I cambi di direzione

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CAPITOLO 1

CARATTERISTICHE DEL MOVIMENTO Gli studi compiuti con l’applicazione della video match analysis (VMA) hanno contribuito notevolmente a mettere in luce i dettagli della motricità del giocatore di calcio. La capacità di effettuare spostamenti ad alta e altissima intensità è stata definita come un elemento importante della prestazione fisica del calciatore (Mohr et al., 2003). La categoria corsa in sprint (generalmente > 25 km/h) è stata ampiamente analizzata in termini di distanza coperta, accelerazione, raggiungimento del picco di velocità. Tuttavia, la semplice osser-

Velocità (m/s)

Match Profile 1a parte 10,0 9,0 8,0 7,0 6,0 5,0 4,0 3,0 2,0 1,0 0,0 2

3

FIGURA 1 Spostamenti eseguiti in campo da un singolo calciatore e tracciato della velocità. È stato considerato un intervallo di 15 minuti della partita (ProZone System, Leeds, UK)

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I PRESUPPOSTI: RELAZIONE CON LE QUALITÀ FISICHE DI BASE

QUALITÀ MUSCOLARI E CdD Alcuni autori hanno ipotizzato che le qualità di forza, potenza e forza reattiva potrebbero essere determinanti per l’efficacia nell’esecuzione dei cambi di direzione (figura 5). Un’analisi più approfondita della terminologia utilizzata dagli autori ci rivela che la definizione “forza reattiva” fa riferimento ad alcune misure utilizzate per esprimere delle qualità dei muscoli che secondo altri sarebbero classificate come “potenza muscolare” e “forza esplosiva”. Pertanto potrebbe essere più chiaro suddividere i fattori legati alla capacità di esprimere elevate tensioni muscolari nel tempo in: • • • •

forza massimale; potenza meccanica; forza reattiva (misurata con il Drop Jump test); forza esplosiva (specificando il verso di applicazione della forza: verticale, orizzontale, laterale).

Cambio direzione

Tecnica

Capacità dei muscoli degli arti inferiori

Velocità di accelerazione

Forza

Potenza

Forza reattiva

FIGURA 5 Modello deterministico dei prerequisiti dei CdD (Sheppard & Young, 2006, modificato)

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I TEST DI VALUTAZIONE

Quando si intende scegliere quale protocollo utilizzare è sempre buona norma rispettare i criteri che contribuiscono a qualificare la prova dal punto di vista metodologico. Per cui è importante che il test considerato soddisfi, tra le altre, le richieste di validità e ripetibilità necessarie per ritenerlo uno strumento efficace al fine di misurare le qualità in esame. In letteratura si trovano tutti i lavori che hanno analizzato i test sviluppati da questo punto di vista. Nella tabella seguente sono illustrate alcune caratteristiche che contribuiscono a descrivere ulteriormente i diversi protocolli. Denominazione

Durata

N° cambi direzione

Applicazione della forza

Typical error (CV%)

t test

11 s

4

Orizzontale-laterale

2,9%

20 yd navetta

5s

2

Orizzontale

4,1%

10 x 5 m navetta

20 s

9

Orizzontale

1,0%

L test

6s

3

Orizzontale

2,8%

Box test

16 s

11

Orizzontale

2,3%

Slalom

10 s

10

Orizzontale

2,3%

Navetta 20+20 m

7s

1

Orizzontale

2,1%

505

5s

2

Orizzontale

>10 s

da 7 a 12

Orizzontale

Illinois test

Nota: È immediato osservare che, nonostante i protocolli Illinois e 505 siano tra i più utilizzati, specialmente tra gli allenatori della scuola nordamericana, non è stato ancora possibile verificarne la ripetibilità (typical error espresso come coefficiente di variazione percentuale). Inoltre, è importante considerare in ogni caso qual è la richiesta energetica a seconda del tipo di test prescelto. Bisogna sempre escludere, infatti, che il risultato sia determinato principalmente dalla componente energetica piuttosto che dalla capacità specifica. Questo potrebbe essere il caso, quando la durata complessiva o il numero dei cambi di direzione da effettuare risultano essere elevati. Anche il senso di applicazione delle forze sul terreno può contribuire ad aumentare la complessità dei gesti e in qualche modo influenzare il risultato finale, per cui è un elemento che andrebbe tenuto in considerazione. La specificità delle caratteristiche descritte in qualche modo contribuisce al fatto che non si è osservato alcun tipo di relazione tra le diverse prove di valutazione. Di conseguenza è necessario avere una certa cautela nel generalizzare le conclusioni ottenute con l’impiego delle singole modalità esecutive. Infine, vale ancora la pena sottolineare che la ripetibilità rappresenta un parametro fondamentale per evidenziare le risultanze dell’allenamento e distinguerle dagli errori di misurazione e dalla variabilità biologica delle qualità prese in esame.

TABELLA 16 Test per la valutazione della capacità di eseguire cambi di direzione

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CdD E PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI

Gli infortuni articolari, in particolare a livello del ginocchio, sono alcuni tra i più frequenti che colpiscono il calciatore. Un programma preventivo adeguato deve essere ideato e realizzato sul campo quando sono state ben stabilite le relazioni causali tra le condizioni perturbanti (per esempio le forze esterne applicate) e i meccanismi lesivi potenziali (Whithing, 1998). Markolf et al. (1995) hanno osservato che la combinazione di – forze di traslazione della tibia – momenti in varo/valgo – e – forze di traslazione della tibia – momenti di rotazione interna/esterna – aumenta in modo considerevole lo stress sul legamento crociato anteriore (LCA). Il sistema nervoso centrale dell’atleta dovrebbe quindi essere condizionato per attuare in ogni situazione le strategie motorie opportune al fine di contrastare gli effetti negativi delle forze esterne e stabilizzare le articolazioni sollecitate durante tutte le fasi del movimento. I cambi di direzione rappresentano una forma di locomozione potenzialmente favorente l’insorgenza di infortuni articolari da non contatto, a causa della complessità della struttura delle azioni stesse e dell’entità delle forze reattive in gioco che sono state ampiamente descritte nei paragrafi precedenti. Lloyd et al (2005) hanno misurato i momenti di forza al ginocchio nell’esecuzione di un cambio di direzione eseguito con due modalità: sidestep 30° e 60° (nuova direzione di movimento in senso opposto rispetto alla gamba-perno) e crossover (la direzione della seconda traiettoria è corrispondente al lato della gamba in appoggio).

FIGURA 11 Una delle modalità con cui può essere eseguito il CdD: sidestep (Lloyd, modificata)

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LA TECNICA

Il cambio di direzione è un gesto che presenta alcune difficoltà di tipo coordinativo che l’atleta deve saper risolvere per un risultato efficace dal punto di vista motorio. Il problema principale è riferito alla necessità di assorbire la forza d’inerzia nella fase di decelerazione. La risultante delle forze interne ed esterne che agiscono sul baricentro determina una situazione nella quale l’effetto più evidente è la tendenza a perdere l’equilibrio del corpo. L’apprendimento della corretta tecnica esecutiva prevede quale primo obiettivo la capacità di variare l’ampiezza dei passi in avvicinamento al punto di inversione della traiettoria di corsa. È fondamentale che il calciatore sappia calcolare in movimento lo spazio disponibile in modo da adattare la lunghezza dell’ultimo (il più ampio) e del penultimo passo (leggermente più corto del successivo). Quando il sistema nervoso, attraverso l’attività coordinata di centri diversi, non riesce a controllare nel modo migliore tutti i parametri del movimento, l’atleta tende ad accorciare troppo la lunghezza dei passi. Così facendo, però, perde velocità in maniera eccessiva e, nel caso in cui stia lottando per la conquista della palla con un avversario che invece possiede una tecnica efficace, probabilmente perderà il duello, arrivando in ritardo all’obiettivo. Tra gli altri effetti, la corretta ampiezza degli ultimi passi consente di posizionare i piedi nella maniera migliore per ripartire in modo esplosivo. A questo proposito le soluzioni percorribili sono essenzialmente due. La prima prevede che l’ultimo appoggio avvenga con la gamba opposta alla nuova direzione di movimento saldamente in appoggio sul terreno, con il piede ruotato di circa 90° verso la nuova traiettoria. Per ottenere questa postura la parte superiore del corpo deve già essere orientata in quel senso, prima che avvenga l’inversione vera e propria. Oltre ad una buona indipendenza parte superiore-parte inferiore del corpo è necessario possedere una elevata stabilità a livello del core, in modo che le spalle non oscillino in avanti, giacché in questo caso il tempo di inversione aumenterebbe considerevolmente. È anche importante che la verticale del ginocchio non cada troppo in avanti rispetto alla punta del piede (piegamento eccessivo dell’arto inferiore), condizione che sottoporrebbe il legamento crociato anteriore ad uno stress elevato. Esiste una seconda scuola di pensiero secondo la quale un principio imprescindibile è quello dell’allineamento. Secondo gli allenatori che hanno teorizzato questo concetto piede, tibia e coscia della gamba-perno dovrebbero essere allineati in direzione della traiettoria originale del movimento. Questo atteggiamento dovrebbe consentire una miglior attivazione coordinata dei muscoli del-

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IL CONTROLLO DEL CARICO DI ALLENAMENTO

Una prima valutazione del volume del carico esterno è realizzabile attraverso il conteggio del numero dei cambi di direzione eseguiti. A seconda dell’obiettivo specifico della seduta esso può variare da un minimo di 20 ad un massimo di 80-100. Il secondo parametro che consente di descrivere l’allenamento dal punto di vista quantitativo è la distanza complessivamente percorsa. Quando si intende sollecitare prevalentemente le qualità di forza, essa è generalmente compresa tra i 160 e i 200 metri totali. Con l’esigenza di proporre esercitazioni in regime di resistenza, nel caso di giocatori ben allenati, è possibile arrivare fino ai 1000 metri complessivi. È sempre necessario considerare con la massima attenzione il carico complessivo dell’intera seduta quando, come spesso accade, questi mezzi sono integrati con altri che possono anche avere finalità differenti. In particolare, se fossero programmate una o più esercitazioni supplementari di intensità elevata, la nostra esperienza sul campo ci suggerisce di non superare i 400-500 metri e il numero di 50 cambi di direzione. Per comprendere appieno l’impatto di una esercitazione sull’organismo degli atleti, è necessario considerare le pause di recupero. A questo punto, oltre alla mera valutazione quantitativa, è importante anche la modalità con la quale gli intervalli possono essere inseriti tra una ripetizione e l’altra. Le situazioni reali del gioco non consentono di standardizzare le pause tra le azioni in partita. Volendo rispettare questa variabilità, si può pensare di strutturare il lavoro con intervalli di recupero diversi tra una prova e l’altra. In questo caso, generalmente essi sono compresi tra 15 e 40 secondi. Per misurare l’entità complessiva del carico è particolarmente utile considerare un indice che riassuma tutti i parametri finora descritti. Questo indice è stato definito entità dello stimolo assoluto (E.S.A.; Capanna, 2000). E.S.A. =

Attività totale

x n° ripetizioni

Pause di recupero totali

Dove: • Attività totale = sommatoria della distanza complessivamente percorsa (in metri); • Pause totali = sommatoria degli intervalli di recupero tra le ripetizioni e le serie (in secondi); • n° ripetizioni = numero dei segmenti che compongono i diversi percorsi tracciati.

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