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Segnali dal clima

Laghi in ritirata

L’aumento dei prelievi idrici è un grave pericolo per i laghi dell’Asia centrale. Il caso del lago Balkhash

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a cura di Mario Vianelli

Gran parte delle immense distese dell’Asia centrale sono comprese idrologicamente in bacini endoreici, privi cioè di emissari che ne consentano il deflusso. Il clima è continentale e semidesertico, ma i fiumi che scendono dalle catene montuose concludono il loro corso in laghi la cui estensione è determinata dal fragile equilibrio fra gli apporti e l’intensa evaporazione estiva, e quindi può variare notevolmente nell’arco di pochi anni. Alle dinamiche naturali si è in tempi recenti sommata l’insaziabile ricerca di risorse idriche, con prelievi talmente massicci da alterare l’idrologia di intere regioni, inaridendone il clima e facendo scomparire interi ecosistemi. Tristemente noto è il caso del lago d’Aral, quasi svanito in poco più di una ventina d’anni dopo che le acque dei suoi immissari, l’Amu Darya e il Syr Darya, sono state deviate per irrigare i campi di cotone che dovevano garantire l’autosufficienza sovietica; oppure del Lop Nor, recapito idrico dell’enorme bacino del fiume Tarim, dove ora al posto del lago c’è un deserto di sabbie salate e radioattive da quando, nel 1964, l’area fu scelta per i test nucleari cinesi. Incredibilmente le scelte che hanno portato a questi disastri ecologici vengono puntualmente riproposte, ignorando consapevolmente le drammatiche ricadute che comportano. Così come il lago d’Aral si è prosciugato nell’indifferenza, stessa sorte rischia l’altro grande bacino rimasto, il lago Balkhash, interamente situato in Kazakhstan ma alimentato principalmente dal fiume Ili, proveniente dalle montagne del Tien Shan della regione autonoma cinese dello Xinjang. Il lago, salato nella sua parte orientale, ha una caratteristica forma allungata ad arco e attualmente ricopre 16.400 chilometri quadrati con una profondità media inferiore ai 6 metri. Nel suo angolo sud-orientale il fiume Ili forma un vasto delta che è la più importante zona umida d’acqua dolce nel raggio di migliaia di chilometri; nelle sue foreste ripariali abitava, fino alla metà del secolo scorso, la tigre del Caspio, sottospecie ormai considerata estinta. I problemi ambientali del lago iniziarono in epoca sovietica con la sedentarizzazione forzata dei nomadi turchi e mongoli, la costruzione sulle sue rive della città di Balkhash e di numerosi insediamenti agricoli, l’estrazione e la lavorazione di metalli non ferrosi e l’installazione del poligono per i test missilistici di Saryshagan. Nel 1970 fu terminata la diga di Kapshagay sul fiume Ili, costruita per fornire elettricità e acqua ad Almaty, capitale della Repubblica Socialista Kazaka, città che oggi conta più di due milioni di abitanti. Il riempimento del bacino artificiale (in basso nella foto, ndr), sottrasse acqua al lago fino al 1987; nel frattempo il livello del Balkhash calò di 2,2 metri, e il delta dell’Ili fu invaso dal deserto per quasi la metà della sua estensione. Da allora il lago ha recuperato parte del suo volume, ma nel frattempo sono notevolmente cresciuti i prelievi nella parte cinese del bacino, dove il corso dell’Ili è ormai ovunque costeggiato da coltivazioni che richiedono molta acqua, come quella del riso e del cotone. La città di Yining ha superato il mezzo milione di abitanti in seguito alla massiccia immigrazione cinese, incentivata per superare numericamente l’originaria popolazione di uiguri, musulmani di etnia turca che ormai sono in minoranza nell’intero Xinjang. Alla crescita dei prelievi si sommano gli effetti dell’aumento delle temperature, quindi dell’evaporazione, e della rapida perdita di massa glaciale dei monti del Tien Shan. Sempre meno acqua arriverà fino al lago, fino a che rimarrà soltanto il deserto.

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