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Salendo si impara

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La montagna non siede in cattedra. E noi, dal canto nostro, neppure ci accorgiamo di esser dietro a un banco di scuola. Eppure, ogni volta che decidiamo di approcciarla, abbracciarla, amarla, da essa impariamo sempre qualcosa di fondamentale. È una maestra unica. Ogni tanto sussurra nel vento parole che bisogna esser pronti a cogliere. Altrimenti, in genere, insegna per sensazioni ed emozioni, sia timide sia fortissime. Per immagini che possono esser minime o grandiose. E pure attraverso silenzi. Assoluti.

a cura di Bruno Tecci e Franco Tosolini Illustrazioni di Luca Pettarelli

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Giorni lunghi, giorni pieni

Salendo si impara che certi giorni possono esser lunghi quasi come due. Se ci si sveglia al mattino in un rifugio, quando il mattino è ancora la notte del giorno prima. Per mettersi in cammino su una rampa di ghiaccio che ha il potere di rischiarare il buio, solo riflettendo l’accenno di luce che fan le stelle e un archetto di luna. Con l’alba che arriva quando già si avanza da ore. E toglie il poco di respiro che resta, nell’aria così scarsa, tingendo di rosa le vette più alte – lì dove siamo diretti – e di zaf- firo il cielo a occidente. Si è in cima all’ora in cui in città ci saremmo destati. La quota, l’appagamento, la felicità sono così al culmine che il giorno potrebbe chiudersi qui. E invece c’è ancora tutto il giorno davanti. E allora giù, giù, giù, su ghiaccio, attorno a crepacci, poi pietre e pareti, poi boschi e prati, fino a strade, fino a una birra, e fino a casa. La doccia, il letto morbido, venti ore dopo aver aperto gli occhi su un giorno che si prospettava pieno. E lo è stato.

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