Anteprima del numero 1 de "Lo Strutturista"

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Lo Strutturista - Anno I Nr. 1/2020 | Gennaio 2020 - Reg. Trib. di Pisa nr. 2754/2019 R.N.C. - 22/19

LE STRUTTURE TRA SCIENZA, TECNICA E ARTE

Focus

IL PONTE STRALLATO soluzione strutturale e architettonica moderna, efficiente e durevole Analisi storica e tecnica a cura dell’ing. Mario De Miranda

Esclusiva

Ricerca e innovazione

dott. Casagli:

ing. Pellegrino, ing. Andreussi:

“L’uso dell’interferometria radar satellitare per il monitoraggio dei cedimenti di edifici e infrastrutture”

“Steampunk: ricerca, fabbricazione, innovazione”

Nr. 01 Gennaio 2020


Focus

IL PONTE STRALLATO soluzione strutturale e architettonica moderna, efficiente e durevole

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ing. Mario de Miranda Ingegnere e progettista di ponti e strutture. Laureato nel 1979 al Politecnico di Milano, oggi è professore di Progettazione Strutturale presso l’Università di Venezia. Partner dello Studio de Miranda Associati di Milano, è autore di progetti e realizzazioni di opere d’ingegneria e architettura realizzate in Italia e in vari altri paesi. È autore, inoltre, di pubblicazioni e memorie tecniche nel campo della progettazione e costruzione di ponti e strutture.

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Focus

I

l ponte strallato è una figura tecnica relativamente recente, seppure i primi concetti si devono a Fausto Veranzio (1), inventore dalmata del 1500. E seppur nel 1800 furono realizzate, con poco successo, alcune piccole strutture strallate pedonali con impalcato in legno, i primi veri ponti strallati sono degli anni 50. Invece, i primi ponti con sospensione a catenaria, i “ponti sospesi” ed i primi ponti a travata risalgono al 1800, ed i primi archi a circa due millenni fa. Eppure, in questi settant’anni, il ponte strallato si è diffuso in maniera impressionante in tutto il mondo, coprendo con successo tutte le luci: dai cinquanta ai mille metri ed oltre. Questa popolarità ha ragioni valide e semplici: principalmente efficienza statica, facilità costruttiva, felicemente affiancate da robustezza, durabilità e qualità formale. E sono ragioni rese evidenti dai primi moderni ponti strallati, che superavano l’iniziale concezione tedesca della travata continua, di elevato spessore, supportata da appoggi elastici discreti e ben distanziati. La nuova concezione prevedeva infatti impalcati sottili, stralli ravvicinati, diffusi, e schema statico a comportamento reticolare. Questa concezione, che oggi consente di superare i mille metri di luce, è stata introdotta alla fine degli anni 60, in occasione del concorso di idee per l’attraversamento dello Stretto di Messina, da un altro italiano: Fabrizio de Miranda. Che poi con i ponti sul Paranà in Argentina e sullo Stretto di Rande in Spagna, ne dimostrò concretamente la fattibilità e l’efficienza. Furono infatti progetti realizzati vincendo un appalto concorso, e quindi prevalendo su altre idee e concezioni, quali quella del ponte ad arco, o del ponte strallato con pochi tiranti in calcestruzzo precompresso.

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>> Figura 1 Progetto del ponte strallato sullo stretto di Messina

Il ponte di Rande, progettato nel 1973, aveva ed ha una luce libera di 400 m con un impalcato alto 2.20 m. Esaminiamo quindi queste ragioni:

re grandi luci in sicurezza, partendo da due cantieri principali, dai quali il ponte si sviluppa rapidamente, nella sequenza fondazione, pila-antenna, conci d’impalcato e stralli, su quattro fronti in parallelo. Il metodo a sbalzo è quello classico ed è indispensabile per le grandi luci. Ma, per luci sotto i 200 m sono possibili altri sistemi ed eventualmente ottimali in base alle condizioni logistiche: la costruzione su appoggi provvisori o il varo longitudinale o per rotazione.

- Efficienza L’efficienza elevata del ponte strallato moderno risiede nel concetto, sopra accennato, di comportamento reticolare: se si dispongono gli elementi strutturali secondo una geometria reticolare, tale che l’equilibrio della struttura principale venga garantito indipendentemente dalla resistenza flessionale dei suoi elementi, il sistema statico risultante è composto da elementi funzionanti a trazione e compressione, utilizzando il materiale nella maniera più efficace ed ottimale. La continuità flessionale dell’impalcato, ottenibile facilmente, è naturalmente necessaria per regolarizzare le deformazioni e per garantire la ridondanza di cui ai punti successivi.

- Robustezza e Ridondanza Gli stralli ravvicinati costituiscono un elemento di robustezza del sistema strutturale in virtù della loro ridondanza: nel caso uno strallo venga danneggiato da un evento raro, quale l’urto di un veicolo, o anche da corrosione o fatica, gli stralli adiacenti intervengono sostenendone il carico e consentendone la sostituzione.

- Costruibilità Il secondo punto di forza del moderno ponte strallato, diretta conseguenza del ravvicinato passo degli stralli, consiste nella sua facilità esecutiva col metodo del doppio cantilever bilanciato. Un metodo che consente di supera-

- Durabilità Ed il quarto punto di forza del ponte strallato moderno, a stralli ravvicinati e realizzati con trefoli paralleli indipendenti, consiste nella sua elevata durabilità, dovuta essenzialmente, con riferimento agli stralli, a tre fattori:

(1) Faustus Verantius, era italiano poiché la Dalmazia, prima Romana era allora parte della Reppublica Veneziana. Studiò a Padova.


>> Figura 2 Ponte di Rande

1) Sistema di protezione a barriera multipla, che allunga la vita utile dell’elemento strallo. Tipicamente le barriere consistono nella galvanizzazione, o galfanizzazione, nella cera di protezione, nelle guaine individuali in HDPE e nella guaina globale anch’essa in HDPEL; 2) Ispezionabilità: i moderni stalli sono progettati in modo che tutti gli elementi siano accessibili e ispezionabili. 3) Sostituibilità: la possibilità di fare a meno, temporaneamente, di uno strallo danneggiato rende possibile la sua sostituzione. La configurazione a trefoli paralleli indipendenti rende la rimozione e la nuova installazione operazioni effettuabili un trefolo per volta, quindi relativamente fluide e regolari.

- Qualità formale Al ponte strallato può essere data valenza estetica. La struttura, superando la semplice funzione di opera

di attraversamento, può diventare dinamica, trasparente ed elegante e può diventare in molti casi un punto di riferimento suggestivo nel contesto che la ospita. Volendo illustrare e mostrare concretamente alcuni dei concetti sopra richiamati si presentano nel seguito due opere strallate, una in cemento armato ed una in acciaio, realizzate su nostro progetto negli ultimi anni, molto diverse tra loro e quindi testimoni delle molteplici declinazioni con cui può essere concepito e realizzato un moderno ponte strallato.

Il ponte strallato sul rio Potengi a Natal All’estremità nord della città di Natal, nello Stato del Rio Grande do Norte in Brasile, un nuovo ponte unisce le rive del rio Potengi, nei pressi della sua foce nell’Oceano Atlantico. La nuova opera consente l’espansione dell’area urbana verso il litorale nord, al di là del rio Potengi, con positive ricadute per lo sviluppo economico della città e soprattutto della popolazione delle nuove aree ora raggiunte, aree di grande pregio naturale e di forte valenza turistica. La presenza del porto cittadino all’interno della foce del rio Potengi ha imposto un’altezza del piano stradale compatibile con il transito di grandi imbarcazioni, ed in particolare delle navi che collegano Natal con la splendida isola Fernando di Noronha, distante 300 km, in mezzo all’oceano.

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Case study

RECUPERO E ADEGUAMENTO STRUTTURALE DI UN CAPANNONE INCENDIATO

N

el presente articolo si andrà ad illustrare il recupero, l’adeguamento strutturale e sismico di un capannone in c.a.p. gravemente danneggiato da un incendio. Il lavoro si particolarizza per l’uso di diverse tecnologie: ringrossi e incamiciature con malte speciali e in c.a., solai alveolari, travi tralicciate a sezione composta, capriate, ecc., che hanno contribuito ognuna con le proprie caratteristiche peculiari a rendere addirittura la struttura più performante dell’originale.

ing. Vincenzo Nunziata Nome ingegnere civile, Ruolo/incarico autore di testi per l’ingegneria strutturale

(intradosso solaio) era destinato a lavorazione, mentre il primo piano di altezza netta sotto tegolo di copertura di 4,13 m (altezza media 4,50 m) era destinato a deposito di materie prime e prodotto finito. I due livelli del capannone sono collegati tra loro da 8 scale e 8 montacarichi che permettono il collegamento verticale tra le zone lavorazione e deposito. Le scale sono collocate in corpi sporgenti dalla sagoma del capannone vero e proprio e collegate tra loro da pensiline.

Un ruolo preponderante ha svolto la componente in acciaio con la copertura in capriate (masse inferiori di circa 1/10) e le travi di piano tralicciate a sezione composta con luci e capacità portanti considerevoli (il sovraccarico previsto è di 10 kN/m2). Il capannone, di proprietà della società MEDIAL srl che si occupa in particolare di produzione e commercio all’ingrosso di tessuti e stoffe, si colloca su di un’area complessiva di circa 18000 m2, è composto da due livelli (piano terra e primo piano) con superficie lorda di piano di circa 8257 m2. Il piano terra di altezza netta 4,77 m

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Case study

Descrizione delle Strutture Originarie Le strutture sono antecedenti all’entrata in vigore della nuova normativa sismica di cui al D.M. 17.01.2018 (NTC 2018), esse furono progettate e verificate in conformità alla legge n. 64 del 02/02/74 e successive Decreto Ministeriale LL.PP. del 24/01/1986. Secondo tale decreto il comune di Nola rientrava nella classificazione sismica del territorio nazionale con grado di sismicità S=9 (zona 2 sulle tre previste). La fondazione del capannone è stata realizzata con plinti gettati in opera su pali di fondazione collegati tra di loro con travi di collegamento. I plinti realizzati con conglomerato cementizio di classe Rck25 armati con tondini in acciaio FeB44k, presentano nella parte superiore un “bicchiere” di altezza 150 cm e spessore 40 cm per consentire l’alloggio dei pilastri prefabbricati del capannone. I nuclei e i setti portanti delle scale e ascensori di spessore 30 cm sono stati realizzati con getti in opera in calcestruzzo Rck30 e acciaio FeB44k. La struttura prefabbricata è stata realizzata con pilastri in c.a.v. Rck50 ed armature in acciaio FeB44k, travi in c.a.p. Rck55 precompresse con fili aderenti in acciaio armonico ed armature aggiuntive in acciaio Feb44k. Il solaio del primo livello è stato realizzato con lastre prefabbricate precompresse del tipo alveolare H=33+7, per la copertura sono stati utilizzati tegoli in c.a.p. Rck55 precompressi con fili aderenti in acciaio armonico ed armature aggiuntive in acciaio Feb44k, per i solai piani di copertura sono state utilizzate lastre prefabbricate precompresse del tipo alveolare H=20+5.

a

b >> Figura 1 Planimetrie livelli originari:

a Pianta Piano Terra b Pianta Piano Primo

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Descrizione dello stato di fatto

a

Nel mese di Settembre dell’anno 2014 il capannone, per cause ancora da accertare, fu soggetto ad un incendio che interessò quasi metà superficie del piano terra ad esclusione di una zona compartimentata, zona A in figura 2, e tutto il primo piano, zona A+zona B in figura 2. L’incendio che si protrasse per alcuni giorni arrecò gravi danni alle strutture, in particolare ad alcuni pilastri, Figura 3a, e travi del piano terra, Figura 3b, e comportò inoltre l’abbattimento dei solai pericolanti del I impalcato (zona B) e quasi l’intera copertura in tegoloni (zona B+zona A), Figura 3c-d. b >> Figura 2 Planimetrie e sezione stato di fatto:

a Pianta primo impalcato, con zone demolite;

b Pianta Copertura, con zone demolite; c Sezione, con zone demolite

c

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Case study

>> Figura 3 Strutture danneggiate dall’incendio:

a Pilastro I Ordine

danneggiato,“spalling”;

b

Trave I Impalcato danneggiata;

c

Tegoloni di copertura crollati; Solaio I Impalcato

a

d crollato

b

c

Le strutture che non subirono danni consistenti, come accertato anche successivamente in seguito ad approfondita campagna di indagini, furono tutte le strutture al piano terra: pilastri, travi e solai, indicate in progetto come zona A – corrispondenti ai moduli C1 e C2 del progetto

d

architettonico e tutti i corpi scala e ascensori; le travi e pilastri al primo piano furono danneggiate lievemente (copertura). Furono danneggiate lievemente anche le strutture delle pensiline e le pannellature di tamponatura (salvo alcuni punti). Le fondazioni non furono interessate dall’incendio.

a >> Figura 4 Strutture non danneggiate o danneggiate lievemente:

a Strutture a piano terra non danneggiate (Comp. A); b Strutture in copertura, danneggiate lievemente

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b


Ricerca e innovazione

METODI AVANZATI DI PROTEZIONE SISMICA:

ing. Leonardo Bandini CSi Italia, esperto in tecniche di valutazione e protezione sismica delle strutture

DISSIPAZIONE SUPPLEMENTARE DI ENERGIA AD OPERA DI CONTROVENTI DISSIPATIVI

L

a storia della protezione sismica delle strutture, negli ultimi decenni, ha sempre più accentrato l’attenzione sul raggiungimento di una performance in termini di duttilità. Normalmente tale duttilità risulta espressa come capacità di incassare deformazioni plastiche, quindi danno a seguito delle azioni sismiche. Come è noto il danno è alla base della dissipazione e quindi, della riduzione della risposta in termini di accelerazione e forza di una struttura. Quando la dissipazione di energia è veicolata all’interno di particolari elementi realizzati ad hoc ed introdotti nella compagine strutturale si parla di dissipazione supplementare di energia, essa può essere inserita all’interno di una struttura esistente, allo scopo di proteggerla, ma può anche essere pensata come elemento sismoresistente di una struttura nuova, in aggiunta ad altri elementi tradizionali (per esempio sistemi a telaio) allo scopo di conferire un’alta capacità dissipativa, senza ricorrere al danno degli elementi strutturali. La maggior parte dei casi la dissipazione supplementare avviene mediante l’introduzione di controventi dissipativi, ma spesso essa è presente anche in sistemi sismicamente isolati. Sono ormai numerose le installa-

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zioni di dispositivi di dissipazione supplementare di energia nel mondo, particolarmente concentrate in nord America. Pensando all’evoluzione della protezione sismica di nuove strutture, si può constatare come l’impianto normativo e culturale negli anni, partendo dal conseguimento di resistenza dei singoli elementi strutturali, sia passato al concetto del conseguimento di una duttilità generale. Tale duttilità è raggiunta mediante la filosofia del “Capacity Design”, con la quale, si perviene all’individuazione di zone a “danneggiamento controllato” nelle quali concentrare la dissipazione, in modo da salvaguardare gli elementi strutturali principali. Questa modalità di progettazione, tuttavia, non sempre risulta economicamente conveniente, richiedendo necessariamente interventi di riparazione dei danni prodotti dal sisma. Come è noto, sfruttare la dissipazione a carico del danneggiamento degli elementi strutturali produce una riduzione delle forze sismiche complessive; si pensi per esempio al concetto su cui si basa il fattore di compor-


tamento q. Maggiore è il fattore di comportamento, maggiore sarà la capacità dissipativa della struttura, minore sarà il taglio che gli elementi strutturali sono chiamati ad assorbire. Ma cosa succede allo spostamento generale a cui la struttura è sottoposta? Per effetto del danneggiamento degli elementi sismoresistenti, la struttura, mentre da una parte dissipa energia, dall’altra vede diminuire la propria rigidezza, con il risultato, valido nella maggior parte dei casi che il taglio si riduce ma gli spostamenti al più rimangono uguali a quelli che avrebbe avuto la stessa struttura pensata per rimanere in regime elastico e in alcuni casi essi aumentano per effetto del danneggiamento. Di conseguenza, le forze diminuiscono ma le deformazioni no. Le deformazioni del sistema sismoresistente sono le principali responsabili del danneggiamento degli elementi non strutturali. Una dissipazione supplementare, d’altra parte, riduce le forze a cui la struttura è sottoposta e interviene nel contempo anche alla riduzione delle deformazioni elastiche del sistema, proteggendo anche gli elementi non strutturali ed in generale il contenuto della struttura. Lo scopo di questo documento è quello di descrivere le procedure di modellazione e di analisi per studiare interventi di adeguamento, miglioramento o in generale protezione sismica (anche nel caso di nuove strutture), condotti mediante dissipazione supplementare di energia. Verranno, di seguito, descritte le procedure atte alla riproduzione numerica di cicli d’isteresi e di risposta di detti dispositivi e le procedure di analisi che condurranno da una parte al dimensionamento degli stessi e dall’altra alla verifica strutturale della struttura che li ospita.

A tale scopo si definisce struttura nuda, il modello numerico che descrive il comportamento statico e dinamico della struttura che ospita i dispositivi e si parla di struttura protetta, riferendosi alla stessa struttura nella quale si opera l’installazione di dispositivi di dissipazione, principalmente allo scopo di migliorare il comportamento sismico generale. L’inserimento di controventi dissipativi, che ospitano tali dispositivi, ha lo scopo principale di proteggere una struttura esistente, quindi nel presente documento si fa l’ipotesi che si voglia effettuare un intervento di miglioramento/adeguamento. In questo genere di interventi, data l’alta performance del sistema dissipativo, si può fare l’ipotesi che la struttura nuda possa rimanere in campo elastico, minimizzando il danno su di essa, o comunque, non ricorrendo ad esso per l’abbattimento delle forze sismiche. È oramai noto, che in una progettazione tradizionale, per contro di quella in esame, si ricorra al dimensionamento corretto degli elementi strutturali, che mediante il rispetto delle prescrizioni sismiche e metodi di gerarchia delle resistenze, abbiano una sovraresistenza ed una duttilità tale da poter incassare un certo livello di danno. In una struttura protetta, la dissipazione è ad opera di comportamenti non lineari insiti nei dispositivi, per lo più distribuiti all’interno della compagine strutturale. Quando la struttura che ospita tali sistemi è multipiano, ovvero, i dispositivi sono disposti su più livelli che interagiscono dinamicamente tra di loro, è impensabile poter approcciare con modellazioni lineari e poter tenere in conto del beneficio indotto dai dispositivi. Quindi, sarà necessario, ma vedremo anche più logico, ricorrere a metodologie di analisi non lineari.

Principi di Base Per meglio comprendere il vantaggio di una protezione sismica indotta da un sistema del genere, si utilizza una parte del contenuto descritto del documento internazionale: “Reducing the Risks of Nonstructural Earthquake Damage – A Practical Guide” – FEMAE-74/Dicembre 2012. Nella pratica di progettazione di strutture in c.a. capita spesso di fare confronti tra le diverse metodologie di protezione sismica e di progettazione delle strutture. Spesso si confrontano a tal fine metodi convenzionali, basati sulla resistenza, metodi basati sul danneggiamento controllato degli elementi strutturali (Capacity Design) e metodi più evoluti basati su isolamento e dissipazione supplementare di energia. All’interno del documento citato, si confrontano gli effetti sugli elementi strutturali e non strutturali indotti dal sisma nei tre casi suddetti. Si prenda a titolo esemplificativo il grafico ad istogramma di Figura 1; in esso sono confrontatele incidenze dei costi, divisi per elementi strutturali, elementi non strutturali e contenuto di tre tipologie di fabbricati: uffici, hotel ed ospedali. Dal confronto diretto, si può sottolineare che il valore dato dal costo degli elementi strutturali è molto inferiore al costo degli elementi secondari ed al valore del contenuto. Fare la scelta di progettare il sistema sismoresistente basandosi interamente sulla resistenza degli elementi strutturali, pensando che essi rimangano in campo elastico o sostanzialmente elastico (fattori di struttura bassi, come per le strutture non dissipative), oltre ad essere spesso non economicamente vantaggioso, può voler dire proteggere il valore insito nel costo degli elementi strutturali, ma espone la restante e principale parte del valore a rischi più alti. Difatti, una struttura pensata e dimensionata per rimanere in risposta sostanzialmente elastica avrà necessariamente una rigidezza

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Ricerca e innovazione

maggiore di una struttura progettata sfruttando le capacità duttili, pertanto avrà anche una risposta in termini di accelerazione maggiore. Si guardi con attenzione la Figura 2: le foto si riferiscono allo stesso edificio, un ospedale, fotografato a seguito di un evento sismico. Come si può vedere dalla foto in alto a sinistra, gli elementi strutturali sembrano non aver avuto danno. Gli elementi non strutturali interni risultano, invece, fortemente danneggiati. Una progettazione basata sulla capacità dissipativa avrebbe invece ridotto le accelerazioni di risposta, a seguito di una dissipazione indotta dal danno degli elementi strutturali. Le deformazioni di interpiano non sarebbero diminuite, per i motivi descritti precedentemente. Una protezione ottenuta mediante dissipazione supplementare di energia (meglio ancora se progettata con isolamento sismico) registrerebbe una riduzione delle accelerazioni e deformazioni di risposta, senza avere il danneggiamento degli elementi strutturali. In altre parole, con tecniche basate sulla dissipazione supplementare di energia o isolamento sismico si consegue la protezione dell’intero valore del fabbricato e del suo contenuto. Per non parlare dell’effetto benefico che ha la riduzione delle accelerazioni sulla percettibilità dell’azione sismica e sull’effetto panico. >> Figura 1 Investimenti nelle costruzioni

>> Figura 2 Danneggiamenti a seguito di un terremoto

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Pur mantenendo un approccio trasversale valido per tutte le normative, in questo documento si adotteranno procedure scelte in accordo alle seguenti normative tecniche: • D.M. 17/01/2018 – Nuove Norme Tecniche per le Costruzioni (v. § 8) • Circolare 21/01/2019 n°7/C.S.LL. PP. – Circolare applicativa (v. § C8 e § C8A) • EN 1998-3:2005 – Eurocode 8 Design of structures for earthquake resistance - Part 3: Assessment and retrofitting of buildings • FEMA 356 - Prestandard and Commentary for the Seismic Rehabilitation of Buildings

Semplice Classificazione dei dispositivi In letteratura ed in commercio si trovano numerosi dispositivi di dissipazione supplementare di energia, una prima classificazione di questi può essere fatta sulla base della legge reologica che li governa ed è riportata nella tabella seguente.

>> Tabella 1 Classificazione dispositivi di protezione sismica

Leggi costitutive non lineari Mentre l’isolamento alla base, in taluni casi, è possibile studiarlo su modelli di analisi a comportamento lineare, l’attuale quadro normativo impone, quando la dissipazione è ad opera di elementi distribuiti su più livelli, un approccio interamente non lineare. In particolare, è necessario ricorre al metodo c.d. di analisi dinamica non lineare. A tal fine è necessario procedere ad una modellazione non lineare che riproduca il comportamento dinamico dei dispositivi. Per fare questo si ricorre ad uno o più elementi non lineari in cui concentrare tale comportamento. Ogni codice di calcolo commerciale ha una propria libreria di elementi finiti atti a questo scopo, il presente articolo pur mantenendo un approccio interamente trasversale descrive, a titolo d’esempio, la modellazione FEM dei dispositivi di dissipazione fatta mediante il codice di calcolo SAP2000 (CSi – Computers and Structures inc.). Le proprietà

inelastiche vengono inserite mediante elementi non lineari chiamati NLLINK (Non Linear Link). Gli NLLINK possono essere definiti in modo dipendente o indipendente nei sei gradi di libertà. Gli NLLINK sono così suddivisi: • Linear; • Viscous Damper: smorzamento viscoso secondo la legge di Maxwell; • Friction Spring Damper: smorzamento isteretico su base attritiva; • Gap: apertura/giunto resistente a sola compressione; • Hook: gancio con apertura resistente a sola trazione; • Multilineare elastico: legge multi-lineare elastica monoassiale; • Multilineare plastico: legge elastoplastica monoassiale (modello secondo Wen oppure ad incrudimento cinematico, Pivot, Takeda, Isotropic); • Isolatore ad attrito classico e quello a tripla superficie di scorrimento (Friction-pendulum base isolator) che può essere usato come un appoggio mono-direzionale ad attrito; • Isolatore plastico bi-assiale (esempio di isolatore in gomma).

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Ricerca e innovazione

L’USO DELLA INTERFEROMETRIA RADAR SATELLITARE AD ALTISSIMA RISOLUZIONE PER IL MONITORAGGIO DEI CEDIMENTI DI EDIFICI E INFRASTRUTTURE

dott. Federico Raspini Nome ricercatore in Geografia Fisica e Ruolo/incarico Geomorfologia presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze

dott. Silvia Bianchini ricercatrice in Geologia Applicata, presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze

prof. Nicola Casagli professore ordinario di Geologia applicata presso il Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Firenze

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partire dalla metà degli anni Novanta, grazie alle prime acquisizioni del satellite ERS e allo sviluppo dei primi pioneristici algoritmi di elaborazione interferometrica, le immagini SAR (Synthetic Aperture Radar) satellitari sono state utilizzate per la misura delle deformazioni del suolo (Massonnet et al., 1993). Negli ultimi due decenni l’applicazione delle immagini acquisite dai sensori satellitari radar per l’individuazione e la mappatura delle deformazioni indotte dai processi geologici hanno acquisito un’attenzione sempre maggiore, non solo all’interno della comunità scientifica, ma anche all’interno della vasta comunità di utenti finali (enti locali e regionali, Protezione Civile, Autorità di Distretto). Il progressivo consolidamento delle tecniche interferometriche satellitari per la misura degli spostamenti superficiali può essere legato principalmente a tre fattori: • al miglioramento delle capacità di acquisizione dei sistemi satellitari, capaci adesso di fornire immagini di aree molto vaste con una crescente risoluzione temporale e spaziale;

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• al fiorire di sempre più sofisticate catene di elaborazione di immagini radar, in grado di ridurre l’impatto del rumore intrinseco del dato e dei disturbi atmosferici; • all’aumento delle capacità computazionali (tramite calcolo parallelo e cloud computing), che consente di ridurre notevolmente i tempi di elaborazione. Un ulteriore impulso al consolidamento delle tecniche interferometriche è legato all’enorme disponibilità di dati radar che, acquisiti con diverse lunghezze d’onda e varie risoluzioni spaziali e temporali, hanno aperto sempre nuove opportunità per il monitoraggio della superficie terrestre e per la valutazione degli scenari di rischio connessi a movimenti del suolo. In questo scenario un ruolo importantissimo è giocato dalla costellazione COSMO-SkyMed. Commissionato e finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e dal Ministero della Difesa, il sistema COSMO-SkyMed (COnstellation of small Satellites for Mediterranean basin Observation, CSK) include una costellazione di quattro satelliti equipaggiati con sensori radar in grado di operare in qualsiasi condizione atmo-


sferica e di visibilità e con un’altissima frequenza di rivisitazione (usualmente 8 o 16 giorni, riducibile fino a 1 giorno beneficiando della flessibilità di configurazione dell’intera costellazione) (Covello et al., 2010). Il primo satellite è stato lanciato nel giugno 2007, il secondo nel dicembre 2007, il terzo nell’ottobre 2008 e il quarto nel novembre 2010; tutti e quattro i satelliti sono identici dal punto di vista tecnologico e costruttivo, permettendo così l’interoperabilità delle immagini. COSMO-SkyMed è un sistema duale, ovvero è stato concepito come un programma in grado di soddisfare esigenze civili (monitoraggio del territorio, prevenzione dei disastri ambientali, applicazioni di Protezione Civile) e militari. COSMO-SkyMed è la componente italiana (national contributing mission) di Copernicus, il programma europeo per l’Osservazione della Terra. Tramite il progetto MAP Italy, che prevede la mappatura interferometrica completa ogni 16 giorni sul territorio italiano in modalità Stripmap, l’ASI ha messo a disposizione della comunità scientifica e del settore privato, le immagini acquisite dal sistema COSMO-SkyMed, al fine di massimizzare l’utilizzo e di sostene-

re lo sviluppo di applicazioni tecnologiche innovative. La disponibilità per uso civile e per tutto il territorio italiano dei dati forniti dalla costellazione COSMO-SkyMed, che ha mostrato le sue potenzialità soprattutto per analisi locali e di dettaglio (grazie alla miglior risoluzione spaziale rispetto agli altri sistemi satellitari), rappresenta un supporto importante per analisi approfondite alla scala del singolo fabbricato. In questo lavoro, la potenzialità della costellazione COSMO-SkyMed è stata sfruttata per individuare e mappare i dissesti che interessano il versante sud-occidentale di Volterra (Provincia di Pisa) e per valutare i cedimenti differenziali a carico degli edifici ubicati in questa zona, alcuni dei quali risultano fortemente lesionati.

La tecnica interferometrica radar satellitare L’interferometria satellitare si basa sull’analisi multi-temporale di una lunga serie di immagini radar acquisite sulla stessa area in tempi diversi, in modo da permettere mi-

sure non invasive e ad alta precisione degli spostamenti del terreno e di manufatti già presenti al suolo. In particolare, mediante elaborazione delle immagini con tecniche PSI (Persistent Scatterer Interferometry), vengono identificati alcuni bersagli radar puntiformi, costituiti da diffusori permanenti chiamati PS (acronimo di Permanent Scatterers), che mantengono la stessa “firma elettromagnetica” in tutte le immagini radar utilizzate, al variare della geometria di acquisizione e delle condizioni climatiche, preservando l’informazione di fase nel tempo. Il segnale di fase è proprio l’elemento che contiene l’informazione relativa alla posizione al suolo e alla distanza del bersaglio dal satellite. Poiché i segnali utilizzati hanno lunghezze d’onda centimetriche (microonde), spostamenti anche di pochi millimetri inducono degli sfasamenti tra un’onda e la successiva che possono essere rilevati (Figura 1) (Ferretti et al., 2001, 2011). I PS sono elementi già presenti al suolo e a riflettività costante, quali strutture di origine antropica (es. edifici, strade, ponti, ferrovie, elementi metallici) o elementi naturali (es. affioramenti rocciosi, accumuli di detrito), per i quali le caratteristi-

>> Figura 1 Principio di funzionamento della tecnica interferometrica multi-temporale, basato sulla misura di variazione di distanze satellite-bersaglio a terra.

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Ingegneria parametrica

STEAMPUNK: RICERCA, FABBRICAZIONE, INNOVAZIONE

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egli ultimi 20 anni l’architettura ha spinto nella fabbricazione digitale investendo in nuove tecnologie e utilizzando la robotica per la realizzazione e produzione di forme complesse. Steampunk è il padiglione vincitore del concorso per la TAB 2019, la biennale di architettura di Tallinn che si è svolta nella capitale Estone dal 15 settembre al 17 novembre 2019. TAB è il più grande festival di architettura e urban planning della regione e, a cadenza biennale, invita neo architetti e designer a partecipare ad un concorso per la realizzazione di un padiglione da localizzare nell’area di ingresso all’edificio ospitante l’evento. Steampunk va oltre. Steampunk prova a rivoluzionare il modo in cui le strutture vengono progettate e costruite. Il progetto vincitore è stato ideato da Gwyllim Jahn, Cameron Newnham (Fologram, AU), Soomeen Hahm Design (UK) ed Igor Pantic (UK) ed è stato ingegnerizzato da Format Engineers (UK). Il team completo è riportato nei crediti in fondo all’articolo. Il padiglione è composto da elementi in legno piegati a vapore (steam-bent timber) collegati tra loro trami-

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ing. Marco Pellegrino ingegnere civile e membro del gruppo Computation and Design di Format Engineers

ing. Sara Andreussi ingegnere edile-architetto e Project Engineer di Format Engineers

te connessioni in acciaio (brackets) ed esplora il design adattivo e un sistema di fabbricazione accurato che considera le tolleranze del materiale e la posizione degli elementi apparentemente confusa ma con una logica studiata ed automatizzata nei minimi dettagli. Il team del padiglione ha voluto combinare metodi tecnologici di fabbricazione artigianali piuttosto che utilizzare robot e approcci che non potessero controllare in tempo reale durante la costruzione. Il modello architettonico è stato realizzato con numerose revisioni di scripting parametrico tramite i software Rhinocheros 3D e Grasshopper che permettono di automatizzare i processi tramite logiche ben definite dall’utente. Un progetto architettonico come Steampunk non sarebbe potuto essere realizzato con metodologie di disegno e modellazione 3D standard. I tool dovevano adattarsi a seconda dell’esigenza e la scelta di usare scripting è risutata la piú vantaggiosa. L’ingegnerizzazione e la fabbricazione si sono adattate seguendo il flusso di lavoro del modello architettonico.


La costruzione e messa in opera è stata controllata tramite visori ottici (Hololens) che permettevano in tempo reale di vedere il discostamento che c’era tra il progetto digitale e quello reale con l’individuazione dei vari elementi e la loro collocazione nello spazio reale.

>> Figura 1 Steampunk, il padiglione vincitore per la Tallinn Biennale Architecture 2019 a Tallinn, Estonia.

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Storia delle strutture

IL PONTE CHE VISSE DUE VOLTE... O FORSE TRE

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a guerra che porta alla liberazione dell’Italia è una guerra di territorio. Le reti stradali e ferroviarie sono obiettivi strategici, sia per le truppe in ritirata che per quelle avanzanti. Migliaia di ponti sono danneggiati e distrutti, tonnellate di ferro, mattoni e cemento sepolte nei fiumi. Il 3 settembre l’Italia sigla l’Armistizio con Inghilterra e Stati Uniti: per la “risalita” delle truppe, da quel momento Alleate. Ancora prima dell’annuncio via radio dell’armistizio, la compagnia delle Railway Construction Troops sbarca a Reggio Calabria. È un corpo speciale dell’esercito angloamericano costituito da ingegneri addestrati per i ripristini di emergenza e per l’esercizio militare delle sedi ferroviarie, “sconquassate, saccheggiate, interrotte a ogni corso d’acqua”. Si tratta, di fatto, di un vero e proprio pronto soccorso delle strutture: i tedeschi in ritirata distruggono i ponti per guadagnare tempo prezioso. Di contro, un avancorpo Alleato precede le truppe in risalita costruendo ponti ed attraversamenti in pochissimi giorni, in modo da permettere ai soldati l’inseguimento dell’armata tedesca. I ponti che vengono costruiti sono tutti in acciaio e ven-

ing. Daniele Borgogni ingegnere civile e libero professionista con una grande passione per le strutture

gono adattati di volta in volta alle situazioni specifiche che i sappers si trovano a fronteggiare. In alcuni casi la distanza tra le sponde del fiume da attraversare è esageratamente grande per le soluzioni tradizionali e sono costretti a ricorrere alla tipologia del ponte sospeso. Durante la risalita verso la Linea Gotica, in località Incisa Valdarno (in Toscana), gli ingegneri dell’Esercito angloamericano realizzano uno di questi spettacolari ponti sospesi sull’Arno, dove la larghezza complessiva del fiume è di circa 150 metri e realizzano una struttura dalla campata centrale di 86.4 metri e due campate di accesso di 32 metri. Quando, alla fine del conflitto, iniziano i lavori di ricostruzione del vecchio ponte, quello sospeso viene smontato e rimontato (nel 1950 circa) dal Genio Militare Italiano nell’attuale localizzazione sul Tevere (in Umbria) presso la località Pian di San Martino su commissione del Comune di Todi (coordinate 42.800234°; 12.403591°).

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Storia delle strutture

Dopo aver fatto transitare mezzi militari e carri armati venne, quindi, utilizzato per il transito civile e costituì, di fatto, il primo ponte di transito in quella zona, consentendo alle popolazioni a destra del Tevere di poter raggiungere la città di Todi senza l’ausilio di barche: ciò rappresentò, per le generazioni dell’epoca, una straordinaria innovazione ed opportunità di sviluppo.

>> Figura 1 Ponte Pian di San Martino:

a - d Foto dell’inaugurazione e - g Stato di fatto

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