I portici di Bologna

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Fabrizio Ivan Apollonio è dottore di ricerca in Rilievo e disegno del patrimonio costruito e professore ordinario presso il DA dell’UniversitĂ di Bologna

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Architettura, Modelli 3D e ricerche tecnologiche

Andrea Ballabeni è dottore di ricerca in Neuroscienze e responsabile dei Sistemi Informativi del DA dell’UniversitĂ di Bologna Massimo Ballabeni è dottore di ricerca in Disegno e Rilievo del Patrimonio Edilizio e assegnista di ricerca presso il DA dell’UniversitĂ di Bologna Francesco Ceccarelli è dottore di ricerca in Storia dell’Architettura e professore associato in Storia dell’Architettura presso il DA dell’UniversitĂ di Bologna

Federico Fallavollita è dottore di ricerca in Scienze della Rappresentazione e del Rilievo e ricercatore in Disegno presso il DA dell’UniversitĂ di Bologna Filippo Fantini è dottore di ricerca in Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente e ricercatore in Disegno presso il DA dell’UniversitĂ di Bologna Marco Gaiani è professore ordinario in Disegno presso il DA dell’UniversitĂ di Bologna e giĂ direttore del DAPT della stessa UniversitĂ e del Dipartimento INDACO del Politecnico di Milano Fabio Remondino è dottore di ricerca in Fotogrammetria presso il Politecnico di Zurigo e Capo UnitĂ presso la Fondazione Bruno Kessler di Trento Zheng Sun è dottore di ricerca in Architettura e Lecturer presso la School of Architecture della Nanjing Tech University

I portici di Bologna. Architettura, Modelli 3D e ricerche tecnologiche

Luca Cipriani è dottore di ricerca in Ingegneria Edilizia e Territoriale e professore associato in Disegno presso il DA dell’UniversitĂ di Bologna

I portici di Bologna

La cittĂ di Bologna ha deciso di candidare i 42 chilometri di portici che ne percorrono il centro storico e il percorso verso il santuario di San Luca per la World Heritage List UNESCO con un progetto coordinato dal Dipartimento Economia e Promozione della CittĂ del suo Comune. La candidatura dei portici a Patrimonio Mondiale UNESCO vuole valorizzare il portico come manufatto di qualitĂ architettonica, ma anche come bene con significati sociali, comunitari, antropologici, luogo di incrocio fra pubblico e privato: “bene comuneâ€? con parole di oggi. Al Dipartimento di Architettura dell’Alma Mater Studiorum UniversitĂ di Bologna (DA) è stato chiesto aiuto per predisporne uno degli strumenti di gestione e comunicazione nella forma di un sistema di modelli digitali tridimensionali e un’indagine sui caratteri architettonici in quanto contributi capaci di confluire in forma integrata in un sistema informativo e conoscitivo on-line accessibile e arricchibile da ogni tipo di utente, dai semplici city-users agli esperti che concorrono a formare la conoscenza sul patrimonio e a gestirlo. Questo volume si propone di sintetizzare proprio le esperienze nate all’interno del DA per rispondere a queste sollecitazioni. I singoli saggi esprimono altrettante ricerche originali i cui argomenti sono sintetizzati dai rispettivi titoli. Complessivamente il progetto editoriale è quindi quello di illustrare una serie di elementi sviluppati per fornire nuova conoscenza in merito a un sistema urbano poco studiato in forma originale sia nel soggetto sia nelle metodologie di approccio. Nello specifico gli studi mostrano, oltre che nuova conoscenza sul tema, anche una serie di tecnologie e tecniche sviluppate per rendere gli attuali parziali strumenti mezzi efficienti e di uso semplice per fissare l’oggi e programmare il futuro dei portici. Si tratta quindi di metodi capaci di fornire rapidamente informazioni non note, chiarire aspetti sconosciuti, fissare il congruo e l’incongruo e permettere al fine di progettare efficacemente il domani. Alla loro base è una metodologia antica e alla base di tutte le attivitĂ di formazione e conoscitive degli architetti: il “misura e disegnaâ€? che in questo lavoro scopre nuove accezioni, certo non panacea di tutti i mali e soluzione definitiva, ma certamente nuovo tentativo verso un conoscere capace di consentire all’uomo di sentirsi sempre piĂš familiare all’ambiente che lo circonda.

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DA – DIPARTIMENTO DI ARCHITETTURA ALMA MATER STUDIORUM UNIVERSITÀ DI BOLOGNA

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Collana del Dipartimento di Architettura – DA Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Direttore: Giovanni Leoni Comitato Scientifico: Matteo Agnoletto, Ernesto Antonini, Micaela Antonucci, Fabrizio Ivan Apollonio, Andrea Boeri, Andrea Borsari, Francesco Ceccarelli, Flaviano Celaschi, Luca Cipriani, Ildebrando Clemente, Antonio Esposito, Francesco Saverio Fera, Annarita Ferrante, Marco Gaiani, Francesco Gulinello, Riccardo Gulli, Danila Longo, Gino Malacarne, Giovanni Matteucci, Giovanni Mochi, Elena Mucelli, Valentina Orioli, Marco Pretelli, Francesca Rizzo, Stefania Rossl, Annalisa Trentin, Andrea Ugolini Il Comitato assicura attraverso un processo di double blind peer-review la validità scientifica dei volumi pubblicati. Il Comitato ringrazia sentitamente i Professori Carlo Bianchini e Stefano Bertocci per il referaggio di questo volume.

Bononia University Press Via Farini 37, 40124 Bologna tel. (+39) 051 232 882 – fax (+39) 051 221 019 © 2015 Bononia University Press ISBN 978-88-6923-036-3 ISSN 2385-0515 www.buponline.com info@buponline.com I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. L’Editore si dichiara disponibile a regolare eventuali spettanze per l’utilizzo delle immagini contenute nel volume nei confronti degli aventi diritto. I rendering di pp. 6, 13, 14, 159 sono di Massimo Ballabeni; i rendering di pp. 74, 116 sono di Filippo Fantini; i rendering di pp. 20, 118, 119, 120, 124 sono di Riccardo Foschi e Giacomo Perugini. Le fotografie contenute nelle figg. 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13, 16 del cap. Note sui portici e l’architettura civile bolognese sono di Francesco Ceccarelli. Progetto grafico: Gianluca Bollina-Doppio ClickArt (Bologna) Impaginazione: Silvia Bertacchi Stampa: MIG - Moderna Industrie Grafiche (Bologna) Prima edizione: maggio 2015

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I portici di Bologna Architettura, Modelli 3D e ricerche tecnologiche a cura di Marco Gaiani Con saggi di Fabrizio Ivan Apollonio Andrea Ballabeni Massimo Ballabeni Francesco Ceccarelli Luca Cipriani Federico Fallavollita Filippo Fantini Marco Gaiani Fabio Remondino Zheng Sun

Bononia University Press

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I portici di Bologna Architettura, Modelli 3D e ricerche tecnologiche Il presente volume costituisce il contributo del gruppo di lavoro del Dipartimento di Architettura dell’Alma Mater Studiorum al progetto di candidatura dei portici di Bologna alla World Heritage List dell’UNESCO. Il progetto di candidatura è stato presentato dal Comune di Bologna al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, il quale si fa portavoce, tramite l’Ufficio Patrimonio Mondiale UNESCO, della lista dei siti tutelati come patrimonio mondiale dello Stato Italiano. La cabina di regia chiamata a guidare la promozione della candidatura è coordinata dal Dipartimento Economia e Promozione della Città del Comune di Bologna e composta da Regione Emilia-Romagna, Provincia di Bologna, Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell’Emilia-Romagna, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici della Provincia di Bologna, Università degli Studi di Bologna, Curia di Bologna, Comitato per il restauro del portico di San Luca, Fondazione Del Monte, Fondazione Carisbo, Camera di Commercio, APT Servizi Regionali Emilia-Romagna. La candidatura è sviluppata da un comitato scientifico coordinato dal Comune di Bologna e composto dal “Centro Gina Fasoli per la storia delle città” dell’Università di Bologna, dal Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna, da Cineca e da Tecnicoop.

Ringraziamenti Nell’inchiostrare una lunga e appassionata attività di ricerca e sperimentazione è necessario ringraziare tutti coloro che hanno contribuito e supportato il nostro lavoro. In primo luogo l’Assessore all’Economia e promozione della Città, Turismo, Relazioni Internazionali, Agenda Digitale del Comune di Bologna Matteo Lepore e il Direttore del Dipartimento di Architettura Giovanni Leoni che hanno permesso la nostra presenza nel progetto e fornito i mezzi materiali per la sua realizzazione. Un grande ringraziamento a Mauro Felicori che ci ha voluto fortemente nel progetto e fatto da guida e a Luigi Virgolin che ci ha seguito giorno per giorno con passione, competenza e pazienza. Un sentito grazie al personale del Comune di Bologna che ha lavorato con noi, in particolare a Federica Legnani (Dipartimento Tutela e Gestione del Centro Storico), Elisa Paselli (Sistemi Informativi Territoriali), Manuela Faustini (Edilizia ed Ambiti Urbani Storico Monumentali), Elena Bartolucci (tirocinante) che ci hanno aiutato nei mille problemi quotidiani e nell’infrastrutturare il progetto in modo conforme al sistema gestionale della città. Siamo grati anche a Bologna Global Strade che effettua il servizio di manutenzione di strade e segnaletica del Comune di Bologna e che ha facilitato l’esecuzione dei rilievi mediante la posa dei divieti di sosta. Grazie ad Antonella Guidazzoli, Maria Chiara Liguori e Antonio Baglivo del gruppo del CINECA che ci hanno permesso di contestualizzare il lavoro nel migliore dei modi. Particolare riconoscenza ci è dovuta a Francesca Bocchi e Rosa Smurra che ci hanno sempre incoraggiati, guidati nei complessi meandri dei portici bolognese e aiutati nella disseminazione. Riconoscenza va a tutti i colleghi e il personale tecnico e amministrativo del Dipartimento di Architettura che ha lavorato alacremente insieme a noi. Desideriamo ringraziare tutti i gli studenti che hanno lavorato appassionatamente ai progetti qui descritti. Senza di loro questa avventura non sarebbe stata possibile. L’ultimo grazie va alla città di Bologna e ai suoi cittadini che sono stati il nostro vero motore. Ad essi sono dedicati il volume e i suoi contenuti. Se qualcosa rimarrà nel tempo di queste pagine sarà per loro merito.

Gruppo di lavoro Fabrizio Ivan Apollonio, Federico Fallavollita, Massimo Ballabeni, Zheng Sun, Luca Cipriani, Filippo Fantini, Andrea Ballabeni, Riccardo Foschi, Caterina Elisabetta Giovannini, Matteo Spinelli, Gianluca Cattoli, Simone Garagnani, Silvia Bertacchi, Valentina Baroncini, Salvatore Corso, Elisa Liverani, Marta Badiali, Andrea Buttarini, Massimiliano Roberto, Federica Farroni, Giacomo Perugini. Al progetto hanno fornito molto materiale e riflessione gli studenti dei corsi dell’Università di Bologna di: Modellazione virtuale per l’architettura A.A. 2013-2014 del corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Ingegneria edile – architettura Disegno dell’Architettura II con Laboratorio A.A. 2014-2015 del corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Ingegneria edile – architettura Laboratorio di Disegno dell’architettura A.A. 2012-2013 del corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura Laboratorio di Rilievo dell’architettura A.A. 2013-2014 e 2014-2015 del corso di Laurea Magistrale a ciclo unico in Architettura

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Sommario

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Presentazione

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Introduzione

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Modelli 3D e studi per un sistema conoscitivo dei portici di Bologna Marco Gaiani

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Note sui portici e l’architettura civile bolognese

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Operatori d’interesse e tecniche di pre-processing per procedure fotogrammetriche automatiche

Francesco Ceccarelli

Fabio Remondino, Fabrizio Ivan Apollonio, Marco Gaiani, Andrea Ballabeni

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Ricerche tecnologiche ed elementi per un rilievo del colore

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Elementi per un rilievo geometrico e la restituzione fotorealistica di modelli 3d reality-based

Marco Gaiani, Andrea Ballabeni, Massimo Ballabeni, Zheng Sun

Luca Cipriani, Filippo Fantini

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Elementi per una morfologia dei portici bolognesi

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Gallery

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Bibliografia

Fabrizio Ivan Apollonio, Federico Fallavollita

Massimo Ballabeni

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PRESENTAZIONE

Questo volume documenta una tappa importante della candidatura dei portici di Bologna ad essere riconosciuti dall’Unesco come parte del patrimonio dell’umanità. Una candidatura è un atto di comunicazione non rivolto soltanto all’autorevole commissione che giudicherà sull’“eccezionale valore universale” dei portici, primo requisito per l’ingresso nella prestigiosa lista, ma ad un insieme di destinatari: -  i bolognesi innanzitutto, chiamati a conoscere meglio e ad apprezzare un bene di cui vanno orgogliosi ma di cui non sempre colgono storia, economia, tipologie ed estetiche; -  ancora i bolognesi con i loro rappresentanti, cui l’Unesco chiederà, in caso di successo, di fare quello che dovremmo fare anche senza il loro monito, e cioè di tenere i portici puliti, di curarne l’ordinaria manutenzione, ma anche di conservarne e rinnovarne l’anima, e cioè la caratteristica di un luogo che è tutto insieme artigianato, commercio, pedonalità, convivialità, senso di protezione, incontro; -  i turisti, che sono poi le persone di tutto il mondo che amano l’arte e la cultura, e che di Bologna paiono apprezzare sempre più due caratteristiche che hanno a che fare proprio con i portici, e cioè l’uniformità del tessuto urbano storico e la socialità che lo anima, che taluni esprimono con la categoria della bolognesità; -  la comunità internazionale degli studiosi e dei progettisti della città, la comunità del disegno urbano, che continua a interrogarsi sul senso e

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sulle linee dello spazio pubblico, in un dialogo continuo con la sociologia e l’antropologia, con le piazze che sono ormai o cartolina o sagra, le stazioni che diventano supermercati mentre il mall, la piazza coperta dell’età dei consumi sta logorando la sua luminosità; architetti e urbanisti che possono utilmente interrogarsi sul modello portico per chiedersi se sia solo uno straordinario reperto del passato o anche uno strumento di lavoro per chi immagina il futuro delle città. Una candidatura così ambiziosa non può che essere partecipata. Non solo praticando il rito petroniano della concertazione, che ha creato in passato le cose migliori della nostra città, e cioè facendo sì che la candidatura sia e sia sentita come propria da tutte le istituzioni e le parti sociali ed economiche della città, ma anche chiamando all’impegno diretto anche i cittadini. Impegno diretto che può esercitarsi in almeno due modi: -  un primo può coinvolgere migliaia di cittadini, architetti, tecnici, geometri, studenti di architettura, ma anche appassionati di fotografia, instagrammer, ondate digitali, innamorati di Bologna. Come? ce lo insegna Marco Gaiani e il collettivo da lui coordinato in questo volume tecnicamente ricco e impegnativo ma con un nucleo filosofico che posso capire anch’io: è possibile modellare nelle tre dimensioni un palazzo, una chiesa, un portico o una via porticata in questo caso, e via via un rione, un quar-

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Presentazione

tiere, una città con un software e una squadra tecnica che riassuma centinaia di fotografie scattate da migliaia di fotografi professionisti e amatoriali. Riprodurre cioè in larga scala quello che hanno fatto un paio di centinaia di studenti di ingegneria nell’esperienza qui documentata. è quello che io avrei chiamato genericamente crowdsourcing e Gaiani nomina più precisamente community generated data o anche user generated content. In poche parole, la produzione di conoscenza non è più solo un affare per professionisti ma può in potenza associare tutti, secondo adeguati protocolli. Un esempio che spiega tutto: la NASA utilizza migliaia di astrofili, appassionati dilettanti, per scrutare il cielo, dando un compito a ognuno. Tutto questo significa che da domani migliaia di bolognesi possono modellare i portici di Bologna, e via via le sue strade, fino al modello 3d della città storica; -  la seconda possibilità che si apre per Bologna è l’avvio di una grande stagione di scoperta della città, guidata dalla promozione dei portici: se oggi passeggiate in una città vedete palazzi, chiese, monumenti, e secondo la vostra cultura riconoscete storie, personaggi, soggetti, artisti; ma in una città virtuale l’immagine 3D può essere la vetrina di un data base che contiene tutte le informazioni necessarie a capire quello che si vede, l’immagine diventa la porta di accesso ad una quantità illimitata di informazioni audiovisuali; e con uno smartphone puoi fare

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questa esperienza non solo in un teatro stereoscopico ma anche nel vivo di una visita reale alla città reale, mentre gli sviluppi della rete permettono la diffusione di contenuti sempre più ricchi e pesanti. Le possibilità che le ICT offrono alla comunicazione dei beni culturali sono già oggi enormi e per gran parte inesplorate: l’establishment culturale, purtroppo, è totalmente assorbito dalle attività di conservazione e ricerca, e poco cura la comunicazione dei beni culturali, con un approccio aristocratico che mal si concilia con la natura pubblica di gran parte della funzione culturale; le classi dirigenti, vittime della natura neo-corporativa dei sistemi democratici, preferiscono il consenso degli addetti ai lavori piuttosto che ricordare loro che è il cittadino (tanto più tanto meno è istruito) il destinatario finale dell’azione culturale in una società democratica, e che dunque ogni mezzo va usato per favorire la crescita culturale della popolazione. Ho cominciato ad elaborare queste nozioni occupandomi di cimiteri monumentali, che sono città in miniatura. Parlammo allora di “monumenti che parlano”, oggi possiamo immaginare “portici che parlano” o addirittura “città che parlano”. Gaiani li chiama Semantic Heritage community generated data. E io gli rispondo: I like! Mauro Felicori Direttore del Dipartimento Economia e Promozione della Città del Comune di Bologna

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INTRODUZIONE

Il presente volume, al di là del suo intrinseco valore scientifico, si inserisce in un rinnovato impegno che il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna negli ultimi anni ha rivolto alla città ponendo le proprie competenze, in rete con altre, al servizio di progetti strategici che possano contribuire a nuove visioni urbane. È accaduto con LABORATORIO STAVECO1, è accaduto con la fondazione, presso il Dipartimento di Architettura, del Centro Nazionale di Studi per le Politiche Urbane URBAN@IT2, accade ora con una ricerca che sostiene, per il tramite di una indagine non solamente conoscitiva ma dichiaratamente operativa, la candidatura dei portici bolognesi a Patrimonio dell’Umanità UNESCO e, più in generale, la valorizzazione di una “infrastruttura” nota al mondo, decisiva per la qualità urbana diffusa del centro storico bolognese, ma oggi forse bisognosa di una nuova visione strategica. Altri progetti sono in corso, differenti per ambito di azione ma uniti dal comune intento di riannodare il rapporto tra ricerca universitaria e azioni di governo, trasformazione e gestione della città. Naturalmente non si tratta di riproporre il datato modello dell’intellettuale che, forte del proprio sapere specialistico, meglio se reso carismatico dai media, lascia cadere sul tavolo una illuminata visione per poi allontanarsi. L’impegno è, al contrario, quello di sedere allo stesso tavolo con i diversi soggetti che compongono, gestiscono e governano la città – termine quanto mai mutevole ma che, ancora oggi, ci

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consente di individuare un luogo dotato di proprie identità – con il desiderio di riconoscere in tali, molteplici e non meno mutevoli soggetti, “saperi” differenti, codificati o non codificati dallo stato dell’arte dei diversi specialismi a cui la ricerca universitaria deve necessariamente e opportunamente riferirsi. Nell’ambito della indagine storica sulla città ciò implica l’adozione di una specifica prospettiva metodologica. Innanzi tutto occorre una conoscenza storica in grado di collocare l’architettura non solo nel tempo ma anche nel sistema di relazioni dettato dalla sua “geografia” intendendo con ciò una analisi del progetto di trasformazione e conservazione dell’ambiente costruito, a tutte le sue scale e in tutte le sue fasi, che tenga conto in eguale misura della storia economica e politica, ma anche di una conoscenza antropologica, per così dire, di storia non evenemenziale e di vita quotidiana delle persone intendendo il luogo, dunque la sua “geografia”, come un racconto di vita trascritto nella materia. Occorre poi una conoscenza fisica in grado di articolarsi senza soluzione di continuità sulle diverse scale, in una visione capace di raccordare la dimensione geografica con la conformazione fisica di un luogo specifico, fino a un incontro diretto e ravvicinato con la materia di cui il singolo manufatto è fisicamente composto. In altri termini si tratta di cogliere, mediante la ricerca storica e spingendosi sino all’oggi, la capacità del progetto di architettura di agire in

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Introduzione

modo “specifico” rispetto al luogo che trasforma, alle diverse scale, dove per specifico si intende in rapporto chiaro e consapevole con le richieste della “committenza”, intesa nel senso ampio della comunità coinvolta nella trasformazione da un lato e, dall’altro, con le “richieste” del luogo, nella sua struttura fisica e di memoria storica (valori estetici riconosciuti, tradizioni materiali e costruttive, relazioni con i sistemi “naturali” e con i grandi “segni” della antropizzazione). Diretta conseguenza di quanto sin qui esposto è la necessità di far rientrare nella conoscenza storica tanto ciò che è straordinario – la cultura architettonica “alta” – quanto ciò che è ordinario, con uno sforzo di comprensione della qualità di entrambi gli ambiti che, del resto, appaiono profondamente e fisicamente connessi tra loro se l’attenzione si sposta dal singolo oggetto a una più diffusa lettura storica del luogo e della città. In altri termini si tratta di riaffermare il “diritto” che ogni opera dell’uomo ha a una conoscenza storica svincolata dalla rilevanza storiografica rispetto a quadri consolidati sia che i risultati ottenuti possano poi confluire nell’aggiornamento o nella costruzione di serie storiografiche più ampie, sia che l’analisi storica rimanga confinata a un ambito locale e a richieste specifiche. Trasformare la città non è solamente tema di buona o cattiva amministrazione, non è un processo che appartiene esclusivamente alla economia, non è sufficiente evitare le patologie; implica responsabilità nei confronti di una memoria

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che ogni atto di trasformazione, inevitabilmente, conferma o cancella. Naturalmente si tratta di una responsabilità affidata a molti racconti, alla storia, alla letteratura, al cinema, ma l’architettura, intesa nel suo più ampio significato, è un testo, al riguardo, molto profondo e veritiero, essendo stato scritto da tutti, seppure con responsabilità e consapevolezza differenti, e rimanendo a tutti visibile, inevitabilmente evidente. Ciò non significa che lo stratificarsi delle differenti città nel tempo, il succedersi di diverse identità, sia immediatamente leggibile e non possa, in molti modi, venir dimenticato o deliberatamente cancellato. La decisione, da parte di una comunità cittadina, di trasformare, anche profondamente, l’ambiente costruito in cui vive è naturalmente legittima, spesso auspicabile, di fatto ineludibile, come governo di un processo di attualizzazione cui i luoghi sono sottoposti, per volontà collettiva e sovrapersonale, dal procedere della vita stessa delle persone. Ma nella decisione deve esservi consapevolezza dei processi storici che hanno portato al costituirsi dell’assetto che si decide di cambiare. L’architettura non è solo testimonianza di valori estetici, è concretizzazione della storia di una comunità e, come tale, offre l’occasione di riconsiderare i processi e i valori che hanno condotto alla condizione attuale. A dispetto di ciò, è spesso drammaticamente evidente come i cittadini, e

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Introduzione

anche gli stessi amministratori, non dispongano di una immagine della città, o del territorio, se non nella forma, spesso criptica e astratta, degli strumenti di pianificazione. Più di ogni altra pare sfuggire la dimensione intermedia tra l’astrazione della pianificazione e la scala oggettuale della singola architettura, che potremmo ben definire una delle zone grigie della cultura architettonica contemporanea data la crisi delle discipline urbanistiche, o almeno della loro concreta efficacia, da un lato e, dall’altro, data la tendenziale autoreferenzialità delle invenzioni architettoniche, che assai raramente accettano di porsi in subordine al luogo e alle sue complessità, più spesso inseguendo l’utopia modernista di una forma risolutiva della “bruttezza” se non, addirittura, salvifica rispetto a problemi di natura programmatica. L’assenza di una “immagine” dei luoghi che ne restituisca la complessità ma non ne escluda la leggibilità ai non specialisti, è certamente tra le cause di una difficoltà progettuale che porta a disperdere le azioni di valorizzazione in molteplici strategie, corrispondenti a diversi soggetti, non integrate tra loro. Al momento dell’occasione che richiede una soluzione comune, politicamente, se non culturalmente e socialmente condivisa, tale carenza conduce immancabilmente a cercare, quale soluzione apparentemente più semplice, il miraggio di una immagine “nuova”, acriticamente affidata alla firma di un “autore”, spesso del tutto inconsapevole delle specificità del luogo con cui si confronta.

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L’oggetto di studio a cui è dedicato il presente volume si può ben definire, rispetto alle questioni metodologiche sommariamente elencate, con un caso estremo e banco di prova ideale data la sua complessità: visibile concretizzazione di una azione umana nella città; dotato di una specifica identità e, al tempo stesso, risultato di un sistema di relazioni fisiche e sociali sempre differenti; testimonianza di una commistione tra dimensione individuale e collettiva del progetto; naturale articolazione di ordinario e straordinario. Le analisi dedicate a tale oggetto, evidente e sfuggente al tempo stesso, permanente e mutevole, mostrano con grande chiarezza come le più avanzate metodologie della rappresentazione abbiano la capacità di articolare, nell’ambito delle stesse metodiche, conoscenza scientifica del manufatto e restituzione di una comune percezione, azione divulgativa e archiviazione complessa di dati storici e immediati, offrendo alla azione di trasformazione e gestione della città come bene comune e, per conseguenza, come bene culturale, una gamma di strumenti estremamente ampia e ricca di potenzialità. Sono strumenti che portano ben oltre il puro risultato di ricerca, strumenti di conoscenza ma anche supporti decisivi per fondare una nuova cultura progettuale basata sulla condivisione di valori – oltre che di istanze – tra i diversi soggetti e i saperi che contribuiscono alla complessità del processo contemporaneo di trasformazione della città, contributo a una cultura del progetto

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Introduzione

inteso come strumento di mediazione e di sintesi – non solo formale – con compiti più ampi della semplice figurazione estetica di contenuti programmatici. Giovanni Leoni Direttore DA

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Note Cfr. Agnoletto 2014. Il Centro, operativo da gennaio 2015, è stato promosso dall’Università di Bologna, Dipartimenti DA e DICAM, e dal Politecnico di Milano in stretta collaborazione con il Comune di Bologna. Al centro hanno aderito altri Atenei (IUAV di Venezia; Politecnico di Torino; Firenze; Roma Tre; Roma La Sapienza; Napoli Federico II; Milano Bicocca; Politecnico di Bari; Università di Ferrara) e partner quali: ANCI; Consiglio Nazionale per le Scienze Sociali; INU; Società Italiana degli urbanisti; Laboratorio Urbano. 1 2

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