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Nuove ascensioni

NUOVE ASCENSIONI a cura di Carlo Caccia Monumento di granito

La Val Torrone è la quintessenza del Masino-Bregaglia: uno scrigno di pareti selvagge, a ore di marcia dall’auto, dove il lecchese Manuele Panzeri ha lasciato ancora una volta la sua firma. Con lui, su La leggenda di Charlie e il Dragone, il varesino Tommaso Lamantia

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FUGA DALLA CITTÀ

Ogni volta che saliamo lassù, in Val Torrone, ci sentiamo come dei fuggiaschi. Il caos alle spalle e noi sempre più in alto: da Lecco a Colico e in Valtellina, fino ad Ardenno, e poi su per la Val Masino. E lì, anche se siamo ancora lungo la strada asfaltata, il discorso della natura prende gradualmente forma: gli alberi, le rocce, il torrente, l’aria diversa e finalmente le case di Filorera e il piano della Zocca, magistralmente descritto da Mario Gianasso. Una visione che, «con un passaggio tanto rapido quanto imprevisto e sorprendente», impone «il senso profondo della bellezza della Val Masino», dove «uno scenario di rocce compatte e lisce si delinea in forme severe», con «blocchi sparsi di granito, di ogni forma e dimensione, che in un disordine selvaggio invadono il fondovalle». La Cima del Cavalcorto (2763 m), magnifica di fronte a noi, sa di totale inaccessibilità – eppure un giorno siamo stati proprio lassù, estasiati da un panorama con pochi eguali – mentre la Val di Mello, che imbocchiamo a piedi da San Martino, è ancora parzialmente nell’ombra. Continuiamo la fuga in questa sorta di giardino nel cuore delle Alpi, salutati da un’idilliaca cascata e dominati, a sinistra, da ciclopiche bastionate tra le quali s’incuneano valli poco accomodanti – Ferro, Qualìdo, Zocca e Torrone – popolate da picchi scontrosi che non amano la ressa e neppure farsi troppo vedere. Procediamo di buon passo, respirando a pieni polmoni, e superato il bivio per la Valle di Zocca e il rifugio Allievi-Bonacossa, lungo il sentiero che si fa più ripido, realizziamo che la soglia del tempio è vicina: una scritta su un masso, nei pressi del torrente Torrone, ci invita a deviare a sinistra. Non ci sentiamo più inseguiti, rallentiamo, e salendo prima nel bosco, poi lungo un’impervia valletta e infine ancora tra gli alberi, sbuchiamo nel luogo dell’incantesimo, dove la Val Torrone si schiude e il Picco Luigi Amedeo (2800 m) è un’apparizione – come un guardiano – oltre i rododendri in fiore.

IL RICHIAMO DELLE CIME

Puntiamo al bivacco Manzi-Pirotta, a quota 2538 metri, e dopo quattro ore di scarpinata, finalmente lassù, ci perdiamo a contemplare tutto ciò che ci circonda. Cime scontrose, abbiamo detto, ma sarà vero? O forse sono soltanto estremamente riservate, pronte a rivelarsi a chi non teme – e anzi capisce e vuole condividere – la loro remota solitudine? Ecco, da destra a sinistra a formare una sorta di emiciclo, la Torre Re Alberto (2832 m) con la placca di Giusto Gervasutti, il gran

muro delle Torri del Cameraccio (2830, 2890 e 2930 m), il gagliardo Pizzo Torrone Orientale (3333 m) e l’impertinente Ago del Torrone (3234 m), la massiccia Punta Ferrario (3258 m) che cela il Pizzo Torrone Centrale (3290 m), il gran complesso del Pizzo Torrone Occidentale (3349 m) e l’antistante Punta Chiara (2951 m) e infine, prima che lo sguardo possa spingersi lontano, il già celebrato Picco Luigi Amedeo. L’insieme è una fuga infinita di placche, spigoli e spaccature: un quadro color grigio ferro per niente monotono, impossibile da descrivere nei dettagli e che sappiamo popolato da creature sui generis – le vie degli alpinisti – che vi invitiamo a scoprire sulle pagine di una buona guida. Troverete itinerari antichi e moderni, celebri e dimenticati, e noterete che diversi autori non si sono limitati a un’unica salita ma sono tornati più volte, inesorabilmente attratti da queste montagne con l’anima. E tra costoro c’è il lecchese Manuele Panzeri che nel 1990, a vent’anni, era già sui Pilastri Siamesi del Pizzo Torrone Occidentale impegnato nella prima ripetizione (e invernale) di Scacciapensieri del trio Vitali-Carnati-Brambati. Ancora sul Torrone Occidentale, che a sudest presenta una larga muraglia caratterizzata da diverse strutture ben distinte, Manuele ha quindi aperto Franchino sulla rosseggiante Fiamma (1994), Aspettando Martino e Napoleone sulla parete alla sua destra (1995 e 2017), Yangji Sherpa appena a sinistra dei Pilastri Siamesi (2004) e la via in ricordo di Marco Perego sugli stessi Pilastri (2005). Sul Pizzo Torrone Centrale ha firmato Figli del destino e Simona (1998 e 2000) mentre sulle Torri del Cameraccio ha tracciato Casino d’agosto sulla Torre Nord (1998) e Cenerentola sulla Torre Centrale (2000). E infine c’è La leggenda di Charlie e il Dragone: l’ultima nata, completata nel 2020 e dedicata a due amici speciali.

NEL REGNO DEL SILENZIO

A sinistra dei Pilastri Siamesi, già “intaccata” da Yangji Sherpa che ne sale il settore destro, il Pizzo Torrone Occidentale presenta una notevole bastionata sostenuta da lisce placconate: un muro severo, lontano e solitario, dove il 30 luglio 2019 sono in azione l’instancabile Panzeri e Tommaso Lamantia, alla sua prima visita in Val Torrone. La loro idea? Tracciare una via chiara e logica, di quelle che sembrano suggerite dalla montagna, nel mezzo del bastione: prima per una rampa ascendente verso sinistra e poi seguendo un diedro-camino che punta a destra. E il tutto comincia come si deve, con quattro lunghezze (V+, IV+, VII, VI+) aperte in giornata raggiungendo la cengia oltre la rampa, all’inizio della sezione superiore della parete. Giù in doppia, ritorno a casa e il 16 agosto si ricomincia, con l’intenzione di concludere la linea. Manuele e Tommaso ripercorrono rapidamente i tiri già saliti e proseguono su terreno ancora vergine, dove l’andatura si fa comprensibilmente più lenta. Il gioco non è banale per fessure, placche e strapiombi – il tutto superato con protezioni veloci, chiodi e spit piantati a mano – e dopo altri quattro tiri (V+, V+/A0, VII/A2, VII+/A2) l’ultimo dei quali veramente ostico – da sotto sembra appoggiato ma in realtà strapiomba, con tanto fessura offwidth – il traguardo non è ancora raggiunto. A occhio mancano un paio di lunghezze – in realtà non più di 45 metri... – e i nostri decidono di scendere per completare il tutto con calma alla prima occasione buona. Non possono immaginare che, per varie ragioni, questa sarebbe arrivata soltan-

A sinistra, i nostri al Bivacco Manzi, con il Pizzo Torrone Orientale e l’Ago del Torrone sullo sfondo. Sotto a sinistra, fessura impegnativa per Manuele Panzeri; sotto, preparazione del materiale al Bivacco Manzi, sorvegliati dalla gran mole del Picco Luigi Amedeo (foto

Tommaso Lamantia) to undici mesi dopo, il 21 luglio 2020. Quel giorno, passata la notte al bivacco Manzi, Panzeri e Lamantia attaccano prestissimo per anticipare eventuali temporali pomeridiani, raggiungono il punto massimo del secondo tentativo e con un’altra lunghezza (VIII-) si ritrovano sorpresi in cima alla parete. Perfetto, pensano, ora non resta che scendere, e dopo aver gustato il panorama, più soli che mai, si dirigono verso l’avancorpo sud del Pizzo Torrone Occidentale per calarsi in doppia in Valle di Zocca lungo la via Guronsan e raggiungere il rifugio Allievi. Ma proprio durante la discesa il tempo si guasta: prima sono tuoni e lampi e poi, per fortuna a doppie concluse, si scatena il finimondo con una grandinata da antologia. Ma ormai è fatta: il riparo non è lontano e dall’altra parte, invisibile ma ben presente, sta ora La leggenda di Charlie e il Dragone (415 m, VIII- e A2, 16 chiodi e 10 spit di passaggio, soste attrezzate) in ricordo di Giovanni Giarletta (Charlie) ed Ezio Artusi (il Drago). Un monumento di granito, per sempre, nel regno silenzioso della Val Torrone.

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