parte del quartiere Fragnée, che viene collegata al resto del sito espositivo tramite un ponte, all’epoca chiamato “dell’Esposizione” e che oggi è invece noto con il nome del quartiere. Altra importante sezione espositiva è quella ospitata dal parco della Boverie, anche questa collegata al resto della città da un ponte, oggi noto come ponte Alberto I. Il sito espositivo di Vennes richiese una preparazione lunga e complessa, poiché si trattava di una zona interessata da frequenti inondazioni. Furono quindi eseguiti lavori per la messa in sicurezza dell’area e del quartiere, e furono realizzati alcuni ponti, come quello di Fragnée, il ponte di Fétinne, il ponte di Vennes e la passerella Mativa. In questo modo la zona fu in grado di accogliere anche nuovi viali e nuove linee tranviarie. In occasione dell’evento venne ricreato un quartiere della vecchia città, il cosiddetto VieuxLiège, nel quale sorgeva inoltre la ricostruzione della torre dell’antica cattedrale gotica di 1/3


Notre-Dame-et-Saint-Lambert, demolita nel 1794 sull’onda della Rivoluzione Francese. Rievocazione della città vecchia, Vieux-Liège era inoltre una sintesi dell’architettura vallona. Come accade spesso per le esposizioni universali, pochi sono gli edifici che oggi possono testimoniare l’evento. Nel caso dell’edizione belga del 1905 vi è il Palais des Beaux-Arts, costruito in stile Luigi XVI e immerso nel verde del parco della Boverie. Oggi l’edificio ospita il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea della città. Sempre in concomitanza con l’esposizione universale, il 7 ottobre viene inaugurato il monumento dedicato a Zénobe Gramme, fisico e inventore belga (era nato nella provincia di Liegi nel 1826), conosciuto soprattutto per aver perfezionato la macchina dinamoelettrica. Opera dello scultore belga Thomas Vinçotte, il monumento sorge nella piazza dedicata all’illustre inventore, tra il ponte di Fragnée e il ponte di Fétinne. L’Expo di Liegi contava ben 80 padiglioni e la presenza di 17.000 espositori, numeri che all’epoca ne fecero l’edizione più imponente dopo quelle ospitate da Francia e Stati Uniti. Vi era una grande presenza da parte francese, con oltre 7000 espositori; vi fu anche un’esposizione della polizia di Parigi, che illustrava il ruolo delle impronte digitali nella criminologia. Il francese Léon Gaumont presentò il Chronophone, sistema di cinematografia parlata tramite il collegamento sincronico del film con dischi fonografici. Gli organizzatori dell’esposizione di Liegi cercarono di attrarre il maggior numero possibile di visitatori ed espositori esteri. Per questo, brochures che illustravano l’evento furono inviate a hotels e stazioni ferroviarie di tutto il mondo; inoltre, i giornalisti furono invitati a visitare i padiglioni mentre era ancora in corso la loro costruzione. Al termine, l’esposizione del 1905 di Liegi fu visitata da circa 7 milioni di visitatori, e il suo successo fu di incoraggiamento per organizzare l’esposizione del 1910 di Bruxelles e quella del 1913 di Gand.

GALLERY EXPO 1905 LIEGI

2/3


3/3


ACQUARIO CIVICO DI EXPOMILANO 1906 milanoplatinum.com/lacquario-civico-di-expomilano-1906.html Milano Segreta

January 22, 2016

Acquario civico di Milano - Expomilano 1906 -(credits Milano Segreta)

ACQUARIO CIVICO DI EXPOMILANO 1906 – In collaborazione con Milano Segreta

Come spero molti sapranno, il 2015 non è stato il primo anno in cui Milano ha ospitato Expo: l’Esposizione Internazionale era già stata nella nostra città, e precisamente nel 1906! Proprio in occasione di Expo 1906 fu costruito nel parco Sempione l’Acquario Civico di Milano e, alla fine, fu anche l’unico padiglione a non essere smantellato dopo il termine dell’evento internazionale.

1/4


Qualche punto di forza? È il terzo acquario più antico di tutta Europa. È ritenuto uno degli edifici di maggior prestigio nel campo del liberty milanese. È dotato di una meravigliosa terrazza panoramica al piano superiore. Sono anche presenti una sala conferenze e una biblioteca specializzata in materia di biologia marina e scienze acquatiche, tanto da risultare una tra le più fornite in Italia e in Europa. L’attrazione principale è rappresentata naturalmente dalle vasche: qui ci si può erudire sul cammino dell’acqua, a partire dalla sua nascita sotto forma di ruscello montano fino alla sua unione con fiumi, laghi e mari. E non mancano esaustive indicazioni circa le più disparate specie di pesci. Davvero spettacolare è la vasca mediterranea a ponte: da essa il visitatore si ritrova circondato da quasi ogni lato. All’esterno si mostra in tutta la sua esuberanza la statua del Tritone, con ai suoi piedi una vasca in pietra popolata di pesci rossi e alghe, con l’acqua che affluisce dalla bocca di un ippopotamo anch’esso in pietra. Vi aspetto sempre sulla pagina Facebook Milano Segreta e ogni venerdì qui, su Milano Platinum. Angelo Mazzone

INFORMAZIONI È possibile visitare l’acquario dal martedì alla domenica, dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 17.30 Costo €5,00 – bambini €3,00. Via G. Gadio 2 – fermata metro Lanza – la strada costeggia il Parco Sempione. Website Acquario Civico di Milano

GALLERY ACQUARIO CIVICO DI EXPOMILANO 1906

2/4


In collaborazione con Milano Segreta

3/4


4/4


EXPO 1906: IL CAIRO A MILANO milanoplatinum.com/expo-1906-il-cairo-a-milano.html Anna Preianò

June 23, 2015

EXPO 1906

EXPO 1906: Il Cairo a Milano – Al MUDEC, Museo delle Culture, da poco inaugurato nella ex fabbrica Ansaldo in via Tortona, sono in corso due mostre complementari: Mondi a Milano. Culture ed esposizioni, 1874-1940 e Africa – La terra degli spiriti.

MONDI A MILANO – EXPO 1906: IL CAIRO A MILANO Mondi a Milano ricostruisce l’interesse per le culture extraeuropee che tra Ottocento e Novecento dilagò in Europa in modo pervasivo e trasversale, coinvolgendo l’arte, l’architettura, la moda e il design. È un percorso efficace ma labirintico: all’inizio può disorientare, per la pluralità di stimoli, e perché richiede attenzione e concentrazione; poi lentamente, in modo discreto e quasi timido, cattura il visitatore fino a coinvolgerlo completamente. L’esposizione riesce infatti a ricreare intatto lo spirito dell’epoca attraverso le molteplici declinazioni del gusto per l’esotico; dall’accostamento significativo di documenti disparati – fotografie, dipinti, ceramiche, progetti architettonici, manifesti pubblicitari, stampe popolari, mobili, abiti – nascono associazioni di pensiero e curiosità. Vi siete mai chiesti, per esempio, da dove venga la parola “pigiama”? È di origine asiatica e si riferisce ai pantaloni larghi e leggeri di foggia orientale: in italiano si attesta ai primi del Novecento per descrivere il nuovo indumento da casa «adatto alla donna moderna», come 1/3


si legge in una pubblicità qui esposta. La mania per l’esotismo rappresenta il lato ‘estetico’ del colonialismo: infatti esplode nel Cinquecento, il secolo delle esplorazioni geografiche (ma ha radici ben più antiche: l’imitazione degli stili orientali, resi noti dalle testimonianze di mercanti e viaggiatori, è già medievale), e comincia a declinare a partire dal secondo dopoguerra, di pari passo con il processo di revisione ideologica del colonialismo. Il culmine di questa emblematica parabola culturale si colloca, appunto, tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi decenni del Novecento, e si incrocia con un impulso contrario: l’industrializzazione e il progresso tecnico-scientifico, che accentuano la distanza tra l’Occidente e il resto del mondo. Quanto più ampio è questo divario, tanto più il fascino del Continente Nero e dell’Oriente diventa irresistibile: esotismo e celebrazione del progresso si incontrano a Milano, in occasione di Expo 1906 del Sempione, dedicata allo sviluppo dei mezzi di trasporto e celebrativa del nuovo traforo ferroviario del Sempione, impresa resa possibile non solo dalle innovazioni tecnologiche, ma anche dal lavoro di migliaia di operai, minatori e carpentieri. Al centro dell’Esposizione (la prima Esposizione Universale si tenne a Londra, culla della rivoluzione industriale, nel 1851) c’erano dunque non più esclusivamente prodotti e macchinari, ma gli uomini e il loro lavoro. La fiera offriva divertimenti di ogni tipo, tra i quali un padiglione dove era possibile vivere l’esperienza di un viaggio tra i ghiacci dei Poli, un fantascientifico «ristorante automatico», antenato dei distributori, il primo ristorante cinese in città e addirittura un intero quartiere, «Via del Cairo», che simulava in tutto e per tutto la vita di una strada della città egiziana, con abitanti del luogo e un vero cammello all’ingresso. Punto d’incontro ideale e reale tra positivismo ed esotismo, distorsione ideologica e apertura verso l’altro, Expo 1906 fu un momento cruciale per Milano, pronta a competere con le grandi capitali del mondo nell’ospitare una manifestazione grandiosa. La storia di Expo 1906 e di altri eventi analoghi che contribuirono, dalla seconda metà dell’Ottocento fino agli anni Trenta del Novecento, a creare a Milano un crocevia tra l’Europa e gli altri ‘mondi’ è raccontata magnificamente. Nelle numerose sale torniamo quasi fisicamente al passato, circondati dalle diverse espressioni culturali e contaminazioni scaturite dal complesso rapporto tra Europa, Africa e Oriente, tra raffinati oggetti di design, interpretazioni razziste, tesori di ebanisteria e ceramiche animalier.

AFRICA, LA TERRA DEGLI SPIRITI – EXPO 1906: IL CAIRO A MILANO C’è molta bellezza in queste realizzazioni, una bellezza che lascia però un retrogusto amaro, perché non redime del tutto la prospettiva eurocentrica di cui sono frutto. Necessaria e complementare è l’esperienza offerta dalla seconda mostra, Africa – La terra degli spiriti, capace, anche grazie all’allestimento suggestivo, di immergerci in un mondo ancestrale di foresta e di suoni. Qui siamo indotti a muoverci come in un santuario: alla frivolezza del primo percorso subentra un potente senso di sacralità: ogni scultura, ogni oggetto rituale, ogni maschera è carica di trascendenza e comanda rispetto. Si rimane colpiti dalla varietà degli stili, numerosa quanto le etnie africane. Si esce appagati, e piacevolmente storditi, pieni nel cuore e nella mente. 2/3


Video Expo 1906: Il Cairo a Milano Guarda i video di EXPO 1906: IL CAIRO A MILANO. 1) Mondi a Milano. Culture ed esposizioni 1874-1940 sul canale youtube Canale Arte 2) Africa. La terra degli spiriti sul canale youtube Canale Arte 3) Milano Expo 1906

3/3


Expo Seattle 1909: l’incubatrice come attrazione milanoplatinum.com/expo-seattle-1909-lincubatrice-come-attrazione.html Claudia Scienza

December 14, 2017

Vista aerea dell'esposizione della Alaska–Yukon–Pacific Exposition del 1909; una delle incubatrici esposte. [No restrictions, via Wikimedia Commons].

Expo Seattle 1909: l’incubatrice come attrazione – Seattle ha tanti nomi, che ne identificano le varie anime: è The Rainy City (la città piovosa), The Gateway to Alaska (la porta per l’Alaska), ma è nota anche come Emerald City, la città smeraldo, per il tantissimo verde presente nella città e nei dintorni. Seattle, oggi nota soprattutto come capitale della tecnologia, nel 1909 la città ospita la Alaska-Yukon-Pacific Exposition, una esposizione internazionale che aveva come obiettivo principale quello di pubblicizzare lo sviluppo del Nord-ovest Pacifico, la regione nota anche come Cascadia delimitata dall’Oceano Pacifico a ovest e (approssimativamente) dalla Catena delle Cascate a est. L’evento si svolge dal 1 giugno al 16 ottobre sul sito che oggi ospita l’Università di Washington, e tra le varie attrazioni vi erano anche alcune esposizioni di carattere “educativo”, come il Baby Incubator Exhibit, che fece conoscere al pubblico un sistema meccanico di ambiente controllato, pensato per neonati prematuri. L’aspetto più insolito, se non addirittura bizzarro (almeno per la sensibilità moderna) è il fatto che all’epoca le incubatrici erano un elemento presente in numerose fiere o luna park. Erano in pratica un’attrazione alla stessa stregua di giostre, montagne russe e altri spettacoli. Ancora più bizzarro, all’interno delle incubatrici esposte vi erano anche neonati veri, come recitava l’insegna posta sull’edificio che ospitava l’esposizione: “Baby Incubators with Living Infants”. A quanto pare il fatto, che oggi scatenerebbe infuocate (e sacrosante) proteste, all’epoca non destava il minimo scalpore. Prova ne è il fatto che la presenza di incubatrici era un elemento caratteristico di tali esposizioni fin dal 1896, in occasione dell’esposizione di Berlino. Anche a Coney Island, a New York, era presente un’esposizione di incubatrici.

1/2


Le incubatrici solitamente esposte nelle fiere, e anche nell’Expo di Seattle del 1909, erano in particolare quelle messe a punto dal medico francese Alexandre Lion. E proprio la Francia è la patria dell’incubatrice, inventata intorno al 1880 dal dottor Stéphane Tarnier. Il medico ebbe l’idea dopo aver visitato lo zoo di Parigi, dove era presente una sezione con incubatrici utilizzate per il pollame (che faceva parte dell’esposizione dello zoo). Tarnier pensò quindi di applicare il concetto a una macchina che fosse in grado di riscaldare i neonati, sfruttando il sistema del termosifone. Il suo modello di incubatrice (o “coveuse”) utilizzava acqua riscaldata da una lampada ad alcool in una caldaia esterna; l’acqua veniva quindi fatta circolare tramite un serbatoio all’interno della macchina. Tarnier utilizzò poi la sua macchina all’interno di uno dei più grandi ospedali parigini dell’epoca, la Maternité. L’incubatrice ebbe un impatto notevole, e fu possibile dimezzare le morti dei neonati prematuri. La macchina di Tarnier, tuttavia, aveva un problema: la mancanza di ricambio dell’aria all’interno del dispositivo, che era ritenuto possibile causa di trasmissione di infezioni. L’incubatrice di Alexandre Lion ovviava al problema, in quanto presentava un sofisticato sistema di ventilazione che permetteva di acquisire l’aria dall’esterno. La sua invenzione tuttavia non fu particolarmente apprezzata in Francia, e forse per far conoscere meglio la sua incubatrice Lion scelse di farne un’attrazione fieristica. Tornando a Seattle, bisogna aggiungere che dalle fotografie dell’epoca, che raffigurano infanti particolarmente robusti e che non sembrano necessitare di cure addizionali, si evince che molto probabilmente erano usate soprattutto per profitto. Annesso all’edificio vi era addirittura il “Baby Incubator Café”, elemento non presente invece in altri eventi simili. Tuttavia, la ricerca all’interno dei vari archivi dell’epoca non hanno permesso di trovare informazioni aggiuntive circa il locale, e soprattutto sulle sue caratteristiche e funzioni vere e proprie: alcuni storici, infatti, mettono in dubbio che si trattasse di un locale adibito al ristoro dei visitatori, e che fosse piuttosto un locale che permetteva di osservare come i neonati venissero nutriti, tramite biberon.

2/2


EXPO 1910 BRUXELLES milanoplatinum.com/expo-1910-bruxelles.html Claudia Scienza

October 6, 2016

cartolina_see-page-for-author-public-domain-via-wikimedia-commons

EXPO 1910 BRUXELLES – Nel 1910 si tenne l’Exposition Universelle et Internationale di Bruxelles, dal 23 aprile al 1° novembre. L’evento si svolse a soli 13 anni di distanza dalla precedente esposizione universale di Bruxelles, ed era inoltre la terza a essere ospitata dalla città belga. L’esposizione del 1910 fu un grande successo, facendo registrare 13 milioni di visitatori e 29.000 espositori. Quale principale sito espositivo fu scelta la piana di Solbosch, nei pressi del Bois de la Cambre. Il sito ospitò anche un “villaggio pittoresco”, il Bruxelles-Kermesse, progettato dagli architetti Jules Barbier e Franz Van Ophem; si trattava di una ricostruzione della vecchia Bruxelles, che andava ormai scomparendo. Il sito di Solbosch era caratterizzato da splendidi giardini, che condividevano spazi con opulente strutture in stile barocco. Un secondo sito espositivo era quello di Tervueren, che ospitava la sezione coloniale. Testimonianza della potenza di una nazione, le colonie erano uno dei punti focali di simili manifestazioni, e l’esposizione del 1910 vide una massiccia presenza da parte di numerosi Stati. Oltre ai padroni di casa, che dedicarono grande spazio alle loro colonie nel Congo, la Francia ebbe un ruolo da protagonista, con ampi spazi dedicati alle sue colonie in Africa e in Indocina. Come in ogni esposizione universale, anche in occasione dell’evento del 1910 vi fu una vasta sezione interamente dedicata all’arte. Oltre a una selezione dell’arte fiamminga, con 1/2


Rubens come protagonista, in esposizione vi furono anche numerose testimonianze dell’arte impressionista, e in particolare opere di Renoir, Monet, Signac, e Matisse. Anche l’arte di Rodin era qui rappresentata, con alcune sue sculture. Il pittore belga Aloïs Boudry, autore in particolare di ritratti e nature morte, ricevette una medaglia d’argento. Praticamente nulla delle strutture e degli edifici legati all’esposizione del 1910 è sopravvissuto, a eccezione dell’Hotel Astoria, che fu costruito per l’occasione. Il progetto fu opera del famoso architetto belga Henri van Dievoet, nativo di Bruxelles. L’esposizione di Bruxelles venne funestata da un drammatico incendio, scoppiato nella notte tra il 14 e il 15 agosto. L’incendio distrusse interamente la Bruxelles Kermesse e gran parte di alcuni padiglioni, tra i quali quello della Gran Bretagna e parte degli spazi dedicati alla Francia.

GALLERY EXPO 1910 BRUXELLES

2/2


EXPO 1911 TORINO milanoplatinum.com/expo-1911-torino.html Claudia Scienza

October 13, 2016

expo_torino_1911_poster

EXPO 1911 TORINO – Nel 1911, Torino ha ospitato l’Esposizione internazionale dell’Industria e del Lavoro, che si è svolta dal 29 aprile al 31 ottobre. L’evento intense anche celebrare i 50 anni dell’Unità d’Italia, e parallelamente alla manifestazione internazionale che si svolse a Torino vi furono anche due esposizioni di carattere nazionale, che si tennero a Roma e a Firenze. Alla base dell’evento vi era l’idea di aiutare l’uomo in ogni sua attività e campo, attraverso l’innovazione e la tecnologia. I settori interessati furono molteplici, tra i quali vi furono la stampa, l’agricoltura, la navigazione e i servizi postali. Per ospitare le strutture e le attività legate all’esposizione venne scelto il Parco del Valentino, che aveva già ospitato, in precedenza, l’esposizione torinese del 1884 (della quale resta testimonianza nel Borgo Medievale all’interno del parco) e le successive del 1898 e del 1902. L’inaugurazione avvenne il 29 aprile, alla presenza del re Vittorio Emanuele III e dei rappresentanti delle nazioni partecipanti, che furono complessivamente 31. La sera stessa si tenne inoltre una grande celebrazione nel nuovo Stadium, costruito in concomitanza

1/3


dell’evento. Lo Stadium rappresentò il primo impianto sportivo della città di carattere polifunzionale, e divenne la “grande attrattiva dell’esposizione del 1911”. La struttura, caduta in disuso e chiusa in via definitiva nel 1938, è stata demolita nel 1946. Tra gli edifici vi era il lussuoso Padiglione della Moda, che consacrava il grande successo economico dell’industria torinese dell’abbigliamento tra il XIX e il XX secolo. Tra i più imponenti vi era anche il Palazzo delle Industrie Artistiche, che comprendeva anche alcuni padiglioni speciali come la Mostra della Città Moderna e quello della Mostra della Città di Torino. I padiglioni delle varie nazioni all’epoca furono ritenuti particolarmente belli, esaltati anche dalla scenografica area in cui sorgevano, lungo il Po. Tra i più ammirati vi fu quello dell’Ungheria, che si presentava come una fortezza in legno, dalle linee squadrate e severe, in stile Art Déco. Particolarmente affascinante era il padiglione del Siam, le cui terrazze si affacciavano sulle acque del fiume. Il Ponte Monumentale collegava le due rive del Po, e rappresentava un comodo passaggio sul fiume anche grazie a un tragitto all’ombra attraverso gallerie. Era anche possibile percorrere un tapis roulant. Non poteva mancare uno spazio dedicato alla montagna, rappresentato dalla ricreazione di un villaggio alpino, pensato dalla sezione torinese del Club Alpino Italiano. Attorno a una piccola piazza sorgevano una chiesetta e alcuni casolari, che permettevano di vivere la realtà quotidiana di un villaggio di montagna attraverso l’esposizione di utensili, attrezzature ed equipaggiamenti. L’Expo di Torino fu l’occasione per illustrare i progressi relativi ai trasporti, con l’esposizione dei nuovi tram e treni, e le potenzialità dell’energia elettrica. L’evento fu anche l’occasione per lo svolgimento di mostre dedicate al lavoro e alla sua sicurezza. Non mancarono naturalmente eventi collaterali, come mostre, esposizioni, concorsi e feste. Tra aprile e maggio si tennero numerosi concerti, tra i quali particolarmente degni di nota furono quelli dell’Orchestra del Teatro regio, diretti dal grande Arturo Toscanini. Alla manifestazione avrebbe dovuto partecipare anche il compositore viennese Gustav Mahler, ma questi purtroppo morì il 18 maggio. Tra le numerose gare di aviazione va ricordata soprattutto la “Gara d’aviazione RomaTorino”, svoltasi tra il 4 e il 10 giugno, che coincise con l’inaugurazione del campo volo di Mirafiori. Tra il 24 e il 30 giugno si tenne anche una gara tra dirigibili. Il ricco programma degli eventi comprendeva anche concorsi ginnici, gare ippiche, di tiro a segno, corse ciclistiche e regate, e tra i concorsi più curiosi vi fu quello dedicato ai telegrafisti. Tra le tante mostre, le più eccentriche furono la “Mostra del biglietto di banca” e la “Mostra della caricatura”. In occasione dell’esposizione fu anche lanciato un concorso cinematografico per pellicole inedite, suddivise in tre categorie: artistica, scientifica e didattica. A vincere nella categoria artistica fu “Nozze d’oro”, di Luigi Maggi, mentre al secondo posto si classificò “Il poverello di Assisi” di Enrico Guazzoni. Tra i premiati nella categoria didattica vi furono “Il tamburino sardo” e “L’Odissea”, di Giuseppe De Liguoro. Il primo premio nella categoria scientifica fu assegnato a “La vita delle farfalle”, realizzato da Roberto Omegna con la collaborazione di Guido Gozzano. Il poeta torinese fu anche cronista d’eccezione per l’evento, dedicato nove articoli nella sua veste di “gazzettiere”. I suoi articoli furono pubblicati su “La Lettura”, rivista mensile del 2/3


Corriere della Sera, sul quotidiano cattolico “Il Momento” e sul “giornale ufficiale illustrato dell’Esposizione Internazionale”. Proprio in uno degli articoli pubblicati su questo periodico Gozzano scrive che “una città, durante l’Esposizione, mi fa pensare a una bella signora in tutto lo sfoggio delle sue eleganze”.

GALLERY EXPO 1911 TORINO

3/3


EXPO 1913 GAND milanoplatinum.com/expo-1913-gand.html Claudia Scienza

October 20, 2016

expo_1913_ghent_belgium_armand_heins_by-armand-heins-1856-1938-public-domain-via-wikimedia-commons

EXPO 1913 GAND – Nel 1913 è ancora una volta il Belgio a ospitare l’esposizione universale, e a fregiarsi dell’onore è la bella città di Gand. Dal 6 aprile fino al 31 ottobre la capitale dell’antica contea delle Fiandre ospita quindi l’Expo, che al termine avrà visto la partecipazione di 11 milioni di visitatori. I temi dell’esposizione erano l’industria, l’arte e la pace, anche se l’anno successivo l’illusione che il progresso avrebbe creato pace e benessere per l’umanità si infranse allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. L’esposizione di Gand rappresentò l’apice della Belle Époque, l’epoca di euforia e frivolezza che sarebbe stata spazzata via dalla tragedia del conflitto bellico che avrebbe devastato l’Europa. I 130 ettari dell’area espositiva accolsero i padiglioni delle varie nazioni, tra i quali i più grandi erano quelli di Francia, Regno Unito e Belgio. Tra i padiglioni vi erano anche quelli delle maggiori città belghe, ovvero Anversa, Bruxelles, Liegi e Namur. Il padiglione dedicato al Congo belga era degno di nota, e al suo interno vi era un enorme panorama congolese realizzato dagli artisti belgi Paul Matthieu e Alfred Bastien. Durante il discorso di apertura dell’evento, tenuto il 15 maggio, il re Alberto esortò il parlamento belga a concedere al Congo una maggiore autonomia e a migliorare le condizioni di vita delle popolazioni locali. Il centro cittadino fu sottoposto a un profondo rinnovamento e diversi edifici furono realizzati per l’occasione. Tra questi vi fu la stazione ferroviaria di Gent-Sint-Pieters, completata nel 1912, che sorgeva di fronte al nuovo hotel, il Flandria Palace. Anche il parco pubblico cittadino, il Citadelpark, per l’occasione fu ridisegnato e ristrutturato. Tra i preparativi fatti per accogliere l’evento vi furono diverse opere di rinnovamento urbano, tra i quali un grande numero di abitazioni lungo la Graslei (la “Riva delle Erbe”), una delle due banchine (insieme alla Korenlei, la “Riva del Grano”) che sorgono lungo il 1/3


fiume Leie (Lys), attraversa il centro della città. L’esposizione fu anche l’occasione per realizzare il ponte neogotico di San Michele. Fu anche creata una città artificiale, chiamata Oud Vlaenderen. Non era tuttavia una novità dal momento che anche in precedenti esposizioni si era visto il sorgere di cittadelle o quartieri ricreati ad hoc per testimoniare il passato della città ospitante. La cittadella di Oud Vlaenderen, nella quale erano ricreati edifici tipici del XV, XVI e XVII secolo, era separata rispetto all’area espositiva, ma ebbe comunque un enorme successo di pubblico. Ad accogliere i visitatori, nella vasta area antistante l’ingresso all’esposizione, vi era un grande gruppo scultoreo realizzato per l’occasione. La scultura, oggi all’interno del cosiddetto “Quartiere dei Milionari”, raffigura l’eccezionale cavallo Baiardo insieme ai quattro figli del duca Aimone (Guicciardo, Alardo, Riccardo e Rinaldo), personaggi dell’omonimo romanzo cavalleresco del XIII secolo legato a Carlo Magno. Tra i protagonisti dell’esposizione del 1913 vi fu anche il grande ballerino russo Nijinskij, che si esibì insieme alla compagnia di ballo russa. Merita poi una citazione particolare il rinomato cioccolataio greco Leonidas Kestekides, che dopo aver partecipato all’esposizione di Bruxelles del 1910 fece ritorno in Belgio in occasione dell’evento di Gand del 1913. In seguito, Leonidas si sarebbe stabilito definitivamente in Belgio, fondando la famosa Leonidas, ancora oggi tra i maggiori produttori al mondo di cioccolato. Tra le mostre che costellarono l’evento, particolarmente apprezzate furono il festival dedicato al giardinaggio e l’esposizione di macchinari tessili. Da segnalare anche che durante lo svolgimento della manifestazione, fu realizzato il primo volo del servizio aereo postale belga.

GALLERY EXPO 1913 GAND

2/3


3/3


EXPO 1915 SAN FRANCISCO milanoplatinum.com/expo-1915-san-francisco.html Claudia Scienza

October 27, 2016

flickr_trialsanderrors_panama-pacific_international_exposition_san_francisco_aeroplane_view_1915_di-trialsanderrorspublic-domain-attraverso-wikimedia-commons

EXPO 1915 SAN FRANCISCO – Nel 1906 un terribile terremoto, e un conseguente incendio, avevano devastato San Francisco. La decisione di organizzare un’esposizione universale, che ufficialmente aveva l’intento di celebrare il completamento del Canale di Panama, era quindi vista come un’opportunità di riscatto per la città, che poteva mostrare la sua resurrezione al mondo intero. È sotto questi auspici che il 20 febbraio 1915 viene inaugurata l’Esposizione internazionale Panama-Pacifico di San Francisco (Panama-Pacific International Exposition, PPIE), che si chiuderà il 4 dicembre. L’area che ospitava il sito espositivo sorgeva tra il Presidio e Fort Mason, e oggi è nota come Marina District. Come da prassi, la maggior parte degli edifici erano stati realizzati ad hoc e in via temporanea, destinati quindi alla demolizione una volta terminato l’evento. Anche in questo caso per costruire le strutture ospitanti l’evento era stato utilizzato un materiale edile composto da gesso, cemento e stucco. Per l’esposizione era stata studiata per gli edifici una colorazione uniforme e armoniosa, realizzata da Jules Guerin, il famoso muralista, disegnatore architettonico e illustratore, che per l’esposizione di San Francisco optò per colori naturali, dall’avorio al grigio chiaro. Il “pezzo forte” era la Tower of Jewels, una torre interamente ricoperta da Novagems, variopinte “pietre preziose realizzate in vetro magnificamente sfaccettato che provenivano dalla Boemia. Le pietre, durante il giorno, “prendevano vita” grazie alla brezza marina, mentre di sera splendevano riflettendo le luci provenienti da diverse direzioni. Disegnata dall’architetto Thomas Hastings, era la combinazione di un arco trionfale e di una torre. Di fronte a essa sorgeva la Fountain of Energy, al centro del South Gardens, che era affiancato dal Palace of Horticulture (sul lato ovest) e dal Festival Hall (su quello est). L’arco della Tower of Jewels fungeva da ingresso alla Court of the Universe, conducendo alla Court of the Four Seasons e alla Court of Abundance. 1/4


Questi ampi spazi costituivano la principale area espositiva, che comprendeva strutture come il Food Products Palace, il Liberal Arts Palace, il Transportation Palace, il Manufacturers Palace e il Varied Industries Palace. Quasi tutti gli edifici realizzati per l’esposizione sono stati demoliti al termine dell’evento, ma alcuni sono visibili ancora oggi. Tra questi il principale è il Palace of Fine Arts. La monumentale struttura che ospitava le mostre ed esposizioni artistiche, tuttavia, negli anni seguenti iniziò ad andare in rovina, fino a quando, negli anni ’60, non è stato ricostruito. Tra il 1969 e il 2013, nella parte nord del palazzo vi era l’Exploratorium, un museo scientifico interattivo fondato dal fisico statunitense Frank Oppenheimer (fratello del più noto Robert); oggi il museo sorge presso l’Embarcadero. L’evento di San Francisco del 1915 è ricordata anche come l’esposizione di Audrey Munson, all’epoca famosissima per la sua bellezza e per aver fatto da modella a numerosi artisti, che hanno usato le sue fattezze per creare opere d’arte (passeggiando per Manhattan è facile imbattersi in statue e sculture che la raffigurano). La “Venere d’America”, come era nota, fece da modella a numerose opere d’arte anche per la Panama-Pacific Exposition, tanto da guadagnarsi il titolo di “Exposition Girl”. Solo una delle numerose opere realizzate per l’evento è tuttavia sopravvissuta: la scultura “Star Maiden” realizzata da Stirling Calder, che oggi può essere ammirata presso il Citigroup Center Building. L’esposizione di San Francisco è ricordata anche per le numerose attrazioni e i tanti divertimenti a disposizione dei visitatori, oltre che per le tecnologie e le innovazioni presenti. I visitatori potevano spostarsi utilizzando la Overfair Railway, una linea ferroviaria in miniatura che collegava Fort Mason e il Presidio. Per permettere agli abitanti di New York di ascoltare il suono dell’oceano Pacifico, fu realizzata una linea telefonica presso lo stand della AT&T all’interno del Liberal Arts Palace. All’interno del Palace of Transportation, la Ford Motor Company aveva realizzato una catena di montaggio, che realizzava un’automobile ogni 10 minuti. Le fiere e le esposizioni erano spesso l’unico modo per osservare un aereo, nonostante il primo volo dei fratelli Wright fosse avvenuto nel 1903. L’expo di San Francisco proponeva ai visitatori spettacoli acrobatici con aerei e stunt show. La Underwood Typewriter Company suscitò la meraviglia del pubblico con una gigantesca macchina da scrivere esposta nel Palace of Liberal Arts; la macchina da scrivere, circa 1700 volte più grande del modello standard, aveva tasti così grandi che una persona poteva comodamente starci seduta. In occasione dell’evento, inoltre, la Liberty Bell, simbolo dell’indipendenza degli Stati Uniti, fu esposta presso il Pennsylvania Pavilion. Tra le attrazioni principali vi fu anche un modello su grande scala (si sviluppava su circa 2 ettari) e perfettamente funzionante del Canale di Panama; una piattaforma mobile (lunga 439 metri e in grado di trasportare 1200 persone in 144 vagoni) percorreva il “modello” in 23 minuti, al costo di 50 centesimi. L’esposizione, inoltre, fu particolarmente ricca dal punto di vista artistico, con una grande partecipazione di artisti e la presenza di numerose e importanti opere d’arte. Oltre la metà delle 120 gallerie del Palace of Fine Arts era occupata da dipinti di artisti americani, tra i 2/4


quali James McNeill Whistler, Winslow Homer e altri ancora. Il pittore John Singer Sargent aveva portato il suo celebre e sensuale dipinto “Madame X (Madame Pierre Gautreau)”, che aveva suscitato un enorme scandalo nel 1884, quando era stato esposto al Salon di Parigi. Nel corso dei 289 giorni di apertura, l’Esposizione internazionale Panama-Pacifico di San Francisco avrebbe visto la partecipazione di circa 19 milioni di visitatori, e nonostante l’essersi svolta all’ombra della Prima Guerra Mondiale, l’evento vide la presenza di 29 Paesi stranieri e di 32 Stati americani.

GALLERY EXPO 1915 SAN FRANCISCO

3/4


4/4


EXPO 1922 RIO DE JANEIRO milanoplatinum.com/expo-1922-rio-de-janeiro.html Claudia Scienza

November 10, 2016

exposicao_do_centenario_de_1922_vista_-aerea_credits_vinicius-ssc-brasil-skyscrapercity-com

EXPO 1922 RIO DE JANEIRO – Nel 1922 il Brasile celebra i 100 anni della sua indipendenza dal Portogallo, e per farlo organizza a Rio de Janeiro la Exposição Internacional do Centenário da Independência, che si svolge dal 7 settembre 1922 al 23 marzo 1923. L’esposizione universale si tiene durante il mandato presidenziale di Epitácio Pessoa, che intendeva in questo modo recuperare consensi in quello che era stato un anno particolarmente difficile per lui (in luglio vi era stata la rivolta del Forte di Copacabana). Pessoa rimarrà presidente del Brasile fino al 15 novembre 1922, quando gli subentrerà Arthur Bernardes. La sera dell’inaugurazione, dopo una celebrazione nella cattedrale di Rio, tutti i padiglioni e gli edifici dell’esposizione universale furono illuminati, in uno spettacolare gioco di luci. Dagli altoparlanti fu inoltre trasmessa l’opera “Il Guarany”, di Antônio Carlos Gomes, il più importante musicista e compositore brasiliano del XIX secolo. L’evento fu l’opportunità per mostrare il crescente sviluppo delle industrie del Brasile, che voleva inoltre presentarsi quale mercato potenziale. All’esposizione universale parteciparono 14 Paesi (Argentina, Belgio, Cecoslovacchia, Danimarca, Francia, Inghilterra, Italia, Messico, Giappone, Norvegia, Portogallo, Svezia e Stati Uniti), e fu visitata da oltre 3 milioni di persone. Il sito espositivo sorse lungo la Rio Branco Avenue, in un’area realizzata per l’occasione. 1/3


Qui si apriva il monumentale ingresso, una porta di 33 metri di altezza, dopo la quale si apriva il Viale delle Nazioni, lungo il quale sorgevano i padiglioni e gli edifici delle rappresentanze straniere. Più avanti si apriva una vasta piazza dove sorgevano i padiglioni rappresentativi del Brasile, edifici maestosi che intendevano testimoniare la ricchezza e le capacità del Paese. Vi erano padiglioni dedicati alle industrie, al settore della caccia e pesca, all’agricoltura, ai trasporti e alla gioielleria. Non mancavano strutture dove si svolgevano feste e cerimonie. Il padiglione più importante, anche per dimensioni, era quello brasiliano, nel quale erano esposti esempi della produzione industriale, artigianale e artistica del Paese ospitante.

GALLERY EXPO 1922 RIO DE JANEIRO

2/3


3/3


EXPO 1929 BARCELLONA milanoplatinum.com/expo-1929-barcellona.html Claudia Scienza

November 17, 2016

Barcelona_Exposition_Panorama-1929

EXPO 1929 BARCELLONA – Dopo il successo di Expo 1888, Barcellona organizza una nuova Esposizione Universale nel 1929. Dal 20 maggio 1929 al 15 gennaio 1930, la città catalana ospitò quindi l’Esposizione Universale di Barcellona, che vide la partecipazione di 20 Paesi, tra i quali Germania, Belgio, Danimarca, Francia, Italia, Ungheria, Norvegia, Svezia e Romania. In aggiunta alle nazioni, parteciparono all’evento anche alcune organizzazioni private provenienti da Stati Uniti e Giappone. Le rappresentanze ufficiali di nazioni quali gli Stati Uniti e i Paesi latino-americani, invece, furono presenti all’altro evento fieristico che si tenne in Spagna, e per la precisione a Siviglia. Dal 9 maggio 1929 al 21 giugno 1930, infatti, la città iberica ospitò l’Esposizione Iberoamericana di Siviglia. Dei due eventi, tuttavia, solo quello di Barcellona è ufficialmente riconosciuto dal BIE. Obiettivo dell’evento fu quello di mostrare al mondo i progressi e gli sviluppi tecnologici, promuovendo l’immagine di Barcellona e della Catalogna in tutto il mondo. L’evento fu inoltre l’occasione, come già avvenuto nel 1888, per un importante rifacimento urbano, che rappresentò una grande opportunità per i nuovi stili architettonici che si stavano affermando, tra i quali il ruolo di protagonista fu appannaggio di una delle più importanti correnti dell’avanguardia internazionale: il razionalismo, che qui fu rappresentato dal padiglione tedesco allestito dall’architetto Ludwig Mies van der Rohe. Come nel 1888, quindi, un intero settore della città fu ridisegnato urbanisticamente: questa volta toccò alla collina del Montjuïc e alla Plaça d’Espanya. Tra gli interventi urbanistici ci fu la ripavimentazione delle strade, il miglioramento dei servizi di trasporto e di comunicazione e la realizzazione di alcuni edifici, divenuti emblematici della città: il Palau Nacional, la Font Màgica de Montjuïc, il Teatre Grec, il Poble Espanyol e l’Estadi Olímpic “Lluís Companys”. L’area fieristica, di circa 118 ettari, non sarà smantellata dopo la fine dell’evento, divenendo in seguito la sede della Fiera di Barcellona. Il 19 maggio 1929 avvenne l’inaugurazione dell’esposizione universale, alla presenza del re Alfonso XIII, di varie personalità di spicco della politica, dell’economia e della cultura, oltre che di un pubblico di oltre 200.000 persone. 1/3


Il sito espositivo (“Recinte de l’Exposició”) fu costruito su progetto di Josep Puig i Cadafalch e presentava due diversi tipi di edifici: i palazzi, dedicati alle sezioni ufficiali dell’esposizione e ai concorsi, e i padiglioni, dove avevano sede le rappresentanze di Paesi, istituzioni e imprese. Il complesso espositivo aveva inizio sulla Plaça d’Espanya, dove sorgevano quattro grandi hotel dedicati ai visitatori, e si sviluppava poi lungo l’Avenida de América (oggi Avinguda de la Reina Maria Cristina), dove avevano sede gli edifici più importanti dell’esposizione. Si giungeva così ai piedi della collina del Montjuïc, da dove si dipartiva una scalinata che conduceva al Palau Nacional, l’opera più monumentale realizzata per l’evento. L’Avenida de América era costellata da fontane e colonne in vetro, illuminate da luci elettriche, opera dell’architetto e ingegnere spagnolo Carles Buïgas, che suscitarono l’entusiasmo dei visitatori. Lungo il grande viale sorgevano i principali edifici dell’esposizione, tra i quali vi erano il Palazzo del Vestito, il Palazzo delle Comunicazioni e dei Trasporti e il Palazzo della Metallurgia, dell’Elettricità e della Forza motrice. Ai piedi del Montjuïc, nella Plaça d’Espanya, sorgeva la splendida Font Màgica de Montjuïc, sempre realizzata da Carles Buïgas. La fontana, di forma ellittica, ancora oggi delizia e stupisce con i suoi giochi d’acqua, ognuno dei quali ha una particolare colorazione (oggi gli spettacoli sono hanno anche una colonna sonora). L’edificio principale dell’esposizione era il Palau Nacional, il cui stile classico era un omaggio al Rinascimento spagnolo. Il palazzo era dedicato all’arte spagnola e in esposizione vi erano oltre 5000 opere provenienti da tutto il territorio iberico. Dal momento che a Siviglia, in contemporanea con l’Expo di Barcellona, si stava svolgendo l’Esposizione Iberoamericana, nella capitale catalana non erano presenti nazioni ispanoamericane. I Paesi ufficialmente rappresentati erano Austria, Belgio, Cecoslovacchia, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Ungheria, Italia, Norvegia, Romania, Svezia, Svizzera e lo Stato degli Sloveni, Croati e Serbi. Altre nazioni, come il Giappone, i Paesi Bassi, il Portogallo, il Regno Unito e gli Stati Uniti vi partecipavano in via non ufficiale. Tra i padiglioni nazionali si distinse particolarmente quello tedesco, meglio noto come Padiglione di Barcellona. L’edificio è stato progettato dal grande architetto e designer Ludwig Mies van der Rohe, uno dei maggiori esponenti del Movimento Moderno, ed è considerato uno dei suoi capolavori. Il padiglione è uno dei massimi esempi dello stile architettonico internazionale grazie alla purezza delle forme, alla sua concezione degli spazi e all’uso intelligente di strutture e materiali. La struttura rettangolare si erge su un podio di travertino; il tetto, completamente piano, è sostenuto da otto pilastri cruciformi e cromati, che trasmettono alla struttura una grande impressione di leggerezza, e sostengono le pareti, realizzate in materiali quali marmo di Tino, marmo antico di Vert, onice dorato oppure vetro colorato in grigio, verde, bianco e traslucido. Le pareti, non portanti, hanno l’unica funzione di preziosi elementi divisori. Gli unici elementi decorativi presenti erano un piccolo specchio d’acqua e una scultura, “Der Morgen” (il mattino), opera di Georg Kolbe. Non destinato a sopravvivere alla fine dell’esposizione universale, l’edificio fu smantellato nel 1930. Tra il 1983 e il 1986 il padiglione è stato ricostruito a Barcellona sulla base del progetto originale di van der Rohe ed è oggi visitabile. In occasione dell’esposizione di Barcellona, van der Rohe realizzò anche la famosa poltrona Barcelona, esposta all’interno del padiglione tedesco. La poltrona, con la sua semplice eleganza, incarna alla perfezione il motto di van der Rohe, “lessi s more”, ed è 2/3


divenuta una icona del design industriale. La poltrona, realizzata in acciaio (materiale innovativo per l’epoca), è strutturata per favorire la produzione in serie. Il padiglione rappresentativo dell’Italia fu progettato anch’esso da un importante architetto, Piero Portaluppi, il cui nome è strettamente legato alla sua città natale, Milano, dove realizzò importanti opere, tra le quali Villa Necchi Campiglio e il Planetario Hoepli. L’Italia, inoltre, propose in esposizione il prototipo del Luminator Bernocchi, una lampada da terra altamente innovativa che aveva anche funzioni di manichino per abiti. Ideata nel 1926 dall’imprenditore tessile, nonché mecenate, Antonio Bernocchi, la lampada è considerata il primo oggetto di industrial design della storia italiana. Tra i lasciti dell’Esposizione Universale del 1929 alla città vi sono alcuni edifici, oggi tra i più significativi di Barcellona: il Teatre Grec, l’Estadi Olímpic e il Poble Espanyol. Nonostante il nome, il Teatre Grec non vanta origini antiche, ma si tratta di un teatro all’aperto realizzato in occasione dell’evento, ispirato al celebre teatro di Epidauro. L’Estadi Olímpic “Lluís Companys” oggi è il secondo impianto sportivo, per grandezza, di Barcellona. Il Poble Espanyol è un museo a cielo aperto sulla collina del Montjuïc, realizzato anch’esso per l’esposizione del 1929. Nato da un’idea dell’architetto Josep Puig i Cadafalch, è concepito come un villaggio che racchiude le principali caratteristiche di uno dei caratteristici paesi spagnoli. All’interno del museo sono riprodotte (su varie scale) gli edifici, le piazze e le strade più rappresentative di alcune città spagnole. Sempre in occasione dell’Expo del 1929 furono realizzate anche la funicolare di Montjuïc, che all’epoca era la più lunga d’Europa, e la teleferica del porto di Barcellona. Progettata dall’architetto Carles Buïgas per collegare la zona del porto e i padiglioni dell’esposizione, il progetto non fu tuttavia terminato in tempo per l’evento del 1929, a causa della mancanza di finanziamenti, e la teleferica sarà inaugurata solo nel 1931. Nonostante il 1929 fosse l’anno del terribile crack economico della borsa di New York, che ridusse quindi il numero dei partecipanti all’evento, l’esposizione fu visitata da 200.000 persone e rappresentò un grande successo per Barcellona, soprattutto per le innovative realizzazioni urbanistiche realizzate per l’occasione, che arricchirono la città catalana.

GALLERY EXPO 1929 BARCELLONA

3/3


EXPO 1933 CHICAGO milanoplatinum.com/expo-1933-chicago.html Claudia Scienza

November 24, 2016

EXPO 1933 CHICAGO - A Century of Progress - International Exposition 1933 Chicago - panorama bell telephone magazine 1922 by internet archive book images no restrictions via wikimedia commons

EXPO 1933 CHICAGO – Dopo il successo di Expo 1893 in onore dei 400 anni dello sbarco di Cristoforo Colombo in America, visitata da circa 27 milioni di persone, Chicago ospita di nuovo l’Esposizione Universale. L’idea di ospitare nuovamente una esposizione universale era nata in un contesto di crisi sociale e politica, causata dalla recessione economica all’indomani della partecipazione degli Stati Uniti alla Prima Guerra Mondiale; erano inoltre l’epoca in cui regnavano le organizzazioni criminali e le bande di gangsters come quelle di Al Capone. Le autorità politiche e culturali di Chicago avvertirono quindi la necessità di migliorare la propria immagine a livello internazionale, organizzando una nuova fiera universale. Come tema dell’evento viene scelto il progresso e l’innovazione della tecnologia e della scienza, come espresso dal motto dell’evento “Science Finds, Industry Applies, Man Conforms” (“la scienza scopre, l’industri applica, l’uomo si adegua”). L’esposizione universale di Chicago del 1933, ufficialmente nota come “A Century of Progress International Exposition”, si tiene dal 27 maggio al 1 novembre 1933, e tale sarà il successo (i visitatori saranno in totale 38.872.000) che gli organizzatori decidono di fare svolgere una seconda sessione, dal 1 giugno al 31 ottobre 1934 (visitata da 16.554.779 persone). Il nome dell’evento fa inoltre riferimento al centenario di fondazione della municipalità di Chicago, avvenuta il 12 agosto 1833. L’esposizione si tenne su una superficie di circa 170 ettari a Burnham Park, lungo le rive del lago Michigan, mentre la cerimonia di inaugurazione si svolse nello stadio di Soldier Field. Ispirati dal tema dell’innovazione tecnologica attraverso il progresso scientifico, gli 1/3


organizzatori scelgono di inaugurare l’Expo con l’aiuto delle stelle. Edwin Frost, che era stato direttore dello Yerkes Observatory, propose infatti di fare “accendere” l’esposizione dalla stella Arcturus, nella costellazione di Boote. La stella, la quarta stella più luminosa del cielo notturno, avrebbe letteralmente acceso, tramite un sistema di fotocellule, l’esposizione, attivando l’erogazione energetica e dell’elettricità nel sito espositivo. La scelta di Arcturus voleva inoltre celebrare il grande successo della World’s Columbian Exibition, che si era tenuta a Chicago 40 anni prima, nel 1893. Venne quindi scelta Arcturus perché all’epoca si pensava che la gigante rossa si trovasse proprio a 40 anni luce dalla Terra: la luce partita dalla stella nel 1893 sarebbe quindi giunta a noi nel 1933, rappresentando quindi un legame simbolico di grande significato tra i due importanti eventi espositivi di Chicago. Progresso e modernità caratterizzavano anche l’architettura delle strutture espositive, dal momento che la commissione organizzatrice aveva stabilito che gli edifici non avrebbero dovuto riflettere o reinterpretare forme architettoniche tradizionali o del passato, ma piuttosto riflettere idee nuove e moderne, oltre a suggerire sviluppi architettonici per il futuro. Padiglioni come la Hall of Science testimoniavano quindi le innovazioni architettoniche ed edilizie, anche attraverso i materiali utilizzati, privilegiando quelli artificiali, nati dalla ricerca e dal progresso scientifico. Anche l’architettura rappresenta lo spirito innovativo che anima l’evento, ricorrendo a forme come l’arco catenario o volte a conchiglia. Inoltre, in opposizione alla “White City” dell’esposizione del 1893, gli edifici erano multicolore, per dare vita alla “Rainbow City”. L’esposizione universale del 1933 offriva al pubblico numerose attrazioni, tra le quali la principale era lo Skyride, divenuto il simbolo della fiera. Si trattava di un ponte trasportatore o funivia aerea, che collegava la città e il sito espositivo, trasportando 5000 persone all’ora. Ampio spazio era dedicato all’industria dell’automobile statunitense, con la presenza di nomi quali Cadillac, Lincoln, Packard e Pierce-Arrow, che presentò la sua avveniristica Pierce Silver Arrow. L’inventore e architetto statunitense Buckminster Fuller presentò il suo prototipo di automobile, la Dymaxion Car, un’auto con tre ruote dall’avveniristica forma a goccia, nella quale Fuller aveva inserito idee e concetti derivanti dalla progettazione di aerei. Il prototipo faceva parte di un progetto più vasto (la Dymaxion Philosophy) per migliorare le condizioni di vita dell’uomo, che comprendeva anche la Dymaxion House, una abitazione prefabbricata. Tra le esposizioni di maggior successo vi fu anche la Homes of Tomorrow Exhibition, che testimoniava le innovazioni nell’architettura, nel design e nei materiali edilizi e da costruzione. Diverse futuristiche abitazioni, realizzate per l’occasione, mettevano in mostra novità nelle dotazioni e negli apparati. Tra gli intrattenimenti e gli spettacoli grande successo ebbe la ballerina e attrice di burlesque Sally Rand, famosa in particolare per la sua sensuale danza con le piume di struzzo. Uno dei principali eventi fu l’arrivo, il 26 ottobre 1933, del dirigibile tedesco Graf Zeppelin, che tuttavia suscitò anche dissensi. La vista del dirigibile che volteggiava sopra la città fu accolta sfavorevolmente da molti, data la recente ascesa al potere di Hitler. 2/3


GALLERY EXPO 1933 CHICAGO

3/3


EXPO 1935 BRUXELLES milanoplatinum.com/expo-1935-bruxelles.html Claudia Scienza

December 1, 2016

expo_bruxelles_1935-c_by-edition-nouvelle-bruxelles-photographe-inconnu-carte-postale-postcard-postkaart-postkartepublic-domain-via-wikimedia-commons

EXPO 1935 BRUXELLES – Tra le più “gettonate” città a ospitare una esposizione universale, Bruxelles ancora una volta è sede di un evento fieristico, che si tiene nel 1935, dal 27 aprile al 6 novembre. Tema dell’esposizione era la colonizzazione, in occasione del cinquantesimo anniversario della fondazione dello Stato Libero del Congo per volere del sovrano belga Leopoldo II. Il complesso espositivo sorge all’interno del parco di Heysel, nel quale 150 tra padiglioni e strutture di vario genere fanno sfoggio di originalità e modernità. Unica concessione ai tempi passati è il Vieux Brussels, che ricostruisce a grandezza naturale i fasti dell’antico Quertier de la Cour, all’epoca di Carlo di Lorena, verso la fine del XVIII secolo. L’architetto principale dell’esposizione fu il belga Joseph van Neck, che realizzò anche l’edificio Art Deco del Palais des Expositions (noto anche come Grand Palais), che sarebbe stato utilizzato anche per l’Expo del 1958 e che sorge ancora oggi nell’Heysel, ospitando numerosi eventi ed esposizioni. Anche il padiglione francese fu degno di nota, progettato dal famoso architetto Le Corbusier. Tra le vestigia dell’evento del 1935 vi è anche la statua di un elefante africano, opera di Albéric Collin, che fu realizzata per il Padiglione del Congo Belga. Sponsorizzata dalla ditta produttrice di cioccolato Côte d’Or, oggi la statua si trova di fronte al Royal Museum for Central Africa. Grande importanza ebbe l’esposizione di arte contemporanea, in particolare di artisti belgi, 1/2


tra i quali Paul Delvaux, Louis Van Lint e soprattutto René Magritte, la cui carriera artistica, grazie all’evento, ricevette un significativo impulso. In concomitanza con l’Expo, nel 1935 Bruxelles ospitò anche i mondiali di ciclismo. Le gare su strada si disputarono a Floreffe il 18 agosto 1935 e videro l’assegnazione del titolo per professionisti e di quello per dilettanti. La selezione belga, che correva in casa, dominò la gara, vincendo il titolo con Jean Aerts. Nella prova per dilettanti, ad aggiudicarsi la vittoria fu invece l’italiano Ivo Mancini.

GALLERY EXPO 1935 BRUXELLES

2/2


EXPO 1937 PARIGI milanoplatinum.com/expo-1937-parigi.html Claudia Scienza

December 15, 2016

Paris-1937-Expo_By-auteur-inconnu---éditeur-La-Photolith-[Public-domain],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 1937 PARIGI – Parigi torna a ospitare una esposizione universale nel 1937, in un periodo di grandi tensioni tra i Paesi europei. L’evento, che si tenne dal 25 maggio al 25 novembre, doveva quindi servire anche a stemperare le tensioni e favorire un clima di distensione tra le nazioni, anche se la storia insegna che l’obiettivo non fu raggiunto. L’esposizione, il cui titolo ufficiale era “Exposition Internationale des Arts et des Techniques dans la Vie Moderne”, avrebbe dovuto avere come struttura simbolo una torre di 700 metri di altezza, ribattezzata Phare du Monde; l’ambizioso progetto prevedeva che nella parte più alta ospitasse un hotel, un ristorante e addirittura un garage per auto, ma i costi eccessivi fecero accantonare l’idea. Il sito espositivo, ancora una volta, si sviluppava tra il Trocadéro e gli Champs-de-Mars, con la torre Eiffel a dominare l’area. In questa occasione il sito prevedeva anche un ampliamento verso il Pont de l’Alma e l’Île aux Cygnes. Nel 1937, arte e scienza, il connubio più rappresentato alle precedenti esposizioni universali, non erano più valori assoluti. L’arte era vista anche, e soprattutto, come artigianato, mentre la scienza era incarnata in particolare dalla tecnologia. Il valore dell’arte e della scienza proveniva dalla loro effettiva utilità sociale. Le loro applicazioni nella vita quotidiana erano indice del loro valore. La scienza era valutata non più come esplorazione indipendente dell’ignoto, ma come un mezzo per migliorare la società. E l’arte, da parte sua, non aveva più lo scopo di istruire attraverso la bellezza, ma era più apprezzata come modo di decorare e abbellire ciò che è utile. La realtà politica degli anni ’30 del XX secolo tendeva quindi a confinare arte e scienza in questi ruoli subalterni. 1/3


Inoltre, sebbene nelle precedenti edizioni arte e industria erano coesistite, non c’era mai stato un vero tentativo di integrarle. L’arte applicata e decorativa, nell’edizione del 1937, assunse quindi il ruolo di “abbellire” la funzionalità meccanica e tecnologica, priva di grazia. Lo scopo dell’Expo del 1937 era in parte quello di cercare di unificare queste due forme di conoscenza. In questo caso, l’unificazione comportava una posizione subordinata dell’arte. Una delle manifestazioni meglio riuscite degli obiettivi dell’esposizione fu il Palais des Chemins de Fer, il padiglione dedicato al trasporto ferroviario. La struttura, realizzata in Art Deco, fu decorata dal pittore Robet Delaunay e dalla moglie Sonia Terk, anche lei artista, che realizzarono anche le decorazioni di altri importanti edifici dell’esposizione. Tra questi va citato il Palais de l’Air, il cui “cuore” è rappresentato da un’ampia galleria che ricorda un hangar per aeroplani. Come sculture di arte contemporanea, alcuni motori d’aereo troneggiavano dai loro piedistalli, mentre lungo le pareti una serie di bassorilievi mostravano rotte aeree che collegavano tutti i continenti. Dal soffitto dell’ampia galleria pendevano enormi anelli in alluminio, simili a quelli di Saturno, che circondavano un aereo da combattimento Pontex 63. A completare l’esposizione vi erano anche diorami e dipinti che illustravano la storia dell’aviazione. Nel Palais de l’Air erano inoltre rappresentati anche sport legati al volo come il paracadutismo, oltre a dare spazio al modellismo e alle varie applicazioni commerciali e militari del volo. Per il Pavillon de la Lumière, la struttura dedicata all’elettricità, il pittore Raoul Dufy realizzò il dipinto “La Fée Électricité”, che per molto tempo sarà il quadro più grande del mondo, e che rappresentava un omaggio ai pionieri dell’elettricità. L’opera (oggi al Musée d’art moderne de la ville de Paris – MAMVP) è composta da 250 pannelli, ciascuno dei quali misura 2 metri d’altezza per 1,20 metri di larghezza. Tra le strutture di maggior rilievo ci fu quello il Padiglione della Spagna, che ospitava la celebre opera di Picasso, “Guernica”. Il Padiglione dell’Unione Sovietica era un edificio alto oltre 30 metri, sormontato dalla colossale scultura in acciaio “L’operaio e la Kolkhoznitsa”, alta 25 metri. L’opera, realizzata da Vera Muchina, oggi si trova a Mosca. Di fronte al padiglione sovietico si ergeva quello della Germania; si trattava di un enorme parallelepipedo di marmo bianco, ed era sormontato dagli inquietanti simboli del nazismo, una grande aquila e una svastica. Lungo la riva della Senna, invece, tra la Torre Eiffel e l’Île aux Cygnes, sorgeva il Centre Régional, che raggruppava i padiglioni delle 25 regioni francesi. Al termine della manifestazione, il 25 novembre, Parigi, definita a buon diritto “Queen City of Expositions”, aveva ospitato 44 nazioni e accolto oltre 31 milioni di visitatori. In occasione dell’esposizione del 1937, inoltre, la città aveva potuto fregiarsi di alcuni edifici di rilievo, tuttora esistenti. Tra questi il Palais de Chaillot, che sostituì in gran parte il precedente Palais du Trocadéro. Venne edificato anche il Palais de Tokyo, per ospitare la retrospettiva dell’arte francese dal Medioevo alla contemporaneità. Oggi l’edificio è dedicato all’arte moderna e contemporanea. Fu inoltre istituito il Musée de l’Homme, erede del museo etnografico del Trocadéro, che oggi ospita le più importanti collezioni francesi concernenti la definizione, la vita e la storia dell’uomo.

GALLERY EXPO 1937 PARIGI 2/3


3/3


1939-1940: NEW YORK WORLD’S FAIR milanoplatinum.com/1939-1940-new-york-worlds-fair.html Claudia Scienza

December 22, 2016

New-York-World’s-Fair-(NYWF)_ps_mss_cd6_64u_891327fa2d_The-New-York-Public-Library,-Manuscripts-andArchives-Division,-New-York-World's-Fair-1939-1940-Records

1939-1940: NEW YORK WORLD’S FAIR – Tra il 30 aprile 1939 e il 31 ottobre 1940, New York ospita l’esposizione universale, ufficialmente la New York World’s Fair (NYWF). Il tema scelto per l’evento è il futuro, come testimonia il motto “Dawn of a New Day” (l’alba di un nuovo giorno), e l’esposizione newyorkese si prefigge l’obiettivo di mostrare ai visitatori il “mondo di domani”. L’idea di un’esposizione universale da tenersi a New York nasce nel 1935, in piena Grande Depressione. Un gruppo di uomini d’affari pensò di organizzare una fiera internazionale per fare in modo che la città e il Paese potessero risollevarsi dalla profonda depressione economica nella quale si trovavano. Nasce per questo la New York World’s Fair Corporation, con sede in uno dei piani più alti dell’Empire State Building. Oltre a risollevare lo spirito e l’economia della città, l’esposizione universale era l’occasione per celebrare i 150 anni dalla proclamazione di George Washington a presidente degli Stati Uniti. Un gruppo di artisti della Works Progress Administration (WPA) realizzarono una serie di murales per celebrare l’evento, che sarebbero poi stati pubblicati sul “New York Times Magazine”. 1/5


Per ospitare la sede dell’evento viene scelto il distretto del Queens, dove per l’occasione viene creato il Flushing Meadows-Corona Park. Il parco pubblico, che ospiterà anche l’edizione del 1964 della fiera universale, viene creato da un terreno paludoso definito come “una valle di ceneri” da Francis Scott Fitzgerald nel suo celebre romanzo “Il grande Gatsby”. Il sito, all’epoca, era infatti noto come Corona Ash Dumps (paludi di ceneri di Corona), un’area che fino agli inizi del XX secolo era una palude di acqua salata ricca di flora e fauna, ma che lo sviluppo industriale della città avrebbe presto trasformato in discarica. Qui finivano infatti gli scarti e le ceneri del carbone bruciato dalle centrali elettriche e dalle fornaci. Il nome di Corona deriva invece dal quartiere adiacente all’area. La commissione organizzatrice dell’esposizione dispone quindi la bonifica dell’area e la creazione di un nuovo parco, dando l’incarico a Robert Moses, urbanista il cui lavoro sarà legato principalmente a New York, svolgendo un ruolo paragonabile a quello avuto dal barone Haussmann per la Parigi del Secondo Impero. Il 30 aprile 1939, una domenica, si tiene la grande apertura dell’esposizione, alla presenza di oltre 200.000 persone e a numerose autorità e personaggi di rilievo. Il discorso di apertura del presidente Franklin D. Roosevelt oltre che alla radio fu anche trasmesso per televisione. La NBC, in occasione dell’evento, inaugura una programmazione regolare che copre la città di New York. Il discorso di apertura viene visto da circa 1.000 persone, attraverso una serie di apparecchi televisivi sparsi nell’area metropolitana di New York. La televisione è una delle innovazioni tecnologiche in esposizione in diversi padiglioni, come quello della RCA. Dal momento che la tecnologia delle trasmissioni televisive suscitava ancora scetticismo, nel padiglione della Rca era esposto un apparecchio tv realizzato in una scatola trasparente, in modo che il pubblico potesse verificarne il funzionamento. Dopo un discorso del grande scienziato Albert Einstein sui raggi cosmici, anche questo trasmesso in televisione, le luci della fiera internazionale di New York furono finalmente accese, dando inizio all’evento. La fiera di New York era suddivisa in diverse zone tematiche, come la Transportation Zone, la Communications and Business Systems Zone, la Food Zone e la Government Zone, tra le altre. Gli architetti che realizzarono gli edifici e le strutture furono incoraggiati a sperimentare soluzioni architettoniche e innovazioni. I simboli dell’evento erano il Trylon e la Perisphere, che insieme formavano il Theme Center, il cuore dell’esposizione. Le due avveniristiche strutture erano, rispettivamente, una guglia alta 190 metri e una enorme sfera, del diametro di circa 55 metri di diametro. All’interno della Perisphere vi era un diorama dal titolo “Democracy”, che tenendo fede al tema della fiera, “The World of Tomorrow”, descriveva una utopistica città del futuro. Le due iconiche strutture erano completamente bianche, distinguendosi ancora di più dal resto del complesso, nel quale le varie zone erano contraddistinte da una serie di colori, che comprendevano diverse colorazioni per le pareti esterne e vari effetti di illuminazione. In onore della città ospitante, i colori principali erano il blu e l’arancio, i colori ufficiali di New York.

2/5


Una delle zone tematiche più importanti era la Transportation Zone, dove i protagonisti principali erano case automobilistiche come la General Motors e la Ford. Nel padiglione della prima era presente un enorme diorama che raffigurava una parte degli Stati Uniti, con tanto di autostrade, città, abitazioni e veicoli in miniatura. Il tetto del padiglione della Ford ospitava invece una pista da corsa, dove si tenevano gare automobilistiche. Anche il trasporto ferroviario aveva un ruolo importante, in particolare l’esposizione “Railroads on Parade”, una spettacolare retrospettiva che illustrava la storia della ferrovia. Il padiglione della AT&T, nella Communications and Business Systems Zone, esponeva il Voder, un avveniristico sintetizzatore vocale, mentre il padiglione della IBM esibiva macchine da scrivere elettriche e un “calcolatore elettronico” che utilizzava schede perforate. Nel padiglione della Firestone, l’azienda produttrice di pneumatici, era ospitato il famoso ippopotamo pigmeo Billy, che nel 1927 era stato regalato dal fondatore Henry Firestone all’allora presidente Calvin Coolidge, il quale lo aveva inviato al National Zoo. Tra le innovazioni presenti vi fu anche la fotografia a colori, il condizionatore d’aria, il fax e i collant di nylon. L’azienda chimica Dupont, del Delaware, presenta in questa occasione il Nylon, una rivoluzionaria fibra sintetica, particolarmente resistente, con la quale era possibile realizzare calze femminili molto resistenti. La Westinghouse Electric, società statunitense costruttrice di apparecchiature elettriche civili e ferroviarie, esponeva Elektro, un robot in acciaio e alluminio alto oltre 2 metri, di aspetto umanoide, che era controllato tramite comandi vocali; Elektro era in grado di camminare, di parlare (aveva un vocabolario di 700 parole) e di muovere braccia e testa. I suoi occhi, attraverso un sistema fotoelettrico, erano inoltre in grado di distinguere il rosso e il verde. Sempre la Westinghouse Electric, inoltre, aveva realizzato la Westinghouse Time Capsule, una capsula del tempo che suscitò enorme interesse nel pubblico. Al suo interno furono sigillati scritti di Einstein, Thomas Mann, copie di libri, articoli di giornale e molto altro. La “Time Capsule I” (così chiamata per distinguerla dalla sua “gemella”, realizzata in occasione dell’esposizione di New York del 1964) potrà essere aperta solo nel 6939. Oltre alla tecnologia e al futuro, anche l’arte era molto rappresentata alla fiera del 19391940. A essa era dedicato il “Masterpieces of Art”, un edificio che ospitava 300 straordinarie opere d’arte, in gran parte provenienti dall’Europa. I visitatori potevano così ammirare capolavori di artisti come Leonardo, Michelangelo, Caravaggio, Rembrandt e Bellini. Il Rijksmuseum di Amsterdam aveva concesso in prestito il dipinto “La lattaia”, uno dei massimi capolavori di Jan Vermeer. Non mancava naturalmente un’area dedicata al divertimento, dove accanto alle immancabili montagne russe e giostre vi era anche il Life Savers Parachute Jump, una torre alta 76 metri dalla cui cima ci si poteva lanciare con una sorta di paracadute. Terminato l’evento, l’attrazione fu spostata a Coney Island, dove si trova ancora oggi (anche se non più in funzione), divenendo nota come la “Torre Eiffel di Brooklyn”. Tra le esibizioni vi era anche il “Frank Buck’s Jungleland”, che esibiva uccelli rari ed esotici, rettili e animali selvatici. Tra le esposizioni di maggior successo vi fu anche il “Dream of Venus”, un padiglione disegnato da Salvador Dalí. Dopo essere entrati attraverso un passaggio fiancheggiato da 3/5


due enormi gambe femminili, in calze e tacchi a spillo, i visitatori si trovavano in un mondo surreale e onirico, con sirene che nuotavano in piscine, donne vestite da aragoste e altri personaggi con succinti costumi che richiamavano il mondo marino. Alcuni edifici realizzati per l’occasione sopravvissero all’evento e sarebbero stati usati come sede temporanea delle Nazioni Unite a partire dal 1946, in attesa che venisse completata la sede definitiva di Manhattan, il Palazzo di Vetro (terminato nel 1951). L’Assemblea Generale dell’ONU, in particolare, si riuniva nell’edificio che ospitava gli uffici dello Stato di New York durante l’evento (e che sarebbe stato ristrutturato in occasione dell’esposizione del 1964). Alla chiusura dell’esposizione, il 31 ottobre 1940, i visitatori erano stati oltre 45 milioni, tuttavia l’evento aveva chiuso il bilancio con un forte passivo. I terribili eventi della Seconda Guerra Mondiale avrebbero rappresentato una lunga interruzione per le esposizioni universali, e l’edizione successiva si sarebbe tenuta solo nel 1949, a Port-au-Prince (Haiti).

GALLERY 1939-1940: NEW YORK WORLD’S FAIR

4/5


5/5


EXPO NEW YORK 1939: il nylon, la fibra del futuro milanoplatinum.com/expo-new-york-1939-il-nylon-la-fibra-del-futuro.html Claudia Scienza

March 1, 2018

Il nylon fu utilizzato per realizzare paracadute, sostituendo la seta. [parachutes-85606_1920 - CC0 Creative Commons, via Pixabay].

EXPO NEW YORK 1939: il nylon, la fibra del futuro – Siamo ancora a New York, ma facciamo un salto indietro nel tempo, fino al 1939. In quell’anno si tiene la New York World’s Fair, ospitata al Flushing Meadows-Corona Park (la stessa location che ospiterà la s edizione del 1964). Fu un’edizione di enorme successo, con 44 milioni di visitatori provenienti da tutto il mondo, accorsi per assistere alle meraviglie e alle innovazioni presentate durante l’evento. Tra gli espositori era presenta anche l’azienda chimica DuPont (E.I. du Pont de Nemours and Company), fondata nel 1802 a Wilmington (Delaware) da Eleuthère Irénée du Pont, allievo del grande chimico francese Antoine Lavoisier. La DuPont presentava ufficialmente la sua straordinaria innovazione: il nylon. Nei laboratori della società il nylon fu sintetizzato per la prima volta (il 28 febbraio 1935) da Wallace Hume Carothers. Il processo di sintesi, tramite il quale si ottenne la poliesametilenadipamide (o più semplicemente nylon 6,6), venne brevettato nel 1937 e presentato ufficialmente in occasione dell’evento di New York del 1939. Il nylon fu inizialmente utilizzato per lenze da pesca, filo chirurgico da sutura e per spazzolini da denti, ma in occasione della New York World’s Fair la DuPont presentò anche un’assoluta novità, che avrebbe cambiato la vita delle donne: le calze di nylon. Inutile dire che la loro commercializzazione, a partire dal 1940, fu un enorme successo. Il nylon era una rivoluzionaria fibra sintetica, estremamente resistente, che si rivelò 1/2


particolarmente adatto per realizzare le calze femminili, fino ad allora realizzate in seta. A decretare il successo commerciale del nylon fu anche il fatto che la disponibilità di seta naturale era improvvisamente crollata. La Cina, all’epoca il maggiore produttore di questa preziosa fibra naturale, era stata invasa dal Giappone, e quindi gli Stati Uniti furono costretti a trovare in fretta e furia un’alternativa. Durante la Seconda Guerra Mondiale, il nylon, descritto come “resistente come l’acciaio e delicato come una tela di ragno”, avrebbe avuto un ruolo cruciale: venne infatti utilizzato per realizzare il milione di paracadute che saranno indispensabili durante il D-Day.

2/2


EXPO 1949 PORT-AU-PRINCE milanoplatinum.com/expo-1949-port-au-prince.html Claudia Scienza

December 29, 2016

Exposition_Internationale_Port-au-Prince_image_by_Islandluminous.fiu.edu_ Digital Library of the Caribbean_GT.PT9.SL17.SO1

EXPO 1949 PORT-AU-PRINCE – Tra il 1949 e il 1950, la capitale di Haiti, Port-au-Prince, ospita un’edizione dell’Expo, ufficialmente nota come Exposition internationale du bicentenaire de Port-au-Prince. L’evento, infatti, intendeva celebrare i 200 anni della fondazione della città haitiana, avvenuta nel 1749 da parte di coloni francesi. L’esposizione universale, il cui tema era “The Festival of Peace” (con un richiamo all’intensificazione delle relazioni internazionali, all’indomani della Seconda Guerra Mondiale), fu fortemente voluta dall’allora presidente haitiano, Léon Dumarsais Estimé, che intendeva inoltre promuovere il turismo dell’isola e mostrarne al mondo il vero volto, superando gli stereotipi che da decenni minavano l’immagine dei Paesi sudamericani, considerati selvaggi e arretrati. L’evento avrebbe inoltre rappresentato l’occasione per mostrare la cultura haitiana al mondo. L’area espositiva, nota come Cité de l’Exposition o anche Cité Dumarsais Estimé, sorse a Gonave Bay, che per l’occasione fu oggetto di una profonda riqualifica. I precedenti e vecchi edifici furono abbattuti, per fare spazio anche a giardini e parchi, con palme a bordare la baia. Oltre alle strutture prettamente espositive, l’area era anche dotata di divertimenti e attrazioni, come una ruota panoramica, un acquario tropicale, un cinema, oltre ad aree per rappresentazioni folkloristiche, che insieme ad altre manifestazioni e spettacoli si tenevano nel Théâtre de Verdure. Le cerimonie di apertura furono due, una svoltasi l’8 dicembre 1949 (anche se l’esposizione aveva già aperto i battenti il 1° dicembre) e la seconda il 12 febbraio 1950. Nel corso della cerimonia del 1949, fu letto un telegramma del presidente degli Stati Uniti 1/2


Harry S. Truman inviato al presidente haitiano. Si tenne inoltre una parata di militari statunitensi, con l’esibizione di uno squadrone acrobatico dell’US Air Force. In questa occasione furono aperte le esibizioni nazionali e l’area divertimenti, mentre il 12 febbraio 1950 fu la volta dei padiglioni ufficiali e di quelli internazionali. Durante l’esposizione si tenne un concorso artistico, che riscosse un notevole successo di pubblico e di critica. A essere premiato fu un artista haitiano, il pittore Jacques-Enguerrand Gourgue. L’esposizione intendeva fare di Port-au-Prince la capitale culturale dell’America, e per l’occasione furono invitati numerosi artisti internazionali. Tra i principali vi furono Dizzy Gillespie, Miles Davis, la cantante cubana di salsa Celia Cruz, il cantante portoricano Daniel Santos, il compositore haitiano Frantz Casseus e quello cubano Bebo Valdés. Tra gli ospiti vi furono anche l’opera nazionale di New York, i cantanti e i maestri del Teatro alla Scala e il contralto statunitense Marian Anderson. Alla chiusura dell’esposizione, l’8 giugno 1950, il bilancio fu tuttavia negativo. I visitatori furono circa 4 milioni, meno di quanto auspicato, e non permise di recuperare l’investimento iniziale, che fu di ben 1 milione di dollari, pari ai tre quarti del budget annuale di Haiti. Le forti critiche diedero vita a un colpo di Stato, nel maggio 1950, che depose il presidente Estimé.

2/2


EXPO 1958 BRUXELLES milanoplatinum.com/expo-1958-bruxelles.html Claudia Scienza

January 5, 2017

EXPO-1958_Bruxelles_Atomium_1138448_1920__CC0-Public-Domain_via-Pixabaygium-1138448_1920

EXPO 1958 BRUXELLES – Nel 1958, l’esposizione universale fa nuovamente tappa a Bruxelles, per l’esattezza per la quinta volta (in totale il Belgio ha ospitato ben 11 edizioni dell’evento). L’Expo del 1958 si svolge dal 17 aprile al 19 ottobre, e al termine l’evento farà registrare un’affluenza di quasi 42 milioni di visitatori. Come per l’edizione del 1935, l’area prescelta per ospitare le strutture principali dell’esposizione fu il complesso dell’Heysel. Molti edifici dell’edizione del 1935 erano ancora presenti e furono quindi riutilizzati. A questo si aggiunsero anche altre aree, come il parco di Laeken, il Parc d’Osseghem e il castello del Belvedere con il suo parco. All’interno di quest’area così vasta, lo spostamento dei visitatori era garantito da una teleferica e da una rete ferroviaria. L’edizione del 1958 si inserisce in un particolare contesto storico. Nell’Europa occidentale le tracce del secondo conflitto mondiale si stavano attenuando, mentre la Guerra Fredda aveva temporaneamente ceduto il posto a una fragile coesistenza pacifica. L’ONU (fondata nel 1945) e la Comunità Europea (nata nel 1957) stavano muovendo i primi passi nella scena internazionale, e in questo clima di speranza e di fiducia nel futuro si inseriscono anche le numerose innovazioni tecnologiche, come il lancio dello Sputnik, il primo satellite artificiale mandato in orbita intorno alla Terra (il 4 ottobre 1957). Il contesto spronò i Paesi partecipanti a sfoggiare la loro ingegnosità e a mostrare il meglio di sé all’interno dei rispettivi padiglioni.

1/4


Il simbolo dell’esposizione del 1958 è l’Atomium, una costruzione in acciaio, alta 102 metri, che rappresenta i nove atomi di una cella unitaria di un cristallo di ferro. Progettata dall’architetto André Waterkeyn, il monumento è dedicato alle scienze e all’uso dell’atomo, temi particolarmente importanti all’epoca. Le sfere sono collegate tra loro da scale mobili, e oggi ospitano diverse mostre. La struttura, che inizialmente doveva essere solo temporanea e quindi essere demolita al termine dell’evento, è invece divenuta, come la Torre Eiffel per Parigi, il simbolo della città. Tra le attrazioni di maggiore successo vi fu quella ospitata nel padiglione della Philips, che fu progettato da Le Corbusier. Questi creò quindi “Poème électronique”, ovvero la prima architettura multimediale della nascente era elettronica e della storia, “. Il geniale architetto coinvolse nel progetto anche altri due grandi artisti dell’avanguardia, il compositore Edgard Varèse per la musica, mentre l’architetto, ingegnere e compositore Iannis Xenakis avrebbe curato il design e gli aspetti tecnici. Nacque così uno straordinario spettacolo che univa architettura, luci, immagini, suoni e forme astratte, che doveva pubblicizzare i successi e i progressi raggiunti dal gigante olandese dell’elettronica. Considerata un’opera unica nella storia dell’arte del XX secolo, è stata purtroppo distrutta nel 1959. Tra i padiglioni delle nazioni partecipanti, in tutto 44, si segnala quello della Cecoslovacchia, una costruzione semplice e moderna, che ospitava il Laterna Magika, il primo teatro multimediale del mondo che ottenne un enorme successo internazionale. Lo spettacolo diverrà famoso come teatro non verbale, con proiezioni, danza, musica, luci e pantomime. Si trattava di uno spettacolo sperimentale, nel quale erano presenti elementi teatrali e cinematografici. Altro padiglione che riscosse un notevole successo fu quello della Germania Ovest, che fu nominato dalla stampa internazionale come il più bello dell’esposizione. Il padiglione degli Stati Uniti, tra i più grandi del complesso, ospitava sfilate di moda, ma in particolare esponeva il primo computer al mondo con disco rigido, il 305 RAMAC dell’IBM. Altre novità tecnologiche erano un dizionario elettronico, un’enciclopedia audiovisiva e una banda magnetica in grado di trasmettere milioni di caratteri in pochi secondi. Il padiglione dell’Unione Sovietica fu al centro di un vero e proprio giallo: la sparizione del facsimile dello Sputnik, che la nazione aveva orgogliosamente messo in mostra. Mai più ritrovato, la responsabilità della misteriosa sparizione fu attribuita, secondo i delegati sovietici, agli Stati Uniti. Non fu tuttavia l’unico giallo. In occasione dell’evento era esposto anche il manoscritto originale del “Requiem” di Mozart, dal quale fu misteriosamente strappato l’angolo inferiore a destra, che riporta, secondo la tradizione, le ultime parole scritte da Mozart. Mai più rinvenuto, il frammento è ancora oggi oggetto di ricerca sul mercato nero dei collezionisti privati. L’evento fu anche l’occasione per dare vita alla prima classifica cinematografica universale della storia. Numerosi membri della critica internazionale e diversi cineasti (in totale 117) stilarono una classifica dei più importanti film della storia del cinema. Alla fine, il film più votato (ottenne 100 voti) fu “La corazzata Potemkin” (il celebre film del 1925, del regista russo Ejzenstejn), seguito da “La febbre dell’oro” (1925) di Charlie Chaplin, con 85 2/4


voti, a pari merito con “Il ladro di biciclette”, il capolavoro del 1948 di Vittorio de Sica. Tra i film più votati anche “Quarto potere” di Orson Welles, che con 50 voti a favore si piazzò al nono posto della classifica. In concomitanza con l’esposizione universale, inoltre, Bruxelles ospitò anche la finale della Coppa dei Campioni di calcio. Lo stadio dell’Heysel vide scendere in campo il Real Madrid e il Milan, con la vittoria della squadra spagnola per 3 a 2.

GALLERY EXPO 1958 BRUXELLES

3/4


4/4


EXPO 1961 TORINO milanoplatinum.com/expo-1961-torino.html Claudia Scienza

January 19, 2017

EXPO-1961_TORINO_Paolo_Monti_-_Servizio_fotografico_(Torino,_1961)_-_BEIC_6337342_Paolo-Monti-[CC-BYSA-4.0],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 1961 TORINO – Nel 1961 Torino celebra il centenario dell’Unità d’Italia, avvenuta il 17 marzo 1861 proprio a Torino, a Palazzo Carignano, con la proclamazione del Regno d’Italia. La ricorrenza viene solennemente celebrata dalla prima capitale d’Italia con l’organizzazione di un’esposizione universale che si tiene dal 1° maggio al 31 ottobre. In occasione dell’evento, nella zona sud della città, lungo le rive del Po, viene realizzato un nuovo quartiere, che ha preso il nome di Italia ’61, appellativo con il quale sarà anche nota l’esposizione. Il nome ufficiale è tuttavia “Esposizione Internazionale del Lavoro – Torino 1961”. Oltre alla realizzazione di un nuovo quartiere, per l’occasione viene migliorata l’illuminazione pubblica, soprattutto quella dell’area che opita l’esposizione, corso Unità d’Italia. Gli impianti sono progettati dall’ingegnere Guido Chiarelli, e per la prima volta l’illuminazione urbana ha anche risvolti artistici, come testimoniato dalle illuminazioni delle fontane e del “giardino roccioso” all’interno del Parco del Valentino. Per l’evento vengono realizzati alcuni importanti edifici, tra i quali vi è il Palazzo del Lavoro, progettato da Pier Luigi Nervi in collaborazione con Gio Ponti e Gino Covre. La 1/4


struttura, notevole esempio di struttura espositiva che utilizza innovative tecnologie costruttive, è un ampio padiglione quadrangolare, composto da una serie di elementi modulari. Anche se in seguito la struttura è stata molto utilizzata per ospitare mostre ed eventi, oggi purtroppo è in stato di abbandono. Accanto al Palazzo del Lavoro, l’altro simbolo dell’evento è il Palazzo delle Mostre, noto anche come Palazzo a Vela per la forma della struttura. Progettato da Franco Levi in collaborazione con Annibale e Giorgio Rigotti, l’edificio si affaccia su un bacino artificiale lungo il Po e si distingue per l’ardita struttura autoportante in cemento armato. Altro simbolo della manifestazione è la monorotaia Alweg, realizzata dalla Alweg Corporation di Colonia. L’avveniristico sistema di trasporto è una ferrovia monorotaia a sella, ad alimentazione elettrica, il cui percorso si estende per quasi 2 chilometri su un viadotto. Altro caratteristico mezzo di trasporto è la telecabina che, con un percorso di 871 metri e un dislivello di 118 metri, collega l’area espositiva con il Parco Europa, nel quartiere-frazione di Cavoretto. Le cabine sono di forma ovoidale e per questo vengono simpaticamente ribattezzate “ovetti”. L’ovovia è stata dismessa nel corso degli anni ’60 del secolo scorso. Non possono naturalmente mancare le attrazioni, tra le quali vi è il Circarama, tecnica cinematografica progettata da Don Iwerks nel 1955 su incarico della Disney. Noto anche come Circle Vision, si tratta di un sistema di ripresa e proiezione a 360°, che fa “immergere” lo spettatore nel film. In occasione di Italia ’61 viene trasmesso un film a colori, realizzato dalla Walt Disney Production, con il commento di Indro Montanelli. Il film percorre l’Italia, da nord a sud, cogliendone gli aspetti e i luoghi più significativi. Nell’ambito dell’evento, dal 28 aprile al 15 giugno si tiene anche Flor ’61, ovvero Fiori del mondo a Torino, una grande esposizione floreale che si sviluppa nei cinque saloni del Palazzo delle Esposizioni all’interno del Valentino. All’esterno è inoltre presente la Mostra del Giardino, con la splendida illuminazione notturna curata da Guido Chiarelli. Nel giardino vi è anche una fontana luminosa, completamente automatica, che ha notevole successo. L’esposizione sarà visitata anche dalla regina Elisabetta II d’Inghilterra, grande appassionata di floricoltura. Tra i dispositivi esposti nel corso di Italia ’61 si segnala in particolare il Cervello della Upjohn Company, casa farmaceutica di Kalamazoo, nel Michigan. Si tratta di un modello elettrico che riproduce, schematicamente, il funzionamento del cervello umano, testimoniando le importanti scoperte realizzate nel campo della fisiologia. Sempre in campo tecnologico, i visitatori dell’esposizione torinese possono ammirare, nel padiglione degli Stati Uniti all’interno del Palazzo del Lavoro, l’IBM 305 RAMAC (Random Access Method of Accounting and Control), il primo computer commerciale (nato nel 1956) dotato di una memoria a disco magnetico a testine mobili. Il computer occupa una stanza di 9 metri per 15 ed è stato uno degli ultimi computer a valvole costruito da IBM. Per dimostrane il funzionamento, si invita un visitatore a porre una domanda, alla quale l’elaboratore dà una una risposta scritta in brevissimo tempo. La risposta viene quindi stampata su un foglio illustrativo fustellato, del tutto simile a quelli utilizzati, anni dopo, nelle vecchie stampanti ad aghi. Il Comitato Torino 61 organizza inoltre una serie di ricevimenti e spettacoli, per personalità e ospiti illustri e per tutti i cittadini, creando un’atmosfera di festa dedicata a tutti i cittadini e ai visitatori. I ricevimenti ufficiali, per l’accoglienza delle personalità, si tengono nelle splendide cornici di Palazzo Madama e Stupinigi. Tra gli spettacoli popolari, le sponde del 2/4


Po ospitano grandiosi spettacoli pirotecnici e feste popolari, con due grandi balere pubbliche allestite presso il Castello Medievale e nel Parco Ginzburg. In concomitanza con l’evento, dal 15 al 28 settembre si tiene anche la Rassegna Internazionale di film “Cinema ’61”, presso il Teatro Nuovo del Valentino. Numerose le pellicole proposte dalla rassegna, selezionate tra quelle presentate ai principali festival cinematografici. Tra le pellicole selezionate vi erano “L’année dernière a Marienbad” di Alain Resnais, “Yojimbo” di Akira Kurosava, “Il brigante” di Renato Castellani, “Banditi a Orgosolo” di Vittorio De Seta e “Accattone” di Pier Paolo Pasolini. L’esposizione di Torino si chiude il 31 ottobre 1961, facendo registrare un’affluenza di circa 5 milioni di visitatori.

GALLERY EXPO 1961 TORINO

3/4


4/4


EXPO 1962 SEATTLE milanoplatinum.com/expo-1962-seattle.html Claudia Scienza

January 26, 2017

Aerial_view_of_Century_21_Exposition_grounds_and_environs,_1962_By-Seattle-Municipal-Archives-(Flickr--Aerial-ofWorld's-Fair-grounds,-1962)-[CC-BY-2.0],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 1962 SEATTLE – Nel 1955 a Seattle nacque l’ambizioso progetto di organizzare, per il 1959, una esposizione universale, che celebrasse i 50 anni dell’Alaska-Yukon-Pacific Exposition, evento tenutosi nel 1909 nella città. Il progetto, tuttavia, si sarebbe rivelato troppo ambizioso per una data così ravvicinata, e quindi l’evento venne rimandato al 1962. L’esposizione universale di Seattle si tenne dal 21 aprile al 21 ottobre. Il nome ufficiale dell’expo era Century 21 Exposition, e richiamava il tema scelto per l’evento, “L’uomo nell’era dello spazio”, particolarmente sentito in quella che era l’epoca della corsa allo spazio. Il tema, inoltre, si concentrava sui contributi dati da scienza e ricerca all’American Way of Life, lo stile di vita americano, mostrando l’ottimismo dell’epoca verso la tecnologia. Per ospitare l’esposizione furono presi in considerazione diversi siti, ma alla fine gli organizzatori optarono per il quartiere di Queen Anne Hill, che al termine dell’evento sarebbe divenuto il Seattle Center, un’ampia area verde che ospita ancora oggi molte delle strutture e degli edifici realizzati nel 1962, dedicato alle arti, alla cultura e allo sport. L’area era caratterizzata dallo Space Needle, una torre alta 184 metri che è divenuta il principale simbolo della città. Alla sua sommità era presente un ristorante girevole a 360°, 1/4


dal quale ancora oggi è possibile godere di una vista mozzafiato sulla città. L’area espositiva era suddivisa in cinque zone tematiche: World of Science, World of Tomorrow, World of Art, World of Commerce and Industry e World of Entertainment. Uno degli edifici più importanti e significativi era lo United States Science Pavillion, una “cattedrale della scienza” che oggi è il Pacific Science Center. Il padiglione sorgeva nel cuore del sito espositivo ed era composto da cinque edifici, le cui facciate erano state disegnate da Minoru Yamasaki, con decorazioni floreali e in stile neogotico. I cinque edifici sorgevano intorno a un bacino d’acqua con una fontana, attorno alla quale si ergevano gli “Archi della scienza”. Al suo interno i visitatori potevano ammirare gli enormi modelli del DNA e di una cellula, oltre a un giroscopio. Nella sezione World of Science era inoltre presente un settore dedicato alla NASA, che esponeva modelli di vari satelliti oltre alla capsula del Progetto Mercury che aveva fatto di Alan Shepard il primo americano ad avventurarsi nello spazio. Tra le attrazioni di maggiori successo vi fu lo Spacearium, che simulava un viaggio nello spazio attraverso il Sistema Solare e la Via Lattea. Nell’area World of Tomorrow sorgeva il Washington State Coliseum (che oggi è la KeyArena), un palazzetto dello sport che durante l’evento ospitò varie esposizioni. I visitatori potevano prendere il Bubbleator, uno speciale ascensore in vetro acrilico trasparente che dava l’illusione di essere in una enorme bolla di sapone. I visitatori potevano quindi visitare una sorta di “città del futuro”, una “nuvola” di cubi che ricreava il paesaggio di una Seattle del futuro. La sezione World of Commerce and Industry, all’interno della quale sorgeva lo Space Needle, oggi è il Broad Street Green e il Mural Amphiteater. L’area era dedicata al commercio, all’industria e alla moda. Ogni giorno “Vogue” organizzava quattro sfilate di moda che si tenevano intorno a una piscina profumata. Qui avevano i loro padiglioni società e industrie come la Ford Motor Company, che esponeva il suo prototipo dell’auto del futuro, la Ford Seattle-ite XXI. Anche se il tema principale dell’evento era la scienza, l’arte non era tuttavia assente, come testimoniava la sezione World of Art, nella quale sorgeva il Fine Arts Pavillion (che in seguito è divenuto l’Exhibition Hall). Grande attenzione era naturalmente data all’arte americana, con le opere di 50 artisti contemporanei, tra i quali Jackson Pollock e Georgia O’Keeffe. Non mancavano artisti internazionali, con opere di Joan Miró e Francis bacon, solo per citarne alcuni. Vi era anche un’eccezionale mostra di 72 capolavori dell’arte con opere di Tiziano, Caravaggio, El Greco, Rembrandt, Rubens, Monet, Klee e Picasso. L’area World of Entertainment proponeva un ricchissimo programma di spettacoli ed eventi che si svolgevano in concomitanza con l’esposizione universale, che si tenevano all’Opera House e alla Playhouse (che oggi è il Cornish College of the Arts). In occasione dell’inaugurazione dell’expo, il 21 aprile, l’Opera House ospitò un concerto della Seattle Symphnony Orchestra diretto dal grande Igor Stravinsky, con il pianista statunitense Van Cliburn come solista. Nel corso dell’evento, inoltre, si sarebbero avvicendati evento come una rappresentazione dell’”Aida” di Verdi, balletti, concerti di ogni tipo e spettacoli vari. La Playhouse propose spettacoli teatrali del Royal Dramatic Theatre svedese, concerti di musica da camera, concerti delle orchestre jazz di Count Basie e Benny Goodman e di leggende della musica come Nat King Cole ed Ella Fitzgerald. Tra gli altri divertimenti proposti, uno dei più popolari fu il Gracie Hansen’s Paradise International, uno show in stile Las Vegas, e uno spettacolo di marionette per adulti, Les 2/4


Poupées de Paris. Per un breve periodo, prima di essere chiuso, fu proposto anche lo show Girls of the Galaxy, un sensuale spettacolo di rivista con alcune modelle abbigliate in succinti abiti “spaziali”. La sezione dedicata ai divertimenti proponeva inoltre il Paris Spectacular (un museo delle cere), un Villaggio Giapponese e un padiglione dedicato alle Hawaii. Alla sua chiusura, il 21 ottobre, la Century 21 Exposition faceva registrare un totale di quasi 10 milioni di visitatori. Tra i numerosi lasciti che la Century 21 Exposition ha lasciato alla città, oltre al più noto e iconico Space Needle vi è anche la linea di monorotaia sopraelevata realizzata dalla ALWEG, che ancora oggi è in funzione.

GALLERY EXPO 1962 SEATTLE

3/4


4/4


EXPO NEW YORK 1964: un volo nel futuro con il Jet Pack milanoplatinum.com/expo-new-york-1964-un-volo-nel-futuro-con-il-jet-pack.html Claudia Scienza

February 22, 2018

EXPOEXPO STORIA 0 306 0

L'Unisfera durante l'Esposizione Universale di New York 1964-65. [Di-Anthony-Conti;-scanned-and-published-by-PLCjrfrom-Richmond,-VA,-USA-(NY-World's-Fair-1964-1965)-[CC-BY-SA-2.0],-via-Wikimedia-Commons].

EXPO NEW YORK 1964: un volo nel futuro con il Jet Pack – Le esposizioni universali o le fiere mondiali sono in genere eventi di dimensioni faraoniche, quasi dei “concorsi di bellezza” dove però a sfilare sono innovazioni e innovazioni, spesso sorprendenti. Non è stata da meno la World’s Fair di New York del 1964, ospitata nel Flushing Meadows–Corona Park. All’ombra dell’iconica Unisphere, che ancora oggi troneggia nel parco, i visitatori potevano ammirare le promesse della tecnologia per il futuro, che non sempre si sono rivelate profetiche. Tra le novità che non hanno avuto un successo o un ruolo nella realtà quotidiana vi è lo stupefacente “Jet Pack”, lo “zaino-jet” che grazie a una propulsione “a getto” (cioè a reazione) permette a una persona di volare. Fino agli anni ’60 il “Jet Pack” (chiamato anche “Rocket Pack” o “Rocket Belt”, tra i tanti nomi) era stato uno degli elementi più gettonati della fantascienza e della fiction, e sembrava essere destinato a rimanere relegato a tale ambito. Le forze armate degli Stati Uniti, tuttavia, avevano deciso di avviare un programma di ricerca per verificarne le possibili applicazione, ma in seguito avrebbero stabilito che gli elicotteri erano ben più funzionali. 1/2


La World’s Fair di New York del 1964 rappresentò tuttavia il “debutto” vero e proprio di un “jet pack”, che venne presentato al pubblico il 13 maggio 1964. Tra la meraviglia e lo stupore dei presenti, il pilota Robert Courter si sollevò in volo grazie al dispositivo che aveva sulle spalle, volando oltre la Unisphere. Secondo la NASA (che in seguito avrebbe sviluppato tale tecnologia, ancora oggi utilizzata per le attività extraveicolari degli astronauti) il “Jet Pack” presentato a New York (chiamato “Jet Belt”) era stato sviluppato dalla Bell Aerosystems. La sua creazione si inserisce nell’ambito della Corsa allo Spazio, epoca in cui le aziende aerospaziali ricevevano cospicui fondi per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie. Tra i momenti di gloria del “Jet Pack” bisogna ricordare anche la sua presenza in “Agente 007 – Thunderball (Operazione tuono)”, il quarto film (del 1965) della serie di James Bond: nelle scene iniziali del film Bond (interpretato da Sean Connery) sfugge ai nemici utilizzando proprio questo avveniristico dispositivo.

The Author

Claudia Scienza "Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito... perché la lettura è un’immortalità all’indietro" (Umberto Eco)

2/2


New York World’s Fair 1964-1965: il mondo di domani milanoplatinum.com/new-york-worlds-fair-1964-1965-il-mondo-di-domani.html Claudia Scienza

February 2, 2017

Flushing_Meadows_Unisphere_By-Ps2avery-(Own-work)-[CC-BY-SA-4.0],-via-Wikimedia-Commons

New York World’s Fair 1964-1965: il mondo di domani –Tra il 1964 e il 1965 New York ospita la sua terza esposizione universale, che sarà una delle fiere internazionali più grandiose e dispendiose che siano mai state organizzate negli Stati Uniti. L’esposizione, ufficialmente New York World’s Fair, si svolse nell’arco di due semestri, dal 22 aprile al 18 ottobre 1964, e dal 21 aprile al 17 ottobre 1965. Il tema ufficiale dell’esposizione newyorkese era “Peace Through Understanding” (“pace attraverso la comprensione”) ed era formalmente dedicata alle conquiste dell’umanità in un mondo che rimpicciolisce all’interno di un universo in espansione (“Man’s Achievement on a Shrinking Globe in an Expanding Universe”). Ampio spazio era dedicato alla cultura e alla tecnologia americana, e grande attenzione era posta in particolare alla nascente Era Spaziale. L’evento, tuttavia, non ebbe il riconoscimento ufficiale del BIE (Bureau of International Exposition), poiché l’intervallo di tempo tra la precedente edizione dell’Expo, tenutasi a Seattle nel 1962, e l’evento in programma a New York era stato giudicato troppo breve. Per questo la New York World’s Fair fu disertata da molti dei Paesi aderenti al BIE, che le preferirono altre edizioni ufficiali. Non furono quindi presenti nazioni come il Canada (al quale era stata assegnata l’Expo 1967, che si sarebbe tenuta a Montréal), l’Australia e la maggior parte dei Paesi europei, Italia compresa. Avevano invece aderito all’esposizione di New York nazioni come la Spagna, il Giappone, il Messico, la Svezia, l’Austria, la Grecia, la Thailandia e le Filippine. 1/4


La New York World’s Fair vide inoltre la massiccia partecipazione di società e industrie private, facendo dell’evento un grande spettacolo del consumismo. Il sito scelto per ospitare la New York World’s Fair è il Flushing Meadows Corona Park, nel Queens, lo stesso che aveva visto lo svolgersi dell’Expo svoltasi tra il 1939 e il 1940. Il tema dell’evento era rappresentato simbolicamente dall’Unisfera (Unisphere), una raffigurazione della Terra realizzata in acciaio inox, che con i suoi 37 metri di diametro è ancora oggi il più grande globo esistente. L’enorme sfera è supportata da un tripode, sempre in acciaio, alto 6 metri, portando così l’altezza complessiva a 43 metri. L’Unisfera sorge al centro di una grande vasca d’acqua circolare, circondata da 96 fontane zampillanti che nascondevano il tripode, dando l’illusione che la sfera si librasse nello spazio. Intorno alla sfera sono posti, con diverse angolazioni, tre cerchi in acciaio, che rappresentano le orbite seguite da Yuri Gagarin (il primo uomo nello spazio), John Glenn (il primo americano a orbitare intorno alla Terra) e dal Telstar, il primo satellite per telecomunicazioni. Costruita nello stesso punto in cui sorgeva la Perisfera dell’esposizione del 1939-1940, durante la sera l’Unisfera sfoggiava una spettacolare illuminazione, con luci che simulavano l’alba che si muoveva lungo la superficie del globo. Una luce era inoltre posta in corrispondenza della Kahnawake Indian Reservation, come omaggio al lavoro dei nativi Mohawk che avevano realizzato la sfera. Sempre all’interno del Flushing Meadows Corona Park vi erano inoltre alcune statue realizzate per l’occasione, tra le quali il “Rocket Thrower”, una statua alta 13 metri in bronzo dello scultore americano Donald De Lue. La maggior parte dei padiglioni e degli edifici furono realizzati secondo uno stile architettonico futuristico conosciuto come stile Googie (noto anche come Populuxe o DooWop), caratterizzato da chiare influenze provenienti dalla cultura dell’automobile, dell’era spaziale e di quella atomica. Il termine Googie deriverebbe da quello di una caffetteria oggi chiusa che si trovava a West Hollywood. Lo stile si caratterizzava per le forme geometriche, i tetti affilati e l’uso del cristallo e del neon, sorta di metafora del futuro, brillante e tecnologico. Alcuni padiglioni avevano forme particolare, che erano un esplicito richiamo alla società cui era dedicato, con allusioni ai prodotti da essa realizzati oppure al logo societario. Tra questi si segnala il padiglione della US Royal, produttrice di pneumatici, che fece realizzare la struttura espositiva con la forma di un’enorme ruota d’automobile. La disponibilità di nuovi materiali edili, come la fibra di vetro, il vetro temperato o l’acciaio inossidabile. Le facciate dei padiglioni erano utilizzate come enormi cartelloni pubblicitari della società o della nazione ospitata all’interno. Tra i padiglioni più importanti vie era naturalmente quello degli Stati Uniti, il cui tema era “Challenge to Greatness”. Al suo interno, l’attrazione principale era uno spettacolo della durata di 15 minuti, che consisteva in una filmato che ripercorreva la storia americana. Il pubblico sedeva su tribune mobili, che scorrevano attraverso schermi e filmati. Grande successo di pubblico ebbe anche lo United States Space Park, sponsorizzato dalla Nasa, dal Dipartimento della Difesa e dall’organizzazione dell’esposizione. Il vasto parco espositivo, di oltre 8.000 metri quadrati, ospitava modelli a grandezza naturale di alcuni stadi del Saturn V e del Titan II, oltre a una capsula Gemini e una Mercury, un LEM del progetto Apollo e le sonde Mariner II e IV, solo per citare alcuni degli elementi esposti. Il padiglione dello Stato di New York era composto da tre strutture in cemento armato e acciaio. La “Tent of Tomorrow” era una struttura ellittica, i cui pilastri reggevano quella 2/4


che all’epoca era la più grande tensostruttura mai realizzata. Il piano principale era disegnato come una enorme mappa stradale dello Stato di New York, realizzata in battuto di terrazzo alla veneziana, un tipo di pavimentazione composta da granuli di marmo e pietre. Vi erano inoltre le Observation Towers, tre torri in cemento alte 69 metri, che erano dotate di piattaforme di osservazione alle quali si accedeva tramite lo Sky Streak Capsule, ascensori oggi smantellati. Il padiglione era completato dal Theaterama, una struttura a tamburo che era utilizzata per la proiezione di film a 360°. Il teatro era circndato da installazioni artistiche realizzati da famosi artisti della Pop Art, tra i quali Roy Lichtenstein e Andy Warhol. Il padiglione della città di New York esponeva il “Panorama of the City of New York”, un enorme modello in scala della metropoli. Il plastico, di 867,2 metri quadrati, oggi è custodito presso il Queens Museum. La Louisiana aveva ricreato, nel suo padiglione, noto come “Louisiana’s Bourbon Street”, il Quartiere Francese di New Orleans, dove erano presenti ristoranti che servivano i tipici piatti della cucina creola, locali jazz e negozi voodoo. Anche il Belgio, una delle nazioni partecipanti all’evento newyorkese, aveva optato per la ricostruzione di un tipico villaggio belga, dove i visitatori potevano gustare uno dei tradizionali e deliziosi waffel. Tra i Paesi che avevano aderito all’esposizione vi era inoltre la Città del Vaticano, il cui padiglione venne preso d’assalto per poter ammirare uno dei massimi capolavori artistici di ogni epoca: la Pietà di Michelangelo. L’opera venne eccezionalmente concessa per l’evento per desiderio di papa Giovanni XXIII, che tuttavia morì un anno prima dell’inaugurazione dell’evento e non poté quindi vedere il capolavoro michelangiolesco nella sua collocazione americana. Sarebbe stato il suo successore, Paolo VI, a dare seguito allo straordinario progetto. L’esposizione di New York rappresentò soprattutto una grande vetrina espositiva per l’industria americana, presente all’evento in modo massiccio. Tra le esposizioni più notevoli si segnala quella organizzata dalla General Motors Corporation, che proponeva al pubblico Futurama, uno spettacolo nel quale i visitatori erano seduti su sedie mobili che si spostavano all’interno di un elaborato scenario tridimensionale che riproduceva una immaginaria città del futuro. Anche l’avveniristico padiglione dell’IBM, disegnato da Charles Eames e Eero Saarinen, fu particolarmente popolare. Qui il pubblico poteva avvicinarsi a meraviglie tecnologiche quali computer che consentivano di effettuare semplici ricerche di base, una sorta di antenato dei moderni motori di ricerca. La Ford Motor Company, nel suo padiglione, presentava orgogliosamente la Ford Mustang, auto divenuta un’icona senza tempo, che simboleggia potenza e libertà. La Westinghouse Corporation, come avvenuto in occasione dell’esposizione svoltasi a New York nel 1939, realizzò una capsula del tempo, che ancora oggi, insieme alla sua gemella, si trova non lontano dall’Unisfera, come indicato da un monumento che sorge sopra il punto in cui è stata sepolta. Tra le motivazioni alla base del mancato riconoscimento da parte del BIE vi era anche la mancanza di una vera e propria area espressamente dedicata al divertimento e all’intrattenimento. Nonostante questo, Flushing Meadows proponeva vari divertimenti ai visitatori, come un miniparco dei divertimenti realizzato dalla Disney. Il padiglione della Unicef proponeva uno spettacolo che ebbe molto successo. Un motivetto orecchiabile, “It’s 3/4


a small world”, faceva da colonna sonora a una sorta di giro del mondo in miniatura che simboleggiava una Terra di pace e fratellanza. La New York World’s Fair fu letteralmente una miniera di innovazioni, presentate per la prima volta, che è praticamente impossibile elencare in modo esaustivo. Tra dinosauri a grandezza naturale, antesignani del videotelefono, jet pack degni di James Bond e varie anticipazioni di ciò che ci si sarebbe aspettati di vedere, all’epoca, nel futuro, l’evento newyorkese tenne fede al suo tema principale, quello di mostrare i progressi dell’umanità e di immaginare le meraviglie che l’uomo avrebbe compiuto in un futuro che si avvicinava a grande velocità.

GALLERY New York World’s Fair 1964-1965

4/4


EXPO 1967 MONTRÉAL milanoplatinum.com/expo-1967-montreal.html Claudia Scienza

February 9, 2017

Expo_67,_pavillons_Ontario,_Canada,_Provinces-de-l'Ouest,_et_le_Minirail_Par-Laurent-Bélanger-(Travail-personnel)[CC-BY-SA-3.0-],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 1967 MONTRÉAL – Nel 1967 il Canada festeggiava il centenario della federazione canadese, nata il 1° luglio 1867. L’evento più importante della serie di celebrazioni fu l’Esposizione universale e internazionale organizzata a Montréal e svoltasi dal 27 aprile al 29 ottobre. Il tema dell’esposizione è “Terre des Hommes” (“Man and his World”) e prende spunto dall’omonima opera di Antoine de Saint-Exupéry. Il tema ispira anche il logo ufficiale dell’expo, creato dal designer Julien Hébert, che utilizza un antico simbolo raffigurante un uomo in piedi. Il simbolo viene ripetuto intorno a un asse circolare che rappresenta idealmente la Terra, al fine di esprimere l’amicizia universale. Il tema generale viene quindi declinato in una miriade di varianti, rappresentate dai vari padiglioni espositivi. Le nazioni partecipanti saranno 62, e al termine dell’evento saranno registrati oltre 50 milioni di visitatori. Il comitato organizzatore sceglie di far sorgere il complesso espositivo al centro del fiume San Lorenzo. Una serie di interventi permettono di raddoppiare la superficie dell’Île SainteHélène e di creare una nuova isola, l’Île Notre-Dame. Su questa vasta area sorgeranno circa 90 tra padiglioni e strutture di vario genere (governativi, tematici, di organizzazioni internazionali e altri ancora). Lo stile architettonico sarà, nella maggior parte dei casi, futurista e d’avanguardia, e i Paesi 1/3


partecipanti daranno sfoggio della loro immaginazione e creatività grazie all’opera di importanti architetti, che con le loro installazioni lasceranno un’impronta significativa. Ecco quindi sorgere strutture che non mancheranno di catturare l’attenzione del pubblico, suscitando ammirazione e stupore. L’Expo 1967 vede nascere una nuova concezione architettonica, lo “space frame”, ovvero strutture reticolate che permettono di coprire il maggior spazio possibile con flessibilità e costi contenuti. Tali strutture consentono di distribuire il peso della struttura sulla più grande superficie possibile, utilizzando materiali come l’alluminio e la plastica. Tra i padiglioni di questo tipo il più ammirato, e il più celebre, è senza dubbio quello degli Stati Uniti. Realizzato dall’architetto Buckminster Fuller, si tratta di una enorme cupola geodetica del diametro di 76 metri e alta 61 metri, che sarà nota come Biosfera. Al suo interno, un complesso sistema di schermi permetteva di controllare la temperatura dell’ambiente. La Biosfera è ancora oggi uno degli elementi architettonici più noti e iconici di Montréal e dal 1995 ospita un museo interattivo dedicato all’ambiente. Il padiglione della nazione ospitante, il Canada, è caratterizzato dalla presenza di una sorta di piramide invertita, il Kativamik (che in inuktitut, una lingua del popolo Inuit, significa “luogo di incontro”), intorno alla quale sono disposte le strutture rettangolari. In occasione dell’esposizione del 1967, venne inoltre realizzato un complesso edilizio lungo le rive del fiume San Lorenzo. Ideato dall’architetto Moshe Safdie, il complesso fu ribattezzato Habitat 1967 e inizialmente fu pensato come semplice dimostrazione di un progetto all’avanguardia nella progettazione e costruzione edilizia prefabbricata. Habitat 67 riuniva funzioni residenziali, commerciali e di servizio, senza inoltre dimenticare vari comfort. Come prevedeva il regolamento del BIE, ogni nazione partecipante era tenuta inoltre a contribuire all’esibizione anche attraverso le arti, gli spettacoli e l’intrattenimento. Il World Festival of Art and Entertainment quindi fu in grado di proporre al pubblico spettacoli di balletti, opere liriche e concerti sinfonici, grazie alla presenza della compagnia del Teatro alla Scala di Milano e della New York Philarmonic Orchestra, solo per citarne alcune. Non mancava il teatro, con il National Theatre di Sir Laurence Olivier, la New York Philarmonic Orchestra e il teatro classico greco. Tra le attrazioni culturali vi erano naturalmente anche numerose mostre d’arte. Oltre alla musica classica e sinfonica, l’Expo del 1967 propose anche gruppi jazz, musicisti e cantanti pop. Tra i numerosi artisti che si esibirono all’esposizione di Montréal vi furono le Supremes di Diana Ross, i Grateful Dead, i Jefferson Airplane e Thelonious Monk. In concomitanza con l’evento espositivo si svolse anche il Montréal International Film Festival, che presentava oltre 30 film e che si svolse nel mese di agosto. L’expo del 1967, terminata il 29 ottobre, ebbe un prolungamento nel 1968, rappresentato da un’esposizione permanente intitolata “Terre des Hommes”, riprendendo quindi il tema dell’esposizione del 1967, che durerà fino al 1981, quando il sito verrà trasformato in un grande parco pubblico.

GALLERY EXPO 1967 MONTRÉAL

2/3


3/3


EXPO 1970 OSAKA milanoplatinum.com/expo-1970-osaka.html Claudia Scienza

February 16, 2017

Osaka_Expo'70_Kodak+Ricoh_Pavilion_By-takato-marui-[CC-BY-SA-2.0],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 1970 OSAKA – Dopo il baratro e la situazione disastrosa in cui si trovava il Giappone dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il Paese asiatico seppe risollevarsi grazie a una impetuosa crescita economica che raggiunse i picchi più alti nel corso degli anni ’50 e ’60. Agli inizi degli anni ’70 (prima della crisi energetica del 1973) il Giappone si era affermato come superpotenza mondiale, facendone un modello economico per tutte le nazioni mondiali. È questo lo scenario che ha visto nascere la prima esposizione universale tenutasi in Asia, quella di Osaka del 1970. Dal 15 marzo al 13 settembre si svolse quindi la Japanese World and International Exposition di Osaka, alla quale parteciparono 76 Paesi stranieri, oltre a decine di istituzioni internazionali ed enti giapponesi. Tema prescelto per l’evento fu “Progresso e Armonia per l’Umanità”, che venne poi declinato in quattro sotto-temi, definiti “i quattro pilastri”: “Donare valore alla vita”, “Migliorare l’utilizzo della natura”, “Migliorare l’organizzazione della vita” e “Migliorare la comprensione reciproca”. Per ospitare il complesso espositivo fu scelto un sito tra le colline di Senri, a Suita (città a circa 15 chilometri da Osaka). Il parco all’interno del quale sorgerà il complesso dell’Expo di Osaka venne progettato dall’architetto e urbanista giapponese Kenzo Tange, coadiuvato da una équipe di architetti giapponesi. Il progetto si basava principalmente su due concetti. Il primo era che l’evento avrebbe 1/3


richiamato popoli e nazioni da tutto il mondo, per un reciproco scambio di idee e di stimoli. Il secondo concetto invece che l’evento avrebbe avuto maggiormente la caratteristiche e l’atmosfera di un festival piuttosto che di un’esposizione in senso “tradizionale”. I progettisti, quindi, a differenza di quanto accaduto in precedenza decisero di realizzare uno spazio centrale, la Festival Plaza, dove i partecipanti all’evento potevano incontrarsi e socializzare. L’intera area, che comprende anche i padiglioni tematici, venne chiamata Symbol Zone e, prendendo spunto dalla Great Exhibition del 1851 di Londra, venne stabilito di coprire l’area. Fu quindi proposta una struttura reticolare in acciaio a maglia quadrata, alta 30 metri. Lo spazio era chiuso da un doppio film pressurizzato e traslucido. Al centro della Festival Plaza sorgeva il simbolo dell’Expo di Osaka, la Tower of the Sun (Torre del Sole), enorme totem realizzato dall’artista Taro Okamoto. L’eccentrica costruzione, che svettava al di sopra della struttura, riprendeva il tema dell’evento, che comprendeva anche la speranza che l’umanità potesse continuare sulla via del progresso e dello sviluppo mantenendo tuttavia l’armonia con la natura e tra i diversi popoli. La torre, alta 65 metri, dominava la Symbol Zone ed era composta da tre facce: la Black Sun, la Golden Sun e una terza faccia rimasta anonima, che era rivolta verso l’entrata principale. All’evento parteciparono naturalmente numerosi colossi industriali giapponesi, come la Ricoh, la Mitsubishi, la Fuji, la Mitsui Group, la Toshiba e la Japan Telecommunications. Alcuni mostrarono anche un certo senso dell’umorismo nel declinare il tema del loro padiglione, come per esempio la Suntory, azienda produttrice di birra e whiskey, che scelse come tema del suo padiglione “Water of Life” (“acqua della vita”). I vari Stati partecipanti fecero sfoggio di grande creatività con i loro padiglioni, seguendo una tendenza ormai in voga da qualche decennio, per cui i vari Paesi, invece di trarre spunto da ciò che li caratterizzava, scelsero in gran parte temi astratti, dando vita a rappresentazioni evocative. Enorme successo di pubblico ebbe in particolare il padiglione della Germania Ovest, progettato dall’architetto Fritz Bornemann. Tema del padiglione era “Il giardino della musica” e in esso era presente il primo auditorium sferico del mondo, realizzato seguendo le indicazioni e i canoni artistici dettati dal grande compositore tedesco Karlheinz Stockhausen. Ogni giorno al suo interno risuonavano le note dei maggiori musicisti tedeschi, quali Bach, Beethoven e lo stesso Stockhausen. Le due grandi superpotenze, USA e URSS, scelsero piuttosto di fare mostra del loro potere e del loro stile di vita. Gli Stati Uniti scelsero come tema “Immagini dell’America”, e al suo interno esponeva anche una roccia lunare, riportata sulla Terra dalla missione Apollo 12 nel 1969. L’Unione Sovietica, invece, scelse come tema “L’armonioso sviluppo dell’individuo sotto il Socialismo”; il padiglione, colorato in bianco e rosso, era il più alto del complesso espositivo. Tra le attrazioni più popolari va citato il primo film IMAX (sistema di proiezione in grado di mostrare immagini e video con una grandezza e risoluzione superiori rispetto ai sistemi convenzionali) mai prodotto, “Tiger Child”. Diretto dal canadese Donald Brittain, il film era proiettato all’interno del padiglione della Fuji Group. L’Expo di Osaka fu inoltre caratterizzata dalle dimostrazioni dei primi rudimentali cellulari, di Local Area Network (LAN, una rete informatica di collegamento tra più computer) e della tecnologia maglev (i treni a levitazione magnetica).

2/3


Al termine dell’Expo, gran parte delle strutture fu smantellata e sull’area sorse l’Expo Commemorative Park. Parte della copertura della Festival Plaza è sopravvissuta, e anche la Torre del Sole è ancora presente.

GALLERY EXPO 1970 OSAKA

3/3


LE ESPOSIZIONI SPECIALIZZATE DEGLI ANNI ’70 milanoplatinum.com/le-esposizioni-specializzate-degli-anni-70.html Claudia Scienza

February 23, 2017

Expo-1974-Spokane_Riverfront_Park_20061014_By-Mark-Wagner-(User-Carnildo)-(Own-work)-[CC-BY-2.5],-viaWikimedia-Commons

LE ESPOSIZIONI SPECIALIZZATE DEGLI ANNI ’70 – Dopo l’esposizione di Osaka del 1970, la prima in assoluto in terra asiatica, negli anni ’70 del Novecento si assiste a una serie di eventi di carattere specializzato. Si tratta infatti di esposizioni classificate dal BIE come internazionali o specializzate, che si differenziano per la specificità e limitatezza del tema trattato, oltre che per la durata (al massimo tre mesi). La prima in ordine di tempo è quella che si svolge a Budapest dal 27 agosto al 3 ottobre 1971. Tema dell’esposizione è “L’influenza della caccia nell’uomo e nelle arti”. Organizzata presso la Budapest Exhibition Area, la fiera dell’agricoltura e dell’industria alimentare di Budapest, l’evento intendeva mettere in luce l’influenza dell’attività venatoria sull’uomo moderno. L’esposizione ungherese, inoltre, aveva l’obiettivo di attirare l’attenzione sul contributo dato alla conoscenza della natura e il peso della caccia sull’economia dei vari Paesi. Spokane è il capoluogo dello Stato di Washington, sulla costa occidentale degli Stati Uniti, e nel 1974 ospita una delle esposizioni specializzate di maggiore successo in quanto a numero di visitatori (circa un milione e mezzo) e ritorno economico. L’evento si svolge dal 4 maggio al 3 novembre 1974 e si tratta della prima esposizione dedicata al tema dell’ambiente, oltre a quella ospitata nella città più piccola (record che sarà battuto nel 1982 da Knoxville). 1/3


Dopo decenni di esposizioni dedicate a tematiche futuristiche come il progresso dell’umanità in campo scientifico e tecnologico e l’era spaziale, l’esposizione di Spokane si segnala per il suo tema dedicato all’ambiente, e, come afferma il motto ufficiale, intende “Celebrare l’ambiente del domani”. Il sito espositivo era localizzato lungo le rive del fiume Spokane, e comprendeva le isole di Havermale e di Cannon. Tra le nazioni partecipanti vi furono Australia, Canada, Germania Ovest, Iran, Giappone, Corea e URSS. Il padiglione dell’Australia fu tra quelli di maggiore successo, grazie a una particolare piattaforma rotante audiovisiva composta da 36 schermi. Il padiglione, inoltre, esponeva anche un plastico della Sydney Opera House, da poco completata. All’interno del padiglione degli Stati Uniti era presente un impianto cinematografico IMAX, che trasmetteva “Man Belongs to Earth”, un film di 23 minuti realizzato appositamente per l’evento dalla Paramount. Il titolo del film faceva riferimento a una frase del Capo Seattle, leader delle tribù Duwamish e Suquamish, dalla lettera da lui inviata nel 1854 al presidente Franklin Pierce: “La terra non appartiene all’uomo, bensì è l’uomo che appartiene alla terra”. La frase era inoltre riportata sulla parete esterna del padiglione. Terminato l’evento, la location espositiva fu riconvertita nel Riverfront Park, un parco ricreativo e di divertimenti. Alcuni edifici dell’evento del 1974 sono sopravvissuti e fanno parte ancora oggi delle strutture del parco. Tra queste vi è il padiglione degli Stati Uniti, che ancora oggi ospita al suo interno un cinema IMAX (anche se non l’originale del 1974). Nel 1975 l’Expo torna in Giappone, sempre per una esposizione specializzata. L’evento si svolge dal 20 luglio 1975 al 18 gennaio 1976 sull’isola di Okinawa e fu concepita anche per commemorare la riconsegna dell’isola stessa al governo giapponese da parte degli Stati Uniti. Tema dell’evento era “Il mare che vorremmo vedere”, ed era quindi focalizzato sulla vita marina e le culture legate al mare, oltre che sulle tecnologie oceanografiche. Il sito espositivo era localizzato a Motobu, cittadina della prefettura di Okinawa, ed era suddiviso in quattro aree tematiche. Il primo cluster era quello dedicato alla pesca e alla vita sottomarina, e comprendeva padiglioni delle nazioni partecipanti e di aziende giapponesi, oltre all’acquario (che sarebbe poi divenuto il secondo al mondo per dimensioni). L’area, inoltre, comprendeva anche la Expo Beach, una spiaggia creata artificialmente per l’occasione. La seconda area era quella dedicata all’etnografia e alla storia; il cluster ospitava il Museo della Cultura Oceanografica (uno dei lasciti dell’esposizione). L’area dedicata alla scienza e alla tecnologia vedeva la presenza di un grande teatro a forma di balena, noto come World Ocean Systems, e da una città galleggiante (Aquapolis) realizzata come dimostrazione di un possibile rapporto sostenibile tra l’uomo e l’ambiente marino. Qui erano ospitati i padiglioni di URSS, Australia, Canada e Italia. L’ultima area tematica era quella dedicata alle navi, dove era presente il porto dell’Expo. Qui sorgeva inoltre il Midori/Icerama Pavilion, un edificio a forma di iceberg al cui interno erano esposte due carote di ghiaccio (sezioni semicircolari di ghiaccio ricavate, tramite carotaggio, dalle calotte polari o dai ghiacciai), una di 3000 anni e l’altra di 12.000 anni. Terminato l’evento, il sito è stato riconvertito nell’Okinawa Commemorative National Government Park (noto anche come Ocean Expo Park), un parco ricreativo e di divertimenti il cui tema è “Sole, fiori e oceano”, e che ospita l’acquario di Okinawa. 2/3


GALLERY LE ESPOSIZIONI SPECIALIZZATE DEGLI ANNI ’70

3/3


EXPO ANNI 80: DAL 1981 AL 1984 milanoplatinum.com/expo-anni-80-dal-1981-al-1984.html Claudia Scienza

March 2, 2017

New-Orleans_skyline_from_french_quarter_By-Gonk-(Own-work)-[Public-domain],-via-Wikimedia-Commons

EXPO ANNI 80: DAL 1981 AL 1984 – Anche negli anni ’80 del Novecento si avvicendano numerose esposizioni internazionali o specializzate, cioè esposizioni riconosciute dal BIE che si differenziano da quelle universali per la specificità e limitatezza del tema trattato, oltre che per la durata (al massimo tre mesi). Nel 1981 la città bulgara di Plovdiv ospita, dal 14 giugno al 12 luglio, un evento dedicato alla caccia e alla pesca e al loro sviluppo in varie nazioni. Nel 1982, invece, Knoxville, nel Tennessee (USA), è la sede di una esposizione specializzata che si svolge dal 1 maggio al 31 ottobre. Il tema dell’esposizione è “Energy turns the World”, ovvero “L’energia fa girare il mondo”. In occasione dell’evento fu costruita la Sunsphere, una torre in acciao alta 81 metri, alla cui sommità era presente un globo. Ancora oggi la Sunsphere domina quello che fu il sito espositivo, tra il centro città e l’Università del Tennessee. Tra le nazioni partecipanti vi furono Australia, Belgio, canada, Cina, Egitto, Francia, Grecia, Ungheria, Italia, Giappone, Messico, Perù, Regno Unito e Germania Ovest. Tra i padiglioni più interessanti e di successo vi fu quello del Perù, che esponeva una mummia che fu studiata durante l’evento. L’Egitto aveva portato preziosi manufatti e reperti artistici del suo glorioso passato, mentre l’Ungheria aveva optato per un gigantesco omaggio al successo planetario del Cubo di Rubik, esponendo un esemplare di notevoli dimensioni del cubo, perfettamente funzionante. Il cubo è rimasto a Knoxville, esposto presso l’Holiday Inn World’s Fair Park. Ogni sera, il sito dell’esposizione veniva illuminato da spettacolari giochi pirotecnici. Al termine dell’evento, il 31 ottobre, l’evento di Knoxville aveva fatto registrare 11 milioni di visitatori, ma il successo di pubblico non significò un bilancio positivo dal punto di vista economico. Nel 1984 è la volta della Louisiana World Expo, che si svolge a New Orleans dal 12 maggio all’11 novembre. Il tema dell’evento era “The World of Rivers – Fresh water as a Source of Life” (“I mondi dei fiumi – Acqua fresca come sorgente di vita”), tema quanto mai attuale. All’evento parteciparono 95 nazioni e al termine della manifestazione i visitatori saranno quantificati in poco più di 7 milioni, meno di quanto ci si attendeva, tanto che il comitato 1/2


organizzatore dovette dichiarare bancarotta. L’Expo di New Orleans è ricordata inoltre per essere stata la prima nella storia ad avere una mascotte ufficiale, Seymore D. Fair, un pellicano vestito da Zio Sam. Il sito espositivo sorse lungo il Mississippi, non lontano dal New Orleans Central Business District. In occasione dell’esposizione, l’area, uno scalo ferroviario dismesso, fu rinnovato, in particolare alcuni magazzini, rivitalizzando in questo modo il vicino Old Warehouse District. Tra le attrazioni di maggiore successo vi fu la Mississippi Aerial River Transit, una cabinovia che portava i visitatori al sito expo attraversando il Mississippi. Inoltre, all’interno del complesso espositivo troneggiava lo Space Shuttle “Enterprise”, il primo costruito dalla NASA, e che oggi è esposto presso lo Smithsonian National Air and Space Museum. Tra le eredità lasciate dall’evento del 1985 vi è il Riverwalk Marketplace (oggi The Outlet Collection at Riverwalk), un centro commerciale sorto su parte del sito espositivo. Un altro lascito dell’Expo 1985 è il New Orleans Morial Convention Center.

GALLERY EXPO ANNI 80: DAL 1981 AL 1984

2/2


EXPO VANCOUVER 1986: lo Skytrain milanoplatinum.com/expo-vancouver-1986-lo-skytrain.html Claudia Scienza

May 3, 2018

EXPOEXPO STORIA 0 88 0

Panorama di Vancouver [CC0 Creative Commons, via Pixabay]

EXPO VANCOUVER 1986: lo SkyTrain – Dal 2 maggio al 13 ottobre 1986, la città canadese di Vancouver ospita un’edizione dell’Esposizione internazionale il cui tema è “Mondo in movimento – Mondo in contatto”, e che sarà visitata da oltre 22 milioni di persone. Il sito espositivo sorge sulla riva nota come False Creek, che un tempo era la sede della Canadian Pacific Railway. La zona era stata scelta, oltre che per la sua centralità, anche perché il progetto prevedeva che sarebbe stata attraversata dallo SkyTrain, una linea di monorotaia che in quegli anni veniva studiata, e che sarebbe divenuta il fiore all’occhiello della manifestazione. La costruzione della linea era iniziata il 1 marzo 1982, grazie ai finanziamenti concessi da William Richards “Bill” Bennett, primo ministro della British Columbia. Lo SkyTrain inaugurò il suo servizio l’11 dicembre 1985, anche se entrò a pieno regime a partire dal 3 gennaio 1986. Il sistema utilizza una tecnologia avanzata della Bombardier Rapid Transit, che consiste nel far percorrere al treno dei binari posizionati in alto (e da ciò deriva il suo nome). Il sistema funziona a elettricità e utilizza motori a induzione lineare. Oggi lo SkyTrain è uno dei mezzi di trasporto più utilizzati a Vancouver, e il suo sistema è compsto da tre linee: la Linea Expo, la Linea Millennium e la Linea Canada.

[Image: By Thom Quine [CC BY 2.0], via Wikimedia Commons]

The Author 1/2


Claudia Scienza "Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito... perché la lettura è un’immortalità all’indietro" (Umberto Eco)

2/2


EXPO ANNI 80: DAL 1985 AL 1988 milanoplatinum.com/expo-anni-80-dal-1985-al-1988.html Claudia Scienza

March 9, 2017

EXPO-88_(8075991938)_Brisbane-City-Council_via-Wikimedia-Commons

EXPO ANNI 80: DAL 1985 AL 1988 – Nel 1985 si tengono ben due esposizioni specializzate, una a Plovdiv (in Bulgaria) e una a Tsukuba (in Giappone). L’esposizione di Plovdiv si svolge dal 4 al 30 novembre e il tema è “Le conquiste dei giovani inventori”. All’evento partecipano 86 nazioni e i visitatori, complessivamente, saranno 1 milione. Dal 17 marzo al 16 settembre si svolge l’esposizione internazionale di Tsukuba, il cui tema è “L’abitazione e i suoi dintorni – Scienza e Tecnologia per l’uomo a casa”. La città scelta per ospitare l’evento è sorta e si è sviluppata nel corso degli anni ’70 del Novecento grazie agli investimenti di circa 200 industrie che vi hanno impiantato i loro laboratori. Tsukuba Science City è tra le più grandi tecnopoli del mondo, una “città della scienza” con settori dedicati alla robotica, all’elettronica, alla fisica e alle biotecnologie. L’evento, focalizzandosi sui progressi in campo scientifico e tecnologico, intendeva fare da vetrina alle innovazioni e ai successi ottenuti dal Giappone in questi settori. Visitata da oltre 20 milioni di persone, tra le principali attrazioni va ricordato il Jumbotron, un enorme schermo tv realizzato dalla Sony. Nel 1986 sarà la città canadese di Vancouver a ospitare l’esposizione internazionali, che si svolge dal 2 maggio al 31 ottobre. Il tema dell’evento è “Mondo in movimento – Mondo in contatto”, focalizzandosi quindi sui trasporti e sul movimento, delle persone e delle idee. L’evento è anche l’occasione per celebrare il centenario dell’istituzione di Vancouver a città, avvenuta il 6 aprile 1886. L’evento fu ospitato lungo la riva nota come False Creek, che un tempo era stata sede di industrie e della Canadian Pacific Railway. L’area sarebbe stata attraversata dallo Sky Train, una avveniristica monorotaia. L’area scelta per ospitare l’esposizione, in posizione centrale e molto vasta, permise agli architetti di realizzare padiglioni modulari, che avrebbero consentito ai partecipanti di scegliere padiglioni individuali, dalle forme e dalle dimensioni differenti a seconda delle varie necessità. L’esposizione di Vancouver fu inaugurata ufficialmente il 2 maggio alla presenza dell’allora primo ministro canadese, Brian Mulroney, e dei principi di Galles, Carlo e Diana. 1/3


Tra i padiglioni delle 54 nazioni partecipanti si segnala in particolare quello dell’Egitto, The Great Hall of Ramses II, che era ispirato ai templi egizi. Al suo interno il padiglione presentava una serie di camere e di tunnel, proprio come un tempio dell’antico Egitto, e i visitatori potevano ammirare oltre 80 preziosi reperti dell’arte egizia. Il padiglione della Norvegia, dal tema “Great Norwegian Explorers”, era dedicato alle esplorazioni del Paese scandinavo, dall’epoca dei Vichingi a quella della ricerca petrolifera. Per gli spostamenti dei partecipanti era stato realizzato lo Sky Train, un treno sopraelevato che è divenuto il primo nucleo della metropolitana della città. L’expo di Vancouver aveva inoltre un centro interattivo, l’Expo Centre, che oggi, dopo vari ampliamenti, è divenuto un museo dedicato alla scienza, lo Science World at Telus World of Science. Per ospitare concerti e spettacoli all’aperto era stata realizzata la Plaza of Nations, oggi demolita. Nel 1988 l’esposizione internazionale si trasferisce in Australia, a Brisbane, dove dal 30 aprile al 30 ottobre si svolge la World Expo 88 il cui tema è “Il divertimento nell’era della tecnologia”, articolati in tre sottotemi: “Divertimento”, “tecnologia, creare per il divertimento” e “Divertimento e tecnologia, il futuro insieme”. La mascotte ufficiale dell’evento era Expo Oz, un ornitorinco australiano. L’esposizione era inoltre l’occasione per celebrare i 200 anni dall’insediamento europeo in Australia. Per ospitare l’evento fu scelta un’area di 40 ettari lungo la riva meridionale del fiume Brisbane, in una zona che un tempo era stata uno scalo ferroviario, con industrie e parcheggi. Simbolo dell’esposizione era lo Skyneedle, una torre alta 88 metri che al termine dell’evento è stata riposizionata nella zona sud della città. All’Expo 88 parteciparono 36 Paesi, 14 governi regionali australiani e due organizzazioni internazionali (l’ONU e la Comunità Europea), oltre a 48 aziende (come IBM, Qantas e Fujitsu). Tra i padiglioni che riscontrarono il maggior successo di pubblico vi fu quello della Nuova Zelanda, che ospitava uno spettacolo dedicato al fumetto “Footrot Flats”. Il Giappone coniugava il progresso tecnologico con la tradizione, rappresentata dal Japan Pond and Garden, uno splendido giardino in stile giapponese. Il Nepal era rappresentato dalla Nepal Peace Pagoda, una splendida riproduzione in legno di una pagoda di Kathmandu, che oggi è ancora presente a Brisbane, nel South Bank Parklands. A rappresentare gli Stati Uniti vi erano anche i padiglioni della NASA, con esposizioni all’aperto dedicati al programma Space Shuttle e Apollo, e degli Universal Studios, che esibiva l’avveniristica auto KITT, protagonista delle serie tv cult “Knight Rider” (in Italia nota come “Supercar”). L’Expo 88 era inoltre caratterizzata da una proposta particolarmente ricca per quanto riguardava intrattenimento e divertimento, con spettacoli circensi, parate di bande musicali, acrobati e spettacoli di magia, oltre a concerti di artisti nazionali e internazionali, tra i quali Cher e John Denver. Alla chiusura della World Expo 88, il 30 ottobre, l’evento aveva fatto registrare la partecipazione complessiva di 15.760.000 visitatori.

GALLERY EXPO ANNI 80: DAL 1985 AL 1988 2/3


3/3


EXPO 1992: SIVIGLIA E GENOVA milanoplatinum.com/expo-1992-siviglia-e-genova.html Claudia Scienza

March 24, 2017

SIVIGLIA-1992-Expo_92_03_By-Sitomon-(Flickr)-[CC-BY-SA-2.0],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 1992: SIVIGLIA E GENOVA – Nel 1992 si celebrano i 500 anni della scoperta dell’America. Nel novero dei festeggiamenti e delle celebrazioni vi sono anche due eventi espositivi: l’esposizione universale di Siviglia e l’esposizione specializzata di Genova. Il capoluogo dell’Andalusia ospita l’Expo universale 1992 dal 20 aprile al 12 ottobre, il cui tema è “L’era delle scoperte”. Al termine dell’evento i visitatori saranno quasi 42 milioni. A ospitare il complesso espositivo è il sito che sorge sull’isola della Cartuja, una fetta di terra compresa tra il Guadalquivir e il canale della Cartuja. Il sito fu scelto anche per il suo forte legame con Cristoforo Colombo: qui, infatti, sorge il monastero di Santa Maria de las Cuevas, dove Colombo organizzò il suo secondo viaggio alla volta del Nuovo Mondo e che ha inoltre ospitato per 30 le sue spoglie (che oggi riposano nella cattedrale di Siviglia). Siviglia stessa, in seguito alla scoperta fatta da Colombo, raggiunse il suo apogeo, grazie anche al sorgere della Casa de Contratacion, l’importante organismo commerciale che deteneva il monopolio delle merci provenienti dalle colonie americane. Le navi con le preziose merci, raggiunta la foce del Guadalquivir, risalivano il fiume fino a raggiungere l’immenso scalo della città andalusa. All’epoca Siviglia divenne così la città più ricca e cosmopolita della Spagna, e la monarchia spagnola divenne la più potente d’Europa. L’esposizione universale del 1992 è l’occasione per un restyling del profilo urbano di Siviglia, in particolare della zona a sud del fiume che ospita l’evento. Sorgono così edifici e palazzi realizzati con stili d’avanguardia per ospitare gli eventi legati alla manifestazione. Per l’occasione viene realizzato anche il Ponte dell’Alamillo, progettato da Santiago Calatrava e divenuto uno dei simboli della Siviglia moderna. I trasporti erano assicurati da una serie di sistemi, dagli autobus ai traghetti, e inoltre fu inaugurata la tratta dell’alta velocità che collega Siviglia e Madrid. L’accesso al sito espositivo era garantito da sette ingressi, tra le quali la Porta del 1/3


Guadalquivir, in corrispondenza del Ponte dell’Alamillo, dove vi era anche l’approdo dei battelli fluviali. L’area dell’expo era suddivisa in cinque zone. La Zona Internazionale ospitava i padiglioni dei Paesi partecipanti (che in tutto erano 111) e quelli delle aziende. L’area era delimitata dal Viale delle Scoperte e dal Viale delle Acacie, mentre trasversalmente era attraversata da cinque viali, tra i quali il Viale dell’Europa e il Viale delle Palme. Il settore chiamato Zona del Lago di Spagna era caratterizzato dalla presenza di un grande lago artificiale attorno al quale sorgeva il padiglione spagnolo, oltre a quelli delle varie comunità spagnole e al padiglione delle Nazioni Unite. Nella Zona dei Giardini (oggi chiamata Giardini del Guadalquivir) sorgeva la torre Banesto, ancora oggi presente, e il padiglione tematico Plaza del Futuro, oltre all’auditorium che ospitava eventi e spettacoli. La seconda area verde era quella della Zona del Monastero, che oltre al monastero di Santa Maria de las Cuevas (restaurato in occasione dell’evento) comprendeva anche il Padiglione Reale e quello dedicato al XV secolo. L’area era contigua a quella dedicata ai servizi e agli uffici amministrativi. Infine, la Zona del Porto, nella parte sud del sito espositivo, vi era il padiglione della Navigazione, il Padiglione delle Scoperte e quello di Ambiente 92, dedicato alle aziende. Il Padiglione della Spagna fu realizzato in stile modernista ed era costituito da una sfera e da un cubo, che sorgevano lungo il Lago di Spagna. Il cubo ospitava una collezione rappresentativa dell’arte spagnola, con opere di Miro, Dali e altri artisti, mentre nella sfera era presente un sistema cinematografico Iwerks 15/70 Dome. Nel Padiglione degli Stati Uniti era possibile ammirare un murale realizzato dall’artista statunitense Peter Max che descriveva la storia delle scoperte, da Cristoforo Colombo all’era dello Shuttle. Il Padiglione del Giappone, all’epoca la più grande struttura in legno al mondo, trasmetteva un “anime” dedicato al Giappone dell’epoca di Colombo. Tra i padiglioni più belli dell’esposizione vi era quello del Marocco, una vera opera d’arte che richiamava un magnifico palazzo, con una splendida “gioiello” al centro; il padiglione può essere ammirato ancora oggi nel sito espositivo. Al termine dell’Expo, l’area fu trasformata in un parco tecnologico, Cartuja 93, e in un parco tematico, Isla Mágica. L’area inoltre oggi ospita anche zone a uso amministrativo e universitario. Anche la città natale di Cristoforo Colombo, Genova, rende omaggio al suo illustre concittadino e all’epoca delle scoperte geografiche con un evento internazionale, una esposizione specializzata che si svolge dal 15 maggio al 15 agosto 1992 e il cui tema è “Cristoforo Colombo – La nave e il mare”. L’evento e la serie di manifestazioni collegate saranno note come Colombiadi. Il sito espositivo è ospitato nel Porto Antico, permettendo quindi un’opera di restyling della zona, su progetto dell’architetto Renzo Piano. Il sito comprende quattro aree, a iniziare dal Magazzino del Cotone, un edificio degli inizi del XX secolo che era adibito allo stoccaggio di merci. Qui sorge la maggior parte dei padiglioni nazionali. Oggi è divenuta una struttura polifunzionale con un centro congressi, ristoranti, negozi e un cinema multisala. Il Deposito Franco e il Quartiere Millo era l’area dedicata agli spazi di rappresentanza e ai servizi, e qui sorgevano inoltre i padiglioni delle organizzazioni internazionali. Il Ponte Spinola, dove si trovava anche l’acquario e la Nave Italia, che ospitava il padiglione dell’Italia. Progettato da Renzo Piano e ancora oggi 2/3


presente, il Bigo è l’ascensore panoramico che ricorda le gru per il carico e scarico delle merci nel porto di Genova. L’Expo di Genova è stata l’occasione per il recupero del Porto Antico, e negli anni successivi l’opera è proseguita con l’ampliamento e arricchimento dell’Acquario di Genova, mentre l’area del quartiere Millo oggi ospita il Museo nazionale dell’Antartide, oltre a bar, ristoranti e negozi. Nella stessa zona, inoltre, è sorto il Galata-Museo del Mare, tra i musei più moderni d’Italia.

GALLERY EXPO 1992: SIVIGLIA E GENOVA

3/3


EXPO 1993 DAEJEON milanoplatinum.com/expo-1993-daejeon.html Claudia Scienza

March 29, 2017

Daejeon_Expo_Science_Park_Par-Yoo-Chung-(Travail-personnel)-[CC-BY-SA-2.5],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 1993 DAEJEON – Nel 1993 l’esposizione internazionale si trasferisce per la prima volta in Corea del Sud, e in particolare a Daejeon (all’epoca chiamata Taejon), la quinta città per grandezza del Paese asiatico. Dal 7 agosto al 7 novembre si svolge la Taejon International Exposition, esposizione specializzata il cui tema è “The Challenge of a New Road to Development” (“La sfida di una nuova via verso lo sviluppo”). All’epoca si iniziava a sollevare problematiche ambientali e a prendere coscienza della necessità di interventi efficaci. Per questo l’esposizione intendeva mostrare come la tecnologia potesse aiutare a trovare nuove soluzioni più sostenibili, divenendo, sotto certi aspetti, la prima piattaforma pubblica ad affrontare il discorso dello sviluppo sostenibile. L’esposizione specializzata intendeva inoltre commemorare il centenario della prima partecipazione a una Expo da parte della Corea, quella del 1893 di Chicago (Columbian Exposition). Si trattò di un evento importante, poiché rappresentava una rottura della politica isolazionista che aveva fatto guadagnare alla Corea l’appellativo di “regno eremita”. All’esposizione del 1993 parteciparono circa 108 nazioni, oltre ad altri espositori tra società e organizzazioni, e al termine dell’evento i visitatori sarebbero stati circa 14 milioni. Il sito espositivo occupava un’area di circa 90 ettari ed era suddivisa in tre aree: quella internazionale, la zona dedicata alle società e alle aziende e infine l’area dedicata all’intrattenimento e al divertimento. Tra le principali attrazioni vi erano alcune innovazioni tecnologiche, come il Maglev, il treno a sospensione elettromagnetica che non era mai stato sperimentato dal pubblico, o diversi prototipi di veicoli a propulsione solare. L’Expo di Daejeon aveva come scopo anche quello di contribuire a fare della città coreana un importante polo per la ricerca tecnologica e scientifica. A questo scopo, si riteneva indispensabile che la città fosse dotata di un parco divertimenti a tema, e fu così che il sito espositivo, una volta terminato l’evento, divenne un parco tematico dedicato alla scienza: l’Expo Science Park. Molti padiglioni furono quindi riutilizzati, e tra questi vi furono lo Starquest Pavilion, che consentiva ai visitatori di viaggiare nello spazio attraverso una serie di immagini animate. L’Expo Science Park ha aperto al pubblico nel 1994, divenendo il principale parco pubblico dedicato alla scienza in Corea, attirando un gran numero di visitatori. 1/2


Simbolo dell’Expo 1993, la Hanbit Tower è ancora oggi presente all’interno dell’Expo Science Park. Una torre alta 93 metri, la Hanbit Tower simboleggiava lo spirito del popolo coreano, che stava intraprendendo una nuova via verso il futuro. La torre incarnava anche il legame tra il sapere del passato e del presente. Tramite un ascensore, i visitatori potevano raggiungere l’osservatorio posto in cima alla torre, che permetteva di godere di una vista panoramica di 360 gradi.

GALLERY EXPO 1993 DAEJEON

2/2


EXPO 1998 LISBONA milanoplatinum.com/expo-1998-lisbona.html Claudia Scienza

April 6, 2017

Gare do Oriente (Stazione d’Oriente),_By-Martí n-Gómez-Tagle-(Lisbon,-Portugal)-[CC-BY-SA-3.0-or-GFDL],-viaWikimedia-Commons

EXPO 1998 LISBONA – Per celebrare i 500 anni dall’arrivo del navigatore portoghese Vasco da Gama in India (avvenuto nel 1498), nel 1998 Lisbona ha ospitato una esposizione specializzata, che si è tenuta dal 22 maggio al 30 settembre. Il tema ufficiale era “Oceani: un’eredità per il futuro”, il cui obiettivo era di sottolineare il ruolo del mare e degli oceani nella realtà attuale e discutere di come portare avanti uno sviluppo sostenibile del pianeta anche con il contributo delle risorse marine, salvaguardando però la ricchezza vitale degli habitat oceanici. L’evento intendeva far nascere nei visitatori un senso di responsabilità verso la conservazione di mari e oceani, in modo da lasciare alle future generazioni l’eredità di un ambiente intatto. Il tema principale fu poi declinato in quattro sottotemi: “La conoscenza dei Mari, le risorse degli Oceani”, “Gli oceani e l’equilibrio del pianeta”, “Gli oceani e il tempo libero” e “Gli oceani come fonte di ispirazione artistica”. Per poter sostenere il grande flusso di visitatori, furono realizzate diverse infrastrutture come un nuovo ponte sul Tago, il Ponte Vasco da Gama; inaugurato il 4 aprile 1998, con i suoi 17,2 chilometri di lunghezza all’epoca era il ponte più lungo d’Europa. Fu realizzata inoltre una nuova linea della metropolitana e soprattutto la Gare do Oriente (Stazione d’Oriente), una stazione ferroviaria che rappresenta ancora un nodo cruciale di tutta l’infrastruttura dei trasporti dell’area metropolitana di Lisbona. Disegnata dall’architetto spagnolo Santiago Calatrava, la struttura, in acciaio e vetro, è moderna e tecnologica, senza tuttavia dimenticare la tradizione, richiamata dagli archi dei pilastri e dalla struttura in acciaio, che ricordano le forme delle antiche cattedrali. L’Expo di Lisbona vide la partecipazione di 146 nazioni, oltre a numerose associazioni internazionali (tra le quali l’Unione Europea, la Croce Rossa Internazionale e le Nazioni Unite) e portoghesi, e alcune aziende (come Portugal Telecom, Swatch, Sony). Per ospitare il complesso espositivo viene scelta una zona lungo il fiume Tago, nella zona est della città. L’area, nel 1942, era stata sistemata per ospitare un idroscalo, per gli idrovolanti che facevano la spola tra Europa e USA. Quando gli idrovolanti caddero in disuso, sostituiti dai moderni jet, l’area ospitò diverse industrie, magazzini e moli portuali, 1/3


andando incontro a un profondo degrado. Ristrutturata per ospitare l’Expo del 1998, al termine dell’evento l’area sarà rinominata Parque das Nações (Parco delle Nazioni). Oltre ai padiglioni delle nazioni e a quelli tematici, nell’area sorse anche un padiglione multifunzionale, il Pavilhão Atlântico, un “open space” che ospitava “Oceans and Utopias”, uno spettacolo multimediale che era un viaggio mozzafiato dalle origini dell’universo fino alla realtà contemporanea, con sezioni dedicate al Big Bang, alle divinità mitologiche, al Diluvio Universale, alle esplorazioni e alle conquiste oceaniche. Nell’area sorse anche la Torre Vasco da Gama, una struttura in acciaio alta 145 metri dedicata al celebre navigatore e la cui forma richiama la vela di una caravella. Tra i padiglioni di maggiore successo vi fu l’Oceania Virtual Reality Pavilion, che consisteva in un viaggio virtuale sottomarino verso una immaginaria base sul fondo dell’oceano dove i visitatori avrebbero scoperto i resti di un’antica civiltà e incontrato mostri marini, prima di fare ritorno alla superficie. Per l’occasione fu realizzato l’Oceanário, un acquario dedicato agli oceani che ancora oggi è tra i più grandi al mondo, formato da 5 ambienti marini differenti e popolato da numerose specie di pesci e mammiferi marini. Il successo di pubblico dell’Expo di Lisbona (in totale i visitatori furono 11 milioni) fu anche merito delle numerose attività culturali, a partire dai circa 5000 eventi musicali ospitati, cosa che ne fanno uno dei più grandi festival musicali di sempre. Tra le mostre e le esposizioni si segnala in particolare “LeonardoDaVinci@expo98 – La Dinamica dell’Acqua”, oltre a spettacoli teatrali con la rappresentazione di opere di Luís Vaz de Camões (1524-1580), il principale poeta portoghese, che per la sua padronanza della poesia è stato paragonato a Dante e Shakespeare. Al termine dell’evento, l’area espositiva divenne il Parque das Nações, un parco pubblico nel quale sono stati mantenuti alcuni elementi realizzati per l’Expo, come i giardini, l’Oceanário, la Torre Vasco da Gama e l’Oceania Virtual Reality Pavilion (che però è stato chiuso e demolito nel 2002). Altre infrastrutture sono sopravvissute all’evento del 1998, e tra queste vi sono l’entrata principale, che è stata convertita nel Centro Vasco da Gama, un grande centro commerciale. I principali padiglioni sono divenuti la Feira Internacional de Lisboa (il polo fieristico di Lisbona), mentre il Pavilhão Atlântico è divenuto la MEO Arena, un’arena coperta multifunzionale che ospita eventi sportivi, spettacoli e convegni.

GALLERY EXPO 1998 LISBONA

2/3


3/3


EXPO 2000 HANNOVER milanoplatinum.com/expo-2000-hannover.html Claudia Scienza

April 13, 2017

Expo_2000_Hannover,_Platz_der_Weltausstellung_By-Foto--Bernd-Schwabe-in-Hannover-(Own-work)-[CC-BY-SA3.0],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 2000 HANNOVER – Il 14 giugno del 1994 avviene la designazione, da parte del BIE, della città organizzatrice dell’esposizione universale che si svolgerà nel 2000. Le candidate sono Toronto e Hannover, ed è proprio la città tedesca ad aggiudicarsi l’Expo 2000 anche se per un solo voto (21 contro i 20 voti di Toronto). Fino a pochi giorni prima della votazione, in realtà, in lizza vi era anche Venezia, che però decise di rinunciare. L’esposizione universale di Hannover (The 2000 Hanover’s World Exposition) si svolge dal 1° giugno al 31 ottobre 2000. Il tema scelto dagli organizzatori fu “Humankind, Nature, Technology” (“Umanità, Natura, Tecnologia”), e come sottotitolo “Energetic and space economy” (“Economia dell’energia e dello spazio”). L’attenzione maggiore fu rivolta allo sviluppo e alla presentazione di soluzioni per il futuro, piuttosto che ai progressi tecnologici e scientifici del momento. Per l’occasione, inoltre, la band tedesca dei Kraftwerk aveva ricevuto l’incarico di realizzare la colonna sonora dell’evento. Per la prima volta il BIE concesse di utilizzare anche strutture preesistenti, per cui il sito dell’Expo 2000 coincise, in gran parte, con il complesso fieristico della città, il Messegelände Hannover, tra i maggiori complessi fieristici al mondo. In aggiunta furono resi disponibili per l’esposizione anche 600.000 metri quadrati, per ospitare le varie strutture. Le nazioni partecipanti furono, nel complesso, 155, con alcune grandi assenti, come Cile, 1/3


Perù ed Egitto, ma soprattutto Stati Uniti, che per la prima volta non parteciparono all’Expo con un proprio padiglione. Le nazioni dell’Africa si presentarono unite sotto un unico padiglione, identificato come “Il dono dell’Africa”. Furono presentati due progetti comuni, facenti capo a due organizzazioni internazionali: la SADC (Southern African Development Community, la Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale) presentarono un progetto legato allo sfruttamento dell’acqua, mentre il CILSS (Permanent Interstate Committee for Drought Control in the Sahel, il Comitato interstatale permanente per il controllo della siccità nel Sahel) si concentrò sullo sfruttamento del deserto. Il Kenya, invece, optò per una “fattoria di farfalle”, progetto che univa conservazione e sviluppo attraverso l’allevamento di farfalle da esportare nelle “butterfly house” di Europa e resto del mondo. Il padiglione della Germania era il più grande dell’esposizione, con una facciata in vetro concava. Al suo interno erano esposti alcuni grandi gessi raffiguranti importanti personalità della cultura tedesca del XX secolo, tra i quali vi erano quelli di Bertolt Brecht e di Thomas Mann. Vi erano inoltre spazi dedicati ai Land tedeschi, che erano raccolti intorno a una piazza, dove ciascun Land esponeva ciò che maggiormente lo rappresentava e identificava (la Turingia aveva portato uno spartito di Bach, mentre la Bassa Sassonia esponeva un esemplare del “mitico” Maggiolino della Volkswagen). Tra i padiglioni più interessanti vi fu quello del Buthan, un tempio buddhista prefabbricato e composto da 16.000 elementi, riassemblati poi in Germania. Il padiglione giapponese, progettato da Shigeru Ban, era una innovativa struttura realizzata senza l’utilizzo di chiodi, cemento o mattoni: l’architetto giapponese, infatti, per l’occasione realizzò un padiglione biodegradabile, utilizzando carta e lacci di stoffa, anche se per ottemperare alle regole edilizie vigenti in Germania dovette tuttavia utilizzare anche tiranti in ferro e coperture composte da teli in plastica. Il padiglione della Svizzera era concepito come una sorta di labirinto, realizzato con travi in legno a incastro, anche qui senza l’utilizzo di chiodi. Anche altre nazioni scelsero di realizzare i loro padiglioni in legno, come il Portogallo (che optò per il legno di sughero) e quello della Finlandia (che utilizzò la betulla e il bambù). Tra le nazioni partecipanti vi fu anche la Mongolia, che realizzò una città nomade del XIII secolo (con le yurte, le tipiche tende mongole), chiamata “Chingis’s Town”, per illustrare lo stile di vita all’epoca dell’Impero mongolo dei Gran Khan. Al termine dell’evento, tuttavia, si dovette registrarne l’insuccesso: invece degli attesi 40 milioni di visitatori, infatti, l’Expo di Hannover ne aveva fatti registrare circa 18 milioni. Una delle cause del fallimento dell’evento sarebbe da ricercare, secondo alcuni esperti, in una campagna pubblicitaria inefficace, poiché non fu in grado di comunicare in modo chiaro e diretto in cosa effettivamente consistesse l’evento. Secondo esperti di marketing, infatti, gli organizzatori non erano riusciti a dare una chiara e nitida immagine pubblica dell’Expo 2000, per cui le nazioni e le compagnie partecipanti non avevano chiaro se si trattava di un evento a carattere ecologico oppure se servisse per mostrare le ultime innovazioni tecnologiche.

GALLERY EXPO 2000 HANNOVER

2/3


3/3


EXPO 2005 AICHI milanoplatinum.com/expo-2005-aichi.html Claudia Scienza

April 20, 2017

Expo_2005_Flags_and_Corporate_Pavillion_Zone_via_Wikimedia_Commons

EXPO 2005 AICHI – Nel 2005 la prefettura di Aichi (località giapponese a est di Nagoya, famosa per il bellissimo castello del 1610) organizzò un’esposizione internazionale specializzata, che si svolse tra il 25 marzo e il 25 settembre. Il tema dell’esposizione era “La saggezza della Natura”, dedicato quindi a problematiche legate all’ecologia e alle tecnologie rinnovabili, oltre che alle meraviglie della natura. L’evento intendeva promuovere la conoscenza e la comprensione del legame esistente tra attività umane e la natura, in modo da poter intervenire sullo stile di vita dell’umanità e in particolare rivedendone il rapporto con la tecnologia. L’expo voleva essere anche un contributo alla preservazione dell’ecosistema, attraverso presentazioni e dimostrazioni pratiche di prototipi e nuove soluzioni. Il sito espositivo sorge in un’area all’interno della prefettura di Aichi, tra le città di Nagoya, Seto e Nagakute, circondato da un’area verde all’interno della quale si teneva la cosiddetta “Esperienza della Natura”, una serie di percorsi educativi dedicati al tema dell’expo. Al suo interno, l’area dell’expo era suddivisa in due sezioni (Area Seto e Area Nagakute), collegate attraverso un sistema di trasporti che comprendeva bus ibridi e alcune teleferiche. L’Area Nagakute, oltre a sviluppare il tema principale della saggezza della natura, rappresentava anche il piacere derivante dal contatto con essa, attraverso la Grande 1/3


Sinfonia Interculturale. La zona ospitava i padiglioni dei 121 Paesi partecipanti, suddivisi in sei cluster. Per ridurre i costi ma soprattutto per avere il minimo impatto ambientale, i padiglioni furono realizzati attraverso moduli assemblabili in base alle esigenze delle varie nazioni. Vi era inoltre una zona dedicata al Giappone, una alle esposizioni delle aziende presenti e una zona interattiva e dedicata ai divertimenti. L’Area Seto sorgeva all’interno di una vasta area verde e fu dedicata alla cultura satoyama, esempio di vita in armonia con la natura. All’interno di quest’area sorgeva il padiglione civico, oltre alla zona istituzionale, con i padiglioni del governo nazionale e della prefettura di Aichi. Tra gli “ospiti” dell’Expo 2005 vi fu anche ASIMO, il robot androide creato nel 2000 dalla Honda. E sempre a proposito di robot androidi, l’esposizione vide anche il debutto dei Toyota Partner Robots, una serie di robot che suonavano strumenti musicali. Tra le principali attrazioni dell’Expo di Aichi vi era la “Satsuki and Mei’s House”, la ricostruzione della casa delle piccole Satsuki e Mei, protagoniste del famoso film d’animazione di Hayao Miyazaki, “Il mio vicino Totoro”. La casa sorgeva all’interno della “Forest Experience Zone”, nella quale erano inoltre presenti la “Nature School Forest” e il “Japanese Garden” e che era dedicata al tema dell’esplorazione del rapporto tra uomo e natura. L’attrazione è stata riaperta al pubblico nel 2006 ed è ancora oggi visitabile, all’interno di quello che è stato ribattezzato Expo 2005 Aichi Commemorative Park (Parco Commemorativo dell’Expo 2005 di Aichi). Nel parco si trova anche un museo dedicato all’Expo, nel quale sono conservati alcuni oggetti donati dai Paesi presenti alla Expo, oltre a una piscina al coperto e a un palaghiaccio. In quella che era l’Area Seto è sorto invece l’Aichi Kaisho Forest Center (Centro della foresta di Kaisho), composto da un edificio principale e circondato da percorsi e sentieri.

GALLERY EXPO 2005 AICHI

2/3


3/3


EXPO 2008 SARAGOZZA milanoplatinum.com/expo-2008-saragozza.html Claudia Scienza

April 27, 2017

Expo_Zaragoza_2008_-_panoramio_Jorge-Alonso-Lej-[CC-BY-SA-3.0],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 2008 SARAGOZZA – Il 16 dicembre 2004 la città di Saragozza, capitale amministrativa e finanziaria della comunità autonoma d’Aragona, viene scelta dal BIE per ospitare l’esposizione internazionale del 2008, battendo la concorrenza di città come Trieste (che proponeva il tema “Mobilità della conoscenza”) e Salonicco (il cui tema era “Terra Mater: Conoscenza della Terra, Agricoltura e Nutrizione”). Il tema dell’evento, che si svolse dal 14 giugno al 14 settembre, è ancora di grande attualità, relativo all’acqua e al suo ruolo di basilare risorsa per la vita. Il tema generale, “Acqua e sviluppo sostenibile”, fu poi declinato in una serie di sottotemi, con l’obiettivo di guidare il visitatore attraverso un percorso che lo portasse a riconsiderare il suo rapporto con l’acqua e in generale con l’ambiente. Il tutto anche grazie all’apporto di nuove strategie e tecnologie. L’Expo 2008 ebbe anche una mascotte ufficiale, disegnata dal catalano Sergi López e il cui nome era Fluvi, un essere d’acqua accompagnato dai Posis, esserini positivi e apportatori di vita. L’area espositiva sorse lungo il fiume Ebro, e più precisamente su una lingua di terra creata da un’ansa del fiume nota come Meandro de Ranillas. L’orario di apertura dell’Expo era particolarmente lungo, e tra le 22.00 (orario di chiusura dei padiglioni) e le 3 di notte si teneva la cosiddetta “Expo Noche”, con numerosi spettacoli. Delle 106 nazioni partecipanti non facevano parte Stati Uniti, Canada e Australia, oltre ad alcuni Paesi europei (Slovenia, Estonia, Finlandia, Irlanda e Regno Unito); erano invece 1/4


presenti i padiglioni di Nazioni Unite e Unione europea. Oltre al padiglione nazionale spagnolo erano presenti anche i padiglioni delle singole comunità autonome di Spagna. Tra gli edifici più emblematici vi era il Pabellón Puente (padiglione ponte), progettato da Zaha Hadid. La struttura, lunga 280 metri, oltre che da padiglione fungeva anche da ponte, collegando il sito espositivo con il quartiere di La Almozara, fungendo così anche da entrata principale. All’interno del padiglione era ospitata anche la mostra “Acqua risorsa unica”. Al termine dell’evento, l’edificio è stato acquistato da una banca per farne un sito dedicato a esposizioni. Costruita appositamente per l’Expo 2008, la Torre del Agua (Torre dell’Acqua), alta 70 metri, ospitava la mostra “Acqua per la vita”. In cima vi era un bar panoramica con vista sulla città e all’interno della struttura era inoltre presente una scultura alta 23 metri, “Splash”, raffigurante uno spruzzo d’acqua che simboleggiava l’arrivo della vita sul nostro pianeta. Ancora oggi aperto al pubblico, l’Acuario Fluvial è il più grande acquario d’acqua dolce d’Europa, con oltre 300 specie provenienti dai fiumi del mondo. L’acquario è organizzato come una serie di grandi vasche dedicate a 5 grandi fiumi del mondo (Ebro, Rio delle Amazzoni, Mekong, Nilo e il bacino del Murray-Darling). Tra gli edifici degni di nota vi erano anche il Palacio de Congresos de Zaragoza (Palazzo dei Congressi di Saragozza), uno dei lasciti dell’evento alla città. Il Pabellón de Aragón (Padiglione di Aragona), disegnato dagli architetti Olano e Mendo, aveva la forma di una enorme cesta di vimini sospesa su tre pilastri, creando in questo modo uno spazio nella parte inferiore che durante l’evento fungeva da piazza. La facciata era composta da lamine di vetro e microcemento. Al suo interno era ospitata un’esposizione che illustrava la storia della relazione tra acqua e Aragona. Il Pabellón de España (Padiglione di Spagna) fu disegnato dall’architetto navarro Patxi Mangado secondo i criteri dell’architettura sostenibile (per esempio, il sistema di condizionamento degli ambienti interni era effettuato tramite l’acqua piovana). L’edificio simboleggia un bosco di pioppi, piante tipiche delle zone lungo le rive dell’Ebro. Il tema del padiglione era “Scienza e Creatività”, che intendeva riflettere l’attualità scientifica e creativa della Spagna. Altra notevole struttura realizzata per l’occasione era il Puente del Tercer Milenio (Ponte del Terzo Millennio), che ancora oggi unisce la riva destra dell’Ebro con la zona che ha ospitato l’Expo. Il sito espositivo comprendeva anche sei padiglioni tematici, all’interno dei quali erano presenti una serie di mostre e di spettacoli legati al tema dell’evento. Il padiglione “Sete” era una riflessione sul concetto della sete in quanto necessità di andare alla ricerca di acqua, cosa che ha sviluppato una serie di conoscenze e di esperienze. In “Città d’acqua” l’acqua è vista come una risorsa urbana, che migliora la qualità della vita di una città. “Acqua estrema” era focalizzato sul rapporto tra uomo e acqua, mentre il padiglione “Oikos, acqua ed energia” era un’esposizione che mostrava come ricavare energia dall’acqua, in modo sostenibile e a basso costo. “Acqua condivisa” mostrava ai visitatori le ripercussioni delle divisioni politiche sulla gestione delle risorse idriche. Infine, il padiglione “Ispirazioni acquatiche” fu creato per ospitare lo spettacolo “El hombre vertiente” (“L’uomo pendente”) dell’argentino Pichón Baldinu, che veniva rappresentato 6 volte al giorno. Tra i numerosi altri spettacoli andati in scena durante l’Expo si segnalano in particolare “El 2/4


desperar de la serpiente”, una sfilata realizzata dal Cirque du Soleil che percorreva le vie del sito Expo, in una sorta di invocazione al serpente affinché evocasse la pioggia. Tra gli spettacoli serali vi era “Iceberg”, spettacolo dedicato al tema dell’acqua e dei cambiamenti climatici che si teneva su una speciale piattaforma realizzata nel fiume Ebro. Non mancavano inoltre balletti, rappresentazioni teatrali e concerti, con numerosi artisti internazionali come Diana Krall, Alanis Morrissette e Patti Smith. La cerimonia di apertura dell’Expo aveva inoltre visto la partecipazione straordinaria di Bob Dylan. Vi erano anche spazi dedicati ai bambini, in particolare alcune sezioni tematiche con spettacoli, concerti e rappresentazioni teatrali. Al termine dell’evento il numero totale di visitatori fu 5.650.941, per la maggior parte provenienti dalla Spagna (è stato calcolato che solo il 5% proveniva da altre nazioni).

GALLERY EXPO 2008 SARAGOZZA

3/4


4/4


EXPO 2010 SHANGHAI milanoplatinum.com/expo-2010-shanghai.html Claudia Scienza

May 3, 2017

Expo_Axis_nighttime_Di-(Suzuki)-[CC-BY-2.0],-attraverso-Wikimedia-Commons

EXPO 2010 SHANGHAI – Dopo l’esposizione universale svoltasi nel 2005 in Giappone, è ancora l’Asia a ospitare un’edizione universale dell’Expo. Nel 2010, infatti, Shanghai viene scelta dal BIE quale sede dell’evento nel corso dell’assemblea tenutasi il 3 dicembre 2002 a Monte Carlo, battendo la concorrenza di città come Mosca, Yeosu (Corea del Sud, che verrà scelta per ospitare l’Expo del 2012), Breslavia (Polonia) e Querétaro (Messico). Il tema scelto fu “Better city, better life” (“Una città migliore, una vita migliore”), in riferimento al ruolo di Shanghai quale nuova città mondiale del XXI secolo. La città asiatica, dopo l’assegnazione dell’evento, subì infatti un monumentale “restyling”, e tra le molte opere furono realizzate anche sei nuove linee della metropolitana. L’evento si svolse tra il 1° maggio e il 31 ottobre 2010, e le nazioni partecipanti furono 192, alle quali si aggiunsero anche 50 organizzazioni internazionali. Il sito espositivo sorse lungo le due sponde del fiume che attraversa la città, lo Huangpu, che erano collegate tra loro da un ponte e da alcuni traghetti. Le due sezioni erano chiamate Pudong e Puxi, e complessivamente si estendevano su circa 5,3 chilometri quadrati, cosa che ne faceva il più grande sito Expo mai realizzato. I padiglioni delle varie nazioni partecipanti erano organizzati e suddivisi su base continentale, e tra le varie strutture presenti vi erano anche cinque padiglioni tematici: Urban Footprint, Urban Planet, Urbanian, City Being e Urban Future, ognuno dei quali esplorava diversi aspetti dello sviluppo urbano. Il sito espositivo era attraversato da un lungo viale, caratterizzato dalla presenza dell’Expo Axis, una enorme tensostruttura, tra le più grandi al mondo. Il padiglione della Cina ricordava la tradizionale corona cinese ed era dipinto in un fiammante rosso, a richiamare la Città Proibita. Il tema che caratterizzava la sua esposizione era “La corona orientale, il picco della Cina, il granaio per il Mondo e per le persone ricche”. Costato ben 220 milioni di dollari, il padiglione mostrava esempi della 1/3


civiltà e della cultura cinese, oltre ai successi e ai progressi dell’epoca moderna. Al termine dell’evento, il padiglione è stato riconvertito in un museo, il China Art Museum, che ha aperto al pubblico il 1 ottobre 2012. Il padiglione dell’Italia era ispirato al gioco del Mikado (in Italia noto come Shanghai) ed era realizzato con una serie di moduli funzionali, che rappresentavano le regioni italiane. Il design del padiglione era inoltre un richiamo all’armonia tra diverse culture e regioni. Il padiglione del Regno Unito era una struttura realizzata con un cubo in acciaio e legno, alto 20 metri, rivestito esternamente da 60.000 filamenti acrilici trasparenti, che oscillavano in base al movimento del vento. In ogni filamento erano presenti uno o più semi di piante rare e protette, e per questo il padiglione fu ribattezzato “The Seed Cathedral”. Nel progetto fu coinvolto il Millennium Seed Bank Partnership, progetto internazionale per la conservazione dei semi, coordinato dai Kew Gardens. I filamenti, durante il giorno, fungevano da fibre ottiche e incanalavano la luce naturale verso l’interno. Di notte, invece, la luce artificiale proveniente dall’interno della struttura faceva brillare il padiglione. All’interno del sito fu inoltre allestita anche una zona dedicata alle “Urban Best Practices”, cioè alle esperienze più significative nell’ambito urbano, con l’esposizione di 49 progetti da tutto il mondo. La cerimonia di apertura si tenne il 30 aprile 2010 e vide la partecipazione di numerosi leader mondiali. L’evento, che si svolse in parte anche in esterni, con spettacoli di luci e pirotecnici, vide la partecipazione di molti tra i più celebri artisti cinesi, tra i quali Jackie Chan e il pianista Lang Lang. Al termine dell’evento, i visitatori furono oltre 73 milioni, facendo dell’Expo di Shanghai l’edizione con il maggior numero di partecipanti, oltre che la più costosa.

GALLERY EXPO 2010 SHANGHAI

2/3


3/3


EXPO 2012 YEOSU milanoplatinum.com/expo-2012-yeosu.html Claudia Scienza

May 11, 2017

Expo_2012_Yeosu_panoramic_view_By-Cesarexpo-(Own-work)-[CC-BY-SA-3.0],-via-Wikimedia-Commons

EXPO 2012 YEOSU – Il 26 novembre 2007 il BIE, durante la 142ª assemblea generale, assegna l’Esposizione Internazionale del 2012 alla città di Yeosu, in Corea del Sud. In lizza vi erano anche Tangeri, in Marocco, che proponeva il tema “Routes of the world, Culture connecting” (“Itinerari del mondo, connessione fra culture”), e Breslavia, in Polonia, con il tema “The Culture of Leisure in World economies” (“La cultura del tempo libero nelle economie del mondo”). Yeosu prevalse con 77 voti a favore. Per la Corea del Sud era la seconda esposizione internazionale ospitata, dopo quella del 1993 tenutasi a Taejon (oggi Daejeon). L’esposizione internazionale del 2012 si svolse quindi dal 12 maggio al 12 agosto a Yeosu, e quale tema della manifestazione fu scelto “Costa e oceani che vivono – Diversità di risorse e attività sostenibili”, in una sorta di passaggio di testimone con l’Expo 2008 di Saragozza, il cui tema era “Acqua e sviluppo sostenibile”. Obiettivo era di affrontare temi quali la distruzione dell’ecosistema marino e proporre soluzioni, che potevano arrivare anche da nuove tecnologie eco-compatibili. Tra i sottotemi vi era quello dello “Sviluppo costiero e della preservazione”, che si concentrava sull’importanza e il ruolo degli oceani e delle coste, mostrando l’influenza dell’uomo e proporre modelli alternativi di sviluppo sostenibile. Altro sottotema era “Nuove tecnologie per le risorse”, per fare il punto delle tecnologie esistenti a sostegno dello sfruttamento ecosostenibile di oceani e coste. Infine, il sottotema “Attività marittime creative” era dedicato allo scambio culturale tra uomo e oceano, presentando le attività culturali inerenti al tema e focalizzandosi inoltre sul ruolo del mare quale mezzo di scambio culturale fra i popoli.

1/3


Dato il tema legato al mare, il sito espositivo fu individuato lungo la parte costiera della città che si affacciava sull’isola di Odong-do. Il sito fu organizzato in tre aree, a rappresentare idealmente la città, la costa e l’oceano. La zona espositiva vera e propria, dove sorgevano i padiglioni dedicati alle varie nazioni partecipanti, era attraversata dalla Expo Digital Avenue. Nell’area vi era anche l’Expo Digital Gallery, formata dalle pareti esterne dei vari padiglioni internazionali che attraverso l’utilizzo di tecnologie IT davano vita a un vero e proprio spazio espositivo, sovrastato da un enorme schermo LED, di 218 per 30 metri. Non poteva mancare un acquario dedicato alla vita marina. Fu così realizzato quello che era il più grande acquario della Corea, con oltre 34.000 esemplari di 281 specie. Chiamato Marine Life Pavilion, era suddiviso in tre aree: Marine Life, Aqua Forest e Ocean Life. La prima sezione era dedicata alla fauna marina delle coste, con esemplari di beluga, pinguini, foche e otarie. L’area denominata Aqua Forest era caratterizzata dalla straordinaria riproduzione della foresta amazzonica, con oltre 100 specie tropicali. L’ultima area era uno stupefacente ed enorme serbatoio d’acqua con una vista a 360 gradi. I visitatori passavano attraverso un tunnel fatto in materiali trasparenti, così che potessero sentirsi circondati da creature marine come enormi squali, tartarughe marine e meduse. In occasione dell’evento fu ristrutturato un silo in cemento alto 55 metri, che divenne la Sky Tower, la struttura panoramica dell’Expo, con un planetario all’interno. Presso la Sky Tower vi era inoltre quello che incarnava il simbolo acustico dell’Expo, il Vox Maris, un organo a canne che apriva e chiudeva ogni giornata della manifestazione ed era inoltre utilizzato per concerti. Nel cuore del sito vi era inoltre la Expo Plaza, circondata dal padiglione della Corea, dai vari padiglioni delle nazioni e dalla Expo Hall. Oltre ai padiglioni e alle strutture, l’Expo di Yeosu fu caratterizzata da numerosi eventi e spettacoli di intrattenimento, sia in esterni che in interni. Si tennero spettacoli acquatici, parate, concerti di artisti internazionali, spettacoli teatrali e proiezioni cinematografiche. Il principale evento fu il The Big-O Show, un enorme struttura multimediale a forma di anello che sorgeva nel mezzo della baia all’interno del sito espositivo. La struttura, composta da tre anelli sui quali sono posti numerosi getti d’acqua, dava vita a un emozionante spettacolo con giochi d’acqua, raggi laser, immagini 3D e ologrammi. L’Expo 2012 fu l’occasione per redigere la Yeosu Declaration, per chiedere interventi e risposte a livello internazionale a problemi quali l’inquinamento e l’eccessivo sfruttamento delle risorse marine attraverso, per esempio, la pesca intensiva. Il governo della Corea del Sud, inoltre, stabilì, attraverso il Yeosu Project, uno stanziamento di 10 milioni di dollari per realizzare programmi educativi da realizzare nei Paesi in via di sviluppo, focalizzati sulla protezione e salvaguardia degli ecosistemi marini.

GALLERY EXPO 2012 YEOSU

2/3


3/3


UNO SGUARDO AL FUTURO: EXPO 2020 DUBAI milanoplatinum.com/uno-sguardo-al-futuro-expo-2020-dubai.html Claudia Scienza

January 12, 2017

EXPO 0 766 0

dubai-1617778_1920_CC0 Public Domain, Via Pixabay

UNO SGUARDO AL FUTURO: EXPO 2020 DUBAI – Nel 2020 l’esposizione universale sarà ospitata da Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, e si svolgerà tra il 20 ottobre 2020 e il 10 aprile 2021. La città emiratina ha battuto la concorrenza di altre tre città, ottenendo 77 voti a favore nel corso della votazione che ha decretato la città organizzatrice di Expo 2020. Le città concorrenti di Dubai erano Smirne (in Turchia), San Paolo (in Brasile) ed Ekaterinburg (in Russia). Il tema dell’esposizione di Dubai sarà “Connecting Minds, Creating the Future” (“collegare le menti, creare il futuro”), e l’evento sarà anche l’occasione, nel 2021, per celebrare il Golden Jubilee degli Emirati Arabi Uniti, ovvero i 50 anni dalla fondazione dello Stato. Per ospitare l’evento sarà realizzato un nuovo quartiere fieristico, denominato Dubai Trade Center-Jebel Ali, che si svilupperà su 400 ettari e sorgerà non lontano dal nuovo Aeroporto Internazionale Al Maktum. La planimetria del sito espositivo, progettato dallo studio di architettura statunitense HOK, si sviluppa a partire da una piazza centrale, chiamata Al Wasl, in omaggio all’antico nome della città e in riferimento anche al tema dell’evento (il nome significa infatti “la 1/2


connessione”). Dalla piazza centrale, come i petali di un fiore, si dipanano le tre aree tematiche dell’esposizione: Opportunità, Sostenibilità e Mobilità. Al loro interno saranno presenti i padiglioni tematici, disegnati come tradizionali suk arabi. Alcune delle principali strutture dell’evento, il Padiglione di Benvenuto, il Padiglione dell’Innovazione e il Padiglione UAE, sorgeranno tra i petali, mentre all’esterno sorgeranno i padiglioni delle nazioni partecipanti. Il progetto, inoltre, prevede che i viali e la piazza centrale siano ricoperte da speciali tende realizzate in materiale fotovoltaico, grazie alle quali sarà possibile ottenere il 50% del fabbisogno energetico del sito. Di notte, invece, le stesse tende saranno utilizzate per una serie di spettacolari proiezioni digitali. All’interno del complesso espositivo gli spostamenti saranno garantiti da una cabinovia, mentre per raggiungere il sito saranno messi a disposizione anche 750 autobus, gli Expo Riders, a emissione zero. Gli organizzatori dell’Expo 2020 di Dubai prevedono un flusso massiccio di visitatori, stimati in almeno 25 milioni.

The Author

Claudia Scienza "Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito... perché la lettura è un’immortalità all’indietro" (Umberto Eco)

2/2


BUREAU INTERNATIONAL DES EXPOSITIONS (BIE) milanoplatinum.com/bureau-international-des-expositions-bie.html Claudia Scienza

August 11, 2016

BUREAU INTERNATIONAL DES EXPOSITIONS - Expo_2015_Milano_cerimonia

BUREAU INTERNATIONAL DES EXPOSITIONS (BIE) – Fondato nel 1928, il Bureau International des Expositions (BIE) è l’organizzazione intergovernativa che gestisce le esposizioni universali e internazionali, più comunemente note come Expo. L’organizzazione, che oggi conta 168 Paesi, è divenuta effettiva a partire dal 1931, con la “Convenzione di Parigi”. Il BIE si era reso necessario data la sempre più crescente importanza che un evento come l’esposizione universale stava assumendo, in quanto strumento per lanciare l’economia e l’immagine, politica e sociale, di un Paese. Gli ormai troppi interessi entrati in gioco e la portata mondiale di questi eventi avevano quindi evidenziato la necessità di avere un regolamento a cui attenersi. Da questi presupposti è nato quindi il BIE, che all’inizio aveva solo compiti di carattere amministrativo, legati all’organizzazione delle esposizioni. Tuttavia, le sue competenze, con il passare del tempo, si sono ampliate, e il BIE ora offre anche esperienze professionali nelle materie che sono il soggetto delle Expo, oltre a partecipare attivamente alla promozione di tali eventi. Il BIE svolge anche un importante ruolo come organizzazione propositrice di dialogo e cooperazione a livello internazionale. Tra le sue competenze vi è quindi la regolazione della frequenza delle esposizioni e la regolamentazione degli eventi, garantendone la qualità. La struttura del BIE, che gli permette di operare a livello internazionale, prevede una segreteria, che gestisce le varie attività. Esistono poi quattro commissioni, attraverso le quali gli Stati che fanno parte del BIE possono partecipare ai lavori dell’organizzazione, tramite delegati. Vi sono una commissione che si occupa delle strategie e delle azioni relative all’amministrazione e alla finanza; un comitato esecutivo che esamina i vari progetti e regola i vari e numerosi aspetti dell’Expo; una commissione responsabile delle regolamentazioni tecniche delle esposizioni e delle regole interne; e una commissione che gestisce le attività promozionali, la comunicazione e gli aspetti istituzionali e culturali. Fa parte del BIE anche un comitato consultivo, composto dai vicepresidenti delle commissioni, che esamina le attività del BIE in vista delle varie assemblee generali. Il BIE, attraverso le Expo, si propone di rafforzare le relazioni internazionali tra i vari Paesi, che sono invitati a illustrare il tema generale relativo all’esposizione in programma attraverso i loro padiglioni e spazi espositivi, rappresentando in questo modo il proprio 1/3


Paese e la propria cultura. Le Expo diventano quindi un prezioso veicolo di scambio culturale, inoltre la presenza di regole comuni e il fatto di contribuire a sviluppare il tema proposto, attraverso un dialogo reciproco, ne fanno anche un ottimo esempio di quella che è definita “democrazia globale”. L’ambiente multiculturale di una esposizione universale, con la condivisione di esperienze, competenze e conoscenze, è un grande incentivo alla cooperazione e alla pace internazionale. Il fatto di non essere un membro del BIE, inoltre, non inficia in alcun modo la partecipazione all’Expo, alla quale possono partecipare anche aziende private, esponendo in spazi dedicati. Le associazioni internazionali, come l’Unione Europea e le Nazioni Unite, sono caldamente invitate a partecipare agli eventi, proprio per tenere fede allo spirito cooperativo alla base delle esposizioni universali. Fin dalla sua nascita nel 1928, il BIE si è premurato di operare una classificazione delle esposizioni patrocinate. Nel corso della storia del BIE i termini di questa classificazione hanno subito alcune variazioni e modifiche; attualmente è in vigore un protocollo firmato nel 1988 (ed entrato in vigore nel 1996), che distingue principalmente tra due tipologie di Expo. L’International Registered Exhibition (comunemente nota come Expo registrata o universale, come quella di Milano 2015) ha una frequenza di 5 anni e una durata massima di 6 mesi. A caratterizzarla è anche la presenza di un tema generale, e i partecipanti sono tenuti a realizzare i propri padiglioni. L’International Recognised Exhibition (Expo riconosciuta, o più semplicemente internazionale) si tiene nell’intervallo fra due Expo registrate e ha una durata massima di 3 mesi. I padiglioni espositivi sono a carico degli organizzatori, e l’area espositiva non può superare i 25 ettari (un’Expo registrata invece non ha limiti in merito); deve inoltre seguire un tema molto più specifico. La prossima Expo riconosciuta sarà quella del 2017 ad Astana, in Kazakistan, il cui tema sarà l’energia futura. Il BIE ha inoltre la facoltà di garantire il riconoscimento alle esposizioni orto culturali di categoria A1 che sono state approvate dall’Associazione internazionale dei produttori orticoli (AIPH). Vengono inoltre riconosciute le esposizioni di arti decorative e architettura moderna della Triennale di Milano.

PROSSIME ESPOSIZIONI UNIVERSALI L’Expo 2017 (Expo riconosciuta) si terrà ad Astana, in Kazakistan, dal 10 giugno al 10 settembre. Il tema scelto dagli organizzatori, “Energy of the Future” (“energia del futuro”), toccherà temi relativi alla produzione responsabile ed efficiente di energia nell’immediato futuro e al rapporto con l’ambiente, con particolare riferimento alle energie rinnovabili. L’Expo 2020 (Expo registrata) si terrà a Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, dal 10 ottobre 2020 al 10 aprile 2021. Il tema previsto per l’esposizione è “Connecting Minds, Creating the Future” (“collegare le menti, creare il futuro”), in riferimento al nome della città, al-Wasl, che significa “il collegamento”. Inoltre, l’esposizione cadrà nel 50º anniversario dalla fondazione degli Emirati Arabi Uniti, il Golden Jubilee dello Stato.

2/3


GALLERY ESPOSIZIONI UNIVERSALI

3/3


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.