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Peak&tip

Cambiamo il clima

di Luca Calzolari*

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È necessario ricordare che il nostro mondo, oltre alla gestione della pandemia da Covid-19, sta affrontando (e deve affrontare) anche altre emergenze, apparentemente meno visibili ma non per questo meno devastanti. Troppo a lungo ad alcuni è sembrato tutto secondario. A ricordarcelo, in questa come in altre occasioni, sono stati ancora una volta i giovani. A Milano si sono infatti riuniti per tre giorni ben 400 ragazzi e ragazze provenienti da tutto il mondo in rappresentanza dei 197 paesi membri dell’Unfccc, United Nations Framework Convention on Climate Change, ovvero la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici. Erano lì per l’assemblea “Youth4Climate”, che ha anticipato di circa un mese la Cop26 di Glasgow, in programma proprio a novembre. Mi piace ricordare anche “Climbing For Climate”, organizzato dalla Rus, la Rete delle Università Sostenibili e dal Cai nell’ambito delle iniziative del Sodalizio per il Festival dello sviluppo sostenibile 2021 di ASviS. Il vertice di Glasgow dei leader mondiali, che il premier britannico Boris Johnson ha definito come «l’ultima occasione per l’umanità», servirà per rivedere gli obiettivi ancora incompiuti dagli accordi sul clima di Parigi, ma di ciò che sta accadendo in questi giorni parleremo più avanti. Non è però passata inosservata la Pre-Cop26 milanese. Non solo per quel «bla bla bla» con cui Greta Thunberg ha verbalmente demolito le politiche dei governi contro il cambiamento climatico. Un linguaggio contemporaneo, il suo. Quasi declinato in funzione dei social network. Ma le parole di questa ragazza Ω che, lo ricordiamo, ha appena compiuto 18 anni Ω non si sono limitate al «bla bla bla». Se in questa circostanza i giovani hanno parlato ai grandi (tra cui anche il Presidente del Consiglio Mario Draghi e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella) è perché il movimento “Fridays for future” è iniziato con lo sciopero scolastico per il clima attuato in Svezia dalla giovanissima Greta già a partire dal 2018. In poco più di tre anni sono diventati milioni i giovani che si sono uniti a questa pacifica protesta fatta di contenuti e proposte. «La speranza non è qualcosa di passivo» ha detto Greta. «Possiamo invertire questa tendenza, ma servono riduzioni drastiche delle emissioni. Riduzioni mai viste prima. La speranza è dire la verità, è agire. Noi vogliamo un futuro sicuro, vogliamo la giustizia climatica». Durante l’emergenza sanitaria, con picchi registrati durante il lockdown, secondo una ricerca pubblicata da Nature, nel 2020 la diminuzione di CO2 nell’atmosfera è stata pari al 7%. Gli accordi di Parigi prevedono tra le altre cose di non superare l’aumento della temperatura globale oltre il grado e mezzo (una soglia che, ahinoi, si avvicina sempre più). E dato che la nostra vita sta fortunatamente Ω e progressivamente Ω tornando a quella che amiamo definire “normalità”, allora sarebbe bene prendere in considerazione anche le parole di questi giovani affinché la normalità possa davvero iniziare a fare rima con sostenibilità. Draghi ha dato loro ragione. «La vostra generazione è la più minacciata dai cambiamenti climatici. Avete ragione a chiedere una responsabilizzazione, a chiedere un cambiamento. La transizione ecologica non è una scelta, è una necessità. Abbiamo solo due possibilità. O affrontiamo adesso i costi di questa transizione o agiamo dopo, il che vorrebbe dire pagare il prezzo molto più alto di un disastro climatico». Le proposte nate nell’ambito di “Youth4Climate” e riassunte nei quattro punti del documento condiviso sono piuttosto chiare: primo, i giovani chiedono ai governi di essere coinvolti in tutte le questioni che riguardano questi temi; secondo, si chiede d’investire sulla transizione energetica e sulle fonti rinnovabili in questa ripresa post pandemica; terzo, i giovani chiedono di raggiungere le emissioni zero al settore privato e la chiusura entro il 2030 dell’industria delle fonti fossili; quarto e ultimo punto, si chiede che sia adottato un sistema educativo capace di creare maggiore consapevolezza sulla crisi climatica. Sia ben chiaro: ancora una volta ricordiamo a tutti che questi non sono problemi lontani o che non ci riguardano. Per quanto il clima sia un sistema non lineare, e nonostante le nostre foreste consentano di assorbire 290 milioni di tonnellate di CO2 in più, gli incendi, le piogge torrenziali e le inondazioni (solo per citare alcuni degli eventi più recenti) sono una costante testimonianza tangibile dell’emergenza climatica in corso. Solo con politiche globali e condivise possiamo raggiungere i risultati sperati. E riprendiamo le parole di Papa Bergoglio, pronunciate in un recente incontro alla Pontificia Università Lateranense, che mentre chiede alla politica mondiale decisioni concrete per invertire la rotta sul clima e l’ambiente, afferma che bisogna cambiare comportamenti in nome di un’ecologia integrale, e invita ad abbandonare una volta per tutte quel «si è fatto sempre così», perché proseguire sempre sulle stesse strade del passato è una modalità “suicida”, non «rende credibili e genera risposte valide solo in apparenza». Giorgio Parisi, recente premio Nobel per la fisica, ospite a Montecitorio, ha parlato alla riunione PreCop26 davanti al Presidente della Repubblica e agli onorevoli italiani. Il Nobel ha affermato che «aumentare il prodotto interno lordo il più possibile è in contrasto con la lotta ai cambiamenti climatici». Il Pil, ha proseguito, «non è una buona misura dell’economia. Cattura la quantità ma non la qualità della crescita. Se rimarrà al centro dell’attenzione il nostro futuro sarà triste». Questi inviti rivolti alla politica non ci esimono però dall’assumere individualmente comportamenti sempre più responsabili né dall’essere disposti a modificare il nostro stile di vita.

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