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Finalmente si parte
EDITORIALE Antonio Urso
Presidente FIPE
NUMERO 1 Parte così il volume n°1 di S&C. è già partito anche il 2012. Ma qui le partenze non sono addii, sono arrivi, sono novità positive, sono cambiamenti in meglio: abbiamo qualcosa, abbiamo lavorato a qualcosa, presentiamo qualcosa di cui avevamo bisogno. Nasceva così il numero “0” degli scorsi mesi. Devo ammettere che è stato emozionante, allora, tenere tra le mani il numero “0” di questa rivista, appena stampato, con la certezza del nuovo che arrivava, ma molto di più lo sarà l’uscita di questo numero. è quello con cui comincia la collana, vero, ma in realtà anche quello che comincia a delineare il vero percorso e le vere finalità che questa rivista ha scelto di seguire (il primo) e si è data (le seconde) fin dal suo nascere, a partire dalla riflessione iniziale (cfr. n°0, Editoriale, pag.3) sul “perché una nuova rivista”. L’impalcatura editoriale e scientifica di Strength and Conditioning. Per una scienza del movimento dell’uomo, così come la sua personalità (mi sono più volte chiesto, scrivendo, se si potesse dire che una rivista ha personalità, poiché personalità ha a che fare con persone; ed ho concluso che sì, si può dire: una rivista riflette il sentire e la cultura di persone, poche o molte), impalcatura e personalità di S&C – dicevo – sono alla base di un processo assai grande e coinvolgente: l’ambizione di divenire interlocutori di primo piano nel mondo dell’allenamento della forza. O nel mondo dell’allenamento tout court, che è lo stesso. Pensiamo di avere le credenziali per rivestire questo ruolo ma, in particolare, sentiamo di possedere la voglia di metterci in discussione e di condividere questa esperienza con tutti gli attori di valore che possono scendere in campo. Siamo convinti che attraverso questo mezzo di espressione (una rivista di formazione continua e di informazione up to date, oltre che di didattica per chi cresce nella cultura del movimento umano) troveremo gli spun-
ti giusti, gli argomenti più consoni, le modalità più adatte a dialogare e a confrontarci. Dialogare e confrontarci con realtà che ci daranno certo modo di imparare, quindi allargare le nostre vedute, riportarle per intero su queste pagine e accrescere, speriamo, l’interesse di altri e così, ad ogni numero, uscita dopo uscita (ma meglio sarebbe dire entrata dopo entrata) allargare in modo consistente la base dei lettori, dei moltissimi potenziali lettori perché addetti ai lavori.La forza delle idee. La forza e gli uomini forti sono legati, da sempre, da una solida base di coraggio. Vogliamo incoraggiare ed essere incoraggiati ad analizzare criticamente tutto ciò che fino ad oggi è stato fatto ed è stato detto nel mondo dell’allenamento della forza. Vogliamo incoraggiare ed essere incoraggiati a trovare la forza per i cambiamenti o per difendere dei dettami che hanno ormai trovato ampia conferma nel mondo dello sport ed in quello della preparazione e dell’allenamento in particolare.
scienza del movimento dell’uomo” è nata, nel suo DNA sono stati inseriti i geni della condivisione, della ricerca di contributi particolari, della messa a disposizione di tutto il conosciuto, per la fruizione e l’utilizzo nella professione da parte di tutti. è necessaria questa apertura, necessaria oltre che dovuta. Esistono lavori e ricerche anche nel nostro paese, come professionisti e ricercatori di elevato livello, di larghe vedute e di profondi interessi culturali che vale la pena rendere noti agli altri; abbiamo così fatta la scelta che - oltre all’informazione e alla formazione - questa rivista costituisca proprio l’approdo (e, se del caso, il punto di avvio, nello stesso tempo) di coloro i quali hanno qualcosa da dire nel mondo dell’allenamento della forza.
Queste sono le prospettive editoriali formulate dal Comitato Scientifico e condivise dall’Editore: ci proponiamo come una rivista in continua evoluzione, alternativa ai canoni classici dello staticismo, perché la cultura, ça va sans dire, è un processo in continuo movimento e proprio per queNon possiamo fare tutto questo da sto, se cultura vogliamo fare, così soli né potremmo senza un mezzo di come vogliamo fare lo sport, non poscomunicazione a larga diffusione: ecco siamo rimanere statici. quindi una ragione in più per dare vita a S&C. Vuole essere uno strumento Il movimento fisico è l’esatto opposto dedicato di confronto, il terreno fer- dello stare fermi e il movimento della tile di spunti su cui poter ragionare, mente, paradossalmente, è un camriflettere, interrogarsi e ovviamente mino ancora più complesso, perché la trovare e dare risposte. singolarità è proprio quella che, tra tutti gli organi, il cervello è il più staLe pagine aperte di questa rivista zionario in assoluto: per alimentarlo aspettano e sono pronte a ricevere dunque, sono necessari stimoli apcontributi da parte dei nostri tecnici propriati, capaci di portare linfa preo di chi, per esperienza e per cono- giata per attivare i neuroni ad aprirsi scenza, è in grado di apportare ma- e recepire nuovi messaggi. Questo è teriali pieni di “collante culturale” ca- il compito più difficile che numero dopo pace di far nascere e collezionare numero va edificato per portare in esidee, soluzioni e confronti. sere il filo logico intorno al quale in molti ci possiamo ritrovare. Le sfide Solo una rivista aperta può essere in sono tipiche dello sport e noi ci metgrado di fare ciò e proprio quando teremo tutta la “forza” per vincere “Strength and Conditioning. Per una questa.
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La macchina che c’è in me
SIAMO MACChINE A gAS MA BRACCIO DI FERRO NON LO SAPEVA… MENOTTI CALVANI
BRACCIO DI FERRO Diventava fortissimo ingerendo un barattolo di spinaci, il segreto secondo Elzie Crisler Segar, il disegnatore texano che lo aveva inventato nel 1929, risiedeva nel ferro che sarebbe stato contenuto negli spinaci stessi. Perché il ferro doveva aumentare la forza? Perché le persone anemiche avevano tra i primi sintomi una sensazione di fatica e profonda debolezza, che scompariva con l’assunzione di ferro, magari somministrando vino nel quale era stato immerso per un lungo periodo un chiodo o, in maniera più pragmatica ed efficace, mangiando carne. Il tutto era nato da un banalissimo errore di un chimico tedesco, E. von Wolf che nel 1870 pubblica i risultati dei suoi studi sulla composizione chimica degli spinaci, nei quali attribuisce al ferro una concentrazione pari a 30 mg per 100 grammi di foglia: nella realtà c’era uno 0 di troppo essendo la concentrazione intorno ai 3 mg per 1001! Durante la prima guerra mondiale, la convinzione che gli spinaci contenessero più ferro della carne era così consolidata che ai soldati, indeboliti dalla ane-
mia conseguente alle emorragie per le ferite riportate in combattimento, veniva servito vino fortificato con spinaci! Grazie a Popeye, l’uso degli spinaci negli Stati Uniti aumentò del 33% e gli venne eretta nel 1937, per eterna gratitudine, una statua nella città texana di Crystal City, la cui economia principale è la coltivazione degli spinaci, motivo per il quale si è autoproclamata capitale mondiale degli spinaci. Non solo il contenuto di ferro negli spinaci si è dimostrato molto più basso di quello inizialmente creduto, ma il suo assorbimento è risultato quasi nullo, a causa dell’effetto chelante dell’acido ossalico contenuto nelle foglie. Il legame tra forza e spinaci in Popeye è solo frutto di fantasia? Dati recenti sembrerebbero dimostrare che nella storia di Braccio di Ferro qualcosa di vero ci sia, ma se il ferro non è la chiave di interpretazione, dove è il segreto? Il re di Francia Luigi XIV teneva a bada il suo mal di stomaco e la sua astenia mangiando spinaci, ma il suo medico personale glieli proibì causando la ricomparsa dei sintomi e inducendo il re a licen-
MENOTTI CALVANI Medico, specializzato in neurologia, farmacologia clinica oltre che in tossicologia medica, si è laureato in scienza della nutrizione umana. ha pubblicato oltre 200 articoli scientifici su riviste internazionali prevalentemente sui temi del metabolismo, sui mitocondri e sulle patologie degenerative.
Luigi XIV amava gli spinaci portati alla corte di Francia da Caterina De’Medici per il loro effetto di protezione dello stomaco. Oggi sappiamo che gli spinaci inducono a livello gastrico la produzione di Ossido Nitrico che protegge la mucosa.
Braccio di Ferro, nasce nel 1929, usa gli spinaci per incrementare la sua forza , ma prima di lui i soldati feriti nella prima guerra mondiale bevevano, per ridurre la debolezza, vino rinforzato con spinaci.
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S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 5-10
Noi come tutti gli esseri viventi abbiamo necessità di energia per vivere, la acquisiamo dall’ambiente circostante utilizzando quella contenuta nei cibi, ultimo pezzo di una filiera che parte dal sole, a sua volta penultima tappa di un lunghissimo cammino che parte dal Big Bang, la grande esplosione che ha dato origine al nostro universo. Sappiamo che il contributo energetico dei diversi cibi è differente, ma sappiamo anche che le necessità energetiche degli individui dipendono da molteplici fattori quali età, sesso, struttura fisica, stato di riposo, attività motoria, temperatura ambientale, stagione, le ore del giorno in cui il lavoro dei nostri muscoli viene effettuato, ecc. Lo sportivo, inoltre, sa che cibo, allenamento e prestazione sono intrinsecamente correlati, ma la ricetta migliore per armonizzare e soprattutto ottimizzare il tutto, malgrado sia da sempre all’attenzione della scienza, non è stata ancora ottenuta e non potrebbe essere altrimenti vista la evoluzione delle tecniche di allenamento, la diversa composizione e tecnologia dei cibi, le diverse strutture fisiche della popolazione nel passaggio da generazione a generazione. La lettura delle misure antropometriche dei soldati di leva dalla costituzione del Regno d’Italia ad oggi o la semplice variazione della statura dal dopoguerra ad oggi ne sono un grossolano esempio. La ricerca del cibo per l’atleta è vecchia come la storia: basti pensare che la figlia di Pitagora, il matematico del famoso teorema, oltre ad essere una brava matematica ella stessa, eccelleva nella corsa perché si diceva facesse uso in prossimità dei giochi di una dieta ricca di carne! La disponibilità di un cibo che esaltasse le prestazioni fisiche fa parte dell’inconscio collettivo e l’arrivo di Braccio di Ferro con i suoi spinaci ha gratificato il sogno inconfessato di tutti.
1. Solo nel 1937 verrà fatta la necessaria rettifica.
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EFFETTI DELLA INgESTIONE DI NITRATI SULLA PRESTAzIONE FISICA Forza muscolare. L’unico studio sugli effetti della ingestione di nitrati sulla forza muscolare è stato effettuato nel nostro laboratorio su 7 giovani individui prima e dopo l’assunzione per una settimana di 0,5 l giornalieri di succo di foglie di spinaci, contenente ca. 5,5 moli di nitrato. Mentre la forza
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INTRODUzIONE Chi anche tra i giovani non conosce Braccio di Ferro? Questo mitico marinaio comparve per la prima volta su una striscia americana il 10 settembre 1928. La sua caratteristica fondamentale è una forza eccezionale che si sviluppa immediatamente dopo l’ingestione di una intera scatoletta di spinaci (Fig. 1). Nell’immaginario collettivo l’associazione tra contenuto in ferro degli spinaci e sviluppo di forza è ormai ben consolidato. E la popolarità di Braccio di Ferro continua ad essere sfruttata anche ai nostri tempi per incrementare i consumi di spinaci specie tra i bambini. Ma è proprio vero che la miglior prestazione fisica di Braccio di Ferro dipende dal contenuto in ferro degli spinaci? Negli ultimi anni, la ricerca nel campo dei meccanismi che regolano il metabolismo cellulare si è avvalsa di nuove e sofisticate tecniche di indagine molecolare, che hanno aperto nuovi scenari. Per quanto sia ancora oggi impossibile dire di conoscere gli intimi meccanismi molecolari preposti alla produzione di energia e quindi di forza da parte delle cellule muscolari, tuttavia sappiamo abbastanza per poter dire che la straordinaria prestazione di Braccio di Ferro non dipende dall’ingestione di quantità elevate di ferro, ma potrebbe essere correlata alla presenza dei nitrati nelle foglie degli spinaci. In effetti gli spinaci, ma anche rucola, lattuga, bietola, ravanello, rafano, e rapa rossa hanno un elevato contenuto di nitrato, uno ione inorganico contenente azoto, fondamentale nel ciclo vitale delle piante. Questa breve rassegna, si prefigge di prendere in esame gli effetti della ingestione di succhi di verdura (principalmente spinaci e rapa rossa) sulla prestazione fisica, cercando poi di chiarire ove possibile la relazione tra assunzione di nitrati e metabolismo muscolare.
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Figura n°1 - Braccio di Ferro con la scatola aperta di spinaci pronuncia la sua storica frase “Io sono quello che sono” (disegnato da Bud Sagendorf).
sviluppata durante la massima contrazione isometrica volontaria non cambia, la potenza media sviluppata durante esercizi al cicloergometro di tipo tutto-fuori della durata di 30 secondi è significativamente aumentata dopo assunzione della bevanda, così come l’indice di fatica è significativamente ridotto. Massimo consumo di ossigeno. Larsen et al. (2007) hanno determinato il massimo consumo di ossigeno all’esaurimento di un esercizio incrementale effettuato su cicloergometro prima e dopo l’assunzione con la dieta di nitrato di sodio (0,1 mmol Kg-1 di peso corporeo al giorno per 3 giorni). Nè la massima potenza meccanica sviluppata, nè il massimo consumo di ossigeno sono risultati modificati dalla somministrazione di nitrati. Assenza di differenze è stata osservata anche per quanto riguarda la concentrazione massima di lattato nel plasma, la massima ventilazione polmonare e frequenza cardiaca. Al contrario, Vanhatalo et al. (2010) hanno trovato un modesto aumento del massimo consumo di ossigeno e della massima potenza meccanica al termine di un esercizio esaustivo al cicloergometro. Tempo di esaurimento. Ci sono indicazioni che la supplementazione di nitrati con la dieta (generalmente ottenuta bevendo il succo di rapa rossa) può prolungare di circa 15-25% il tempo di esaurimento durante esercizi di elevata intensità a carico costante eseguiti in laboratorio. Questo fatto sembra essere correlato ad una attenuazione della componente lenta della cinetica del consumo di ossigeno associata ad un minor contributo della idrolisi della fosfocreatina alla resintesi di ATP (Bailey et al., 2009, 2010). Tempo di prestazione sportiva standard. Recentemente un gruppo di ciclisti professionisti ha effettuato una serie di corse in piano (4 e 16,1 km) dopo avere ingerito acutamente 0,5 litri di succo di rapa rossa ad elevato contenuto di nitrati (Lansley et al., 2011). Dopo la supplementazione, la concentrazione plasmatica di nitriti (risultanti dalla riduzione dei nitrati) è quasi raddoppiata, passando da 293 ± 133 nM a 575 ± 125 nM (+138%). Come si vede nella Fig. 2, l’ingestione della bevanda è stata seguita da una significativa riduzione del tempo della prestazione, rispettivamente -2,8% e -2,7%. Efficienza metabolica. Con questo termine si intende il rapporto tra la potenza meccanica sviluppata e la potenza metabolica utilizzata. Quest’ultima è la somma di tutti i processi (aerobici ed anaerobici) coinvolti nella resintesi dell’ATP. Il calcolo del contributo energetico dell’idrolisi della fosfocreatina e della glicolisi anaerobica è alquanto complesso e comunque richiede alcune assunzioni. Alternativamente, in campo sportivo si ricorre al ter-
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BRACCIO DI FERRO?
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SVELATO IL SEgRETO DI
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CLAUDIO MARCONi, laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in malattie dell’apparato respiratorio, è attualmente primo ricercatore all’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del CNR di Milano; è professore e docente nell’ambito della Medicina Sportiva presso l’Università Cattolica di Milano e di Roma. SIMONE PORCELLI laureato in Medicina e Chirurgia e Specialista in Medicina dello Sport, associato presso l’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del CNR di Milano.
MAURO MARzORATI laureato in Medicina e Chirurgia e Specialista in Medicina dello Sport, è attualmente ricercatore all’Istituto di Bioimmagini e Fisiologia Molecolare del CNR di Milano; è autore e coautore di oltre 20 pubblicazioni e si occupa da alcuni anni degli adattamenti fisiologici in alta quota.
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Claudio Marconi, Simone Porcelli, Mauro Marzorati Istituto di Bioimmagini e Fisiologia molecolare - Consiglio Nazionale delle Ricerche (Milano)
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CONTROLLO NEURALE
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IL SISTEMA DI
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DELLA FORzA: COME RISPONDE
ALL'ALLENAMENTO?
ILENIA BAzzUCChI è attualmente ricercatrice in Fisiologia Umana presso l’Università degli Studi di Roma “Foro Italico”. Il suo interesse di ricerca è volto all’analisi del segnale elettromiografico di superficie nello studio del controllo neuromuscolare di soggetti sani, pazienti, anziani e atleti di diversa specializzazione.
INTRODUzIONE L’esercizio fisico, praticato con una qualche regolarità, è uno stimolo potente per molti organi ed apparati, se non tutti, del nostro corpo, cui essi reagiscono sia a breve (aggiustamenti) che a lungo termine (adattamenti). Il sistema nervoso centrale (SNC) non fa eccezione: tuttavia, mentre gli adattamenti muscolari all’allenamento sono conosciuti discretamente in dettaglio, la loro controparte neurale resta per la maggior parte sconosciuta o solo sommariamente descritta. Colpiscono, a questo riguardo, da una parte l’abbondanza della letteratura presente, segno di una sfida in corso e certamente lontana dalla sua conclusione e, dall’altra, il fatto che la maggior parte dei lavori scientifici sulla questione siano diretti allo studio degli adattamenti neurologici conseguenti all’allenamento. Si intende con ciò affermare che quelle che oggi sono definite le neuroscienze hanno come oggetto principale di studio il neurone isolato e/o circuiti neuronali relativamente semplici, laddove i miologi si occupano del muscolo in quanto cellula (fibra) muscolare: raramente i due gruppi colloquiano tra di loro e con, non dimentichiamoli, i fisiologi dell’esercizio. Questi ultimi, non potendo per ragioni che è facile intuire, scendere al livello di dettaglio, sovente molecolare, dei loro colleghi, sono però a cimentarsi con il più difficile oggetto di studio della biologia e non solo – l’uomo intatto – e, peraltro, sembra che non contribuiscano granché al progresso delle conoscenze. In questa breve rassegna, tuttavia, cercheremo di dimostrare come la fisiologia umana applicata all’esercizio fisico abbia fornito contributi di notevolissima importanza alla conoscenza del funzionamento integrato del sistema neuromuscolare.
Tenteremo, pertanto, di descrivere sommariamente le modificazioni plastiche dei centri e delle vie corticospinali coinvolte nel controllo motorio e quali sono gli effetti sul controllo motorio di tali adattamenti in risposta alle forme di allenamento più comuni. IL CERVELLO OLIMPICO Ne “Il sito della forza”, comparso sul numero inaugurale di questa rivista1, ricordando Sherrington, si diceva che “tutto ciò che il genere umano (il cervello del genere umano) può fare è muovere cose”. E si continuava: “è evidente che, in questo contesto, il verbo “fare” allude all’intero repertorio di abilità motorie che caratterizza la nostra vita di relazione e, dunque, qualifica ed esprime il nostro pensiero. Detta in altro modo, il movimento dell’uomo è “la manifestazione” del suo sentire più profondo. L’esecutore dei programmi motori elaborati dal SNC è il muscolo striato scheletrico. Organizzando in modo appropriato l’attività dei muscoli, il SNC rende possibile un’esecuzione dei diversi atti motori tanto raffinata ed elegante da farli percepire, ai più, estremamente semplici, quasi banali.” Il SNC è, come noto, di enorme complessità, anatomica e funzionale. Un’esposizione sintetica come quella presente, deve necessariamente dare per acquisito che il lettore sia già in possesso di una conoscenza di base dell’argomento2. Si trascureranno numerosissimi risultati derivanti dallo studio delle funzioni corticali e sottocorticali per concentrarsi sulle funzioni motorie del midollo spinale che, in un certo senso, sono state le prime ad essere studiate con tecniche affidabili. Attual-
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FRANCESCO FELICI, medico specialista in Medicina dello Sport, insegna Fisiologia umana e Fisiologia applicata allo sport e all'esercizio presso la Facoltà di Scienze motorie dell'Università di Roma Foro Italico. ha avviato il primo corso di Dottorato di ricerca in scienze dello Sport e coordinato il corso di Laurea in Scienza e tecnica dello sport. è autore e coautore di numerosi lavori scientifici in tema di funzionamento del sistema di controllo neurale del movimento e dei suoi adattamenti all'allenamento.
S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 17-22
Foto Vanda Biffani
Ilenia Bazzucchi, Francesco Felici Dip. Scienze del Movimento Umano e dello Sport, Università degli Studi di Roma, Foro Italico
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S&C Alberto Rainoldi, PhD
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LA FATICA MIOELETTRICA
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UN’ULTERIORE VIA PER COMPRENDERE LE STRATEgIE DEL SISTEMA NEUROMUSCOLARE
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ALBERTO RAINOLDI Laurea in Fisica presso l’Università di Torino. Dottorato di Ricerca in Medicina Fisica e Riabilitazione presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Tor Vergata di Roma. Ricercatore presso il LISiN, Centro di Bioingegneria del Politecnico di Torino dal 1996 al 2006. ha studiato l'effetto della ipossia ipobarica sul sistema neuromuscolare. Dal 2007 è Direttore del Centro Ricerche Scienze Motorie presso la Scuola Universitaria Interfacoltà di Scienze Motorie dell’Università di Torino. L’attività di ricerca è orientata alla valutazione non invasiva dei fenotipi muscolari e alla classificazione multifattoriale delle capacità motorie (equilibrio, forza, potenza, fatica,...).
S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 23-28
Introduzione Il muscolo che si contrae genera un segnale elettrico che può essere registrato sulla cute (da qui il termine elettromiografia di superficie, sEMG). Dai tempi delle prime osservazioni di Volta e Galvani ad oggi ci si è convinti che tale segnale possa offrire informazioni in qualche modo utili a meglio comprendere il funzionamento del sistema neuromuscolare. Nel 1996 e nel 2000 furono pubblicate due review, rispettivamente a cura dell’American Association of Electrodiagnostic Medicine [15] e dell’American Academy of Neurology [30] volte a valutare l’utilità clinica dell’EMG di superficie. In entrambi i casi fu commesso un errore di metodo volendo verificare quali delle informazioni comunemente estraibili con la tecnica ad ago fossero disponibili anche con la metodica di superficie. è infatti certo che l’EMG di superficie non debba essere immaginato come sostitutivo della tecnica tradizionale invasiva e che le due metodiche debbano, invece, coesistere ciascuna potenziando le criticità dell’altra. La tecnica non invasiva permette di registrare segnali per molte ore e durante l’attività fisica, sia essa lavorativa o sportiva, offrendo all’ergonomia, alla medicina del lavoro e dello sport un valido strumento per valutare le manifestazioni mioelettriche di fatica, per distinguere tra fatica centrale e periferica e, in generale, per la valutazione dell’efficacia dei trattamenti e, di conseguenza, per la cosiddetta “evidencebased medicine”. Una risposta diretta alla posizione parziale dell’American Academy of Neurology è stata recentemente pubblicata da Roeleveld e Stegeman [34], il cui gruppo ha attuato, negli ultimi anni, la più intensa migrazione della tecnica di superficie dalla ricerca di base alla ricerca clinica. I risultati presentati hanno avuto origine dall’ipotesi (poi suffragata dalle evidenze sperimentali) che le informazioni spaziali offerte dal segnale cutaneo registrato con molti elettrodi (posti sul muscolo allineati o a formare una matrice) potessero fornire informazioni sull’attività delle unità motorie; al pari, per esemplificare, di ciò che attualmente si ottiene nella diagnostica funzionale per immagini.
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E DELLE LESIONI
DELL’AChILLEO
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tendini ed i legamenti sono tra le strutture anatomiche maggiormente interessate dagli eventi traumatici nel corso dell’attività fisica e sportiva, la cui eziologia è riconducibile a numerosi fattori sia di ordine intrinseco che estrinseco. Alcuni recenti studi hanno formulato l’ipotesi di una componente genetica, perlomeno parziale, per ciò che riguarda l’eziologia dei danni a livello del tendine achilleo, dei tendini della cuffia dei rotatori e del legamento crociato anteriore. In particolare, le varianti della sequenza del gene della tenascina C (TNC) si sono rivelate associate sia alle tendinopatie dell’achilleo che alle sue rotture, mentre una variante del gene Vα1 (COL5A1) si è mostrata associata alle tendinopatie del tendine di Achille. Entrambi questi geni codificano per alcune importanti strutture tendinee e legamentose. In particolare, il COL5A1 codifica per un componente del collagene di tipo V che ricopre un importante ruolo nella regolazione dell’assemblaggio delle fibre di collagene e nella determinazione del loro diametro, mentre il gene della TNC codifica per quest’ultima la quale, a sua volta, regola la risposta del tessuto tendineo nei confronti delle sollecitazioni rappresentate dal carico meccanico. Oltre che ai geni TNC e COL5A1, le patologie a carico dell’achilleo possono essere associate a geni che codificano proteine che possiedono un ruolo di regolatrici nel mantenimento dell’omeostasi della membrana extra cellulare come le metallo proteinasi della matrice (MMPs). Ad oggi si conoscono solamente le varianti di due geni i quali si sono rivelati associati alle tendinopatie dell’achilleo. Invece, non sono ancora stati attualmente identificati dei geni responsabili delle lesioni della cuffia dei rotatori e del legamento crociato anteriore, anche se alcuni lavori ne suggerirebbero comunque un’eziologia genetica, seppur parziale. In futuro, l’identificazione di genotipi specifici associati ad un aumento del rischio lesionale a livello tendineo e legamentoso potrà probabilmente prevenire questo tipo di infortuni attraverso l’identificazione precoce degli individui geneticamente a rischio. Lo scopo di quest’articolo è di riassumere le attuali conoscenze riguardanti il rischio genetico di tendinopatia e rottura del tendine achilleo.
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 1 Gennaio-Aprile 2012
GIAN NICOLA BIsCIOTTI Ph.D è laureato in Scienza e Tecniche delle Attività Fisiche e Sportive presso l’Università Claude Bernard di Lione, ha conseguito la specializzazione in Biologia e Fisiologia dell’Esercizio presso l’Università Franche Compté di Besançon e, sempre presso la stessa sede Universitaria, il Dottorato di Ricerca in Biomeccanica. È stato per 11 anni Professore associato presso la Facoltà di Scienze dello Sport dell’Università di Lione. Dal 1999 al 2009 ha ricoperto l’incarico di preparatore atletico presso l’FC Internazionale di Milano. Attualmente è Physiologist Lead presso l’Orthopedic and Sport Medicine Hospital, FIFA Center of Excellence di Doha (Qatar).
S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 29-32
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tendine d’Achille, collagene, genetica, tendinopatia, TNC, COL5A1, MMP3.
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LA COMPONENTE gENETICA
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S&C Andrew Charniga Jr., Petr Poletaev, Rustem Khairullin
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AFFIDABILITà NELL’ATTIVITà AgONISTICA E PROTOCOLLI DI RISCALDAMENTO DELLE MIgLIORI
ATLETE DEL SOLLEVAMENTO PESI.
L’affidabilità nell’attività di gara è una caratteristica distintiva di un atleta, che gli o le consente di gareggiare nelle principali competizioni (Campionati, ecc.) in modo efficace e con rendimento regolare. è importante, come si sa, ottenere nelle competizioni i migliori risultati personali. Tuttavia, alcuni atleti, in particolare coloro che non possiedono (ancora, NdC) un livello elevato di affidabilità, talvolta non riescono ad ottenere i risultati per i quali si erano allenati (e per i quali verosimilmente erano pronti, NdC). L’affidabilità è dunque la capacità di realizzare, esprimere il proprio potenziale nel corso di una gara impegnativa. Nel sollevamento pesi, i criteri più noti per stimare l’affidabilità agonistica sono rappresentati dal numero di sollevamenti validi (Good Lifts, GL, ovvero n. GL). Praticamente gli stessi criteri sono costituiti dalle percentuali di sollevamenti/tentativi validi (AR%) in tre tentativi di un esercizio (100%, 67% o 33%) o sei in totale (100%, 83% , 67%, 50%, 33%, 17%). Si ritiene che 56 sollevamenti validi nel corso di una gara rappresenti un livello di affidabilità elevato (83-100%), 3-4 sollevamenti validi (50-67%) indichino un livello intermedio e 1-2 (1733%) un livello basso (Gisin, 1992). Noi consideriamo questo criterio una stima molto elementare dell’affidabilità dell’atleta. Innanzitutto, perché non viene preso in considerazione il livello dei risultati ottenuti in gara. Un atleta potrebbe eseguire in modo ottimale tutti i 6 tentativi, ma non ottenere il suo miglior risultato (MR). Al contrario, un altro concorrente potrebbe ottenere il suo risultato migliore e vincere la gara con un numero minore di tentativi. Il primo approccio allo studio della stabilità di competizione nel sollevamento pesi si trova nell’articolo di Kas’ianilk (1978) che ha introdotto il concetto di “interruzioni della mobilizzazione” (mobilization breakdowns) o insuccessi temporanei (“sollevamenti nulli”) nella compe-
UNA NUOVA METODOLOgIA Origin. RELIABILITY IN COMPETITIVE ACTIVITY AND WARM UP PROTOCOLS OF ThE BEST FEMALE WEIGhTLIFTERS. A NEW METhODOLOGY
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 1 Gennaio-Aprile 2012
PETR POLETAEv, dottore in scienza e cultura dello Sport e membro EWF Technical & Scientific Committee. Responsabile tecnico FIPE, vanta numerose esperienze come allenatore e direttore tecnico a livello mondiale.
RusTEM KhAIRuLLIN, dottore in biologia, è professore associato presso il Kazan State Financial and Ecomomic Institut.
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Foto Archivio FIPE
AFFIDABILITà NELL’ATTIVITà DI gARA
ANdREw ChARNIGA, Scienziato del sollevamento pesi e allenatore. Laurea in Scienze Motorie alla Eastern Michigan University (USA) e Master in Kinesioterapia all’ Università di Toledo (SPA). Fondatore, nel 1980, di Sportivny Press. Ha editato 15 libri tradotti dal russo e molte decine di articoli sull’allenamento nel sollevamento pesi, sulla biomeccanica, sul recupero, ecc.
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S&C Valentina Camomilla, Giovanni Di Maio, Marco Vasellino Università degli Studi di Roma “Foro Italico”
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L’ESERCIzIO DI MEzzO
SQUAT
EFFICACIA E/O SICUREzzA?
PAROLE ChIAVE sovraccarichi, esame posturale, analisi quantitativa, biomeccanica. Il mezzo squat, eseguito di solito con l’ausilio di attrezzi da sovraccarico, rappresenta uno dei mezzi di allenamento più utilizzati per lo sviluppo dell’efficienza muscolare degli arti inferiori e richiede elevata competenza e scrupolosità di allenatori ed atleti. Le descrizioni tecniche disponibili in letteratura sembrano non approcciarlo nella sua complessa globalità trascurando spesso, tra i distretti coinvolti, la colonna vertebrale, sicuramente il distretto più a rischio. Inoltre, non è prassi comune caratterizzare a priori i limiti funzionali di ciascuna colonna vertebrale, cioè valutare se le caratteristiche strutturali e posturali di quella determinata colonna, ed i suoi rapporti con gli altri distretti, sono tali da considerare senza rischio l’uso del sovraccarico gravante su di essa. Questo lavoro ha quindi i seguenti scopi: a) fornire una dettagliata descrizione della tecnica esecutiva meno pericolosa e più completa possibile, tenendo sempre a mente che è soprattutto la colonna vertebrale in questo esercizio a sopportare il sovraccarico; b) proporre un modello di esame posturale ad uso dell’allenatore (EPO) utile a fornire informazioni quanti-qualitative tali da consentire di esprimere un giudizio generale sulla caricabilità della colonna ed evidenziare marcate alterazioni posturali, da demandare ovviamente ad approfondimenti specialistici; c) individuare gli errori potenzialmente dannosi ed associarvi parametri che ne forniscano una valutazione quantitativa. I risultati di questo studio potranno essere utili per sviluppare schede grafiche di facile ed efficace utilizzo per gli operatori del settore, da usare impostando il processo di allenamento considerando la colonna vertebrale come una struttura da tutelare, rispettando i limiti imposti dalla natura e senza accrescere il rischio di infortunio.
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VALENTINA CAMOMILLA è ricercatrice nell’ambito della Bioingegneria Elettronica e Informatica presso il Dipartimento di Scienze del Movimento Umano e dello Sport dell’Università di Roma “Foro Italico”, insegna Biomeccanica dello Sport nella laurea Magistrale.
gIOVANNI DI MAIO è istruttore di pesistica e cultura fisica/personal trainer FIPE e allenatore di nuoto di secondo livello FIN; attualmente è istruttore di nuoto e responsabile del recupero funzionale in acqua.
MARCO VASELLINO è istruttore conifigc per il settore giovanile e scolastico ed allenatore di calcio; è attualmente istruttore di fitness e personal trainer e docente di educazione fisica presso scuole secondarie di II grado.
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e-mail:valentina.camomilla@uniroma4.it
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S&C Avery D. Faigenbaum,1 William J. Kraemer,2 Cameron J. R. Blimkie,3 Ian Jeffreys,4 Lyle J. Micheli,5 Mike Nitka6 e Thomas W. Rowland7 Department of Health and Exercise Science, The College of New Jersey, Ezving, New Jersey 08628; Department of Kinesiology, University of Connecticut, Storrs, Connecticut; 3Department of Kinesiology, McMaster University, Hamilton, Ontario, Canada; 4Department of Science and Sport, University of Glamorgan, Pontypridd, Galles, Regno Unito; 5Division of Sports Medicine, Children’s Hospital, Boston, Massachusetts; 6Health and Physical Education Department, Muskego High School, Muskego, Wisconsin; e 7Department of Pediatrics, Baystate Medical Center, Springfield, Massachusetts 1 2
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L’ALLENAMENTO CONTRO RESISTENzA
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DIChIARAzIONE DI PRINCIPIO
DEI gIOVANI:
aggiornamento della dichiarazione di principio (position statement) della National Strength and Conditioning Association (PRIMA PARTE)
IN JSCR (USA), 2009,23 (SUPPLEMENT 5)/ S60-S79
PAROLE ChIAVE allenamento della forza, allenamento con pesi, sollevamento pesi, bambini, adolescenti
DELLA LETTERATURA
Rischi e preoccupazioni correlati all’allenamento contro resistenza dei giovani Durante gli anni ‘70 e ‘80 del secolo scorso, il motivo per cui l’allenamento contro resistenza non veniva raccomandato spesso ai bambini e agli adolescenti era il presunto rischio elevato di lesioni associato a questo tipo di esercizio. In parte, la diffusa paura di lesioni associate all’allenamento contro resistenza dei giovani durante tale periodo era imputabile a dati raccolti dal National Electronic Injury Surveillance System (NEISS) della Consumer Product Safety Commission statunitense. Il NEISS utilizza dati provenienti da diversi reparti di Pronto Soccorso per elaborare proiezioni a livello nazionale del numero totale di lesioni correlate agli esercizi fisici e all’attrezzatura utilizzata (231, 232). Tuttavia, i dati del NEISS si basavano su lesioni che i pazienti dichiaravano correlate agli esercizi contro resistenza e all’attrezzatura e, di conseguenza, è sbagliato concludere che le lesioni erano causate da tali attività e dispositivi. In effetti, molte delle lesioni riferite sono state in realtà provocate da tecniche di allenamento inappropriate, da carichi eccessivi, da un’attrezzatura mal progettata, da un accesso diretto ad essa o dalla mancanza di supervisione da parte di un adulto qualificato. Anche se questi riscontri indicano che l’utilizzo non controllato e improprio dell’attrezzatura per l’allenamento contro resistenza può essere dannoso, è ingannevole generalizzare tali riscontri fino a ricomprendere [come nocivi, NdC] programmi di allenamento contro resistenza per i giovani correttamente progettati e supervisionati. I riscontri attuali ricavati da studi prospettici sull’allenamento contro resistenza indicano un basso rischio di lesione nei bambini e negli adolescenti che seguono linee guida relative ad un allenamento appropriato per l’età. Nella stragrande maggioranza dei report pubblicati, non sono state riferite lesioni cliniche conclamate durante l’allenamento contro resistenza. Anche se sono state utilizzate varie modalità di tale tipo di allenamento e diversi regimi, tutti i programmi di allenamento sono stati supervisionati e prescritti adeguatamente per assicurare che il programma di allenamento fosse adeguato alla capacità iniziale del partecipante. Solo 3 studi pubblicati hanno descritto lesioni correlate all’allenamento contro resistenza nei bambini (una distorsione alla spalla che si è risolta con una settimana di riposo [187], una distorsione della spalla che ha determinato l’assenza da una seduta di allenamento [144] e un dolore aspecifico al versante anteriore della coscia che si è risolto con 5 minuti di riposo [198]). In un report non vi sono state evidenze di lesioni muscolo-scheletriche (misurate dalla scintigrafia bifasica) o di necrosi del muscolo (determinata dai livelli sierici di CPK, creatinfosfochinasi) dopo 14 settimane di allenamento contro resistenza progressivo.
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* in realtà, differenti espressioni della medesima qualità, NdT
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Foto Mario Bellucci
RASSEgNA
Orig. Youth Resistance Training: Updated Position Statement Paper From The National Strength And Conditioning Association
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S&C Patrick M. Holmberg, MS, CSCS Department of Athletics, California Lutheran University, Thousand Oaks, California
IN SCJ (USA), VOL.32 N°6, DECEMBER 2010, PP.42-54.
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ALLENAMENTO DI PREPARAzIONE ALLA STAgIONE COMPETITIVA PER UNA SQUADRA FEMMINILE DI PALLACANESTRO DI COLLEgE DI III DIVISIONE
Origin. PRESEASON PREPARATORY TRAINING FOR A DIVISION III WOMEN’S COLLEGE BASKETBALL TEAM
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pallacanestro; donna; periodo preparatorio; sollevamento pesi; bioenergetica; prevenzione delle lesioni; condizionamento; preparazione muscolare della III Divisione della NCAA.
INTRODUzIONE Per una squadra di pallacanestro di college, il periodo preparatorio [nell’originale preseason training period, ma qui e altrove reso sempre con l’equivalente, a noi più familiare, di periodo preparatorio, NdC] comincia all’inizio di settembre e si conclude a metà ottobre ed il successo di una stagione competitiva può dipendere dalla qualità dell’allenamento svolto durante questo periodo di 6-8 settimane. Per l’allenatore specialista di preparazione fisica e dell’allenamento della forza (SCC)*, questo rappresenta il momento di incrementare quelle caratteristiche, tra cui forza, potenza, agilità, flessibilità, resistenza aerobica e massa magra, che possono produrre la prestazione migliore e aiutare a diminuire la probabilità di infortuni. Data la grande importanza attribuita a questa fase dell’allenamento, lo specialista deve sviluppare e sovraintendere ad un programma di allenamento che affronti gli obiettivi summenzionati, tenendo anche presente il livello di efficienza fisica e delle capacità tecniche della squadra. Prima dell’inizio del periodo preparatorio, si può utilizzare una batteria di test (Tabella n°1) per valutare quali variabili della prestazione hanno bisogno di essere migliorate. Identificando le necessità e gli obiettivi specifici della squadra, in collaborazione con il coaching staff (gli specialisti che si occupano della preparazione atletica), il SCC avrà modo di accrescere la propria capacità di attuare un pro-
gramma di allenamento efficace. Il presente lavoro si incentra sull’allenamento, condotto nel periodo preparatorio, di una squadra di giocatrici di pallacanestro di college della III Divisione della NCAA (National Collegiate Athletic Association) e prende in considerazione le regole della III Divisione che limitano le attività di allenamento al di fuori del periodo competitivo. PREPARAzIONE MUSCOLARE NELL’AMBITO DELLA III DIVISIONE DELLA NCAA Il particolare contesto della preparazione muscolare della III Divisione [ci sembra adeguato rendere così in italiano l’environment of Division III athletics dell’originale, NdC] può presentare delle difficoltà particolari per il SCC. In base alla dichiarazione di intenti della III Divisione, le istituzioni partecipanti devono dare la massima priorità alla qualità complessiva dell’esperienza didattica degli studenti e al completamento positivo di tutti i programmi accademici (39). Stando così le cose, queste istituzioni non possono offrire borse di studio per le attività sportive, devono limitare le tradizionali stagioni competitive a 21 settimane e possono solo concedere un numero limitato di sessioni regolari di allenamento durante la stagione non competitiva. Con l’eccezione della pallacanestro maschile e femminile, alle squadre sono consentite 12 sessioni di allenamento supervisionate che non devono superare 6 ore alla settimana o 2 ore al giorno. Queste sessioni di-
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 1 Gennaio-Aprile 2012
* Preferiamo questa dizione all’altra, molto adoperata ed abusata anzi nel nostro Paese, di Preparatore fisico, che non rende secondo noi né l’ampiezza del compito né la complessa professionalità di questo particolare specialista (NdC).
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PAROLE ChIAVE
PATRICK M. hOLMBERG è dottorando e professore associato all’Exercise Science and Sports Medicine Department e svolge le funzioni di allenatore per il condizionamento fisico e lo sviluppo della forza all’Athletics Department della California Lutheran University.
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Prevenzione e riabilitazione Massimiliano Febbi, Stefano Spaccapanico Proietti
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vello glenoideo, è più spessa alla periferia (media 3,8 mm) e più sottile centralmente (media 1,2 mm); a livello omerale, la stessa è più spessa centralmente (media 2 mm) e più sottile perifericamente (media 0,6 mm)7. 2. Il complesso articolare della spal- L’articolazione gleno-omerale è la, rappresenta un distretto ana- ben lubrificata dal liquido sinoviale tomico particolarmente struttu- ed ha un coefficiente di frizione rato. Ci limiteremo, in questa trascurabile di 0,002. sede, all’analisi dei principali ele- Baeyens e Van Roy ritengono che menti interessanti nella patologia non sia evidenziabile una relazione soprattutto (ma non esclusiva- tra la geometria articolare (inclimente) del Pesista. nazione e orientamento della glenoide, torsione omerale) e la staL’articolazione gleno-omerale è bilità della spalla. caratterizzata da una ridotta Inoltre, anche con differenze stacorrispondenza tra le superfici tistiche significative e avvalorate articolari. Se si considera qual- tra queste geometrie articolari, siasi posizione della spalla, solo il la mobilità della scapola nello spa20-50% della testa omerale ap- zio orienta la glenoide indipenpare contenuto nella glenoide. dentemente dall’inclinazione o Per far fronte a questa situa- dall’orientamento di quest’ultima zione di sostanziale “instabilità”, rispetto alla scapola. Il suo signiintervengono vari sistemi che ficato può considerarsi trascuesercitano un’azione stabiliz- rabile, se paragonato al potenzante, durante gli ampi movi- ziale cinematico della scapola1. menti ripetitivi che caratteriz- Il liquido sinoviale presente norzano la pratica sportiva: malmente all’interno dell’artico- l’orientamento articolare; lazione gleno-omerale, in asso- la pressione intra-articolare ciazione alle forze viscose ed negativa; intermolecolari, può contribuire - il sistema capsulo-legamen- a trattenere le superfici articotoso e labiale. lari. La pressione intra-articolare, in Le superfici articolari scapolare posizione di riposo, è negativa (ed omerale risultano come se- 42cm h2O). All’aumentare delzioni di sfera. La cartilagine, a li- l’abduzione e della rotazione, l’adenziano come la spalla sia, insieme al rachide lombare ed al ginocchio, il distretto più colpito da patologie soprattutto su base acuta8.
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 1 Gennaio-Aprile 2012
sTEFANO sPACCAPANICO PROIETTI MFt Naz. Italiana Mountain Bike Spec. in Terapia Manuale ed Osteopatia Tecnico e Docente Federale FIPE Membro Com. Scientifico e Docente Ass. Italiana Mass. Sportivi
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1. Numerosi sport sono caratterizzati dall’esecuzione di specifici gesti che prevedono movimenti ripetuti dell’arto superiore al di sopra della testa. Tali sport vengono classificati come overhead. La pesistica rientra in questa particolare categoria. Si tratta, va detto subito, di attività in cui si riscontra una significativa incidenza di infortuni, lesioni e patologie a carico della spalla9-10. Ciò si evidenzia per i complessi fattori anatomici intrinseci statici e soprattutto dinamici di quest’articolazione, oltreché per gli ampi movimenti consentiti al complesso articolare. I gesti che prevedono il movimento dell’arto superiore al di sopra dei 90° (angolo compreso tra l’arto superiore ed il tronco) richiedono un delicato equilibrio tra componente stabilizzante attiva (più propriamente neuro-muscolare) e passiva (più propriamente capsulo-legamentosa). Le strutture della spalla, sottoposte a stress ripetitivi, con velocità angolari notevoli e significativi carichi esterni, possono perciò andare incontro a lesioni da overuse su base microtraumatica. Gli studi presenti in letteratura, in merito all’incidenza degli infortuni correlati alla Pesistica, evi-
MAssIMILIANO FEBBI Bsc PT, CSCS, CPT Direttore della formazione NSCA Italia. Componente Scuola Nazionale FIPE. Docente Federale FIPE. Responsabile servizio riabilitazione sportiva Kinesiomedicallab Roma.
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S&C Luca Marin, Matteo Vandoni Università degli Studi di Pavia, Corso di Laurea in Scienze Motorie
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LuCA MARIN Dottore in Fisioterapia. Docente presso il Corso di Laurea in Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Pavia. Docente e Tecnico della Federazione Italiana Pesistica. Docente dell’Associazione Italiana Fisioterapisti. Esperto della Scuola Regionale dello Sport del CONI.
MATTEO vANdONI Laureato in Scienze Motorie. Dottorato in Aspetti Biomedici e Metodologici delle Attività Fisiche Preventive e Adattate. Si occupa di ricerca presso l'Università degli studi di Pavia S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 77-82
Foto Michela Cardia
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“La potenza è nulla senza il controllo”: questo slogan pubblicitario, utilizzato parecchi anni or sono da una ditta di pneumatici sportivi, venne abbinato all’immagine di atleti di fama mondiale accomunati tra loro dalla capacità di generare forze/velocità eccezionali che, per essere finalizzate al meglio, richiedevano pari doti di controllo. La forza del messaggio, racchiusa nella dicotomia potenza/controllo, ben introduce l’argomento di questo articolo che si propone di fornire una nuova visione e nuovi strumenti a coloro che si occupano della scienza del movimento. I concetti che verranno esposti sono frutto di un lavoro che parte dallo studio delle teorie e delle tecniche di ricercatori/riabilitatori, tra tutti Sahrmann S.A. e Comerford M.J., che grazie a questi concetti hanno generato una nuova linea di pensiero riabilitativo e più in generale del movimento umano (1). Pur non essendo questo l’argomento principale dell’articolo, si rende necessario un breve richiamo ragionato di anatomia funzionale. Parlando della spalla, oggetto del nostro disquisire, l’attenzione va all’articolazione gleno omerale, da sempre considerata “la spalla”: in realtà, i movimenti dell’omero dipendono da un numero ben maggiore di articolazioni che, evitando eccessivi richiami anatomici, sono di seguito elencate: sub-acromiale, sterno-claveare, acromion-claveare e scapolotoracica (2). Per semplicità espositiva, si considereranno queste strutture e i loro rapporti come un sistema funzionale di cui fanno parte anche i muscoli della scapola e dell’omero, le catene cinetiche muscolari, il core e la colonna vertebrale; l’interazione di queste strutture ci dà ragione della multifattorialità, quindi della complessità, a cui le patologie di spalla sottendono e della necessità di tenerne il giusto conto nella programmazione delle fasi di recupero. Consideriamo ora il ruolo fondamentale che la scapola assume durante i movimenti dell’omero notando – innanzitutto – lo stretto rapporto con tutte le articolazioni precedentemente elencate; evidente l’influenza anche sulla sterno claveare, che porta necessariamente a doverne definire la corretta posizione e l’orientamento. La Fig. n°1 evidenzia l’orientamento e i gradi di inclinazione della scapola sul piano frontale, mentre la Fig. n°2 ne illustra i movimenti. è evidente che piccole variazioni rappresentano la normalità, in quanto ogni essere umano rappresenta una struttura unica e irripetibile, ma è altrettanto evidente che modificazioni importanti, da sole o abbinate all’eccessivo/scorretto utilizzo, possono essere causa di anomalie funzionali, compensi e algie (3, 4, 5, 6, 7, 8). Spostiamo ora brevemente l’attenzione sulle altre strutture precedentemente elencate.
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IL CONTROLLO E LA CORRETTA ATTIVAZIONE MUSCOLARE NEL RECUPERO FUNZIONALE DELLA
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“La Federazione Italiana Pesistica (FIPE) ... è formata da tutte le società, le associazioni sportive che, senza scopo di lucro, praticano in Italia la Pesistica Olimpica e le discipline della cultura fisica che prevedono l’utilizzo di sovraccarichi e resistenze finalizzate all’attività sportiva agonistica, al fitness e al benessere fisico (wellness) ...” L’inserimento del fitness e del wellness quale oggetto dell’attività federale, inserito in statuto, nel modo sopra riportato, approvato dal CONI, massima autorità in campo sportivo nel nostro Paese, produce una prima importante conseguenza per la vita di tutti gli affiliati. Ossia che lo svolgimento dell’attività di fitness è da considerarsi a tutti gli effetti attività sportiva come tale e non più, come spesso veniva “mascherata” in passato per farla rientrare nel concetto di sport, come attività propedeutica allo svolgimento di altre discipline sportive. Fare fitness, fare wellness significa fare sport. Tale equivalenza non era mai stata, fino ad oggi, affermata a pieno titolo con l’avallo del CONI. Di ciò va dato merito alla FIPE. Ne consegue che non potrà più essere contestato, in sede di verifica da parte della Agenzia delle Entrate o degli enti preposti alle violazioni in materia di lavoro, che le nostre affiliate, ove svolgano solo attività di fitness, non siano “associazioni o società sportive dilettantistiche” in quanto non svolgono attività sportive, con la conseguente acquisizione del diritto a godere di tutte le agevolazioni fiscali a ciò conseguenti.
Pertanto, la novità sostanziale è data sicuramente dal riconoscimento del fitness e del wellness a pieno titolo tra le attività sportive dilettantistiche con le conseguenti qualificazioni dell’attività svolta sia per i centri sia per gli operatori che svolgono la loro attività al loro interno. Questi dieci anni trascorsi dal mio primo articolo per la Federazione hanno visto anche la nascita delle società di capitali sportive dilettantistiche senza scopo di lucro. Questa realtà, sicuramente atipica nel quadro della legislazione vigente, gode, come è noto, di tutte le agevolazioni fiscali applicabili alle associazioni sportive. Tra queste, quella di maggiore interesse ai nostri fini, appare quella che deriva dal combinato disposto di cui all’art. 148 del testo unico delle imposte sui redditi (d.p.r. 917/86 e successive modificazioni) e articolo 4 del decreto Iva (d.p.r. 633/72 e successive modificazioni). Le norme, da ultimo indicate, consentono di ritenere neutri, ai fini fiscali, i corrispettivi specifici (tipo l’iscrizione in palestra) per prestazioni di servizio erogate da società o associazioni sportive dilettantistiche, conformi alle finalità istituzionali, versati, tra l’altro, da associati o tesserati per la medesima organizzazione territoriale o nazionale (leggasi Federazione Sportiva Nazionale). Se, quando trattasi di associazioni sportive, l’applicabilità della norma appare intuitiva nel momento in cui il sodalizio svolga attività solo in favore dei propri associati, qualche problema in più si pone nel caso delle società sportive dilettantistiche laddove il numero dei “soci” è, abitualmente, assai limitato. In questi casi, laddove si voglia godere comunque delle agevolazioni fiscali, sarà necessario riservare gli accessi solo ai tesserati per la medesima Federazione alla quale è affiliata la società sportiva organizzatrice della attività. Ma tale attività deve essere anche “conforme alle finalità istituzionali”, così prevede la norma. Ne consegue che solo l’affiliazione ad una Federazione come la FIPE, che abbia il fitness tra le proprie finalità istituzionali, potrà consentire, tra l’altro, l’applicazione della norma agevolativa in esame.
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 1 Gennaio-Aprile 2012
GuIdO MARTINELLI, avvocato, consulente della FIPE, professore aggregato di legislazione sportiva presso l'Università degli studi di Ferrara, docente nazionale della Scuola Centrale dello sport del CONI, è autore di diverse pubblicazioni in materia di diritto sportivo.
S&C (Ita) n.1, Gennaio-Aprile 2012, pp. 85-87
Debbo evidenziare che la trasformazione della Federazione a cui ho assistito in questi ultimi mesi, con l’adozione della nuova denominazione e del nuovo statuto federale, non può e non deve essere giudicata solo una operazione di facciata ma una vera riforma, con dei contenuti sostanziali di estrema rilevanza, anche sotto il profilo operativo, per la vita dei centri affiliati, che mi preme qui evidenziare. Leggiamo insieme uno stralcio dell’art. 1 comma primo del nuovo statuto federale:
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Nel 2000, l’allora Presidente, Andrea Umili, della neonata Federazione Italiana Pesi e Cultura Fisica mi chiese di scrivere un editoriale di apertura per la nuova rivista federale. Ricordando quell’ormai lontano momento in cui la Federazione iniziava i suoi passi, sono stato particolarmente felice quando mi è stato chiesto di fornire dei contributi per questa nuova bella e interessante iniziativa editoriale della “nuova” Federazione Italiana Pesistica per la quale non posso fare a meno di ringraziare il Presidente Antonio Urso e tutti i componenti del suo staff.
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La FIPE, il FITNESS e lo SCOPO DI LUCRO
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DEL MOVIMENTO
(OVVERO DELLA COSA PIÙ IMPORTANTE DELL’UNIVERSO. LO DICEVA ANChE EINSTEIN). CON UNA POSTILLA DEDICATA ALL’UNIVERSITà PASQUALE BELLOTTI
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 1 Gennaio-Aprile 2012
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1. A Giovanni Papini che era riuscito ad ottenere un incontro con lui e che gli chiedeva di «istruirsi», certo che ad «un uomo di genio [fosse congeniale] esprimersi colle parole di tutti i giorni», Albert Einstein (in Papini G, GOG, Vallecchi Editore, Firenze 1931, pp. 118-122) accennava, riluttante ma paziente, alla direzione più avanzata del suo pensiero, quella di allora. «La mia mente ha uno scopo supremo: sopprimere le differenze», in questo assecondando e lo spirito della scienza («fin dal tempo dei greci, ha sempre mirato all’unità») e quello della vita e dell’arte («l’amore tende a fare di due persone un essere solo. La poesia, coll’uso perpetuo della metafora che assimila oggetti diversi, presuppone l’identità di tutte le cose»). «Nelle scienze, così osservava Einstein, questo processo di unificazione ha fatto passi da gigante», per cui anche dati apparentemente irriducibili, come lo spazio ed il tempo, come la massa inerte e la massa pesante soggetta alla gravitazione, come i fenomeni elettrici e quelli magnetici e come questi ultimi e quelli inerenti alla luce. «Negli ultimi anni queste coppie sono svanite e queste distinzioni sono state soppresse». Egli stesso – osservava – aveva dimostrato che spazio e tempo erano aspetti indissolubili di una sola realtà; Faraday aveva stabilito l’unità dei fenomeni elettrici e magnetici, mentre Maxwell e Lorenz erano riusciti ad assimilare la luce all’elettromagnetismo. «Rimanevano dunque di fronte, nella fisica moderna, solo due campi: il campo di gravitazione e il campo elettromagnetico. Ma son giunto, finalmente, a dimostrare che anch’essi son due faccie (sic!) d’una realtà unica». Sostiene Einstein trattarsi dell’ultima sua scoperta: la «teoria del campo unitario». «Oramai spazio, tempo, materia, energia, luce, elettricità, inerzia, gravitazione non sono che nomi diversi d’una medesima e omogenea attività. Tutte le scienze si riducono alla fisica e la fisica si può ormai ridurre a una sola formula. Questa formula, tradotta in linguaggio volgare, direbbe all’incirca così: Qualcosa si muove. Queste tre parole sono la sintesi ultima del pensiero umano».
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