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La montagna di tutti
Il 23 settembre 1951 venne inaugurato il Rifugio 7o Alpini sulla Schiara, il monte che oggi fa parte del Parco Nazionale delle Dolomiti Bellunesi. A raccontarlo c’era Dino Buzzati
di Giuliano Dal Mas*
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Settant’anni fa la Schiara si trovava sempre a settentrione di Belluno con la sua Gusela, le sue Pale del Balcon, la sua architettura maestosa e articolata. Il 23 settembre 1951, all’inaugurazione del Rifugio 7° Alpini, la montagna (per i bellunesi la Sciara de oro) ebbe un cantore d’eccezione. Uno scrittore di fama internazionale, un giornalista del Corriere della Sera, un bellunese: Dino Buzzati. Improvvisamente il mondo dolomitico allora concentrato prevalentemente nel Cadore e nell’Ampezzano, era scivolato a valle. Le acque della Piave e del Boite erano scese verso la Val Belluna e là sembravano voler rallentare il loro corso per osservare quella Dolomite così bella eppure così poco conosciuta, che rispondeva al nome di Schiara. Eppure, di una Dolomite autentica si trattava, con tutte le credenziali delle Dolomiti, con un obelisco di straordinaria bellezza collocato lungo quelle creste frastagliate che si staccavano dal massiccio centrale, compatto, solido, volgendo verso sud ovest.
Sopra, il Rifugio 7° Alpini e la sua montagna. A destra, la Schiara dalla Valle dell’Ardo
La cronaca di quel giornalista-scrittore che già aveva pubblicato Barnabo delle montagne, Il segreto del Bosco Vecchio, Il deserto dei Tartari, e che era salito sino al Pis Pilon, il suo commento, ci raccontava di migliaia di persone salite da Belluno sino ai 1502 metri del rifugio persino con le scarpe da passeggio. Quella salita sino al nuovo edificio, costruito dopo tanti anni di attesa, si era rivelata davvero dura, faticosa. Per tanti sarebbe stata l’ultima volta, per tanti l’unica.
STORIE DI IMPRESE ALPINISTICHE Si narra che quel giorno la montagna si mostrasse imbronciata, forse timorosa di mostrarsi in tutta la sua naturale bellezza a chi era salito sin lassù. Il suono delle trombe della fanfara degli alpini non era riuscito a dissipare quelle nebbie che si erano accostate alle sue pareti, che l’avevano avvolta, né le appassionate parole dell’allora presidente del Cai di Belluno, Mario Brovelli, né quelle del generale Emilio Battisti. Solo al momento del ritorno verso sera, la montagna, forse pentita, forse tardivamente commossa, si era aperta per un po’ allo sguardo. E quelle cronache ci dicono che nell’occasione le anime, gli spiriti tutti degli alpini del 7°, periti nelle guerre, avevano popolato la montagna per osservare dall’alto il rifugio che era stato eretto in loro ricordo. Dicono che addirittura fossero poi scesi a curiosare all’interno del rifugio stesso. Settant’anni sono trascorsi da allora. Schiara e rifugio, in un forte connubio, sono ancora lì. Di tanta di quella gente accorsa sin lassù, la gran parte certamente è morta. Qualcuno di quei tanti, sopravvissuto agli anni, ricorderà però certamente quel giorno. Gli alpini oggi non ci sono più. A Belluno è rimasta Il 2021 è anche il 130° anniversario della Sezione del Cai di Belluno, che già nel 1891 si riconobbe nella sua montagna
la caserma, è rimasto il nome, ma oggi quel servizio militare è divenuto a tutti gli effetti un lavoro retribuito, perdendo quel senso di romanticismo montanaro che accompagnava l’immagine di quei volti. La Schiara (per Buzzati lo Schiara) e il rifugio ormai si sono trasformati in storia. Storia di immagini, di letteratura, di imprese alpinistiche. Tra coloro che ancora affollano la montagna, aggrappati alle loro rocce, si sono ora aggiunti sulle creste, sui poggi, sulle cenge, anche gli spiriti di quanti hanno fatto la storia della montagna bellunese. Primo tra tutti, Dino Buzzati, coraggioso nel celebrare al suo tempo quella montagna ancora poco famosa; e poi Piero Rossi autore di guide e di pubblicazioni prestigiose sulla Schiara; e Toni Hiebeler, che ne ha diffuso la conoscenza all’estero; e Virginio Rotelli, il cui nome è legato al Parco nazionale sorto intorno alla Schiara. E con loro, tanti altri.
LE NUOVE NEBBIE In loro, accanto all’evidente soddisfazione di vedere che la storia continua, serpeggia però anche un velo di tristezza. Schiara e rifugio sembrano avvolti in nuove nebbie. In realtà essi mantengono la bellezza primitiva di sempre senza impedimenti di sorta. Le nebbie, invece, sono scese dalla montagna e si sono fissate davanti agli occhi di tanti che abitano i fondovalle, la conca bellunese, stabilendosi in particolare davanti agli occhi di persone responsabili, appartenenti a istituzioni, ad associazioni che sembrano però ignorare l’esistenza della Schiara, divenuta nel frattempo “montagna regina”, e i problemi che comunque la assillano. Il 2021 è anche il 130° anniversario della Sezione del Cai di Belluno, che già nel 1891 si riconobbe nella sua montagna. Quale migliore occasione, dunque, per festeggiare questo duplice compleanno? Una montagna, la Schiara, fornitrice di grandi idee, nella quale si conclude l’Alta Via n. 1 delle Dolomiti, intorno alla quale si è realizzato un parco nazionale, dalla quale è partita l’idea di “Dolomiti Patrimonio dell’Umanità”. Se la Schiara un tempo era appannaggio solo delle classi più agiate, ora è per davvero anche la montagna di tutti. * Gruppo Italiano Scrittori di Montagna