Vinicio Vianello - opere su carta 1951-1990

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Vinicio Vianello O

p e r e

s u

c a r t a

1951|1990 a cura di

T o n i T o n i ato


DEMARCO ARTE Dorsoduro 652/B 30123 Venezia cel. 3482665714/3495859029 fratellidemarco@yahoo.it

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Testi Toni Toniato Progetto Grafico AndrĂŠs David Carrara


Vinicio Vianello O

p e r e

s u

c a r t a

1951|1990 a cura di

T o n i T o n i ato



Vinicio Vianello Le pitture su carta (1949-1992)

Dopo alcuni decenni dalla sua scomparsa finalmente si

Eppure la compagine veneziana si era validamente distinta

ripropone in modo adeguato – ancorché non esaustivo –

già all’interno stesso del Movimento Spaziale – fondato

l’opera, oramai storica, di un artista che è stato tra i pro-

da Lucio Fontana al suo ritorno nel dopoguerra in Ita-

tagonisti veneziani della svolta impressa dal Movimento

lia – dandone infatti una formulazione del tutto originale

dello Spazialismo al corso dell’arte della seconda metà del

e non meno relativamente innovativa. Lo ha dimostrato

novecento. Resta in ogni caso inspiegabile che da parte al-

in maniera approfondita l’esemplare monografia sull’ar-

meno di una delle istituzioni museali pubbliche non si fos-

tista curata da par suo da Luca Massimo Barbero. uscita

se ancora provveduto a soddisfare tale doverosa occorrenza,

qualche anno fa in una pregiata edizione: uno strumento

magari con una più completa ricostruzione espositiva del

fondamentale a cui si avrebbe potuto ricorrere inoltre per

suo lavoro, vale a dire dalla pitture alle grafiche, dalla ce-

approntare facilmente una mostra che sarebbe risultata di

ramiche ai vetri, dai collage alle sculture, dalle architetture

particolare importanza storica e qualitativa. Facendo per-

luminose all’installazioni urbane. Ma del resto ciò non ri-

ciò conoscere il contributo straordinario, anche se finora

sulta purtroppo che sia avvenuto nemmeno per ricordare

meno accreditato, di Vinicio che ha seguito con inflessibile

altri esponenti locali non meno rappresentativi di quella

tenacia e rigore un percorso di ricerca per tanti aspetti sco-

rilevante tendenza artistica come Edmondo Bacci, Gino

modo, certamente irrituale e forse, allora, disorientante agli

Morandi e Bruno De Toffoli.

occhi di molti, giacché poco conforme persino ai nascen5


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ti indirizzi o alle allettanti mode del momento. Anzi egli

mondo – angolazione meramente paesaggistica – ma “fine-

non ha mai voluto compiacere neppure al gusto corrente,

stra” del mondo, dove le raffigurazioni in questo caso degli

mostrandosi ogni volta orgogliosamente scontroso se non

inizi del giorno – il sorgere dell’astro solare sull’orizzonte

appunto ribelle sia per irrinunciabile indipendenza che per

– simboleggiano anche il primo mattino delle sue nuove

necessitata libertà creativa.

immagini pittoriche di corpi spaziali dalle forme sferoidi,

Sin dagli esordi Vinicio ha tenuto una posizione del re-

in una allusiva ma ineludibile identificazione cosmologica.

sto controcorrente rispetto ai persistenti retaggi stilistici

Non affatto involontaria perché nel ‘52 egli farà uscire, edi-

del novecentismo e del post-neoimpressionismo che allora

tata dalla Galleria del Cavallino, la cartella di grafiche: Le

dominavano la cultura figurativa lagunare, ma anche non

5 idee spaziali, un gruppo di litografie dove in primo piano

facendosi neppure intruppare poi nei velleitari ranghi di

lo stesso elemento formale, ora isolato, appare unicamente

coloro della sua generazione che aspiravano a ricalcare le

configurarsi in una profondità aerea indeterminata, deline-

pur decisive tendenze delle avanguardie storiche, dal cubi-

ando un ente celeste di prismatiche cellulari iridescenze,

smo al futurismo, dal plasticismo più rigidamente geome-

all’interno del quale ruotano altri geometrici nuclei circo-

trico all’espressionismo astratto. in quanto tali scelte le con-

lari, frazionati inoltre cromaticamente per una molteplice

siderava parimenti delle “maniere”, sebbene più aggiornate.

simultanea dinamica.

E cercando, invece, da subito – quando ancora non aveva

Ma già, tra il ’49 e il ’50 egli aveva realizzato un ciclo di di-

finiti gli studi all’Accademia sotto la guida di Giuseppe

pinti dove i motivi e gli elementi formali si richiamavano in

Cesetti – una propria strada, attingendo semmai, sulla di-

maniera ancora più esplicita alla definizione immaginativa

rezione parallelamente del suo maestro, a un rinvigorito

di uno spazialismo propriamente cosmologico. E peraltro

primitivismo che ha connotato la sua singolare versione di

le sue configurazioni nulla avevano in comune – malgrado

una poetica dell’”antigrazioso” o, meglio, di una pittura di

talune apparenze più tematiche che formali – con le astra-

elementare e severa consistenza plastica, veicolante tuttavia

zioni orfiche delle policrome geometrie discoidi di Robert

figurazioni enigmatiche, insidiosamente conturbanti, ben

Delaunay. Anzi, Vinicio se ne discosterà. puntando piutto-

lontane perciò dalle attrattive serenità rurali del pittore

sto a rappresentare dei “cieli” – aurorali o notturni – abitati

maremmano.

da irraggiungibili corpi sferici, da scie di fluttuazioni stella-

Così, in modo precoce, il giovane Vinicio ha quindi brucia-

ri orbitanti in uno spazio solcato da movimenti e traiettorie

to le tappe, passando, a quel tempo, da dipinti come Senza

di energie sia della materia “luminosa” che di quella ancora

titolo, del 1941 al Cappello nero del ’43, ai Girasoli del’46,

“oscura”.

cioè da una essenziale sintassi costruttiva e da un lessico

Ad ogni modo proprio quella cartella riuscirà del resto ad

cromatico di rievocante matrice fauve, alle più sorpren-

assumere un valore di vero e proprio “manifesto” di una

denti esperienze, tra il ’49 e il ‘50, dei cicli sul tema delle

nuova pittura, rivestendo chiaramente la funzione anche di

Albe, nelle quali già lo spazio si impone come dimensione

programma teorico, non a caso era accompagnata da uno

sconfinante dell’”aperto”, non più solo allora “finestra” sul

scritto dell’autore che annunciava quel momento di svolta


epocale, cioè “di una Età della Pietra per una nuova era della società umana, una società che è giunta a possedere conoscenza e possibilità di alcuni ordini di grandezza superiori ai suoi stessi sensi”. Qui si prospettava altresì lo sviluppo di una propria concezione estetica che verrà a compiersi, come dimostreranno, in effetti, i suoi lavori successivi, tra razionalità progettuale, sapienza costruttiva ed incondizionata libertà immaginativa – inestricabilmente fra loro correlate – spingendo però il pittore a praticare sempre più materie e tecniche del designer e a realizzare forme ed oggetti in vetro, nonché poi ad architettare per centri urbani e per residenze private delle strutture plastiche modulari, sperimentando allo stesso tempo innovativi sistemi di illuminazione a beneficio di un maggiore rispetto ecologico. Come si sa, quella fervida stagione dello Spazialismo veneziano ebbe avvio ufficiale nel 1951-52 e si sarebbe conclusa definitivamente nel 1956-57, un periodo forse breve ma tuttavia intenso, segnato per lo più da idee e da proposte espressive di inconsueta portata e gittata inventiva, rivolte sia pure mediante accenti e modi linguisticamente differenziati a perseguire soprattutto una visione ugualmente basata sulle sollecitanti conquiste delle scienze della natura e del cosmo, con il proposito, su queste nodali acquisizioni, di veicolare, in sostanza, nuove dimensioni immaginative, altre “rappresentazioni” del mondo esistente, investigando dunque ulteriori possibilità di espressione della materia-energia, del segno-colore, dello spazio–forma, in un visuale conferente movimento, di per sé illimitatamente effusivo, delle forme – sia fisiche che simboliche – dell’universo. Il Movimento di Lucio Fontana sarà allora non solo una favorevole occasione ma un tramite inevitabile per veri-

In alto (da sinistra a destra) Toni Toniato, Toni Follina e Alessandro De Marco. Sotto Toni Toniato, Toni Follina Stefano e Alessandro De Marco.

ficare e confrontare gli orientamenti delle stesse ricerche 7


sviluppate dai pittori veneziani attorno alla problematica dello spazio entrata già nella prima metà degli anni Quaranta al centro del dibattito artistico locale. Infatti qui si era delineata una fenomenologia propriamente spaziale con le prospettanti rilevazioni – sia teoriche che fattuali – di Guidi e di Deluigi e precisamente con la concezione per Guidi del rapporto energia–spazio-luce e con quella per Deluigi dello “spazio fisiologico”, generativo, a sua volta, dei processi plastici che animano ogni organismo vivente delle figure naturali e di quelle pittoriche. A Venezia pertanto circolava in quegli anni un interesse tutt’altro che casuale attorno a tali questioni, dal quale ne discende la ragione stessa di accumunare perciò artisti di generazioni e di formazioni diverse, figure storiche e giovani appena emergenti, maestri consacrati e talenti in fieri, i quali andranno ad elaborare o ad approfondire singolari declinazioni della tematica spaziale. In tale contesto Vinicio che sarà con Guidi e Deluigi tra i primi artisti veneziani ad aderire al Movimento, risulterà anche quello più legato, per consonanza di intenti, alle idee radicali di Fontana, cercando parimenti altri “mezzi” e “materie”, uscendo dalla bidimensionalità del quadro, da uno spazio ancora virtuale ed illusorio, per operare sempre più assiduamente nel settore, intanto, dell’arte vetraria con la creazione di una meravigliosa serie di lavori eseguiti, tra il ‘51-’52, sul motivo della “reazione nucleare”. Ma ancora nel ’50 aveva realizzato il fatidico ciclo delle Grafie spaziali: espressione non di convulsi automatismi gestuali e di viscerali pulsioni, bensì di leggiadre e vorticose erranze del segno, di funamboliche parabole della linea sventante nell’etere o meglio di aeree impennate traccianti la dinamica spaziale di una potenza fisicamente espansiva. A seguito, l’anno successivo, egli darà corso alla stupefacente 8


enucleazione dei primi Rocket, utilizzando di proposito per tali composizioni lo strumento dello spray, anzi servendosi di ingegnosi aggeggi, da lui analogamente costruiti, per filtrare e proiettare, dosando con mirata efficacia, il colore sulla superficie delle tele, investite quindi da sfolgoranti esplosioni di pura energia cromatica. Più che l’esigenza di definire una qualche forma compiuta sarà dunque la materia sconfinatamente pervasiva della luce e del colore, sarà la pluralità ritmica delle energie segniche a costituire lo spazio e il movente principale delle sue ricerche tramite le quali la stessa pittura diventa un “campo magnetico” di interazioni performative – similmente a quanto avveniva per i vetri

Paolo Scarpa, Alessandro De Marco, Toni Toniato, Toni Follina e Massimiliano Bugno.

sul motivo del’energia nucleare – un “campo” attraversato inoltre da svariate tessiture in riquadri, griglie, reticoli o da

delle Orme, dei Ritmi spaziali, dove si rileva una scansione

semplici irregolari e pulsanti rette di colore nero.

più modulata di tratteggi, di annotazioni grafiche e cro-

Interessato soprattutto ad investigare la struttura della ma-

matiche che sembrano formare lo spartito di una com-

teria fotonica sente di dover tentare quindi di “elettrizzare”

posizione musicale per la loro orchestrazione magnifica-

il colore, sia pure nell’impiego di una trattazione ancora

mente polifonica, fondendo allora il visivo e il sonoro in

pittorica. E riesce pertanto a svincolarlo da ogni gravità

un concertato unitario svolgimento, tanto aleatorio quanto

tonale, cioè da ogni effetto atmosferico, naturalistico, giun-

necessitato. E’ questa una fase in cui l’artista avverte il biso-

gendo invece a rivelare l’iridato splendore di una trasparen-

gno di superare le rotte finora percorse sia dall’astrattismo

te ma inafferrabile sostanza luminosa, fluidamente leggera,

che dall’informale, sia dalla rarefazione misticheggiante

quasi acquorea, a chiazze scontornate oppure in soffuse ste-

dei vari “suprematismi” – dall’assolutismo “matematico”

sure che compongono dei pentagrammi verticali colorati,

di Mondrian al “purismo” nientificante di Malevic – e sia

sui quali vi scorre come l’ago di un sismografo il tracciato di

dall’automatismo magmatico e visionario dei protagonisti

intermittenti linee orizzontali, talvolta variamente riprese,

della ”pittura d’azione”, da Pollock a Mathieu. In ogni caso

talora appena accennate, come a voler coniugare e trasmet-

ne terrà debitamente conto, specie nei dipinti su tela e su

tere una immedesimante metrica visiva del pensiero e della

carta, eseguiti tra la seconda metà degli anni Cinquanta e

sensibilità, un ritmo imminente, diretto e in un certo senso

il successivo decennio, da Senza titolo, del ‘56 a Medusa del

risonante dell’esperienza appunto temporale, accordato in

‘61, da Segnale del ‘57 a Senza titolo del ’66. Alternando

modo altrettanto struttivo ai timbri delle vibranti partiture

riquadri cromatici disposti per ordinate sequenze spaziali

cromatiche spaziali.

all’intrico aereo di matasse di uno stesso colore fluido e lu-

Seguirà, tra il’53 e il ’55, la produzione attinente al ciclo

minoso, caoticamente aggrovigliate in un impetuoso vilup9


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po debordante oltre i margini della superficie.

matite e pennelli.

Ma oramai la pittura sarà sempre meno il mezzo con cui

In realtà non è stato così, tuttavia i suoi comportamenti e,

l’artista esprimerà la propria creatività, occupato su più

in seguito, i suoi ostinati dinieghi persino a prestare delle

fronti, dalla progettazione di architettoniche vetrate e di

sue pitture hanno fatto crescere al riguardo simile equivo-

strutture, anche monumentali, sull’istanza sempre di una

co che l’artista stesso ha nondimeno favorito a diffondersi,

funzionale estetica delle forme dell’ “illuminazione”, a un

giungendo beffardamente a depistare critici e mercanti.

impegno costante ed appassionato per le scienze e la difesa

Peraltro Vinicio sentiva da tempo che i mezzi della pittura

dell’ambiente e per l’uso di risorse energetiche alternative.

non gli bastavano più e che si poteva e doveva egli stes-

Si fa addirittura promotore di importanti convegni inter-

so cercare altre strade, nuovi territori e forme di creatività,

nazionali sulle fonti e sui benefici sociali ed economici che

malgrado le tante raffinate sperimentazioni che già aveva

potrebbero derivare dallo sfruttamento di energie naturali,

condotto sia con le sculture al neon che con l’introduzione,

conquistando al riguardo competenze e meriti che gli ver-

nei dipinti, di materie industriali, sfruttando in modo vi-

ranno largamente riconosciuti anche in sede mondiale.

gorosamente incisivo speciali resine e vernici fluorescenti.

La mostra attuale benché limitata a presentare la produ-

Artista intransigente, avverso alle piaggerie e ai compro-

zione dei dipinti su carta, in gran parte mai esposti e finora

messi, egli era però severo anche con se stesso al punto

sconosciuti o poco indagati, traccia e riassume comunque

che non amava nemmeno vantare i risultati ottenuti con

l’itinerario delle sue ricerche pittoriche, ne ripercorre anzi

le opere della stagione spazialista, verso le quali non man-

i diversi svolgimenti stilistici a partire da due significativi

cava di riserbare ugualmente giudizi critici ammantati di

esemplari, uno del ’49 e l’altro dei primi anni Cinquanta,

sottile e giocosa ironia, consapevole ormai dell’impotenza

per focalizzarsi soprattutto sulle opere che Vinicio ha rea-

dei linguaggi della pittura ad esprimere le complesse pro-

lizzato successivamente, quando ormai si era eclissato dagli

blematiche del mondo che si andavano affacciando con le

ambienti artistici, rinunciando alle tante richieste di espo-

trasformazioni prodotte dalle conoscenze scientifiche e

sizioni che gli giungevano da più parti, incurante persino di

tecnologiche e dai mutamenti dei sistemi e degli strumenti

tutelare le crescenti valutazioni di mercato per le sue opere

della comunicazione.

storiche, tanto da far ritenere che avesse cessato infatti di

Medesimamente la sua sensibilità estetica non poteva

dipingere. E questo a conseguenza perciò di tale suo osten-

prescindere allora da ragioni anche etiche e sociali per cui

tato atteggiamento che poteva far intendere un distacco

l’impegno di profondere in altri settori le doti di cui per

dalle aspirazioni precedenti, mai da lui peraltro rimpianto.

natura e studi era in possesso lo indurranno ad occuparsi

Dunque negandole, e negandosi altresì ad ogni proposta di

di questioni che riteneva maggiormente efficaci se non più

ulteriori esposizioni del proprio lavoro, il fatto è sembrato,

importanti per la vita degli uomini e la tutela dell’ambiente.

ai più, quale soluzione finale di una conclamato abiura per

Sia pure meno frequentemente egli continuerà comunque

ogni credo pittorico, al punto da suscitare la convinzione

a dipingere e a provare, quasi in segreto, di conferire ancora

generale che egli avesse davvero smesso allora di adoperare

pensieri, stimoli, emozioni, intimamente vissute, a quella


fragile verità poetica che concretamente si riscopre, oggi,

zione espressiva non ha mai finito di sperimentare alchi-

nelle carte, in queste bellissime e delicate pitture su carta,

mie tecniche ed immaginative sino al nucleo culminante

servendosi di materiali poveri, dei colori in polvere o a cera,

di quelle serie di carte che una volta dipinte con tecniche

opere in gran parte tenute nascoste e dimenticate dentro

miste l’artista depositava sul terreno del proprio giardino

delle cartelle in uno scantinato ed inaspettatamente scova-

affinché l’intervento della natura ne completasse l’opera.

te, dopo la sua morte, dal nipote.

Infatti, le carte pregne di avventurosi svolazzi grafici e di

In queste composizioni riemerge ugualmente la singolare

splendidi colori in polvere, poste, ancora umide, sotto le

acutezza e qualità delle sue proposizioni “spazialiste”, in

rigogliose piante e i sontuosi alberi, venivano a ricevere e a

quanto egli si dimostra capace, ancora una volta, di ani-

trattenere altri “segni”, altre”orme”, quanto vi poteva, auto-

mare in modo inconfondibile la “materia” delle trasparenti

maticamente, accadere durante alcuni giorni in quell’am-

ed abbaglianti cromie che il “ductus” di fantastiche eleganti

biente, all’aria aperta. L’artista si limitava. di giorno in

grafie, le une e le altre splendidamente pervase, infatti, di

giorno, a girare i fogli, stupito di osservarne i cambiamenti,

vivezze inaudite, di ardori luminosi ed oscuri spegnimen-

Per cui vari fenomeni spontanei ma imprevedibili erano a

ti, intessendo spericolati orditi, sfrangiando e dissolvendo

questo modo catturati per comporre una sorta di originale

l’ingorgo combusto delle trame segniche in fluide movenze

collage dovuto questa volta agli effetti atmosferici, sole, ac-

dai ritmi aerei, svolazzanti in un fulgido scorrimento nello

qua, e alla non sempre registrabile meccanica che governa il

spazio. Dinamiche visive che tramandano l’afflato cosmi-

mondo vegetale e quello degli insetti. Tracce di pioggia, di

co della respirazione luminosa del colore nella palpitante

sfiorami e di foglioline cadute, graffi di zampette di anima-

grafia di una spazialità estesa se non illimite. Ancora dun-

li, minuscole pietruzze portate dal vento, indizi di presenze

que delle pure euritmie, dalle linee essenziali, che però non

di altre forme di vita, concorrevano, inglobate nei variegati

ammettono aggraziati formalismi e tanto meno frivolezze

pigmenti, a farsi perciò ulteriore energetica materia dello

ornamentali o piacevoli rabeschi, ma solo una grafia spon-

spazio delle sue utopiche “visioni”.

taneamente leggiadra, morbida, eppure vorticosa nelle sue

Assertore indomito di ogni processo di sviluppo sostenibile

irradianti metamorfosi, danzante liberamente in un pneu-

egli non si è limitato a dialogare con la natura, attraverso

ma cromatico, nel liquido amniotico di sfavillanti traspa-

una sua possibile “rappresentazione”, ma ne ha fatto luogo

renze della materia pittorica, appena percettibili, anzi liri-

ora alle proprie espressioni nella forma di un’unità plurima,

camente ineffabili.

di un’immanenza altrettanto cosmica. Scelta radicale, gesto

Si tratta di una produzione che comprende un lasso di

anzi assoluto, in un connubio dunque di polivalenti riman-

tempo che va dalla seconda metà degli anni Sessanta ai

di, di indissolubile vitale relazione fra l’uomo e la natura.

primi del Novanta, qui documentata con oltre un’ottanti-

E con ciò a significare, alla fine, la magia della natura

na di fogli di misure diverse, una buona parte di grande

nell’incanto dell’astrazione poetica, quale vero “opus” dun-

formato, i quali scandiscono precisi momenti stilistici, cioè

que di quel “fare” artistico che ha improntato del resto tutta

l’attestazione di una ricerca che nella sua raffinata evolu-

la molteplice strepitosa creatività di Vinicio Vianello. 11



1951 | 1960


1951 | S.T. - tecnica mista su carta, cm 33 x 48,5 14


1953 | S.T. - tecnica mista su carta, cm 48 x 66,5 15


1955 | S.T. - tecnica mista su carta, cm 70 x 100 16


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1956 | S.T. - tecnica mista su carta, cm 70 x 100 18


1957 | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 19


1957 | S.T. - tempera vinavil su carta, cm 70 x 100,5, XXIX Biennale Int. d’Arte, Venezia 1958 1960 | S.T. - tempera su carta, cm 50 x 35 20


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1960 | S.T. - tempera su carta, cm 37 x 50 1960 | S.T. - tempera su carta, cm 70 x 50 22


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1960 | S.T. - tempera su carta, cm 70 x 50 24


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1960 | S.T. - tempera su carta, cm 50 x 70 1960 | S.T. - tempera su carta, cm 70 x 68 26


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1960 | S.T. - tempera su carta, cm 100 x 70 1960 | S.T. - tempera su carta, cm 100 x 70 28


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1960 | S.T. - tempera su carta, cm 70 x 100 1960 | S.T. - tempera su carta, cm 100 x 10 30


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1960 | S.T. - tempera su carta, cm 70 x 100 1960 | S.T. - tempera su carta, cm 100 x 70 32


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1960 | S.T. - tempera su carta, cm 70 x 100 1960 | S.T. - tempera su carta, cm 100 x 70 34


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1960 | S.T. - tempera su carta, cm 100 x 70 1960 | S.T. - tempera su carta, cm 100 x 70 36


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1960 | S.T. - tempera su carta, cm 100 x 70 1960 | S.T. - tempera su carta, cm 100 x 70 38


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1960/61 (?) | S.T. - tempera su carta, cm 70 x 100 40


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1960/61 (?) - tempera su carta, cm 70 x 100 1960/61 (?) | S.T. - tempera su carta, cm 70 x 100 42


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Le “carte” della natura di Vinicio Vianello T o n i T o n i ato

Dalla fondamentale monografia sull’artista curata da Luca

nella sua del tutto opposta destinazione.

Massimo Barbero – pubblicata nel dicembre del 2004 da

Per di più con quegli “esemplari” di prodigiosa fattu-

Skira – si dovrebbe ritenere che questo protagonista dello

ra e di notevole bellezza formale, il “vetro” –

Spazialismo veneziano a un certo punto della carriera aves-

riale di lavoro da lui oramai privilegiato per vari mo-

se abbandonato in modo definitivo la prima vocazione, cioè

tivi, non ultimo quello riferibile a una modalità di

quella per la pittura, scegliendo di dedicarsi esclusivamente

espressione sentita come congeniale e comunque tipica

alla progettazione in particolare di forme ed oggetti in ce-

della tradizione artistica delle celebri fornaci venezia-

ramica e soprattutto in vetro o, più esattamente, di operare

ne e poi muranesi – era addirittura concepito e decli-

ormai soltanto dentro l’altrettanta specifica ma più “attuale”

nato nelle più estreme possibilità tecniche e compositive.

creatività del design. Ambito questo in cui Vinicio – così

E con ciò imponendosi da subito l’originale produzione

di solito egli si firmava – si era già strepitosamente cimen-

all’attenzione di esperti e di esigenti collezionisti proprio

tato, realizzando, nei primi anni Cinquanta, alcune opere in

per le ardite risoluzioni plastiche e la sottile fascinazione

vetro di sorprendente inventiva e qualità formale sul tema,

dei suoi contenuti poetici trasmessi, infatti, dall’artista at-

di per sé quanto mai arduo e complesso, come quello, tra-

traverso nuove alchimie materiali ed espressive. Dunque

gicamente inquietante, della “bomba atomica”, come a dire

proponendo egli già allora delle insolite “sculture” in vetro

dell’energia nucleare da poco scoperta e a seguito sfruttata

e non soltanto degli “oggetti” funzionali o decorativi, ma

mate-

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“forme” in sé e per sé, ossia “immagini” di magnifica astra-

analogamente l’obiettivo tanto concettuale quanto fattuale

zione ideativa e simbolica.

di una rivoluzione dei mezzi nell’arte.

Vinicio è sempre stato peraltro un artista colto e raffina-

Infatti, tra gli esponenti veneziani del Movimento Spa-

to, incurante del mercato e delle mode, ma curioso di ogni

ziale, avviato da Lucio Fontana al suo ritorno in Italia nel

novità e sperimentazione nei campi più diversi, per cui il

dopoguerra, egli in effetti sarà anche l’unico a provarsi

bisogno di misurarsi sia con un mezzo quale il vetro –

di seguirne i principi, trovando nel materiale del vetro il

materiale di rigoroso ma difficile controllo esecutivo – che

medium più consono per uscire sia dalla bidimensionalità

con una delle più avanzate conquiste della scienza moder-

del quadro che per occupare anche fisicamente lo spazio

na, rientrava coerentemente sulla direzione delle sue inno-

dell’ambiente.

vative ricerche estetiche, tanto originali quanto parimenti

E tuttavia i suoi “vetri” non risultano unicamente degli

affascinanti.

“oggetti” di magnifica concezione fattuale e nemmeno

Infatti ogni variato esempio di quella raffigurante “bolla”

delle “sculture” nel senso usuale del genere, quantunque i

vetrosa, a fungo, apparentemente informe – in parte opaca

medesimi “progetti” plastici non ne tradiscono le specifi-

e in parte trasparente – mostrava, ancorché di piccole di-

cità costruttive, bensì configurano soltanto delle “forme” di

mensioni, di poter allo stesso tempo imprigionare e liberare

assoluta purezza espressiva, relativamente tridimensionali,

in sé una potenza comunque esplosiva, in senso però non di

aventi soprattutto il valore incomparabile di “idee” astratte

una funzionalità relativamente alludente alla sua spavento-

tradotte dunque nella concretezza – maggiormente tota-

sa capacità di distruzione quanto a quella, certamente più

lizzante – di “immagini”. E di immagini capaci altresì di

razionale, dell’impiego pacifico delle sue energie, suggeren-

suscitare percezioni ed emozioni durevoli e profonde, per

do non a caso all’artista il motivo immaginativo che l’ha

cui la loro significazione, sia artistica che simbolica, si ma-

portato a configurarne un’incomparabile metafora visiva.

nifesta in maniera del resto esplicita, anzi vigorosamente

Il fatto che la splendida vicenda come pittore si fosse pur-

diretta e comunque ineludibile, in quanto non è che il ri-

troppo chiusa un decennio dopo e che egli non avesse più

specchiante esito di un pensiero creativo tanto lucidamente

avvertito l’esigenza di ricorrervi per esprimersi, sperimen-

razionale quanto ineffabilmente poetico.

tando altre possibilità strumentali di ricerca, considerando

Come si sa, Vinicio nei decenni ulteriori ha poi prosegui-

ormai superata quella pratica visuale – in un momento tra

to con crescente successo nel campo della progettazione,

l’altro in cui proprio la sua opera pittorica si affermava non

realizzando imponenti vetrate ma soprattutto ingegnosi

solo in ambito critico ma anche sul mercato internazionale

sistemi ed innovatisi apparecchi di “illumination”, lampade

– dimostrava una scelta in ogni caso insolita, certamente

e lampadari per residenze private e piazze pubbliche, sia in

rischiosa, ma del tutto invece conseguente con la ragione

Italia che all’estero – a profitto sia di bassi consumi che

fondamentale dell’avanguardia “spazialista” basata innanzi

di rispetto ecologico per l’ambiente – sino a creare delle

tutto sulla necessità, storicamente inevitabile dopo la stra-

vere e proprie installazioni luminose – strutturalmente

ordinaria e ormai lontana stagione futurista, di perseguire

modulari – di particolare rilievo estetico per l’architettu-


ra e per l’arredo urbano. E facendosi inoltre appassionato sostenitore dell’utilizzo di energie alternative e rinnovabili tanto da promuovere e da presiedere, con riconosciuta autorevolezza, convegni scientifici di livello mondiale sulle proprietà delle risorse naturali meglio compatibili, dallo sfruttamento delle biomasse al fotovoltaico e all’eolico, per il quale ha fornito, a suo tempo, programmi di sviluppo sia sul piano imprenditoriale che estetico. La vita dell’artista è stata dunque intensa e feconda, segnata da notevoli e meritati traguardi, a partire dal conferimento, nel ‘57, del Compasso d’Oro, alla Triennale di Milano, sino a prestigiosi riconoscimenti internazionali, confermandosi in definitiva quale uno, allora, dei maggiori designer per l’originale qualità delle sue produzioni artigianali e industriali. E per un lungo periodo sembrò a tutti che fosse perciò uscito di scena dal mondo della pittura e che volesse restarne lontano, dimostrando persino di ignorare o scartare gli inviti che riceveva per esporre i suoi dipinti ormai “storici” e sempre più introvabili, consentendo eccezionalmente dei sofferti prestiti per alcune importanti rassegne sul Movimento Spaziale promosse sotto la rinnovata ed approfondita analisi critica intrapresa, con innegabile merito, da Luca Massimo Barbero, lo studioso che poi avrebbe magistralmente redatto anche la sua monografia. Sennonché le ammalianti sirene della pittura si erano fatte ancora sentire e in modo comunque nuovamente irresistibile, specie tra la seconda metà del Sessanta sino agli anni Ottanta, in cui Vinicio, all’insaputa persino di quanti lo frequentavano, andava segretamente praticando ulteriori sperimentazioni. Eseguendo pochi dipinti su tela ma numerosi lavori su carta Fabriano, parte dei quali erano già stati ritrovati, poi inaspettatamente, dall’amato nipote ed 47


erede, il noto architetto Toni Follina, rovistando tra gli svariati materiali d’archivio rimasti fino ad allora chiusi in un ripostiglio. E allo stesso modo sono fortunatamente rinvenute di recente ulteriori decine di “carte”, del tutto inedite e comunque mai finora viste e tantomeno esposte, dipinte ancora una volta da Vinicio con colori dalle tonalità pure e luminose, ariosamente movimentate per solari incandescenze e acquoree trasparenze, usando esclusivamente dei pastelli a cera. Si tratta di opere da lui realizzate tra il 1968 e l’86, che hanno quale analoga fonte d’ispirazione la natura e più precisamente la folta vegetazione del suo giardino. Come era avvento per Monet con la pittura degli ultimi anni, anche Vinicio mostra di essersi rivolto insistentemente ad indagare e scoprire un mondo, non meno infinitamente variegato, dentro l’horto conclusus – fisico e mentale – in cui, lasciata la Laguna, si era ritirato a vivere e a lavorare, sito nei pressi di Zelarino, un paese ai margini della campagna periferica veneziana. Scoprendosi di pari attratto dalle trasformazioni morfologiche della natura dovute ai cicli stagionali nella loro perenne vicenda fenomenica e visiva. Così si può spiegare il ricorrente motif iconografico presente su queste nuove carte che hanno come unico soggetto la “figura” di qualche foglia degli alberi o di qualche fiore delle piante da lui installate e curate con ammirevole costanza. E alla maniera, puntigliosamente scientifica, di Leonardo, ne ha analizzato con non minore efficacia descrittiva la struttura organica, gli elementi funzionalmente costitutivi del relativo apparato fisiologico, desunti in modo rigoroso ma poi traslati invece liberamente nelle sintetiche immaginose forme (chissà se pensate anche come altri progetti e modelli per nuovi “vetri”) di straordinaria, intanto, capacità evocativa e di non minore vivezza pittorica. Cioè le 48


osservazioni minuziose che egli andava ricavando da simile metodo d’indagine lo hanno però spinto a ricreare delle forme tutt’altro che mimetiche, mai soltanto rappresentativamente naturalistiche, anzi le loro “figurazioni” appaiono esclusivamente composte e connotate da rapinosi guizzi segnici e da raggianti ardori cromatici, in una versione alquanto diversa dagli assemblaggi – materiali e stilistici – realizzati nelle opere già riemerse, alcune dei quali erano state infatti riprodotte nella monografia come esempi per l’appunto particolarmente significativi delle rare pitture della sua fase conclusiva. Da queste ultime prove era ancora possibile rintracciare magari una qualche discendenza stilistica con le leggere grafie reticolari e con la spazialità sconfinata delle aeree espansioni cromatiche, luminosamente dilaganti oltre

vo qualitativo e dandone pertanto la giusta importanza.

i margini del quadro – fuori dalle griglie dell’impianto

Ora sono riapparsi, in modo ancor più sorprendente, questi

ancora geometrico – quanto mai tipiche dei suoi prece-

dipinti, tutti su carta, eseguiti indistintamente con mate-

denti lavori. Anzi sembrerebbe in questi casi che l’artista

riali a cera. Sono la testimonianza di esperienze che di-

avesse voluto persino riproporre, sia pure con intatta felici-

mostrano che Vinicio aveva anche cercato una strada forse

tà espressiva, certe asimmetrie timbriche e ritmiche, certe

diversa sia sul piano tematico che stilistico, ossia indicano

tramature lineari proprie delle prime astrazioni spazialiste,

se non una svolta decisiva, la possibilità di trovare altre

dalle “Grafie” del ’51 e dai “Rocket” del ‘52 e del’53 alle

nuove risoluzioni espressive. Per di più in queste prove non

“Orme orizzontali” del 1955 e del’58. Ma con un intento

gli interessa tanto di far intervenire direttamente la natura

tuttavia alquanto differente, sebbene altrettanto azzardato,

ma affida, piuttosto, alla forza incalcolabile dell’immagina-

se non ugualmente innovativo, o, meglio, con il convinto

zione e alla sensibilità e perizia di cui era dotato, il bisogno

proposito di far allora intervenire nel processo creativo

di raffigurare – con un linguaggio poi icastico o, meglio,

nientemeno che l’imponderabile casualità degli elemen-

essenziale – taluni aspetti e generi della multiforme vita

ti fisici ed atmosferici, anzi l’azione stessa della natura e

floreale. Si impegna dunque in un nuovo campo per lui di

dei suoi processi biologici. Di alcune di tali opere realiz-

esplorazione, spostando infatti l’orientamento dello sguar-

zate su tela o su carta, specie di quelle sperimentate nel

do ad investigare o meglio a scoprire la qualità di quel “de-

1997, ne aveva dunque validamente riferito sul piano

sign” naturale – di per sé misteriosamente perfetto – che

critico ed interpretativo lo stesso Barbero a chiusura del

organicamente ne caratterizza ogni elemento e funzione,

proprio testo, giudicandole tra quelle di maggiore rilie-

ogni proprium delle forme, ammirato dalla compiutezza e 49


50

dalla bellezza del regno della botanica.

e situazioni performative. Anche allora nulla di mimetico

Da tali non diverse motivazioni provengono del resto i pre-

aveva sollecitato l’autore a rappresentare, ove possibile, quel

ziosi sondaggi”, condotti dall’artista con il ritrovato ciclo

mondo del reale e dell’immaginabile, bensì quello che in-

di questi “cerosi” – così affettuosamente li chiama l’amico

vece vi compare e vi domina – sul raffronto medesimo tra

Follina . una piccola parte dei quali vengono qui esposti per

i due comparati repertori che si sono formati in ogni sin-

necessaria conoscenza e documentazione storica ma so-

gola tela o carta – è dunque l’irrompere incondizionato e

prattutto per far comprendere il significato e il valore di tali

potentemente significativo delle vitali energie dell’esistente

mirate “ri-creazioni”, dove la struttura del modello studiato

quale, appunto, quelle della continua creatività del mondo

– foglia o fiore messi in posa – si declina mirabilmente in

della natura e dell’arte.

una semantica sia della progettualità naturale che di quella

Si rileva, in questo caso, il fatto che Vinicio ha sperimen-

immaginativa ed artistica.

tato con tali lavori un modo assai singolare, anzi nuovo di

Appare allora netta ma tutt’altro che incoerente la distin-

collage, nel senso che quanto ogni “carta” accidentalmente

zione stilistica di queste carte da quelle conosciute e per

prelevava e riportava o, meglio, ogni aleatorio “inserto” fi-

le quali egli invece faceva ricorso al casuale apporto della

sico che vi si depositava, riusciva ad innestarsi in maniera a

natura, per cui sulle pitture – tra le avvampanti esplosioni

sua volta pellicolare nelle aeree trame del tessuto pittorico,

cromatiche, dentro i reticoli geometrici e sopra le erratiche

anzi vi si integrava in una composizione non preordinata,

grafie – lasciava che vi si imprimesse qualche traccia degli

mai ripetibile. Semmai indefinita e tuttavia capace di asso-

accadimenti fisici ed atmosferici che si svolgevano nell’am-

ciare e di fondere opposti sistemi segnici, per cui le linee

biente esterno. L’artista, infatti distribuiva queste carte

intrecciate o spezzate, i moduli strutturali dell’impianto

sotto gli alberi e qualche giorno dopo le raccoglieva, otte-

spaziale, le campiture di colore luminosamente erompen-

nendo una sorta di “collage” automatico, giacché i colori a

ti, si trasformavano, in effetti, nel continuo movimento del

cera trattenevano i “segni” di un microcosmo fenomenico

tracciato di uno inusitato sismografo percettivo e visivo del

altrimenti inavvertibile. Potevano essere le “impronte” di

mondo interno ed esterno. Riuscendo pertanto a registrare

zampette di insetti, la “polvere” lasciata dalle ali di qualche

molteplici dinamiche non meno espressivamente poi so-

farfalla, le “goccioline” di pioggia cadute dalle foglie o quel-

stanziate di rimandi simbolici propri di un linguaggio il

le della resina trasudata dai tronchi, le “tracce “ di fuscelli

cui segno è la cosa stessa – fenomeno ed immagine –

portati dal vento, le impercettibili incrinature tramate dai

tramite il quale l’artista è pervenuto a comunicare in modo

raggi solari e dalle umidità notturne, tutti elementi di di-

inconfondibile il fervore vitale che anima ogni aspetto della

versi fattori atmosferici e stagionali. Altri “segni” per lui

realtà nel processo delle sue evenienze fisiche e formali che

da captare che si fondevano quindi con i propri in una se-

quantunque di origine diversa sono di pari rispondenti allo

miologia visuale dell’ambiente anche esterno, mettendo in

stesso immanente afflato universale.

una connessione inestricabile varie fenomeniche; gestuali-

L’artista ha voluto sottoporre o meglio ha pensato la pro-

tà pulsionali e finalità progettuali, circostanze incidentali

pria opera in funzione allora di questo flusso di avvenimen-


ti e di informazioni, ossia di una pluralità, sia pure fortuita,

ze modaiole, libera del resto sia da aggiornati formalismi

di infinitesimali “indizi” – tramutati in “grafemi” – tracce

che da compromessi stilistici certamente più dilettevoli e

oggettivamente catturate che quindi si incorporano nelle

vantaggiosi.

strutture morfologiche delle sue pitture divenute o, meglio,

Come a dire che esse risultano in maniera del resto in-

concepite quale strutturazione spaziale di un collage davve-

confondibile la manifestazione ancora dell’esigenza di una

ro spontaneo. Cioè prodotto, come si deve constatare, dal

creatività che già nel suo “progetto” determina altresì il pro-

linguaggio dell’artista e dalla meccanica naturale.

prio “destino”. Quale essenzialmente deve essere e rimane-

Differente sembra invece rivelarsi l’intenzione che ha

re, senza alcun limite o condizionamento, ogni atto vitale

guidato l’artista a tratteggiare la figura di qualche “fo-

della natura e dell’arte.

glia” e di qualche “fiore”, resi in forme stilizzate ma non convenzionali, anzi reinventate in quanto a lui non interessava ottenere effetti simulativi e tanto meno produrre le seduzioni illusionistiche di ogni naturalismo pittorico. Del resto con le sue capacità di mestiere avrebbe potuto facilmente esibire riproduzioni addirittura realistiche, al contrario egli mostra di osteggiare in maniera persino ironica e scanzonata ogni lessico ed ogni grammatica visiva di un “fare” mimetico o astrattamente decorativo, praticando, viceversa un linguaggio che appartiene alla cultura della progettazione, ossia a quell’essenza dell’arte che fonda in sé il modo e la forma della cosa, che genera e connota la sua intrascendibile “immagine”. Allora l’immagine non è che il significato di se stessa. La sua necessaria “figurazione”. A tale primaria istanza si riferiscono poeticamente le immagini di queste carte splendidamente dipinte con leggerezza di tratto, oltre gli schemi di un manierismo esornativo, e con stesure cromatiche di folgorante libera vivezza, dove sullo stesso foglio spesso Vinicio ha elaborato e proposto versioni diverse – per costruzione e grandezza – del soggetto medesimo. E perciò anche in queste significative riflessioni sulla natura propria della “forma, le immagini di tali lavori continuano, in modo lampante, la stessa visione di una pittura di per sé originale, immune da compiacen51



1967 | 1987


1967 | S.T. - pastello su carta, cm 48,5 x 66 54


55


1968 (27. 08) | S.T. (Studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 1968 | S.T. - pastello su carta, cm 52 x 69,5 56


57


1968 (28. 10) | Olmo - pastello su carta, cm 50 x 70 1968 (21. 10) | Olmo - pastello su carta, cm 50 x 70 58


59


1969 (30. 11) | S. T. - pastello su carta, cm 50 x 70 1968 (10. 11) | Olmo - pastello su carta, cm 50 x 70 60


61


1968 (11. 10) | Olmo - pastello su carta, cm 50 x 70 62


63


1968 | S. T. - pastello su carta, cm 50 x 70 1968 (9. 10) | Tiglio - pastello su carta, cm 50 x 70 64


65


1968 (6. 10) | Tiglio - pastello su carta, cm 48 x 66 1968 (14. 10) | Tiglio - pastello su carta, cm 50 x 70 66


67


1968 (7. 10) | Tiglio - pastello su carta, cm 50 x 70 1968 (11. 01) | S.T. - pastello su carta, cm 50 x 70 68


69


1969 (10. 12) | S.T. - pastello su carta, cm 49 x 66 1969 (13. 05) | Olmo - pastello su carta, cm 50 x 70 70


71


1969 (10. 10) | S.T. - pastello su carta, cm 50 x 70 72


73


1969 (30. 03) | Platano - pastello su carta, cm 50 x 70 1969 | S.T. - pastello su carta, cm 50 x 70 74


75


1970 (5. 10) | Olmo - pastello su carta, cm 50 x 70 1971 (7. 01) | Studio Japonica - pastello su carta, cm 50 x 70 76


77


1971 | S.T. (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 1971 | Ficus - pastello su carta, cm 50 x 70 78


79


1971 (20.10)| S.T. - pastello su carta, cm 50 x 70 80


81


1971 (8.01) | S.T. (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 1971 | S.T. - pastello su carta, cm 50 x 70 82


83


1972 (4.08) | Tiglio 2 (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 1973 (29.10) | Olmo 2 - pastello su carta, cm 50 x 70 84


85


1972 (8.10) | Ficus (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 1972 (25.10) | Dalie (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 86


87


1972 (27.10) | Dalie - pastello su carta, cm 50 x 70 1972 (28.10) | Dalie (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 88


89


1973 (24.06) | Papaveri e fiori da campo (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 1973 (26.05) | Papaveri (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 90


91


1973 (19.05) | Papaveri (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 92


93


1973 (1.06) | Papaveri (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 1973 (28.06) | Alberi (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 94


95


1973 (14.10) | S.T. - pastello su carta, cm 50 x 70 1985 (11.29) | “Alba” (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 96


97


1985 (11.29) | “Alba” (studio) - pastello su carta, cm 50 x 70 1986 (21.10) | S.T. - pastello su carta, cm 50,5 x 72 98


99


1987 (6.01) | S.T. (studio) - pastello su carta, cm 50,5 x 72 100


101



1997


1997 ca. | tecnica mista su carta, cm 50 x 70 104


105


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 106


107


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 108


109


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 11 0


111


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 11 2


11 3


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 11 4


11 5


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 11 6


11 7


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 11 8


11 9


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 120


121


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 122


123


1997 ca. | S.T. - tecnica mista su carta, cm 50 x 70 124


125


Immagine: Vinicio Vianello con il vaso Esplosione nucleare. Foto di Camerafoto - Venezia, Archivio Toni Follina – Treviso

126


nota Biografica T o n i T o n i ato

Vinicio Vianello nasce a Venezia il 29 aprile del 1923. L’attività del padre, impiegato quale funzionario tecnico nel settore dei trasporti, obbliga la famiglia a seguirne i continui spostamenti, da Venezia a Verona, dal ’26 al ’33, poi a Milano, dal ’34 al ’36, ed infine a Padova dove il giovane Vinicio concluderà il ciclo della scuola media, distinguendosi per una particolare inclinazione manifestata per il disegno e le discipline tecniche. Frequenta il Liceo Artistico a Venezia conseguendo, con brillanti voti, la maturità nel ’39. Si iscrive per un biennio alla Scuola Libera del Nudo, presso l’Accademia di Belle Arti, dove seguirà, dopo il’41, il corso di pittura tenuto dal maestro Giuseppe Cesetti, diplomandosi regolarmente nel ’45. Qui conosce la collega Liliana Cossovel, un’artista di grande talento, che diverrà la sua compagna anche nella vita. Già nel’41 partecipa con successo alla Collettiva annuale

dell’Opera Bevilacqua La Masa. La storica istituzione gli assegnerà nel ’46 uno studio a Palazzo Carminati come riconoscimento delle sue promettenti qualità. Nel contempo partecipa alle prime iniziative dell’Arco, al Circolo Artistico, e stringe, per affinità di idee e di programmi, una salda amicizia con l’architetto Marcello D’Olivo, con il quale collaborerà in seguito a vari importanti progetti e realizzazioni. Nel ’47 consegue il primo premio alla Mostra-Concorso di Padova. Presente in tutte le mostre organizzate dai Sindacati Artistici Regionali, vince il Premio Auronzo e poi il Premio “Umberto Moggioli” alla XXXV Collettiva Bevilacqua La Masa. Si sposta spesso a Milano dove ha stabilito fervidi contatti con Lucio Fontana e con artisti ed architetti della sua generazione. Conosce Gardella ed Albini che poi ritroverà durante il periodo del loro insegnamento all’Istituto Universitario di Architettura a Venezia. 127


Nel ‘50 tiene un’importante mostra personale a Milano in-

do con Marcello D’Olivo il Monumento al Milite Ignoto,

vitato dalla Galleria Barbaroux. Alterna l’attività di pittore

a Baghdad, distrutto dai bombardieri americani durante la

con lavori nel campo della grafica e della ceramica. Esegue

prima guerra del Golfo. Espone i suoi lavori nei principali

i primi vetri spaziali con il ciclo “Murano-Asimmetrico”

centri, in Francia, in Usa, in Germania, in Giappone, nel

che presenterà alla XXV Biennale d’Arte Internazionale

Libano, in Australia, in Svezia, in Jugoslavia, in Polonia, in

di Venezia, dove sarà presente in diverse edizioni. Firma

Svizzera, ricevendo ambiti e meritati riconoscimenti. Nel

il Manifesto Spaziale del ’51, aderendo così al Movimen-

1980, viene nominato presidente del Centro per gli Studi e

to di Lucio Fontana. Esegue la straordinaria serie di vetri

le Applicazioni delle Risorse Energetiche. La morte della

sul motivo “Esplosione a Las Vegas”, “Energia Nucleare”,

amatissima moglie, avvenuta nel 1984, lo colpirà profon-

“Reazione Nucleare”. Sempre nel’51 viene invitato con

damente e da questo dolore non riuscirà più a riprendersi

una grande personale al Museo Municipale dell’Aia e l’an-

se non con grande fatica. Nove anni dopo sarà coinvolto in

no successivo espone vari suoi lavori alla mostra parigina

un pauroso incidente automobilistico che lo obbligherà a

sull’arte decorativa italiana moderna. Ottiene la Medaglia

una lunga sofferta immobilità. Non cesserà tuttavia di la-

d’Oro alla IX Triennale di Milano e il Gran Premio alla

vorare, dipingendo per sé delle tele e delle carte, rimaste

XI edizione, ricevendo, nel ’57, il prestigioso Compasso

quali attestazioni ultime di un impegno a profondere, in

d’Oro. Per interesse di Carlo Cardazzo tiene, nel ’52, una

maniera espressivamente multiforme, il senso di una ricer-

personale, prima alla Galleria del Cavallino a Venezia e,

ca sviluppata in campi diversi e con la medesima capacità

poi, al Naviglio a Milano. Nel ’56 fonda, con la collabora-

di sperimentazione e d’invenzione, contrassegnate ogni

zione dell’Istituto Veneto per il Lavoro, dei corsi di proget-

volta da un bisogno creativo sia estetico che etico, valori

tazione per disegnatori industriali e artigiani chiamando

che in lui non sono mai venuti meno per esigenze di rigore

ad insegnare Giulio Carlo Argan e gli architetti e designer

interiore e di acutezza speculativa. Scompare d’improvviso

Carlo Scarpa e Franco Albini, anticipando l’istituzione

il 23 aprile 1999.

della Scuola di Progettazione Industriale che sarebbe sorta qualche decennio dopo ai Carmini. Si impegna a studiare dispositivi per l’utilizzo di risorse energetiche naturali, diventando presto un esperto in materia, ricevendo autorevoli incarichi da parte della Comunità Europea. Inventa e sviluppa strutture modulari nel campo della lumino-tecnica in funzione non solo estetica per centri urbani e residenze private, propugnando una cultura industriale finalizzata al rispetto per l’equilibrio ecologico e le fonti energetiche alternative. Progetta e costruisce pareti e soffitti luminosi, enormi vetrate, gigantesche torri di luce in vetro, realizzan128


DEMARCO ARTE BUGNO ART GALLERY Modern - Contemporary - Photography


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