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Fotogrammi d’alta quota

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Salendo si impara

Salendo si impara

Karl

Regia: Valeria Allievi (Italia 2009), 56 minuti – Premio Città di Bolzano Trento Film Festival 2009

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«K arl era un alpinista che aveva qualcosa da dire. E lo stava dicendo». La tragica scomparsa di Karl Unterkircher, nel luglio del 2008, durante la spedizione all’inviolata parete Rakhiot del Nanga Parbat, sembra un copione già scritto: l’alpinismo estremo, il rischio, la tragedia. Una sequenza di eventi ben nota, dietro la quale c’è però una personalità unica nel mondo dell’alpinismo: semplice, sicura, ammirata dai più grandi personaggi dei nostri tempi per essere riuscita, in pochi anni di attività, a scriverne la storia. Questo film vuol essere un ritratto di Karl come alpinista, ma anche come uomo. Ripercorre la sua vita, partendo dalla grande spedizione del 2004 all’Everest e K2, durante la quale riuscì a salire entrambe le montagne, senza ossigeno, nell’arco di soli sessantatré giorni. Quel momento rappresentò per lui una svolta e un’occasione unica per emergere e avere così la possibilità di realizzare le sue idee di un alpinismo nuovo, esplorativo, ma dallo stile impeccabile. Il film si apre con una sequenza di fotogrammi che inquadrano Karl accompagnata da riflessioni tratte dal suo diario. Interviste, immagini di repertorio, sequenze cinematografiche che raccontano chi era Unterkircher, il suo straordinario percorso alpinistico e la visione della vita legata alla montagna che si riassume in poche sue parole, «La montagna mi ha insegnato che lì trovi la pace e il senso della vita». La testimonianza della moglie Silke, nonostante la profonda tristezza che le vela gli occhi, ci racconta di Karl prima come uomo e papà e poi dei suoi progetti, delle sue esperienze e dei suoi sogni come alpinista. E il film è anche il modo per parlare dell’alpinismo e degli Ottomila e cercare di fare il punto al giorno d’oggi. Attraverso le interviste a Kurt Diemberger, Agostino Da Polenza, Adam Holzknecht, Hans Kammerlander, Simone Moro, Silvio Mondinelli, Mario Merelli

A sinistra, Karl Unterkircher e un fotogramma del film Karl (foto Archivio Trento Film Festival)

e Michele Compagnoni si scopre e si rivela la figura di Karl. A partire dall’esperienza alpinistica su un Ottomila e non solo, dalle difficoltà tecniche e psicologiche incontrate e superate, si racconta la figura di un alpinista che aveva “una personalità semplice e sicura”. Così lo descrive Kurt Diemberger ponendosi, come succede ogni volta in queste occasioni, un perché che non ha risposta. Le interviste hanno un taglio dinamico e la fotografia punta a evidenziare i particolari dei visi, degli occhi e delle mani per poi tornare sul primo piano e ciò imprime una dinamica che sostiene la parola senza appesantire il racconto. Immagini di repertorio, fotografie, interviste e testimonianze seguono la scrittura del film con un montaggio contrappuntato da suoni e musiche di buon livello. Il ritratto di un giovane alpinista, forte, determinato, che qui traspare in tutta la sua essenza e che non va dimenticato. Una video biografia capace di commuovere non solo con le parole ma soprattutto con il viso e il sorriso di Karl.

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