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Introduzione

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Lettere

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Solis Planus, limitate a est e sud-est dalla catena di Thaumasia su Marte (foto MOLA, NASA/USGS/ESA/ DLR/FU Berlin)

Scalatori su Marte

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Sono tante le notti trascorse sui monti. Notti trascorse a rimirar le stelle, condividendo racconti e confidenze. Tutti noi abbiamo tenuto almeno una volta lo sguardo rivolto verso il cielo, a lungo. Attratti e affascinati da questo mondo sconosciuto che per secoli è stato fonte d'ispirazione per artisti e sognatori. I più appassionati accompagnano l’esperienza con mappe stellari e carte celesti, indicando questo o quell'altro pianeta e mettendo in evidenza le costellazioni con il movimento dell'indice, come se disegnassero su una lavagna trasparente. Altri, forse i più romantici, sono soliti abbandonarsi con la schiena a terra e gli occhi al cielo, lasciandosi trasportare dal silenzio, dall'immaginazione e da quei puntini luminosi che sembrano lucciole in un campo d'estate. Salvo poi scoprire che quel mondo ignoto non è poi così sconosciuto come potremmo pensare. Marte, Venere e la Luna li abbiamo visti solo nelle scenografie di film fantascientifici in bianco e nero. Poi sono arrivati Gagarin e Neil Armstrong, il 20 luglio 1969. E tutto (o quasi) è cambiato. Lo spazio non è più solo un luogo dell'immaginazione, ma una somma di nuovi mondi da esplorare e conoscere. In mezzo secolo la scienza ha fatto passi da gigante, così come la conoscenza del Sistema Solare. E così la nostra curiosità ci ha spinto a indagare ciò che, tra le altre cose, più ci sta a cuore. Ovvero le montagne. Non solo le montagne della Terra viste dall'alto - le foto scattate dall'astronauta Luca Parmitano, alcune delle quali sono pubblicate nelle pagine che seguono, sintetizzano geometrie estetiche e geomorfologiche di straordinaria bellezza - ma anche i monti e i vulcani dei pianeti alieni (a definirli così, nell'immaginario dei più questo aggettivo creerà immagini di extraterrestri molto simili a ET). Il passo che compiamo, in questo caso, è un gran balzo in avanti. E lo facciamo leggeri, senza l'ausilio della gravità. Perché al di là del suggestivo racconto dell'astronauta italiano, l'unico dell'Agenzia spaziale europea ad aver trascorso 366 giorni non cumulativi nello spazio, vi proponiamo un'accurata analisi delle montagne spaziali che, a ben vedere, in molti casi non sono poi così differenti dalle nostre montagne. La Terra ha caratteristiche peculiari e nessun pianeta conosciuto sembra assomigliarle davvero. Ma le montagne sì. Pur con origini geologiche differenti, nella loro bellezza universale spesso si assomigliano, proprio come la parete Hathor della Cometa Churyumov-Gerasimenko, raggiunta nel 2014 dalla sonda Rosetta dell'Agenzia spaziale europea a cui dedichiamo la copertina di questo numero di Montagne360. E allora perché non continuare a sognare, proprio come facevamo da ragazzini, di essere grandi esploratori, per scoprire le montagne più remote del nostro pianeta e lo spazio. Forse anche chi ha chiamato le catene montuose di Mercurio con i nomi di antichi vascelli d’esplorazione (uno per tutti Beagle, su cui viaggiò Charles Darwin) ha condiviso con noi questi sogni di ragazzino. Chissà, forse un giorno potremo davvero salire le montagne di Marte, accorgendoci improvvisamente di aver realizzato qualche pezzetto dei nostri sogni. ▲ Luca Calzolari

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