Cervino
Scalare nella Storia Rivista CAI Ligure 2/2021
Paolo Romano*
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A
metà agosto Andrea lancia la proposta di salire il Cervino creando il gruppo whatsApp “4-5 settembre”, ne fanno parte anche Carlo e Paolo. Siccome andare in montagna per me è soprattutto condivisione piuttosto che semplice conquista della vetta il binomio amici-Cervino riceve il mio sì immediato. Il Cervino non è solo una montagna, è LA MONTAGNA, è un simbolo, è la storia dell’alpinismo, è la determinazione di Carrel, il mito di Bonatti, la via di Gogna, la normalità dei nostri papà, il sogno di tanti e molto molto altro ancora. Non lo avevo mai preso seriamente in considerazione ma l’occasione è perfetta. Iniziamo i preparativi: lo studio della via, perché nessuna salita va sottovalutata, condizione fisica, acclimatamento e possibili alternative in caso di cattivo tempo nel fine settimana. Intanto prenotiamo gli ultimi quattro posti disponibili alla Capanna Carrel, mannaggia speriamo di non fare la coda. Ma è sulle alternative che siamo fortissimi e vanno dalla cresta Albertini, con annessa salita della Dent d’Herens, fino alla traversata integrale della Serra dell’Argentera. Praticamente prendiamo in considerazione tutte le alpi occidentali, sognare in fondo non costa nulla. La settimana della salita le previsioni sono abbastanza instabili e finalmente, dopo mille dubbi e ripensamenti, il venerdì pomeriggio decidiamo di partire comunque. Una liberazione, l’attesa è stata snervante e nessuno voleva imporsi ai compagni, senza rendermene conto ero spossato dall’indecisione ma dopo sollevato e pieno di energie. Prima della partenza eravamo consapevoli dell'eventualità di abortire la salita già alla capanna. Le aspettative erano tali che ho portato il coprizaino impermeabile e fino all'ultimo sono stato in dubbio sull'ombrello e la mantellina, naturalmente deriso dai miei compagni. La salita, dopo il rifugio Duca degli Abruzzi, è già un viaggio: croce Carrel, traverso
sotto la Testa del Leone, colle del Leone e da qui proseguiamo legati, ai canaponi alterniamo qualche tratto di facile arrampicata fino alla Cheminée, che ormai non ha più nulla del camino/diedro. Trattasi di placca verticale con uscita leggermente strapiombante, e nonostante la corda e qualche ferro infisso resta comunque una bella bastonata per le braccia; ciò nonostante molti la affrontano senza nemmeno assicurarsi. La Capanna Carrel merita poi un discorso a parte. Un vero nido d’aquila appollaiato a 3800 metri sulla Cresta del Leone e dotata dell’essenziale: 3 fuochi a gas (ma tutti avevamo il fornello), comodi materassi, ma talmente umidi che una coperta la usi per non bagnarti la schiena e un bagno esterno che è un esperienza da raccontare. Si percepisce la tensione e la determinazione delle persone presenti, anche i segni dei ramponi sul pavimento dell’ingresso contribuiscono all’atmosfera. La sera si parla sottovoce e ci si prepara per la partenza, ci corichiamo già sapendo che dormire sarà un’impresa, ma ci si prova. Poco distante c’è lo spiazzo dove sorgeva la Capanna Luigi Amedeo che oggi è visitabile giù a Cervinia vicino all’ufficio delle guide. Insomma, ovunque guardi, la storia ti circonda. Nel tardo pomeriggio del sabato una leggera pioggerellina, condita da qualche fiocco di neve, investe la montagna ed alcune cordate, rallentate dalla roccia ghiacciata, rientrano col buio confermando così le nostre preoccupazioni. Restiamo fedeli al programma: sveglia alle 4 e se le condizioni sono buone (no verglass) si sale, la deadline sarà alle 9,30. La mattina la roccia è asciutta, il tempo è sereno, non c’è vento e la temperatura è solo frizzantina, quindi si parte. La “Corda della sveglia” è solo una passeggiata se paragonata alla Cheminée, poi un susseguirsi di canaponi, tratti semi attrezzati e pura conserva, un viaggio nella storia dell'Alpinismo, quello con la A maiuscola: Placche Cretier,