Pagine da Controllo motorio e apprendimento

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EVOLUZIONE DI UN AMBITO DI STUDIO

1 CAPITOLO

Il movimento è veramente un aspetto fondamentale della vita. Senza movimento non sarebbe possibile il nutrimento, la riproduzione e la sopravvivenza. La vita, come è conosciuta, non sarebbe possibile senza la capacità di muoversi. La capacità di muoversi è più di una semplice comodità che permette di camminare, giocare o manipolare oggetti; è un aspetto essenziale dello sviluppo evolutivo, non meno importante dell’evoluzione delle nostre capacità intellettive o emotive. Alcuni autori affermano che le nostre capacità cognitive si sviluppano ed evolvono in modo tale da consentire di compiere i movimenti essenziali alla sopravvivenza (come, ad esempio, la costruzione di un rifugio, la creazione di utensili e la comunicazione). Sicuramente lo studio del movimento non ha bisogno di altre giustificazioni oltre quella della sua importanza dal punto di vista dell’evoluzione dell’umanità. Il movimento assume molte forme. Alcune possono essere considerate come geneticamente determinate, come il modo in cui le persone controllano i loro arti o l’abilità di un millepiedi nel muovere simultaneamente tutte le sue zampe. Altri esempi sono il “riflesso di grattamento” di un cane o il rapido sbattere della palpebra in risposta a un

improvviso soffio d’aria. Questo tipo di azioni appare come determinato da una disposizione genetica, attraverso la crescita e lo sviluppo, o da ambedue le modalità; e sembra essere abbastanza stereotipato per tutti i membri della stessa specie. Una seconda classe di movimenti può essere pensata come “appresa”: ad esempio, i movimenti coinvolti nel controllo di un’automobile, nell’utilizzo di una macchina da scrivere o nell’esecuzione di un triplo salto mortale con avvitamento dal trampolino. Questi movimenti appresi sono spesso definiti abilità. Non sono ereditati e l’eseguirli alla perfezione richiede lunghi periodi di pratica e affinamento. Guthrie (1952) forse diede la miglior definizione di abilità: “L’abilità consiste nella capacità di conseguire alcuni risultati finali con la massima certezza e il minimo spreco di energie o di tempo e di energia” (p. 136). Le abilità sono particolarmente importanti per lo studio del comportamento umano, in quanto sono coinvolte nell’operatività delle macchine nell’industria, nel controllo dei veicoli, nella preparazione dei pasti, nel gioco e così via. Le abilità (apprese) e i movimenti definiti geneticamente possono essere molto semplici (ad esempio schioccare le dita o sbattere le palpebre) oppure molto complessi (ad esempio il salto con l’asta).


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METODOLOGIA PER LO STUDIO DELLA PRESTAZIONE MOTORIA

2 CAPITOLO

L’obiettivo principale di questo testo è quello di presentare non solo i principi e le teorie relativi alla natura della prestazione e del controllo motorio, ma anche la prova della ricerca che sostiene (o, in alcuni casi, confuta) tali principi e teorie. Nel valutare questa dimostrazione, è necessario comprendere alcuni dei metodi coinvolti in questa ricerca e le modalità con cui i comportamenti motori sono misurati, così da poter stabilire più efficacemente l’importanza della dimostrazione del particolare principio o della particolare teoria in questione. In seguito, nel testo (capitolo 10), l’attenzione sarà posta sui metodi e sui paradigmi utilizzati nello specifico, cioè nello studio dell’apprendimento motorio.

CLASSIFICAZIONE DELLE ABILITÀ MOTORIE In qualsiasi settore di studio, solitamente, la materia indagata viene classificata secondo degli schemi o strutture, così da semplificare la discussione. Il settore del comportamento motorio non fa eccezione. La classificazione dei movimenti e dei compiti motori è importante per due ragioni fondamentali. Prima di tutto, nella letteratura riguardante il comportamento

e il controllo motorio, termini diversi vengono utilizzati per descrivere compiti e movimenti (lo stesso compito e lo stesso movimento). Questi termini devono essere compresi per comunicare nel settore. La seconda ragione è che le leggi del comportamento motorio sembrano dipendere dal tipo di prestazioni prese in considerazione. Ovvero, la relazione tra certe variabili indipendenti e dipendenti spesso è differente per un tipo di compito o comportamento in confronto a un altro. Senza una classificazione, le leggi sul controllo motorio sarebbero molto più difficili da comprendere. I comportamenti motori sono stati classificati in diversi modi. Due importanti schemi di classificazione sono la dimensione discreta/continua/seriale, che si basa sullo specifico movimento effettuato, e la dimensione aperta/chiusa, determinata dalle qualità percettive del compito.

Abilità discrete, continue e seriali I movimenti discreti sono quei movimenti con un inizio e una fine riconoscibili. Calciare un pallone, lanciare, accendere un fiammifero e cambiare marcia in automobile ne sono un esempio (figura 2.1). La


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L’ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE UMANA

3 CAPITOLO

Il funzionamento umano nell’ambiente può essere descritto e studiato in molti modi; uno dei più comuni è basato sulla fondamentale nozione che gli esseri umani sono elaboratori di informazioni1. Si ipotizza che l’informazione sia disponibile nell’ambiente, che l’individuo la raccolga attraverso vari “sistemi di immagazzinamento” definiti memoria e che l’informazione sia poi “elaborata” per la percezione, per la presa di decisione e per l’azione. L’elaborazione dell’informazione umana si basa sulla metafora del computer. In altri termini, noi “riceviamo” l’informazione da sorgenti esterne, esattamente come un computer riceve informazioni da dispositivi periferici. Quell’informazione subisce alcune trasformazioni, usa altre informazioni immagazzinate nella memoria ed è soggetta a determinate limitazioni basate su quanta informazione viene elaborata e sulla rapidità della sua elaborazione, proprio come il computer elabora l’informazione. Per finire, il processo per mezzo del quale l’informazione è “messa in uscita” ha molte analogie con il computer: l’informazione elabo-

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rata può dare esito a diversi tipi di movimento, come un computer mostra i risultati della sua elaborazione su un monitor o li invia ad una stampante o ad un fax o ad un altro computer via internet. Lo scopo di questo capitolo è dunque discutere il processo di elaborazione dell’informazione in relazione al comportamento motorio umano (si veda anche Marteniuk, 1976), specificatamente al modo in cui l’informazione è elaborata per lo scopo specifico della realizzazione di un movimento abile.

IL MODELLO DELL’ELABORAZIONE DELL’INFORMAZIONE Il modello di funzionamento del processo di elaborazione dell’informazione inizia con l’entrata di un’informazione dall’ambiente attraverso uno o più degli organi di senso e successivamente considera ciò che accade a questa informazione quando è dentro al sistema. La figura 3.1 mostra il tipico modello del processo di elaborazione definito “scatola nera”. L’individuo è considerato come una scatola e l’informazione vi entra dal-

NdC: si veda Marteniuk, R. G., 1976, Information Processing in Motor Skill, Holt, Reinardt and Winston, New York, p. 5.


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ATTENZIONE E PRESTAZIONE

4 CAPITOLO

L’attenzione è sempre stata un argomento del massimo interesse per gli psicologi e per i ricercatori del comportamento motorio. Le prime ricerche e le conseguenti formulazioni delle teorie ebbero inizio nel XIX secolo (Cattell, 1886; Welch, 1898) e l’interesse per l’argomento rimane tuttora alto. Agli albori gran parte del lavoro comportava l’introspezione; William James (1890), uno dei più rinomati psicologi sperimentali, scrisse: Tutti sappiamo cos’è l’attenzione. È il prendere possesso da parte della mente, in forma chiara e vivida, da parte di un individuo, di uno all’infuori di quelli che sembrano parecchi oggetti simultaneamente possibili o flussi di pensiero. La focalizzazione e la concentrazione della consapevolezza 1 sono la sua essenza. Questo implica l’abbandono di alcune cose allo scopo di impegnarsi efficacemente in altre (403404).

Ma tutti sono d’accordo su cos’è l’attenzione? Molti teorici, come Norman (1976) e Moray (1970), hanno suggerito che esistono diverse definizioni di attenzione e che la gente impiega il termine in una molteplicità 1

di modi. Si consideri il compito di guidare una macchina. I guidatori devono essere consapevoli di una routine pianificata in precedenza e di dove si sia in ogni momento rispetto alla strada, in modo da poter apportare i cambiamenti appropriati nei tempi giusti. Il guidatore deve essere anche consapevole delle altre componenti del traffico (ad esempio, automobili, pedoni e biciclette) ed essere capace di rispondere a cambiamenti improvvisi. Il controllo del movimento richiede un altro tipo di attenzione, sebbene si spenda meno tempo ed energia a pensare come coordinare gli arti nel tempo e nello spazio, quando si sviluppa un’abilità. Sono richiesti anche altri tipi di attenzione per fronteggiare la sonnolenza che compare durante lunghi periodi di guida senza riposo o la distrazione causata dal parlare al telefono cellulare. Così come leggiamo nella citazione sulla descrizione dell’attenzione di William James, sono considerate importanti un gran numero di caratteristiche del fenomeno ed esse riflettono vari modi di concepire i differenti tipi di attenzione che possono esistere.

NdC: Nella prospettiva dell’argomento della presente trattazione (e cioè secondo un’ottica cognitivista) sembra più preciso adottare i termini di consapevolezza, consapevole e inconsapevole piuttosto che coscienza, conscio e inconscio, i quali sarebbero forse più attinenti in una prospettiva psicoanalitica.


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CONTRIBUTI SENSORIALI AL CONTROLLO MOTORIO

5 CAPITOLO

Uno dei modi in cui il controllo motorio è ottenuto dipende in larga misura da come è utilizzata l’informazione sensoriale (o afferente) per regolare i movimenti umani. Secondo quest’idea è l’informazione che dice qualcosa sullo stato dell’ambiente, sullo stato del corpo o sullo stato del corpo rispetto all’ambiente. Un modo di concepire come l’informazione sensoriale sia utilizzata per il controllo dell’azione è considerare il movimento come un tipo di sistema a circuito chiuso. Un sistema a circuito chiuso dipende essenzialmente dal coinvolgimento di alcuni tipi di informazione sensoriale che assumono la massima rilevanza nel momento in cui esso esegue la sua funzione. Tale informazione sensoriale, considerata nell’ambito del controllo motorio a circuito chiuso, è spesso definita come il feedback prodotto dal movimento, o più semplicemente feedback, implicando che l’informazione sensoriale da considerare è il risultato delle azioni eseguite. Naturalmente ci sono molti altri tipi di informazione sensoriale che non sono associati ai movimenti eseguiti e che di solito vengono considerati sotto il capitolo più generale della sensazione e della percezione. In questo capitolo saranno discussi i vari generi d’informazione sensoriale che possono essere utilizzati nel controllo del movimento.

SISTEMI DI CONTROLLO A CIRCUITO CHIUSO Un modo per tentare di capire il controllo motorio consiste nel considerare i contributi sensoriali analoghi a quelli che presiedono al controllo dei sistemi meccanici. I sistemi a circuito chiuso sono importanti in molte situazioni, specialmente in quelle che richiedono un sistema valido per “mantenere il controllo” per lunghi periodi di tempo (per altro verso, si veda il capitolo 6, per una discussione sui sistemi a circuito aperto). La figura 5.1 rappresenta un diagramma che illustra come lavora un semplice sistema a circuito chiuso. In primo luogo, l’informazione sull’obiettivo del sistema è fornita ad un meccanismo di riferimento. In un sistema di riscaldamento domestico, ad esempio, l’obiettivo complessivo del sistema potrebbe essere il raggiungimento e il mantenimento di una temperatura prestabilita nell’abitazione. Il meccanismo di riferimento in questo sistema è rappresentato dallo specifico posizionamento della temperatura, ad esempio a 20° C (il livello della temperatura può essere cambiato senza modificare l’operatività del sistema). In seguito, il meccanismo referente campiona l’am-


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CONTRIBUTI CENTRALI AL CONTROLLO MOTORIO

6 CAPITOLO

Nell’ultimo capitolo, l’attenzione è stata rivolta principalmente al ruolo dei meccanismi sensoriali. Il controllo motorio è stato considerato come un sistema a circuito chiuso, dipendente dal feedback sia (a) per correzioni online mediate dagli stadi dell’elaborazione, che (b) per correzioni o compensazioni dell’azione basate sui riflessi e non mediate dagli stadi dell’elaborazione. Al contrario, c’è un sistema a circuito aperto in cui le istruzioni sono organizzate in anticipo e sono eseguite a prescindere dagli effetti che possono avere sull’ambiente. Ciò equivale a dire che il comportamento del sistema a circuito aperto non è sensibile ad alcun feedback. Un buon esempio di sistema a circuito aperto è il semaforo in prossimità di un incrocio. Il susseguirsi della luce rossa e di quella verde è controllato da un programma che gestisce questa sequenza senza badare alle variazioni del traffico istante per istante. Considerato che non c’è alcun feedback dalle condizioni di traffico di ritorno al meccanismo direttivo, non ci possono essere modificazioni immediate nel modello, se capita un incidente o se il traffico è particolarmente pesante. Anche se il programma per cambiare le luci del traffico non è flessibile, non dobbiamo,

però, credere che sia semplice. Tale programma può essere strutturato in modo che la strada nord-sud abbia la durata della luce verde per un periodo di tempo più lungo del 20% di quello della strada est-ovest durante le ore di punta, variando questo rapporto a mezzogiorno, quando il quadro del traffico è spesso differente. L’unico modo, tuttavia, in cui possono presentarsi modificazioni tempestive, è che il programmatore le organizzi in anticipo all’interno del programma.

PROCESSI A CIRCUITO APERTO Nella figura 6.1 è rappresentato un tipico diagramma del sistema a circuito aperto. Il meccanismo direttivo e quello effettore possono essere considerati simili al sistema a circuito chiuso della figura 5.1, ma qui manca il circuito del feedback ed il riferimento di correttezza (il percorso del feedback è “tagliato” o “aperto”, come quando un interruttore è aperto: di qui l’etichetta “circuito aperto”). Il direttivo è “programmato” per inviare certe istruzioni in determinati momenti all’effettore, il quale poi le trasporta senza la possibilità di modifica nel caso in cui qualcosa vada errato. In questo capitolo, saranno trattati i processi a


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PRINCIPI DI VELOCITÀ E ACCURATEZZA

7 CAPITOLO

Uno degli errori più comuni nel controllo del movimento si verifica quando si provano a completare dei compiti più velocemente del “normale”. Tentativi di infilare rapidamente un ago, di battere una e-mail in fretta o versare un bicchiere di latte rapidamente spesso esitano in una quantità di errori di indirizzamento. Sono errori basati spesso sulla mancanza di precisione e generalmente (ma non sempre) sono studiati in compiti che implicano movimenti del braccio e della mano. In questo capitolo l’attenzione sarà focalizzata sui principi fondamentali che attengono alle diverse variabili del movimento e ad alcune idee teoriche che sono emerse da esse. Siffatti principi sono importanti per ogni scienza, dal momento che descrivono le relazioni tra le misurazioni degli oggetti studiati. Come anche, molte delle leggi di base del comportamento motorio possono essere considerate analoghe ai principi fondamentali della fisica. Le leggi che si riferiscono alla massa, alla velocità e all’accelerazione degli oggetti quando vi sono applicate delle forze (principi della meccanica), ad esempio, hanno avuto la funzione di una pietra miliare per le scienze fisiche e sono perciò meritevoli di uno status speciale. Nello stesso modo, il campo del comporta-

mento motorio è regolato da principi analoghi, in qualche modo fondamentali per tutto il resto: principi che, ad esempio, descrivono il rapporto tra la velocità alla quale si muove l’arto e l’accuratezza che ne consegue, o la relazione tra distanza e tempo di movimento. Mentre un ordinato insieme di semplici ed eleganti principi possono essere stabiliti per varie branche delle scienze fisiche, non ci si dovrebbe aspettare qualcosa di analogo per le scienze comportamentali, in particolar modo per il controllo motorio. Per un gran numero di ragioni, nel controllo motorio può essere reperito un numero molto più piccolo di principi sufficientemente generalizzabili e che reggono alla prova di aver ottenuto lo status di una “legge”. Una ragione è che i principi del controllo motorio sono stati, per molto tempo, difficili da scoprire, perché basati su dati provenienti dai sistemi biologici più variabili (“influenzabili”) e complessi rispetto ai sistemi fisici. Spesso le relazioni non sono ovvie e devono essere “depurate” dalle influenze dell’ambiente o dalla variabilità, in modo da poterle osservare. La situazione si complica ulteriormente quando differenti principi (definiti differenze individuali, capitolo 9) sono osservati in differenti persone ed essi sem-


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COORDINAZIONE

8 CAPITOLO

In alcune situazioni, sembra che la gente sia in grado di produrre azioni coordinate facilmente, quasi banalmente. Si svolgono innumerevoli attività nelle quali gli arti sembra che eseguano contemporaneamente azioni differenti, apparentemente senza alcuna interferenza (ad esempio, usando coltello e forchetta; suonando il pianoforte; camminando e masticando gomma). In compiti come il tirare e il calciare, gli arti superiori ed inferiori eseguono funzioni e movimenti molto differenti, tutti senza difficoltà. Per di più, in altre situazioni c’è una interferenza sostanziale tra gli effettori, quando noi proviamo ad eseguire la stessa azione. Casi ben noti d’interferenza includono il compito di accarezzarsi la testa mentre si strofina lo stomaco. Tutte e due le mani sembrano “voler” fare la stessa cosa, o strofinare o accarezzare, ma non azioni differenti come richiesto. Un altro esempio viene da Peters (1977), il quale riscontrò che neppure un singolo soggetto, al di fuori dei 100 sottoposti a test, poteva recitare una filastrocca per bambini con il timing esatto mentre contemporaneamente tamburellava con le dita un differente ritmo. Summers, Todd, e Kim (1993) fornirono ulteriori prove sulle difficoltà nel battere diversi ritmi con le due mani (producendo i cosiddetti polirit-

mi, discussi in modo più dettagliato più in là in questo capitolo). Queste e molte altre osservazioni suggeriscono l’esistenza di processi di coordinazione tra arti che facilitano attività biologicamente importanti come la locomozione, ma che tendono ad ostacolare abilità più arbitrarie, anche culturalmente importanti (come suonare il pianoforte e lanciare) o meno importanti (strofinare lo stomaco e accarezzare la testa). È stato riconosciuto per parecchi decenni che una maggiore fonte di interferenza nella coordinazione tra arti è correlata alle strutture temporali delle azioni che devono essere coordinate (per le rassegne, si veda Heuer, 1996; Klapp, 1979, 1981). Le azioni con la stessa organizzazione temporale sono facilmente coordinate con una relazione temporale stretta tra gli arti, mentre le attività con differenti organizzazioni temporali non sono messe in atto con facilità, anche se sono fattibili. Chiaramente la coordinazione implica molto altro, come sarà illustrato dai ricercatori che hanno tentato di studiare i problemi fondamentali della coordinazione. Un fattore importante è la durata dei movimenti da controllare. Come fatto notare in molti dei capitoli presentati finora, i processi di controllo nelle abilità discrete sembrano molto differenti (nei termini delle


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DIFFERENZE INDIVIDUALI E CAPACITÀ

CAPITOLO

Perché una persona è un ginnasta migliore di un’altro anche dopo la stessa quantità di allenamento? Quali sono le capacità1 o attitudini che contribuiscono al successo di un abile falegname? Quante capacità motorie di base, ereditate, possiedono gli uomini? Quali sono e come possono essere misurate? Queste sono solo alcune delle domande prese in considerazione in questo capitolo sulle differenze individuali, lo studio dei fattori che rendono gli individui diversi gli uni dagli altri. L’approccio allo studio del comportamento motorio presentato in questo capitolo è una marcata deviazione dagli approcci dei precedenti capitoli. Nell’approccio precedente, ci si occupava degli effetti di alcune variabili indipendenti su certe altre variabili dipendenti, utilizzando (di solito) la media di un gruppo di persone come misura d’in1

teresse principale. Con le differenze individuali invece, l’interesse si sposta su come gli individui all’interno di un gruppo differiscono tra loro. Poiché queste due tradizioni scientifiche sono tra loro così differenti nel metodo e nell’obiettivo, sono solitamente trattate come punti di vista separati. Nelle prossime sezioni saranno esaminate più nel dettaglio alcune delle differenze tra questi due approcci.

APPROCCI SPERIMENTALI RISPETTO AD APPROCCI DIFFERENZIALI Esistono una quantità di differenze fondamentali tra gli approcci sperimentali e quelli differenziali rispetto al modo in cui il comportamento motorio è studiato e compreso. Nella discussione che segue,

NdC: nel testo sono utilizzati almeno cinque lemmi differenti che potrebbero essere genericamente tradotti in italiano con il termine capacità o abilità. È, però, utile distinguerli per non perdere la ricchezza lessicale del testo originale oltre che per cercare di adeguare il significato dei 5 termini alla teoria dell’apprendimento motorio, ma anche tenendo conto dei possibili risvolti applicativi. Così: proficiency è reso con perizia, competenza, profitto; ability è reso con capacità, essere in grado di, facoltà, abilità (generica), talento; capacity è reso con competenza, capacità (posseduta, ad es. le capacità motorie che non si apprendono, ma possono essere modificate con l’allenamento); skill è reso, soprattutto in riferimento alla performance sportiva, con abilità, maestria (acquisita), specializzazione; capability è reso con capacità, possibilità, idoneità, disponibilità per. Sono, inoltre, utilizzati come sinonimi il termine aptitude e il termine expertise che è reso (anch’esso) con perizia.


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CONCETTI SULL’APPRENDIMENTO MOTORIO E SUI METODI DI RICERCA

10 CAPITOLO

L’apprendimento rappresenta una parte essenziale della nostra esistenza. Si pensi a dove sarebbe il genere umano se non si potesse beneficiare delle esperienze e delle pratiche in cui tutti si impegnano. Non si sarebbe in grado di leggere le parole in questa pagina, non si potrebbe essere in grado di scrivere le parole che sono qui e nessuno sarebbe in grado di parlare. In breve, saremmo semplici creature se davvero fossimo costretti al agire nell’ambiente forniti soltanto delle abilità ereditate biologicamente. Il fatto che si possano acquisire nuove conoscenze e nuove abilità ha portato ad un vivo interesse per i modi in cui le persone apprendono, per le variabili decisive che determinano come esse trarranno vantaggio dall’esperienza o dall’allenamento e per la progettazione di nuovi programmi d’istruzione. Non sarà fatto il tentativo di passare in rassegna l’intero argomento dell’apprendimento. Ci sono esempi di apprendimento in tutti gli organismi (anche il più semplice degli organismi monocellulari), ma l’apprendimento di cui gli esseri umani usufruiscono è il più complesso di tutti. Molti aspetti dell’apprendimento umano, come 1

NdC: si veda la nota 1 del capitolo 9.

l’apprendimento delle materie verbali, dei concetti e delle abilità interpersonali, non sono, perciò, qui discussi. L’attenzione sarà invece posta sull’acquisizione delle abilità motorie, come definita nel capitolo 2. Essenzialmente, l’interesse si concentrerà sugli effetti dell’allenamento e dell’esperienza sulla prestazione, in un tentativo di comprendere le variabili rilevanti che determinano i miglioramenti nella competenza.

DEFINIZIONE DI APPRENDIMENTO MOTORIO L’apprendimento in generale, e l’apprendimento motorio in particolare, è stato definito in molti modi. Quattro distinte caratteristiche sono comprese nella definizione. • L’apprendimento è un processo di acquisizione della idoneità1 a produrre azioni eseguite con maestria. Ovvero, l’apprendimento è la serie di eventi sottostanti, avvenimenti o cambiamenti che si verificano quando l’allenamento mette in grado le persone di diventare più specializzate in qualche compito.


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LE CONDIZIONI DELL’ALLENAMENTO

11 CAPITOLO

Il tempo è l’elemento chiave limitante in molte situazioni in cui agli individui viene chiesto di apprendere (o riapprendere) delle abilità motorie. Una compagnia di assicurazione può pretendere che un massimo di nove sedute di riabilitazione siano coperte dall’assicurazione. Un corso di badminton può comprendere tre sessioni settimanali per 14 settimane. Ad un operaio è concesso soltanto un giorno per apprendere l’uso di un nuovo attrezzo. Un microchirurgo fa un corso di due giorni su una nuova tecnica chirurgica, prima di iniziare ad operare sul paziente. In tutte queste situazioni, che richiedono specifiche limitazioni temporali per l’allenamento, è implicita la considerazione che l’allenamento1 è organizzato in modo da rendere massimale la quantità di apprendimento potenziale. Per venire incontro alle esigenze di tali limiti temporali, chi ha la funzione di facilitare l’apprendimento deve essere consapevole delle variabili, o condizioni dell’allenamento, le quali influenzano la prestazione e l’apprendimento, e adattarle in modo che l’apprendimento possa essere acquisito al massimo livello. Questo capitolo si riferisce agli esperimenti che utilizzano queste tecniche, con 1

NdC: allenamento, si veda la nota 9 del capitolo 4.

particolare riferimento alle principali variabili indipendenti, rilevanti per l’apprendimento motorio. Ce ne sono molte, ma noi abbiamo ristretto la discussione a quelle con gli effetti più significativi (vale a dire quelle che provocano la maggiore differenza) e quelle che di solito sono sotto il diretto controllo dello sperimentatore o dell’insegnante. Con questa chiave di lettura, il contenuto del capitolo si riferisce in modo piuttosto stretto alla progettazione degli ambienti con la finalità dell’istruzione, quale dovrebbe essere considerata nelle scuole, nell’addestramento per i mestieri nell’industria o nell’esercito e per la riabilitazione (ad esempio, si veda “La terapia fisica con limiti imposti”, p. 431). Inoltre, vengono sottolineate quelle variabili in cui c’è il maggiore interesse teorico. Questa chiave di lettura fornisce anche un notevole contributo all’applicazione pratica, in quanto le teorie ben formulate presentano molte ricadute sul mondo reale (Kerlinger, 1973). Più in generale, questo capitolo è basato sui tentativi di comprendere le molte variabili che determinano l’efficacia delle condizioni di allenamento.


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FEEDBACK ESTRINSECO

CAPITOLO

Una delle caratteristiche più rilevanti dell’allenamento è l’informazione ricevuta dagli apprendisti, sui loro tentativi di produrre un’azione. Qualcuna di queste informazioni è inerente alla produzione del movimento; questo genere d’informazione è stato analizzato nel capitolo 5. Si può anche considerare che l’informazione è presentata in una forma “ampliata” dall’istruttore, dal terapista o dall’allenatore. Questo capitolo concerne quest’ultima forma d’informazione.

CLASSIFICAZIONI E DEFINIZIONI Si considerino, come la più ampia classe, tutti i diversi generi d’informazione sensoriale che le persone possono ricevere, incluse tutte quelle fonti che hanno a che fare con i diversi aspetti della vita. Naturalmente, non tutta questa informazione è correlata ai movimenti umani: il suono del vento tra gli alberi, quando si passeggia attraverso una foresta, non è rilevante a questo proposito. Rispetto alle fonti d’informazione correlate ai movimenti umani, si può parlare di quelle disponibili • prima dell’azione, • durante l’azione, • dopo l’azione.

Prima dell’azione, l’informazione sensoriale segnala la posizione degli arti, la vista di una palla che si avvicina in volo, la natura della configurazione ambientale e così via. Durante l’azione, si riceve l’informazione sensoriale prodotta dal movimento, quale il modo in cui esso è sentito, suona ed è visto. Dopo che l’azione è completata, c’è disponibile l’informazione sull’effetto prodotto dal movimento nell’ambiente (ad esempio, le azioni di una palla che è stata colpita) e, per un breve periodo, una memoria per come il movimento è percepito, il suono che ha prodotto e come è stato visto. Quest’ultima classe d’informazioni è di solito definita feedback prodotto dal movimento o semplicemente feedback. Il termine “feedback” può essere ulteriormente suddiviso in due ampie classi: feedback intrinseco e feedback estrinseco.

Feedback intrinseco Le persone possono ottenere informazioni su molti particolari dei loro movimenti attraverso diversi meccanismi sensoriali. Queste forme d’informazione sono intrinseche all’individuo durante l’azione e sono il risultato dell’esecuzione del movimento. Ad esempio, si sa che si è compiuto un errore in un tiro di basket in quanto si è visto che


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IL PROCESSO DI APPRENDIMENTO

13 CAPITOLO

Per molto tempo, nella discussione sull’apprendimento motorio, l’interesse si è concentrato sui dati empirici più importanti, relativi all’acquisizione delle abilità. È Il momento, a questo punto, di considerare le ragioni che ne sono alla base, che sembra sostengano e pongano interrogativi sulla natura dei processi di apprendimento motorio, che portano il sistema motorio a comportarsi nei modi identificati nei capitoli precedenti. Una parte di questo processo è teorica: vi si cerca una comprensione fondamentale, definita come teoria, di come il sistema “lavora” quando apprende. Ma una parte è pratica; in essa una solida comprensione della funzione del sistema fornisce suggerimenti per l’applicazione pratica in situazioni che, di fatto, non sono state studiate; non c’è niente di così pratico come una buona teoria (Kerlinger, 1973). In questo capitolo, sono considerati i molti modi in cui varie persone hanno formalizzato i processi di apprendimento motorio. Tutte queste prospettive teoriche hanno come loro obiettivo fondamentale una comprensione dei cambiamenti nell’abilità che hanno luogo con l’allenamento. In ogni caso, si vedrà che un fenomeno così ampio e comune come questo può

essere spiegato in diversi modi e tramite una differente quantità di livelli di analisi (biomeccanico, cognitivo e così via). Allo stesso tempo, si vedrà come i concetti principali di queste diverse idee teoriche siano già familiari, perché incontrati nei precedenti capitoli, dal momento che hanno a che fare con nozioni quali la costruzione di nuovi programmi motori, i cambiamenti nelle richieste attentive, lo sviluppo dei processi di scoperta dell’errore e simili. Il capitolo è diviso in tre sezioni più importanti. La prima sezione presenta alcune idee fondamentali sul processo di apprendimento. Partendo da questo presupposto, insieme ad altre informazioni provenienti dai due capitoli precedenti, saranno poi presentati diversi modi di vedere teorici sull’apprendimento motorio. Due di questi, considerati come le prospettive teoriche di maggiore importanza nella storia della ricerca sull’apprendimento motorio, sono presentati nella seconda sezione di questo capitolo. La terza sezione, invece, presenta prospettive differenti sul processo di apprendimento (prospettive che, in una forma o nell’altra, possono essere considerate le ipotesi più attendibili sull’apprendimento).


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RITENZIONE E TRANSFER

14 CAPITOLO

Ad un certo punto, nel processo di revisione di questo testo, i due autori si accinsero a discutere insieme alcune idee durante una lunga corsa in bicicletta sulla spiaggia di Venice, California. Sebbene Timothy D. Lee non andasse in bicicletta da molti anni e, anzi, in precedenza non avesse mai guidato quella particolare bicicletta, si adoperava con successo ad evitare di infliggere serie conseguenze dannose a chi prendeva il sole e ai giocatori di pallavolo, in quel caldo giorno di primavera. Ci sarebbe da meravigliarsi nel vedere che l’abilità di andare in bicicletta è stata mantenuta e trasferita così facilmente? E quali fattori potrebbero influenzare la capacità di mantenere e trasferire al meglio queste o altri tipi di abilità motorie? Tali supposizioni, riguardo a quanto bene queste abilità siano ritenute nel tempo e si trasferiscano a differenti situazioni, sono ambedue importanti dal punto di vista teorico e pratico: teorico, a causa della necessità di comprendere come è strutturato il sistema motorio, in modo che le abilità possano essere prodotte “a richiesta”; pratico, in quanto di solito sono stati necessari molto tempo e sforzo per l’apprendimento delle abilità e si ha bisogno di sapere come tali investimenti

possano essere protetti dalla possibilità di perderli. Questo capitolo è sulle relazioni sperimentali e sui principi che hanno a che fare con la ritenzione e con il transfer.

DISTINZIONI FONDAMENTALI E DEFINIZIONI Si potrebbe avere l’impressione che l’apprendimento motorio e la memoria motoria siano due aspetti differenti del problema: uno ha a che fare con i miglioramenti nelle abilità, l’altro con il loro mantenimento. Ciò avviene in quanto gli psicologi e altri tendono ad utilizzare le metafore della memoria come un posto dove l’informazione è immagazzinata, come un hard disk di un computer o come una libreria. Affermazioni come “Ho una buona memoria per nomi e date”, oppure “Il soggetto ha dislocato il numero di telefono nella memoria a lungo termine”, sono rappresentative di siffatto uso del termine. Esse implicano che alcune serie di processi hanno portato all’acquisizione dei materiali e ora qualche altre serie di processi è responsabile del loro mantenimento “in” memoria.


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