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La macchina che c’è in me
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UNA BOCCATA D’OSSIGENO MENOTTI CALVANI
“equilibrio” tra cariche positive del nucleo e cariche negative della nube elettronica. L’ossigeno ha la peculiarità di appropriarsi di elettroni appartenenti ad altre molecole (ossidazione) e di formare molecole con carica negativa (Radicali Liberi dell’Ossigeno, ROS) che tendono a interagire, danneggiandole, con varie strutture biologiche, quali le membrane cellulari, le proteine e lo stesso DNA.
MENOTTI CALVANI Medico, specializzato in neurologia, farmacologia clinica oltre che in tossicologia medica, si è laureato in scienza della nutrizione umana. ha pubblicato oltre 200 articoli scientifici su riviste internazionali prevalentemente sui temi del metabolismo, sui mitocondri e sulle patologie degenerative.
L’85-90% dell’ossigeno inspirato (VO2) viene utilizzato a livello dei mitocondri per la produzione di energia, il rimanente 10-15% per le varie reazioni biologiche funzionali della cellula. A livello della catena respiratoria, il 95-98% dell’ossigeno che arriva al mitocondrio viene sfruttato per la sua avidità per gli elettroni, per incorporare quelli che si liberano durante lo smontaggio delle molecole energetiche con conseguente formazione di acqua secondo la reazione: O2 + 4e- + 4H+= 2H2O + energia
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 5-7
È un modo di dire per significare un qualsiasi intervento che migliori le nostre condizioni, siano esse economiche, sociali o di salute. L’ossigeno è parte integrante del nostro concetto di vita a tal punto che, talvolta, alla domanda sulle cause di morte di qualcuno, viene risposto “ si è dimenticato di respirare...”; eppure l’evoluzione degli esseri viventi ha incontrato l’ossigeno solo in una seconda fase e non è stata una relazione semplice né priva di pericoli. Per i primi 2 miliardi di anni, l’atmosfera della terra non ha contenuto ossigeno: questo gas è comparso successivamente per opera dei batteri. L’ossigeno formato è stato dapprima catturato dalle rocce e successivamente ha sostituito il metano, assai ricco nella atmosfera primordiale, fino a costituire il 21% dei gas che circondano la nostra terra. L’ossigeno è elemento tossico per le strutture viventi: la vita come noi la conosciamo è passata attraverso una prima fase di difesa ed una seconda fase di utilizzo dell’ossigeno. La prima difesa fu ambientale: la vita si è concentrata e si è evoluta in ambienti dove l’ossigeno non arrivava. Poi, nelle prime forme di vita, si formarono strutture capaci di ostacolare l’ingresso dell’ossigeno; in seguito nacquero sistemi capaci addirittura di utilizzare l’ossigeno per molti scopi, primo fra tutti la produzione di energia in organelli specializzati, i mitocondri (vedi il numero 2/2012 della rivista). Nel mitocondrio, lo “smontaggio” di zuccheri, proteine e grassi libera energia che la cellula provvede ad immagazzinare, ma induce anche accumulo di atomi di carbonio ed idrogeno, che intasano il mitocondrio. L’ossigeno viene impiegato per ripulire la centrale energetica, formando anidride carbonica (CO2) ed acqua (h2O). La tecnologia energetica ad ossigeno ha permesso alle cellule un ricavo energetico molto più alto di quello ottenuto fino a quel momento, ma ha indotto anche lo sviluppo di un sistema di controllo e sicurezza contro gli effetti tossici dell’ossigeno. Gli elementi che costituiscono la materia assumono una configurazione stabile, cioè di non reattività con gli altri elementi, se esiste un sostanziale
Una volta tagliata, la mela perde il suo isolamento dall’ossigeno dell’aria e ne subisce l’azione di ossidazione. La mela ed altri frutti inseriti in un contenitore sotto vuoto, non vengono ossidati.
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Daniela Buonocore, Simona Genta, Fulvio Marzatico
Laboratorio di Farmacobiochimica - Nutrizione e Nutraceutica del Benessere Università di Pavia - fulvio.marzatico@unipv.it
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DANIELA BUONOCORE biologo Molecolare, biologo Nutrizionista, Expertise in Discipline Regolatorie in ambito Alimentare. Assegnista di Ricerca presso il laboratorio di Farmacobiochimica Nutrizione e Nutraceutica del benessere, università degli Studi di Pavia.
SIMONA GENTA Laureata presso l’università degli Studi di Pavia. Esperienza pluriennale in affari regolatori del settore farmaceutico e impegnata negli aspetti scientifici collegati al trattamento con antiossidanti.
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 8-12
FULVIO MARZATICO Responsabile laboratorio farmacobiochimica, Nutrizione e Nutraceutica, università di Pavia. Vice presidente Società Italiana Nutrizione Sportiva e del benessere (www.SINSeb.it). Advisory board International Society Sport Nutrition (uSA). Docente di alimentazione e Dietetica e farmacologia applicata allo Sport. Autore di 160 pubblicazioni su riviste internazionali e atti di congressi.
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ATTIVITÀ FISICA, STRESS OSSIDATIVO ED ANTIOSSIDANTI: una storia lunga 30 anni
INTRODUZIONE La storia inizia nel 1978, quando Dillard e collaboratori evidenziarono un incremento della perossidazione lipidica dopo un’ora di esercizio al cicloergometro (1). Da questa prima evidenza, nasce la ricerca scientifica sullo stress ossidativo indotto dall’esercizio fisico e di conseguenza lo studio sull’utilità o meno di una supplementazione con antiossidanti. Da quel lontano 1978 sono stati pubblicati centinaia di studi che parlano di questo argomento. Le evidenze sperimentali ed anche cliniche sono per lo più concordi nell’indicare che l’esercizio fisico di una certa intensità determina un inevitabile aumento della formazione di specie reattive dell’ossigeno e dell’azoto (RONS) che hanno la capacità di alterare l’equilibrio ossido/riduttivo cellulare, il quale costituisce un sottile meccanismo di controllo di molte reazioni metaboliche e di processi di segnalazione intracellulare (2,3). L’esercizio fisico di elevata intensità ed estremo porta ad una accelerazione della produzione di RONS che frequentemente possono eccedere le capacità antiossidanti dell’organismo (4,5). L’ossigeno è fondamentale per la vita degli organismi aerobi, tuttavia i sottoprodotti del suo metabolismo possono essere in qualche misura pericolosi e causare danni alle cellule, sino alla loro morte. Durante il normale metabolismo, l’ossigeno è utilizzato all’interno dei mitocondri per la produzione dell’energia necessaria per la vita delle cellule; tuttavia una piccola percentuale di questo ossigeno (2-5%) non viene completamente ridotto e viene trasformato in RONS (6). I RONS possono essere classificati in due categorie: le specie radicaliche e le specie non radicali (Figura 1). un radicale può essere definito come qualsiasi composto chimico capace di esistenza autonoma, che possiede uno o più elettroni spaiati nell’orbitale più esterno. Questa caratteristica chimica porta il radicale a cercare di “accoppiare” il suo elettrone spaiato determinando un’intensa reattività. Ovviamente, nella cellula avviene costantemente la pro-
duzione di RONS, che sono in diversa misura eliminati dai sistemi di protezione antiossidante: questo delicato equilibrio determina lo stato redox cellulare, fondamentale per la funzionalità cellulare (7). un antiossidante, invece, è ogni sostanza che, presente in bassa concentrazione rispetto al substrato ossidabile, ritarda o impedisce in modo significativo l’ossidazione del substrato stesso (8). I RONS sono combattuti da un complesso sistema di molecole antiossidanti, che comprendono sia sistemi enzimatici [superossido dismutasi (SOD), glutatione per ossidasi (GShpX) e catalasi (CAT)], che molecole non–enzimatiche [vitamina C (acido ascorbico), vitamina E (tocoferolo), β-carotene e tioli (9)]. I tioli sono una classe di sostanze non-enzimatiche caratterizzate dalla presenza di residui sulfidrilici (-Sh) nel loro sito funzionale, il glutatione ridotto (GSh) è il tiolo più abbondante presente nell’organismo (10). Si può affermare che non esiste l’antiossidante “universale”, in quanto diversi antiossidanti proteggono differenti molecole in vivo (8) e la cooperazione fra differenti antiossidanti determina una maggiore protezione di quella esercitata da un singolo antiossidante. un esempio di un network antiossidante efficiente è quello operato dal glutatione che è in grado di rigenerare la vitamina C, mentre la stessa vitamina C è in grado di rigenerare la vitamina E (11,12).
DESCRIZIONE DELLO STRESS OSSIDATIVO Lo stress ossidativo è la condizione caratterizzata da un’alterazione dell’equilibrio fra ossidanti ed antiossidanti (riducenti), cioè quando la produzione di ossidanti supera la capacità operativa delle difese antiossidanti, portando all’ossidazione: proteine, lipidi, DNA ed altre molecole, compromettendo la loro funzionalità (13). La generazione dei RONS avviene in parte come conseguenza inevitabile del normale metabolismo (14) e nelle normali condizioni fisiologiche: in questo caso, le difese antiossidanti endogene, insieme alle difese antiossidanti esogene introdotte attraverso la dieta, svolgono il
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
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L’ossigeno è vitale per molti organismi ma, paradossalmente, è anche fonte di molecole in grado di indurre un insulto ossidativo a macromolecole biologiche come DNA, carboidrati, lipidi e proteine: i radicali liberi. In condizioni fisiologiche, le cellule possiedono dei raffinati sistemi di controllo per modulare in maniera efficace l’equilibrio redox tra radicali liberi e antiossidanti. La regolazione avviene in modo continuo attraverso il controllo della produzione di specie radicaliche e delle difese antiossidanti secondo meccanismi non ancora perfettamente conosciuti. Se questo equilibrio è alterato in modo consistente verso l’aumento di radicali liberi, si genera una condizione definita “stress ossidativo”, che può danneggiare irreversibilmente la funzionalità cellulare portando all’insorgenza di patologie, in particolare cardiovascolari e neoplastiche, diabete e svolgere un ruolo negativo nel processo d’invecchiamento. L’organismo umano ha sviluppato un complesso sistema di protezione contro le specie radicaliche. Questo sistema include alcuni antiossidanti presenti nell’organismo e altri provenienti dalla dieta. Il sistema biologico umano presenta, con differenti livelli di compartimentalizzazione e concentrazione, una complessità di sostanze che cooperano in maniera sinergica nell’orchestrare il network antiossidante. Gli enzimi superossido dismutasi, catalasi e glutatione perossidasi garantiscono una protezione a livello cellulare, mentre a livello plasmatico si rilevano principalmente molecole di natura non enzimatica, acido urico, ceruloplasmina, bilirubina, tioli, vitamina E, acido ascorbico, carotenoidi e coenzima Q10. La versatilità del network antiossidante, il Buono, esalta il sinergismo tra i differenti elementi al fine di proteggere l’organismo umano dall’insulto mediato da specie ossidanti, il Brutto, prevenendo lo sviluppo dello stress ossidativo, il Cattivo.
PILLOLA O NON PILLOLA? QUESTO È IL DILEMMA
Diversi sono gli studi epidemiologici che hanno documentato come un’alimentazione ricca in frutta e verdura (alimenti caratterizzati da elevata capacità antiossidante) svolga un effetto protettivo verso le patologie cardiovascolari, neurodegenerative e le neoplasie. Nonostante sia noto il beneficio sullo stato di salute connesso al consumo di alimenti d’origine vegetale, non è ancora del tutto chiaro quali siano gli elementi che assolvano il ruolo protettivo e il loro meccanismo d’azione. L’esistenza di una correlazione inversa, tra livelli plasmatici di antiossidanti e incidenza di mortalità per cardiopatia ischemica, mostrata in uno studio multi-centrico condotto negli anni ‘80 del secolo scorso, in 16 Paesi europei, portò alla formulazione dell’“Ipotesi Antiossidante”. Tale ipotesi si basava sull’assunto che alti livelli di antiossidanti plasmatici, conseguenza di un regime alimentare ricco in frutta e verdura, potessero proteggere l’organismo dal danno ossidativo, riducendo il rischio di mortalità per malattie degenerative. In seguito alla formulazione dell’ ”ipotesi antiossidante”, furono pianificati una serie di studi clinici d’intervento, tesi a valutare l’effetto degli antiossidanti in pillole nella prevenzione delle patologie degenerative. Gli studi in questione hanno fornito risultati discordanti e contraddittori, difficilmente catalogabili in un contesto definitivo, ma che evidenziano aspetti negativi della supplementazione, rendendo necessaria in alcuni studi una precoce sospensione del trattamento. Nello studio “Linxian”, condotto in un’area rurale della Cina caratterizzata da un’alta incidenza di cancro gastrico ed esofageo e da una malnutrizione generale della popolazione residente, 5 anni di supplementazione con una miscela di 15 mg β-carotene + 30 mg vitamina E e 50 μg di selenio sono stati in grado di diminuire significativamente la mortalità per cancro allo stomaco. Lo studio CARET (Beta Carotene and Retinol Efficacy Trial) condotto negli Stati uniti mostrò, al contrario del
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
MAURO SERAFINI, PH.D. È Direttore del Programma “Alimenti Funzionali e Prevenzione Stress Metabolico”, INRAN, Via Ardeatina, 546 - 00178 Rome, Italy Phone: +390651494450 Fax: +390651494550 E-mail: serafini_mauro@ yahoo.it
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 13-16
L’ANTIOSSIDANTE (IL BUONO), IL RADICALE LIBERO (IL BRUTTO) E LO STRESS OSSIDATIVO (IL CATTIVO)
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ANTIOSSIDANTI E SALUTE: CIBI COLORATI, PILLOLE BIANCHE E SUGGERIMENTI PER L’USO
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Mauro Serafini, Ph.D.
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Anthony N. Turner, MSc¹, CSCS1 e lan Jeffreys, MSc, CSCS*D, NSCA-CPT*D2
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¹London Sport Institute, Middlesex University, Londra, Inghilterra e 2University of Glamorgan Pontypridd, Galles, Regno Unito
IL CICLO STIRAMENTO-ACCORCIAMENTO DELLE FIBRE MUSCOLARI: meccanismi proposti e metodi di sviluppo (SECONDA PARTE)
ORIG: THE STRETCH-SHORTENING CYCLE: PROPOSED MECHANISMS AND METHODS FOR ENHANCEMENT. STRENGTh & CONDITIONING JOuRNAL. 32(4):87-99 (2010).
PAROLE CHIAVE ciclo stiramento-accorciamento; energia elastica; tendine; rigidezza; fuso neuromuscolare; organo tendineo del Golgi
12. METODI PER MIGLIORARE I MECCANISMI DEL CICLO STIRAMENTO ACCORCIAMENTO Dato che il CSA gioca un ruolo importante nelle prestazioni sportive, è fondamentale poter migliorare questo fenomeno tramite un allenamento efficace. È costantemente riportato che il metodo migliore per allenare le abilità motorie in cui viene coinvolto il CSA è attraverso la pliometria (68, 77, 85, 91, 93, 95, 97). I paragrafi seguenti spiegano in che modo gli esercizi pliometrici possono essere progressivamente integrati nel programma di allenamento di un atleta e fornisce metodi appropriati di valutazione delle prestazioni. I consigli pratici che saranno dati si basano sulle evidenze relative ai meccanismi del CSA analizzati nei paragrafi precedenti. La pliometria comprende una vasta gamma di esercizi basati su salti, salti su un piede e rimbalzi, il cui scopo fondamentale è quello di migliorare la funzionalità del CSA. Sebbene si tratti di movimenti all’apparenza relativamente semplici, come per esempio un salto con contromovimento o con caduta da un rialzo, gli esercizi pliometrici sono in realtà tecniche motorie molto complesse e basilari. Perciò, si dovrebbe dedicare un adeguato periodo di tempo al miglioramento di queste tecniche, e il preparatore fisico dovrebbe assicurarsi che l’atleta le padroneggi senza problemi, prima di passare a esercizi più complessi. Occorre quindi lavorare su un sistema progressivo di esercizi attraverso i quali un atleta dovrebbe passare per garantire la maestria tecnica richiesta per eseguire l’intera gamma di esercizi pliometrici, in maniera da massimizzare i miglioramenti della prestazione e, di converso, da minimizzare il rischio di infortuni.
Idealmente, in termini di ottimizzazione delle prestazioni, l’allenamento pliometrico dovrebbe essere preceduto da un allenamento per la forza, in modo da ridurre il rischio di infortuni al sistema muscolo-tendineo e migliorare la qualità e la quantità delle fibre di tipo II. L’ultima affermazione è degna di nota, perché esiste un’alta correlazione fra la percentuale di fibre di tipo II e l’espressione di picchi di potenza muscolare (23) ed è così che probabilmente si può spiegare l’incremento del potenziale netto degli atleti di sviluppare potenza (58). Come conseguenza del principio di reclutamento delle unità motorie in ordine di misura della dimensione, dato che i muscoli vengono coinvolti
Parametri di un allenamento efficace della forza muscolare Parametro da definire
Intensità del 1 carico Numero di 2 ripetizioni per serie
3 Numero di serie 4
Pausa dopo ogni serie
Definizione del carico
ANTHONY N. TURNER è professore associato e preparatore atletico alla Middlesex university di Londra, Inghilterra.
≥85% di 1 ripetizione massimale (1RM) ≤6 ripetizioni da 2 a 6
da 2 a 5 minuti
gradualmente in un movimento, in ordine di dimensione (47), un allenamento mirato allo sviluppo della forza – esattamente ≥85% di 1 ripetizione massimale (1RM), ≤6 ripetizioni, 2-6 serie, dai 2 ai 5 minuti di recupero (6) – è necessario per reclutare tali fibre di tipo II (45). Sebbene la sequenza: allenamento di forza che precede l’allenamento pliometrico sia un’idea fisiologicamente valida, essa potrebbe non aiutare a ottimizzare lo sviluppo sequenziale fondato sull’abilità motoria e l’introduzione ritardata nel programma di allenamento degli esercizi pliometrici, finché non sia stata sviluppata una solida base di forza, potrebbe non essere ottimale per lo sviluppo a lungo termine dell’atleta. La realtà dei moderni sport vede gli atleti competere sin da giovanissimi. Alcuni sport, come il basket, il football, il calcio e così via, prevedono un ampio numero di movimenti basati sul CSA e comprendono numerose fasi di salto e atterraggio. Molto spesso questi movimenti vengono eseguiti ben prima di aver sviluppato una buona forza di base, perciò lo sviluppo di un’efficace tecnica – nell’atterraggio, per esempio – gioca un ruolo fondamentale. Inoltre, come detto in precedenza, gli esercizi pliometrici si basano su un’importante componente tecnica, oltre che fisica. Per questo, sembra logico voler sviluppare entrambe le componenti simultaneamente, piuttosto che lavorare sulla tecnica solo dopo che è stata stabilita una base di forza. È comunque prudente assicurarsi che gli esercizi pliometrici vengano prescritti progressivamente, in base ai progressi nelle capacità fisiche dell’atleta.
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
IAN JEFFREYS è professore associato in forza e condizione fisica all'università di Glamorgan, Galles, oltre che proprietario e direttore della AllPro Performance di brecon, Galles.
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INTRODUZIONE uno dei principali problemi che si possono riscontrare nell’ambito della ricerca sul fenomeno dell’invecchiamento, è rappresentato dall’obiettiva difficoltà che si incontra quando si cerchi di differenziare i processi fisiologici legati all’invecchiamento stesso e quelli che invece possono essere imputabili ad un’involuzione patologica. Aldilà di questa innegabile difficoltà, la maggioranza degli Autori concorda sul fatto che è possibile tentare di rallentare il naturale declino delle funzioni sensomotrici, al quale inevitabilmente si va incontro nel corso dell’invecchiamento, a patto di adottare una strategia multivariata basata essenzialmente sui seguenti punti (hedden e Gabrieli, 2004): - mantenere un’attività intellettuale di un livello impegnativo e costante; - effettuare regolarmente un’attività fisica di tipo aerobico; - adottare delle strategie comportamentali e degli stili di vita atti alla riduzione dello stress cronico, il quale è associato alla produzione di glucocorticoidi che, a loro volta, alterano la funzione dei neuroni dell’ippocampo; - integrare il regime dietetico con acidi grassi poli e mono insaturi, vitamina E, polifenoli ed antiossidanti.
LA PREVENZIONE DELL’INVECCHIAMENTO CEREBRALE In fisiologia vale il detto “si perde ciò che non si usa”: questa semplice regola è vera tanto per gli “umili” muscoli quanto per “l’aristocratico” cervello. Da tempo ormai le neuroscienze hanno individuato delle strategie ben precise per ottenere un miglioramento delle nostre funzioni cognitive anche in età senile (o comunque almeno preservarle). Il cervello è composto da circa 100 miliardi di neuroni, tra loro connessi attraverso le ramificazioni dendritiche, il cui numero aumenta in funzione dell’apprendimento di nuove informazioni ed abilità. Il
numero dei neuroni però diminuisce in funzione dell’invecchiamento (anche se sembra che un certo numero di neuroni venga prodotto giornalmente nell’area dell’ippocampo, vedi a questo proposito il box specifico), fenomeno che comporta un progressivo deterioramento intellettivo. A causa di questo impoverimento neuronale, il cervello perde, nel periodo compreso tra i 35 ed i 70 anni, circa il 10% del proprio peso. Le aree cerebrali maggiormente coinvolte in questo processo involutivo sono quelle frontali, che controllano le attività logicoprocedurali e temporali e che sovrintendono ai meccanismi della memoria. Negli anni ’50, Rita Levi Montalcini e Victor hamburger, della Washington university di St. Louis (uSA), hanno individuato una proteina denominata Nerve Growth Factor (NGF) o Fattore di Crescita Neuronale: questa neurotrofina viene prodotta dalle cellule cerebrali stesse in seguito alla stimolazione da parte dei neuroni afferenti. Più tardi, negli anni ’80, Yves bard del Max Planck Institute di Monaco (D), individuò un’altra molecola, il Brain-Derived Neurotrophic Factor (bNGF) che, a differenza dell’NGF, è presente in quasi tutto il cervello, compresa la corteccia cerebrale. Il compito di queste due neurotrofine è quello di sviluppare le connessioni neuronali, in particolare quelle dell’ippocampo, una struttura sottocorticale che rappresenta la sede della memoria e dell’apprendimento. Inoltre l’NFG ed il bNGF svolgono anche l’importantissimo compito di preservare il neurone dal fenomeno dell’invecchiamento, posticipandone l’apoptosi (ovvero la morte cellulare che si verifica in quanto processo normale e controllato della crescita o dello sviluppo di un organismo, NdC) ed aumentandone sia le dimensioni, che le connessioni dendritiche. Questo complesso fenomeno è conosciuto sotto il nome di “plasticità neuronale” e rappresenta la possibilità che le cellule cerebrali hanno nel potersi riorganizzare e vicariare le cellule morte o danneggiate sia per insulti di tipo ictale o trauma-
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
GIAN NICOLA BISCIOTTI Ph.D è laureato in Scienza e Tecniche delle Attività Fisiche e Sportive presso l’Università Claude Bernard di Lione, ha conseguito la specializzazione in Biologia e Fisiologia dell’Esercizio presso l’Università Franche Compté di Besançon e, sempre presso la stessa sede Universitaria, il Dottorato di Ricerca in Biomeccanica. È stato per 11 anni Professore associato presso la Facoltà di Scienze dello Sport dell’Università di Lione. Dal 1999 al 2009 ha ricoperto l’incarico di preparatore atletico presso l’FC Internazionale di Milano. Attualmente è Physiologist Lead presso l’Orthopedic and Sport Medicine Hospital, FIFA Center of Excellence di Doha (Qatar).
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 25-30
PAROLE CHIAVE invecchiamento, prevenzione, stress, dieta, antiossidanti.
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ED IL CONTROLLO CEREBRALE DELL’ESERCIZIO
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L’INVECCHIAMENTO
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RAOUL F. REISER II, MA, CSCS; SARAH L. SMITH, PHD; RANDALL RATTAN, PHD
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U.S. Olympic Committee - Colorado Springs, Colorado
ORIG: SCIENCE AND TECHNOLOGY TO ENHANCE WEIGHTLIFTING PERFORMANCE: THE OLYMPIC PROGRAM. STRENGTh & CONDITIONING JOuRNAL. AuGuST 1996. SIAMO FATTI COSÌ - I. CI PIACCIONO I CLASSICI E PERCIÒ, INVECE DI LEGGERE TANTA LETTERATURA (SI FA PER DIRE) SPECIALISTICA MODERNA, CI DEDICHIAMO A TROVARE NEL PASSATO QUELLO CHE SPESSO NON C’È NEL PRESENTE. E RIDIAMO VITA A TESTI ANCHE DI MOLTI ANNI FA, PREFERENDOLI AD ALTRI: QUELLI DI IERI SONO PER SEMPRE, MOLTI DI QUELLI DI OGGI SONO PER MAI! (PB)
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SCIENZA E TECNOLOGIA PER INCREMENTARE LA PRESTAZIONE DEL SOLLEVAMENTO PESI:
IL PROGRAMMA OLIMPICO L
traverso (a) sessioni di esecuzione di test sportivi specificatamente programmati, (b) progetti di ricerca e sviluppo e (c) divulgazione dei risultati dei test e delle ricerche agli allenatori, agli atleti e al personale degli organi direttivi nazionali (National Governing Body, NGB) adeguati. Gli organi direttivi nazionali, attraverso programmi residenziali o campi a breve termine presso gli Olympic Training Center (OTC), decidono come il personale della SS&T sarà coinvolto con i propri atleti. Gli NGb stabiliscono programmi residenziali così che gli atleti possono vivere ed allenarsi BREVE DESCRIZIONE DELLA SPORT SCIENCE presso i centri per un esteso periodo di tempo. Gli & TECHNOLOGY DIVISION allenatori selezionati dagli NGb pianificano e supervisionano l’allenamento degli atleti residenti. La mission della SS&T Division è la seguente: a. fornire un modello da seguire nell’applicazione Mentre invece gli atleti che frequentano i centri di addestramento degli NGb sono ospitati presso un della scienza allo sport a livello olimpico; b. anticipare e venire incontro alle necessità della OTC per un breve periodo di tempo, che va da alcuni scienza e tecnica dello sport negli sport olimpici giorni a un paio di settimane. al fine di massimizzare la prestazione sportiva Gli allenatori, nella situazione sia di residenti sia in ritiro presso il centro, possono consultare il persodegli atleti. nale della SS&T per stabilire quali programmi siano La SS&T Division sostiene programmi di biomecca- più pertinenti al loro particolare sport. Il coin volginica, fisiologia, psicologia, forza e condizionamento mento nel programma della SS&T varia in base ai fisico, informatica e tecnologia ingegneristica. Tutti differenti bisogni dei singoli atleti. Alcuni sport ini membri del personale che partecipa a questi pro- corporano nel loro allenamento tutti i settori del grammi sono in grado di fornire agli allenatori e agli programma della SS&T, altri ne incorporano solo alatleti informazioni utili al loro impegno nell’ottimiz- cuni, mentre altri ancora ne utilizzano solo uno. zare la prestazione sportiva. Vi sono due ulteriori aspetti dell’offerta dei proI settori del programma possono influire sulla pre- grammi della SS&T. In certe circostanze, il persostazione sportiva principalmente in tre modi: at- nale della SS&T può condurre sessioni di test in lo-
a partecipazione ai giochi olimpici richiede all’atleta un notevole impegno in termini di tempo e di sforzo. L’allenatore prende la maggior parte delle decisioni riguardanti come preparare l’atleta per i più elevati livelli di prestazione nella competizione, ma gli allenatori talvolta hanno bisogno di un aiuto per aumentare le probabilità di successo. La Sport Science & Technology (SS&T) Division del Comitato Olimpico statunitense è una risorsa a cui gli allenatori possono attingere per massimizzare il potenziale dei propri atleti.
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
RAOUL F. REISER è assistente ricercatore di biomeccanica per l’uSOC. ha un Bachelor of Science in ingegneria meccanica del Cornell e un Master of Arts in kinesiologia con una specializzazione in biomeccanica dell’university of Texas di Austin.
SARAH L. SMITH, è biomeccanica dello sport per l’uSOC, lavora con molte discipline sportive e ha partecipato al programma di biomeccanica per il sollevamento pesi dal suo inizio. È stata con l’uSOC (United States Olympic Committee) dal 1986.
RANDALL RATTAN, psicologo dello sport per l’uSOC, offre consulti agli atleti e alle squadre residenti, inclusa quella di sollevamento pesi. ha completato il suo PhD all’university of North Texas, dove nel 1983 ha anche giocato in una squadra di football appartenente alla categoria conference (la più prestigiosa associazione nel campionato di sport universitario statunitense).
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Phillip A. Bishop, Eric Jones e A. Krista Woods
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Kinesiology Department, Human Performance Laboratory, Università di Alabama, Tuscaloosa, Alabama
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IL RECUPERO DOPO
L’ALLENAMENTO
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una breve rassegna PAROLE CHIAVE
riposo, intervalli dell’allenamento, fatica, modalità di recupero, overtraining (sovrallenamento), sostanze ergogene per il recupero.
INTRODUZIONE
L’allenamento nella sua forma più semplice rappresenta una serie di sfide importanti per il corpo volte ad ottimizzare miglioramenti, che perdurano nel tempo (chronic improvements), delle capacità fisiologiche. La ricerca ha fatto progredire le nostre conoscenze degli aspetti fisiologici, biomeccanici e psicologici dell’allenamento fisico e della prestazione sportiva. La maggior parte delle ricerche si è incentrata sull’allenamento, anche se una gran parte degli adattamenti indotti dall’attività fisica ha luogo durante il recupero, che, però, è uno degli aspetti meno compresi e indagati del ciclo esercizio fisicoadattamento*. Anche l’atleta più zelante dedica molto più tempo al recupero che all’allenamento attivo. Definiamo il recupero, dal punto di vista pratico, come la capacità di ripetere o superare la propria prestazione in un’attività fisica particolare. Ad esempio, se una persona ha svolto un allenamento impegnativo nella corsa su lunga distanza, allora la sua capacità di correre, nel miglior tempo personale, per 10 km risulterà, per un certo periodo di tempo, ridotta. Alla fine, l’atleta recupererà, ma certamente nessun corridore si aspetta di uguagliare la sua migliore prestazione nelle prime 3-4 ore dopo una seduta di allenamento oppure dopo una competizione. Questo concetto di recupero è stato utilizzato anche da altri autori (14, 24, 32). In genere, la maggior parte degli allenatori e degli atleti ha ritenuto (e ritiene, NdC) che l’incremento del carico di allenamento costituisca la fondamentale ricetta per conseguire miglioramenti. Gli sport di resistenza come il nuoto e la corsa hanno, in taluni casi, portato questo principio all’estremo. Si ammette che il sovraccarico (overload) sia necessario per il miglioramento della prestazione, mentre l’overtraining (sovrallenamento) determina ad un certo livello una disaggregazione, compromettendo così la prestazione, invece di migliorarla. Solitamente si pensa all’overtraining esclusivamente in rapporto all’allenamento, ma potrebbe essere espresso anche come carenza di recupero. Se il tasso di recupero potesse essere migliorato, volumi maggiori di allenamento sarebbero possibili senza incorrere nella sequela negativa dell’overtraining. Il miglioramento del recupero può esitare nella condizione per cui si stabilisce uno standard prestativo (nell’originale, in realtà, si parla di performance plateau, NdC).
Domande sul recupero Sono molte le domande sul recupero che attendono una risposta. Il recupero a breve termine, ovvero quello tra le serie, è molto diverso dal recupero tra sedute di allenamento successive? In che modo gli effetti dell’allenamento influiscono sul recupero post-allenamento? È possibile ottimizzare il recupero tra le serie, o i giorni, per migliorare l’allenamento? Quanta variabilità individuale vi è tra gli atleti in terSTRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
* Sul ciclo esercizio fisicoadattamento ritorneremo presto, poiché è grande l’equivoco tra gli esperti circa il termine adattamento, di cui molti sono palesemente invaghiti e che difendono a spada tratta, anche attraverso la funzione dell’insegnare, senza saperne praticamente nulla, avendone mutuata la conoscenza (supposta tale) da antichi ripetitori di traduttori di traduttori di altri traduttori, rifacentisi - a loro volta - ad una autorità iniziale per niente autorevole. Una domanda chiave sarebbe: ma gli organismi si adattano? (PB).
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 41-51
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ORIG. RECOVERY FROM TRAINING: A BRIEF REVIEW, IN JSCR (uSA), VOL.22 (3), MAY 2008, PP.1015-1024. INDIRIzzARE LA CORRISPONDENzA A PhILLIP A. bIShOP, PbIShOP@bAMA.uA.EDu
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*Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie, Università degli Studi di Torino ° Federazione Italiana Vela
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PAROLE CHIAVE Vela, windsurf, talento, prestazione, preparazione atletica, giovani
TEST ATLETICI DI BASE E GIOVANI VELISTI
INTRODUZIONE Lo studio che viene descritto rappresenta un’analisi dei dati ottenuti dalla somministrazione di test motori (protocollo Eurofit) (3) e test antropometrici di base ad un campione di atleti delle categorie giovanili appartenenti alle classi veliche Techno 293 One Design (10), 29er (9) e hobie Cat 16 SP1(12). Il Techno 293 (foto 1) è costruito in composite thermo sandwich, ha una lunghezza di 293 cm, 79 cm di larghezza, un volume di 205 lt, un peso a nudo di 13 kg, è dotato di deriva basculante a scomparsa, pinna, straps fermapiedi, piede d’albero snodabile e mobile, track. L’attrezzatura velica, in gergo rig, invece comprende: boma in alluminio, albero in carbonio, sia per i maschi sia per le femmine vela in monofilm di 6.8 mq per la categoria under 15 e 7.8 mq per l’under 17. Il 29er (foto 2), la cui Classe è di Interesse Federale e viene definita sul sito della Federazione Italiana Vela (13): “deriva in doppio acrobatica giovanile”, è uno Skiff, deriva con linee plananti e gennaker, progettata dall’australiano Julian bethwaite. Si tratta di una barca molto veloce in qualsiasi condizione, ma anche molto instabile e difficile da condurre. È lunga 4,48 m, larga 1,77 m con peso di 70 kg e superficie velica di 12,5 mq più 15,3 mq di gennaker. Il peso dell’equipaggio oscilla fra i 115 e i 130 kg. La classe hobie Cat 16 SPI (foto 3) è una Classe di Interesse Federale. E’ un catamarano senza deriva progettato da hobie Alter. Si tratta di una barca molto veloce in qualsiasi condizione, dati i volumi ridottissimi è difficile da condurre in modo efficace. La stretta monotipia esalta le capacità dell’equipaggio. L’hobie Cat 16 SP1 è il catamarano più diffuso al mondo. La sua lunghezza è di 5,05 m, larghezza 2,43 m con peso di 145 kg. La randa misura 13,77 mq con fiocco da 5,12 mq e gennaker di 15 mq. Il peso dell’equipaggio oscilla fra i 115 e i 135 kg.
Foto 2 - L’equipaggio del 29er in andatura di bolina fuori alle cinghie (foto Devoti)
I test motori utilizzati per ottenere i dati, suddivisi in due gruppi e distribuiti in due giornate diverse, sono stati selezionati in base alle capacità motorie maggiormente rappresentative per questo tipo di sport. Le tre classi veliche, infatti, nella loro complessità, determinano due distinti modelli atletici, i velisti
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
FEDERICA SICIGNANO Laurea Specialistica in Scienze e Tecniche dello Sport e dell’Allenamento conseguita presso la Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Torino. Cultore della Materia di Tecnica dello Sport. Atleta di Ginnastica Aerobica e Istruttore di Ginnastica generale della Federginnastica. Attualmente Vice Direttore presso una sede piemontese di Decathlon Italia.
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 53-60
Foto 1 - Il Techno 293 one design in navigazione (foto Maretti)
CLAUDIO SCOTTON È docente di Tecnica degli sport presso la Scuola Universitaria Interfacoltà in Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Torino. È Membro del Comitato Scientifico del Centro Ricerche Scienze Motorie presso quella Scuola. Ha conseguito tre lauree afferenti le Scienze Motorie. È Autore di oltre 80 pubblicazioni tecniche e scientifiche. È giornalista pubblicista iscritto all’Ordine. Preparatore atletico degli azzurrini della vela dal 2005 al 2011. Ha ottenuto l’onorificenza di Stella di bronzo al Merito Sportivo.
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FORZA E CONDIZIONAMENTO FISICO PER LA
Mark Rippetoe, CSCS
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PAROLE CHIAVE scherma; allenamento contro resistenza; flessibilità; forza
RAGIONI PER INCLUDERE UN PROGRAMMA DI ALLENAMENTO CONTRO RESISTENZA Per molti motivi, l’allenamento con sovraccarichi è il programma di condizionamento fisico preferito dagli atleti. Oltre al fatto che i programmi di allenamento con pesi possono essere progettati per soddisfare le specifiche necessità di condizionamento fisico di ogni singolo sport, la natura dell’allenamento è tale da consentire un controllo misurabile dei progressi mediante una precisa modificazione del volume, dell’intensità, della frequenza e della durata. I risultati sono prevedibili e
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
S&C (Ita) n.3, Settembre-Dicembre 2012, pp. 61-66
@ Dino Festa
La scherma è uno sport di abilità, velocità e potenza. L’abilità si migliora con molti anni di pratica ed esperienza, sotto la guida di un allenatore esperto. Per tradizione, gli schermitori hanno uti-
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“Ciascuna sessione di allenamento deve consistere in un allenamento corporeo completo perché la preparazione deve essere specifica per lo sport praticato e la scherma coinvolge l’intero corpo.”
lizzato questa stessa pratica per sviluppare la velocità e la potenza. Tuttavia, è passato ormai il tempo in cui gli atleti di élite di qualsiasi sport intenso potevano fare affidamento sulla pratica delle abilità sportive come unica fonte di condizionamento fisico. L’allenamento contro resistenza o, più specificamente, un programma di allenamento con sovraccarichi correttamente progettato è ciò che gli atleti di tutto il mondo prediligono, indipendentemente dallo sport praticato, per sviluppare la forza necessaria a gareggiare a livello di élite. I livelli inferiori di tutti gli sport sono costituiti da sportivi amatoriali, atleti con un potenziale inferiore a quelli di élite in termini di talento e da coloro che non vogliono o non possono dedicare tempo ed energia sufficienti all’allenamento. Man mano che l’atleta sale nelle graduatorie agonistiche, i primi e più facili miglioramenti hanno luogo quando l’atleta raggiunge il successo agevolato dal talento naturale per quello sport e dal condizionamento fisico ottenuto con la pratica delle abilità sportive. Alla fine, anche i soggetti di maggior talento raggiungono il punto in cui si progredisce solo con un allenamento sempre più intenso che si avvicina al limite del potenziale. La percentuale del potenziale raggiunto e la rapidità con cui lo si raggiunge dipendono dall’efficacia dell’allenamento.
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La competizione nella scherma moderna implica l’uso di 3 diverse armi : fioretto, spada e sciabola. Ciascun’arma comporta regole diverse per il combattimento, con posizioni e prese che variano leggermente. La competizione è organizzata in incontri preliminari, in cui ciascuno schermitore affronta gli avversari in gruppi composti da 5 o più membri per incontri di 5 stoccate, ciascuna delle quali dura da pochi secondi a 1 minuto, con pause di pochi secondi. Se il tiratore riesce ad aggiudicarsi la vittoria negli incontri a squadre, la fase successiva della competizione prevede gare ad eliminazione diretta. Queste consistono in 15 stoccate, sempre intervallate da pause di pochi secondi, fino a che uno dei due avversari non viene sconfitto. La posizione ordinaria di guardia varia a seconda dell’arma utilizzata, ma è in genere una posizione di squat parziale con il piede più avanzato perpendicolare al piede che sta dietro. Gli attacchi più comuni sono movimenti balistici che hanno inizio dalla posizione di guardia, con il braccio armato in estensione per i colpi di punta o di taglio, a seconda dell’arma. Gli avanzamenti e gli arretramenti sono eseguiti mantenendo lo squat parziale della posizione di guardia. La difesa viene effettuata con l’allontanamento, la ritirata e la parata dell’arma dell’avversario tramite il contatto e la pressione a partire dalla lama del difensore.
MARK RIPPETOE, CSCS, è il proprietario del Wichita Falls Athletic Club. È un Senior Coach certificato dello USA Weightlifting e uno schermitore amatoriale.
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SIAMO FATTI COSÌ - II. PASSA IL TEMPO, SI SFOGLIANO MOLTE PAGINE, DELLA VITA, DI LIBRI E – OVVIAMENTE – DI RIVISTE, ANCHE DI QUESTA, E NOI CONTINUIAMO AD ESSERE FATTI COSÌ: PIENI DI INTERESSE PER I CLASSICI E PERCIÒ, INVECE DI LEGGERE TANTA LETTERATURA (CHE CHIAMANO) SPECIALISTICA MODERNA, CURIOSI, CI DEDICHIAMO (E DIVERTIAMO) A TROVARE NEL PASSATO QUELLO CHE DAVVERO ASSAI SPESSO NON VEDIAMO NEL PRESENTE. E STIAMO RIDANDO VITA (PERCHÉ LA DIANO A QUESTO INCOLTO SISTEMA) A TESTI ANCHE DI MOLTI ANNI FA, PREFERENDOLI, DUNQUE, AD ALTRI: E SCOPRIAMO CHE QUELLI DI IERI SONO PER SEMPRE E LA PIÙ PARTE DEGLI ODIERNI, SEMBRANO – SÌ – OPERA DI CAVERNICOLI, MA NON VALGONO NULLA E NON PASSERANNO A NESSUNA STORIA (PB)
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Brad Schoenfeld, MSc, CSCS
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Exercise Science Department, Lehman College, Bronx, New York
ORIG: RESISTANCE TRAINING DURING PREGNANCY: SAFE AND EFFECTIVE PROGRAM DESIGN. STRENGTh & CONDITIONING JOuRNAL. 33(5):67-75 (2011).
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ALLENAMENTO contro RESISTENZA durante la GRAVIDANZA: progettazione di un programma sicuro ed efficace INTRODUZIONE È universalmente riconosciuto che un’attività fisica ben programmata ha un effetto positivo sulla salute e il benessere psicofisico. Essa è associata ad una riduzione dell’incidenza di malattie, ad una buona capacità funzionale e ad una migliore salute mentale. Eppure, nonostante le numerosissime ricerche a sostegno della sua efficacia, una vasta percentuale della popolazione rimane sedentaria e non segue nemmeno le prescrizioni minime contenute nelle linee guida stabilite dall’American College of Sports Medicine per l’attività fisica (34). Le donne tendono ad essere meno attive degli uomini, in particolare per quanto concerne l’esecuzione di un’attività fisica da moderata a vigorosa (78) e questo è ancora più evidente se ci riferiamo alle abitudini delle donne gravide, un sottogruppo che potrebbe probabilmente ottenere maggiori benefici dal continuare a condurre una vita attiva, mentre invece si stima che oltre il 60% delle donne incinte rimanga sedentario per tutto il periodo di gestazione (86). Gli effetti della efficienza fisica della madre sulla salute sono talmente importanti che l’Institute of Medicine ha identificato la gravidanza come un periodo di rischio grave per l’inattività e l’obesità, considerando i soggetti che ricadono in queste categorie suscettibili di contrarre diverse malattie croniche e di andare incontro a morte prematura (35). Pertanto, lo scopo di questo articolo sarà triplice: in primo luogo, passare in rassegna i benefici che l’attività fisica con sovraccarichi apporta alla madre; in secondo luogo, circostanziare gli aspetti relativi alla sua sicurezza; in terzo luogo, evidenziare
BRAD SCHOENFELD è professore della facoltà di scienze motorie al Lehman College e Presidente del Global Fitness Services, Scarsdale, NY.
PAROLE CHIAVE efficienza fisica materna; attività fisica in gravidanza; allenamento contro resistenza in gravidanza; allenamento della forza e gravidanza
uno specifico protocollo di allenamento contro resistenza ed esempi di esercizi basati sulle ricerche attuali e l’esperienza pratica.
BENEFICI DELL’ATTIVITÀ FISICA DELLA MADRE L’attività fisica offre numerosi benefici alla gestante. Tuttavia, l’interpretazione delle ricerche sull’attività fisica della madre è in parte complicata dal fatto che molti studi non distinguono tra i diversi tipi di attività fisica eseguita (aerobica o anaerobica). Di conseguenza, non è completamente chiaro quale sia l’entità dei benefici ottenuti dall’allenamento con sovraccarichi rispetto all’allenamento aerobico. Le ricerche attuali sull’allenamento contro resistenza in gravidanza suggeriscono in realtà che esso aumenta i benefici conferiti dall’attività fisica aerobica, nonché lo sviluppo della forza muscolare e il miglioramento della capacità funzionale in un modo tale che non è possibile ottenere con la sola attività aerobica (34, 85). Qui di seguito una rassegna delle informazioni che si possono ricavare dalla letteratura scientifica attuale.
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foto: V. Biffani
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Migliore gestione del peso La maggioranza delle donne statunitensi sperimentano il massimo aumento di peso tra i 25-34 anni, un fenomeno in gran parte attribuito al peso accumulato durante la gravidanza. La ricerca indica che gran parte di questo peso in eccesso può essere ridotto aderendo ad un regolare programma di attività fisica durante la gravidanza (18). Clapp e Little (21) hanno osservato che le donne gravide che avevano continuato a svolgere attività
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Kirk L. English, MA,1 William E. Amonette, PhD, CSCS*D,2 Marilynn Graham, MS, CSCS,3 e Barry A. Spiering, PhD, CSCS4
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University of Texas Medical Branch, Galveston, Texas; 2University of Houston-Clear Lake, Houston, Texas; 3 University of Houston, Houston, Texas; e 4California State University, Fullerton, California
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ORIG: WHAT IS ‘‘EVIDENCE-BASED’’ STRENGTH AND CONDITIONING? STRENGTh & CONDITIONING JOuRNAL. VOLuME 34, NuMbER 3 (P. 19-24), JuNE 2012
CHE COSA SONO LA FORZA E IL CONDIZIONAMENTO
“BASATI SULLE EVIDENZE”?
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PAROLE CHIAVE pratica basata sulle evidenze; EBP; livelli delle evidenze; forza della certezza; ragionamento professionale; analisi dei bisogni specifici
INTRODUZIONE Recentemente, l’espressione “basata sulle evidenze” (evidence-based in inglese) ha iniziato a fare la sua comparsa nel settore della forza e del condizionamento fisico. L’espressione è stata utilizzata sempre più spesso nelle ultime Conferenze della National Strength and Conditioning Association (NSCA) e nelle recenti pubblicazioni del Strength and Conditioning Journal. Poiché l’espressione “basata sulle evidenze” deve essere ancora presentata in modo formale a molti professionisti del condizionamento fisico e dell’allenamento della forza, vi è il rischio che venga male interpretata e, purtroppo, utilizzata in modo sbagliato per promuovere prodotti e concetti. L’espressione “basata sulle evidenze” ha avuto origine in campo medico all’inizio degli anni Novanta del XX secolo. La medicina basata sulle evidenze, l’antesignana della pratica basata sulle evidenze (EbP), fu in gran parte concepita e guidata da Sackett et al. (5, 8-12) in risposta alle affermazioni che meno della metà di tutte le decisioni mediche fossero in realtà sostenute da dati di ricerca (3, 14). La consapevolezza che decisioni cliniche importanti e potenzialmente destabilizzanti fossero prese in base a manuali medici sorpassati, a informazioni ottenute durante gli anni di studio decenni precedenti e a prassi e preferenze trasmesse da guide e medici più anziani spinse Sackett a formulare un processo sistematico tramite il quale i medici potessero incorporare “le migliori evidenze” (per es. ricerche all’avanguardia) per aumentare la conoscenza e l’esperienza professionale e sul quale improntare la pratica clinica quotidiana. Alla luce di quello che noi consideriamo il grande potenziale della EbP nel settore del condizionamento fisico e dell’allenamento della forza, è essenziale fornire una comprensione chiara del processo EbP e definire in modo preciso che cosa siano la forza e il condizionamento fisico “basati sulle evidenze”. Pertanto, lo scopo di questo articolo è di (a) definire chiaramente la EBP che si correla al settore della forza e del condizionamento fisico, (b) descrivere brevemente i 5 passi del processo EBP, (c) descrivere l’utilità della EBP nel condizionamento fisico e nell’allenamento della forza
moderni e (d) fornire alcune raccomandazioni per integrare scienza ed esperienza in modo da migliorare la pratica [il grassetto è nostro, NdC]. La forza e il condizionamento “basati sulle evidenze”? DEFINIZIONE DELLA EBP: UN PROCESSO SISTEMATICO E CONTINUO
Nell’ambito dell’assistenza sanitaria, la EbP è stata definita come l’uso di un approccio sistematico basato sulle evidenze, il ragionamento professionale e le preferenze del paziente per migliorarne gli esiti (12, 13). Noi proponiamo una definizione perfezionata della EbP, adattata per il settore del condizionamento fisico e dell’allenamento della forza: un approccio sistematico all’allenamento di atleti e clienti basato sulle migliori evidenze attuali provenienti da ricerche esaminate da esperti (peer-revied) e da un ragionamento professionale [il grassetto è nostro, NdC]. Questo approccio deve essere utilizzato nell’ambito di un’analisi dei bisogni specifici. Questa definizione contiene diverse componenti importanti. Innanzitutto, la EbP è un processo sistematico, che richiede un’indagine coscienziosa e assennata delle ricerche scientifiche disponibili per trovare le migliori evidenze attuali per un determinato argomento (12). La EbP non segue ciecamente le raccomandazioni di esperti e non si basa sulla lettura casuale di alcuni abstract scientifici per prendere le decisioni. È un processo continuo che richiede un impegno a lungo termine per acquisire informazioni approfondite sui diversi argomenti al fine di prendere le decisioni migliori per atleti e clienti. Inoltre, quando si cerca di trovare evidenze per sostenere o confutare una tecnica di allenamento, un’attrezzatura per l’attività fisica o un integratore alimentare, il professionista dell’allenamento della forza e del condizionamento fisico deve mantenere una mente aperta. Egli deve soppesare le evidenze, assicurando parità ed equità di trattamento a entrambe le parti. In secondo luogo, i professionisti non devono semplicemente ricercare le evidenze, ma devono ricer-
STRENGTH & CONDITIONING. Per una scienza del movimento dell’uomo Anno 1 - Numero 3 Settembre-Dicembre 2012
KIRK L. ENGLISH è un candidato PAD alla university of Texas Medical branch e un Fisiologo dell’esercizio alla JES Tech al NASAJohnson Space Center.
WILLIAM E. AMONETTE è ricercatore universitario nel Fitness and human Performance Program alla university di houston-Clear Lake.
MARILYNN GRAHAM è istruttore aggiunto alla università di houston.
BARRY A. SPIERING è Research Physiologist nella Military Performance Division presso lo united States Army Research Institute of Environmental Medicine.
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