3 minute read

Lettere

Next Article
Salendo si impara

Salendo si impara

I rifugi “diffusi”

Caro direttore, ho letto con piacere l'articolo “I rifugi, le nostre sentinelle” (firmato da Paolo Bonasoni, Luca Frezzini, Silvio Davolio, Paolo Vincenzo Filetto, Guido Nigrelli, Gian Pietro Verza), pubblicato sul numero di gennaio 2022 di Montagne360. Al riguardo vorrei chiedere se fosse possibile implementare tale visione contemplando aspetti quali la bioedilizia, l'utilizzo dell'acqua, la gestione dei rifiuti e le difficoltà di approvvigionamento logistico e di mobilità. Chiedo questo perché, secondo me, proprio per la loro posizione al contempo privilegiata e delicata, i rifugi si prestano bene a essere dei centri di ricerca sul campo (proprio come si legge nell'articolo) dove poter sperimentare nuove tecnologie o riscoprire delle vecchie tradizioni, che possano essere poi esportate anche in località “più comode”. Penso ad esempio all'utilizzo del legno o dei muri spessi, dei sistemi di condensazione per ottenere acqua e, perché no, l'uso di “droni” per il rifornimento. Penso ai rifugi come a un tassello che possa collegarsi e collaborare con le altre realtà locali, quasi a creare – mi conceda il termine – “un'abbazia diffusa” dove poter ricaricare il proprio fisico, il proprio spirito ma anche dove poter implementare la propria cultura e sensibilità ambientale (da acquisire e applicare anche nella dimensione domestica, quando si ritorna a casa). I rifugi, quindi, come elementi di un "Pnrr montano" con ricadute a largo raggio. In montagna si esplora e ci si esplora; perché non esplorare il futuro partendo dai rifugi?

Advertisement

Luca Tronchin Sezione Cai Oderzo (TV)

Caro Luca, ogni volta che riceviamo lettere e messaggi come quello che ci ha scritto, apprezziamo che gli articoli possano stimolare riflessioni e proposte. Che i rifugi siano un bene comune, prezioso e indispensabile, lo sappiamo tutti. Rappresentano inoltre un luogo di socialità, ma anche uno spazio che offre accoglienza e in cui possiamo condividere informazioni e varie narrazioni. E poi sì, i rifugi, oltre che presidi culturali, possono anche essere "sentinelle". Il progetto a cui è dedicato l'articolo da lei citato (dal titolo “Rifugi montani, sentinelle del clima e dell’ambiente”) coinvolge infatti il Club alpino italiano e il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr). Una collaborazione importante. Si tratta di un'iniziativa dedicata soprattutto al clima, e per questo molto specifica. Sempre più numerosi stanno diventando i rifugi ecosostenibili e, non sono esperto, ma penso costruiti con una visione non distante dai criteri della bioedilizia. Mi risulta, inoltre, che vi siano già sperimentazioni per l’utilizzo di droni per portare i rifornimenti. La sua idea dei rifugi come “elementi di un Pnrr montano” per esplorare il futuro è senza dubbio una suggestione interessante. Anche perché le questioni da lei citate rientrano tutte nell'ambito della sostenibilità che riguarda l’oggi e il domani delle Terre alte. Come certamente sa, il 2022 è stato dichiarato dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite “Anno internazionale dello sviluppo sostenibile della montagna”. Un argomento al quale ho dedicato la rubrica Peak&Tip di questo numero della rivista. In conclusione, posso solo dirle che per noi i rifugi rappresentano un pezzo di storia importante, sono elementi culturali (e non solo) centrali nella nostra idea di montagna, e sì, come lei ben dice, starà a noi adoperarci per farli diventare – per citare le sue parole – “un’abbazia diffusa” con futuro sempre più sostenibile.

Luca Calzolari Direttore Montagne360

This article is from: