Anteprima del numero 0 de "Lo Strutturista"

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LE STRUTTURE TRA SCIENZA, TECNICA E ARTE.

Focus

PROGETTAZIONE PER RESISTENZA E DUTTILITÀ Il metodo innovativo in zona sismica dell'ing. Nunziata

Esclusiva

Caso studio

ing. Majowiecki: "Le coperture sospese a ruota di bicicletta: gli stadi di Roma e Youndé"

ing. Mazzolani: "Una ricostruzione impossibile nel centro storico di Napoli"

Nr. 00 Ottobre 2019


Focus

STRENGTH DUCTILITY DESIGN: PROGETTAZIONE PER RESISTENZA E DUTTILITÀ Per una Progettazione Consapevole e Controllata delle Strutture in Acciaio in Zona Sismica

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ing. Vincenzo Nunziata Laureato in Ingegneria civile, inizia la sua carriera in qualitĂ di strutturista presso uno studio tecnico di ingegneria, collaborando al consolidamento e alla ricostruzione di numerosi edifici in muratura ed in c.a. danneggiati dal sisma in Irpinia del 1980. Dal 1989 si occupa principalmente della progettazione strutturale e direzione dei lavori di edifici in c.a. e di strutture in acciaio. Partecipa in qualitĂ di relatore a numerosi seminari di specializzazione sulla progettazione di strutture in zona sismica. Cultore della materia e Autore di numerose pubblicazioni e libri sulle strutture in c.a., acciaio e storia delle strutture.

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Case Study

1. La copertura dello stadio Olimpico di Roma 1.1 Storia della concezione strutturale Lo Stadio fu costruito nel 1960 per i Giochi Olimpici di Roma; successivamente, si ebbe l’esigenza di ampliare la struttura in vista dei Campionati Mondiali di Calcio del 1990.

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La genesi della copertura attuale dello Stadio è il risultato di una variante progettuale, resasi necessaria dopo che le associazioni ambientaliste presentarono ricorso al tribunale regionale nel gennaio 1998, denunciando l'impatto ambientale del progetto. In effetti, la soluzione originale prevedeva una copertura reticolare a doppio strato, sospesa su cavi e ancorata a otto torri di cemento alte 50 metri. In tali circostanze e in tempi ridotti (con solo 16 mesi per progettare e costruire), Majowiecki ha proposto una soluzione di struttura ad anello cavo, piatta ed elegante: il tetto a "ruota di bicicletta". Il design della struttura, all'epoca senza precedenti, è stato precursore di molte altre coperture di stadi, con un concetto strutturale identico o simile. Le caratteristiche della copertura sono le seguenti: • strutture verticali portanti indipendenti da quelle che sostengono le tribune (12 colonne periferiche);

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b >> Figura 1 Il nuovo tetto dello stadio Olimpico di Roma; a) progetto b) soluzione Prof. Majowiecki


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>> Figura 2 a) vista dall’alto b) sezione del tetto

• profilo laterale molto esiguo, al fine di minimizzare l'impatto visivo (12 metri di altezza); • sistema strutturale ad anello chiuso pseudo ellittico di 307 m di diametro principale, semplicemente appoggiato sulle 12 colonne periferiche (vincoli solo verticali) • vincoli dinamici con attuatori viscolelastici su 4 colonne; • utilizzo di un sistema di copertura leggero con membrane a doppia curvatura in fibra di vetro e PTFE. 1.2 Descrizione della struttura Il sistema di copertura è costituito essenzialmente da: • un'orditura radiale di tensostrutture piane; • un anello interno policentrico di contrasto; • un sistema d'ancoraggio esterno anulare policentrico reticolare spaziale.

1.2.1 Tensostrutture piane Le tensostrutture di tipo piano sono ordite in direzione radiale rispetto ai centri delle curve policentriche omotetiche, generatrici dello schema geometrico dello stadio. Tutte le funi sono galvanizzate (zincate) e di formazione spiroidale chiuse e/o aperte, con resistenza elementare dei fili maggiore di 1600 N/mm2. 1.2.2. Copertura del tetto Al sistema di orditura radiale delle tensostrutture piane è associata l'orditura secondaria di supporto del manto dei pannelli di copertura: le travi, sono sospese al livello della fune stabilizzante, formando una struttura a telaio piana. Il manto di copertura è costituito da una membrana in fibra di vetro, rivestita in PTFE, ed è collegata all'estradosso delle travi secondarie.

1.2.3. Anello interno circolare policentrico L'anello interno, che ha la funzione principale di equilibrare, in un sistema locale chiuso, gli sforzi orizzontali trasmesse dalle tensostrutture radiali, è configurato geometricamente in pianta da due cerchi di raggio pari a 165.89 m e 52.69 m. L'anello è costituito da 12 funi spiroidali, zincate, chiuse di diametro pari a 87 mm, disposte su un piano orizzontale a quota +29 m. 1.2.4. Anello esterno di ancoraggio Le funi portanti e stabilizzanti si ancorano esternamente su un anello reticolare spaziale a configurazione circolare policentrica in pianta di dimensioni massime esterne di 307.94 m per il diametro maggiore e 273.28 m per il diametro minore.

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Case Study

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>> Fig. 2 Residui murari in aderenza con gli edifici confinanti di via Bisignano (a) e vico Belledonne (b, c)

Infatti, tenendo conto dei vincoli imposti, la scelta più spontanea per la tipologia strutturale destinata al completamento dell’edificio era quella di utilizzare per la sopraelevazione lo stesso tipo di muratura tufacea già esistente al primo livello ed in parte in aderenza con gli edifici confinanti, anche nel puntuale rispetto dell’imposto restauro conservativo. Ma questa ipotesi della ricostruzione della parte mancante mediante la stessa muratura di tufo dovette essere subito scartata. Infatti, nel corso di più di mezzo secolo le nuove disposizioni legislative e le condizioni ambientali erano sostanzialmente cambiate. L’inserimento in zona sismica del territorio napoletano a partire dal terremoto del 1980, con successive modifiche più restrittive, impone il rispetto della nuova normativa sismica che, fra l’altro, avrebbe richiesto la realizzazione di giunti lungo il perimetro a contatto con gli edifici esistenti, che prima non esistevano. Oltre che al taglio

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della muratura esistente per la realizzazione dei giunti, la più severa domanda di resistenza strutturale necessaria per l’assorbimento delle azioni sismiche avrebbe comportato un importante incremento dello spessore dei muri alla base, che certamente non sarebbe stata accettata dagli attuali proprietari del piano terra, dove operano ben avviati esercizi commerciali, che avrebbero subito un danno sia a causa della sospensione temporanea delle attività durante i lavori, ma soprattutto per la riduzione delle aree utili causate dal necessario aumento dello spessore delle pareti verticali. Per queste ragioni, il problema sembrava privo di soluzioni accettabili. Occorreva escogitare un sistema strutturale del tutto fuori dal comune, che fosse completamente autonomo ed indipendente dall’esistente.


L’idea della soluzione strutturale Nella passata esperienza progettuale, lo scrivente ha spesso dovuto affrontare problemi strutturali che hanno richiesto la concezione di soluzioni “non convenzionali” e la loro realizzazione. Fin ai lontani anni ’80 del secolo scorso, occorre risalire per ricordare il caso dell’edificio principale del nuovo Centro dei Vigili del Fuoco di Napoli (Fig.3). Un edificio concepito inizialmente come una ossatura di acciaio

sospesa a nuclei in c.a. per motivi funzionali, in quanto era richiesto che il piano garage fosse completamente libero da pilastri su una maglia 16x16 metri. Poiché la progettazione generale era stata eseguita prima dell’introduzione del territorio napoletano in zona sismica, passando alla fase esecutiva si è presentata la necessità di adeguare sismicamente una struttura sospesa. All’epoca (inizi anni ’80 del secolo scorso) gli edifici isolati sismicamente nel mondo si contavano sulle dita di una mano: tre erano

>> Fig. 3 L’edificio principale della Caserma dei Vigili del Fuoco di Napoli

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in Nuova Zelanda a Wellington, un ospedale, il Parlamento e la Centrale di Polizia; negli USA il vecchio municipio di Salt Lake City; di altre applicazioni non si aveva conoscenza. Nessuno comunque apparteneva alla categoria degli “edifici sospesi”. All’epoca non esisteva ancora una letteratura tecnica da poter consultare e seguire come guida. L’unico modo di procedere era in maniera pionieristica. In questo spirito sono stati concepiti speciali dispositivi per svolgere espressamente due funzioni specifiche: consentire alle maglie strutturali di respirare liberamente in condizioni di esercizio; svolgere un’azione isolante e smorzante in caso di sisma sia ondulatorio che sussultorio. È stato quindi realizzato il primo edificio isolato sismicamente in Europa, ma certamente nel mondo come edificio sospeso. Anche per questa ragione, questo edificio ha ricevuto il prestigioso premio CECM-ECCS nel 1987 [1,2]. L’idea di sospendere una nuova struttura, quando la parte esistente non può reggere alcuna sopraelevazione, è stata utilizzata successivamente in occasione dell’ampliamento dell’Hotel Jolly di Caserta (Fig.4). Si trattava di due edifici con struttura intelaiata in c.a. di 5 piani al centro dei quali esisteva un edificio in muratura di tufo di due piani, che conteneva l’ingresso e la reception.

>> Fig. 4 La struttura sospesa della sopraelevazione dell’Hotel Jolly di Caserta: (a) facciate dopo l’intervento; (b) sezione della struttura di sospensione

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Ricerca e innovazione

LE ANALISI DINAMICHE NON LINEARI PER LA VALUTAZIONE DELLA VULNERABILITÀ SISMICA DI EDIFICI ESISTENTI IN MURATURA

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a vulnerabilità sismica di edifici esistenti in muratura e di oggetti di pregio storico/artistico viene in genere trattata con analisi cinematiche su meccanismi locali. Un approccio di natura diversa è quello delle analisi dinamiche non lineari o di rocking (dondolamento), in cui continua a valere l’assunzione di blocco rigido, ma il modello meccanico è sostanzialmente differente. Nel presente contributo vengono delineate le sue principali caratteristiche,

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ing. Linda Giresini, PhD, docente presso l’Università di Pisa ed esperta di murature

considerando sia il moto bilaterale (valido per elementi svettanti, snelli e comunque non vincolati) sia il moto unilaterale (facciate di edifici in muratura). Vengono altresì discusse le differenze tra le analisi cinematiche e le analisi dinamiche in termini di output e i risultati che da esse conseguono, mettendo in luce l’importanza di considerare le seconde come complementari a quelle usate tradizionalmente. Nelle Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni del 2018 il tema


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>> Fig. 1 Meccanismi di blocco rigido in edifici esistenti in muratura: casa privata a L’Aquila (Aprile 2008) e Basilica di San Benedetto di Norcia (Ottobre 2016).

della vulnerabilità sismica degli edifici esistenti in muratura e di oggetti di pregio storico-artistico viene affrontato tramite l’identificazione dei meccanismi locali, che si attivano per un carente grado di connessione delle pareti agli elementi adiacenti, siano essi muri perpendicolari o orizzontamenti, nonché per amplificazione dinamica di spinte orizzontali dovuta ad archi o volte. Tali meccanismi fuori piano sono effettivamente insidiosi e si sono sovente manifestati nei recenti terremoti italiani (Figura 1). I meccanismi locali riguardano blocchi assunti come rigidi, singoli o multipli, collegati da vincoli interni, generalmente cerniere cilindriche. Tale assunzione, che si associa a quelle adottate da Jacques Heyman (1966) per lo studio della cinematica degli archi (infinita resistenza a compressione, resistenza a trazione nulla e assenza di scorrimento), consente di trascurare la deformabilità della parete e valutarne l’evoluzione cinematica tramite il principio dei lavori virtuali. Nella recente normativa italiana, l’analisi dinamica non lineare è per la prima volta ammessa per questi meccanismi, affiancandosi a quelle cinematiche lineari e non lineari. La norma non offre tuttavia indicazioni esaustive per il progettista, in quanto specifica soltanto di assumere “accelerogrammi in numero sufficiente ad individuare una risposta media significativa”. Mancano, infatti, riferimenti sulle modalità di modellazione dei meccanismi fuori piano e loro analisi. In questo contributo

si vuole descrivere un modello possibile per analisi dinamiche non lineari, relativo al meccanismo di rocking o dondolamento, caratterizzante la rotazione di blocchi rigidi per effetto di azioni dinamiche.

Analisi dinamiche non lineari o di rocking: oscillatore equivalente vs facciata in rocking Le analisi dinamiche non lineari o di rocking rappresentano una nuova frontiera nell’ambito della valutazione della vulnerabilità sismica di edifici esistenti, in particolar modo per quelli di interesse storico/artistico. Mentre le analisi cinematiche, tradizionalmente usate in tale campo, si basano sul concetto della parete quale oscillatore equivalente caratterizzato da massa e rigidezza e generalmente a un grado di libertà, quelle dinamiche si fondano sull’assunzione di corpo rigido dondolante (rocking). Un interessante lavoro di Makris e Kostantinidis (2001) illustra le principali differenze tra oscillatore equivalente a un grado di libertà e parete rigida in rocking (Figura 2). L’oscillatore è caratterizzato da una specifica frequenza propria di vibrare, funzione della rigidezza e della massa dello stesso, mentre il corpo in rocking ha un periodo di vibrazione fortemente dipendente, e in senso non lineare, con la sua propria rotazione (Housner, 1963). Inoltre, per l’oscillatore i parametri di

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Ricerca e innovazione

Una proposta pratica sui coefficienti γG da adottare In merito alla procedura di verifica qui presentata più avanti, e in accordo con le osservazioni in [1], si propone di adottare direttamente la semplice scelta: • γG = 1.35 (γG1 = 1.3 secondo Tab. 6.2.I, NTC2018) quando il massimo livello di escursione della falda è al più sotto il piano campagna, a monte dell’opera di contenimento; • γG = 1.0 (γG1 = 1.0 secondo Tab. 6.2.I, NTC2018) quando il massimo livello di escursione arriva fino sul piano campagna, a monte dell’opera di contenimento. Sembra infatti ragionevole supporre che l’effetto dei carichi idraulici di progetto, quando imputabili al massimo livello di escursione della falda freatica sul piano campagna a monte della struttura di contenimento, non debba risultare ulteriormente incrementato di +30% (o +35%, se secondo EC7) del corrispondente valore caratteristico.

Alcune precisazioni relativamente alle NTC2018 In base a quanto riportato proprio nelle NTC2018 al §6.5.2.2, (Modello geometrico di riferimento: “Il livello della superficie libera dell’acqua deve essere scelto sulla base di misure e sulla possibile evoluzione del regime delle pressioni interstiziali anche legati a eventi di carattere eccezionale e a possibili malfunzionamenti dei sistemi di drenaggio”), si propongono delle semplici disequazioni che tengono conto anche del grado di consolidazione presumibile oltre che dell’eventuale presenza – in quest’ultimo caso indirettamente – di moti di filtrazione a monte della struttura di contenimento. In questo modo, la procedura di calcolo proposta risulta sicuramente compatibile anche con quanto disposto dalla norma generale di riferimento che più qui interessa (EN 1997-1).

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Alcune precisazioni di carattere geotecnico Come noto, un generico punto Z alla profondità z in un deposito di terreno incoerente (c’ = 0), omogeneo e asciutto (avente peso di volume d costante con la profondità) e delimitato superiormente da una superficie piana orizzontale, presenta una pressione interstiziale praticamente nulla (presenza solo eventualmente della fase aeriforme) e uno stato tensionale (geostatico) assialsimmetrico. Le pressioni (litostatiche) verticale e orizzontale agenti nel punto Z, in seno alla matrice solida del terreno, sono notoriamente rispettivamente pari a: σ′v0 = γdz; σ′h0 = K0σ′v0 = K0γdz. La tensione litostatica verticale σ′v0 è staticamente determinabile dalla condizione di equilibrio alla traslazione verticale; mentre la tensione orizzontale σ′h0 lungo uno stesso piano orizzontale è uguale in tutte le direzioni ma non è mai staticamente determinata. Il coefficiente dato dal rapporto K0 = σ′v0/σ′h0 è detto “coefficiente di spinta a riposo” (“thrust at rest”). Poichè di norma (nelle condizioni usuali, si presume quindi proprio nelle “normal circumstences” indicate dalla EN 1997-1) K0 è minore di uno, la tensione verticale σ′v0 corrisponde alla tensione principale maggiore σ′1, mentre la tensione litostatica orizzontale σ′h0 corrisponde alla tensione principale minore σ′3. In virtu`, infatti, della simmetria assiale ipotizzata, la tensione principale intermedia σ′2 coincide con la tensione principale minore σ′3. Entrambe le tensioni litostatiche σ′v0, σ′h0 si annullano sul piano campagna (z = 0) e variano linearmente con la profondità z > 0, rispettivamente con gradienti γd e K0γd. Per la stima del coefficiente di spinta a riposo K0, sono state proposte diverse formulazioni empiriche le cui più note e utilizzate [2] sono: K0(NC) ≈ 1 − sin φ′

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K0(OC) ≈ K0(NC) · OCR0.5 (3)


rispettivamente per terreni normal-consolidati (NC) e per terreni sovra-consolidati (OC). Il parametro OCR (“over consolidation ratio”) viene detto fattore di sovra-consolidazione. Il rapporto di sovraconsolidazione (OCR) è un indice che suggerisce la storia di carico di un particolare terreno. Conoscere tale rapporto è dunque fondamentale ai fini di comprendere se il terreno sul quale si vuole costruire ha sopportato in passato un carico maggiore rispetto a quello che si andrà ad applicare con la nuova costruzione (come accade per terreni erosi), o se viceversa la più grande sollecitazione avverrà quando la messa in opera della nuova costruzione sarà completata. L’OCR consente di osservare indirettamente molte caratteristiche del terreno, le quali permettono uno studio più approfondito e preciso del terreno stesso. Ad esempio, per avere un’idea qualitativa dell’entità dei valori di K0 nei casi più generali (quindi non solo in condizioni “normali” di 0 < K0 < 1), per valori orientativi di φ′ ≈ 30°, applicando le eqq. (2), (3), si trova: OCR = 1; normalmente consolidato OCR = 2; debolmente sovraconsolidato OCR = 4; mediamente sovraconsolidato OCR = 10; fortemente sovraconsolidato

K0 ≈ 0.5 K0 ≈ 0.7 K0 ≈ 1.0 K0 ≈ 1.6

A tal proposito, è noto altresì che il coefficiente di spinta “a riposo” è in teoria sempre compreso fra i due limiti minimo e massimo di “spinta attiva” e “spinta passiva” Ka ≤ K0 ≤ Kp. Nel caso usuale di opere di sostegno non fondate su pali (ad esempio, il classico muro di sostegno), il terreno a monte del paramento verticale tende ad un regime di “spinta attiva”, quando sono possibili assestamenti del muro di sostegno tali che la testa del paramento verticale (di altezza H dallo spiccato) presenti una componente orizzontale δY di spostamento tale che δY /H risulti circa dell’ordine dello 0:2% ÷ 0:4%. Evidentemente, questo assetto è possibile quando il terreno di fondazione della soletta del muro di sostegno non è molto compatto o non

è dotato di un’enorme portanza rispetto ai carichi gravanti. Analoga situazione è quella di strutture di contenimento fondate su pali: la palificata non consente di fatto assestamenti della testa del paramento verticale e quindi l’assetto di “spinta attiva” non può estrinsecarsi. Ci si troverebbe quindi in una situazione con un coefficiente di spinta K > Ka sicuramente maggiore del regime di “spinta attiva”. Pertanto, nel caso particolare di muri di sostegno relativamente alti e fondati su pali, le spinte orizzontali dei terreni tenderanno ad essere prossime all’assetto litostatico (quindi in condizioni, almeno, di “spinta a riposo”). Secondo quest’ottica, per tali strutture si tenderà a considerare valori ragionevoli e più probabili delle spinte orizzontali della matrice solida, tenendo conto anche della storia tensionale del terreno interessato dall’opera di contenimento. In un terreno normal-consolidato (la norma, quindi) la tensione geostatica orizzontale è circa la metà di quella verticale; per OCR = 4 lo stato tensionale è isotropo, mentre per OCR > 4 la tensione geostatica orizzontale diviene tensione principale maggiore. Ad esempio, un terreno compattato eccessivamente a tergo del paramento di un muro di sostegno può essere assimilabile sotto certi aspetti a un terreno “debolmente sovra-consolidato” e quindi con spinte orizzontali sulla matrice solida maggiori della “spinta attiva” (Ka ≈ 0.4÷0.45) fino a oltre il 70% (~0.7/0.4 = 1.75). Ciò, unitamente alla presenza di un terreno di fondazione molto compatto su cui poggia la soletta del muro o alla presenza stessa di pali, rende di fatto lo studio dell’entità della spinta orizzontale molto importante, a maggior ragione quando in presenza di falda e/o moti di filtrazione da monte a valle della struttura di contenimento. Infatti, in presenza di filtrazione (quindi, in presenza di moto vario), se con ∆h si indica la perdita di carico idraulico totale per filtrazione da monte a valle della struttura di contenimento (quindi, praticamente, lungo l’altezza complessiva del paramento verticale H, con ∆h ≥ 0), la pressione

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Ingegneria parametrica

Computational Design e Ingegneria parametrica nel mondo delle costruzioni

ing. Marco Pellegrino, ingegnere civile e membro del gruppo Computation and Design di Format Engineers

ing. Sara Andreussi, ingegnere edile-architetto e Project Engineer nello studio Format Engineers

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a figura dell’ingegnere non è poi così cambiata nel corso degli anni, quello che è cambiato e si è modificato è piuttosto il modo di pensare e di vivere l’ingegneria. Ciò che differenzia il presente, il passato e il futuro nel nostro lavoro sono la ricerca, lo sviluppo, la scoperta e la conoscenza di nuove tecnologie e nuovi materiali da impiegare nel settore. Il primo approccio al FEA, acronimo di Finite Element Analysis avviene nel 1956 con un articolo sui metodi computazionali che viene concretizzato nel mondo dell’ingegneria strutturale nei primi anni ‘60. Il FEA

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è un processo mentale specifico che volta pagina ai calcoli a mano e ai lenti e macchinosi modelli per dare spazio ad una massimizzazione del lavoro ed una minimizzazione del tempo impiegato. Non dimentichiamoci che la matematica e la scienza delle costruzioni sono sempre alla base della logica dell’ingegneria e ciò che cambia negli anni e che cambierà nel futuro sono la forma e l’approccio al problema e come risolverlo, ma non la sostanza. Prima dell’avvento del calcolatore il professionista non utilizzava il computer e né tantomeno software per risolvere


modelli meccanici ed è per questo che serviva molto più tempo e molta più manodopera per produrre risultati. L’ingegneria computazionale con l’uso dei computer ha aiutato a sviluppare il design strutturale

metodologie e allo stile di questo movimento. L’architettura odierna manifesta interesse in pattern sempre più organici e fluidi e l’ingegneria deve essere presente con lo stesso dinamismo e complessità.

• progettazione integrata con la produzione Lati negativi: • Generazione di vincoli involontari nella creazione dello spazio di ricerca • Utilizzo forzato di script creati per progetti precedenti con conseguente propagazione degli errori • Eccessivo tecnologia

affidamento

alla

• “Black box”

Automatizzazione dei flussi di lavoro

>> Fig. 1 Studio di progettazione negli anni ‘60

diminuendo i tempi di calcolo e migliorando prestazioni, velocità e qualità dei risultati. L’idea di utilizzare ragionamenti parametrici permette flessibilità nell’impostare svariati modelli e ottenere di conseguenza risultati in poco tempo. Il movimento del Parametricismo è nato per la prima volta con il Manifesto presentato da Patrick Shumacher, attuale direttore dello studio di Zaha Hadid Architects, alla Biennale di Venezia del 2008 dove concretizza l’inizio di un’Era in quello che è il modo attuale di vivere l’architettura Postmoderna. L’ingegneria in quanto strettamente connessa all’architettura e ai suoi movimenti si è quindi dovuta adattare al design, alle

Aspetti positivi e negativi L’utilizzo intensivo della tecnica di modellazione parametrica ha aspetti positivi e negativi. Di seguito ne sono elencati alcuni di questi.

La pratica professionale ha la necessità di produrre risultati validi e allo stesso tempo speditivi. Allo stato attuale, un ingegnere non si può permettere di creare modelli complessi che potrebbero portare a risultati più accurati. I modelli meccanici strutturali, con lo sviluppo e ricerca, si sono ulteriormente raffinati e le numerose tecniche numeriche di risoluzione delle equazioni li rendono risolvibili.

• abilità di manipolare geometrie complesse

Il limite nello studio delle strutture sembra quindi essere dettato dal tempo materiale necessario per la creazione del modello piuttosto che alla sua risoluzione e validazione. L’industria dell’architettura e ingegneria ha quindi provato a risolvere il problema con la creazione di software per l’automazione dei flussi di lavoro (workflow).

• espansione degli strumenti di analisi

Possiamo immaginare un workflow come un algoritmo che

Lati positivi: • procedura snella e flessibile • ottimizzazioni • migliori performance degli edifici • modellazioni avanzate (CFD, Physics based solvers)

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Strutture e strutturisti

Il ponte San Michele e il suo progettista

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bbiamo sotto gli occhi il lavoro degli Ingegneri Strutturisti tutti i giorni: quando siamo a casa, quando siamo in ufficio o nel momento che attraversiamo un ponte o una galleria. Tuttavia, a parte qualche raro caso, si conosce poco o nulla dei Progettisti Strutturali a differenza dell’ampia bibliografia disponibile sui Progettisti Architettonici. Dietro ai progressi e alle realizzazioni architettoniche più o meno famose ci sono spesso grandi Ingegneri di cui nulla si racconta. Probabilmente, perché davanti ad un problema progettuale la risposta di un Architetto è di tipo personale, influenzata da singole preferenze stilistiche fondate sul suo modo di sentire ed individuare la risposta più corretta ed appropriata. Al contrario, l’Ingegnere, posto davanti ad un problema cercherà di oggettivare la risposta spostando

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ing. Daniele Borgogni ingegnere civile e libero professionista con una grande passione per le strutture

l’attenzione sullo studio dei materiali, dei dettagli costruttivi, sull’inquadramento normativo e sulla risposta (oggettiva perché dettata dai principi fisici e dalle leggi della natura) globale della struttura. Peter Rice affermava che la risposta dell’Architetto è prima di tutto una risposta creativa, mentre quella dell’Ingegnere è sostanzialmente inventiva. La Progettazione Architettonica è associata spesso all’Arte ma è opportuno rendersi conto che anche la Progettazione Strutturale è un’Arte e che a pieno titolo i Grandi Strutturisti sono essi stessi degli Artisti. Uno di questi è Jules Rothlisberger, Ingegnere e Direttore Tecnico della Società Nazionale delle Officine di Savigliano (S.N.O.S.). il cui nome è legato a doppio filo alla realizzazione del Ponte San Michele a Paderno sull’Adda.


Il progetto

>> Ponte di San Michele

>> Ponte Maria Pia

Il Ponte Paderno fu realizzato tra gli anni 1887 e 1889 per superare, con una grande struttura ad arco reticolare, il profondo avvallamento dell’Adda su una luce libera di 150 metri per visitarlo le coordinate sono: 45.682222, 9.4525). Alla sua inaugurazione, destò grande ammirazione in tutta Europa per l’eleganza delle proporzioni, l’accuratezza del progetto (prima applicazione della teoria dell’ellisse di elasticità) e per la perfezione costruttiva con cui fu realizzato dalla Società Nazionale delle Officine di Savigliano. Il ponte rappresenta una vera e propria opera d’arte e una fondamentale testimonianza della storia della Scienza e della Tecnica delle Costruzioni in un periodo pionieristico e di sviluppo dei metodi di calcolo. I metodi di calcolo utilizzati nel suo dimensionamento appartengono, infatti, ad un singolare periodo nello sviluppo della Scienza delle Costruzioni, in cui si realizza la connessione tra le vecchie teorie basate su concetti di equilibrio del corpo rigido e le nuove teorie delle travi elastiche (ad asse curvilineo nel caso specifico). La struttura è, di fatto, coeva ad altre grandi realizzazioni, come il ponte ferroviario ad arco di Garabit (luce 165 m) realizzato da Eiffel e del Ponte Maria Pia ad Oporto realizzato sempre da Eiffel (oltre che alla famosa Torre).

>> Ponte Garabit

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Strutture e strutturisti

BIBLIOGRAFIA

1) AA.VV. il Ponte di Paderno Storia e Struttura – Electa 1989

Conclusioni Dietro ogni grande opera di Architettura e Ingegneria c’è sempre l’impegno e lo “struggimento” progettuale di un grande Strutturista. Il rapporto tra Ingegnere ed Architetto è paragonabile a quello che svolse Padre Giuseppe da Parigi con il Cardinale Richelieu, divenuto famoso con l’appellativo di Eminenza Grigia e che operava e consigliava “nell’ombra”, suggerendo strategie ed opportunità al famoso e temuto Cardinale. Tutti conoscono i Grandi Architetti associando il loro nome alle loro opere, ma ancora troppo poco conosciamo delle Eminenze Grigie, che grazie al loro Genio e alla loro Arte, hanno reso possibile la realizzazione di tali Opere. Jules Rothlisberger era uno di questi e nostro dovere è riscoprire le origini della nostra Professione anche attraverso la vita di questi Grandi Progettisti per ritrovare al di là delle Normative, della burocrazia che ci attanaglia e delle scadenze che ci soffocano quotidianamente, il piacere e l’orgoglio di progettare strutture: siano esse un grande ponte o un piccolo annesso agricolo.

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2) Il Ponte di Paderno Conservazione dell’Architettura in Ferro – Rivista “Restauro, quaderni di restauro dei monumenti e di urbanistica dei centri storici – Napoli 1984 3) GENTILE, CARMELO / SAISI, ANTONELLA / VALSECCHI, ANGELO (2010): Caratterizzazione dinamica e monitoraggio del ponte sull’Adda a Paderno (1889). In: Strade e Autostrade, v. 14, n. 80 (March 2010), pp. 84. 4) Nascé, V. (1993): Restoration of a 100 Year Old Iron Bridge, Paderno. In: Structural Engineering International, v. 3, n. 1 (February 1993), pp. 37-38 5) FERRARI, ROSALBA / FACHERIS, MATTIA / RIZZI, EGIDIO (2010): Structural Modelling of the Piers of the Paderno d’Adda Bridge (1889, Italy). Presented at: IABSE Symposium, Large Structures and Infrastructures for Environmentally Constrained and Urbanised Areas, Venice, 22-24 September 2010, pp. 778. 6) S. Poretti , T. Iori (a cura di) Storia dell’ingegneria strutturale in Italia - SIXXI 2 - Twentieth Century Structural Engineering: The Italian Contribution . Gangemi Editore 7) Bertolini – Manzi: Le Costruzioni Metalliche del XIX secolo: un caso-studio d’eccellenza – Rivista Costruzioni Metalliche, ACAI, n.2-2011 8) Nascè, La progettazione strutturale e la costruzione metallica dalle origini al periodo 1850 - 1860, Alinea - 1982. 9) Nascè, Restoration of a 100 year Old Iron Bridge, Paderno, 1993 10) HEADING FOR A SERIAL UNESCO WORLD HERITAGE Congress “Bridges in the World Heritage” – 2017 11) E. Baldi – Il Ponte Paderno: Una sfida anche per gli Anni 2000. Tratto da http://www.geotour.altervista.org/geo/ 12) L’ingegneria Civile e le Arti Industriali – 1886 https://digit.biblio. polito.it/4512/1/08_ING.CIV.%20ART_IND_1886_AGO.pdf


Normativa

Le tipologie di muratura della Circolare 2019: novità a confronto

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a nuova Circolare n.7 del 21 gennaio 2019 ha introdotto delle modifiche alle tipologie di muratura da utilizzare per l’analisi degli edifici esistenti in muratura portante rispetto alla precedente Circolare del 2009. Per analizzare correttamente un edificio esistente in muratura portante è bene avere chiare tutte le modifiche apportate dalla nuova Circolare alle tipologie di muratura esistente e il procedimento per valutare correttamente i parametri meccanici. Nel dettaglio gli argomenti trattati sono: • cosa è rimasto uguale e cosa è cambiato fra vecchia e nuova Circolare; • come vengono classificate le nuove tipologie di muratura; • come modificare i parametri meccanici a seconda delle caratteristiche della muratura oggetto di studio; • come sono variati i coefficienti correttivi e a quali parametri meccanici vanno applicati.

ing. Marco De Pisapia, ingegnere civile e autore del blog marcodepisapia.com

Le prescrizioni nascoste della Circolare 2019 Le tabelle della Circolare 2019 sulle tipologie di murature sono corredate di numerosi asterischi che rimandano a note a piè di pagina e di ulteriori precisazioni contenute nel testo. La corretta applicazione delle prescrizioni della Circolare non si limita alla sola lettura di dati da tabelle, ma è necessario tenere presente tutte le prescrizioni contenute nel testo e nelle note alle tabelle al fine di evitare errori di interpretazione. In quest’articolo vengono messe in luce tutte le prescrizioni “nascoste” nel testo della Circolare che consentono di interpretare correttamente le tabelle della Circolare per le tipologie di muratura esistente. Alla fine dell’articolo si suggerisce un’applicazione utile nella valutazione dei parametri meccanici per una muratura esistente

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Aziende

Sistema di travi tralicciate e calcolo strutturale: la scelta innovativa per un cantiere evoluto

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elocità d’esecuzione, maggiore sicrezza, certezza dei costi e dei materiali da impiegare, garanzia di durabilità, eco-sostenibilità e migliori performance strutturali, sono tra le richieste all’ordine del giorno in un cantiere evoluto. Metal.Ri, per soddisfare tali esigenze, offre a progettisti e imprese il sistema MTR®. Il sistema MTR® è un sistema costruttivo di travi tralicciate prefabbricate appartenenti alla famiglia delle strutture miste acciaio-calcestruzzo e di software applicativo di calcolo strutturale. Con le Travi MTR® l’industrializzazione dei cantieri è possibile: impiegare elementi costruttivi prefabbricati, controllati in stabilimento e certificati secondo le normative di prodotto, senza rinunciare alla rapidità e facilità di assemblaggio, beneficiando dell’assenza di standard produttivi che permette la più libera espressione nella progettazione architettonica e strutturale. La prefabbricazione e l’essere struttura mista acciaio-calcestruzzo amplifica infatti i vantaggi strutturali ed economici. Il sistema MTR® è composto da tre tipologie di travi: MTR® A, MTR® T e MTR® C. Ognuna di esse può essere impiegata in sostituzione di travi in opera in C.A., travi prefabbricate precompresse, travi in legno

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ing. Giovanni Bufi, ingegnere progettista strutturale MTR®

o travi metalliche. Può essere impiegato sia nelle nuove realizzazioni, che nelle ristrutturazioni, in tutti i settori dell’edilizia, sfruttando al meglio le peculiarità degli elementi che lo compongono, abbinandolo a qualunque tipo di solaio e struttura verticale, in zone sismiche di qualunque categoria. La trave MTR® A, autoportante in fase di montaggio e getto dell’impalcato, con fondello inferiore in acciaio racchiude in un solo elemento autoportanza, armatura e cassero. La trave MTR® T, da casserare e puntellare in fase di montaggio e getto dell’impalcato, viene completamente annegata nel calcestruzzo gettato in opera. Si può disporre sul tradizionale cassero in legno o sul fondo delle lastre predalles quando si necessita di resistenza al fuoco. La trave MTR® C, autoportante in fase di montaggio e getto dell’impalcato, con fondello inferiore in calcestruzzo pregettato in stabilimento, è la migliore soluzione dov’è richiesta sia autoportanza, che resistenza al fuoco. Dall’entrata in vigore delle NTC 2008, ogni produttore deve dotarsi del parere di idoneità all’impego e di appartenenza ad una delle tre categorie delle linee guida sulle travi tralicciate emanate dal C.S.LL. PP. Gli elementi del Sistema MTR® hanno ottenuto


l’appartenenza alla Cat. A (strutture composte acciaio-calcestruzzo) essendo realizzate con solo acciaio da carpenteria metallica a cui è affidata la fase di autoportanza e la resistenza globale a taglio. Ne consegue che le Travi MTR® sono calcolate nel rispetto della normativa delle strutture miste acciaio-calcestruzzo che rimanda alle normative delle strutture in c.a. e acciaio; pertanto, per il calcolo si utilizzano le Norme Tecniche per le Costruzioni e gli Eurocodici 2, 3 e 4. Componente del Sistema MTR® è Software MTR®, applicativo di calcolo dedicato alla progettazioni delle travi MTR®, implementato sulle specifiche delle singole fasi del processo produttivo adottato in fabbrica, nel rispetto delle vigenti normative tecniche. Si interfaccia in maniera completamente automatica con i più comuni software strutturali esistenti sul mercato italiano ed europeo.

>> Fig. 1 Trave MTR® A

La Metal.Ri commercializza, progetta e produce il sistema MTR®. È dotata di un ufficio tecnico di comprovata esperienza in grado di soddisfare al meglio le richieste di tecnici e imprese esecutrici. Assiste i progettisti strutturali nella modellazione degli elementi MTR® nel proprio software di calcolo, qualunque esso sia, per permettergli il controllo completo della struttura, assumendosi l’onere della progettazione di dettaglio delle Travi MTR®.

>> Fig. 2 Trave MTR® C

La INFO.MTR, società del gruppo si occupa dello sviluppo del software MTR®. Quotidianamente investe nella ricerca e sviluppo di nuovi prodotti, nel miglioramento prestazionale di quelli esistenti, nel creare interazione sempre più performanti e sicure tra i vari software di calcolo strutturali presenti in commercio e il software di calcolo degli elementi MTR®. Metal.Ri e INFO.MTR, insieme per innovare e fare evolvere i cantieri verso una prefabbricazione sempre più spinta, facilitando il lavoro dei progettisti e delle imprese realizzatrici.

>> Fig. 3 Software MTR®

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