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Racconti sotterranei | Lo spettacolo del nero assoluto

Intermediario tra le riprese in grotta e l’esterno, Renato Berta, direttore della fotografia che ha collaborato con registi di fama, racconta le suggestioni nate dall’oscurità

Nel film Il buco, come direttore della fotografia mi sono occupato, insieme al regista Michelangelo Frammartino, dell’organizzazione visiva, e insieme abbiamo operato delle scelte che hanno determinato la qualità delle immagini di questo lavoro. La specificità del mio lavoro, durante le riprese, consiste nel dialogo tra la realtà di quel che succede davanti alla macchina da presa e le immagini che si formano in uno schermo. Nel caso specifico, portare un equipaggiamento di qualità nella grotta sarebbe stato un lavoro troppo complesso, per cui abbiamo deciso che questo dialogo avvenisse dall’interno della grotta verso l’esterno. Data la mia età ed esperienza da una parte, e il fatto che non ho nessuna formazione come speleologo dall’altra parte, questo dialogo è stato per me poco “condizionato” dagli sforzi fisici dell’equipe, sforzi non indifferenti, tesi a raggiungere i diversi punti nella grotta per le riprese. Sono stato un intermediario, insomma, tra l’azione fisica e l’immagine di questa azione. La cosa più suggestiva è stata, a un certo punto, scendendo nell’abisso, arrivare nel “nero assoluto”, uno spettacolo unico, una condizione che nella realtà non esiste, tantomeno nei film, dove l’oscurità prevede comunque che qualcosa si veda, che vengano illuminati anche solo dei dettagli. Invece in questo modo, in questo nero, noi vedevamo quello che vedevano i protagonisti, grazie alle loro luci frontali. Ed è stato spettacolare vedere come lo schermo non fosse più rettangolare, ma prendesse la forma esatta della grotta.

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Renato Berta

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