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Lettere

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Cento di questi numeri

di Luca Calzolari*

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Buon anno a voi (e buon anniversario a noi). Come avrete già avuto modo di capire Montagne360 ha fatto “cento”. Cento, non “centro”. Anche se a volte le due parole - del tutto simili, purché si bari sull’unica lettera che differisce - possono in qualche modo essere correlate. Avete capito bene: cento. Perché cento sono i numeri della nostra rivista da quando la testata è arrivata anche in edicola. A partire dall’ottobre del 2012, il Sodalizio si apprestava a festeggiare i suoi centocinquanta anni di vita, che si sarebbero conclusi il 23 ottobre dell’anno successivo a Torino con una giornata ricca di emozioni e di cultura. Montagne360 arrivò nelle edicole proprio nel mese di ottobre 2012. Al progetto di rinnovamento della stampa sociale, partito nel 2011, lavorammo Alessandro Giorgetta ed io. Ad aiutarci furono i colleghi della redazione di entrambi i periodici, sia de La Rivista sia de Lo Scarpone. E così il glorioso bimestrale La Rivista si trasformò nel mensile attuale. Il nuovo nome sottolineava (e sottolinea) la missione affidata alla testata: occuparsi di montagna a trecentosessanta gradi. Il mensile arrivò per la prima volta nelle nostre case a gennaio 2012. Poco dopo, a febbraio, vi fu un’altra importante novità: Lo Scarpone passò da cartaceo a digitale. A proposito della nostra testata online, vi sarete accorti che, da qualche settimana, Lo Scarpone è stato rinnovato nella grafica e nei contenuti (ne parliamo nella Sezione News, nda). Ma, tornando a M360, sono andato a rivedere il primo numero in edicola. Nel mio articolo intitolato “Tra la pianura e la vetta. Di cosa parliamo quando parliamo di montagna” scritto pensando in particolare a un lettore non socio Cai, affermavo che per noi le montagne non sono il terreno di gioco, non il luogo dell’adrenalina e dei record, non sono appendice delle città e nemmeno i pascoli felici del mito Heidi. Per noi parlare di montagna significa parlare di frequentazione responsabile – fatta di formazione, rispetto dell’ambiente e senso del limite -, tutela ambientale, culture e identità, economia e sviluppo sostenibile. Oltre che di alpinismo, scialpinismo, escursionismo, speleologia, cicloescursionismo, e non solo. E poi, scrivevo, significa dare voce ai principi, alla riflessione culturale e alle attività del nostro Sodalizio. Da allora abbiamo tenuto fede a questa promessa, al compito che ci è stato affidato prima dai precedenti Presidenti Annibale Salsa e Umberto Martini e oggi dal Presidente Torti. Un mese dopo l’altro, senza pause, senza sospensioni. Un impegno costante, che a tratti ha somigliato più a una perseveranza dettata dalla passione che a una professione. La nostra, quella di giornalisti, cerchiamo di onorarla ogni giorno che ci è dato di vivere. Ma quando, insieme ai Soci Cai, contribuiamo alla costruzione di un pensiero e di una collettività culturale che fa del sostegno ai territori di montagna, della tutela ambientale e della frequentazione responsabile delle Terre alte i suoi principi ispiratori, be’, allora non c’è professione che tenga. Perché sappiamo (tutti) di contribuire a una missione che ci vede coinvolti in prima persona. Innanzitutto perché ci sentiamo parte di una comunità d’intenti, quella del Cai. Poi, solo a seguire, viene il resto (lavoro compreso). Questi anni sono stati particolarmente significativi. Non solo perché abbiamo raccontato su queste pagine il secondo decennio del nuovo secolo, culminato come sappiamo con un’epidemia che può riconoscere simili precedenti solo nella spagnola di inizio Novecento (quindi, stavolta è proprio il caso di dirlo, sono faccende risalenti “a un secolo fa”). Ciò che più mi colpisce di questo anniversario è poter scorrere, una dopo l’altra, le copertine di tutti i numeri. Abbiamo provato a sintetizzarle graficamente in una pagina, affinché fosse possibile abbracciarle in un solo sguardo. Di quelle copertine, oltre la bellezza di molte, mi ha colpito il messaggio che ognuna di esse voleva trasmettere. Negli anni abbiamo descritto itinerari, esplorazioni ed escursioni in Italia e all’estero. Ma oltre a fornire una narrazione delle nostre montagne abbiamo trovato lo spazio (e la forza) di raccontare il presente. La storia, i borghi dimenticati, gli effetti della crisi climatica, la diffusione del virus e molto altro ancora. Siamo stati testimoni del nostro presente, che nel tempo diventerà memoria. Con tatto e ponderatezza ci impegneremo ancora nel racconto del nostro tempo, cercando di decifrare i segnali del cambiamento e cercando anche di fornire una chiave di lettura attraverso la lente dei principi del Cai. Al centro di tutto ci saranno sempre le montagne. Così come questa rivista, con nomi diversi ma sempre con la medesima passione di chi ci ha lavorato prima di noi, fa da centotrentanove anni. * Direttore Montagne360

La copertina di questo numero, la numero 100 da quando la rivista è arrivata in edicola

Peak&Tip. Ovvero peak, comunemente inteso come cima della montagna. E tip, che letteralmente significa suggerimento o dritta, ma che qua assume anche altri significati. Un’allitterazione sonora che alimenta suggestioni. Perché tip è utilizzato anche per descrivere un modo di camminare: quello sulle punte dei piedi. Una metafora della scrittura. In questa rubrica condivido con voi pensieri e opinioni, poggiando a terra solo le punte, senza fare troppo rumore.

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